Language of document : ECLI:EU:C:2011:238

Causa C‑235/09

DHL Express France SAS, già DHL International SA

contro

Chronopost SA

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation (Francia)]

«Proprietà intellettuale — Marchio comunitario — Regolamento (CE) n. 40/94 — Art. 98, n. 1 — Divieto di atti di contraffazione pronunciato da un tribunale dei marchi comunitari — Portata territoriale — Misure coercitive disposte insieme a tale divieto — Effetti nel territorio degli Stati membri diversi da quello di appartenenza del tribunale adito»

Massime della sentenza

1.        Marchio comunitario — Controversie in materia di contraffazione e di validità dei marchi comunitari — Sanzioni in caso di contraffazione o di minaccia di contraffazione — Divieto di prosecuzione di atti costituenti contraffazione o minaccia di contraffazione — Divieto esteso all’intero territorio dell’Unione europea — Restrizione alla portata territoriale del divieto

(Regolamento del Consiglio n. 40/94, come modificato dal regolamento n. 3288/94, artt. 93, nn. 1‑4, 94, n. 1, e 98, n. 1)

2.        Marchio comunitario — Controversie in materia di contraffazione e di validità dei marchi comunitari — Sanzioni in caso di contraffazione o di minaccia di contraffazione — Divieto di prosecuzione di atti costituenti contraffazione o minaccia di contraffazione — Misure coercitive che accompagnano un divieto — Effetto negli Stati membri diversi da quello del giudice adito

(Regolamenti del Consiglio n. 40/94, come modificato dal regolamento n. 3288/94, art. 98, n. 1, e n. 44/2001)

1.        L’art. 98, n. 1, del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, come modificato dal regolamento n. 3288/94, deve essere interpretato nel senso che la portata di un divieto di prosecuzione di atti costituenti contraffazione o minaccia di contraffazione di un marchio comunitario, emesso da un tribunale dei marchi comunitari la cui competenza si fondi sugli artt. 93, nn. 1‑4, e 94, n. 1, di detto regolamento, si estende, in linea di principio, all’intero territorio dell’Unione europea.

Infatti, un tribunale dei marchi comunitari è competente a conoscere degli atti di contraffazione commessi, o che si minaccia di commettere, nel territorio di uno o più Stati membri, o addirittura in quello di tutti gli Stati membri. Di conseguenza, la competenza di detto tribunale può estendersi a tutto il territorio dell’Unione.

D’altro lato, il diritto esclusivo del titolare di un marchio comunitario, conferito ai sensi del regolamento n. 40/94, si estende, in linea di principio, all’intero territorio dell’Unione, sul quale i marchi comunitari beneficiano di una protezione uniforme e producono i loro effetti.

Inoltre, l’obiettivo ricercato dall’art. 98, n. 1, del regolamento n. 40/94 è quello di tutelare in modo uniforme su tutto il territorio dell’Unione il diritto conferito dal marchio comunitario dinanzi al rischio di contraffazione.

Al fine di garantire tale protezione uniforme, il divieto di prosecuzione degli atti costituenti contraffazione o minaccia di contraffazione emesso da un tribunale dei marchi comunitari competente deve, in via di principio, estendersi a tutto il territorio dell’Unione.

La portata territoriale del divieto può, in alcuni casi, essere sottoposta a restrizioni. Il diritto esclusivo del titolare del marchio comunitario, previsto dall’art. 9, n. 1, del regolamento n. 40/94, risulta conferito al fine di permettere a detto titolare di tutelare i propri interessi specifici in quanto tali, ossia allo scopo di assicurarsi che il marchio di cui trattasi possa adempiere le funzioni sue proprie. Pertanto, l’esercizio di tale diritto deve essere riservato ai casi in cui l’uso del segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare le funzioni del marchio. Ne consegue che il diritto esclusivo del titolare di un marchio comunitario e, di conseguenza, l’estensione territoriale di tale diritto non possono andare al di là di quanto quest’ultimo consente al suo titolare al fine di tutelare il marchio da egli detenuto, ossia vietare unicamente qualsiasi uso idoneo a pregiudicare le funzioni del marchio stesso. Pertanto, i comportamenti o i futuri comportamenti del convenuto — cioè del soggetto che effettua l’uso incriminato del marchio comunitario — che non comportino un pregiudizio per le funzioni del marchio comunitario non possono formare oggetto di divieto.

Dunque, qualora un tribunale dei marchi comunitari constati che gli atti costituenti contraffazione o minaccia di contraffazione di un marchio comunitario sono limitati ad un unico Stato membro o ad una parte del territorio dell’Unione, segnatamente a motivo del fatto che il soggetto richiedente il provvedimento di divieto ha circoscritto la portata territoriale della propria azione giudiziale nel libero esercizio del suo potere di fissarne l’ampiezza, oppure a motivo del fatto che il convenuto fornisce prove che dimostrano che l’uso del segno in questione non pregiudica o non è idoneo a pregiudicare le funzioni del marchio, in particolare per motivi linguistici, il tribunale suddetto deve limitare la portata territoriale del divieto che emette.

(v. punti 38-39, 43-44, 46-48, 50, dispositivo 1)

2.        L’art. 98, n. 1, seconda frase, del regolamento n. 40/94, sul marchio comunitario, come modificato dal regolamento n. 3288/94, deve essere interpretato nel senso che una misura coercitiva, quale ad esempio una penalità coercitiva, disposta da un tribunale dei marchi comunitari in applicazione del proprio diritto nazionale, al fine di garantire il rispetto di un divieto, da esso emesso, di prosecuzione di atti costituenti contraffazione o minaccia di contraffazione, produce effetti negli Stati membri diversi da quello cui detto giudice appartiene — ai quali si estende la portata territoriale di un divieto siffatto — alle condizioni previste dal capo III del regolamento n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, per quanto riguarda il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni giurisdizionali. Nel caso in cui il diritto nazionale di uno di questi altri Stati membri non preveda alcuna misura coercitiva analoga a quella disposta dal suddetto tribunale, l’obiettivo cui si dirige tale misura dovrà essere perseguito dal tribunale competente del diverso Stato membro interessato facendo ricorso alle pertinenti disposizioni della propria legislazione interna idonee a garantire in modo equivalente il rispetto del divieto pronunciato.

Tale obbligo di realizzare l’obiettivo perseguito dalla misura suddetta costituisce il prolungamento dell’obbligo imposto ai tribunali dei marchi comunitari di adottare misure coercitive allorché emettono una decisione recante divieto di proseguire atti costituenti contraffazione o minaccia di contraffazione. In assenza di tali obblighi correlati, un divieto di questo genere non potrebbe essere accompagnato da misure idonee a garantirne il rispetto e risulterebbe dunque, in larga misura, privo di effetto dissuasivo.

(v. punti 57, 59, dispositivo 2)