Language of document : ECLI:EU:C:2011:796

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

1° dicembre 2011 (*)

«Politica commerciale comune – Lotta all’introduzione nell’Unione di merci contraffatte e usurpative – Regolamenti (CE) nn. 3295/94 e 1383/2003 – Deposito doganale e transito esterno di merci provenienti da Stati terzi e che costituiscono imitazioni o copie di prodotti tutelati, nell’Unione, da diritti di proprietà intellettuale – Intervento delle autorità degli Stati membri – Presupposti»

Nei procedimenti riuniti C‑446/09 e C‑495/09,

aventi ad oggetto le domande di pronuncia pregiudiziale proposte alla Corte, ai sensi degli artt. 234 CE e 267 TFUE, dal rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen (Belgio) (causa C‑446/09) e dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito) (causa C‑495/09), con decisioni, rispettivamente, 4 e 26 novembre 2009, pervenute in cancelleria il 17 novembre e il 2 dicembre 2009, nelle cause

Koninklijke Philips Electronics NV (C‑446/09)

contro

Lucheng Meijing Industrial Company Ltd,

Far East Sourcing Ltd,

Röhlig Hong Kong Ltd,

Röhlig Belgium NV,

e

Nokia Corporation (C‑495/09)

contro

Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs,

con l’intervento di:

International Trademark Association,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. A. Borg Barthet, M. Ilešič (relatore), E. Levits e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alle udienze del 18 novembre 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Koninklijke Philips Electronics NV, dagli avv.ti C. De Meyer e C. Gommers, advocaten,

–        per la Far East Sourcing Ltd, dall’avv. A. Kegels, advocaat,

–        per la Nokia Corporation, dal sig. J. Turner, QC, delegato dalla sig.ra A.Rajendra, solicitor,

–        per la International Trademark Association, dal sig. N. Saunders, barrister, delegato dal sig. M. Harris e dalla sig.ra A. Carboni, solicitors,

–        per il governo belga (causa C‑446/09), dalla sig.ra M. Jacobs e dal sig. J.‑C. Halleux, in qualità di agenti,

–        per il governo del Regno Unito, dal sig. L. Seeboruth, in qualità di agente, assistito dal sig. T. de la Mare, barrister,

–        per il governo ceco, dal sig. M. Smolek e dalla sig.ra K. Havlíčková, in qualità di agenti,

–        per il governo francese (causa C‑495/09), dalla sig.ra B. Beaupère-Manokha, in qualità di agente,

–        per il governo italiano, dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. G. Albenzio (C‑446/09) e dalla sig.ra W. Ferrante (causa C‑495/09), avvocati dello Stato,

–        per il governo polacco (causa C‑495/09), dal sig. M. Szpunar nonché dalle sig.re M. Laszuk e E. Gromnicka, in qualità di agenti,

–        per il governo portoghese (causa C‑495/09), dal sig. L. Fernandes e dalla sig.ra I. Vieira Lopes, in qualità di agenti,

–        per il governo finlandese (causa C‑495/09), dal sig. J. Heliskoski, in qualità di agente,

–        per la Commissione europea, dai sigg. W. Roels e B.‑R. Killmann (causa C‑446/09), nonché da quest’ultimo e dal sig. R. Lyal (causa C‑495/09), in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 3 febbraio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Le domande di pronuncia pregiudiziale vertono sull’interpretazione del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1994, n. 3295, che fissa misure riguardanti l’introduzione nella Comunità, l’esportazione e la riesportazione dalla Comunità di merci che violano taluni diritti di proprietà intellettuale (GU L 341, pag. 8), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 25 gennaio 1999, n. 241 (GU L 27, pag. 1), nonché del regolamento (CE) del Consiglio 22 luglio 2003, n. 1383, relativo all’intervento dell’autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale e alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali diritti (GU L 196, pag. 7).

2        Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie tra, da un lato, la Koninklijke Philips Electronics NV (in prosieguo: la «Philips») e la Lucheng Meijing Industrial Company Ltd, con sede in Wenzhou (Cina) (in prosieguo: la «Lucheng»), la Far East Sourcing Ltd, con sede in Hong Kong (Cina) (in prosieguo: la «Far East Sourcing)», nonché la Röhlig Hong Kong Ltd e la Röhlig Belgium NV (in prosieguo, congiuntamente: la «Röhlig»), in merito all’ingresso nel territorio doganale dell’Unione europea di merci che presuntamente violano modelli e diritti d’autore di cui è titolare la Philips (causa C‑446/09) e, dall’altro, tra la Nokia Corporation (in prosieguo: la «Nokia») e Her Majesty’s Commissioners of Revenue and Customs (autorità doganali del Regno Unito; in prosieguo: i «Commissioners»), in merito all’ingresso in detto territorio doganale di merci che presuntamente violano un marchio di cui è titolare la Nokia (causa C‑495/09).

 Contesto normativo

 Il codice doganale

3        Le norme di base dell’Unione in materia doganale, enunciate nel regolamento (CEE) del Consiglio 12 ottobre 1992, n. 2913, che istituisce il codice doganale comunitario (GU L 302, pag. 1), sono state abrogate e sostituite dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2008, n. 450, che istituisce il codice doganale comunitario (codice doganale aggiornato) (GU L 145, pag. 1).

4        Il regolamento n. 450/2008 è entrato in vigore il 24 giugno 2008 per quanto concerne le sue disposizioni che attribuiscono competenze ad adottare misure di applicazione, mentre l’entrata in vigore delle altre disposizioni del medesimo regolamento è stata fissata tra il 24 giugno 2009 e, al più tardi, il 24 giugno 2013. Pertanto, tenuto conto della data dei fatti delle controversie principali, queste ultime restano disciplinate dalle norme enunciate nel regolamento n. 2913/92, come modificato, per quanto concerne la causa C‑446/09, dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 16 novembre 2000, n. 2700 (GU L 311, pag. 17), e, in relazione alla causa C‑495/09, dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 13 aprile 2005, n. 648 (GU L 117, pag. 13) (in prosieguo: il «codice doganale»).

5        L’art. 4 del codice doganale così dispone:

«Ai fini del presente codice, s’intende per:

(…)

15)      destinazione doganale di una merce:

a)      il vincolo della merce ad un regime doganale; 

b)      la sua introduzione in zona franca o in deposito franco; 

c)      la sua riesportazione fuori del territorio doganale della Comunità; 

d)      la sua distruzione;

e)      il suo abbandono all’Erario;

16)      regime doganale:

a)      l’immissione in libera pratica;

b)      il transito; 

c)      il deposito doganale;

d)      il perfezionamento attivo,

e)      la trasformazione sotto controllo doganale, 

f)      l’ammissione temporanea;

g)      il perfezionamento passivo;

h)      l’esportazione;

(…)

20)      svincolo della merce: il provvedimento con il quale l’autorità doganale mette una merce a disposizione per i fini previsti dal regime doganale al quale è stata vincolata;      

(…)».

6        L’art. 37 dello stesso codice prevede quanto segue:

«1.      Le merci introdotte nel territorio doganale della Comunità sono sottoposte, fin dalla loro introduzione, a vigilanza doganale. (…).

2.      Esse restano soggette a tale vigilanza per tutto il tempo eventualmente necessario per determinare la loro posizione doganale e, nel caso di merci non comunitarie (…), finché esse non cambino posizione doganale o non siano introdotte in una zona franca o in un deposito franco oppure non vengano riesportate o distrutte (…)».

7        Il testo degli artt. 48-50 del codice doganale è il seguente:

«Articolo 48

Le merci non comunitarie presentate in dogana devono ricevere una delle destinazioni doganali ammesse per tali merci.

Articolo 49

1.      Le merci che formano oggetto di dichiarazione sommaria devono essere soggette a formalità al fine di assegnare loro una destinazione doganale entro i termini seguenti:

a)      quarantacinque giorni, dalla data della presentazione della dichiarazione sommaria, per le merci inoltrate via mare;

b)      venti giorni, dalla data della presentazione della dichiarazione sommaria, per le merci inoltrate per via diversa da quella marittima;

(…)

Articolo 50

In attesa di ricevere una destinazione doganale, le merci presentate in dogana acquisiscono la posizione, non appena avvenuta la presentazione, di merci in custodia temporanea. (…)».

8        L’art. 56, prima frase, del codice doganale prevede quanto segue:

«Qualora le circostanze lo richiedano, l’autorità doganale può far procedere alla distruzione delle merci presentate in dogana».

9        L’art. 58 di detto codice stabilisce quanto segue:

«1.      Salvo disposizioni contrarie, le merci possono ricevere, in qualsiasi momento e alle condizioni stabilite, una destinazione doganale (…).

2.      Il paragrafo 1 non osta all’applicazione di divieti o restrizioni giustificati da motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale, o di tutela della proprietà industriale e commerciale».      

10      Ai sensi dell’art. 59, n. 1, del medesimo codice, «[l]e merci destinate ad essere vincolate ad un regime doganale devono essere dichiarate per il regime doganale prescelto».

11      A norma dell’art. 75 del codice doganale:

«Vengono prese tutte le misure necessarie, comprese la confisca e la vendita, per regolarizzare la situazione delle merci:

a)      che non hanno potuto essere svincolate:

(…)

–        perché non sono stati esibiti i documenti alla cui presentazione è subordinato il loro vincolo al regime doganale dichiarato, oppure

(…)

–        perché sono soggette a misure di divieto o di restrizione;

(…)».

12      L’art. 84, n. 1, lett. a), dello stesso codice, così dispone:

«Ai fini degli articoli da 85 a 90:

a)      quando viene utilizzata la formulazione “regime sospensivo” si intende che essa si applica, nel caso di merci non comunitarie, ai seguenti regimi:

–      transito esterno,

–      deposito doganale;

–      perfezionamento attivo, (…)

–      trasformazione sotto controllo doganale,

e

–      ammissione temporanea ».

13      L’art. 91, n. 1, di detto codice così recita:

«Il regime di transito esterno consente la circolazione da una località all’altra del territorio doganale della Comunità:

a)      di merci non comunitarie, senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e ad altre imposte, né alle misure di politica commerciale;

(…)».

14      L’art. 92 dello stesso codice prevede quanto segue:

«1.      Il regime del transito esterno ha fine e le obbligazioni del titolare del regime sono soddisfatte quando le merci vincolate a tale regime e i documenti richiesti sono presentati in dogana all’ufficio doganale di destinazione in base alle disposizioni del regime in questione.      

2.      Le autorità doganali appurano il regime di transito esterno quando sono in grado di determinare, in base al confronto dei dati disponibili all’ufficio di partenza e di quelli disponibili all’ufficio di destinazione, che esso si è concluso in modo corretto».

15      L’art. 98, n. 1, del codice doganale così dispone:

«Il regime del deposito doganale consente l’immagazzinamento in un deposito doganale di:

a)      merci non comunitarie, senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e alle misure di politica commerciale;

(…)».

 I regolamenti nn. 3295/94 e 1383/2003

16      Il regolamento n. 3295/94 è stato abrogato, con effetto a partire dal 1° luglio 2004, dal regolamento n. 1383/2003. Tenuto conto della data dei fatti, la controversia principale nella causa C‑446/09 resta disciplinata dal regolamento n. 3295/94, come modificato dal regolamento n. 241/1999. La controversia principale nella causa C‑495/09 è disciplinata, invece, dal regolamento n. 1383/2003.

17      Il secondo ‘considerando’ del regolamento n. 3295/94 così recitava:

«considerando che la commercializzazione di merci contraffatte, come pure la commercializzazione di merci usurpative, reca notevole pregiudizio ai fabbricanti e commercianti che rispettano le leggi, nonché ai titolari di diritti d’autore o diritti connessi e inganna i consumatori; che occorre impedire, per quanto possibile, l’immissione sul mercato della Comunità di tali merci e adottare a tal fine misure volte a contrastare efficacemente tale attività illegale, pur senza ostacolare la libertà del commercio legittimo; (…)».

18      Il secondo e il terzo ‘considerando’ del regolamento n. 1383/2003 sono formulati nel modo seguente:

«(2)      La commercializzazione di merci (…) che violano i diritti di proprietà intellettuale [reca] notevole pregiudizio (…) ai titolari di diritti e inganna i consumatori, facendo talvolta correre a questi ultimi rischi per la salute e la sicurezza. Tali merci andrebbero, per quanto possibile, tenute lontano dal mercato e occorrerebbe adottare misure (…), pur senza ostacolare la libertà del commercio legittimo. (…)

(3)      Nei casi in cui le merci contraffatte o usurpative e, in genere, le merci che violano un diritto di proprietà intellettuale sono originarie o provengono dai paesi terzi, occorrerebbe vietarne l’introduzione, compreso il trasbordo, nel territorio doganale della Comunità, l’immissione in libera pratica nella Comunità, il vincolo ad un regime sospensivo, il collocamento in zona franca o in deposito franco e istituire una procedura adeguata che consenta l’intervento delle autorità doganali per assicurare, il più efficacemente possibile, il rispetto di tale divieto».

19      L’art. 1 del regolamento n. 1383/2003 stabilisce quanto segue:

«1.      Il presente regolamento stabilisce le condizioni d’intervento dell’autorità doganale qualora le merci sospettate di violare un diritto di proprietà intellettuale: 

a)      siano dichiarate per l’immissione in libera pratica, l’esportazione o la riesportazione (…); 

b)      siano scoperte, in occasione di un controllo effettuato su merci introdotte nel territorio doganale della Comunità o in uscita da questo a norma degli artt. 37 e 183 del [codice doganale], vincolate ad un regime sospensivo ai sensi dell’art. 84, n. 1, lett. a), di detto [codice], in procinto di essere riesportate previa notifica (…) o poste in zona franca o deposito franco (…). 

2.      Il presente regolamento stabilisce inoltre le misure che le autorità competenti devono adottare quando è stato accertato che le merci di cui al paragrafo 1 violano effettivamente un diritto di proprietà intellettuale».      

20      L’art. 1, n. 1, del regolamento n. 3295/94, nella sua versione risultante dal regolamento n. 241/1999 (in prosieguo: il «regolamento n. 3295/94»), che è applicabile alla controversia principale nella causa C‑446/09, era formulato in termini analoghi a quelli dell’art. 1, n. 1, del regolamento n. 1383/2003.

21      Ai sensi dell’art. 2, n. 1, del regolamento n. 1383/2003, per “merci che violano un diritto di proprietà intellettuale”, si intendono:

«a)      le “merci contraffatte”, vale a dire: 

i)      le merci (…) su cui sia stato apposto senza autorizzazione un marchio (…) identico a quello (…) validamente registrato per gli stessi tipi di merci, o che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio (…) e che pertanto violi i diritti del titolare del marchio in questione ai sensi della normativa comunitaria, quali previsti dal regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario [(GU 1994, L 11, pag. 1)] o ai sensi della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali; 

(…)

b)      le “merci usurpative”, vale a dire le merci che costituiscono o che contengono copie fabbricate senza il consenso del titolare del diritto d’autore o dei diritti connessi o del titolare dei diritti relativi al disegno o modello (…), quando la produzione di tali copie costituisce una violazione del diritto in questione ai sensi del regolamento (CE) n. 6/2002 del Consiglio, del 12 dicembre 2001, sui disegni e modelli comunitari [(GU 2002, L 3, pag. 1)] o ai sensi della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali;

c)      le merci che, nello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali, ledono i diritti relativi:

i)      ad un brevetto a norma della legislazione di tale Stato membro;

ii)      ad un certificato protettivo complementare (…)

iii)      alla privativa nazionale per ritrovati vegetali (…)

iv)      alle denominazioni d’origine o alle indicazioni geografiche (…)

v)      alle denominazioni geografiche (...)».

22      L’art. 1, n. 2, del regolamento n. 3295/94 era redatto in termini analoghi a quelli dell’art. 2, n. 1, del regolamento n. 1383/2003.

23      L’art. 5, n. 1, del regolamento n. 1383/2003 dispone come segue:

«In ogni Stato membro il titolare del diritto può presentare al servizio doganale competente una domanda scritta per ottenere l’intervento delle autorità doganali quando le merci si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1 (domanda d’intervento)».

24      Ai sensi dell’art. 4, n. 1, del medesimo regolamento:

«Quando, durante un intervento effettuato in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, e prima che sia stata depositata o accolta una domanda del titolare del diritto, esistono motivi sufficienti per sospettare che le merci violino un diritto di proprietà intellettuale, le autorità doganali possono sospendere lo svincolo o procedere al blocco delle merci (…) al fine di consentire al titolare del diritto di depositare una domanda di intervento a norma dell’articolo 5».

25      Gli artt. 3, n. 1, e 4 del regolamento n. 3295/94 avevano un contenuto analogo a quello, rispettivamente, degli artt. 5, n. 1, e 4, n. 1, del regolamento n. 1383/2003.

26      Gli artt. 9 e 10 del regolamento n. 1383/2003, contenuti nel capitolo III di quest’ultimo, intitolato “Modalità d’intervento delle autorità doganali e dell’autorità competente a deliberare nel merito”, stabiliscono quanto segue:

«Articolo 9

1.      Quando un ufficio doganale cui è stata trasmessa (…) la decisione che accoglie la richiesta del titolare del diritto accerta, eventualmente previa consultazione del richiedente, che le merci che si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, sono sospettate di violare un diritto di proprietà intellettuale, cui si riferisce tale decisione, esso sospende lo svincolo o procede al blocco delle merci.

(…)

3.      Per determinare se vi sia stata violazione di un diritto di proprietà intellettuale (…) l’ufficio doganale o il servizio doganale che ha esaminato la domanda informa il titolare del diritto, su richiesta di questi e laddove i dati siano noti, del nome e dell’indirizzo del destinatario, dello speditore, del dichiarante o del detentore delle merci (…).      

(…).

Articolo 10

Le disposizioni vigenti nello Stato membro nel cui territorio le merci si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, si applicano per determinare se vi sia stata violazione di un diritto di proprietà intellettuale secondo la normativa nazionale.

(…)».

27      Analogamente, l’art. 6 del regolamento n. 3295/94 così recitava:

«1.      Quando un ufficio doganale cui è stata trasmessa (…) la decisione che accoglie la richiesta del titolare del diritto, accerti, eventualmente previa consultazione del richiedente, che talune merci che si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a) corrispondono alla descrizione delle merci di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a)[,] contenuta nella decisione stessa, sospende lo svincolo o precede al blocco delle merci.

(…) l’ufficio doganale o il servizio che ha esaminato la domanda informa il titolare del diritto, a richiesta di quest’ultimo, del nome e dell’indirizzo del dichiarante e, laddove conosciuto, del destinatario per consentire al titolare del diritto di adire l’autorità competente a deliberare sul merito. (…)

(...)

2.      Le disposizioni vigenti nello Stato membro sul cui territorio le merci si trovano in una delle situazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a) sono applicabili: 

a)      al fine di adire l’autorità competente a deliberare nel merito e di informare immediatamente il servizio o l’ufficio doganale di cui al paragrafo 1 (…)

b)      per l’adozione della decisione da parte dell’autorità. In mancanza di una normativa comunitaria in materia, i criteri da seguire per adottare tale decisione sono identici a quelli applicati per determinare se le merci prodotte nello Stato membro interessato violano i diritti del titolare. (…)».

28      L’art. 16 del regolamento n. 1383/2003 dispone quanto segue:

«Sono vietati:

–      l’ingresso nel territorio doganale della Comunità,

–      l’immissione in libera pratica,

–      il trasferimento dal territorio doganale della Comunità,

–      l’esportazione,

–      la riesportazione,

–      il vincolo ad un regime sospensivo, o

–        il collocamento in zona franca o in deposito franco

di merci che al termine della procedura di cui all’articolo 9 sono riconosciute come merci che violano un diritto di proprietà intellettuale».

29      Analogamente, l’art. 2 del regolamento n. 3295/94 stabiliva come segue:

«Sono vietati l’introduzione nella Comunità, l’immissione in libera pratica, l’esportazione, la riesportazione, il vincolo al regime sospensivo e l’introduzione in zona franca o in deposito franco di merci riconosciute come merci di cui all’articolo 1, paragrafo 2, lettera a) in base alla procedura prevista dall’articolo 6».

30      L’art. 18 del regolamento n. 1383/2003 dispone che «[c]iascuno Stato membro adotta sanzioni da applicare in caso di violazione del presente regolamento. Queste sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive». L’art. 11 del regolamento n. 3295/94 era formulato in termini simili.

 La normativa internazionale

31      L’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, (in prosieguo: l’«accordo ADPIC») che costituisce l’allegato 1 C all’Accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), firmato a Marrakech il 15 aprile 1994 e approvato con decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU L 336, pag. 1), all’art. 69, così prevede:

«I membri convengono di cooperare tra loro per eliminare il commercio internazionale delle merci costituenti violazione di diritti di proprietà intellettuale. A tal fine, essi istituiscono e notificano punti di contatto nelle loro amministrazioni e sono disposti a scambiarsi informazioni sul commercio di tali merci. In particolare, promuovono lo scambio di informazioni e la cooperazione tra le autorità doganali riguardo allo scambio di merci contraffatte e usurpative».

 Cause principali e questioni pregiudiziali

 La causa C‑446/09

32      Il 7 novembre 2002, nel porto di Anversa (Belgio), le autorità doganali belghe hanno ispezionato un carico di rasoi elettrici provenienti dalla Cina e somiglianti a modelli di rasoi sviluppati dalla Philips. Dato che tali modelli erano tutelati in forza di registrazioni che conferivano alla Philips un diritto esclusivo in vari Stati, compreso il Regno del Belgio, dette autorità hanno sospettato che i prodotti ispezionati costituissero merci usurpative. Esse, pertanto, hanno sospeso lo svincolo ai sensi dell’art. 4 del regolamento n. 3295/94.

33      Il 12 novembre 2002 la Philips, conformemente all’art. 3 del medesimo regolamento, ha depositato una domanda d’intervento.

34      A seguito di tale domanda, accolta il 13 novembre 2002, le autorità doganali belghe hanno trasmesso talune informazioni alla Philips, quali una fotografia dei detti rasoi e l’identità delle imprese coinvolte nella produzione e nella commercializzazione di questi ultimi, vale a dire la Lucheng, che è il produttore, la Far East Sourcing, il trasportatore, nonché la Röhlig, lo speditore.

35      Il 9 dicembre 2002 dette autorità hanno proceduto al blocco delle merci ai sensi dell’art. 6, n. 1, del regolamento n. 3295/94.

36      L’11 dicembre 2002 la Philips ha avviato un procedimento dinanzi al rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen (Tribunale di primo grado di Anversa) nei confronti delle imprese Lucheng, Far East Sourcing e Röhlig, diretto, in particolare, a far dichiarare che tali imprese avevano violato il diritto esclusivo conferito dai modelli di rasoi della Philips nonché taluni diritti d’autore di quest’ultima. Tra le altre domande, la Philips chiede, da un lato, la condanna di dette società al risarcimento dei danni e, dall’altro, la distruzione delle merci bloccate.

37      Il rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen ha stabilito che tali merci erano state oggetto inizialmente di una dichiarazione sommaria d’ingresso che conferiva loro la posizione doganale di merci in custodia temporanea e, il 29 gennaio 2003, di una dichiarazione doganale della Röhlig con la quale quest’ultima, in mancanza di certezze sulla destinazione di dette merci, ha chiesto di assegnare alle stesse il regime di deposito doganale.

38      Dinanzi a tale giudice, la Philips sostiene che, al fine di accertare l’esistenza della violazione dei diritti di proprietà intellettuale invocati, occorre basarsi su una finzione secondo cui si ritiene che le merci come quelle di cui trattasi, dato che si trovano in regime di deposito doganale nel territorio del Regno del Belgio e sono ivi bloccate dalle autorità doganali belghe, siano state prodotte in questo Stato membro. A sostegno di tale affermazione, la Philips richiama l’art. 6, n. 2, lett. b) del regolamento n. 3295/94.

39      Per contro, la Far East Sourcing, unica convenuta che si è costituita dinanzi al rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen, sostiene innanzi a quest’ultimo che le merci non possono essere bloccate e poi qualificate come merci che violano un diritto di proprietà intellettuale in mancanza di prove di una loro futura immissione in commercio nell’Unione.

40      Alla luce di tali circostanze, il rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 6, n. 2, lett. b), del [regolamento n. 3295/94] costituisca una norma di diritto comunitario uniforme che imponga all’organo giurisdizionale di uno Stato membro che (…) viene adito dal titolare del diritto e se tale disposizione comporti che detto organo, nella sua valutazione, non possa tenere conto della posizione doganale di custodia temporanea/transito, ma debba applicare la finzione che le merci siano state prodotte in detto Stato membro, e quindi, applicando il diritto di quello Stato membro, debba stabilire se le merci in questione violino il diritto [di proprietà intellettuale] di cui trattasi».

 La causa C‑495/09

41      Nel mese di luglio 2008, all’aeroporto di Londra Heathrow (Regno Unito), i Commissioners hanno ispezionato un carico di telefoni cellulari nonché dei relativi accessori in provenienza da Hong Kong (Cina) e diretti in Colombia. Su queste merci era apposto un segno identico ad un marchio comunitario di cui la Nokia è titolare.

42      I Commissioners, avendo il sospetto di trovarsi in presenza di prodotti di imitazione, hanno inviato campioni alla Nokia il 30 luglio 2008. In seguito alla verifica di questi ultimi, la Nokia ha informato i Commissioners che si trattava effettivamente di un’imitazione e ha chiesto loro se fossero stati disposti a sequestrare detto carico in applicazione del regolamento n. 1383/2003.

43      Il 6 agosto 2008 i Commissioners hanno risposto alla Nokia che, poiché il carico era diretto in Colombia e non esistevano prove che sarebbe stato dirottato sul mercato dell’Unione, non si poteva concludere di essere in presenza di «merci contraffatte» ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. a), i), del regolamento n. 1383/2003. A loro parere, il carico non poteva quindi essere bloccato.

44      Il 20 agosto 2008 la Nokia ha proposto una domanda ai sensi dell’art. 9, n. 3, del regolamento n. 1383/2003, diretta ad ottenere la comunicazione dei nomi e degli indirizzi dello speditore e del destinatario nonché di tutti i documenti relativi alle merci di cui trattasi. I Commissioners hanno fornito le informazioni in loro possesso, ma la Nokia, dopo averle esaminate, non è stata in grado di individuare lo speditore né il destinatario di dette merci e ha ritenuto che questi ultimi avessero adottato accorgimenti per dissimulare la loro identità.

45      Il 24 settembre 2008 la Nokia ha inviato una lettera di diffida ai Commissioners, informandoli della sua intenzione di proporre ricorso avverso la decisione di non sequestrare detto carico. Il 10 ottobre 2008 questi ultimi hanno risposto che, secondo la loro prassi instaurata a seguito della sentenza della Corte 9 novembre 2006, causa C‑281/05, Montex Holdings (Racc. pag. I‑10881), le merci sospettate di violare un diritto di proprietà intellettuale non devono essere sequestrate in casi come quello della fattispecie, qualora non sia dimostrato che esse saranno probabilmente dirottate sul mercato dell’Unione.

46      Il 31 ottobre 2008 la Nokia ha proposto ricorso contro i Commissioners dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Chancery Division, ricorso che è stato respinto da quest’ultima con sentenza 29 luglio 2009. La Nokia ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

47      Quest’ultimo rileva, da un lato, che detti telefoni costituiscono imitazioni di prodotti del marchio di cui la Nokia è titolare e, dall’altro, che non esiste alcun indizio atto a far supporre che tali merci saranno immesse in commercio nell’Unione. Tenuto conto del ricorso proposto, in circostanze simili, dalla Philips dinanzi al rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen nonché delle divergenti interpretazioni nella giurisprudenza degli Stati membri, la Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se merci non comunitarie recanti un marchio comunitario, soggette alla vigilanza doganale in uno Stato membro e in transito da uno Stato terzo ad un altro Stato terzo, siano atte a costituire “merci contraffatte” ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1383/2003, qualora non esistano elementi idonei a provare che tali merci saranno immesse in commercio nella Comunità europea, vuoi mediante una procedura doganale, vuoi per mezzo di una diversione illegittima».

48      Con ordinanza del presidente della Prima Sezione della Corte 11 gennaio 2011, le cause C‑446/09 e C‑495/09 sono state riunite ai fini delle conclusioni e della sentenza.

 Sulle questioni pregiudiziali

49      Con le loro questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, i giudici del rinvio chiedono, in sostanza, se le merci provenienti da uno Stato terzo e che costituiscono imitazione di un prodotto tutelato nell’Unione da un diritto di marchio o una copia di un prodotto ivi protetto da un diritto d’autore, da un diritto connesso, da un modello o disegno possano essere qualificate come «merci contraffatte» o «merci usurpative» ai sensi del regolamento n. 1383/2003, e, prima dell’entrata in vigore di quest’ultimo, a norma del regolamento n. 3295/94, solo per il fatto di essere introdotte nel territorio doganale dell’Unione, senza esservi immesse in libera pratica.

50      In base alla definizione dei termini «merci contraffatte» e «merci usurpative» di cui agli artt. 1, n. 2, del regolamento n. 3295/94, e 2, n. 1, del regolamento n. 1383/2003, queste nozioni riguardano violazioni di un marchio, di un diritto d’autore o di un diritto connesso oppure di un modello o disegno che si applichi in forza della normativa dell’Unione o del diritto interno dello Stato membro in cui è proposta la domanda di intervento delle autorità doganali. Di conseguenza, sono contemplate unicamente violazioni di diritti di proprietà intellettuale quali conferiti dal diritto dell’Unione e dal diritto nazionale degli Stati membri.

51      Nelle cause principali è pacifico che i rasoi sequestrati nel porto di Anversa potrebbero, eventualmente, essere qualificati come «merci usurpative» in base al regolamento n. 3295/94 se fossero immessi in commercio in Belgio o in uno degli altri Stati membri in cui la Philips gode di diritti d’autore e fruisce della protezione per i modelli da essa fatti valere ed è altresì pacifico che i telefoni cellulari ispezionati nell’aeroporto di Londra Heathrow violerebbero il marchio comunitario fatto valere dalla Nokia e costituirebbero pertanto «merci contraffatte» a norma del regolamento n. 1383/2003 se fossero commercializzati nell’Unione. Per contro, le parti principali nonché gli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte e la Commissione europea controvertono sulla questione se dette merci possano violare tali diritti di proprietà intellettuale per il solo fatto di essere state oggetto, nel territorio doganale dell’Unione, di una dichiarazione che richiede uno dei regimi sospensivi menzionati nell’art. 84 del codice doganale, vale a dire, nella causa C‑446/09, il deposito doganale e, nella causa C‑495/09, il transito esterno.

52      Invocando, in particolare, il rischio che merci dichiarate sotto regime sospensivo siano dirottate verso i consumatori dell’Unione nonché i rischi per la salute e la sicurezza che presentano spesso i prodotti di imitazione e di copia, la Philips, la Nokia, i governi belga, francese, italiano, polacco, portoghese e finlandese, nonché la International Trademark Association sostengono che i prodotti di imitazione e di copia scoperti in fase di deposito o di transito in uno Stato membro devono essere sequestrati e, se del caso, eliminati dal commercio senza la necessità di disporre di elementi atti a suggerire o a dimostrare che tali merci sono o saranno immesse in commercio nell’Unione. Data la difficoltà, di norma, di raccogliere siffatti elementi di prova, l’esigenza di fornirli priverebbe i regolamenti nn. 3295/94 e 1383/2003 del loro effetto utile.

53      Per un’efficace applicazione dei regolamenti nn. 3295/94 e 1383/2003, la Philips e il governo belga propongono di riconoscere l’esistenza di una finzione secondo cui le merci dichiarate in deposito o in transito e che formano oggetto di una domanda d’intervento ai sensi di tali regolamenti sono considerate prodotte nello Stato membro ove detta domanda è presentata, sebbene sia pacifico che la produzione è avvenuta in uno Stato terzo (finzione di produzione).

54      La Far East Sourcing, i governi del Regno Unito e ceco nonché la Commissione, pur riconoscendo i problemi legati al traffico internazionale di imitazioni e di copie, ritengono che delle merci non possano essere qualificate come «merci contraffatte» né come «merci usurpative» a norma dei detti regolamenti, qualora non esista alcun elemento che faccia supporre che i prodotti di cui trattasi saranno immessi in commercio nell’Unione. L’interpretazione contraria estenderebbe indebitamente la portata territoriale dei diritti di proprietà intellettuale conferiti dal diritto dell’Unione nonché dal diritto nazionale degli Stati membri, con la conseguenza che, in numerosi casi, sarebbero ostacolate operazioni legittime di commercio internazionale di prodotti che transitano nell’Unione.

 Sul blocco provvisorio di merci vincolate ad un regime doganale sospensivo

55      I regimi di transito e di deposito doganale si caratterizzano rispettivamente, come risulta dagli artt. 91, 92 e 98 del codice doganale, dalla circolazione di merci tra uffici doganali e dall’immagazzinamento di merci in un deposito soggetto a controllo doganale. È ovvio che tali operazioni non possono, in quanto tali, essere considerate un’immissione in commercio di merci nell’Unione (v., per quanto riguarda le operazioni di transito intracomunitario, sentenze 23 ottobre 2003, causa C‑115/02, Rioglass e Transremar, Racc. pag. I‑12705, punto 27, nonché Montex Holdings, cit., punto 19).

56      La Corte ha ripetutamente dedotto da tale circostanza che le merci ad un regime doganale sospensivo non possono violare, per il solo fatto dell’assoggettamento, diritti di proprietà intellettuale applicabili nell’Unione (v., segnatamente, per quanto concerne i diritti relativi a disegni e a modelli, sentenza 26 settembre 2000, causa C‑23/99, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑7653, punti 42 e 43, nonché, riguardo a diritti conferiti da marchi, sentenze Rioglass e Transremar, cit., punto 27; 18 ottobre 2005, causa C‑405/03, Class International, Racc. pag. I‑8735, punto 47, nonché Montex Holdings, cit., punto 21).

57      Per contro, detti diritti possono essere violati quando, durante il loro assoggettamento ad un regime sospensivo nel territorio doganale dell’Unione, se non addirittura prima del loro ingresso in tale territorio, le merci provenienti da Stati terzi formano oggetto di un atto commerciale diretto verso i consumatori dell’Unione, come una vendita, una messa in vendita o una pubblicità (v. sentenze Class International, cit., punto 61, nonché 12 luglio 2011, causa C‑324/09, L’Oréal e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 67).

58      In considerazione del rischio, già constatato dalla Corte (sentenza 6 aprile 2000, causa C‑383/98, Polo/Lauren, Racc. pag. I‑2519, punto 34), che siano dirottate fraudolentemente verso i consumatori dell’Unione merci depositate nel territorio doganale della stessa o transitanti in tale territorio, occorre rilevare che, oltre all’esistenza di un atto commerciale già diretto verso detti consumatori, anche altre circostanze possono condurre ad un blocco provvisorio da parte delle autorità doganali degli Stati membri di merci che costituiscono imitazioni e copie dichiarate in regime sospensivo.

59      Come sottolineato dai governi francese, italiano e polacco, il vincolo di merci provenienti da Stati terzi ad un regime sospensivo è richiesto frequentemente in circostanze in cui la destinazione delle merci è sconosciuta o dichiarata in modo poco attendibile. Inoltre, tenuto conto del carattere dissimulato delle attività dei trafficanti di merci di imitazione e di copia, il blocco da parte delle autorità doganali di merci che esse hanno identificato come imitazioni o copie, salvo ridurre l’effetto utile dei regolamenti nn. 3295/94 e 1383/2003, non può essere subordinato alla prova che dette merci hanno già formato oggetto di una vendita a consumatori dell’Unione o di una messa in vendita o di una pubblicità diretta verso questi ultimi.

60      Al contrario, l’autorità doganale che ha constatato la presenza in regime di deposito o di transito di merci che imitano o copiano un prodotto tutelato nell’Unione da un diritto di proprietà intellettuale può validamente intervenire quando dispone di elementi in base ai quali uno o più operatori coinvolti nella produzione, nella spedizione o nella distribuzione di merci, pur non avendo ancora cominciato a dirigere tali merci verso i consumatori dell’Unione, è sul punto di farlo o dissimula le sue intenzioni commerciali.

61      Riguardo agli elementi di cui detta autorità deve disporre al fine di effettuare una sospensione dello svincolo o un blocco di merci ai sensi degli artt. 6, n. 1, del regolamento n. 3295/94, e 9, n. 1, del regolamento n. 1383/2003, è sufficiente, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 96 e 97 nonché 110 e 111 delle sue conclusioni, che esistano elementi atti a far nascere un sospetto. Possono, in particolare, costituire elementi di tal genere il fatto che la destinazione delle merci non sia dichiarata, mentre il regime sospensivo richiesto esige una siffatta dichiarazione, l’assenza di informazioni precise o affidabili circa l’identità o l’indirizzo del produttore o dello speditore delle merci, una mancanza di cooperazione con le autorità doganali o la scoperta di documenti o di una corrispondenza concernenti le merci di cui trattasi atti a suggerire che queste ultime possano essere dirottate verso i consumatori dell’Unione.

62      Come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 106 delle sue conclusioni, un sospetto simile deve, in ogni caso, emergere dalle circostanze della fattispecie. Infatti, se detto sospetto e il relativo intervento potessero basarsi sulla mera considerazione astratta che non può teoricamente escludersi che la merce sarà dirottata fraudolentemente verso i consumatori dell’Unione, qualunque merce che si trovi in regime di transito esterno o di deposito doganale potrebbe essere sequestrata senza il minimo indizio concreto di irregolarità. Una situazione del genere rischierebbe di rendere aleatori ed eccessivi gli interventi delle autorità doganali degli Stati membri.

63      Al riguardo, si deve considerare che le merci di imitazione e di copia provenienti da uno Stato terzo e trasportate verso un altro Stato terzo possono essere conformi alle norme in materia di proprietà intellettuale in vigore in ciascuno di questi due Stati. Alla luce dell’obiettivo principale della politica commerciale comune, enunciato agli artt. 131 CE nonché 206 TFUE e consistente nello sviluppo del commercio mondiale mediante la soppressione progressiva delle restrizioni agli scambi internazionali, è fondamentale che tali merci possano transitare, attraverso l’Unione, da uno Stato terzo verso un altro senza che tale operazione sia ostacolata, neppure da un blocco provvisorio, dalle autorità doganali degli Stati membri. Orbene, sussisterebbe proprio un siffatto ostacolo se i regolamenti nn. 3295/94 e 1383/2003 fossero interpretati nel senso che è lecito bloccare merci in transito senza che esista il minimo indizio atto a far supporre che esse possano essere fraudolentemente dirottate verso i consumatori dell’Unione.

64      Tale considerazione, inoltre, è suffragata dal secondo ‘considerando’ di detti regolamenti, il quale stabilisce che l’obiettivo del legislatore dell’Unione si limita a evitare «l’immissione sul mercato» di merci che violano i diritti di proprietà intellettuale e ad adottare a tal fine misure efficaci «pur senza ostacolare la libertà del commercio legittimo».

65      Per quanto riguarda, infine, le merci per le quali non esiste alcun elemento ai sensi del punto 61 della presente sentenza, ma sulle quali gravano sospetti di violazione di un diritto di proprietà intellettuale nello Stato terzo di destinazione presunto, va rilevato che è lecito per le autorità doganali degli Stati membri nei quali tali merci circolano in transito esterno cooperare, ai sensi dell’art. 69 dell’accordo ADPIC, con le autorità doganali di detto Stato terzo al fine di eliminare, se del caso, le merci dal commercio internazionale.

66      È alla luce delle indicazioni che precedono che spetterà alla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division), per valutare se il rifiuto opposto dai Commissioners alla Nokia sia conforme all’art. 9, n. 1, del regolamento n. 1383/2003, esaminare se questi ultimi disponessero di indizi atti a far nascere un sospetto ai sensi di tale disposizione, obbligandoli di conseguenza a procedere, a norma di detto regolamento, ad una sospensione dello svincolo o ad un blocco di merci al fine di immobilizzarle in attesa della decisione dell’autorità competente a statuire in merito. Se dovessero risultare esatti gli elementi di fatto invocati dalla Nokia e menzionati nella decisione di rinvio, relativi, in particolare, all’impossibilità di identificare lo speditore delle merci di cui trattasi, essi sarebbero, al riguardo, pertinenti.

 Sulla decisione nel merito successiva al blocco provvisorio di merci vincolate ad un regime doganale sospensivo

67      A differenza della Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division), chiamata a dirimere la controversia tra la Nokia e i Commissioners in merito al loro rifiuto di bloccare le merci, il rechtbank van eerste aanleg te Antwerpen, nella causa proposta dalla Philips, dovrà determinare, conformemente all’art. 6, n. 2, lett. b), del regolamento n. 3295/94, divenuto l’art. 10, primo comma, del regolamento n. 1383/2003, se le merci già sequestrate dalle autorità doganali a norma del n. 1 di detto art. 6 violino effettivamente i diritti di proprietà intellettuale invocati.

68      Orbene, contrariamente alla decisione dell’autorità doganale di bloccare provvisoriamente le merci tramite il sequestro di cui agli artt. 6, n. 1, del regolamento n. 3295/94, e 9, n. 1, del regolamento n. 1383/2003, la decisione nel merito ai sensi degli artt. 6, n. 2, lett. b), del regolamento n. 3295/94, e 10, primo comma, del regolamento n. 1383/2003 non può essere adottata sulla base di un sospetto, ma deve fondarsi su un esame della questione se esista una prova di violazione del diritto invocato.

69      Al riguardo occorre considerare che, nel caso in cui l’autorità giurisdizionale o un’altra autorità, competente a statuire nel merito, accerti una violazione del diritto di proprietà intellettuale invocato, la distruzione o l’abbandono delle merci in oggetto costituiscono le uniche destinazioni doganali che queste ultime possono ricevere. Ciò emerge dagli artt. 2 del regolamento n. 3295/94 e 16 del regolamento n. 1383/2003, letti in combinato disposto con l’art. 4 del codice doganale, con gli artt. 11 e 18, rispettivamente, dei detti regolamenti che precisano inoltre che per le infrazioni constatate sulla base di tali regolamenti devono essere previste sanzioni effettive e dissuasive. È evidente che gli operatori interessati non possono subire un siffatto spossessamento e simili sanzioni sul solo fondamento di un rischio di frode o sulla base di una finzione quale quella proposta dalla Philips e dal governo belga.

70      Di conseguenza, come sostengono giustamente i governi del Regno Unito e ceco nonché la Commissione, l’autorità competente a statuire nel merito non può qualificare come «merci contraffatte» e «merci usurpative» o, più in generale, come «merci che violano i diritti di proprietà intellettuale» le merci riguardo alle quali un’autorità doganale nutre un sospetto di violazione di un diritto di proprietà intellettuale applicabile nell’Unione, ma per le quali non è dimostrato, successivamente all’esame nel merito, che esse sono destinate ad essere immesse in commercio nell’Unione.

71      Per quanto concerne gli elementi di prova di cui deve disporre l’autorità competente a statuire nel merito per constatare che le merci di imitazione o di copia introdotte nel territorio doganale dell’Unione senza esservi immesse in libera pratica possono violare un diritto di proprietà intellettuale applicabile nell’Unione, va rilevato che siffatti elementi possono essere costituiti, in particolare, dall’esistenza di una vendita di merci ad un cliente dell’Unione, di una offerta di vendita o di una pubblicità rivolta a consumatori dell’Unione, oppure dall’esistenza di documenti o di una corrispondenza relativi alle merci di cui trattasi che dimostrano che è previsto che le medesime saranno dirottate verso i consumatori dell’Unione.

72      L’interpretazione fornita nel punto precedente in merito all’onere della prova dinanzi all’autorità competente a statuire nel merito non è inficiata dalle osservazioni, presentate alla Corte da talune parti del procedimento e da alcuni governi, secondo le quali ciascuna omessa distruzione, risultante da detto requisito relativo all’onere della prova, di merci di imitazione e di copia rinvenute nel territorio doganale dell’Unione mina l’effetto utile dei regolamenti nn. 3295/94 e 1383/2003 e disattende inoltre il fatto che, in numerosi settori commerciali, compresi quelli relativi agli apparecchi elettrici, merci del genere presentano rischi per la salute e la sicurezza dei consumatori.

73      Per quanto concerne, da un lato, l’effetto utile di detti regolamenti, si deve considerare che l’efficacia della lotta alle operazioni illecite non è diminuita dalla circostanza che l’autorità doganale che ha bloccato le merci è obbligata a porre fine a tale intervento ogni volta che l’autorità competente a statuire nel merito accerta che non è debitamente dimostrato che le merci sono destinate ad essere immesse in commercio nell’Unione.

74      Al riguardo, va rilevato che la cessazione di un blocco di merci effettuato in forza dei regolamenti nn. 3295/94 e 1383/2003 non comporta affatto che dette merci sfuggano successivamente alla sorveglianza doganale. Infatti, dall’art. 37 del codice doganale e dalle disposizioni di attuazione di quest’ultimo risulta che ogni fase di un regime sospensivo, come quello attinente al transito esterno, deve essere attentamente seguita e registrata dalle autorità doganali degli Stati membri e che qualunque scostamento significativo dai dati indicati nella dichiarazione doganale può comportare un intervento di dette autorità sulle merci.

75      La lotta ad operazioni illecite non è nemmeno ostacolata dall’impossibilità, già constatata dalla Corte, per il titolare del diritto di proprietà intellettuale di adire l’autorità competente a statuire nel merito quando gli operatori responsabili della presenza delle merci di cui trattasi nel territorio doganale dell’Unione hanno dissimulato la loro identità (sentenza 14 ottobre 1999, causa C‑223/98, Adidas, Racc. pag. I‑7081, punto 27). A tal proposito, si deve ricordare che il diritto doganale dell’Unione sancisce il principio secondo il quale tutte le merci destinate ad essere vincolate ad un regime doganale devono essere oggetto di una dichiarazione (sentenza 15 settembre 2011, causa C‑138/10, DP grup, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 33). Come risulta dall’art. 59 del codice doganale e dalle disposizioni di attuazione di quest’ultimo, una dichiarazione non identificabile perché inficiata da una dissimulazione del nome o dell’indirizzo del dichiarante o di altri operatori interessati, comporterà che lo svincolo delle merci ai fini previsti dal regime doganale richiesto non può essere validamente concesso. Peraltro, se persiste la mancanza di informazioni affidabili sull’identità o sull’indirizzo degli operatori responsabili, le merci, in forza dell’art. 75 del medesimo codice, possono essere confiscate.

76      Per quanto concerne, d’altro lato, i rischi per la salute e la sicurezza dei consumatori che i prodotti di imitazione e di copia possono talvolta presentare, dagli atti nonché dal secondo ‘considerando’ del regolamento n. 1383/2003 emerge che tali rischi sono ampiamente documentati e che la loro esistenza è riconosciuta dal legislatore dell’Unione. Peraltro, come rilevato, in particolare, dalla Nokia e dal governo portoghese, esigenze di precauzione possono deporre a favore di un sequestro immediato di merci nelle quali si rileva la presenza di siffatti rischi, e ciò indipendentemente dal regime doganale nel quale si trovano le medesime. Infatti, in un contesto simile è irrilevante la questione se gli operatori responsabili della produzione e della distribuzione di tali merci dirigano queste ultime verso consumatori dell’Unione o di Stati terzi.

77      Tuttavia, si deve necessariamente constatare che i regolamenti nn. 3295/94 e 1383/2003, di cui è chiesta l’interpretazione dai giudici del rinvio, riguardano solamente la lotta all’introduzione nell’Unione di merci che violano diritti di proprietà intellettuale. Ai fini di una corretta gestione dei rischi per la salute e la sicurezza dei consumatori, va precisato che i poteri e gli obblighi delle autorità doganali degli Stati membri in relazione alle merci che presentano rischi simili devono essere valutati sulla base di altre disposizioni del diritto dell’Unione, come gli artt. 56, 58 e 75 del codice doganale.

78      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, le questioni poste vanno risolte dichiarando che i regolamenti nn. 3295/94 e 1383/2003 devono essere interpretati nel senso che:

–      le merci provenienti da uno Stato terzo e che costituiscono imitazione di un prodotto tutelato nell’Unione da un diritto di marchio o copia di un prodotto ivi protetto da un diritto d’autore, da un diritto connesso, da un modello o disegno non possono essere qualificate come «merci contraffatte» o «merci usurpative» ai sensi di detti regolamenti per il solo fatto di essere introdotte nel territorio doganale dell’Unione in regime sospensivo;

–      dette merci, per contro, possono violare tale diritto ed essere pertanto qualificate come «merci contraffatte» o «merci usurpative» laddove sia dimostrato che sono destinate ad essere immesse in commercio nell’Unione; una siffatta prova è fornita, in particolare, qualora emerga che dette merci sono state oggetto di una vendita ad un cliente dell’Unione o di una offerta di vendita o di una pubblicità rivolta a consumatori dell’Unione, o quando risulta da documenti o da corrispondenza concernenti tali merci che è previsto che le medesime saranno dirottate verso i consumatori dell’Unione;

–      affinché l’autorità competente a statuire nel merito possa utilmente esaminare l’esistenza di una prova simile e degli altri elementi costitutivi di una violazione del diritto di proprietà intellettuale invocato, l’autorità doganale cui è stata presentata una domanda d’intervento, non appena dispone di indizi che consentano di sospettare l’esistenza di detta violazione, deve sospendere lo svincolo o procedere al blocco delle stesse merci, e che

–      tra i predetti indizi possono figurare, segnatamente, il fatto che la destinazione delle merci non sia dichiarata mentre il regime sospensivo richiesto esige una siffatta dichiarazione, l’assenza di informazioni precise o affidabili circa l’identità o l’indirizzo del produttore o dello speditore delle merci, la mancanza di cooperazione con le autorità doganali oppure la scoperta di documenti o di corrispondenza concernenti le merci di cui trattasi atti a far supporre che è possibile che le medesime siano dirottate verso i consumatori dell’Unione.

 Sulle spese

79      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

Il regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 1994, n. 3295, che fissa misure riguardanti l’introduzione nella Comunità, l’esportazione e la riesportazione dalla Comunità di merci che violano taluni diritti di proprietà intellettuale, come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 25 gennaio 1999, n. 241, e il regolamento (CE) del Consiglio 22 luglio 2003, n. 1383, relativo all’intervento dell’autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale e alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali diritti, devono essere interpretati nel senso che:

–        le merci provenienti da uno Stato terzo e che costituiscono imitazione di un prodotto tutelato nell’Unione europea da un diritto di marchio o copia di un prodotto ivi protetto da un diritto d’autore, da un diritto connesso, da un modello o disegno non possono essere qualificate come «merci contraffatte» o «merci usurpative» ai sensi di detti regolamenti per il solo fatto di essere introdotte nel territorio doganale dell’Unione in regime sospensivo;

–        dette merci, per contro, possono violare tale diritto ed essere pertanto qualificate come «merci contraffatte» o «merci usurpative» laddove sia dimostrato che sono destinate ad essere immesse in commercio nell’Unione europea; una siffatta prova è fornita, in particolare, qualora emerga che dette merci sono state oggetto di una vendita ad un cliente dell’Unione o di una offerta in vendita o di una pubblicità rivolta a consumatori dell’Unione, o quando risulta da documenti o da corrispondenza concernenti tali merci che è previsto che le medesime siano dirottate verso i consumatori dell’Unione;

–        affinché l’autorità competente a statuire nel merito possa esaminare utilmente l’esistenza di una prova simile e degli altri elementi costitutivi di una violazione del diritto di proprietà intellettuale invocato, l’autorità doganale cui è stata presentata una domanda d’intervento, non appena dispone di indizi che consentano di sospettare l’esistenza di detta violazione, deve sospendere lo svincolo o procedere al blocco delle stesse merci, e che

–        tra i predetti indizi possono figurare, segnatamente, il fatto che la destinazione delle merci non sia dichiarata mentre il regime sospensivo richiesto esige una siffatta dichiarazione, l’assenza di informazioni precise o affidabili circa l’identità o l’indirizzo del produttore o dello speditore delle merci, la mancanza di cooperazione con le autorità doganali oppure la scoperta di documenti o di corrispondenza concernenti le merci di cui trattasi atti a far supporre che è possibile che le medesime siano dirottate verso i consumatori dell’Unione europea.

Firme


* Lingue processuali: l’olandese e l’inglese.