Language of document : ECLI:EU:C:1999:230

SENTENZA DELLA CORTE

4 maggio 1999 (1)

«Direttiva 89/104/CEE — Marchi d'impresa — Indicazioni di provenienza geografica»

Nei procedimenti riuniti C-108/97 e C-109/97,

aventi ad oggetto due domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, a norma dell'art. 234 CE (ex art. 177), dal Landgericht di Monaco di Baviera I (Germania), nelle cause dinanzi ad esso pendente tra

Windsurfing Chiemsee Produktions- und Vertriebs GmbH (WSC)

e

Boots- und Segelzubehör Walter Huber (C-108/97),

Franz Attenberger (C-109/97),

domande vertenti sull'interpretazione dell'art. 3, nn. 1, lett. c), e 3, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa (GU 1989, L 40, pag. 1),

LA CORTE,

composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, P.J.G. Kapteyn, J.-P. Puissochet, G. Hirsch e P. Jann, presidenti di sezione, G.F. Mancini, J.C. Moitinho de Almeida, C. Gulmann (relatore) e D.A.O. Edward, giudici,

avvocato generale: G. Cosmas


cancelliere: H.A. Rühl, amministratore principale

viste le osservazioni scritte presentate:

—    per la Windsurfing Chiemsee Produktions- und Vertriebs GmbH (WSC), dall'avv. Stephan Gruber, del foro di Monaco di Baviera;

—    per la Boots- und Segelzubehör Walter Huber, dall'avv. Michael Nieder, del foro di Monaco di Baviera;

—    per il signor Attenberger, dall'avv. Richard Schönwerth, del foro di Monaco di Baviera;

—    per il governo italiano, dal professor Umberto Leanza, capo del servizio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari esteri, in qualità di agente, assistito dal signor Oscar Fiumara, avvocato dello Stato;

—    per la Commissione delle Comunità europee, dal signor Jan Berend Drijber, membro del servizio giuridico, in qualità di agente, assistito dall'avv. Bertrand Wägenbaur, del foro di Bruxelles,

vista la relazione d'udienza,

sentite le osservazioni orali della Windsurfing Chiemsee Produktions- und Vertriebs GmbH (WSC), della Boots- und Segelzubehör Walter Huber, del signor Attenberger e della Commissione, all'udienza del 3 marzo 1998,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 5 maggio 1998,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.
    Con due ordinanze dell'8 gennaio 1997, pervenute in cancelleria il 14 marzo seguente, il Landgericht di Monaco di Baviera I ha sottoposto a questa Corte, a norma dell'art. 234 CE (ex art. 177), una serie di questioni pregiudiziali relative all'interpretazione dell'art. 3, nn. 1, lett. c), e 3, della prima direttiva del Consiglio

21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati Membri in materia di marchi d'impresa (GU 1989, L 40, pag. 1; in prosieguo: la «direttiva»).

2.
    Le questioni sono sorte nell'ambito di due controversie tra la società Windsurfing Chiemsee Produktions- und Vertriebs GmbH (WSC) (in prosieguo: la «Windsurfing Chiemsee»), e, rispettivamente, la Boots- und Segelzubehör Walter Huber (in prosieguo: la «Huber»), e il signor Attenberger, in merito all'uso fatto da questi ultimi della denominazione «Chiemsee» per la vendita di capi d'abbigliamento sportivo.

La normativa comunitaria

3.
    L'art. 2 della direttiva, intitolato «Segni suscettibili di costituire un marchio di impresa», dispone:

«Possono costituire marchi di impresa tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma del prodotto o il suo confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un'impresa da quelli di altre imprese».

4.
    Ai sensi dell'art. 3 della direttiva, intitolato «Impedimenti alla registrazione o motivi di nullità»:

«1.    Sono esclusi dalla registrazione, o, se registrati, possono essere dichiarati nulli:

a)    i segni che non possono costituire un marchio di impresa;

b)    i marchi di impresa privi di carattere distintivo;

c)    i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che in commercio possono servire a designare la specie, la qualità, la quantità, la destinazione, il valore, la provenienza geografica ovvero l'epoca di fabbricazione del prodotto o della prestazione del servizio, o altre caratteristiche del prodotto o servizio;

d)    i marchi di impresa composti esclusivamente da segni o indicazioni che siano divenuti di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi leali e costanti del commercio;

(...)

g)    i marchi di impresa che sono di natura tale da ingannare il pubblico, per esempio circa la natura, la qualità o la provenienza geografica del prodotto o del servizio;

(...)

3.    Un marchio di impresa non è escluso dalla registrazione o, se registrato, non può essere dichiarato nullo ai sensi del paragrafo 1, lettere b), c) o d), se prima della domanda di registrazione o a seguito dell'uso che ne è stato fatto esso ha acquisito un carattere distintivo. Gli Stati membri possono inoltre disporre che la presente disposizione sia anche applicabile quando il carattere distintivo è stato acquisito dopo la domanda di registrazione o dopo la registrazione della stessa».

5.
    L'art. 6 della direttiva, intitolato «Limitazione degli effetti del marchio di impresa» dispone quanto segue:

«1.    Il diritto conferito dal marchio di impresa non permette al titolare dello stesso di vietare ai terzi l'uso nel commercio:

(...)

b)    di indicazioni relative alla specie, alla qualità, alla quantità, alla destinazione, al valore, alla provenienza geografica, all'epoca di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio o ad altre caratteristiche del prodotto o del servizio;

(...)

purché l'uso sia conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale».

6.
    L'art. 15 della direttiva, intitolato «Disposizioni particolari concernenti i marchi collettivi, i marchi di garanzia e i marchi di certificazione» al n. 2 prevede quanto segue:

«In deroga all'articolo 3, paragrafo 1, lettera c), gli Stati membri possono stabilire che i segni o indicazioni che, in commercio, possono servire per designare la provenienza geografica dei prodotti o dei servizi possano costituire marchi collettivi, oppure marchi di garanzia o di certificazione. Un marchio siffatto non autorizza il titolare a vietare ai terzi l'uso, in commercio, di detti segni o indicazioni, purché li usi conformemente agli usi consueti di lealtà in campo industriale o commerciale; in particolare un siffatto marchio non può essere fatto valere nei confronti di un terzo abilitato ad usare una denominazione geografica».

La normativa nazionale

7.
    Il Markengesetz (legge sui marchi), in vigore dal 1° gennaio 1995, ha trasposto la direttiva nel diritto tedesco. Ai sensi del suo art. 8, n. 2, punto 2, la registrazione viene negata ai marchi «composti esclusivamente da indicazioni che in commercio possono servire a designare (...) la provenienza geografica (...) o altre caratteristiche del prodotto».

8.
    In conformità all'art. 8, n. 3, del Markengesetz, l'art. 8, n. 2, punto 2, della stessa legge non si applica «se prima della decisione sulla domanda di registrazione, a seguito dell'uso che ne è stato fatto (...) per i prodotti per i quali la registrazione è stata richiesta, il marchio si è imposto negli ambienti commerciali interessati».

I procedimenti a quibus e le questioni pregiudiziali

9.
    Il Chiemsee, con i suoi 80 km2, è il più grande lago della Baviera. E' un centro di attrazione turistica in cui si pratica, tra l'altro, il windsurf. Nella regione che lo circonda, chiamata «Chiemgau», prevale l'agricoltura.

10.
    La Windsurfing Chiemsee, con sede sulle rive del Chiemsee, vende abbigliamento e calzature sportive alla moda nonché altri articoli sportivi, ideati da una società consociata con sede nello stesso luogo ma prodotti altrove. Questi articoli recano la denominazione «Chiemsee». Tra il 1992 e il 1994, la Windsurfing Chiemsee ha fatto registrare tale denominazione in Germania come marchio figurativo, in varie soluzioni grafiche a volte accompagnate da elementi o indicazioni supplementari, quali «Chiemsee Jeans» o «Windsurfing — Chiemsee — Active Wear».

11.
    Stando alle ordinanze di rinvio, non vi è alcun marchio tedesco che protegga il termine «Chiemsee» in quanto tale. Le autorità tedesche competenti in materia di registrazione hanno a tutt'oggi considerato il termine «Chiemsee» un'indicazione di provenienza geografica e, quindi, non registrabile in quanto marchio d'impresa. Esse hanno invece accettato di registrare come marchio figurativo le diverse soluzioni grafiche particolari del vocabolo «Chiemsee» nonché le indicazioni supplementari che le accompagnano.

12.
    L'impresa Huber vende dal 1995, in una cittadina sulle rive del Chiemsee, abbigliamento sportivo tra cui «t-shirts» e felpe, che indica con il termine «Chiemsee», il quale tuttavia si presenta in una soluzione grafica diversa da quella dei marchi che identificano i prodotti della Windsurfing Chiemsee.

13.
    Quanto al signor Attenberger, egli vende nei dintorni del Chiemsee abbigliamento sportivo dello stesso tipo, anch'esso caratterizzato dal termine «Chiemsee», con l'impiego di soluzione grafiche e, per taluni prodotti, di indicazioni supplementari diverse da quelle della Windsurfing Chiemsee.

14.
    Nelle cause a quibus la Windsurfing Chiemsee si è opposta all'impiego delle denominazioni «Chiemsee» da parte della Huber e del signor Attenberger

affermando che, nonostante le differenze tra le forme dei segni grafici che caratterizzano i relativi prodotti, vi è un rischio di confusione con la sua denominazione «Chiemsee», che essa afferma essere nota al pubblico e comunque utilizzata fin dal 1990.

15.
    Le convenute nelle cause a quibus sostengono, invece, che il termine «Chiemsee» — in quanto indicazione che designa la provenienza geografica e che, per tale motivo, deve restare disponibile — non ammette protezione, cosicché il suo uso in una veste grafica diversa da quella della Windsurfing Chiemsee non potrebbe determinare alcun rischio di confusione.

16.
    Nelle sue ordinanze di rinvio il Landgericht di Monaco di Baviera I rileva che:

—    se un marchio consiste in un'indicazione descrittiva ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, rappresentata graficamente in modo inusuale, il carattere distintivo e la portata della protezione di tale marchio si fondano unicamente sugli elementi grafici particolari da proteggere. Il rischio di confusione potrebbe derivare soltanto dalla somiglianza di tali elementi e non dalla concordanza delle parti descrittive;

—    anche qualora l'amministrazione competente abbia registrato un marchio soltanto per la forma grafica particolare di un termine considerato, in quanto tale, non tutelabile, il giudice dei marchi può ritenere che il termine stesso possa comunque fruire di una protezione e definire l'«impressione di insieme» e il carattere distintivo del marchio controverso in modo diverso da quello dell'amministrazione che ha effettuato la registrazione;

—    per statuire sulle cause a quibus occorre determinare se e in che misura l'interpretazione dell'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva sia determinata e delimitata da un'imperativo di disponibilità («Freihaltebedürfnis») che, conformemente alla giurisprudenza tedesca, sia concreto, attuale o serio. Ove non occorresse prendere in considerazione e valutare un «serio imperativo di disponibilità», il termine «Chiemsee» rientrerebbe automaticamente nell'ambito dell'art. 3, n. 1, lett. c), poiché esso può comunque servire a designare la provenienza geografica di prodotti tessili. Qualora invece si ravvisi un «serio imperativo di disponibilità», occorre tener conto anche del fatto che non esiste un'industria tessile sulle rive del Chiemsee. I prodotti dell'attrice vi vengono sì ideati, ma sono poi fabbricati all'estero;

—    occorre chiedersi inoltre, se del caso, se il termine «Chiemsee», a seguito dell'uso che ne è stato fatto, possa essere protetto in quanto marchio non registrato conformemente all'art. 4, n. 2, del Markengesetz. Orbene, giacché le condizioni sancite da tale norma sono necessariamente soddisfatte ove lo siano anche quelle dell'art. 8, n. 3, della stessa legge, si impone

l'interpretazione dell'art. 3, n. 3, della direttiva, che è la base di tale ultima disposizione;

—    si deve pertanto accertare se l'art. 3, n. 3, della direttiva implichi che un segno può essere registrato allorché è stato impiegato come marchio per un tempo sufficientemente lungo e in misura tale che una parte non trascurabile degli ambienti commerciali interessati lo percepisce come un marchio, o allorché, come ha suggerito il legislatore tedesco utilizzando la nozione di imposizione nel commercio («Verkehrsdurchsetzung») all'art. 8,n. 3, del Markengesetz, i requisiti restrittivi finora utilizzati nella prassi tedesca continuano ad applicarsi, e che implica in particolare che il grado di «imposizione nel commercio» richiesto vari a seconda dell'interesse al mantenimento della disponibilità della denominazione («Freihalteinteresse»).

17.
    In queste circostanze il Landgericht di Monaco di Baviera I, ritenendo necessaria un'interpretazione della direttiva sui marchi, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)    Sull'art. 3, n. 1, lett. c)

Se l'art. 3, n. 1, lett. c) debba intendersi nel senso che è sufficiente che sussista la possibilità di un uso della denominazione per determinare la provenienza geografica, o se questa possibilità debba essere concretamente prossima (nel senso che altre imprese dello stesso ramo si siano già servite della parola in questione per designare la provenienza geografica di prodotti dello stesso tipo, o che sussistano per lo meno indizi concreti che questo debba accadere in futuro), o se debba addirittura sussistere una necessità di utilizzare tale denominazione per designare la provenienza geografica dei prodotti in questione o se, oltre a ciò, debba sussistere ancora una necessità qualificata per l'uso di questa designazione di provenienza, come, ad esempio, il fatto che prodotti di questo tipo, che vengono fabbricati in una regione determinata, sono particolarmente rinomati.

Se, ai fini di un'interpretazione più o meno restrittiva dell'art. 3, n. 1, lett. c) in relazione a indicazioni sulla provenienza geografica, abbia rilevanza il fatto che gli effetti del marchio sono limitati ai sensi dell'art. 6, n. 1, lett. b).

Se nelle indicazioni della provenienza geografica di cui all'art. 3, n. 1, lett. c), siano ricomprese solo quelle che si riferiscono alla fabbricazione dei prodotti nel dato luogo, oppure se sia sufficiente smerciare i prodotti in questione in tale luogo o a partire da tale luogo, oppure, nel caso di prodotti tessili, se sia sufficiente che essi vengano ideati nella regione indicata, mentre il processo produttivo di confezionamento ha luogo altrove.

2)    Sull'art. 3, n. 3, prima frase

Quali siano i requisiti risultanti da tale disposizione per l'idoneità alla registrazione di una denominazione descrittiva ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. c).

In particolare: se tali requisiti siano sempre gli stessi per tutti i casi, o se siano invece differenziati a seconda del grado che di volta in volta presenta la necessità che l'indicazione in questione resti disponibile (”Freihaltebedürfinis”).

In particolare, se sia compatibile con questa disposizione la costante giurisprudenza tedesca secondo la quale, in presenza di denominazioni descrittive per le quali sussiste la necessità che restino disponibili (”Freihaltebedürfinis”), sia necessario o debba essere dimostrato un grado di imposizione nel commercio (”Verkehrsdurchsetzung”) delle stesse in una percentuale degli ambienti commerciali interessati superiore al 50%.

Se da questa disposizione si possano evincere criteri circa le modalità di accertamento del carattere distintivo acquisito a seguito dell'uso del marchio».

18.
    Con ordinanza del presidente della Corte 8 luglio 1997, le due cause sono state riunite ai fini della fase scritta, della fase orale e della sentenza.

Sulle questioni relative all'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva

19.
    Con tali questioni, che è opportuno esaminare insieme, il giudice a quo domanda in sostanza in quali condizioni l'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva osti alla registrazione di un marchio costituito esclusivamente da un nome geografico. In particolare, domanda

—    se l'applicazione dell'art. 3, n. 1, lett. c), dipenda dalla sussistenza di un imperativo di disponibilità concreto, attuale o serio, e

—    quale nesso debba esistere tra il luogo geografico e i prodotti per i quali si chiede la registrazione del nome geografico di tale luogo in quanto marchio.

20.
    La Windsurfing Chiemsee sostiene che l'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva esclude la registrazione di un'indicazione di provenienza geografica in quanto marchio solo qualora tale indicazione designi precisamente un luogo determinato, diverse imprese vi fabbrichino i prodotti per i quali si chiede la protezione e la menzione del luogo sia abitualmente utilizzata per designare la provenienza geografica di tali prodotti.

21.
    La Huber e il signor Attenberger sostengono che la possibilità, seriamente prospettabile, che una denominazione sia utilizzata in futuro al fine di designare una provenienza geografica nel settore del prodotto di cui trattasi è sufficiente ad escludere la registrazione di tale denominazione in quanto marchio in forza dell'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva. A loro parere, tale disposizione non si riferirebbe soltanto alle indicazioni di provenienza riferite alla fabbricazione di prodotti.

22.
    Il governo italiano sostiene che la possibilità di utilizzare un'indicazione geografica di provenienza per designare prodotti in qualunque modo connessi a un certo luogo dev'essere lasciata alla libera valutazione di ogni impresa, a prescindere dal fatto che ciò avvenga per la produzione o per il commercio. Ai fini dell'attuazione dell'art. 3, n. 1, lett. c), assumerebbe rilevanza la mera possibilità di un uso dell'indicazione per designare una provenienza geografica, e non parrebbe necessaria, per l'applicazione di tale norma, una possibilità particolarmente qualificata.

23.
    La Commissione ritiene che l'art. 3, n. 1, lett. c), vada interpretato nel senso che l'esistenza di un impedimento alla registrazione non dipende dalla presenza, nel singolo caso, di un concreto o serio imperativo di disponibilità in favore dei terzi. Nel caso di articoli sportivi alla moda, rientrerebbero nella categoria delle indicazioni di provenienza geografica ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. c), il luogo o la regione in cui tali articoli sono stati disegnati o in cui, eventualmente, ha sede l'impresa che ne ha ordinato la produzione.

24.
    Occorre rilevare anzitutto che, secondo l'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, sono esclusi dalla registrazione i marchi descrittivi, vale a dire i marchi composti esclusivamente da segni o indicazioni che possano servire a designare le caratteristiche delle categorie di prodotti o di servizi per i quali la registrazione è richiesta.

25.
    Così facendo, l'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva persegue una finalità di interesse generale, la quale impone che i segni o le indicazioni descrittivi delle categorie di prodotti o servizi per le quali si chiede la registrazione possano essere liberamente utilizzati da tutti, anche come marchi collettivi o all'interno di marchi complessi o grafici. Tale disposizione osta quindi a che siffatti segni o indicazioni siano riservati a una sola impresa in forza della loro registrazione come marchi.

26.
    Per quanto riguarda, più particolarmente, i segni o le indicazioni atti a designare la provenienza geografica delle categorie di prodotti per le quali si chiede la registrazione del marchio, in particolare i nomi geografici, vi è un interesse generale a preservarne la disponibilità, segnatamente per la loro capacità non soltanto di rivelare eventualmente la qualità e altre proprietà delle categorie di prodotti interessate bensì anche di influenzare diversamente le preferenze dei consumatori, ad esempio associando i prodotti a un luogo che può suscitare sentimenti positivi.

27.
    L'interesse generale sotteso alla norma di cui il giudice chiede l'interpretazione è peraltro dimostrato dalla possibilità, attribuita agli Stati membri dall'art. 15, n. 2, della direttiva, di stabilire, in deroga all'art. 3, n. 1, lett. c), che i segni o le indicazioni idonei a designare la provenienza geografica dei prodotti possano costituire marchi collettivi.

28.
    Occorre rilevare altresì che l'art. 6, n. 1, lett. b), della direttiva, cui il giudice di rinvio fa riferimento nelle sue questioni, non contraddice quanto testé detto a proposito della finalità dell'art. 3, n. 1, lett. c), né, peraltro, influenza in modo determinante l'interpretazione di quest'ultimo. Infatti, l'art. 6, n. 1, lett. b), volto a disciplinare in particolare i problemi che sorgono allorché un marchio composto in tutto o in parte da un nome geografico è stato registrato, non conferisce ai terzi l'uso di tale nome in quanto marchio bensì si limita ad assicurare loro la possibilità di utilizzarlo in modo descrittivo, vale a dire quale indicazione relativa alla provenienza geografica, purché l'utilizzo sia conforme agli usi consueti di lealtà in campo industriale e commerciale.

29.
    Va rilevato inoltre che l'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva non si limita a vietare la registrazione dei nomi geografici in quanto marchi nei soli casi in cui essi indichino luoghi geografici determinati che siano già rinomati o noti per la categoria di prodotti di cui trattasi e che, pertanto, presentino un nesso con quest'ultima agli occhi degli ambienti interessati, vale a dire nel commercio e presso il consumatore medio di tale categoria di prodotti nel territorio per il quale si chiede la registrazione.

30.
    Risulta infatti dalla lettera stessa dell'art. 3, n. 1, lett. c), il quale fa riferimento alle «(...) indicazioni che (...) possono servire a designare (...) la provenienza geografica», che i nomi geografici utilizzabili dalle imprese devono anche essere lasciati disponibili per queste ultime in quanto indicazioni di provenienza geografica della categoria di prodotti di cui trattasi.

31.
    Pertanto, in forza dell'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva, l'autorità competente deve valutare se un nome geografico per il quale viene richiesta la registrazione in quanto marchio indichi un luogo che presenta attualmente, agli occhi degli ambienti commerciali interessati, un nesso con la categoria di prodotti di cui si tratta o se sia ragionevole presumere che, in futuro, un nesso del genere possa stabilirsi.

32.
    Per valutare se, in quest'ultimo caso, tale nome geografico possa, agli occhi degli ambienti interessati, designare la provenienza della categoria di prodotti di cui si tratta, occorre, più particolarmente, tener conto della conoscenza più o meno ampia che questi ultimi hanno di tale nome, nonché delle caratteristiche del luogo che esso indica e della categoria di prodotti di cui si tratta.

33.
    Si deve osservare in proposito che, in via di principio, l'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva non osta alla registrazione dei nomi geografici ignoti negli ambienti interessati o, quantomeno, sconosciuti in quanto designazione di un luogo geografico, né dei nomi per i quali, date le caratteristiche del luogo designato (ad esempio una montagna o un lago), non è verosimile che gli ambienti interessati possono ritenere che la categoria di prodotti di cui trattasi provenga da tale luogo.

34.
    Si deve tuttavia precisare altresì che non si può escludere che il nome di un lago possa indicare una provenienza geografica ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. c), anche

per prodotti quali quelli di cui trattasi nelle cause a quibus, purché tale nome possa essere inteso dagli ambienti interessati come comprensivo delle rive del lago o della regione adiacente.

35.
    Risulta da quanto sopra che l'applicazione dell'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva non dipende dall'esistenza di un imperativo di disponibilità («Freihaltebedürfnis») concreto, attuale o serio ai sensi della giurisprudenza tedesca quale descritta al punto 16, terzo trattino, della presente sentenza.

36.
    Occorre rilevare infine che, se l'indicazione di provenienza geografica del prodotto di cui all'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva è certamente, di solito, l'indicazione del luogo in cui il prodotto è stato fabbricato o potrebbe esserlo, non si può escludere che il nesso tra la categoria di prodotti e il luogo geografico dipenda da altri elementi di connessione, ad esempio dal fatto che il prodotto sia stato ideato e disegnato in tale luogo.

37.
    Tenuto conto di quanto precede, le questioni relative all'interpretazione dell'art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva devono essere risolte nel senso che:

—    tale norma non si limita a vietare la registrazione dei nomi geografici in quanto marchi nei soli casi in cui essi indichino i luoghi che presentano attualmente, agli occhi degli ambienti interessati, un nesso con la categoria di prodotti di cui si tratta, bensì si applica anche ai nomi geografici utilizzabili in futuro dalle imprese interessate in quanto indicazione di provenienza geografica della categoria di prodotti di cui si tratta;

—    nei casi in cui il nome geografico non presenti attualmente, agli occhi degli ambienti interessati, alcun nesso con la categoria di prodotti di cui si tratta, l'autorità competente deve valutare se sia ragionevole presumere che un tale nome, agli occhi degli ambienti interessati, possa designare la provenienza geografica di tale categoria di prodotti;

—    nell'effettuare tale valutazione occorre prendere in considerazione, in particolare, la conoscenza più o meno ampia che gli ambienti interessati hanno del nome geografico nonché le caratteristiche del luogo designato da quest'ultimo e della categoria di prodotti di cui si tratta;

—    il nesso tra il prodotto di cui trattasi e il luogo geografico non dipende necessariamente dalla fabbricazione del prodotto in tale luogo.

Sulle questioni relative all'art. 3, n. 3, prima frase, della direttiva

38.
    Con tali questioni il giudice a quo domanda in sostanza a quali requisiti debba rispondere, ai fini dell'art. 3, n. 3, prima frase, della direttiva, il carattere distintivo di un marchio acquisito a seguito dell'uso. In particolare, chiede se tali requisiti

possano variare a seconda del grado dell'imperativo di disponibilità («Freihaltebedürfnis») esistente e se tale norma disciplini le modalità di accertamento del carattere distintivo acquisito a seguito dell'uso.

39.
    La Windsurfing Chiemsee sostiene che il grado del carattere distintivo richiesto dall'art. 3, n. 3, è lo stesso che si richiede inizialmente all'atto della registrazione del marchio e che, pertanto, la nozione di imperativo di disponibilità non è pertinente. A suo parere, non è necessaria una specifica imposizione negli ambienti interessati. In sede di accertamento del carattere distintivo acquisito a seguito dell'uso tutti mezzi di prova dovrebbero essere ammessi e valutati, in particolare quelli relativi al fatturato del marchio, alle spese pubblicitarie e ai resoconti pubblicati sulla stampa.

40.
    La Huber afferma che l'art. 3, n. 3, della direttiva e l'art. 8, n. 3, del Markengesetz costituiscono le «due facce della stessa medaglia»: laddove la prima disposizione menziona il risultato, vale a dire l'acquisizione del carattere distintivo, la seconda prende in considerazione il modo in cui tale risultato è stato raggiunto, cioè l'imposizione del marchio presso gli ambienti interessati in quanto segno distintivo del prodotto. La possibilità di registrazione di una denominazione descrittiva dipenderebbe dal singolo caso e in particolare dal grado dell'imperativo di disponibilità esistente. Per quanto riguarda le denominazioni descrittive, il requisito di un'imposizione che si estenda a più del 50% degli ambienti interessati sarebbe compatibile con l'art. 3, n. 3, della direttiva. Essa ritiene inoltre che il metodo di accertamento dell'imposizione del marchio rientri nella sfera del diritto nazionale.

41.
    Il signor Attenberger ritiene che i requisiti attinenti al carattere distintivo ai sensi dell'art. 3, n. 3, della direttiva siano diversi da quelli elencati all'art. 3, n. 1, lett. b), e che la nozione di carattere distintivo abbia lo stesso significato di quella di «imposizione» ai sensi dell'art. 8, n. 3, del Markengesetz. A suo parere, un marchio descrittivo ha acquisito carattere distintivo a seguito dell'uso allorché almeno il 50% degli ambienti interessati nello Stato membro di cui trattasi riconosce il segno utilizzato in quanto segno commerciale identificante. Il grado di imposizione richiesto dipenderebbe dall'importanza dell'imperativo di disponibilità esistente. Spetterebbe al giudice adito decidere, nell'ambito delle disposizioni procedurali di diritto nazionale, sul metodo mediante il quale constatare il carattere distintivo acquisito a seguito dell'uso.

42.
    Il governo italiano sostiene che, supponendo che un marchio contenente una denominazione geografica abbia assunto, per l'uso, un carattere distintivo univoco indipendentemente dalla sua presentazione grafica, non vi sarebbe ragione di negare la più vasta tutela al titolare del marchio stesso, pur a scapito della libertà dei terzi; una simile valutazione, che in assenza di indicazioni precise nella direttiva richiede prudenza, dovrebbe essere rimessa al giudice nazionale.

43.
    La Commissione ritiene che un marchio abbia acquisito, a seguito dell'uso, un carattere distintivo in conformità all'art. 3, n. 3, della direttiva se, prima della

richiesta di registrazione, il consumatore considerava l'indicazione di cui trattasi come un marchio, restando scarsamente rilevante in proposito l'imperativo di disponibilità. Afferma inoltre che l'accertamento del carattere distintivo postula un esame vertente su casi specifici, senza che occorra stabilire la prova di un'imposizione nel commercio estesa a più del 50% degli ambienti interessati. A suo parere occorre tener conto non soltanto dei sondaggi d'opinione ma anche, ad esempio, delle dichiarazioni delle camere di commercio e industria, delle associazioni professionali o di esperti.

44.
    Occorre rammentare in primo luogo che l'art. 3, n. 3, della direttiva dispone che un segno può, a seguito dell'uso che ne è stato fatto, acquisire un carattere distintivo che inizialmente non possedeva e può pertanto essere registrato in quanto marchio. E' dunque l'uso ad attribuire al segno il carattere distintivo, condizione della sua registrazione.

45.
    La disposizione comporta quindi una significativa attenuazione della regola sancita dall'art. 3, n. 1, lett. b), c) e d), secondo la quale sono esclusi dalla registrazione, rispettivamente, i marchi privi di carattere distintivo, i marchi descrittivi e i marchi composti esclusivamente da indicazioni divenute di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi leali e costanti del commercio.

46.
    Occorre rilevare, in secondo luogo, che il carattere distintivo di un marchio acquisito a seguito dell'uso che ne è stato fatto significa — così come il carattere distintivo che, ai sensi dell'art. 3, n. 1, lett. b), costituisce una delle condizioni generali richieste per la registrazione di un marchio — che tale marchio è atto a identificare il prodotto per il quale è richiesta la registrazione come proveniente da una determinata impresa e quindi a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese.

47.
    Ne deriva che una denominazione geografica può essere registrata in quanto marchio se, a seguito dell'uso che ne è stato fatto, è divenuta atta a identificare il prodotto per il quale si chiede la registrazione come proveniente da un'impresa determinata e quindi a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese. Infatti, in un caso del genere, la denominazione geografica ha acquisito una portata nuova e il suo significato — che non è più soltanto descrittivo — ne giustifica la registrazione in quanto marchio.

48.
    Giustamente, quindi, la Windsurfing Chiemsee e la Commissione rilevano che l'art. 3, n. 3, non autorizza una differenziazione del carattere distintivo a seconda dell'interesse percepito a mantenere il nome geografico disponibile per l'uso di altre imprese.

49.
    Per accertare se un marchio abbia acquisito un carattere distintivo a seguito dell'uso che ne è stato fatto, l'autorità competente deve valutare globalmente i fattori che possono dimostrare che il marchio è divenuto atto a identificare il

prodotto di cui trattasi come proveniente da un'impresa determinata e quindi a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese.

50.
    Occorre in proposito prendere in considerazione, in particolare, il carattere specifico del nome geografico di cui trattasi. Infatti, nel caso di un nome geografico molto noto, esso può acquisire carattere distintivo ai sensi dell'art. 3, n. 3, della direttiva solo qualora esista un uso prolungato e intensivo del marchio da parte dell'impresa che ne richiede la registrazione. A maggior ragione, ove si tratti di un nome già noto in quanto indicazione di provenienza geografica di una certa categoria di prodotti, occorre che sia provato, dall'impresa che ne richiede la registrazione per un prodotto della stessa categoria, un uso del marchio la cui durata e intensità siano particolarmente notori.

51.
    Per valutare il carattere distintivo del marchio oggetto di una domanda di registrazione possono altresì essere prese in considerazione la quota di mercato detenuta dal marchio, l'intensità, l'estensione geografica e la durata dell'uso di tale marchio, l'entità degli investimenti effettuati dall'impresa per promuoverlo, la percentuale degli ambienti interessati che identifica il prodotto come proveniente da un'impresa determinata grazie al marchio nonché le dichiarazioni delle camere di commercio e industria o di altre associazioni professionali.

52.
    Qualora, sulla scorta di tali elementi, l'autorità competente ritenga che gli ambienti interessati o quantomeno una frazione significativa di questi identificano grazie al marchio il prodotto come proveniente da un'impresa determinata, essa deve in ogni caso concluderne che la condizione imposta dall'art. 3, n. 3, della direttiva per la registrazione del marchio è soddisfatta. Tuttavia, per quanto riguarda le circostanze cui una tale condizione può essere considerata soddisfatta, esse non possono essere dimostrate soltanto sulla base di dati generali ed astratti, come ad esempio percentuali determinate.

53.
    Per quanto riguarda il metodo che consente di valutare il carattere distintivo del marchio di cui si chiede la registrazione, occorre precisare che il diritto comunitario non osta a che l'autorità competente, che versi in particolari difficoltà in proposito, ricorra — alle condizioni previste dal suo diritto nazionale — a un sondaggio d'opinione destinato a chiarire il suo giudizio (v., in tal senso, sentenza 16 luglio 1998, causa C-210/96, Gut Springenheide e Tusky, Racc. pag. I-4657, punto 37).

54.
    Alla luce di quanto sopra, le questioni relative all'interpretazione dell'art. 3, n. 3, prima frase, della direttiva devono essere risolte nel senso che

—    il carattere distintivo del marchio, acquisito a seguito dell'uso che ne è stato fatto, significa che il marchio è atto ad identificare il prodotto per il quale la registrazione viene richiesta come proveniente da un'impresa determinata e quindi a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese;

—    esso non ammette che la nozione di carattere distintivo differisca a seconda dell'interesse percepito a mantenere il nome geografico disponibile per l'uso di altre imprese;

—    per accertare se un marchio abbia acquisito un carattere distintivo a seguito dell'uso che ne è stato fatto, l'autorità competente deve valutare globalmente i fattori che possono dimostrare che il marchio è divenuto atto ad identificare il prodotto di cui trattasi come proveniente da un'impresa determinata e quindi a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese;

—    qualora l'autorità competente ritenga che una frazione significativa degli ambienti interessati identifica grazie al marchio il prodotto come proveniente da un'impresa determinata, essa deve in ogni caso concluderne che la condizione per la registrazione del marchio è soddisfatta;

—    il diritto comunitario non osta a che l'autorità competente, che versi in difficoltà nel valutare il carattere distintivo del marchio di cui si richiede la registrazione, ricorra — alle condizioni previste dal suo diritto nazionale — a un sondaggio d'opinione destinato a chiarire il suo giudizio.

Sulle spese

55.
    Le spese sostenute dal governo italiano e dalla Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nelle cause principali il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi,

LA CORTE

pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Landgericht di Monaco di Baviera I, con ordinanza 8 gennaio 1997, dichiara:

1)    L'art. 3, n. 1, lett. c), della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d'impresa dev'essere interpretato nel senso che:

    —    tale norma non si limita a vietare la registrazione dei nomi geografici in quanto marchi nei soli casi in cui essi indichino i luoghi che presentano attualmente, agli occhi degli ambienti interessati, un

nesso con la categoria di prodotti di cui si tratta, bensì si applica anche ai nomi geografici utilizzabili in futuro dalle imprese interessate in quanto indicazione di provenienza geografica della categoria di prodotti di cui si tratta;

    —    nei casi in cui il nome geografico non presenti attualmente, agli occhi degli ambienti interessati, alcun nesso con la categoria di prodotti di cui si tratta, l'autorità competente deve valutare se sia ragionevole presumere che un tale nome, agli occhi degli ambienti interessati, designare la provenienza geografica di tale categoria di prodotti;

    —    nell'effettuare tale valutazione occorre prendere in considerazione, in particolare, la conoscenza più o meno ampia che gli ambienti interessati hanno del nome geografico nonché le caratteristiche del luogo designato da quest'ultimo e della categoria di prodotti di cui si tratta;

    —    il nesso tra il prodotto di cui trattasi e il luogo geografico non dipende necessariamente dalla fabbricazione del prodotto in tale luogo.

2)    L'art. 3, n. 3, prima frase, della prima direttiva 89/104 dev'essere interpretato nel senso che

    —    il carattere distintivo del marchio, acquisito a seguito dell'uso che ne è stato fatto, significa che il marchio è atto ad identificare il prodotto per il quale la registrazione viene richiesta come proveniente da un'impresa determinata e quindi a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese;

    —    esso non ammette che la nozione di carattere distintivo differisca a seconda dell'interesse percepito a mantenere il nome geografico disponibile per l'uso di altre imprese;

    —    per accertare se un marchio abbia acquisito un carattere distintivo a seguito dell'uso che ne è stato fatto, l'autorità competente deve valutare globalmente i fattori che possono dimostrare che il marchio è divenuto atto ad identificare il prodotto di cui trattasi come proveniente da un'impresa determinata e quindi a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese;

    —    qualora l'autorità competente ritenga che una frazione significativadegli ambienti interessati identifica grazie al marchio il prodotto come proveniente da un'impresa determinata, essa deve in ogni caso concluderne che la condizione per la registrazione del marchio è soddisfatta;

    —    il diritto comunitario non osta a che l'autorità competente, che versi in difficoltà nel valutare il carattere distintivo del marchio di cui si richiede la registrazione, ricorra — alle condizioni previste dal suo diritto nazionale — a un sondaggio d'opinione destinato a chiarire il suo giudizio.

Rodríguez Iglesias
Kapteyn
Puissochet

Hirsch

Jann
Mancini

Moitinho de Almeida

Gulmann
Edward

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 4 maggio 1999.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

G.C. Rodríguez Iglesias


1: Lingua processuale: il tedesco.