Language of document : ECLI:EU:T:2009:189

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

11 giugno 2009 (*)

«Aiuti di Stato – Regime di aiuti concessi dalle autorità italiane a talune imprese di servizi pubblici sotto forma di esenzioni fiscali e di prestiti a tasso agevolato – Decisione che dichiara gli aiuti incompatibili con il mercato comune – Ricorso di annullamento – Incidenza individuale – Ricevibilità – Aiuti esistenti o aiuti nuovi – Art. 87, n. 3, lett. c), CE»

Nella causa T‑297/02,

ACEA SpA, con sede in Roma, rappresentata dagli avv.ti A. Giardina, L. Radicati di Brozolo e V. Puca,

ricorrente,

sostenuta da

ACSM Como SpA, con sede in Como, rappresentata dagli avv.ti L. Radicati di Brozolo e M. Merola,

e

AEM – Azienda Energetica Metropolitana Torino SpA, con sede in Torino, rappresentata dagli avv.ti M. Merola e L. Radicati di Brozolo,

intervenienti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. V. Di Bucci, in qualità di agente,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento degli artt. 2 e 3 della decisione della Commissione 5 giugno 2002, 2003/193/CE, relativa all’aiuto di Stato relativo alle esenzioni fiscali e prestiti agevolati concessi dall’Italia in favore di imprese di servizi pubblici a prevalente capitale pubblico (GU 2003, L 77, pag. 21),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Ottava Sezione ampliata),

composto dalla sig.ra M.E. Martins Ribeiro, presidente, dai sigg. D. Šváby, S. Papasavvas, N. Wahl (relatore) e A. Dittrich, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 aprile 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ACEA Spa, ricorrente, è una società per azioni, il cui capitale sociale è detenuto per il 51% dal Comune di Roma. Essa è stata costituita nel 1997 in seguito alla trasformazione dell’omonima azienda comunale. Come quest’ultima, la ricorrente opera nel settore dell’energia elettrica, come fornitore di servizi di illuminazione pubblica e nei settori della produzione, trasmissione, distribuzione e vendita di energia, nonché nel settore dei servizi idrici, ove si occupa della captazione, adduzione e distribuzione dell’acqua potabile e della raccolta e depurazione delle acque reflue.

 Contesto normativo nazionale

2        La legge italiana 8 giugno 1990, n. 142, [sull’]ordinamento delle autonomie locali (GURI n. 135 del 12 giugno 1990; in prosieguo: la «legge n. 142/90»), ha introdotto in Italia una riforma degli strumenti giuridici organizzativi offerti ai comuni per la gestione dei servizi pubblici, in particolare nei settori della distribuzione dell’acqua, del gas, dell’elettricità e dei trasporti. L’art. 22 della detta legge, nella versione modificata, ha previsto la facoltà, per i comuni, di costituire società utilizzando differenti forme giuridiche per fornire servizi pubblici. In tale contesto è prevista la costituzione di società commerciali o di società a responsabilità limitata a partecipazione maggioritaria pubblica (in prosieguo: le «società ex lege n. 142/90»). La ricorrente è una società ex lege n. 142/90.

3        In tale cornice, in forza dell’art. 9 bis della legge 9 agosto 1986, n. 488, recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 1° luglio 1986, n. 318, recante provvedimenti urgenti per la finanza locale (GURI n. 190 del 18 agosto 1986), sono stati concessi prestiti a tassi agevolati presso la Cassa Depositi e Prestiti (in prosieguo: la «CDDPP»), tra il 1994 e il 1998, a talune società ex lege n. 142/90 che prestavano servizi pubblici (in prosieguo: i «prestiti della CDDPP»).

4        Inoltre, in forza del combinato disposto dell’art. 3, nn. 69 e 70, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, misure di razionalizzazione della finanza pubblica (Supplemento ordinario alla GURI n. 302 del 29 dicembre 1995; in prosieguo: la «legge n. 549/95»), e del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, recante armonizzazione delle disposizioni in materia di imposte sugli oli minerali, sull’alcole, sulle bevande alcoliche, sui tabacchi lavorati e in materia di IVA con quelle recate da direttive CEE e modificazioni conseguenti a detta armonizzazione, nonché disposizioni concernenti la disciplina dei centri autorizzati di assistenza fiscale, le procedure dei rimborsi di imposta, l’esclusione dall’ILOR dei redditi di impresa fino all’ammontare corrispondente al contributo diretto lavorativo, l’istituzione per il 1993 di un’imposta erariale straordinaria su taluni beni ed altre disposizioni tributarie (GURI n. 203 del 30 agosto 1993; in prosieguo: il «decreto legge n. 331/93»), sono state introdotte le seguenti misure a favore delle società ex lege n. 142/90:

–        l’esenzione da tutte le tasse sui conferimenti relativi alla trasformazione di aziende speciali e di aziende municipalizzate in società ex lege n. 142/90 (in prosieguo: l’«esenzione dalle tasse sui conferimenti»);

–        l’esenzione totale triennale dall’imposta sul reddito d’impresa (imposta sul reddito delle persone giuridiche e imposta locale sul reddito), non oltre l’anno fiscale 1999 (in prosieguo: l’«esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa»).

 Procedimento amministrativo

5        In seguito ad una denuncia riguardante le misure in questione, la Commissione, con lettere del 12 maggio, 16 giugno e 21 novembre 1997, ha domandato alle autorità italiane una serie di informazioni.

6        Con lettera datata 17 dicembre 1997, le autorità italiane hanno fornito una parte delle informazioni richieste. Peraltro, su domanda delle autorità italiane, si è svolta una riunione in data 19 gennaio 1998.

7        Con lettera del 17 maggio 1999, la Commissione ha comunicato all’Italia la decisione di avviare il procedimento di cui all’art. 88, n. 2, CE. Questa decisione è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (GU C 220, pag. 14).

8        Dopo aver ricevuto osservazioni da terzi interessati e dalle autorità italiane, la Commissione ha chiesto più volte a queste ultime la trasmissione di informazioni ulteriori. La Commissione ha inoltre incontrato le autorità italiane ed i terzi interessati intervenuti nel procedimento.

9        Alcune società ex lege n. 142/90, come la ricorrente, la AEM SpA e l’Azienda Mediterranea Gas e Acqua SpA (in prosieguo: l’«AMGA»), che, peraltro, hanno presentato ricorsi di annullamento della decisione che è oggetto della presente causa (rispettivamente, cause T‑301/02 e T‑300/02), hanno sostenuto, in particolare, che le tre categorie di misure in questione non costituivano aiuti di Stato.

10      Le autorità italiane e la Confederazione Nazionale dei Servizi (in prosieguo: la «Confservizi»), confederazione cui aderiscono, segnatamente, le società ex lege n. 142/90 e le aziende speciali comunali in Italia, hanno sostanzialmente aderito a tale tesi.

11      Viceversa, il Bundesverband der deutschen Industrie eV (in prosieguo: il «BDI»), associazione tedesca degli industriali e dei prestatori di servizi e affini, ha osservato che le misure di cui trattasi potrebbero provocare distorsioni di concorrenza non solo in Italia, ma anche in Germania.

12      Analogamente, la Gas-it, associazione italiana di operatori privati del settore della distribuzione del gas, ha osservato che le misure di cui trattasi, in particolare l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, costituivano aiuti di Stato.

13      In data 5 giugno 2002 la Commissione ha adottato la decisione 2003/193/CE, relativa all’aiuto di Stato relativo alle esenzioni fiscali e prestiti agevolati concessi dall’Italia in favore di società ex lege n. 142/90 (GU 2003, L 77, pag. 21; in prosieguo: la «decisione controversa»).

 La decisione controversa

14      La Commissione sottolinea anzitutto che la sua inchiesta verte solo su regimi di aiuto di portata generale istituiti con le misure controverse e non su misure individuali di aiuto concesse alle singole imprese, cosicché l’analisi contenuta nella decisione controversa è generale e astratta. Al riguardo, tale istituzione dichiara che la Repubblica italiana «non ha concesso vantaggi fiscali su base individuale e non ha notificato alla Commissione alcun caso individuale di aiuto fornendole tutte le informazioni necessarie per poterlo valutare». Di conseguenza la Commissione si considera obbligata a procedere a un esame generale ed astratto dei regimi di cui trattasi sia in ordine alla loro qualificazione, sia in ordine alla questione della loro compatibilità con il mercato comune (punti 42‑45 della decisione controversa).

15      Secondo la Commissione, i prestiti della CDDPP e l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa costituiscono aiuti di Stato. Infatti, la concessione, mediante risorse dello Stato, di vantaggi di tal genere alle società ex lege n. 142/90 produce l’effetto di rafforzare la loro posizione concorrenziale rispetto a tutte le altre imprese che intendano fornire gli stessi servizi (punti 48‑75 della decisione controversa). Le misure controverse sono incompatibili con il mercato comune, in quanto non rispettano né i presupposti ex art. 87, nn. 2 e 3, CE, né quelli ex art. 86, n. 2, CE e violano, inoltre, l’art. 43 CE (punti 94‑122 della decisione controversa).

16      Viceversa, secondo la Commissione, l’esenzione dalle tasse sui conferimenti non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, dato che tali tributi sono dovuti all’atto della costituzione di una nuova entità economica o in occasione di trasferimenti patrimoniali tra differenti entità economiche. Orbene, sotto il profilo sostanziale, le imprese municipalizzate, da un lato, e le società ex lege n. 142/90, dall’altro, fanno parte di una stessa entità economica. Pertanto, l’esenzione di tali imprese dalle dette tasse è giustificata dalla natura o dalla struttura del sistema (punti 76‑81 della decisione controversa).

17      Il dispositivo della decisione controversa è così formulato:

«Articolo 1

L’esenzione dalle tasse sui conferimenti (...), non costituisce aiuto ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, [CE].

Articolo 2

L’esenzione triennale dall’imposta sul reddito [d’impresa] (...) e i vantaggi derivanti dai prestiti [della CDDPP] (...) costituiscono aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, [CE].

Detti aiuti non sono compatibili con il mercato comune.

Articolo 3

L’Italia prende tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari l’aiuto concesso in virtù dei regimi di cui all’articolo 2, già posti illegittimamente a loro disposizione.

Il recupero viene eseguito senza indugio e secondo le procedure del diritto nazionale, sempreché queste consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione.

L’aiuto da recuperare è produttivo di interessi, decorrenti dalla data in cui l’aiuto è stato posto a disposizione dei beneficiari fino alla data di effettivo recupero, calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nell’ambito degli aiuti a finalità regionale.

(…)».

 Procedimento e conclusioni delle parti

18      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 settembre 2002, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

19      Con atti depositati nella cancelleria del Tribunale, rispettivamente, il 29 novembre 2002 e il 2 dicembre 2002, la ACSM Como SpA (in prosieguo: la «ACSM») e la AEM – Azienda Energetica Metropolitana Torino SpA (in prosieguo: la «AEM Torino») hanno chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno della ricorrente. Con ordinanza del presidente della Quinta Sezione ampliata del Tribunale (vecchia composizione) 12 maggio 2003, tali società sono state autorizzate ad intervenire. Le parti intervenienti hanno depositato le loro memorie e le altre parti nel presente procedimento hanno presentato osservazioni in merito a tali interventi nei termini all’uopo stabiliti.

20      Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 gennaio 2003, la Commissione ha sollevato un’eccezione d’irricevibilità a norma dell’art. 114, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

21      Il 14 marzo 2003 la ricorrente ha presentato le sue osservazioni in merito all’eccezione d’irricevibilità.

22      In data 8 agosto 2002, anche la Repubblica italiana ha presentato dinanzi alla Corte un ricorso di annullamento della decisione controversa (causa C‑290/02). La Corte ha constatato che quest’ultimo ricorso e quelli presentati nelle cause T‑292/02, T‑297/02, T‑300/02, T‑301/02 e T‑309/02 vertevano sullo stesso oggetto, vale a dire l’annullamento della decisione controversa, e che erano connessi, poiché i motivi in ciascuna di queste cause coincidevano ampiamente. Con ordinanza 10 giugno 2003, la Corte ha sospeso il procedimento nella causa C‑290/02, conformemente all’art. 54, terzo comma, del proprio Statuto, fino alla pronunzia della sentenza del Tribunale nelle cause T‑292/02, T‑297/02, T‑300/02, T‑301/02 e T‑309/02.

23      Con ordinanza 8 giugno 2004, la Corte ha deciso di rinviare la causa C‑290/02 dinanzi al Tribunale, che è divenuto competente a decidere sui ricorsi proposti dagli Stati membri contro la Commissione, conformemente al disposto dell’art. 2 della decisione del Consiglio 26 aprile 2004, 2004/407/CE, Euratom, che modifica gli articoli 51 e 54 del protocollo sullo statuto della Corte di giustizia (GU L 132, pag. 5). Pertanto, tale causa è stata iscritta sul ruolo del Tribunale con il numero T‑222/04.

24      Con ordinanza 5 agosto 2004, il Tribunale ha deciso di pronunciarsi sull’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione unitamente al merito della causa.

25      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione ampliata) ha deciso di aprire la fase orale e di porre per iscritto, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’art. 64 del regolamento di procedura, alcuni quesiti alle parti, ai quali queste ultime hanno risposto nel termine stabilito.

26      Con ordinanza 13 marzo 2008 il presidente dell’Ottava Sezione ampliata del Tribunale ha riunito le cause T‑292/02, T‑297/02, T‑300/02, T‑301/02, T‑309/02, T‑189/03 e T‑222/04 ai fini della fase orale, conformemente all’art. 50 del regolamento di procedura.

27      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 16 aprile 2008.

28      La ricorrente, sostenuta dalle intervenienti, chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso ricevibile;

–        annullare gli artt. 2 e 3 della decisione controversa;

–        condannare la Commissione alle spese.

29      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile;

–        in subordine, respingerlo;

–        condannare la ricorrente e le altre intervenienti alle spese.

 Sulla ricevibilità

 Argomenti delle parti

30      Preliminarmente, la Commissione nega l’interesse ad agire della ricorrente con riferimento alla parte del ricorso in cui si chiede l’annullamento dell’art. 2 della decisione controversa che riguarda i prestiti della CDDPP. La ricorrente, infatti, non avrebbe fruito di tali prestiti.

31      La Commissione nega poi la legittimazione ad agire della ricorrente. Quest’ultima non sarebbe individualmente interessata dalla decisione controversa, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

32      La Commissione afferma, in sostanza, che la decisione controversa dev’essere qualificata come atto di portata generale poiché riguarda un regime di aiuti e, quindi, un numero indeterminato e indeterminabile di imprese, definite in funzione di un criterio generale, quale l’appartenenza ad una categoria d’imprese. A suo parere, la portata generale e quindi la natura normativa di un atto non viene messa in forse dalla possibilità di determinare, con maggiore o minore precisione, il numero o addirittura l’identità dei soggetti di diritto ai quali esso si applica in un determinato momento, purché sia assodato che tale applicazione si effettua in ragione di una situazione obiettiva di diritto o di fatto definita dall’atto, in relazione allo scopo di quest’ultimo.

33      Secondo la Commissione, affinché un operatore privato sia individualmente interessato da un atto di portata generale, quest’ultimo deve ledere i suoi diritti specifici o l’istituzione che lo emana dev’essere tenuta a prendere in considerazione le conseguenze di tale atto sulla posizione dell’interessato. La Commissione ritiene tuttavia che ciò non accada nella presente fattispecie. Infatti, la decisione controversa avrebbe inciso sulla situazione di tutte le imprese che hanno beneficiato delle misure controverse. Di conseguenza, non vi sarebbe stata una lesione dei diritti specifici di determinate imprese, che potrebbero perciò distinguersi dalle altre imprese beneficiarie delle misure medesime. D’altronde, in sede di adozione della decisione controversa, la Commissione non avrebbe dovuto né potuto tener conto delle conseguenze dell’emananda decisione sulla posizione di un’impresa in particolare. Né la dichiarazione di incompatibilità, né l’ordine di recupero contenuti nella decisione controversa si riferirebbero alla posizione di singoli beneficiari.

34      La Commissione rileva che la sua analisi è confermata dalla giurisprudenza in materia di aiuti di Stato, secondo la quale il fatto di essere il beneficiario di un regime di aiuti dichiarato incompatibile con il mercato comune non è sufficiente a dimostrare un interesse individuale ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

35      Tale giurisprudenza consolidata non sarebbe messa in discussione da cause più recenti. Secondo la Commissione, la soluzione adottata nella sentenza della Corte 19 ottobre 2000, cause riunite C‑15/98 e C‑105/99, Italia e Sardegna Lines/Commissione (Racc. pag. I‑8855; in prosieguo: la «sentenza Sardegna Lines»), non è applicabile a tutti i ricorsi proposti da soggetti che abbiano fruito di aiuti concessi nel quadro di regimi dichiarati illegittimi ed incompatibili e dei quali sia stato ordinato il recupero. La stessa conclusione s’imporrebbe in particolare quando, come nella fattispecie, il regime di aiuti controverso sia stato esaminato in maniera astratta. Inoltre, nella causa definita dalla citata sentenza Sardegna Lines la ricorrente beneficiava in realtà di un aiuto individuale, poiché si trattava di un vantaggio accordato in virtù di un atto che era stato adottato sulla base di una legge regionale, chiara manifestazione di un ampio potere discrezionale. Per di più, tale caso sarebbe stato attentamente esaminato nel corso del procedimento d’indagine formale.

36      I fatti esaminati nella presente causa si distinguerebbero parimenti da quelli all’origine della sentenza della Corte 29 aprile 2004, causa C‑298/00 P, Italia/Commissione (Racc. pag. I‑4087; in prosieguo: la «sentenza Alzetta»), in quanto, nella fattispecie, la Commissione non conosceva il numero esatto né l’identità dei beneficiari degli aiuti in esame, non disponeva di tutte le informazioni rilevanti e non conosceva l’ammontare dell’aiuto concesso nei singoli casi. Inoltre, nel caso presente, l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa si applicherebbe in via automatica, mentre gli aiuti controversi nella citata causa Alzetta erano stati concessi mediante un atto successivo.

37      Secondo la Commissione, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, ai fini della ricevibilità l’elemento rilevante non è la conoscenza dell’identità di un’impresa, bensì il fatto che l’attenzione della Commissione sia stata attirata da caratteristiche del caso di specie tali da giustificare un esame individuale. Orbene, nella decisione controversa la Commissione avrebbe illustrato che nessuna informazione fornitale avrebbe dimostrato che, nei confronti della ricorrente, le misure controverse non costituissero aiuti o costituissero aiuti esistenti o compatibili con il mercato comune.

38      Ad ogni modo, né il fatto di aver preso parte al procedimento d’indagine formale previsto dall’art. 88, n. 2, CE, né l’ordine di recuperare gli aiuti contenuto nella decisione controversa sarebbero sufficienti, secondo la Commissione, ad individuare la ricorrente. Infatti, dato che i beneficiari potenziali di un regime di aiuti notificato non sono legittimati ad adire la Corte ai sensi dell’art. 230 CE, altrettanto dovrebbe valere per i beneficiari di un regime di aiuti non notificato.

39      Infine, l’irricevibilità del presente ricorso non si porrebbe in contrasto con il principio di una tutela giurisdizionale effettiva, poiché i rimedi giurisdizionali offerti dagli artt. 241 CE e 234 CE risulterebbero sufficienti (sentenza della Corte 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677).

40      Per quanto riguarda la sua legittimazione ad agire, la ricorrente, in sostanza, si considera individualmente interessata, in quanto società ex lege n. 142/90, e quindi impresa beneficiaria del regime di aiuti censurato nella decisione controversa.

 Giudizio del Tribunale

41      Ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre un ricorso contro una decisione presa nei confronti di altre persone solo qualora la detta decisione la riguardi direttamente ed individualmente.

42      In base ad una giurisprudenza consolidata, le persone fisiche o giuridiche, diverse dai destinatari di una decisione, possono sostenere che essa le riguarda individualmente solo se detta decisione le concerne a causa di determinate qualità loro particolari o di una situazione di fatto che le contraddistingue rispetto a chiunque altro e, quindi, le individua in modo analogo ai destinatari (sentenze della Corte 15 luglio 1963, causa 25/62, Plaumann/Commissione, Racc. pag. 195, in particolare pag. 220, e 2 aprile 1998, causa C‑321/95 P, Greenpeace Council e a./Commissione, Racc. pag. I‑1651, punti 7 e 28).

43      La Corte ha pertanto dichiarato che un’impresa non può, in via di principio, impugnare una decisione della Commissione che vieta un regime di aiuti settoriale se è interessata da questa decisione solo a causa della sua appartenenza al settore di cui trattasi e della sua qualità di beneficiaria potenziale di tale regime. Infatti, una tale decisione si presenta, nei confronti della ricorrente, come un provvedimento di portata generale che si applica a situazioni determinate obiettivamente e comporta effetti giuridici nei confronti di una categoria di persone considerate in modo generale ed astratto (v. sentenza della Corte 2 febbraio 1988, cause riunite 67/85, 68/85 e 70/85, Van der Kooy e a./Commissione, Racc. pag. 219, punto 15, e sentenza Alzetta, citata nel precedente punto 36, punto 37, e giurisprudenza ivi citata).

44      Tuttavia la Corte, nei punti 34 e 35 della citata sentenza Sardegna Lines (v. il precedente punto 35), ha dichiarato parimenti che l’impresa Sardegna Lines, poiché era interessata dalla decisione oggetto di tale giudizio non solo in quanto impresa del settore della navigazione in Sardegna, potenzialmente beneficiaria del regime di aiuti degli armatori sardi, ma anche nella sua qualità di beneficiaria effettiva di un aiuto individuale concesso a titolo di questo regime e del quale la Commissione aveva ordinato il recupero, era individualmente interessata dalla detta decisione e il suo ricorso contro quest’ultima era ricevibile (v. parimenti, in tal senso, sentenza Alzetta, citata nel precedente punto 36, punto 39).

45      Occorre quindi verificare se la ricorrente possieda la qualità di beneficiaria effettiva di un aiuto individuale, concesso in base a un regime di aiuti settoriale e di cui la Commissione abbia ordinato il recupero (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 20 settembre 2007, causa T‑136/05, Salvat père & fils e a./Commissione, Racc. pag. II‑4063, punto 70).

46      A questo riguardo occorre rilevare che, in primo luogo, dalla risposta della ricorrente ai quesiti scritti formulati dal Tribunale a tal riguardo si ricava che quest’ultima è realmente beneficiaria effettiva di un aiuto individuale concesso ai sensi del regime di aiuti in questione. Infatti, la ricorrente sostiene di aver goduto, durante gli anni 1998 e 1999, dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa. Quest’affermazione non è oggetto di contestazione da parte della Repubblica italiana.

47      In secondo luogo, dall’art. 3 della decisione controversa si evince che la Commissione ha disposto il recupero dell’aiuto in questione.

48      Da quanto esposto si evince che la ricorrente è individualmente interessata dalla decisione controversa per quanto concerne l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa.

49      Per quanto riguarda l’interesse diretto della ricorrente, poiché l’art. 3 della decisione controversa obbliga la Repubblica italiana ad adottare tutte le misure necessarie per recuperare presso il beneficiario gli aiuti menzionati dall’art. 2 della medesima decisione, posti illegittimamente a sua disposizione, e poiché la ricorrente ne ha beneficiato e dovrà rimborsarli, quest’ultima dev’essere considerata direttamente interessata dalla suddetta decisione (v., in tal senso, sentenza Salvat père & fils e a./Commissione, citata nel precedente punto 45, punto 75).

50      Viceversa, come si deduce dall’atto introduttivo del giudizio e dalla risposta della ricorrente ai quesiti formulati dal Tribunale, la stessa non ha goduto dei prestiti della CDDPP all’epoca dei fatti di causa.

51      Di conseguenza, occorre dichiarare che la ricorrente non può essere considerata individualmente interessata dalla decisione controversa per quanto concerne i prestiti della CDDPP.

52      Da tutto quanto sin qui esposto si ricava che il presente ricorso è ricevibile se e in quanto ha ad oggetto la parte della decisione controversa vertente sull’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa.

 Nel merito

53      La ricorrente deduce cinque motivi a sostegno del proprio ricorso, riguardanti rispettivamente:

–        una violazione dell’art. 88 CE, del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88 CE] (GU L 83, pag. 1), nonché dell’obbligo di motivazione, in ragione della mancata effettuazione di un esame preciso, concreto e differenziato;

–        una violazione dell’art. 87, n. 1, CE, e un vizio di motivazione sotto il profilo della qualifica dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa come aiuto di Stato;

–        una violazione dell’art. 88, n. 1, CE, a causa della qualificazione delle misure controverse come aiuti nuovi e, di conseguenza, delle norme di procedura, nonché un vizio di motivazione;

–        una violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, e un vizio di motivazione;

–        l’illegittimità dell’ordine di recupero e la violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità.

 Sul primo motivo, attinente ad una violazione dell’art. 88 CE, del regolamento n. 659/1999 nonché dell’obbligo di motivazione, in ragione della mancata effettuazione di un esame preciso, concreto e differenziato.

 Argomenti delle parti

54      Con tale motivo, la ricorrente fa valere, in particolare, una violazione dell’art. 88 CE e del regolamento n. 659/1999. Essa sostiene che la Commissione ha effettuato un’indagine astratta ed incompleta, limitandosi ad un «esame generale ed astratto» del regime controverso, senza procedere ad una valutazione concreta delle diverse situazioni. Di conseguenza, la decisione controversa non sarebbe sufficientemente motivata.

55      Secondo la ricorrente, la misura in oggetto copriva, in concreto, una gamma di situazioni estremamente variegate sotto il profilo sia giuridico sia fattuale e si applicava ad imprese di dimensioni assai diverse. A parere della ricorrente, tali imprese operavano in settori economici diversi, sarebbero state soggette a normative diverse e sarebbero state contrassegnate da condizioni di mercato differenziate sotto il profilo della concorrenza.

56      La ricorrente riconosce che la Commissione ha la facoltà di esaminare un regime di aiuti senza dover analizzare gli aiuti concessi in casi individuali in base a tale regime. Tuttavia, essa ritiene che senza un esame più dettagliato la Commissione non potesse pervenire alla conclusione che le misure controverse attribuivano un «notevole vantaggio ai beneficiari rispetto ai loro concorrenti». Ora, la dimostrazione di un vantaggio sarebbe indispensabile per la qualificazione di una misura come aiuto di Stato (sentenza della Corte 17 giugno 1999, causa C‑75/97, Belgio/Commissione, detta «Maribel bis/ter», Racc. pag. I‑3671, punto 48).

57      A questo proposito, la ricorrente ritiene che, in sede di controricorso, la Commissione abbia effettuato una valutazione in concreto dei singoli settori coinvolti, nell’ottica di rimediare alle gravi carenze della fase istruttoria ed al difetto di motivazione della decisione controversa. Tale valutazione ex post dovrebbe essere respinta dal Tribunale.

58      Secondo la ricorrente, la Commissione riconosce la carenza del proprio esame. Infatti, da una parte, essa avrebbe previsto, nei punti 72, 85 e 126 della decisione controversa, la possibilità che alcuni aiuti individuali siano considerati compatibili con il mercato comune secondo il criterio de minimis o in quanto aiuti esistenti o ancora aiuti giudicati compatibili con il mercato comune per ragioni attinenti al caso specifico. Dall’altra, la Commissione affermerebbe che le autorità italiane non le avrebbero fornito le informazioni sufficienti per poter procedere ad un esame individuale della posizione dei beneficiari. La ricorrente critica quest’ultima affermazione. A suo parere, anche ammettendo tale pretesa mancanza di informazioni, la Commissione avrebbe dovuto procedere ad ulteriori richieste di dati prima di emettere la decisione controversa, che d’altronde ha reso necessario un lungo periodo di istruzione (cinque anni).

59      Le intervenienti condividono la posizione e gli argomenti della ricorrente riguardo al presente motivo.

60      La Commissione fa anzitutto valere che, in ragione della natura generale ed astratta delle misure esaminate, dell’eterogeneità delle situazioni coperte dalle misure in questione nonché della mancanza di informazioni complete e affidabili sui beneficiari individuali, essa non poteva che limitarsi ad un esame delle dette misure, lasciando la valutazione dei casi individuali alla fase di esecuzione della decisione controversa. Ad ogni modo, riferendosi all’argomento della ricorrente relativo alla durata dell’istruzione, la Commissione sostiene che essa non aveva nessun motivo per domandare informazioni complementari e quindi ritardare ulteriormente la procedura.

 Giudizio del Tribunale

61      In via preliminare va ricordato che, nel caso di specie, si dibatte su un regime di aiuti di portata generale e non su un aiuto individuale.

62      Orbene, nel caso di un regime di aiuti, la Commissione può limitarsi a studiarne le caratteristiche generali e astratte, senza essere tenuta ad esaminare ogni singolo caso di applicazione, al fine di verificare se il detto regime comporti elementi di aiuto (v. sentenza della Corte 15 dicembre 2005, causa C‑148/04, Unicredito Italiano, Racc. pag. I‑11137, punto 67, e giurisprudenza ivi citata).

63      Nel caso di specie, occorre constatare anzitutto che il regime di aiuti in questione concerne una specifica categoria di imprese, ossia le società ex lege n. 142/90. Il fatto di essere una società di tal genere costituisce l’unica condizione richiesta per poter godere del detto regime.

64      Occorre rilevare, inoltre, che l’applicazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non è limitata a specifici servizi. Infatti, come ammesso dalla ricorrente, le imprese destinatarie del detto regime operano in settori economici assai diversi. Ebbene, nella fattispecie si tratta di un unico regime di aiuti che comprende una molteplicità di settori, e non di diversi regimi di aiuti classificati in base all’attività od al mercato interessato. Pertanto, la Commissione non era obbligata a prendere in considerazione ciascun tipo di attività o di mercato al fine di valutare gli effetti dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa (v., in tal senso, sentenze della Corte 14 ottobre 1987, causa 248/84, Germania/Commissione, Racc. pag. 4013, punto 18; Maribel bis/ter, citata nel precedente punto 56, punto 48, e 7 marzo 2002, causa C‑310/99, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑2289, punti 89‑91).

65      Dalla menzionata giurisprudenza si ricava parimenti che la Commissione non è obbligata ad esaminare un regime di aiuti valutando, nel contempo, le ipotesi specifiche di applicazione del medesimo, tanto più che un obbligo siffatto potrebbe ridurre l’efficacia del suo potere di controllo in materia di aiuti di Stato. Pertanto, la Commissione non è tenuta a richiedere informazioni ex officio riguardanti casi specifici di applicazione del regime di cui trattasi. Di conseguenza, questa censura dev’essere respinta.

66      Infine, la decisione controversa è sufficientemente motivata a questo proposito. Da essa si ricava, infatti, che la Commissione ha sottolineato che il suo esame verteva solo sui regimi di aiuti istituiti mediante le misure controverse e non sugli aiuti individuali concessi a diverse imprese. Per di più, da quanto sin qui esposto deriva che la Commissione può limitarsi ad analizzare le caratteristiche generali ed astratte di un regime di aiuti per valutare se detto regime comporti aiuti di Stato e se questi ultimi siano compatibili con il mercato comune.

67      Da quanto sin qui esposto discende che il primo motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo, attinente ad una violazione dell’art. 87, n. 1, CE, e a un vizio di motivazione sotto il profilo della qualificazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa come aiuto di Stato

 Argomenti delle parti

68      Con tale motivo, la ricorrente sostiene che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non costituisce un aiuto di Stato ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE e che la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione a tal riguardo.

69      Il motivo si articola in due parti.

70      Con la prima parte, la ricorrente ricorda che il requisito preliminare per dimostrare che un regime di aiuti falsa la concorrenza ai sensi dell’art. 87 CE è che le imprese beneficiarie di tale regime operino effettivamente in un mercato concorrenziale.

71      In sostanza, essa afferma che, all’epoca in cui era in vigore l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, come persino nel periodo successivo, la fornitura dei diversi servizi pubblici locali non era aperta alla concorrenza. Il settore della vendita di energia elettrica, in cui tutte le imprese produttrici di energia erano obbligate a vendere all’impresa titolare del monopolio, sarebbe stato liberalizzato solo nel 1999, con il recepimento della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 19 dicembre 1996, 96/92/CE, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (GU 1997, L 27, pag. 20). Per quanto riguarda poi la distribuzione del gas, la liberalizzazione di tale settore sarebbe avvenuta solo nel 2000, in conseguenza del recepimento in Italia della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 giugno 1998, 98/30/CE, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale (GU L 204, pag. 1). Inoltre, la distribuzione dell’energia elettrica, il settore del riscaldamento urbano nonché il mercato dei servizi idrici sarebbero stati sottratti alla concorrenza. Da tali elementi si desumerebbe, quindi, che i settori dei servizi pubblici locali sono stati liberalizzati soltanto dopo la fine dell’applicazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa.

72      Per di più, nel periodo di vigenza dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, le possibilità per le imprese di concorrere per la fornitura di servizi locali sarebbero state di carattere eccezionale.

73      La ricorrente sostiene parimenti che le imprese beneficiarie dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa hanno potuto partecipare solo in rarissime occasioni (e mai nel settore dell’elettricità) a gare di appalto per assicurarsi la gestione di servizi al di fuori della loro zona geografica di origine. Invero, gli appalti affidati nel settore dell’acqua, per esempio, sarebbero stati pochissimi, per importi modesti e non avrebbero avuto ad oggetto l’affidamento del servizio in quanto tale.

74      Secondo la ricorrente, l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non era in grado di falsare la concorrenza per le seguenti tre ragioni: in primo luogo, in forza delle norme regolanti i settori considerati, le società ex lege n. 142/90 non sarebbero state libere di determinare autonomamente le tariffe; in secondo luogo, esse avrebbero operato sulla base di concessioni o affidamenti di lunga durata che non venivano a scadenza nel periodo di vigenza dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa; in terzo luogo, gli utili di tali imprese sarebbero stati essenzialmente destinati a finanziare le entrate dei comuni di appartenenza e sarebbero stati distribuiti agli azionisti.

75      La ricorrente ritiene che, di conseguenza, non sia possibile affermare che i mercati interessati dall’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa operassero in condizioni di concorrenza per quanto concerne i settori sui quali essa è attiva.

76      Con la seconda parte, la ricorrente afferma sostanzialmente che, avendo dimostrato la mancanza di concorrenza nei mercati interessati, il problema dell’esistenza di un’incidenza sugli scambi tra Stati membri sarebbe divenuto superfluo.

77      A questo riguardo, essa considera apodittica ed astratta l’affermazione della Commissione, nel punto 68 della decisione controversa, secondo cui «il mercato delle concessioni dei cosiddetti “servizi pubblici locali” è un mercato aperto alla concorrenza comunitaria».

78      Inoltre, la ricorrente ritiene che, data la mancanza di prove che dimostrino un pregiudizio per gli scambi intracomunitari, la Commissione è venuta meno al suo obbligo di motivare in maniera esauriente la qualificazione dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa come aiuto di Stato. Nella decisione controversa, essa avrebbe previsto in modo puramente astratto ed ipotetico un rischio per la concorrenza derivante dall’espansione dell’attività delle società ex lege n. 142/90 verso settori diversi da quelli delle concessioni pubbliche, o dalle agevolazioni fiscali di cui avrebbero beneficiato, senza aver compiuto alcuna verifica sulla realtà dei fatti, né proceduto ad un’analisi corretta dei diversi settori economici.

79      Le intervenienti condividono la posizione e gli argomenti della ricorrente.

80      La Commissione critica tutti gli argomenti dedotti e considera sufficientemente motivata la decisione controversa.

 Giudizio del Tribunale

81      Si deve rammentare preliminarmente che, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE, per qualificare un provvedimento come aiuto è necessario che tutti i presupposti previsti da tale disposizione siano soddisfatti. In primo luogo, deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve poter incidere sugli scambi tra Stati membri. In terzo luogo, esso deve concedere un vantaggio selettivo. In quarto luogo, esso deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (v. sentenze della Corte 24 luglio 2003, causa C‑280/00, Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg, Racc. pag. I‑7747, in prosieguo: la «sentenza Altmark», punti 74 e 75, e giurisprudenza ivi citata, e 3 marzo 2005, causa C‑172/03, Heiser, Racc. pag. I‑1627, punto 27).

82      Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che i presupposti riguardanti l’incidenza sugli scambi intracomunitari e sulla concorrenza non sarebbero soddisfatti.

83      Nell’ambito della sua valutazione di tali due presupposti, la Commissione non è tenuta a dimostrare un’incidenza effettiva degli aiuti sugli scambi tra Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma deve solamente esaminare se i detti aiuti siano idonei a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza (v. sentenza Unicredito Italiano, cit. nel precedente punto 62, punto 54, e giurisprudenza ivi citata).

84      Occorre parimenti ricordare che, nel caso di un programma di aiuti, la Commissione può limitarsi a studiare le caratteristiche del programma di cui trattasi per valutare, nella motivazione della sua decisione, se, in base alle modalità previste da tale programma, questo sia tale da giovare essenzialmente a imprese che partecipano agli scambi tra Stati membri (sentenza Italia/Commissione, citata nel precedente punto 64).

85      Va peraltro ricordato che qualsiasi aiuto concesso ad un’impresa che eserciti le sue attività sul mercato comunitario è idoneo a causare distorsioni di concorrenza e ad incidere sugli scambi fra Stati membri (v. sentenza del Tribunale 6 marzo 2002, cause riunite T‑92/00 e T‑103/00, Diputación Foral de Álava/Commissione, Racc. pag. II‑1385, punto 72, e giurisprudenza ivi citata).

86      Inoltre, non esiste un livello o una percentuale al di sotto dei quali si possa ritenere che gli scambi tra Stati membri non siano alterati. Infatti, l’entità relativamente esigua di un aiuto o le dimensioni relativamente modeste dell’impresa beneficiaria non escludono a priori un’eventuale alterazione degli scambi tra Stati membri (sentenze della Corte 21 marzo 1990, causa C‑142/87, Belgio/Commissione, detta «Tubemeuse», Racc. pag. I‑959, punto 43; 14 settembre 1994, cause riunite da C‑278/92 a C‑280/92, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑4103, punto 42, e sentenza Altmark, citata nel precedente punto 81, punto 81).

87      La Corte ha sottolineato inoltre che non è affatto escluso che una sovvenzione pubblica, concessa a un’impresa attiva solo nella gestione di servizi di trasporto locale o regionale e non di servizi di trasporto al di fuori del suo Stato d’origine, possa incidere nondimeno sugli scambi tra Stati membri ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE. Infatti, quando uno Stato membro concede una sovvenzione pubblica a un’impresa, la fornitura di servizi di trasporto da parte della suddetta impresa può risultarne invariata o incrementata, con la conseguenza che le opportunità delle imprese aventi sede in altri Stati membri di fornire i loro servizi di trasporto sul mercato di tale Stato membro ne risultano diminuite (sentenza Altmark, citata nel precedente punto 81, punti 77 e 78).

88      Nel caso di specie, per quanto riguarda il presupposto relativo all’incidenza sulla concorrenza, occorre rilevare che, benché la ricorrente abbia sostenuto indubbiamente che le società ex lege n. 142/90 non operavano su mercati concorrenziali, e ciò facendo riferimento, in particolare, ai propri settori di attività, essa non ha fornito nessuna prova valida per corroborare l’affermazione secondo cui i settori dei servizi pubblici locali non erano aperti alla concorrenza all’epoca dei fatti. A tale proposito, occorre ricordare che si tratta, nel caso di specie, di un regime di aiuti che ingloba una molteplicità di settori e non di diversi regimi di aiuti vertenti ciascuno su un settore specifico.

89      La circostanza che il regime di aiuti di cui trattasi si applichi unicamente alle società ex lege n. 142/90, a prescindere dalla loro attività, e il fatto che queste imprese operino realmente in diversi settori economici, tra quelli aperti alla concorrenza, sono sufficienti a far concludere che il provvedimento in questione era idoneo, di per sé, ad influenzare la concorrenza e gli scambi tra Stati membri.

90      A questo riguardo, occorre sottolineare che, come indicato dalla Commissione nei punti 73 e 84 della decisione controversa, alcuni dei settori interessati, quali quelli dei prodotti farmaceutici, dei rifiuti, del gas, dell’elettricità e dell’acqua, erano contrassegnati da un certo grado di concorrenza all’epoca dell’entrata in vigore delle misure in questione.

91      Va rilevato inoltre che, nei settori di attività delle società ex lege n. 142/90, le imprese concorrono per aggiudicarsi le concessioni di servizi pubblici locali nei diversi comuni e che il mercato delle dette concessioni è un mercato aperto alla concorrenza (punti 67 e 68 della decisione controversa).

92      L’argomento ricavato dalla mancanza di una concorrenza e pertanto di un’incidenza sugli scambi interstatali per il fatto che, in realtà, i servizi interessati sarebbero stati direttamente attribuiti alle società ex lege n. 142/90 dev’essere respinto. Da un lato, l’attribuzione diretta non inficia la constatazione effettuata nei punti precedenti, secondo la quale il mercato di cui trattasi era contrassegnato, quanto meno, da un certo grado di concorrenza. Dall’altro, l’argomento tenderebbe piuttosto a dimostrare gli effetti restrittivi del provvedimento in questione sulla concorrenza e non la mancanza di concorrenza sul mercato interessato. Infatti, come sottolinea la Commissione nel punto 71 della decisione controversa, non si può escludere che l’esistenza stessa dell’aiuto in favore delle società ex lege n. 142/90 abbia creato un incentivo per i comuni ad affidare loro direttamente i servizi anziché rilasciare concessioni mediante gare d’appalto.

93      Per quanto riguarda la questione specifica della possibilità che i provvedimenti in questione abbiano falsato o rischiato di falsare il grado di concorrenza esistente sul mercato, va constatato che le misure di cui trattasi hanno rafforzato la posizione concorrenziale delle società ex lege n. 142/90 rispetto a tutte le altre imprese italiane o straniere operanti sul mercato interessato. Come rileva giustamente la Commissione nel punto 62 della decisione controversa, le imprese la cui forma giuridica non sia quella della società per azioni, e il cui capitale non sia maggioritariamente detenuto da enti locali, si trovano in posizione svantaggiata qualora intendano gareggiare per l’aggiudicazione della fornitura di un determinato servizio in un certo territorio.

94      Inoltre, le attività delle società ex lege n. 142/90 non sono limitate al settore dei servizi pubblici locali. Di conseguenza, il provvedimento in questione può facilitare l’espansione delle dette società su altri mercati aperti alla concorrenza, producendo così effetti distorsivi pure in settori diversi da quelli dei servizi pubblici locali. In tale contesto, dalla legge n. 142/90, nell’interpretazione datane dalla Corte suprema di cassazione con sentenza 6 maggio 1995, n. 4989, e dal Consiglio di Stato con sentenza 3 settembre 2001, n. 4586, si evince che le società ex lege n. 142/90 hanno facoltà di operare in zone diverse sia in Italia che all’estero e in ambiti diversi da quelli dei servizi pubblici indicati dallo statuto, salvo il caso in cui ciò distolga risorse e mezzi in misura apprezzabile e tale da recar danno alla collettività di riferimento.

95      Da quanto sin qui esposto risulta che il provvedimento di cui trattasi falsa o rischia di falsare la concorrenza ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

96      Per quanto concerne il presupposto relativo all’incidenza sugli scambi interstatali, occorre ricordare anzitutto che la circostanza che le società ex lege n. 142/90 operino soltanto sul loro mercato nazionale o sul loro territorio di origine non è determinante. Infatti, gli scambi interstatali sono alterati dal provvedimento in questione quando le opportunità delle imprese con sede in altri Stati membri di fornire i loro servizi sul mercato italiano si trovano ridotte (v. il precedente punto 87).

97      Pertanto, la Commissione ha constatato giustamente, nel punto 70 della decisione controversa, che il provvedimento in questione poteva creare un ostacolo alle imprese straniere che intendessero installarsi o vendere i loro servizi in Italia e quindi incideva sugli scambi intracomunitari, ai sensi dell’art. 87, n. 1, CE.

98      Infatti, da un lato, la misura in esame danneggia le imprese straniere partecipanti a gare per concessioni di servizi pubblici locali in Italia, dato che le imprese pubbliche beneficiarie del regime in oggetto possono concorrere a prezzi più competitivi rispetto ai loro concorrenti nazionali o comunitari, che non ne beneficiano. Dall’altro, la misura in questione rende meno attraente per le imprese di altri Stati membri l’investimento nel settore dei servizi pubblici locali in Italia (ad esempio, mediante acquisto di una partecipazione di maggioranza), poiché le aziende eventualmente acquisite non potrebbero beneficiare (o potrebbero perdere) l’aiuto di cui trattasi, in conseguenza della natura dei nuovi azionisti (v. il punto 69 della decisione controversa).

99      Da quanto precede risulta che la Commissione non ha commesso errori, ritenendo che i presupposti relativi all’incidenza sugli scambi tra Stati membri e alla distorsione della concorrenza fossero soddisfatti nel caso di specie.

100    Per quanto concerne il presunto difetto di motivazione della decisione controversa in merito a questi due presupposti, occorre ricordare che la Commissione ha spiegato in modo conciso ma chiaro, rispettivamente nei punti 62‑64, 69, 73 e 74 della decisione controversa, le ragioni per le quali essa aveva ritenuto che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa fosse tale da falsare la concorrenza ed incidere sugli scambi interstatali tra gli Stati membri. Inoltre, come già è stato rilevato, la Commissione non è tenuta a dimostrare le effettive conseguenze degli aiuti già concessi (sentenza della Corte 14 febbraio 1990, causa C‑301/87, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑307, punto 33).

101    Da quanto sin qui esposto discende che il secondo motivo va respinto.

 Sul terzo motivo, riferito ad una violazione dell’art. 88, n. 1, CE, a causa della qualificazione delle misure controverse come aiuti nuovi, ad una conseguente violazione delle norme di procedura e a un vizio di motivazione

 Argomenti delle parti

102    Con tale motivo, la ricorrente fa valere, in subordine, che le misure controverse costituiscono aiuti esistenti e che, di conseguenza, la Commissione ha violato l’art. 88 CE e l’art. 1, lett. b), i) e v), del regolamento n. 659/1999. Essa lamenta parimenti un vizio di motivazione della decisione controversa a tal riguardo.

103    Tale motivo si articola in due parti.

104    Nella prima parte, la ricorrente ritiene che si tratti di aiuti esistenti ai sensi dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999, poiché nel periodo di riferimento i mercati interessati operavano in assenza di concorrenza. Infatti, le società ex lege n. 142/90 avrebbero potuto operare solo nel loro territorio di appartenenza e in regime di esclusiva. Ne consegue che, comunque, le misure controverse sarebbero divenute aiuti di Stato solo dopo l’asserita introduzione della concorrenza nei settori interessati.

105    Nella seconda parte, fondata sull’art. 1, lett. b), i), del regolamento n. 659/1999, la ricorrente sostiene che la gestione dei servizi d’interesse pubblico in regime di monopolio, da parte dei comuni e delle aziende municipalizzate, è stata esonerata da imposta a partire dall’inizio del secolo scorso.

106    Secondo la ricorrente, vi è stata continuità tra, da un lato, il regime fiscale di cui beneficiavano i comuni e le aziende municipalizzate per le attività di gestione dei servizi pubblici locali e, dall’altro, l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa per le società ex lege n. 142/90. Infatti, le aziende municipalizzate e le dette società costituirebbero sostanzialmente la medesima entità.

107    La Commissione sarebbe pertanto venuta meno all’obbligo di dimostrare che la nuova misura ha inciso «sulla sostanza del regime iniziale», che è condizione fondamentale affinché un aiuto esistente possa essere qualificato come aiuto nuovo ai sensi della sentenza del Tribunale 30 aprile 2002, cause riunite T‑195/01 e T‑207/01, Government of Gibraltar/Commissione (Racc. pag. II‑2309). I benefici fiscali di cui trattasi non sarebbero stati modificati e la categoria dei beneficiari non sarebbe stata ampliata.

108    La cesura temporale che la Commissione vorrebbe introdurre tra il regime delle imprese municipalizzate e quello delle società ex lege n. 142/90 sarebbe inaccettabile, poiché le imprese municipalizzate hanno continuato a fruire del vecchio regime fiscale fino alla loro trasformazione in società ex lege n. 142/90, effettuata solo in concomitanza con l’introduzione del nuovo regime fiscale. Di conseguenza, le società ex lege n. 142/90 non sarebbero mai state soggette all’imposta sui redditi nel periodo 1990‑1993.

109    La ricorrente rileva una contraddizione nel ragionamento della Commissione, in quanto prima essa riconosce l’identità, dal punto di vista economico e sostanziale, delle società ex lege n. 142/90 e delle vecchie aziende municipalizzate, ai fini dell’esenzione dall’imposta sui conferimenti, e poi la disconosce, in sede di analisi dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa.

110    Secondo la ricorrente, né la lettura dell’art. 22, terzo comma, della legge n. 142/90 né la giurisprudenza nazionale citata dalla Commissione dimostrano una diversificazione delle sfere di operatività e territoriali delle società ex lege n. 142/90 rispetto alle aziende municipalizzate o speciali.

111    Le intervenienti condividono la posizione e gli argomenti della ricorrente.

112    La Commissione ritiene che questo motivo vada respinto.

 Giudizio del Tribunale

113    Nella sua sentenza 9 agosto 1994, causa C‑44/93, Namur-Les assurances du crédit (Racc. pag. I‑3829), la Corte ha dichiarato che emerge sia dalla lettera sia dalla finalità delle disposizioni dell’art. 88 CE che devono essere considerati aiuti esistenti ai sensi dell’art. 88, n. 1, CE gli aiuti che esistevano prima della data di entrata in vigore del Trattato CE e quelli cui sia stata regolarmente data esecuzione alle condizioni previste dall’art. 88, n. 3, CE, ivi compresi quelli risultanti dall’interpretazione data a tale articolo dalla Corte nella sentenza 11 dicembre 1973, causa 120/73, Lorenz (Racc. pag. 1471, punti 4‑6), mentre devono considerarsi aiuti nuovi, soggetti all’obbligo di notifica previsto da quest’ultima disposizione, i provvedimenti diretti ad istituire o modificare aiuti, con la precisazione che le modifiche possono vertere vuoi su aiuti esistenti, vuoi su progetti iniziali notificati alla Commissione.

114    Per quanto concerne gli aiuti esistenti, l’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999 ha ripreso e sancito le norme fissate dalla giurisprudenza.

115    Ai sensi di questa disposizione, costituisce aiuto esistente:

i)       qualsiasi aiuto esistente nello Stato membro interessato prima dell’entrata in vigore del Trattato CE;

ii)       qualsiasi aiuto autorizzato, ossia i regimi di aiuti e gli aiuti individuali che siano stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio;

iii)  qualsiasi aiuto che si possa considerare autorizzato in caso di mancata adozione, da parte della Commissione, di una decisione entro il termine di due mesi, in linea di principio decorrenti dal giorno successivo a quello del ricevimento della sua notificazione completa, e di cui la Commissione dispone al fine di effettuare un esame preliminare;

iv)       qualsiasi aiuto nei confronti del quale sia scaduto il termine di prescrizione decennale in materia di recupero;

v)       qualsiasi aiuto considerato esistente in quanto possa essere dimostrato che al momento della sua attuazione non costituiva aiuto, ma lo sia diventato successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune e senza aver subito modifiche da parte dello Stato membro. Qualora alcune misure diventino aiuti in seguito alla liberalizzazione di un’attività da parte del diritto comunitario, dette misure non sono considerate aiuti esistenti dopo la data fissata per la liberalizzazione.

116    Inoltre, ai sensi dell’art. 1, lett. c), del detto regolamento, qualsiasi modifica di un aiuto esistente dev’essere considerata come aiuto nuovo.

117    In sostanza, le misure dirette a istituire aiuti o a modificare aiuti esistenti costituiscono aiuti nuovi. In particolare, quando la modifica incide sul regime iniziale proprio a livello dei suoi contenuti, questo regime si trova trasformato in un nuovo regime di aiuti. Tuttavia, non può parlarsi di una siffatta modifica sostanziale qualora l’elemento nuovo sia chiaramente separabile dal regime iniziale (sentenza Government of Gibraltar, citata nel precedente punto 107, punti 109‑111).

118    Nel caso di specie, è pacifico che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non rientra nella seconda, terza e quarta ipotesi previste dall’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999, le quali consentono di considerare un provvedimento di aiuti come aiuto esistente. Per di più, queste ultime non sono state richiamate dalla ricorrente.

119    Il Tribunale reputa opportuno esaminare anzitutto la seconda parte del presente motivo.

120    Per quanto riguarda la prima ipotesi prevista dall’art. 1, lett. b), del regolamento n. 659/1999, occorre rilevare anzitutto che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa è stata istituita mediante il decreto legge n. 331/93 e mediante la legge n. 549/95. Nel 1990, quando la legge n. 142/90 ha varato una riforma degli enti giuridici a disposizione dei comuni al fine di gestire i servizi pubblici locali, che comprendeva la facoltà di istituire società a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico, per queste società non è stata prevista nessuna esenzione dall’imposta sul reddito d’impresa.

121    Infatti, tutte le società ex lege n. 142/90 costituite tra il 1990 e l’entrata in vigore, il 30 agosto 1993, dell’art. 66 del decreto legge n. 331/93 erano soggette all’imposta sui redditi.

122    Di conseguenza, come giustamente sostenuto dalla Commissione nel punto 91 della decisione controversa, per estendere alle società ex lege n. 142/90 il regime fiscale applicabile agli enti locali, il legislatore italiano ha dovuto adottare una nuova legislazione vari decenni dopo l’entrata in vigore del Trattato CE.

123    Inoltre, anche ipotizzando che l’esenzione dalle imposte per le imprese municipalizzate sia stata introdotta prima dell’entrata in vigore del Trattato CE e che essa sia rimasta in vigore sino al 1995, resta pur vero che le società ex lege n. 142/90 si distinguono sostanzialmente dalle imprese municipalizzate. Ebbene, l’estensione delle agevolazioni fiscali esistenti per le imprese municipalizzate e speciali a una nuova categoria di beneficiari, quali le società ex lege n. 142/90, costituisce una modifica separabile dal regime iniziale. Infatti, come rilevato nella sentenza del Consiglio di Stato 3 settembre 2001, n. 4586, esistono differenze giuridiche tra le società ex lege n. 142/90 e le imprese municipalizzate dovute al fatto che, in particolare, le prime non sono soggette alla rigorosa limitazione territoriale imposta alle seconde e che la sfera d’attività delle prime è molto più estesa. Infatti, come già sottolineato nel precedente punto 94, le società ex lege n. 142/90 hanno la facoltà di operare al di fuori del territorio di riferimento, sia in Italia che all’estero, e in ambiti diversi da quello del servizio pubblico previsto dal loro statuto, a meno che ciò sottragga risorse e mezzi in misura rilevante e tale da recar danno alla collettività di riferimento.

124    Di conseguenza, come spiegato dalla Commissione nel punto 92 della decisione controversa, anche se le società ex lege n. 142/90 sono subentrate nei diritti e nei doveri alle imprese municipalizzate, la normativa che stabilisce la loro sfera di attività materiale e geografica è mutata a livello sostanziale.

125    Di conseguenza, è giocoforza concludere che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, istituita dal combinato disposto degli artt. 3, n. 70, della legge n. 549/95, e 66, comma 14, del decreto legge n. 331/93 non rientra nella sfera dell’art. 1, lett. b), i), del regolamento n. 659/1999.

126    Per quanto riguarda la prima parte del presente motivo, fondata sull’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999, occorre sottolineare che questa disposizione è applicabile solo a provvedimenti che non costituivano aiuti all’atto della loro introduzione. A questo proposito basti constatare, come spiega la Commissione nei punti 83‑85 della decisione controversa, che il provvedimento in questione è stato istituito nel momento in cui i mercati erano ad ogni modo aperti alla concorrenza, benché assai verosimilmente a livello differente. Di conseguenza, occorre dichiarare che l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non rientra nella sfera dell’art. 1, lett. b), v), del regolamento n. 659/1999.

127    Questa conclusione non è rimessa in discussione dall’affermazione della ricorrente, secondo la quale la produzione di energia sarebbe stata liberalizzata solo nel 1999. Infatti occorre ricordare che, nel caso di specie, si tratta di un regime di aiuti destinato a una categoria specifica di imprese che ingloba molteplici settori. Di conseguenza, non si può pretendere dalla Commissione che essa effettuasse un esame per ciascun settore. Ciò non esclude l’eventualità che determinati casi specifici siano considerati aiuti esistenti. È per questa ragione che la Commissione, nella decisione controversa, ha tenuto in considerazione una siffatta eventualità (punto 85 della decisione controversa).

128    Per questo motivo, non si può concludere nel senso dell’esistenza di un vizio di motivazione.

129    Infine, in merito alla presunta contraddizione tra l’analisi dell’esenzione dalla tassa sui conferimenti e quella concernente l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, basata sul fatto che le imprese municipalizzate e le società ex lege n. 142/90 sarebbero considerate, una volta sì e una no, come entità economicamente e sostanzialmente distinte, occorre osservare che la Commissione, nella decisione controversa, basandosi sull’informazione fornita dal governo italiano, ha rilevato che la prima esenzione poteva considerarsi giustificata dalla natura e dall’economia generale del sistema in questione. Senza che occorra pronunciarsi sulla fondatezza di tale valutazione, occorre rilevare che la circostanza che la Commissione abbia commesso eventualmente un errore per quanto riguarda l’esenzione dalla tassa sui conferimenti non implica che occorra annullare una parte diversa della decisione controversa.

130    Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre respingere il terzo motivo.

 Sul quarto motivo, relativo ad una violazione dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE e a un vizio di motivazione

 Argomenti delle parti

131    Con tale motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione ha commesso un errore allorché ha escluso che la misura controversa potesse essere un aiuto di Stato compatibile ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE. La compatibilità di tale misura con la disposizione in parola deriva, secondo la ricorrente, dal fatto che il detto regime ha permesso la ristrutturazione delle aziende municipalizzate e il passaggio ad un mercato concorrenziale. Pertanto, nella decisione controversa, la Commissione avrebbe valutato erroneamente la fattispecie.

132    Inoltre, l’analisi svolta dalla Commissione nella decisione controversa sarebbe contraddittoria nella parte in cui giudica irrilevanti i precedenti richiamati dalle imprese intervenute nel procedimento amministrativo, come la decisione della Commissione 10 novembre 1999, concernente talune norme transitorie per l’abolizione dell’esenzione dall’imposta sulle società per le imprese di trasporto municipali (GU C 379, pag. 11), e la decisione 22 dicembre 1999, 2000/410/CE, relativa all’aiuto di Stato al quale la Francia intende dare esecuzione in favore del settore portuale francese (GU 2000, L 155, pag. 52). Come nel presente caso, le misure fiscali oggetto di quelle decisioni erano destinate a garantire la transizione da regimi di monopolio a regimi liberalizzati.

133    La ricorrente sostiene che, in assenza della misura controversa, la trasformazione delle aziende municipalizzate in società per azioni non sarebbe mai stata realizzata. La detta misura sarebbe stata infatti indispensabile per favorire l’apertura dei servizi pubblici locali alla concorrenza, assicurando la trasparenza nelle relazioni finanziarie tra le autorità pubbliche e le imprese che forniscono servizi, ed avrebbe risposto all’esigenza fondamentale di assicurare un periodo transitorio per la ristrutturazione di queste imprese, senza peraltro mettere in pericolo la continuità dello svolgimento del servizio pubblico. La ricorrente lamenta parimenti un vizio di motivazione a tale proposito.

134    Le intervenienti condividono la posizione e gli argomenti della ricorrente.

135    La Commissione considera tale motivo inoperante. Infatti, le misure controverse sarebbero state dichiarate incompatibili con il mercato comune poiché violano l’art. 43 CE, ciò che non è stato negato dalla ricorrente. In subordine, la Commissione critica la fondatezza di tale motivo.

 Giudizio del Tribunale

136    Occorre anzitutto ricordare che la Commissione dispone di un ampio potere discrezionale nella materia disciplinata dall’art. 87, n. 3, CE (sentenza della Corte 24 febbraio 1987, causa 310/85, Deufil/Commissione, Racc. pag. 901, punto 18). Il controllo operato dal giudice comunitario deve limitarsi pertanto alla verifica del rispetto delle norme di procedura e dell’obbligo di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’assenza di errori manifesti di valutazione nonché di uno sviamento di potere.

137    Inoltre, in base ad una giurisprudenza consolidata, per essere dichiarati compatibili con il mercato comune ai sensi dell’art. 87, n. 3, lett. c), CE, gli aiuti ad imprese in difficoltà devono essere connessi a un piano di ristrutturazione coerente, che va presentato alla Commissione corredato di tutte le necessarie precisazioni (sentenza della Corte 22 marzo 2001, causa C‑17/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑2481, punto 45).

138    Nel caso di specie, per quanto concerne la motivazione della decisione controversa, da quest’ultima si evince che la Commissione ha verificato se l’aiuto potesse essere giudicato compatibile con il mercato comune in base all’art. 87, n. 3, lett. c), CE, in primo luogo, alla luce degli orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (GU 1999, C 288, pag. 2), e, successivamente, a prescindere dai detti orientamenti. A questo proposito, essa ha illustrato le ragioni per le quali era giunta ad una conclusione negativa (punti 97 e segg. della decisione controversa).

139    Inoltre, risulta chiaramente dagli atti che non erano soddisfatti i presupposti richiesti affinché l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa potesse beneficiare della deroga ex art. 87, n. 3, lett. c), CE. L’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa non mirava a ripristinare la redditività dei beneficiari e non era riservata ad imprese in difficoltà. Anche ipotizzando che questo fosse il caso, non è stato presentato nessun piano di ristrutturazione né alcun provvedimento diretto a compensare le distorsioni della concorrenza inerenti alla concessione dell’aiuto di cui trattasi. Ebbene, secondo la giurisprudenza, per essere dichiarati compatibili con il mercato comune ex art. 87, n. 3, lett. c), CE, gli aiuti ad imprese in difficoltà devono essere collegati a un piano di ristrutturazione coerente, che dev’essere presentato alla Commissione corredato di tutte le precisazioni necessarie (sentenza della Corte 22 marzo 2001, causa C‑17/99, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑2481, punto 45).

140    Per quanto riguarda l’argomento secondo il quale il provvedimento in questione avrebbe agevolato il passaggio da un’economia di mercato monopolistica a quella di un mercato concorrenziale, occorre rilevare che la ricorrente non dimostra in che modo il provvedimento in questione avrebbe comportato un’intensificazione della concorrenza. Infatti, come già rilevato, i mercati interessati erano già contrassegnati da un certo grado di concorrenza e, di conseguenza, il provvedimento in questione poteva falsare la medesima.

141    In merito alla presunta contraddizione tra il metodo seguito nel caso di specie e quello applicato in altre decisioni della Commissione, occorre rilevare che dalle due decisioni cui fa riferimento la ricorrente si ricava che le circostanze allora in esame non sono comparabili con quelle della presente fattispecie. Per quanto riguarda la decisione 10 novembre 1999, come giustamente sottolineato dalla Commissione, i beneficiari dell’esenzione fiscale nel detto caso erano stati colpiti da un divieto di partecipazione a gare d’appalto al di fuori del loro territorio di riferimento sino all’apertura dei rispettivi mercati domestici. Per quanto concerne la decisione 2000/410, la concessione degli aiuti oggetto di tale vicenda era soggetta alla realizzazione di investimenti finalizzati al trasferimento ed alla sostituzione di installazioni esistenti.

142    Pertanto, il quarto motivo va respinto.

 Sul quinto motivo, relativo all’illegittimità dell’ordine di recupero ed alla violazione dei principi della tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità

143    Con il presente motivo, la ricorrente lamenta l’illegittimità dell’ordine rivolto alla Repubblica italiana di recuperare presso i beneficiari l’aiuto concesso in virtù dei regimi dichiarati incompatibili con il mercato comune, nonché una violazione dei principi del legittimo affidamento e di proporzionalità. Tale motivo si articola in due parti.

 Argomenti delle parti

–       Sulla prima parte, relativa all’illegittimità dell’ordine di recupero alla luce di una valutazione in astratto della misura controversa

144    Secondo la ricorrente, l’art. 3 della decisione controversa ordina alla Repubblica italiana di recuperare tutte le agevolazioni di cui abbiano fruito le società ex lege n. 142/90, quando la stessa Commissione ha riconosciuto la possibilità che taluni aiuti non siano incompatibili con il mercato comune, senza tuttavia averli individuati. A parere della ricorrente, la Repubblica italiana sarebbe in tal modo costretta ad effettuare un’analisi di fatto molto complessa, implicante l’esercizio di un potere discrezionale, che esulerebbe di gran lunga dalle sue competenze, e si esporrebbe al rischio di procedere al recupero di interventi non costitutivi di aiuti, o costitutivi di aiuti esistenti, o ancora di aiuti che potrebbero essere compatibili o che potrebbero essere dichiarati tali nel contesto di un’ulteriore decisione della Commissione.

145    Secondo la ricorrente, in considerazione della mancanza di qualsiasi quadro procedurale che accompagni l’ordine di recupero emesso dalla Commissione, quest’ultima dovrebbe o esaminare in maniera particolareggiata i singoli casi nei confronti dei quali l’ordine di recupero possa essere effettivamente emanato, oppure limitarsi a valutare il regime in astratto. In quest’ultima ipotesi, essa dovrebbe rinunciare a ordinare il recupero degli aiuti erogati.

146    La ricorrente rileva una contraddizione negli argomenti della Commissione tra la possibilità, per le autorità nazionali, di considerare alcuni aiuti individuali compatibili con il mercato comune (punto 126 della decisione controversa) e l’affermazione della competenza esclusiva della Commissione per la valutazione della compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune.

147    Essa non censura il riferimento alla sentenza Italia/Commissione, citata nel precedente punto 64, ma sostiene che occorre stabilire il momento in cui debba essere effettuata l’analisi concreta dei casi individuali: tale momento dovrebbe essere quello dell’adozione della decisione da parte della Commissione.

148    La ricorrente sostiene inoltre che la giurisprudenza richiamata dalla Commissione si riferisce unicamente a casi in cui, contrariamente alla fattispecie in esame, non era possibile distinguere gli aiuti controversi in base alle diverse situazioni individuali dei beneficiari. La Corte, difatti, avrebbe espressamente censurato la Commissione, nell’ambito di due sentenze, per aver omesso di differenziare gli aiuti esaminati alla luce degli elementi di fatto (sentenze 26 settembre 2002, causa C‑351/98, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑8031, e 13 febbraio 2003, causa C‑409/00, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑1487).

149    Le intervenienti condividono la posizione e gli argomenti della ricorrente.

150    La Commissione critica tutti gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

–       Sulla seconda parte del motivo, relativa alla violazione dei principi del legittimo affidamento e di proporzionalità

151    La ricorrente considera viziato l’ordine di recupero di cui all’art. 3 della decisione controversa in ragione del mancato rispetto, da parte della Commissione, dei principi generali della tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità.

152    Essa ritiene che numerosi fattori abbiano contribuito a ingenerare nella ricorrente un concreto affidamento circa la legittimità del regime controverso, ossia la convinzione dell’identità tra i due regimi fiscali succedutisi, la condotta delle autorità italiane e, infine, il comportamento della Commissione, che ha avviato la procedura di indagine formale solo a distanza di quattro anni dall’adozione della misura controversa, procedura nel corso della quale non ha né replicato agli argomenti presentati dalla ricorrente né fatto uso, nel corso dell’istruttoria durata tre anni, del proprio potere di adottare provvedimenti ingiuntivi in forza degli artt. 10 e 11 del regolamento n. 659/1999.

153    Ad ogni modo, a motivo dell’adozione, da parte del legislatore italiano, dell’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa, la ricorrente non avrebbe potuto pagare la detta imposta per gli anni 1997‑1999, poiché un’impresa non è tenuta a pagare imposte non dovute in base alla legislazione nazionale.

154    Infine, la ricorrente adduce che, in ragione del cambiamento radicale delle condizioni del mercato e della situazione delle imprese, il recupero è manifestamente inidoneo a ristabilire la situazione quo ante e risulta, pertanto, ingiustificato. Inoltre, l’esenzione triennale dall’imposta sul reddito d’impresa avrebbe agevolato non già le società ex lege n. 142/90, ma i comuni, loro azionisti.

155    Le intervenienti condividono la posizione e gli argomenti della ricorrente riguardo a questa parte del motivo.

156    La Commissione critica tutti gli argomenti dedotti dalla ricorrente.

 Giudizio del Tribunale

157    Come già ricordato nel precedente punto 62, per giurisprudenza consolidata la Commissione può limitarsi, nell’ipotesi di un regime di aiuti, ad analizzare le caratteristiche del regime.

158    Dalla giurisprudenza si evince anche che una decisione contenente un giudizio negativo su un regime di aiuti non deve contenere un’analisi degli aiuti concessi in casi individuali sulla base di tale regime. È solo a livello del recupero degli aiuti che si renderà necessario verificare la situazione individuale di ciascuna impresa interessata (sentenza Italia/Commissione, citata nel precedente punto 64, punto 91).

159    Va poi ricordato che, in base a una giurisprudenza costante, la soppressione di un aiuto illegittimo mediante recupero è la logica conseguenza dell’accertamento della sua incompatibilità con il mercato comune (sentenze della Corte Tubemeuse, citata nel precedente punto 86, punto 66; 14 gennaio 1997, causa C‑169/95, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑135, punto 47, e 29 giugno 2004, causa C‑110/02, Commissione/Consiglio, Racc. pag. I‑6333, punto 41).

160    A questo proposito occorre rilevare anche che questa giurisprudenza si applica sia a un aiuto individuale, sia ad aiuti versati in applicazione di un regime di aiuti.

161    Tuttavia, l’analisi generale ed astratta di un regime di aiuti non esclude che, in un caso individuale, l’importo concesso in base al detto regime sfugga al divieto previsto dall’art. 87, n. 1, CE, per esempio a causa del fatto che la concessione individuale di un aiuto ricade nelle norme de minimis. Questa considerazione spiega le riserve formulate nei punti 72, 85 e 126 della decisione controversa.

162    Indubbiamente, il ruolo delle autorità nazionali si limita, quando la Commissione adotta una decisione che dichiara un aiuto incompatibile con il mercato comune, a dare esecuzione a questa decisione e le medesime non dispongono, a tale riguardo, di nessuna discrezionalità (sentenza della Corte 22 marzo 1977, causa 78/76, Steinicke & Weinlig, Racc. pag. 595, punto 10). Ciò non impedisce alle autorità nazionali, in sede di esecuzione della detta decisione, di tener conto delle menzionate riserve. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la Commissione ordina soltanto il recupero degli aiuti ai sensi dell’art. 87 CE e non degli importi che, benché versati a titolo del regime in questione, non costituiscono aiuti o costituiscono aiuti esistenti o compatibili con il mercato comune, in forza di un regolamento di esenzione per categoria o di un’altra decisione della Commissione.

163    Per quanto concerne la presunta illegittimità della decisione controversa derivante dal fatto che la Repubblica italiana sarebbe obbligata a determinare quali provvedimenti concreti costituiscano aiuti, occorre rilevare che una siffatta analisi verrà effettuata, se del caso, nel contesto di un dialogo con la Commissione, in osservanza dell’art. 10 CE. Inoltre, la nozione di aiuto presenta carattere giuridico e dev’essere interpretata in base ad elementi oggettivi. Per di più, il giudice nazionale è competente ad interpretare le nozioni di aiuto e di aiuto esistente e potrà pronunciarsi sulle eventuali peculiarità di questo o quell’altro caso di applicazione concreta, proponendo eventualmente una questione pregiudiziale alla Corte.

164    Per di più, accogliere la tesi della ricorrente, secondo cui la valutazione in astratto di un regime di aiuti, senza un esame dettagliato dei casi individuali cui esso si applica, non può dar luogo ad un ordine di recupero, equivarrebbe ad eliminare sistematicamente la possibilità di recuperare gli aiuti indebitamente versati e quindi svuoterebbe di significato gli artt. 87 CE e 88 CE. In un’ipotesi del genere, la Commissione, unica autorità competente a valutare la compatibilità degli aiuti con il mercato comune, si troverebbe nell’impossibilità di esaminare l’infinita quantità di casi cui si applicano i regimi di aiuti.

165    In merito alla censura relativa alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, occorre ricordare che le imprese beneficiarie di un aiuto possono fare legittimo affidamento, in linea di principio, sulla regolarità di un aiuto solamente qualora quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dall’art. 88 CE. Un operatore economico diligente, infatti, deve normalmente essere in grado di accertarsi che tale procedura sia stata rispettata (sentenza della Corte 14 gennaio 1997, Spagna/Commissione, citata nel precedente punto 159, punto 51). Tuttavia, non può escludersi la possibilità che, in circostanze eccezionali, il beneficiario di un aiuto illegittimo possa nutrire un affidamento legittimamente fondato nella natura regolare dell’aiuto (sentenza della Corte 20 settembre 1990, causa C‑5/89, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑3437, punto 16).

166    Ebbene, nella presente fattispecie il regime di aiuti in questione non è stato notificato alla Commissione, in violazione dell’art. 88 CE, e la ricorrente non deduce nessuna circostanza eccezionale che possa giustificare il presunto legittimo affidamento. In particolare, l’argomento relativo alla convinzione dell’esistenza di un’identità tra i due regimi fiscali succedutisi è già stata giudicata infondata dal Tribunale (v. il precedente punto 123) e non costituisce comunque una circostanza eccezionale che giustifichi il mancato recupero dell’aiuto in questione. Inoltre, qualsiasi inerzia apparente della Commissione, non dimostrata nel caso di specie, è priva di significato nel caso in cui un regime di aiuti non le sia stato notificato (sentenza della Corte 11 novembre 2004, cause riunite C‑183/02 P e C‑187/02 P, Demesa e Territorio Histórico de Álava/Commissione, Racc. pag. I‑10609, punto 52). Infine, per quanto concerne l’argomento riguardante gli artt. 10 e 11 del regolamento n. 659/1999, occorre constatare che la Commissione non ha l’obbligo di ingiungere automaticamente allo Stato membro interessato di sospendere il versamento di un aiuto non notificato.

167    Da quanto sin qui esposto, si ricava che anche il quinto motivo dev’essere respinto.

168    Alla luce di tutte le considerazioni sin qui esposte, occorre respingere il ricorso.

 Sulle spese

169    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

170    In osservanza dell’art. 87, n. 4, terzo comma, del regolamento di procedura, le intervenienti sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è irricevibile per la parte in cui concerne i prestiti della Cassa Depositi e Prestiti.

2)      Per il resto, il ricorso è respinto.

3)      La ACEA SpA è condannata a sostenere le proprie spese, nonché quelle della Commissione.

4)      La ACSM Como SpA e la AEM – Azienda Energetica Metropolitana Torino SpA sopporteranno le proprie spese.

Martins Ribeiro

Šváby

Papasavvas

Wahl

 

       Dittrich

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’11 giugno 2009.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.