Language of document : ECLI:EU:C:2013:244

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate il 18 aprile 2013 (1)

Causa C‑4/11

Bundesrepublik Deutschland

contro

Kaveh Puid

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dallo Hessischer Verwaltungsgerichtshof (Germania)]

«Sistema europeo comune di asilo – Procedure per la sua esecuzione giudiziale – Regolamento n. 343/2003 del Consiglio – Determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata da un cittadino di uno Stato terzo – Articolo 3, paragrafo 2 – Diritti dei richiedenti asilo – Situazioni eccezionali come definite nelle cause riunite C‑411/10 e C‑493/10 N.S. e a. – Articolo 19, paragrafo 2 – Sospensione del trasferimento di richiedenti asilo»





I –    Introduzione

1.        L’Unione europea ha armonizzato tanto le procedure (2) quanto le norme sostanziali (3) che istituiscono un sistema completo di diritto dei rifugiati nell’ambito del Sistema europeo comune di asilo. Tale sistema si basa sul rispetto delle norme rilevanti di diritto internazionale, tra le quali figura il principio di non respingimento. Esso limita l’esame di una domanda di asilo ad un solo Stato membro e prevede il trasferimento del richiedente asilo verso lo Stato membro competente a trattare la domanda di asilo nel caso in cui l’asilo venga richiesto in un paese diverso dell’Unione. L’individuazione di tale Stato membro è disciplinata dal regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (4).

2.        Il rinvio pregiudiziale in esame è volto a chiarire la posizione dei richiedenti asilo che presentano una domanda di asilo in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di primo ingresso nell’Unione europea, ma il cui trasferimento nello Stato membro di primo ingresso sia escluso a causa di carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza in esso previste.

3.        Il caso di specie si basa sulla pronuncia della Corte nelle cause C‑411/10 e C‑493/10 N.S. e a. Racc. pag. I‑13905. In detta sentenza la Corte ha dichiarato che il diritto dell’Unione osta all’applicazione di una presunzione assoluta secondo la quale lo Stato membro, designato dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 343/2003 come competente ad esaminare una domanda di asilo, rispetta i diritti fondamentali dell’Unione (5). In sostanza, si chiede alla Corte di pronunciarsi circa l’impatto di tale affermazione sull’esercizio della cosiddetta «clausola di sovranità» contenuta nell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento.

4.        Nella sentenza N.S. la Corte ha dichiarato, inter alia, che l’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali osta a che gli Stati membri, compresi i loro organi giurisdizionali, trasferiscano un richiedente asilo verso lo «Stato membro competente» ai sensi del regolamento n. 343/2003, anche qualora abbiano il diritto di farlo, quando «non possono ignorare che le carenze sistemiche [il corsivo è mio] nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in tale Stato membro costituiscono motivi seri e comprovati di credere che il richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani [e] degradanti ai sensi di tale disposizione» (6).

5.        Nel presente caso lo Hessischer Verwaltungsgerichtshof (Corte d’appello amministrativa di Hesse) si chiede se i richiedenti asilo possiedano il diritto, che possa essere invocato dinanzi a un giudice, a che uno Stato membro esamini le loro domande di asilo, fondato sul dovere, gravante su detto Stato membro, di esercitare la sua competenza in forza del primo periodo dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003, in circostanze analoghe a quelle descritte nella sentenza N.S. Si tratta dell’ultima delle quattro questioni pregiudiziali proposte dallo Hessischer Verwaltungsgerichtshof, il quale ha ritirato le altre tre questioni a seguito della pronuncia della sentenza della Corte nella causa N.S. Queste tre questioni vertevano sull’impatto delle circostanze descritte al paragrafo 4 sull’applicazione del regolamento n. 343/2003.

II – Contesto normativo

A –    Diritto internazionale

6.        L’articolo 33 della Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations unies vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954) (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»)] (7), rubricato «Divieto di espulsione e di rinvio al confine», stabilisce, al suo n. 1, quanto segue:

«Nessuno Stato contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche».

B –    Diritto dell’Unione

Il regolamento n. 343/2003

7.        I considerando 3, 4, 12 e 15 del regolamento n. 343/2003 enunciano quanto segue:

«(3) Secondo le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, il regime europeo comune in materia di asilo dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo.

(4) Tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento dello status di rifugiato e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande d’asilo.

(…)

(12) Per quanto riguarda il trattamento di persone che rientrano nel campo di applicazione del presente regolamento, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti giuridici internazionali di cui sono parti.

(…)

(15) Il presente regolamento rispetta i diritti e i principi fondamentali che sono riconosciuti, in particolare, nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare, il presente regolamento intende assicurare il pieno rispetto del diritto d’asilo garantito dal relativo articolo 18».

8.        L’articolo 1 del regolamento n. 343/2003 così recita:

«Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo».

9.        L’articolo 3, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 343/2003 prevede quanto segue:

«1. Gli Stati membri esaminano la domanda di asilo di un cittadino di un paese terzo presentata alla frontiera o nel rispettivo territorio. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III.

2. In deroga al paragrafo 1, ciascuno Stato membro può esaminare una domanda d’asilo presentata da un cittadino di un paese terzo, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento. In tale ipotesi, detto Stato membro diventa lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e assume gli obblighi connessi a tale competenza. Eventualmente, esso ne informa lo Stato membro anteriormente competente, lo Stato membro che ha in corso la procedura volta a determinare lo Stato membro competente o quello al quale è stato chiesto di prendere o riprendere in carico il richiedente asilo.

3. Ogni Stato membro mantiene la possibilità, conformemente alla propria legislazione nazionale, di inviare un richiedente asilo in un paese, nel rispetto delle disposizioni della convenzione di Ginevra».

10.      Il capo III del regolamento n. 343/2003 consta di dieci articoli che stabiliscono una gerarchia di criteri per la determinazione dello Stato membro competente a trattare una domanda di asilo. L’articolo 5, nel capo III del regolamento n. 343/2003, così recita:

«1. I criteri per la determinazione dello Stato membro competente si applicano nell’ordine nel quale sono definiti dal presente capo.

2. La determinazione dello Stato membro competente in applicazione di tali criteri avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente asilo ha presentato domanda di asilo per la prima volta in uno Stato membro».

11.      L’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 343/2003 dispone quanto segue:

«Quando è accertato, sulla base degli elementi di prova e delle prove indiziarie di cui ai due elenchi menzionati all’articolo 18, paragrafo 3, inclusi i dati di cui al capo III del regolamento (CE) n. 2725/2000, che il richiedente asilo ha varcato illegalmente, per via terrestre, marittima o aerea, in provenienza da un paese terzo, la frontiera di uno Stato membro, lo Stato membro in questione è competente per l’esame della domanda d’asilo. Questa responsabilità cessa 12 mesi dopo la data di attraversamento clandestino della frontiera».

12.      L’articolo 13 del regolamento n. 343/2003 così recita:

«Quando lo Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata».

13.      Ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 343/2003:

«1. Qualsiasi Stato membro può, pur non essendo competente in applicazione dei criteri definiti dal presente regolamento, procedere al ricongiungimento dei membri di una stessa famiglia nonché di altri parenti a carico, per ragioni umanitarie, fondate in particolare su motivi familiari o culturali. In tal caso detto Stato membro esamina, su richiesta di un altro Stato membro, la domanda di asilo dell’interessato. Le persone interessate debbono acconsentire».

14.      L’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 343/2003 così dispone:

«1. Lo Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo in forza del presente regolamento è tenuto a:

(…)

b) portare a termine l’esame della domanda d’asilo;

(…)».

15.      L’articolo 17, paragrafo 1, del regolamento n. 343/2003 dispone quanto segue:

«Lo Stato membro che ha ricevuto una domanda d’asilo e ritiene che un altro Stato membro sia competente per l’esame della stessa può interpellare tale Stato membro affinché prenda in carico il richiedente asilo quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la presentazione della domanda d’asilo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2.

(…)».

16.      L’articolo 19, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 343/2003 così recita:

«1. Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere in carico il richiedente asilo, lo Stato membro nel quale la domanda d’asilo è stata presentata notifica al richiedente asilo la decisione di non esaminare la domanda e l’obbligo del trasferimento del richiedente verso lo Stato membro competente.

2. La decisione menzionata al paragrafo 1 è motivata. Essa è corredata dei termini relativi all’esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui il richiedente deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi. La decisione può formare oggetto di ricorso o revisione. Il ricorso o la revisione della decisione non ha effetto sospensivo ai fini dell’esecuzione del trasferimento a meno che il giudice o l’organo giurisdizionale competente non decida in tal senso caso per caso se la legislazione nazionale lo consente».

17.      Ai sensi dell’articolo 13, della direttiva 2004/83:

«Riconoscimento dello status di rifugiato

Gli Stati membri riconoscono lo status di rifugiato al cittadino di un paese terzo o all’apolide ammissibile quale rifugiato in conformità dei capi II e III».

18.      L’articolo 25, paragrafo 1, della direttiva 2005/85 così recita:

«Domande irricevibili

1. Oltre ai casi in cui una domanda non è esaminata a norma del regolamento (CE) n. 343/2003, gli Stati membri non sono tenuti ad esaminare se al richiedente sia attribuibile la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE, qualora la domanda di asilo sia giudicata irricevibile a norma del presente articolo».

19.      A termini dell’articolo 39, paragrafi 1 e 2 della direttiva 2005/85:

«Diritto a un mezzo di impugnazione efficace

1. Gli Stati membri dispongono che il richiedente asilo abbia diritto a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice avverso i seguenti casi:

a) la decisione sulla sua domanda di asilo, compresa la decisione:

      i) di considerare la domanda irricevibile a norma dell’articolo 25, paragrafo 2;

(…)

2. Gli Stati membri prevedono i termini e le altre norme necessarie per l’esercizio, da parte del richiedente, del diritto ad un mezzo di impugnazione efficace di cui al paragrafo 1».

C –    Normativa nazionale

20.      L’articolo 16 bis, paragrafo 1 e 2, della legge fondamentale (Grundgesetz) dispone quanto segue:

«1.      I perseguitati politici beneficiano del diritto di asilo.

2.      Non può invocare l’applicazione del comma 1 colui che faccia ingresso nel territorio federale da uno Stato membro delle Comunità europee o da un altro Stato terzo nel quale sia garantita l’applicazione della Convenzione relativa allo status dei rifugiati e della Convenzione per la protezione dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali. Gli Stati al di fuori delle Comunità europee rispetto ai quali ricorrono le condizioni di cui al primo periodo del presente paragrafo sono individuati con legge che necessita del parere favorevole del Bundesrat (Consiglio federale). Nei casi di cui al primo periodo del presente paragrafo, le misure che pongono fine al soggiorno di un richiedente possono essere eseguite indipendentemente dai ricorsi proposti avverso le medesime».

III – Procedimento principale e questioni pregiudiziali

21.      Il sig. Kaveh Puid (in prosieguo: il «richiedente asilo») è un cittadino iraniano che il 20 ottobre 2007 partiva in aereo da Teheran ad Atene. Dopo essersi ivi trattenuto per quattro giorni, riprendeva il viaggio verso Francoforte sul Meno, dove si dichiarava richiedente asilo al momento del controllo all’entrata e veniva trattenuto in attesa dell’accompagnamento alla frontiera. Entrambe le volte era partito con falsi documenti di viaggio.

22.      Il 15 novembre 2007 il richiedente asilo chiedeva al Verwaltungsgericht Frankfurt am Main (tribunale amministrativo, Francoforte sul Meno), inter alia, di ordinare alla Repubblica federale di Germania di autorizzare il suo ingresso, consegnandolo all’organismo competente a dichiarare lo Stato membro competente ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003. Il Verwaltungsgericht Frankfurt am Main ordinava alla Repubblica federale di Germania di dichiarare al servizio di polizia competente all’aeroporto di Francoforte che il respingimento in Grecia del richiedente asilo era temporaneamente vietato fino al termine ultimo del 16 gennaio 2008.

23.      Il Bundesamt für Migration und Flüchtlinge (ufficio federale per l’immigrazione e i rifugiati; in prosieguo: l’«ufficio federale») stabiliva, con decisione del 14 dicembre 2007, che la domanda di asilo era irricevibile e ordinava l’espulsione del richiedente asilo in Grecia. Nella motivazione si esponeva che, conformemente al regolamento n. 343/2003, la Grecia era competente per il trattamento della domanda di asilo in forza dei termini stabiliti dagli articoli 17, paragrafo 2, 18, paragrafi 4 e 7, del regolamento n. 343/2003 e che non erano individuabili motivi umanitari straordinari tali da indurre la Repubblica federale di Germania ad esercitare il suo diritto di avocazione della competenza, a norma dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003. L’ufficio federale considerava la Grecia quale Stato terzo sicuro ai sensi dell’articolo 16 bis, paragrafo 2, della Legge fondamentale, né la Commissione europea, competente a verificare il rispetto degli standard minimi, aveva d’altronde fino ad allora invitato gli Stati membri ad evitare le espulsioni in Grecia. Di conseguenza, il 23 gennaio 2008 il richiedente asilo veniva espulso e trasferito ad Atene.

24.      Tuttavia, già in data 25 dicembre 2007 il richiedente asilo aveva proposto ricorso dinanzi al Verwaltungsgericht chiedendo di annullare la decisione dell’ufficio federale 14 dicembre 2007 e di obbligare la Repubblica federale di Germania a dichiararsi competente ai fini dell’esame della sua domanda d’asilo in forza dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003.

25.      Il Verwaltungsgericht ordinava la comparizione personale in udienza del ricorrente. A tal fine, gli veniva consentito di rientrare in Germania.

26.      Con sentenza 8 luglio 2009 il Verwaltungsgericht annullava la decisione dell’ufficio federale 14 dicembre 2007, stabilendo che l’esecuzione del provvedimento di accompagnamento alla frontiera nei confronti del richiedente asilo era illegittima. L’ufficio federale veniva obbligato ad annullare il provvedimento di accompagnamento alla frontiera del 14 dicembre 2007 e a ripristinare lo status quo.

27.      Il Verwaltungsgericht esponeva nella motivazione, in sostanza, che l’ufficio federale era tenuto ad assumere la competenza per la procedura d’asilo, esercitando il diritto a tal fine previsto dall’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003. Il potere discrezionale dell’ufficio federale era venuto meno dopo che era divenuto evidente che in Grecia non erano rispettati gli standard minimi né per la presa in carico dei richiedenti asilo, né per l’attuazione della procedura d’asilo e che durante il suo soggiorno in Grecia il richiedente asilo avrebbe subito gravi pregiudizi in relazione ai suoi diritti procedurali e alle condizioni di accoglienza, in contrasto con gli obiettivi fondamentali ed il contenuto delle direttive vigenti. Inoltre, il Verwaltungsgericht imponeva all’ufficio federale di rilasciare al ricorrente un’autorizzazione di soggiorno provvisorio fino al passaggio in giudicato della sentenza.

28.      La sentenza del Verwaltungsgericht veniva impugnata dinanzi allo Hessischer Verwaltungsgerichtshof sulla bese del rilievo che non risulterebbe convincente l’interpretazione giuridica sottesa alla sentenza, secondo cui la Germania doveva esercitare il diritto di avocazione della competenza previsto dall’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003. La Repubblica federale, rappresentata dall’ufficio federale, sosteneva inter alia che, al di là delle gravi violazioni della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, il fatto che lo Stato membro competente non rispettasse le direttive adottate per la presa in carico dei richiedenti asilo, nonché per lo standard minimo della procedura d’asilo, non avrebbe dovuto essere preso in considerazione nell’ambito della decisione sull’esercizio del diritto di avocazione della competenza. Secondo l’ufficio federale, le carenze riscontrate nell’alloggio o nell’assistenza da prestare ai richiedenti asilo non escludevano la competenza dello Stato membro ai fini dell’attuazione della procedura. Altrimenti, in ultima analisi, agli interessati avrebbe dovuto essere riconosciuto il diritto ad essere accolti in ognuno degli Stati in cui fossero giunti.

29.      Lo Hessischer Verwaltungsgerichtshof riteneva necessario sottoporre alla Corte quattro questioni pregiudiziali e provvedeva in tal senso il 22 dicembre 2010. Le prime tre questioni venivano poi ritirate, poiché, in sostanza, ad esse era stata data risposta nella sentenza pronunciata nella causa N.S. il 21 dicembre 2011.

30.      Inoltre, con decisione del 20 gennaio 2011 l’ufficio federale annullava la propria decisione del 14 dicembre 2007, e decideva di avvalersi della propria competenza ad esaminare la domanda in forza dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003. Con decisione del 18 maggio 2011 l’ufficio federale respingeva la domanda di asilo in forza dell’articolo 16 bis della legge fondamentale, riconoscendo, peraltro, al richiedente asilo lo status di rifugiato (Flüchtlingseigenschaft).

31.      Secondo il giudice nazionale, il rinvio pregiudiziale non è privo di rilevanza giuridica in quanto, in base al diritto tedesco, il richiedente asilo ha un legittimo interesse a richiedere il sindacato, da parte dello Hessischer Verwaltungsgerichtshof, sulla legittimità della decisione del 14 dicembre 2007 dell’ufficio federale, nonostante gli sviluppi descritti supra. Questo era dovuto al fatto che egli era stato illegittimamente trattenuto prima di essere espulso verso la Grecia, aveva nel frattempo chiesto di dichiarare l’illegittimità della decisione del 14 dicembre 2007 e aveva domandato il risarcimento dei danni.

32.      Il giudice nazionale ha inoltre confermato che esiste ancora una disparità di pareri circa la risposta alla quarta questione pregiudiziale, che è formulata nei seguenti termini:

«Se dall’obbligo per lo Stato membro di esercitare il diritto di cui all’articolo 3, paragrafo 2, primo periodo, del regolamento n. 343/2003 derivi un diritto soggettivo del richiedente asilo all’esercizio dell’avocazione della competenza che possa essere fatto valere nei confronti di detto Stato».

33.      Alla luce delle originarie quattro questioni proposte dallo Hessischer Verwaltungsgerichtshof, sono state presentate osservazioni scritte dal sig. Puid, dai governi di Germania, Belgio, Irlanda, Grecia, Francia, Italia, Polonia, Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, Svizzera e dalla Commissione. Tra queste, le osservazioni scritte del governo italiano non riguardavano la quarta questione, mentre il governo belga non l’aveva affrontata in modo diretto. I rappresentanti del sig. Puid, dell’Irlanda, della Repubblica greca e della Commissione hanno preso parte all’udienza del 22 gennaio 2013.

IV – Analisi

A –    Osservazioni preliminari

1.      Il Sistema europeo comune di asilo

34.      Il Consiglio europeo di Strasburgo dell’8 e 9 dicembre 1989 si proponeva come obiettivo l’armonizzazione delle politiche in tema di asilo degli Stati membri.

35.      Gli Stati membri hanno firmato a Dublino, il 15 giugno 1990, una Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità europee (in prosieguo: la «Convenzione di Dublino») (8).

36.      Il Trattato di Maastricht, all’articolo K.1, punto 1, ha dichiarato la politica in materia di asilo questione di interesse comune. L’articolo 63 CE, adottato dal Trattato di Amsterdam, ha obbligato il Consiglio ad adottare, entro un periodo di cinque anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, inter alia, misure a norma della Convenzione di Ginevra per determinare quale Stato membro è competente per l’esame della domanda di asilo presentata da un cittadino di un paese terzo in uno degli Stati membri, norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo, norme minime relative all’attribuzione della qualifica di rifugiato a cittadini di paesi terzi e norme minime sulle procedure applicabili negli Stati membri per la concessione o la revoca dello status di rifugiato. Tali disposizioni sono ora contenute nell’articolo 78 TFUE.

37.      Il Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 ha previsto l’istituzione di un sistema europeo comune in materia di asilo. Tale sistema è stato messo in atto, tra l’altro, dal regolamento n. 343/2003, che ha sostituito la Convenzione di Dublino, e dalle direttive 2003/9, 2004/83 e 2005/85.

38.      L’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e l’articolo 78 TFUE dispongono che il diritto di asilo dev’essere garantito nel rispetto della Convenzione di Ginevra. Ai sensi dell’articolo 4 della Carta, nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti. L’articolo 19, paragrafo 2, della Carta vieta l’allontanamento, l’espulsione o l’estradizione verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di trattamenti inumani o degradanti. L’articolo 47 della Carta garantisce il diritto a un ricorso effettivo e ad un equo processo di fronte a un giudice a ogni individuo i cui diritti e le cui libertà garantiti dal diritto dell’Unione siano stati violati.

2.      Le valutazioni della Corte nella sentenza N.S.

39.      Prima di procedere alla risposta alla restante questione pregiudiziale, ritengo utile riassumere brevemente le questioni esaminate dalla Corte nella causa N.S. e le valutazioni cui essa è giunta. La sentenza N.S. ha affrontato le questioni qui di seguito illustrate, che sono rilevanti ai fini della causa in esame.

40.      Le circostanze esaminate dalla Corte erano simili a quelle di cui al procedimento principale. N.S., cittadino afgano, era giunto nel Regno Unito e aveva chiesto asilo lo stesso giorno. Prima di arrivare nel Regno Unito era transitato per diversi Stati europei, tra cui la Grecia, paese in cui non aveva presentato domanda di asilo, ma nel quale era stato trattenuto per quattro giorni. Il Secretary of State for the Home Department aveva chiesto alla Grecia di prendere in carico N.S. ai fini dell’esame della sua domanda di asilo. Poiché la Grecia non aveva risposto, il suo silenzio veniva equiparato al riconoscimento da parte sua della propria competenza per l’esame della domanda del ricorrente.

41.      N.S. si era opposto al suo trasferimento in Grecia dal Regno Unito sostenendo che un suo rinvio in Grecia rischiava di compromettere i suoi diritti fondamentali garantiti dal diritto dell’Unione, dalla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e/o dalla Convenzione di Ginevra. La controversia era proseguita dinanzi alla Court of Appeal del Regno Unito, la quale aveva sottoposto alla Corte sette questioni pregiudiziali.

42.      Come ho già rilevato, la Corte ha dichiarato che il diritto dell’Unione osta all’applicazione di una presunzione assoluta secondo la quale lo Stato competente, verso il quale uno Stato membro propone di trasferire un richiedente asilo, rispetta i diritti fondamentali che il diritto dell’Unione conferisce al richiedente asilo.

43.      Questo era dovuto, inter alia, al fatto che il «sistema europeo comune di asilo è fondato sull’applicazione in ogni sua componente della Convenzione di Ginevra e sulla garanzia che nessuno sarà rispedito in luogo in cui rischia di essere nuovamente perseguitato» e che il «rispetto della Convenzione di Ginevra e del Protocollo del 1967 è previsto all’articolo 18 della Carta e all’articolo 78 TFUE» (9). La Corte ha dichiarato che «nell’ipotesi in cui si abbia motivo di temere seriamente che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo nello Stato membro competente, che implichino un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’articolo 4 della Carta, dei richiedenti asilo trasferiti nel territorio di questo Stato membro, tale trasferimento sarebbe incompatibile con detta disposizione» (10).

44.      Secondo la Corte, questo trovava applicazione allorché uno Stato membro in cui si trova un richiedente asilo non può «ignorare che le carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo» nello «Stato membro competente» ai sensi del regolamento n. 343/2003 «costituiscono motivi seri e comprovati di credere che il richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti ai sensi dell’articolo 4 della Carta» (11).

45.      La Corte ha poi affermato che uno Stato membro che si trovi in tale situazione e che abbia questo livello di consapevolezza è vincolato da ulteriori obblighi. Tali obblighi sono stati descritti come segue:

«Ferma restando la facoltà, di cui all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003, di esaminare esso stesso la domanda, l’impossibilità di trasferire un richiedente asilo verso un altro Stato membro dell’Unione europea che risulti essere lo Stato membro competente in base ai criteri enunciati nel capo III di detto regolamento impone allo Stato membro che doveva effettuare tale trasferimento di proseguire l’esame dei criteri di cui al medesimo capo, per verificare se uno dei criteri ulteriori permetta di identificare un altro Stato membro come competente a esaminare la domanda di asilo.

È necessario, tuttavia, che lo Stato membro nel quale si trova il richiedente asilo badi a non aggravare una situazione di violazione dei diritti fondamentali di tale richiedente con una procedura di determinazione dello Stato membro competente che abbia durata irragionevole. All’occorrenza, detto Stato è tenuto a esaminare esso stesso la domanda conformemente alle modalità previste all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003» (12).

3.      La questione proposta dallo Hessischer Verwaltungsgerichtshof

46.      Appaiono necessari, anzitutto, alcuni chiarimenti riguardo alla questione proposta, e ciò a causa del nesso esistente tra la rimanente questione pregiudiziale e le tre questioni ritirate, e più in particolare la terza questione ritirata, il cui tenore era il seguente:

«Se sussista un obbligo per lo Stato membro di esercitare il diritto di cui all’articolo 3, paragrafo 2, primo periodo, del regolamento n. 343/2003, alla luce delle summenzionate garanzie della CDFUE [Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea], ogni volta che nello Stato membro competente si verifichino inadempienze talmente gravi da compromettere, in linea di principio, le garanzie procedurali a favore dei richiedenti asilo ovvero da costituire una minaccia per la vita o l’incolumità fisica dei richiedenti asilo trasferiti».

47.      A mio avviso, la rimanente questione pregiudiziale fa riferimento, in sostanza, alla posizione giuridica di un richiedente asilo nello Stato membro nel quale la domanda di asilo è stata presentata, qualora le condizioni nello Stato membro competente in base alle disposizioni del regolamento n. 343/2003 siano quelle descritte nella sentenza N.S. Più in particolare, la questione verte sulle responsabilità del primo Stato membro e, in particolare, dei suoi organi giurisdizionali, unitamente ai diritti del richiedente asilo e ai mezzi di ricorso disponibili. È in questo senso che intendo esaminare la questione pregiudiziale.

B –    Risposta alla questione pregiudiziale

1.      Principi fondamentali del diritto dell’Unione in materia di asilo

48.      Il principio fondamentale della Convenzione di Ginevra è quello del non respingimento che tutela un rifugiato dall’espulsione o dal rinvio alla frontiera verso territori nei quali la sua vita o la sua libertà siano minacciate a causa della sua razza, religione, cittadinanza, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche.

49.      Il principio del non respingimento costituisce l’essenza del diritto fondamentale all’asilo garantito dall’articolo 18 della Carta e dall’articolo 78, paragrafo 1, TFUE. Queste disposizioni non fanno insorgere in capo al richiedente il diritto sostanziale soggettivo all’asilo (13), bensì il diritto ad un esame equo ed effettivo della richiesta di asilo, assieme al diritto a non essere trasferito in paesi o territori in contrasto con il principio del non respingimento.

50.      Tuttavia, un diritto soggettivo allo status di rifugiato è previsto nel diritto dell’Unione alla luce dell’armonizzazione delle condizioni per la concessione dello status di rifugiato in forza della direttiva 2004/83, per i soggetti che rispondono ai criteri in essa previsti. Questo vale fatte salve le disposizioni del diritto dell’Unione in tema di trasferimento dei richiedenti asilo verso paesi terzi sicuri.

51.      La concessione e la revoca dello status di rifugiato sono armonizzate anche sotto il profilo procedurale. Più in particolare, la direttiva 2005/85 prevede misure minime al riguardo, compreso il diritto ad un mezzo di ricorso effettivo nei procedimenti di impugnazione.

52.      Tuttavia, l’applicazione della direttiva 2005/85 e, di conseguenza, della direttiva 2004/83, costituisce solo la seconda fase nel trattamento di una domanda di asilo presentata da un cittadino di uno Stato terzo o da un apolide. Come prima fase è necessario determinare lo Stato membro competente ai fini dell’esame della domanda.

53.      Tale fase ha luogo secondo le modalità previste dal regolamento n. 343/2003 sulla base di criteri oggettivi indicati in ordine gerarchico, e che individuano un unico Stato membro competente per l’esame della domanda. Tuttavia, il regolamento attribuisce agli Stati membri anche un potere discrezionale ad avocare la competenza per l’esame della domanda, o per motivi umanitari specificati nell’articolo 15 del regolamento n. 343/2003 o per sua stessa scelta, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003.

54.      Il principio di non respingimento è inoltre sotteso al sistema istituito dal regolamento n. 343/2003, che mira ad organizzare e a strutturare l’esame delle domande di asilo all’interno dell’Unione europea e a combattere il «forum shopping». Gli Stati membri sono, in ogni caso, vincolati dalla Convenzione di Ginevra e dalla Convenzione europea dei diritti dell’Uomo. Pertanto, essi non possono trasferire i richiedenti asilo verso altri Stati membri a meno che non vi siano garanzie del rispetto di tale principio. Di conseguenza, il sistema istituito dalla Convenzione di Dublino e dal regolamento n. 343/2003 è basato sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri. In altri termini, il regolamento n. 343/2003 si fonda sul presupposto che tutti gli Stati membri dell’Unione possono essere considerati Stati sicuri per i richiedenti asilo, e che gli Stati membri rispettano il principio del non respingimento con riferimento a paesi terzi.

55.      Per rispondere alla questione proposta dallo Hessicher Verwaltungsgerichtshof occorre anzitutto esaminare l’interpretazione del regolamento n. 343/2003 in circostanze normali. Questo renderà possibile considerarne l’interpretazione in una situazione come quella descritta nella sentenza N.S., nella quale non vale più la presunzione fondamentale circa la capacità dello Stato membro prima facie competente per l’esame della domanda di asilo ad adempiere ai propri obblighi derivanti dal sistema europeo comune di asilo.

2.      Interpretazione del regolamento n. 343/2003

56.      Nelle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere si afferma che un sistema europeo comune di asilo dovrebbe «permettere di determinare con chiarezza e praticità lo Stato competente per l’esame delle domande di asilo» (14). A mio parere, questo è il criterio di riferimento da cui dovrebbe essere ispirata la risposta alla questione pregiudiziale. Una risposta che fosse in contrasto con gli obiettivi di chiarezza e di attuabilità sarebbe contraria tanto allo scopo del regolamento n. 343/2003 quanto agli obiettivi del Sistema europeo comune di asilo. Va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, ai fini dell’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (15).

57.      Il regolamento n. 343/2003 si prefigge sia di accelerare il trattamento delle domande di asilo, sia di prevenire il «forum shopping». Per esempio, il considerando 4 del regolamento n. 343/2003 dispone che «l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande d’asilo» non dev’essere pregiudicato (16), mentre termini rigorosi sia per la presa in carico di una domanda di asilo sia per il trasferimento del richiedente asilo verso lo Stato membro competente sono previsti dal capo V del regolamento n. 343/2003 (17). L’obiettivo della prevenzione del «forum shopping» è riflesso negli articoli da 9 a 12, i quali prevedono che lo Stato membro che ha rilasciato i documenti di viaggio necessari, o quello del primo ingresso, legittimo o illegittimo che sia, è competente per esaminare la domanda di asilo, fatte salve solo specifiche eccezioni (18). Vero è che gli articoli 15 (la cosiddetta clausola umanitaria) e 3, paragrafo 2 (la cosiddetta eccezione di sovranità) consentono l’esercizio di un potere discrezionale, ma tale potere viene attribuito agli Stati membri e non ai richiedenti asilo (19).

58.      Inoltre, come emerge dal considerando 16 e dall’articolo 1, l’obiettivo del regolamento n. 343/2003 è «l’introduzione di criteri e meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri». In altri termini, il regolamento n. 343/2003 non mira a conferire diritti ai privati, bensì ad organizzare i rapporti fra Stati membri (20), pur contenendo taluni elementi non irrilevanti per i diritti dei richiedenti asilo. Tutto questo, unitamente al fatto che l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003 costituisce una misura discrezionale, si allontana da un’interpretazione che attribuisca ai richiedenti asilo diritti individuali con riguardo all’applicazione di tale disposizione. Come ripetutamente dichiarato dalla Corte, anche se i regolamenti producono in genere effetti immediati negli ordinamenti giuridici nazionali degli Stati membri senza che le autorità nazionali debbano adottare misure di attuazione o che sia necessario che il legislatore dell’Unione adotti normative complementari, tuttavia, talune disposizioni di un regolamento possono richiedere, per la loro attuazione, l’adozione di misure di applicazione vuoi da parte degli Stati membri, vuoi da parte dello stesso legislatore dell’Unione (21).

59.      Ulteriori misure sono chiaramente necessarie nel caso in cui ad uno Stato membro sia conferito un potere discrezionale. Pertanto, in circostanze normali i richiedenti asilo non possono trarre dalle disposizioni del regolamento n. 343/2003 il diritto di imporre ad uno Stato membro, diverso da quello competente ai sensi dello stesso regolamento, di esaminare la loro domanda di asilo. Come sottolineato nelle osservazioni scritte della Commissione, perché una disposizione del diritto dell’Unione produca effetti immediati nei rapporti tra i singoli e gli Stati membri, è necessario che agli Stati membri venga imposto un obbligo chiaro e assoluto, il cui adempimento o i cui effetti non siano subordinati all’intervento di un atto degli Stati membri o della Commissione. L’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003 non risponde a questi criteri (22).

3.      Applicazione del regolamento n. 343/2003 in situazioni eccezionali

60.      Tuttavia, la questione pregiudiziale non si riferisce alla normale applicazione del regolamento n. 343/2003, ma a situazioni eccezionali in cui lo Stato membro prima facie competente ad esaminare la domanda di asilo abbia omesso di applicare il Sistema europeo comune di asilo, al punto che i richiedenti asilo non possono essere in esso trasferiti. Su questo punto concluderò che, in simili circostanze, spetta in ultima analisi ai giudici nazionali salvaguardare i principi sanciti dalla Corte nella sentenza N.S., tantopiù alla luce dell’obbligo per gli Stati membri di garantire il rispetto del divieto di trattamenti degradanti o inumani.

61.      Nel paragrafo che segue, definirò situazioni eccezionali quelle che rispondono ai limiti tanto sostanziali quanto probatori definiti dalla Corte nella sentenza N.S. La condizione sostanziale era stata specificata dalla Corte come una situazione in cui sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti nello Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo ai sensi del regolamento n. 343/2003, che implichino trattamenti disumani o degradanti. La Corte ha fissato la condizione probatoria nel senso che lo Stato membro, che in via normale trasferirebbe il richiedente asilo, non può ignorare le carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in tale altro Stato membro. Di fatto, viene assunto a criterio probatorio la notorietà del fatto che i richiedenti asilo non possono essere trasferiti verso lo Stato membro interessato (23).

62.      È evidente che, con tali definizioni, la Corte ha inteso fissare una barriera elevata alla violazione del principio della fiducia reciproca sottostante al regolamento n. 343/2003. Questo vuol dire che il principio della fiducia reciproca non può essere messo in discussione attraverso un esame sistematico, nell’ambito di ciascuna procedura relativa a una domanda di asilo, dell’adempimento, da parte degli Stati membri, degli obblighi per essi derivanti dal Sistema europeo comune di asilo. Un’interpretazione contraria si porrebbe in contrasto con gli obiettivi primari del regolamento n. 343/2003, che sono di organizzare la competenza tra gli Stati membri, garantire la celerità del trattamento delle domande di asilo e di prevenire il «forum shopping».

63.      Pertanto, qualora uno Stato membro, nel quale venga presentata una domanda di asilo, non possa ignorare che carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo implichino il rischio effettivo di trattamenti disumani o degradanti nello Stato membro che sarebbe altrimenti competente ai sensi del regolamento n. 343/2003, le sue autorità competenti debbono astenersi d’ufficio dal trasferire i richiedenti asilo verso tale Stato membro, senza dover essere obbligate in tal senso dai giudici nazionali né essere sollecitate in tal senso da parte dei richiedenti asilo interessati. Sebbene l’articolo 3, paragrafo 2, quale provvedimento discrezionale, non conferiva diritti ai singoli, ciò non riduce minimamente l’obbligo per gli Stati membri, ivi compresi i relativi giudici, di astenersi da comportamenti che possano implicare per i richiedenti asilo trattamenti inumani o degradanti, quali indicati nella sentenza N.S. Nella sentenza N.S. iene invero affermato che la Carta trova applicazione anche nell’esercizio del potere discrezionale. Con riguardo alla normativa europea in materia di asilo, gli obblighi sanciti dalla sentenza N.S. rovano applicazione dal momento che l’ente dello Stato membro interessato, che si tratti di un giudice o altro, abbia accertato che i criteri fissati nella sentenza N.S. siano soddisfatti nell’altro Stato membro competente.

64.      Ciò detto, per rispondere alla questione pregiudiziale occorre esaminare: i) la posizione dello Stato membro nella situazione eccezionale dell’esposizione di un richiedente asilo ad un trattamento disumano o degradante nel caso in cui sia implicato un trasferimento; ii) i diritti del richiedente asilo e i possibili mezzi di ricorso.

a)      La posizione di uno Stato membro nella situazione eccezionale

65.      Per quanto riguarda la posizione dello Stato membro che si trovi nella situazione eccezionale sopra descritta, dalla sentenza N.S. merge chiaramente che tale Stato membro non può trasferire il richiedente asilo verso lo Stato membro che sia prima facie competente in forza del regolamento n. 343/2003. In altri termini, il principio del non respingimento diventa applicabile tra questi Stati membri.

66.      Di fatto, nella sentenza N.S. la Corte ha dichiarato che lo Stato membro nel quale è stata presentata la domanda deve continuare ad esaminare i criteri indicati nel capo III per verificare la possibilità di individuare un altro Stato membro quale Stato competente. Tuttavia, in caso di durata irragionevole, lo Stato membro nel quale viene presentata la domanda di asilo è tenuto, all’occorrenza, a esaminare esso stesso la domanda conformemente alle modalità previste all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003 (24).

67.      Pertanto, in una situazione eccezionale lo Stato membro nel quale venga presentata la domanda di asilo non si trova di fronte ad un dovere assoluto di esaminare esso stesso la domanda. Esso può, entro un periodo di tempo ragionevole, cercare di individuare un altro Stato membro competente per l’esame. Tuttavia, se questo non risulta possibile, lo Stato membro sembra essere allora tenuto ad esaminare esso stesso la domanda.

68.      Tuttavia, a mio avviso questo non equivale ad un obbligo per gli Stati membri di esercitare i poteri di cui all’articolo 3, paragrafo 2, primo periodo, del regolamento n. 343/2003. In base ad una corretta interpretazione di tale regolamento, una volta accertate le condizioni descritte nella sentenza N.S., lo Stato membro nel quale tali condizioni sussistono cessa semplicemente di essere lo Stato membro competente ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento. Ciò è stato riconosciuto dalla Commissione all’udienza. Lo Stato membro in cui è stata presentata la domanda di asilo diventa lo Stato membro competente se non è possibile individuare un altro Stato membro competente (25).

69.      A questo punto diventa applicabile l’articolo 13 del regolamento n. 343/2003, in quanto, come lo stesso recita, «lo Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento». Esso prosegue stabilendo che «è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata». Nel caso del sig. Puid, la Repubblica federale di Germania è quindi il «primo Stato membro» della sua domanda di asilo, in quanto tale competente a completare l’esame della domanda di asilo, conformemente all’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 343/2003.

70.      Tuttavia, è importante sottolineare che un obbligo sostanziale gravante sul primo Stato membro in cui sia stata presentata la domanda di asilo non può essere derivato in quanto tale dall’articolo 3, paragrafo 2, primo periodo. Tale disposizione è evidentemente diretta a consentire ad ogni Stato membro nel quale sia stata presentata una domanda di asilo (26) a surrogarsi allo Stato membro competente, conformemente alla propria sovrana discrezionalità. Ciò potrebbe avvenire, per esempio, per ragioni politiche, pratiche o umanitarie (27). In altri termini, tale disposizione autorizza, ma non obbliga, lo Stato membro ad esaminare le domande di asilo.

71.      Va sottolineato che il regolamento n. 343/2003 non obbliga mai uno Stato membro a negare l’esame di una domanda di asilo, ma semplicemente organizza ordinatamente, nell’ambito dell’Unione, la prassi statale che la maggior parte degli Stati membri seguirebbe comunque: ossia, negare protezione internazionale ai richiedenti asilo che arrivano attraverso paesi sicuri. In altri termini, il regolamento n. 343/2003 ripartisce la competenza tra gli Stati membri, ma non la competenza normativa (28), per l’esame delle domande di asilo.

b)      I diritti del richiedente asilo e i mezzi di ricorso possibili in situazioni eccezionali

72.      Per quanto riguarda i diritti dei richiedenti asilo e i mezzi di ricorso esperibili nella situazione eccezionale quale descritta nella sentenza N.S., è importante distinguere tra due tipi di decisioni, vale a dire quelle adottate riguardo alla competenza per l’esame della domanda e quelle riguardanti il trasferimento del richiedente verso lo Stato membro competente.

73.      La decisione di esame viene adottata dallo Stato membro richiesto (ossia lo Stato membro al quale un altro Stato membro abbia richiesto di esaminare la domanda di asilo) conformemente all’articolo 18 del regolamento n. 343/2003. Il regolamento n. 343/2003, interpretato coerentemente con gli obiettivi del Sistema comune europeo di asilo, non attribuisce affatto ai richiedenti asilo un diritto soggettivo a che un determinato Stato membro esamini una domanda di asilo (29). Questo vale sia per lo Stato membro richiesto sia per lo Stato membro richiedente.

74.      La decisione di trasferimento verso lo Stato membro competente è disciplinata dall’articolo 19 del regolamento n. 343/2003. Ai sensi di tale disposizione, «[q]uando lo Stato membro richiesto accetta di prendere in carico il richiedente asilo, lo Stato membro nel quale la domanda d’asilo è stata presentata notifica al richiedente asilo la decisione di non esaminare la domanda e l’obbligo del trasferimento del richiedente verso lo Stato membro competente». [Il corsivo è mio].

75.      Come sancito dall’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003, questa decisione è motivata. Essa è corredata dei termini relativi all’esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui il richiedente deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi.

76.      La decisione di non esaminare le domande e di trasferire il richiedente può essere soggetta a ricorso o a revisione (30). Il ricorso o la revisione della decisione non ha effetto sospensivo ai fini dell’esecuzione del trasferimento a meno che il giudice o l’organo giurisdizionale competente decida in tal senso caso per caso se la legislazione nazionale lo consente (31).

77.      È nell’ambito di tali procedimenti che il giudice nazionale, in conseguenza dei suoi doveri di fornire una tutela giurisdizionale effettiva in forza dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE, è tenuto a considerare se sussistano le circostanze eccezionali di cui al caso N.S. e se siano applicabili in ogni caso, modificando gli obblighi dello Stato membro nel quale è stato richiesto l’asilo. È appena il caso di sottolineare che i giudici nazionali sono tenuti a garantire la tutela dei diritti contenuti nella Carta, in quanto parte del diritto primario dell’Unione (32), in questi stessi procedimenti; è ciò a maggior ragione nel caso in cui la legislazione dell’Unione faccia riferimento al rispetto dei diritti fondamentali e della Carta, come avviene con riguardo al regolamento n. 343/2003 e, in particolare, al suo considerando 15 (33).

78.      Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2. del regolamento n. 343/2003, il ricorso contro la decisione di non esaminare una domanda di asilo e di trasferire il richiedente asilo non ha effetto sospensivo ai fini dell’esecuzione del trasferimento a meno che il giudice o l’organo giurisdizionale competente non decida in tal senso caso per caso e purché la legislazione nazionale lo consenta. Le ragioni sono state illustrate dalla Commissione nella proposta del regolamento n. 343/2003. Un trasferimento verso un altro Stato membro non è una misura che rechi alla persona interessata un pregiudizio grave e difficilmente riparabile (34). È evidente che questa presunzione non vale in circostanze eccezionali come definite nella sentenza N.S.

79.      A mio avviso, un giudice nazionale il quale non possa ignorare che le carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo nello Stato membro competente ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 343/2003, costituiscono motivi seri e comprovati di credere che il richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti ai sensi dell’articolo 4 della Carta, è tenuto a sospendere il trasferimento dei richiedenti asilo verso tale Stato membro disapplicando, se necessario, qualsiasi disposizione nazionale che escluda tale decisione. Questo deriva dai principi generali del diritto dell’Unione in tema di previsione di mezzi di ricorso efficaci e di tutela dei diritti fondamentali (35). Come ho già fatto rilevare, le autorità competenti hanno un obbligo analogo nell’ambito della gestione delle procedure di asilo.

80.      Rilevo che, nell’attuale proposta della Commissione di rifusione del regolamento n. 343/2006, l’articolo 26, intitolato «Impugnazione», suggerisce, tra l’altro, che «[n]el caso di ricorso avverso la decisione di trasferimento (…) o di una revisione della medesima, l’autorità (…) decide d’ufficio, quanto prima, e in ogni caso non oltre sette giorni lavorativi dalla data di presentazione del ricorso o della revisione, se l’interessato possa rimanere sul territorio dello Stato membro in questione in attesa dell’esito del procedimento» (36).

81.      In conclusione, anche nelle situazioni eccezionali come definite nella sentenza N.S., i richiedenti asilo non hanno un diritto soggettivo, in forza del regolamento n. 343/2003, a che un determinato Stato membro esamini la loro domanda di asilo. Tuttavia, un giudice nazionale il quale non possa ignorare che carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo, nello Stato membro competente in forza del regolamento n. 343/2003, costituiscono motivi seri e comprovati per ritenere che il richiedente sia esposto al rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti, ai sensi dell’articolo 4 della Carta, è tenuto a sospendere il trasferimento del richiedente asilo verso tale Stato membro.

V –    Conclusione

82.      In conclusione, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali proposte dallo Hessischer Verwaltungsgerichtshof:

I richiedenti asilo non hanno un diritto soggettivo a che un determinato Stato membro esamini le loro domande di asilo, conformemente all’articolo 3, paragrafo 2, primo periodo, del regolamento (CE) n. 343/2003, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo in quanto competente per l’esame di una domanda di asilo. Tuttavia, un giudice nazionale il quale non possa ignorare che carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo, nello Stato membro competente in forza del regolamento n. 343/2003, costituiscono motivi seri e comprovati per ritenere che il richiedente sia esposto al rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti, ai sensi dell’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, è tenuto, nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 19, paragrafo 2, di tale regolamento, a sospendere il trasferimento del richiedente asilo verso tale Stato membro.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326, pag. 13).


3 – Direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 304, pag. 12). La direttiva del Consiglio 2004/83 è abrogata, a decorrere dal 21 dicembre 2013, dall’articolo 40 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 337, pag. 9). Le condizioni di accoglienza sono armonizzate dalla direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU L 31, pag. 18).


4 – GU L 50, pag. 1.


5 –      Punto 104.


6 – Punto 106.


7 –      Tutti gli Stati membri sono parti contraenti della Convenzione di Ginevra e del Protocollo del 1967. L’Unione non è parte contraente della Convenzione di Ginevra né del Protocollo del 1967.


8 –      GU 1997 C 254, pag. 1.


9 – Punto 75, che cita le sentenze del 2 marzo 2010, Salahadin Abdulla e a. (C‑175/08, C‑176/08, C‑178/08 e C‑179/08, Racc. pag. I‑1493, punto 53), e del 17 giugno 2010, Bolbol (C‑31/09, Racc. pag. I‑5539, punto 38).


10 –      Punto 86. La Corte si è inoltre basata sulla giurisprudenza rilevante della Corte europea dei diritti dell’Uomo in tema di esposizione a condizioni di detenzione che implicano trattamenti umani e degradanti citando, ai punti 89 e 90, la sentenza M. S. S. c. Belgio e Grecia del 21 gennaio 2011, non ancora pubblicata nel Recueil des arrêts et décisions.


11 –      Punto 94.


12 –      Punti 107 e 108.


13 –      Nelle sue osservazioni scritte il governo tedesco fa riferimento alla genesi dell’articolo 18 della Carta e al fatto che all’epoca le disposizioni nazionali sulla concessione dello status di rifugiato non erano armonizzate. Pertanto, a mio avviso l’articolo 18 della Carta non va oltre la Convenzione di Ginevra e l’acquis comunitario in termini di diritti dei richiedenti asilo.


14 –      Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo [COM (2001) 447 def., punto 1]. V. anche il considerando 3 del regolamento n. 343/2003.


15 –      Sentenza del 29 gennaio 2009, Petrosian (C‑19/08, Racc. pag. I‑495, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


16 –      Cfr. altresì sentenza del 6 novembre 2012, K (C‑245/11, punto 48), in cui la Corte ha dichiarato che «le autorità nazionali competenti hanno l’obbligo di assicurarsi che l’attuazione del regolamento n. 343/2003 avvenga in modo da garantire l’effettivo accesso alle procedure di determinazione dello status di rifugiato e da non pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande d’asilo».


17 –      Per una tabella riepilogativa dei termini previsti nel regolamento n. 343/2003, v. allegato alle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella sentenza del 27 settembre 2012, Cimade (C‑179/11).


18 –      V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak relative alla sentenza N.S., nelle quali è stato rilevato, al punto 94, che il regolamento n. 343/2003 «intende altresì evitare un forum shopping da parte dei richiedenti asilo», come evidenziato dalla regola secondo cui «per l’esame di una domanda d’asilo presentata nell’Unione è competente soltanto uno Stato membro, individuato sulla scorta di criteri oggettivi».


19 –      Rilevo, in questo contesto, un’analogia con le valutazioni della Corte nella sentenza del 29 gennaio 2013, Radu (C‑396/11), in cui essa ha osservato, al punto 34, che «[l]a decisione quadro 2002/584 è quindi diretta, mediante l’instaurazione di un nuovo sistema semplificato e più efficace di consegna delle persone condannate o sospettate di aver violato la legge penale, a facilitare e ad accelerare la cooperazione giudiziaria allo scopo di contribuire a realizzare l’obiettivo assegnato all’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia fondandosi sull’elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri». Si trattava di un fattore che ha portato la Corte a declinare l’invito ad integrare gli strumenti per impugnare un Mandato di arresto europeo dinanzi all’autorità di esecuzione con la richiesta, da parte del giudice emittente, di ascoltare il soggetto interessato prima dell’emanazione del mandato. Poiché lo scopo del Sistema europeo comune di asilo è anche quello dell’«instaurazione di un nuovo sistema semplificato e più efficace», basato su un «elevato livello di fiducia che deve esistere tra gli Stati membri», sono del parere che le stesse circostanze debbano necessariamente applicarsi ove si attribuiscano ai richiedenti asilo diritti ulteriori rispetto a quelli previsti dal legislatore dell’Unione. V., più di recente, sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, punto 37).


20–      Faccio qui riferimento alle conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella sentenza del 3 maggio 2012, Kastrati (C‑620/10), in cui l’avvocato generale ha osservato, al paragrafo 29, che «[l]’obiettivo del regolamento n. 343/2003 non è (…) la creazione di garanzie procedurali a favore dei richiedenti asilo nel senso della fissazione di requisiti concernenti il riconoscimento o il rigetto delle loro domande di asilo. Piuttosto, siffatto regolamento disciplina, in prima linea, la ripartizione degli obblighi e dei compiti reciproci fra gli Stati membri. Ciò premesso, le disposizioni del regolamento n. 343/2003, concernenti gli obblighi degli Stati membri nei confronti dei richiedenti asilo soggetti alla procedura di cui alla convenzione di Dublino, si riferiscono, in sostanza, solo allo svolgimento della procedura nei rapporti reciproci fra gli Stati membri, o sono intese a garantire la coerenza con altri strumenti in materia di asilo».


21 – Sentenza del 28 ottobre 2010, Belgisch Interventie- en Restitutiebureau (C‑367/09, Racc. pag. I‑10761, punti 32 e 33, e giurisprudenza ivi citata).


22 – A tal fine la Commissione si basa sulla classica giurisprudenza della Corte, segnatamente sulle sentenze del 5 febbraio 1963, van Gend & Loos (26/62, Racc. pag. 3); del 15 luglio 1964, Costa/ENEL (6/64, Racc. pag. 1129), e del 16 giugno 1966, Lütticke (57/65, Racc. pag. 220).


23 –      A mio avviso, si può concludere per l’esistenza di una situazione del genere sulla base di informazioni fornite dalla UNCHR [Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati], dalla Croce rossa internazionale e dalla Commissione, nonché dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo e della Corte di giustizia. Inoltre, le autorità di asilo degli Stati membri si scambiano informazioni riguardo alle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo. Poiché la situazione eccezionale descritta nella sentenza N.S. non si riferisce alle caratteristiche di un singolo richiedente asilo, gli Stati membri sono tenuti a tener conto delle situazioni eccezionali su base generale, e non come indizi forniti nell’ambito della valutazione della ricevibilità di una singola domanda.


24 –      Punti 107 e 108.


25 –      In tal senso v. sentenza K, cit. (punto 47), in cui la Corte ha affermato che «Quando ricorrono i presupposti elencati in detto articolo 15, paragrafo 2, lo Stato membro che per le ragioni umanitarie richiamate in tale disposizione ha l’obbligo di prendere in carico un richiedente asilo diventa lo Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo».


26 –      È ben possibile che un richiedente asilo abbia presentato domanda in più Stati membri. Nel caso in cui egli non possa essere trasferito nello Stato membro del primo ingresso, l’articolo 13 del regolamento n. 343/2003 renderebbe competente, in ultima analisi, lo Stato membro della prima domanda. Senza tale disposizione, l’obbligo di fornire protezione internazionale sarebbe ovviamente fondato sul diritto internazionale e riguarderebbe, eventualmente, tanto lo Stato membro nel quale si trova il richiedente quanto il primo Stato membro di ingresso sicuro. Questo esempio dimostra le difficoltà di ricavare dal regolamento un dovere oggettivo dello Stato membro di esercitare la sua competenza ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2.


27 –      V. le conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella sentenza K, cit. (paragrafi da 27 a 31) e COM (2001) 447 def., cit., pag. 10.


28 –      La competenza di uno Stato ad esaminare una domanda di asilo e a fornire protezione internazionale è inclusa nella sua sovranità. Pertanto, la direttiva 2004/83 non impedisce allo Stato membro di applicare criteri più favorevoli per stabilire chi abbia lo status di rifugiato (v. articolo 3).


29 –      In via eccezionale, negli articoli 7 e 8 del regolamento n. 343/2003 relativi ai familiari, il desiderio delle persone interessate ha rilevanza giuridica.


30 –      Questa disposizione non compare nella Convenzione di Dublino. Per un dibattito riguardo alle differenze tra l’articolo 19 e le disposizioni equivalenti della Convenzione di Dublino v. COM(2001) 447 def., cit., pagg. 17 e 18.


31 –      Tuttavia, l’articolo 39 della direttiva 2005/85, relative al diritto a un mezzo di impugnazione efficace, non si applica a tale decisione. V. articolo 39, paragrafo 1, lettera a), punto i), in combinato disposto con l’articolo 25, paragrafo 1, di tale direttiva.


32 –      V. le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella sentenza Radu, cit. (paragrafo 52).


33 – Rilevo che nella sentenza del 5 ottobre 2010, McB (C‑400/10 PPU, Racc. pag. I‑8965), ai punti 60 e 61 la Corte ha esaminato se l’interpretazione del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU L 338, pag. 1), cui essa era giunta, rispettasse l’articolo 24 della Carta e i diritti dei minori anche se questo non faceva parte delle questioni proposte dal giudice nazionale. La Corte ha seguito questo approccio per effetto, in parte, degli impegni contenuti nel considerando 33 del regolamento n. 2201/2003.


34 – V. COM (2001) 447 def., cit, pag. 19.


35 – V., in generale, sentenza del 22 dicembre 2010, DEB (C‑279/09, Racc. pag. I‑13849).


36–      Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (rifusione) COM(2008) 820 def., pag. 47.