Language of document : ECLI:EU:C:2016:806

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 26 ottobre 2016 (1)

Causa C‑14/16

Euro Park Service, subentrata nei diritti e negli obblighi della società Cairnbulg Nanteuil

contro

Ministre des finances et des comptes publics

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia)]

«Rinvio pregiudiziale – Fiscalità – Regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo e agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi – Direttiva 90/434/CEE – Articolo 11 – Frode o evasione fiscale – Previa autorizzazione dell’amministrazione fiscale – Libertà di stabilimento – Articolo 49 TFUE»





I –    Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame, del 16 dicembre 2015, depositata nella cancelleria della Corte l’11 gennaio 2016 dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), verte sull’interpretazione dell’articolo 49 TFUE e dell’articolo 11 della direttiva 90/434/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi (2).

2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che contrappone la società di diritto lussemburghese Euro Park Service (in prosieguo: l’«Euro Park»), subentrata nei diritti della società francese SCI Cairnbulg Nanteuil (in prosieguo: la «SCI Cairnbulg Nanteuil»), all’amministrazione fiscale francese (in prosieguo: l’«amministrazione fiscale»), avente ad oggetto l’imposizione di maggiorazioni d’imposta sulle società e di contributi aggiuntivi a tale imposta, nonché di penalità. Secondo l’amministrazione fiscale, tali imposizioni e penalità si devono al fatto che, da un lato, la SCI Cairnbulg Nanteuil non aveva richiesto l’autorizzazione ministeriale prevista dal diritto francese in caso di conferimenti effettuati a favore di una società straniera e, dall’altro, che, in ogni caso, tale autorizzazione non le sarebbe stata accordata in quanto il suo scioglimento non era giustificato da una ragione economica, ma era stato effettuato a scopo di frode o evasione fiscale.

3.        Il giudice del rinvio ritiene che, per dirimere la controversia ad esso sottoposta, sia segnatamente necessario appurare se l’articolo 49 TFUE osti a una normativa nazionale che, ai fini della lotta contro la frode e l’evasione fiscale, subordini sistematicamente il beneficio del regime fiscale comune applicabile alle fusioni e alle operazioni assimilate ad una procedura di previa autorizzazione per i soli conferimenti effettuati a favore di persone giuridiche straniere.

II – Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

4.        L’articolo 49 TFUE (ex articolo 43 TCE) è così formulato:

«Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.

(…)».

5.        L’articolo 4 della direttiva 90/434 prevede quanto segue:

«1.      La fusione o la scissione non comporta alcuna imposizione delle plusvalenze risultanti dalla differenza tra il valore reale degli elementi d’attivo e di passivo conferiti ed il loro valore fiscale.

(…)».

6.        L’articolo 11 della direttiva 90/434 prevede quanto segue:

«1.      Uno Stato membro può rifiutare di applicare in tutto o in parte le disposizioni dei titoli II, III e IV o revocarne il beneficio qualora risulti che l’operazione di fusione, di scissione, di conferimento d’attivo o di scambio di azioni:

a)      ha come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscale; il fatto che una delle operazioni di cui all’articolo 1 non sia effettuata per valide ragioni economiche, quali la ristrutturazione o la razionalizzazione delle attività delle società partecipanti all’operazione, può costituire la presunzione che quest’ultima abbia come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscali.

(…)».

B –    Il diritto francese

7.        Le disposizioni rilevanti del code général des impôts (codice generale delle imposte francese; in prosieguo: il «CGI») in vigore in Francia all’epoca dei fatti controversi nel procedimento principale sono di seguito illustrate.

8.        L’articolo 210 A del CGI stabilisce quanto segue:

«1. Le plusvalenze nette e gli utili derivanti dall’insieme degli elementi d’attivo conferiti in occasione di una fusione non sono soggetti all’imposta sulle società.

(…)

3. L’applicazione di tali disposizioni è subordinata al presupposto che la società incorporante si impegni, nell’atto di fusione, a rispettare le seguenti prescrizioni:

(…)

b. essa deve sostituirsi alla società incorporata per quanto riguarda la reintegrazione dei risultati la cui presa in considerazione era stata differita per la tassazione di quest’ultima;

c. essa deve calcolare le plusvalenze realizzate successivamente, in occasione della cessione delle immobilizzazioni non ammortizzabili che le sono conferite, in base al valore che queste avevano, dal punto di vista fiscale, nelle scritture della società incorporata;

d. essa deve reintegrare nei propri utili imponibili le plusvalenze distribuite con il conferimento dei beni ammortizzabili (…)».

9.        L’articolo 210 B, paragrafo 3, del CGI così recita:

«(…) L’autorizzazione è concessa quando, tenuto conto degli elementi oggetto del conferimento:

a. l’operazione è giustificata da un motivo economico, consistente in particolare nell’esercizio, da parte della società beneficiaria del conferimento, di un’attività autonoma o nel rafforzamento delle strutture, nonché in un’associazione fra le parti;

b. l’operazione non ha come obiettivo principale o fra i suoi obiettivi principali la frode o l’evasione fiscale;

c. le modalità dell’operazione consentono di garantire la futura imposizione delle plusvalenze in sospensione di imposta».

10.      Secondo il giudice del rinvio, l’articolo 210 C del CGI garantisce il recepimento nell’ordinamento interno della direttiva 90/434. Detto articolo così dispone:

«1. Le disposizioni degli articoli 210 A e 210 B si applicano alle operazioni a cui partecipano esclusivamente persone giuridiche o organismi soggetti all’imposta sulle società.

2. Tali disposizioni sono applicabili ai conferimenti effettuati a persone giuridiche straniere da persone giuridiche francesi soltanto qualora tali conferimenti siano stati precedentemente autorizzati alle condizioni di cui al paragrafo 3 dell’articolo 210 B.

(…)».

III – Controversia principale e questioni pregiudiziali

11.      L’Euro Park era il socio unico della SCI Cairnbulg Nanteuil ed è subentrata nei diritti di quest’ultima.

12.      Il 26 novembre 2004, la SCI Cairnbulg Nanteuil è stata oggetto «di un’operazione di scioglimento senza liquidazione (…) da parte e a favore del suo socio unico (…)» (3). In tale occasione, la SCI Cairnbulg Nanteuil ha optato per il regime speciale delle fusioni di cui agli articoli 210 e seguenti del CGI. Di conseguenza, per l’esercizio conclusosi il 26 novembre 2004, essa non ha dichiarato ai fini dell’imposta sulle società le plusvalenze nette e gli utili derivanti dagli attivi da essa conferiti all’Euro Park.

13.      Dalla decisione di rinvio emerge che tali conferimenti, costituiti da beni immobili, sono stati valutati al loro valore contabile netto, vale a dire EUR 9 387 700, nell’atto notarile del 19 aprile 2005, tramite il quale è stata operata la trasmissione universale del patrimonio della SCI Cairnbulg Nanteuil all’Euro Park. Nella stessa data, quest’ultima ha ceduto tali beni immobili alla società SCI IBC Ferrier al prezzo di EUR 15 776 600, corrispondente al loro valore commerciale al 26 novembre 2004.

14.      In seguito a un controllo, l’amministrazione fiscale ha rimesso in discussione il beneficio del regime speciale delle fusioni a favore della SCI Cairnbulg Nanteuil. Secondo tale amministrazione, la SCI Cairnbulg Nanteuil non aveva richiesto l’autorizzazione ministeriale prevista dal CGI e tale autorizzazione non le sarebbe stata in ogni caso accordata, in quanto l’operazione di cui trattasi non poteva essere giustificata da ragioni economiche, ma era stata effettuata a scopo di frode o evasione fiscale.

15.      Di conseguenza, sono state poste a carico dell’Euro Park, avente causa della SCI Cairnbulg Nanteuil, maggiorazioni d’imposta e di contributi aggiuntivi all’imposta, unitamente alle penalità previste dall’articolo 1729 del CGI in caso di inadempimento intenzionale.

16.      L’Euro Park ha chiesto al tribunal administratif de Paris (tribunale amministrativo di Parigi, Francia) di decretare lo sgravio di tali maggiorazioni e penalità. Con sentenza del 6 luglio 2011, il tribunal administratif de Paris (Francia) ha respinto tale domanda. Con sentenza dell’11 aprile 2013, la cour d’appel de Paris (corte d’appello di Parigi, Francia) ha confermato la sentenza del tribunal administratif de Paris (Francia). L’Euro Park ha proposto ricorso per cassazione dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia). In tale contesto, il Conseil d’État ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1. Se, qualora una normativa nazionale di uno Stato membro si avvalga, nel diritto interno, della facoltà offerta dall’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva [90/434], sia ammessa una verifica, alla luce del diritto primario dell’Unione europea, dei provvedimenti adottati per l’attuazione di tale facoltà;

2. Se, in caso di risposta positiva alla prima questione, le disposizioni dell’articolo 49 TFUE debbano essere interpretate nel senso che ostano a che una normativa nazionale, ai fini della lotta contro la frode o l’evasione fiscale, subordini il beneficio del regime fiscale comune applicabile alle fusioni e alle operazioni assimilate a una procedura di previa autorizzazione per quanto riguarda i soli conferimenti effettuati a favore di persone giuridiche straniere, escludendo quelli effettuati a favore di persone giuridiche di diritto nazionale».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

17.      L’Euro Park, il governo francese nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Tali parti hanno svolto osservazioni orali all’udienza che si è tenuta il 7 settembre 2016.

V –    Analisi

A –    Osservazioni preliminari

18.      Come richiesto dalla Corte, le presenti conclusioni saranno incentrate sulla seconda questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio, la quale si pone unicamente nel caso in cui la prima questione pregiudiziale riceva una risposta positiva, vale a dire che, qualora una normativa nazionale di uno Stato membro si avvalga, nel diritto interno, della facoltà offerta dall’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 90/434, sia ammessa una verifica dei provvedimenti adottati per l’attuazione di tale facoltà alla luce del diritto primario dell’Unione.

19.      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 49 TFUE debba essere interpretato nel senso che osta a che una normativa nazionale, ai fini della lotta contro la frode o l’evasione fiscale, subordini il beneficio del regime fiscale comune applicabile alle fusioni e alle operazioni assimilate ad una procedura di previa autorizzazione per quanto riguarda i conferimenti effettuati a favore di persone giuridiche straniere, procedura che non è invece applicabile ai conferimenti effettuati a favore di una persona giuridica nazionale.

20.      Va ricordato che l’articolo 210 C del CGI, che prevede la procedura di previa autorizzazione oggetto della controversia, garantisce, secondo il giudice del rinvio e il governo francese, il recepimento della direttiva 90/434 nell’ordinamento interno.

21.      Secondo il governo francese, la normativa nazionale di cui trattasi è incontestabilmente compatibile con le disposizioni della direttiva 90/434.

22.      L’Euro Park ritiene, invece, che l’articolo 210 C del CGI non sia compatibile con l’articolo 11 della direttiva 90/434, e la Commissione reputa che l’istituzione di una procedura di autorizzazione per ogni conferimento da una società ad un’altra nell’ambito di una fusione sia in contrasto con l’obiettivo della direttiva 90/434, quale risulta dal suo primo considerando. Una procedura di previa autorizzazione renderebbe illusorio il beneficio di tale direttiva. Inoltre, secondo la Commissione, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non emerge «in che misura la legislazione francese contenga disposizioni le cui modalità di applicazione siano provviste di carattere sufficientemente preciso, chiaro e comprensibile da consentire ai contribuenti di riconoscere i propri diritti e, pertanto, soddisfare il principio generale di certezza del diritto».

23.      Di conseguenza, prima di rispondere alla seconda questione sollevata dal giudice del rinvio, che verte sull’articolo 49 TFUE, ritengo, alla stregua della Commissione, che sia opportuno analizzare la direttiva 90/434 e, in particolare, il suo articolo 11, paragrafo 1, lettera a) (4).

B –    La direttiva 90/434

24.      Secondo costante giurisprudenza, l’obiettivo perseguito dalla direttiva 90/434, quale risulta dal suo primo considerando (5), è di istituire «regole fiscali neutre nei riguardi della concorrenza per consentire alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mercato comune, di migliorare la loro produttività e di rafforzare la loro posizione competitiva sul piano internazionale. Il medesimo considerando prevede anche che le fusioni, le scissioni, i conferimenti d’attivo e gli scambi di azioni che interessano società di Stati membri diversi non devono essere intralciati da restrizioni, svantaggi o distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri» (6). Infatti, la direttiva 90/434 «mira ad eliminare gli ostacoli fiscali alle ristrutturazioni internazionali di imprese, garantendo che eventuali aumenti di valore di quote sociali non vengano assoggettati ad imposta prima della loro realizzazione effettiva» (7). «A questo scopo, la direttiva 90/434 dispone, in particolare, all’art[icolo] 4, che la fusione o la scissione non comporta alcuna imposizione delle plusvalenze risultanti dalla differenza tra il valore reale degli elementi d’attivo e di passivo conferiti ed il loro valore fiscale (…)» (8).

25.      Tuttavia, la Corte ha parimenti dichiarato che, tramite il suo articolo 11, la direttiva 90/434 concedeva agli Stati membri una riserva di competenza (9). Infatti, «l’art[icolo] 11, [paragrafo] 1, lett[era] a), [della direttiva 90/434] autorizza gli Stati membri a non applicare in tutto o in parte le disposizioni della direttiva, ivi comprese le agevolazioni fiscali (…) [previste all’articolo 4 della direttiva], o a revocarne la concessione qualora l’operazione di fusione, scissione, conferimento d’attivo o scambio di azioni abbia in particolare come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscale» (10).

26.      L’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 precisa inoltre che il fatto che l’operazione non sia effettuata per valide ragioni economiche, quali la ristrutturazione o la razionalizzazione delle attività delle società partecipanti all’operazione, può costituire una presunzione nel senso che detta operazione abbia come obiettivo la frode o l’evasione fiscale (11).

27.      Al punto 43 della sentenza del 17 luglio 1997, Leur‑Bloem (C‑28/95, EU:C:1997:369), la Corte ha statuito che, in mancanza di disposizioni del diritto dell’Unione più precise relative «all’attuazione della presunzione di cui all’art[icolo] 11, [paragrafo] 1, lett[era] a), spetta agli Stati membri determinare, nel rispetto del principio di proporzionalità, le modalità necessarie ai fini dell’applicazione di questa disposizione».

28.      La Corte ha parimenti dichiarato che l’istituzione di una norma di portata generale che escluda automaticamente talune categorie di operazioni dall’agevolazione fiscale eccederebbe quanto è necessario per evitare una tale frode o evasione fiscale e pregiudicherebbe l’obiettivo perseguito dalla direttiva 90/434 (12). Infatti, secondo costante giurisprudenza, per accertare se l’operazione prevista persegua un obiettivo di frode o evasione fiscale, gli Stati membri, nel recepire l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434, non possono limitarsi ad applicare criteri generali predeterminati, ma devono procedere, caso per caso, ad un esame globale di tale questione (13).

C –    L’applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 al caso di specie

1.      L’articolo 210 B, paragrafo 3, e l’articolo 210 C, paragrafo 2, del CGI – Loro conformità con l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434

29.      Ai sensi dell’articolo 210 B, paragrafo 3, del CGI, la previa autorizzazione prevista dall’articolo 210 C, paragrafo 2, del CGI è concessa quando l’operazione soddisfa tre condizioni, vale a dire che sia giustificata da un motivo economico, che non abbia come obiettivo principale o fra i suoi obiettivi principali la frode o l’evasione fiscale e che le sue modalità consentano di garantire la futura imposizione delle plusvalenze in sospensione d’imposta.

30.      Il governo francese ha sostenuto all’udienza che l’autorizzazione prevista dall’articolo 210 C, paragrafo 2, del CGI era concessa allorché l’operazione di cui trattasi soddisfacesse la prima delle condizioni di cui all’articolo 210 B, paragrafo 3, del CGI, vale a dire che l’operazione fosse giustificata da un motivo economico. Secondo il governo francese, in sede di esame dell’operazione, l’amministrazione fiscale sarebbe legittimata a verificare solo l’effettività economica della medesima, e non la sua opportunità economica.

31.      Alla luce della formulazione inequivocabile dell’articolo 210 B, paragrafo 3, del CGI, il quale impone chiaramente che siano soddisfatte tre condizioni prima che l’autorizzazione possa essere concessa, non posso, in assenza di ulteriori prove, tenere conto di tale argomento del governo francese.

32.      Detto governo sostiene parimenti che la normativa francese non richiede che l’autorizzazione di un’operazione transfrontaliera, oggetto della direttiva 90/434, sia preventiva, ma esige unicamente che la domanda di autorizzazione lo sia, ossia che questa sia presentata prima di effettuare l’operazione. Secondo il governo francese, a tali condizioni, l’operazione di cui trattasi può essere effettuata prima della concessione dell’autorizzazione tramite una condizione sospensiva correlata a detta concessione. Pertanto, il governo francese ritiene che tale sistema si avvicini più a un regime dichiarativo che di autorizzazione.

33.      Oltre al fatto che una simile condizione sospensiva mi sembra concretamente impraticabile e incompatibile con la realtà economica delle operazioni contemplate dalla direttiva 90/434 (14), rilevo soprattutto che l’articolo 210 C, paragrafo 2, del CGI prevede esplicitamente che le disposizioni degli articoli 210 A e 210 B del CGI si applichino ai conferimenti effettuati a favore di persone giuridiche straniere da persone giuridiche francesi soltanto «qualora tali conferimenti siano stati precedentemente autorizzati alle condizioni di cui al [paragrafo] 3 dell’articolo 210 B» (15) del CGI (16). Di conseguenza, il dettato dell’articolo 210 C, paragrafo 2, del CGI è in contrasto con l’argomento del governo francese.

34.      Inoltre, va rilevato che l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 autorizza gli Stati membri a non applicare le disposizioni della direttiva 90/434 ad un’unica condizione, vale a dire qualora risulti che un’operazione oggetto di tale direttiva «ha come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscale» (17). Come la Commissione, ritengo che dal seguito di detto paragrafo 1, lettera a), risulti che, sebbene il fatto che l’operazione di cui trattasi non sia effettuata per valide ragioni economiche possa fondare la presunzione che quest’ultima abbia come obiettivo principale la frode o l’evasione fiscale, la mancanza di valide ragioni economiche non costituisce una giustificazione autonoma e supplementare che consente di non applicare le disposizioni della direttiva 90/434 (18).

35.      Ne consegue che, con la sua prima e la sua seconda condizione, l’articolo 210 B, paragrafo 3, del CGI deduce due condizioni dall’unico elemento previsto dall’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 e, pertanto, estende il campo di applicazione della riserva di competenza oltre il dettato di tale disposizione.

36.      Inoltre, la terza condizione di cui all’articolo 210 B, paragrafo 3, del CGI (19), neppure essa prevista dall’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 (20), non può essere giustificata dalla lotta contro la frode o l’evasione fiscale (21), come sostiene il governo francese, poiché a tale obiettivo tende già esplicitamente la seconda condizione dell’articolo 210 B, paragrafo 3, del CGI.

37.      Nelle sue osservazioni scritte, il governo francese rileva che le disposizioni della normativa nazionale di cui trattasi riguardano non solo la lotta contro la frode e l’evasione fiscale, ma anche la tutela di un’equilibrata ripartizione del potere impositivo fra gli Stati membri.

38.      Ritengo che tale argomento non possa essere accolto.

39.      Infatti, se è vero che la Corte ha dichiarato che la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri può essere ammessa per giustificare una limitazione delle libertà fondamentali qualora, in particolare, il regime di cui trattasi sia inteso a prevenire comportamenti tali da violare il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria competenza fiscale in relazione alle attività svolte sul suo territorio (22), la terza condizione dell’articolo 210 B, paragrafo 3, del CGI non può essere giustificata da tale obiettivo, poiché la ripartizione equilibrata del potere impositivo fra gli Stati membri è garantita dalla stessa direttiva 90/434 e dalla giurisprudenza in materia.

40.      Infatti, è assodato che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 90/434 non determina un’esenzione definitiva delle plusvalenze relative all’attività conferita. Tale disposizione prevede soltanto il rinvio dell’imposizione delle plusvalenze inerenti all’attività conferita fino alla sua effettiva realizzazione. A termini del quarto considerando della direttiva 90/434 (23), il regime fiscale istituito dalla medesima evita un’imposizione all’atto di operazioni ivi citate «pur tutelando gli interessi finanziari dello Stato cui appartiene la società conferente o acquisita». Rilevo che, al punto 28 della sentenza del 19 dicembre 2012, 3D I (C‑207/11, EU:C:2012:818), la Corte ha dichiarato che «risulta[va] dai suoi considerando quarto e sesto, che tale direttiva si limita[va] a istituire un regime di rinvio dell’imposizione delle plusvalenze inerenti ai beni conferiti, il quale, pur evitando che il conferimento di attività dia luogo di per sé stesso ad imposizione, tutela gli interessi finanziari dello Stato della società conferente assicurando l’imposizione di tali plusvalenze al momento del loro effettivo realizzo».

41.      La terza condizione di cui all’articolo 210 B, paragrafo 3, del CGI potrebbe essere invece finalizzata a garantire la riscossione delle imposte al momento della realizzazione effettiva delle plusvalenze (24). Orbene, oltre al fatto che tale obiettivo non rientra nella riserva di competenza di cui all’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 e costituisce dunque un requisito supplementare che estende la portata della riserva di competenza prevista da tale disposizione, si deve sottolineare che la riscossione delle imposte può essere garantita con mezzi diversi da tale procedura di previa autorizzazione, come, segnatamente, il ricorso alla direttiva 2010/24/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, sull’assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi, imposte ed altre misure (25).

42.      In conclusione, una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale amplia le condizioni alle quali l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 subordina la facoltà per gli Stati membri di rifiutare di applicare alle operazioni oggetto di tale direttiva i vantaggi fiscali dalla medesima previsti.

2.      L’istituzione di una presunzione generale di frode o evasione fiscale

43.      Dai documenti presentati alla Corte risulta che la normativa nazionale di cui trattasi, segnatamente l’articolo 210 B, paragrafo 3, e l’articolo 210 C, paragrafo 2, del CGI, prevede, per ogni operazione di fusione transfrontaliera, una procedura di previa autorizzazione che impone sistematicamente e incondizionatamente di fornire la prova che l’operazione di cui trattasi sia giustificata da un motivo economico e che non abbia come obiettivo principale o fra i suoi obiettivi principali la frode o l’evasione fiscale, senza che l’amministrazione sia tenuta a fornire una benché minimo principio di prova riguardo alla mancanza di valide ragioni economiche o un indizio di frode o di evasione fiscale (26).

44.      Constato che, subordinando, per le operazioni di fusioni transfrontaliere, il beneficio del regime fiscale previsto dalla direttiva 90/434 ad una simile procedura di previa autorizzazione, la normativa nazionale di cui trattasi istituisce una presunzione generale di frode o di evasione fiscale.

45.      Orbene, oltre al fatto che la Corte non ha mai ammesso che la giustificazione di una restrizione di una libertà fondamentale garantita dal Trattato imposta dalla lotta contro la frode o l’evasione fiscale possa derivare da una presunzione generale di frode o di abuso (27), l’istituzione di una siffatta presunzione mi sembra costituire un’evidente violazione del principio di proporzionalità. Infatti, dalla giurisprudenza della Corte risulta che «può essere considerata come non eccedente quanto necessario per prevenire la frode e l’evasione fiscali una normativa che si fondi su un esame di elementi oggettivi e verificabili per stabilire se un’operazione consista in una costruzione puramente artificiosa a soli fini fiscali e che, in tutti i casi in cui l’esistenza di una tale costruzione non possa essere esclusa, consenta al contribuente, senza eccessivi oneri amministrativi, di produrre elementi relativi alle eventuali ragioni commerciali per le quali tale operazione sia stata conclusa» (28). Da quanto precede deriva che una normativa non può imporre al contribuente di dimostrare sistematicamente l’effettività e la veridicità di un’operazione, senza che l’amministrazione sia tenuta a fornire un benché minimo indizio di frode o di evasione fiscale (29). Sebbene la procedura di previa autorizzazione sia atta a combattere la frode o l’evasione fiscale di cui all’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 (30), essa altera l’impianto di tale disposizione ed eccede quanto necessario per il conseguimento dell’obiettivo ivi previsto.

46.      Infatti, l’istituzione di una presunzione come quella di cui trattasi nel procedimento principale assoggetta sistematicamente e preventivamente a significative restrizioni amministrative ogni operazione di fusione transfrontaliera, anche in mancanza del minimo indizio di frode o di evasione fiscale. Una siffatta presunzione si pone, pertanto, in contrasto con l’obiettivo della direttiva 90/434, che, secondo il suo primo considerando, mira a ridurre gli ostacoli alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo e agli scambi d’azioni che interessano società di Stati membri diversi derivanti da disposizioni fiscali degli Stati membri (31).

D –    La sentenza Pelati

47.      Il governo francese ritiene che, nella sentenza del 18 ottobre 2012, Pelati (C‑603/10, EU:C:2012:639, punto 32), l’esistenza di una procedura amministrativa preventiva finalizzata a verificare l’ammissibilità ai vantaggi previsti dalla direttiva 90/434 non sia stata censurata alla luce del diritto dell’Unione, salvo per quanto riguardava il dies a quo del termine della domanda di autorizzazione, che non era conosciuto anticipatamente dal contribuente richiedente (32).

48.      È vero che, nella sentenza del 18 ottobre 2012, Pelati (C‑603/10, EU:C:2012:639, punto 37), la Corte ha statuito che una normativa come quella ivi esaminata «che assoggetti la concessione dei vantaggi fiscali applicabili ad un’operazione di scissione conformemente alle disposizioni della suddetta direttiva alla condizione che la domanda relativa a tale operazione sia presentata entro un termine determinato» non era in contrasto la direttiva 90/434, e ha affidato al giudice del rinvio il compito di verificare se le modalità e, più in particolare, il dies a quo del termine di presentazione della domanda in corso fossero conformi al principio di effettività.

49.      Tuttavia, non credo che in detta sentenza del 18 ottobre 2012, Pelati (C‑603/10, EU:C:2012:639), si possano rinvenire gli insegnamenti che ne trae il governo francese in relazione alla presente causa. Infatti, in tale causa, il rifiuto dell’amministrazione fiscale slovena di concedere i vantaggi fiscali previsti dalla direttiva 90/434 si basava esclusivamente sulla circostanza che la domanda di previa autorizzazione non era stata depositata entro il termine previsto dalla normativa nazionale in questione.

50.      Tale causa non riguarda affatto le condizioni sostanziali, che non sono d’altronde descritte nella sentenza. La Corte ha dichiarato che il semplice fatto di prevedere una procedura di previa autorizzazione non era in contrasto con la direttiva 90/434 e ha focalizzato la sua analisi sulla conformità delle disposizioni sul termine di presentazione della domanda con il principio di effettività.

51.      Nella causa in esame, non è l’esistenza in quanto tale di una procedura di autorizzazione ad apparire criticabile, bensì le condizioni sostanziali e le prove richieste per ottenere tale autorizzazione e, più specificamente, la loro conformità al principio di proporzionalità, di cui d’altronde non si discute nella sentenza del 18 ottobre 2012, Pelati (C‑603/10, EU:C:2012:639).

52.      Peraltro, dalla sentenza del 18 ottobre 2012, Pelati (C‑603/10, EU:C:2012:639, punto 36) risulta che le modalità di attuazione di una procedura di previa autorizzazione devono essere sufficientemente precise, chiare e comprensibili da permettere ai soggetti passivi di riconoscere i propri diritti e da verificare che questi ultimi saranno in grado di beneficiare dei vantaggi fiscali previsti dalla direttiva 90/434.

53.      A tal proposito, rilevando che nel corso del 2015 tutte le domande di autorizzazione ai sensi dell’articolo 210 B del CGI sono state accolte dall’amministrazione francese, il governo francese ritiene che l’istituzione di una procedura di autorizzazione preventiva permetta di garantire una maggiore certezza del diritto alla società beneficiaria, in quanto i criteri per ottenere l’autorizzazione sono chiari, precisi e comprensibili.

54.      Di contro, l’Euro Park evidenzia che «[l’]ottenimento dell’autorizzazione non è soggetto ad alcun termine. Tutt’al più il silenzio mantenuto per quattro mesi dall’amministrazione fiscale vale ad integrare una decisione implicita di diniego che può essere contestata dinanzi al giudice tributario». L’Euro Park aggiunge che «i termini di esame della domanda di autorizzazione sono manifestamente incompatibili con la prassi commerciale».

55.      A mio avviso, la normativa francese non prevede modalità di applicazione dal carattere chiaro, preciso e comprensibile, che permettano ai contribuenti di riconoscere i propri diritti e soddisfino in tal modo il principio generale della certezza del diritto.

56.      Infatti, durante l’udienza del 7 settembre 2016, il governo francese ha confermato che le condizioni di applicazione della procedura di autorizzazione di cui trattasi erano solo brevemente descritte nell’articolo 210 B del CGI, aggiungendo che i dettagli di tali condizioni si potevano trovare sul sito Internet dell’amministrazione fiscale e nei commentari pubblici dell’amministrazione fiscale che sono opponibili all’amministrazione francese.

57.      A ciò si aggiunga che le disposizioni dell’articolo 210 B, paragrafo 3, del CGI e dell’articolo 210 C, paragrafo 2, del CGI non corrispondono (33), secondo lo stesso governo francese, alla «prassi» seguita dall’amministrazione francese in questo settore, il che basta di per sé a creare incertezza riguardo alle modalità di applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 in Francia. Tali modalità non risultano sufficientemente precise, chiare e comprensibili da permettere ai soggetti passivi di riconoscere i loro diritti, tanto più che almeno alcune di esse possono essere modificate a discrezione dell’amministrazione fiscale.

58.      Va parimenti rilevato che le statistiche invocate dal governo francese riguardano esclusivamente l’anno 2015, mentre l’operazione oggetto del procedimento principale è stata realizzata nel 2004, e che, in sede di udienza, il governo francese non è riuscito a produrne alcuna in relazione agli altri anni.

59.      Quanto ai termini applicabili alla procedura di autorizzazione, il governo francese ha dichiarato, in risposta a quesiti posti dalla Corte in sede di udienza, che, in applicazione di un decreto (non citato), una decisione di diniego è sempre motivata, ma ha anche confermato che il decorso di un termine di quattro mesi senza risposta da parte dell’amministrazione fiscale ad una domanda di previa autorizzazione equivale ad una decisione implicita di diniego, che in tal caso è motivata solo su richiesta del contribuente.

60.      A mio parere, tali elementi non rientrano nell’obiettivo della direttiva 90/434 previsto dal suo primo considerando, a tenore del quale le operazioni in essa contemplate non devono essere intralciate da restrizioni, svantaggi e distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri.

61.      In tale contesto e alla luce delle considerazioni che precedono, riguardo, in particolare, ai principi di proporzionalità, di certezza del diritto e di effettività, ritengo che l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 osti a che una normativa nazionale, ai fini della lotta contro la frode o l’evasione fiscale, subordini il beneficio del regime fiscale comune applicabile alle fusioni e alle operazioni assimilate a una procedura di previa autorizzazione come quella di cui trattasi, limitata ai soli conferimenti effettuati a favore di persone giuridiche straniere, escludendo i conferimenti effettuati a favore di persone giuridiche di diritto nazionale.

E –    Sull’esistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento

62.      Secondo giurisprudenza costante, l’articolo 49 TFUE impone la soppressione delle restrizioni alla libertà di stabilimento. Anche se, secondo la loro formulazione, le disposizioni del Trattato in tema di libertà di stabilimento mirano ad assicurare il beneficio della disciplina nazionale dello Stato membro ospitante, esse ostano parimenti a che lo Stato membro di provenienza ostacoli lo stabilimento in un altro Stato membro di un proprio cittadino o di una società costituita secondo la propria legislazione (34).

63.      Sempre secondo giurisprudenza costante, devono essere considerate restrizioni a tale libertà di stabilimento tutte le misure che vietano, ostacolano o scoraggiano l’esercizio di tale libertà (35).

64.      Il governo francese ammette che la normativa di cui trattasi costituisce una restrizione alla libertà di stabilimento in quanto tratta meno favorevolmente le operazioni di fusione, scissione, conferimenti d’attivo e scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi rispetto alle stesse operazioni effettuate tra due società francesi.

65.      Ritengo parimenti che la normativa nazionale di cui trattasi, subordinando il beneficio del regime fiscale comune applicabile alle fusioni e alle operazioni assimilate ad una procedura di previa autorizzazione per quanto riguarda i soli conferimenti effettuati a favore di persone giuridiche straniere, escludendo quelli effettuati a favore di persone giuridiche di diritto nazionale, ostacoli la libertà di stabilimento delle società francesi che intendono effettuare operazioni transfrontaliere.

66.      Infatti, ai fini dell’ottenimento del beneficio del regime speciale d’imposta, il conferimento effettuato da una persona giuridica di diritto francese a favore di una persona giuridica straniera è reso meno attraente, essendo soggetto a una condizione supplementare, vale a dire la previa autorizzazione da parte dell’amministrazione, procedura che impone al richiedente di rovesciare una presunzione generale di evasione fiscale (36).

67.      Di conseguenza, l’articolo 210 B, paragrafo 3, del CGI e l’articolo 210 C, paragrafo 2, del CGI istituiscono una disparità di trattamento nei confronti delle operazioni transfrontaliere che è idonea a dissuadere società francesi dall’avvalersi della libertà di stabilimento.

F –    Sulla giustificazione

68.      Resta da esaminare se tale restrizione possa essere giustificata alla luce delle disposizioni del Trattato FUE.

69.      Risulta da giurisprudenza consolidata che i provvedimenti nazionali in grado di ostacolare o rendere meno attraente l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato possono tuttavia essere giustificati qualora perseguano un obiettivo di interesse generale, siano adeguati a garantire la realizzazione dello stesso e non eccedano quanto è necessario per raggiungerlo (37).

70.      Orbene, si deve rammentare che, secondo costante giurisprudenza, l’obiettivo della lotta contro la frode o l’evasione fiscale (38) può giustificare un provvedimento che restringa l’esercizio delle libertà fondamentali garantite dal Trattato.

71.      Tuttavia, si deve verificare se la normativa nazionale di cui trattasi non ecceda quanto necessario per conseguire tali obiettivi.

72.      Ai fini di tale analisi, parto dal principio che l’obiettivo della lotta contro la frode o l’evasione fiscale di cui all’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 riflette il principio generale del diritto dell’Unione che vieta l’abuso del diritto. Di conseguenza, ritengo che tale obiettivo abbia la stessa portata quando è invocato in applicazione dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 o come giustificazione di un’eccezione al diritto primario, segnatamente all’articolo 49 TFUE.

73.      Rilevo parimenti che, durante l’udienza del 7 settembre 2016, il governo francese ha osservato che da una lettura congiunta del punto 45 della sentenza del 26 settembre 2000, Commissione/Belgio (C‑478/98, EU:C:2000:497), e del punto 44 della sentenza del 17 luglio 1997, Leur‑Bloem (C‑28/95, EU:C:1997:369), emerge che la Corte intende nello stesso modo la nozione di presunzione generale di frode quando esamina la compatibilità di una normativa nazionale con il diritto primario, segnatamente con l’articolo 49 TFUE, e con l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434.

74.      Di conseguenza, le considerazioni che ho esposto nelle presenti conclusioni sulla proporzionalità del sistema di previa autorizzazione di cui trattasi e la presunzione generale di frode o di evasione fiscale che esso istituisce si applicano, mutatis mutandis, all’analisi del sistema di autorizzazione rispetto all’articolo 49 TFUE, che, pertanto, per gli stessi motivi dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434, osta ad un sistema di previa autorizzazione come quello di cui trattasi.

VI – Conclusione

75.      Alla luce delle considerazioni che precedono, invito la Corte a rispondere alla seconda questione pregiudiziale sollevata dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) nel modo seguente:

L’articolo 49 TFUE e l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi, ostano a che una normativa nazionale, ai fini della lotta contro la frode o l’evasione fiscale, subordini il beneficio del regime fiscale comune applicabile alle fusioni e alle operazioni assimilate a una procedura di previa autorizzazione per quanto riguarda i soli conferimenti effettuati a favore di persone giuridiche straniere, escludendo quelli effettuati a favore di persone giuridiche di diritto nazionale, ed imponga sistematicamente al contribuente di dimostrare l’effettività e la veridicità di un’operazione, anche in mancanza del minimo indizio di frode o di evasione fiscale.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 1990, L 225, pag. 1.


3      Come descritto nella domanda di pronuncia pregiudiziale.


4      La direttiva 90/434 è stata abrogata, per motivi di chiarezza e razionalità, dalla direttiva 2009/133/CE del Consiglio, del 19 ottobre 2009, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, alle scissioni parziali, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti società di Stati membri diversi e al trasferimento della sede sociale di una SE e di una SCE tra Stati membri (GU 2009, L 310, pag. 34), che ha codificato la direttiva 90/434. Rilevo che l’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2009/133 è sostanzialmente simile all’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434.


5      Il primo considerando della direttiva 90/434 enuncia quanto segue: «considerando che le fusioni, le scissioni, i conferimenti d’attivo e gli scambi d’azioni che interessano società di Stati membri diversi possono essere necessari per porre in essere nella Comunità condizioni analoghe a quelle di un mercato interno e per garantire in tal modo l’instaurazione ed il buon funzionamento del mercato comune; che tali operazioni non devono essere intralciate da restrizioni, svantaggi e distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri; che occorre quindi istituire per queste operazioni regole fiscali neutre nei riguardi della concorrenza, per consentire alle imprese di adeguarsi alle esigenze del mercato comune, di migliorare la loro produttività e di rafforzare la loro posizione competitiva sul piano internazionale (…)». Il corsivo è mio.


6      V. sentenza del 20 maggio 2010, Modehuis A. Zwijnenburg (C‑352/08, EU:C:2010:282, punto 38).


7      V. sentenza del 20 maggio 2010, Modehuis A. Zwijnenburg (C‑352/08, EU:C:2010:282, punto 39).


8      V. sentenza del 20 maggio 2010, Modehuis A. Zwijnenburg (C‑352/08, EU:C:2010:282, punto 40).


9      V. sentenza del 17 luglio 1997, Leur-Bloem (C‑28/95, EU:C:1997:369, punto 35).


10      Il corsivo è mio. V. sentenza del 17 luglio 1997, Leur-Bloem (C‑28/95, EU:C:1997:369, punto 38). L’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 riflette il principio generale del diritto dell’Unione che vieta l’abuso del diritto. V. sentenza del 10 novembre 2011, Foggia – Sociedade Gestora de Participações Sociais (C‑126/10, EU:C:2011:718, punto 50).


11      V. anche sentenza del 20 maggio 2010, Modehuis A. Zwijnenburg (C‑352/08, EU:C:2010:282, punto 43). Va rilevato che, ai punti 45 e 46 di tale sentenza, la Corte ha sottolineato che solo in via eccezionale e in casi particolari gli Stati membri possono rifiutare di applicare, in tutto o in parte, le disposizioni di tale direttiva o revocarne il beneficio in forza dell’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434. Di conseguenza, l’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434, in quanto disposizione derogatoria, dev’essere interpretato restrittivamente tenendo conto del suo testo, del suo obiettivo, nonché del contesto di cui fa parte.


12      Sentenza del 10 novembre 2011, Foggia – Sociedade Gestora de Participações Sociais (C‑126/10, EU:C:2011:718, punto 37).


13      V., in tal senso, sentenza del 10 novembre 2011, Foggia – Sociedade Gestora de Participações Sociais (C‑126/10, EU:C:2011:718, punto 37 e giurisprudenza citata).


14      L’esistenza di una clausola sospensiva implica di fatto che l’operazione non si realizzi.


15      Il corsivo è mio.


16      Infatti, il problema di cui trattasi riguarda una domanda di previa autorizzazione e non una domanda preventiva di autorizzazione!


17      V. articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434 e paragrafo 25 delle presenti conclusioni.


18      Inoltre, ritengo che spetti all’amministrazione nazionale dimostrare la mancanza di una ragione economica per poter beneficiare della presunzione prevista dall’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), seconda frase, della direttiva 90/434 che un’operazione ha come obiettivo principale la frode o l’evasione fiscale. V. paragrafi da 26 a 28 delle presenti conclusioni.


19      Ossia che «le modalità dell’operazione consentono di garantire la futura imposizione delle plusvalenze in sospensione di imposta».


20      Né d’altronde dalla riserva di competenza degli Stati membri di cui all’articolo 11, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 90/434 che riguarda la rappresentanza dei lavoratori.


21      Unico elemento previsto dall’articolo 11, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 90/434.


22      V., ad esempio, sentenza del 5 luglio 2012, SIAT (C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 45).


23      Ai sensi del quarto considerando della direttiva 90/434, «il regime fiscale comune deve evitare un’imposizione all’atto di una fusione, di una scissione, di un conferimento d’attivo o di uno scambio di azioni, pur tutelando gli interessi finanziari dello Stato cui appartiene la società conferente o acquisita». V., anche, per analogia, il sesto considerando della direttiva 90/434, secondo cui «il sistema del riporto dell’imposizione delle plusvalenze inerenti ai beni conferiti, fino alla loro effettiva realizzazione, applicato ai beni inerenti a detto stabilimento permanente, consente di evitare un’imposizione delle plusvalenze corrispondenti, pur garantendo la loro successiva imposizione da parte dello Stato della società conferente, all’atto della loro realizzazione».


24      Durante l’udienza del 7 settembre 2016 e su quesito posto dalla Corte, il governo francese non è stato in grado di confermare l’obiettivo di tale terza condizione. Orbene, l’Euro Park ha sostenuto in sede di udienza che la terza condizione mira a garantire che sul territorio francese sia mantenuto uno stabilimento permanente.


25      GU 2010, L 84, pag. 1.


26      Secondo la Commissione, «sembra spetti esclusivamente al contribuente dimostrare che non vi è stato abuso o evasione fiscale e ciò senza che l’amministrazione fiscale sia tenuta a fornire un benché minimo indizio, al fine di consentire in seguito soltanto al contribuente di addurre gli elementi che dimostrano la mancanza di frode o di evasione fiscale».


27      V., per analogia, sentenza del 9 novembre 2006, Commissione/Belgio (C‑433/04, EU:C:2006:702, punto 35 e giurisprudenza citata) ove la Corte ha dichiarato «che una presunzione generale di evasione o di frode fiscale non può bastare a giustificare una misura che pregiudichi gli obiettivi del Trattato». V. anche sentenze del 4 marzo 2004, Commissione/Francia (C‑334/02, EU:C:2004:129, punto 27), del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punti 50 e 51), nonché del 13 marzo 2007, Test Claimants in the Thin Cap Group Litigation (C‑524/04, EU:C:2007:161, punto 82).


28      V. sentenza del 3 ottobre 2013, Itelcar (C‑282/12, EU:C:2013:629, punto 37 e giurisprudenza citata).


29      V., per analogia, sentenza del 5 luglio 2012, SIAT (C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 55), dove la Corte rileva che «la regola speciale impone al contribuente (…) di dimostrare sistematicamente l’effettività e la veridicità di tutte le prestazioni, nonché di provare il carattere normale di tutti i corrispettivi ad esse attinenti, senza che l’amministrazione sia tenuta a fornire un benché minimo indizio di prova di frode o di evasione fiscale».


30      V., per analogia, sentenza del 5 luglio 2012, SIAT (C‑318/10, EU:C:2012:415, punto 42). La Commissione ritiene che, sebbene la normativa nazionale di cui trattasi sia idonea ad ostacolare comportamenti consistenti nel creare costruzioni puramente artificiose, prive di effettività economica e finalizzate ad eludere la normale imposta sugli utili generati da attività svolte sul territorio nazionale, tale normativa violi il principio di proporzionalità.


31      La Commissione ritiene che la presunzione generale di frode o evasione fiscale istituita dalla normativa francese vanifichi l’obiettivo della direttiva 90/434.


32      L’Euro Park fa valere che, sebbene il requisito dell’autorizzazione non sia di per sé contrario alla direttiva, il suo rilascio non può essere validamente subordinato a restrizioni aggiuntive rispetto a quelle previste dalla direttiva 90/434.


33      V. paragrafi 30 e 32 delle presenti conclusioni.


34      V. sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 35 e giurisprudenza citata).


35      V. sentenza del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 36).


36      V. paragrafi da 42 a 44 delle presenti conclusioni.


37      V. sentenza del 7 settembre 2006, N (C‑470/04, EU:C:2006:525, punto 40 e giurisprudenza citata).


38      V. sentenze del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punti 51 e 55), e del 9 novembre 2006, Commissione/Belgio (C‑433/04, EU:C:2006:702 punto 35 e giurisprudenza citata).