Language of document : ECLI:EU:C:2012:541

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 6 settembre 2012 (1)

Causa C‑175/11

H. I. D.,

B. A.

contro

Refugee Applications Commissioner,

Refugee Appeals Tribunal,

Minister for Justice, Equality and Law Reform,

Irlanda,

Attorney General

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla High Court (Irlanda)]

«Domanda di un cittadino di un paese terzo volta ad ottenere lo status di rifugiato – Procedura nazionale che prevede un procedimento accelerato o prioritario per l’esame delle domande presentate dalle persone appartenenti a una determinata categoria definita sulla base della nazionalità o del paese d’origine»





1.        Nell’ambito della presente causa, la High Court (Irlanda) ha chiesto alla Corte di pronunciarsi sull’interpretazione di due disposizioni della direttiva 2005/85/CE (2) che stabilisce un quadro minimo per le procedure di riconoscimento e di revoca dello status di rifugiato. La prima delle suddette disposizioni, l’articolo 23, paragrafi 3 e 4, autorizza gli Stati membri ad esaminare una domanda di asilo mediante una procedura prioritaria o accelerata. La seconda, l’articolo 39, impone agli Stati membri di riconoscere al richiedente asilo il diritto a un mezzo d’impugnazione efficace dinanzi a un giudice, in particolare avverso la decisione sulla sua domanda di asilo.

2.        I ricorrenti nel procedimento principale, cittadini nigeriani, ritengono che le due disposizioni in parola ostino al meccanismo di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato previsto in Irlanda, nella parte in cui tale meccanismo prevede che il Minister for Justice, Equality and Law Reform possa decidere che determinate categorie di domande di asilo, definite sulla base della nazionalità del richiedente asilo, siano esaminate con una procedura prioritaria o accelerata. Essi ritengono, inoltre, che la possibilità di presentare un ricorso dinanzi al Refugee Appeals Tribunal (Irlanda) non garantisca loro un mezzo di impugnazione efficace.

3.        Il giudice del rinvio chiede quindi alla Corte di pronunciarsi su questi due aspetti.

4.        Nelle presenti conclusioni esporrò le ragioni per cui ritengo che l’articolo 23, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2005/85 vada interpretato nel senso che non preclude a uno Stato membro di prevedere che determinate categorie di domande di asilo, definite sulla base della nazionalità o del paese di origine del richiedente, siano esaminate con una procedura prioritaria o accelerata.

5.        Illustrerò inoltre perché, a mio avviso, l’articolo 39 della direttiva in parola e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») vadano interpretati nel senso che non ostano ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, in forza della quale la decisione dell’autorità accertante può essere impugnata dinanzi al Refugee Appeals Tribunal e alla High Court.

I –    Contesto normativo

A –    Diritto internazionale

6.        La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 (3), è entrata in vigore il 22 aprile 1954 ed è stata completata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati del 31 gennaio 1967, entrato in vigore il 4 ottobre 1967.

7.        L’articolo 3 della convenzione di Ginevra stabilisce che gli Stati contraenti applicano le disposizioni della suddetta convenzione ai rifugiati senza discriminazioni quanto alla razza, alla religione o al paese d’origine.

B –    Diritto dell’Unione

8.        La direttiva 2005/85 mira a stabilire nell’Unione un quadro minimo sulle procedure per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato (4) al fine di ridurre le disparità esistenti tra le procedure di esame negli Stati membri.

9.        Il suddetto regime europeo comune in materia di asilo si basa sull’applicazione, in ogni sua componente, della convenzione di Ginevra (5).

10.      A norma del suo ottavo considerando, la direttiva 2005/85 rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare nella Carta. Il nono considerando della direttiva in parola stabilisce peraltro che, per quanto riguarda il trattamento delle persone che rientrano nel suo ambito di applicazione, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti di diritto internazionale di cui sono parti e che vietano le discriminazioni.

11.      Il ventisettesimo considerando della direttiva di cui trattasi sancisce che è un principio fondamentale del diritto dell’Unione che le decisioni relative a una domanda di asilo e alla revoca dello status di rifugiato siano soggette ad un rimedio effettivo dinanzi a un giudice a norma dell’articolo 267 TFUE. L’effettività del rimedio, anche per quanto concerne l’esame degli elementi pertinenti, dipende dal sistema amministrativo e giudiziario di ciascuno Stato membro considerato nel suo complesso.

12.      In conformità dell’articolo 4, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2005/85, gli Stati membri devono designare un’autorità che sarà competente per l’esame adeguato delle domande di asilo. Per tale autorità s’intende qualsiasi organo quasi giurisdizionale o amministrativo di uno Stato membro che sia competente a esaminare le domande di asilo e a prendere una decisione di primo grado al riguardo (6).

13.      L’esame effettuato dall’autorità accertante deve rispettare un certo numero di principi e garanzie fondamentali.

14.      L’articolo 8, paragrafo 2, della suddetta direttiva è così formulato:

«Gli Stati membri provvedono affinché le decisioni dell’autorità accertante relative alle domande di asilo siano adottate previo congruo esame. A tal fine gli Stati membri dispongono:

a)      che le domande siano esaminate e le decisioni prese in modo individuale, obiettivo ed imparziale;

b)      che pervengano da varie fonti informazioni precise e aggiornate, quali l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), circa la situazione generale esistente nel paese di origine dei richiedenti asilo e, ove occorra, nei paesi in cui questi hanno transitato e che tali informazioni siano messe a disposizione del personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito;

c)      che il personale incaricato di esaminare le domande e decidere in merito abbia una conoscenza dei criteri applicabili in materia di asilo e di diritto dei rifugiati».

15.      L’articolo 9, paragrafo 1 e paragrafo 2, primo comma, della direttiva 2005/85 prevede peraltro che le decisioni sulle domande di asilo devono essere comunicate per iscritto, che la decisione con cui viene respinta una domanda deve essere corredata di motivazioni de jure e de facto e che il richiedente deve essere informato per iscritto dei mezzi per impugnare tale decisione negativa.

16.      I richiedenti asilo devono altresì beneficiare di un minimo di garanzie, come quella di essere informati in una lingua che comprendono, di poter essere assistiti da un interprete, di poter comunicare con l’UNHCR, di essere avvertiti della decisione relativa alla loro domanda di asilo con anticipo ragionevole o, ancora, di essere informati dell’esito della decisione (7). Deve essere riconosciuta loro, inoltre, la facoltà di sostenere un colloquio personale sulla loro domanda di asilo con una persona competente, prima che l’autorità accertante decida (8).

17.      Al capo III della direttiva 2005/85, dal titolo «Procedure di primo grado», l’articolo 23, dedicato alle procedure di esame, prevede, al suo paragrafo 2, primo comma, che gli Stati membri devono provvedere affinché siffatta procedura sia espletata quanto prima possibile, fatto salvo un esame adeguato e completo.

18.      L’articolo 23, paragrafo 3, della direttiva in parola dispone quanto segue:

«Gli Stati membri possono esaminare in via prioritaria o accelerare l’esame conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, anche qualora la domanda sia verosimilmente fondata o il richiedente abbia particolari bisogni».

19.      Agli Stati membri viene accordata questa stessa possibilità di prevedere che una procedura d’esame sia valutata in via prioritaria o accelerata in una serie di casi elencanti all’articolo 23, paragrafo 4, lettere a)‑o), della direttiva, il quale stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri possono altresì prevedere che una procedura d’esame sia valutata in via prioritaria o accelerata conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, se:

a)      il richiedente ha sollevato soltanto questioni che non hanno alcuna pertinenza o hanno pertinenza minima per esaminare se attribuirgli la qualifica di rifugiato a norma della direttiva 2004/83/CE [(9)]; oppure

b)      il richiedente chiaramente non può essere considerato rifugiato o non è a lui attribuibile la qualifica di rifugiato in uno Stato membro a norma della direttiva 2004/83/CE; o

c)      la domanda di asilo è giudicata infondata:

i)      poiché il richiedente proviene da un paese di origine sicuro a norma degli articoli 29, 30 e 31; o

ii)      poiché il paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente, fatto salvo l’articolo 28, paragrafo 1; o

d)      il richiedente ha indotto in errore le autorità presentando informazioni o documenti falsi od omettendo informazioni pertinenti o documenti relativi alla sua identità e/o alla sua cittadinanza che avrebbero potuto influenzare la decisione negativamente; o

e)      il richiedente ha presentato un’altra domanda di asilo contenente dati personali diversi; o

f)      il richiedente non ha fornito le informazioni necessarie per accertare, con ragionevole certezza, la sua identità o cittadinanza oppure è probabile che, in mala fede, abbia distrutto o comunque fatto sparire un documento d’identità o di viaggio che avrebbe permesso di accertarne l’identità o la cittadinanza; o

g)      il richiedente ha rilasciato dichiarazioni incoerenti, contraddittorie, improbabili o insufficienti, che rendono chiaramente non convincente la sua asserzione di essere stato oggetto di persecuzione di cui alla direttiva 2004/83/CE; o

h)      il richiedente ha reiterato la domanda di asilo senza addurre nuovi elementi pertinenti in merito alle sue condizioni personali o alla situazione nel suo paese d’origine; o

i)      il richiedente, senza un valido motivo e pur avendo avuto la possibilità di presentare la domanda in precedenza, ha omesso di farlo; o

j)      il richiedente presenta la domanda al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di una decisione anteriore o imminente che ne comporterebbe l’allontanamento; o

k)      il richiedente, senza un valido motivo, non ha adempiuto agli obblighi di cui all’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2004/83/CE o all’articolo 11, paragrafo 2, lettere a) e b), e all’articolo 20, paragrafo 1, della presente direttiva; o

l)      il richiedente è entrato illegalmente nel territorio dello Stato membro o vi ha prolungato illegalmente il soggiorno e, senza un valido motivo, non si è presentato alle autorità e/o non ha presentato la domanda di asilo quanto prima possibile rispetto alle circostanze del suo ingresso; o

m)      il richiedente costituisce un pericolo per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico dello Stato membro o il richiedente è stato espulso con efficacia esecutiva per gravi motivi di sicurezza e di ordine pubblico a norma della legislazione nazionale; o

n)      il richiedente rifiuta di adempiere all’obbligo del rilievo dattiloscopico a norma della pertinente normativa [dell’Unione] e/o nazionale; o

o)      la domanda è stata presentata da un minore non coniugato cui si applica l’articolo 6, paragrafo 4, lettera c), dopo che una decisione abbia respinto la domanda dei genitori o del genitore responsabili del minore e non siano stati addotti nuovi elementi pertinenti rispetto alle particolari circostanze del minore o alla situazione nel suo paese d’origine».

20.      A norma dell’articolo 39, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2005/85/CE, gli Stati membri devono peraltro garantire ai richiedenti asilo il diritto a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice, in particolare con riguardo alle decisioni sulle loro domande di asilo. A tal fine, essi devono prevedere i termini e le altre norme necessarie per l’esercizio, da parte del richiedente, del diritto ad un mezzo di impugnazione efficace (10). Gli Stati membri possono altresì stabilire i termini entro i quali il giudice esamina la decisione dell’autorità accertante (11).

21.      Il legislatore dell’Unione ha inoltre definito alcune nozioni. A norma dell’articolo 2, lettera d), della direttiva 2005/85, per «decisione definitiva» s’intende così una decisione che stabilisce se a un cittadino di un paese terzo o a un apolide sia concesso lo status di rifugiato a norma della direttiva 2004/83 e che non è più impugnabile nell’ambito del capo V della direttiva 2005/85. In base all’articolo 2, lettera e), di quest’ultima direttiva, l’autorità accertante è qualsiasi organo quasi giurisdizionale o amministrativo di uno Stato membro che sia competente ad esaminare le domande di asilo e a prendere una decisione di primo grado al riguardo, fatto salvo l’allegato I della suddetta direttiva.

22.      L’allegato in parola stabilisce che, nell’attuare le disposizioni della direttiva 2005/85, l’Irlanda può considerare che per autorità accertante di cui all’articolo 2, lettera e), della stessa, s’intende, per quanto attiene all’esame volto a determinare se a un richiedente debba essere o meno attribuita la qualifica di rifugiato, l’Office of the Refugee Applications Commissioner (ufficio del commissario competente per le domande di asilo, in prosieguo: l’«ORAC»). Analogamente, sempre in base a tale allegato, le decisioni di primo grado oggetto della stessa disposizione comprendono le raccomandazioni del Refugee Applications Commissioner in merito all’opportunità o meno di attribuire a un richiedente la qualifica di rifugiato.

C –    Diritto irlandese

23.      La legge del 1996 sui rifugiati (Refugee Act 1996), come modificata dall’articolo 11, paragrafo 1, della legge del 1999 sull’immigrazione (Immigration Act 1999), dall’articolo 9 della legge del 2000 sull’immigrazione clandestina [Illegal Immigrants (Trafficking) Act 2000] e dall’articolo 7 della legge del 2003 sull’immigrazione (Immigration Act 2003; in prosieguo: la «legge del 1996 sui rifugiati»), contiene in particolare le regole procedurali per le domande di asilo.

24.      Dalla sentenza della High Court del 9 febbraio 2011 (12), messa a disposizione dal giudice del rinvio, si evince che la procedura di esame di una domanda di asilo si svolge secondo le modalità di seguito illustrate.

25.      A norma dell’articolo 8 della legge del 1996 sui rifugiati, la domanda di asilo viene presentata al Refugee Applications Commissioner. L’articolo 11 della suddetta legge stabilisce che tale membro dell’ORAC ha il compito di conferire con il richiedente, di effettuare le indagini e di raccogliere le informazioni necessarie. Esso redige quindi una relazione con la quale formula una raccomandazione positiva o negativa quanto al riconoscimento dello status di rifugiato al richiedente interessato e trasmette tale relazione al Minister for Justice, Equality and Law Reform (13).

26.      A norma dell’articolo 17, paragrafo 1, della legge del 1996 sui rifugiati, se la raccomandazione del Refugee Applications Commissioner è positiva, il Minister for Justice, Equality and Law Reform è tenuto a riconoscere lo status di rifugiato al richiedente interessato. Qualora venga raccomandato di non concedere lo status di rifugiato al richiedente, quest’ultimo può, a norma dell’articolo 16 della legge in parola, impugnare la raccomandazione del Refugee Applications Commissioner dinanzi al Refugee Appeals Tribunal (Irlanda).

27.      L’appello dinanzi al Refugee Appeals Tribunal può comprendere una fase orale dinanzi ad un suo membro. A seguito di tale udienza, il Refugee Appeals Tribunal confermerà o meno la raccomandazione dell’Applications Commissioner. Qualora esso accolga la domanda del richiedente e ritenga che la raccomandazione debba essere positiva, il Minister for Justice, Equality and Law Reform è tenuto, in conformità dell’articolo 17, paragrafo 1, della legge in parola, a riconoscere lo status di rifugiato. In caso contrario, se il Refugee Appeals Tribunal ritiene che la raccomandazione debba essere negativa, il Minister for Justice, Equality and Law Reform mantiene il potere discrezionale di decidere se riconoscere o meno il suddetto status.

28.      In virtù dell’articolo 5 della legge del 2000 sull’immigrazione clandestina, i richiedenti asilo possono contestare la fondatezza delle raccomandazioni del Refugee Applications Commissioner e delle decisioni del Refugee Appeals Tribunal dinanzi alla High Court, fatte salve le condizioni speciali applicabili alle questioni in materia di asilo. I procedimenti principali sono stati introdotti dinanzi al giudice del rinvio sulla base di tale disposizione.

29.      In base alla suddetta disposizione, è possibile proporre impugnazione avverso la decisione della High Court dinanzi alla Supreme Court solo se la High Court stessa ha pronunciato una sentenza che autorizza l’impugnazione (certificate of leave to appeal). A tal fine, l’articolo 46, paragrafo 3, della legge del 2002 sui tribunali e gli operatori giudiziari (Courts and Courts Officers Act 2002), come modificata all’epoca dei fatti oggetto del procedimento principale, prevede che la High Court debba pronunciarsi sull’autorizzazione in parola entro un termine di due mesi a decorrere dal giorno dell’udienza. Questo termine può tuttavia essere prorogato.

30.      Occorre altresì precisare che l’articolo 12 della legge del 1996 sui rifugiati stabilisce che il Minister for Justice, Equality and Law Reform può, quando lo ritenga necessario o opportuno, dare istruzioni scritte al Refugee Applications Commissioner e/o al Refugee Appeals Tribunal chiedendo che uno dei due, o entrambi, a seconda dei casi, dia priorità a determinate categorie di domande. Può trattarsi, come nel caso di specie, di una priorità in funzione del paese d’origine o della residenza abituale dei richiedenti, o ancora dei legami familiari tra i richiedenti, o dell’età, in particolare se si tratta di un minore.

31.      A tal proposito, l’11 dicembre 2003, il Minister for Justice, Equality and Law Reform, sulla base di detta disposizione, ha inviato al Refugee Applications Commissioner e al Refugee Appeals Tribunal istruzioni volte a dare priorità alle domande di asilo presentate, dal 15 dicembre 2003, da cittadini nigeriani.

32.      L’allegato II della legge del 1996 sui rifugiati stabilisce che il Refugee Appeals Tribunal è composto da un presidente e dai membri ordinari che il Minister for Justice, Equality and Law Reform, di concerto con il Minister for Finance, ritiene necessari per lo svolgimento rapido delle attività del Refugee Appeals Tribunal, ciascuno dei quali deve avere acquisito, prima della sua nomina, almeno cinque anni di esperienza come barrister o come solicitor. I membri del Refugee Appeals Tribunal vengono nominati dal Minister for Justice, Equality and Law Reform. Ciascun membro viene nominato per un periodo di tre anni, secondo le modalità che, fatte salve le disposizioni dell’allegato in parola, vengono stabilite dal Minister for Justice, Equality and Law Reform al momento della sua nomina. Il presidente del Refugee Appeals Tribunal esercita le sue funzioni in forza di un contratto di servizi scritto, che contiene le condizioni che possono essere fissate di volta in volta dal Minister for Justice, Equality and Law Reform, di concerto con il Minister for Finance. Ciascun membro riceve un compenso, le indennità e i rimborsi spese che possono essere stabiliti di volta in volta dal Minister for Justice, Equality and Law Reform, di concerto con il Minister for Finance.

33.      All’interno del suddetto allegato viene altresì precisato che un membro ordinario del Refugee Appeals Tribunal può essere rimosso dalle sue funzioni dal Minister for Justice, Equality and Law Reform con provvedimento motivato.

34.      I membri del personale del Refugee Appeals Tribunal sono funzionari ai sensi della legge del 1956 sulla disciplina del pubblico impiego (Civil Service Regulation Act 1956).

II – Fatti del procedimento principale

35.      Il fatti del procedimento principale, come si evincono dalla citata sentenza della High Court del 9 febbraio 2011, messa a disposizione dal giudice del rinvio, sono i seguenti.

36.      La causa HID riguarda una bambina di dieci anni all’epoca dei fatti in questione, cittadina nigeriana, giunta in Irlanda con la madre nel 2008. Quest’ultima ha presentato, a nome della figlia minorenne, una domanda di asilo all’ORAC motivandola sulla base delle minacce di escissione e di morte subite da quest’ultima da parte della famiglia del padre. Un’altra figlia della coppia sarebbe già stata uccisa nel 2007 dopo aver subito un tale trattamento.

37.      Il Refugee Applications Commissioner, nella sua relazione del 15 agosto 2008, ha ritenuto che la domanda della minore doveva essere respinta poiché le dichiarazioni della madre sarebbero risultate poco credibili e la polizia locale avrebbe offerto una protezione sufficiente. La madre della minore ha impugnato la suddetta relazione dinanzi al Refugee Appeals Tribunal. L’impugnazione è stata rinviata sino alla pronuncia del giudice del rinvio nell’ambito dei presenti procedimenti.

38.      Il caso BA riguarda anch’esso un cittadino nigeriano entrato nel territorio irlandese nell’agosto 2008 e che ha presentato domanda di asilo all’ORAC a motivo dei maltrattamenti subiti nel paese di origine a causa del suo orientamento sessuale.

39.      Con la sua relazione del 25 agosto 2008, il Refugee Applications Commissioner ha emesso un parere negativo sulla domanda del cittadino in parola, non ritenendo credibili le sue dichiarazioni. BA ha impugnato detto parere dinanzi al Refugee Appeals Tribunal. Con decisione del 25 novembre 2008, quest’ultimo ha respinto l’impugnazione non valutando come credibili gli elementi dedotti dal richiedente.

40.      La sig.ra D e il sig. A hanno entrambi presentato ricorso dinanzi alla High Court per ottenere l’annullamento delle relazioni del Refugee Applications Commissioner, rispettivamente del 15 e del 25 agosto 2008, nonché delle istruzioni inviate dal Minister for Justice, Equality and Law Reform l’11 dicembre 2003 volte a dare priorità alle domande di asilo proposte dai cittadini nigeriani.

41.      Con la sua sentenza del 9 febbraio 2011 la High Court ha rigettato le impugnazioni e non ha accolto le domande dei richiedenti.

42.      Attualmente la High Court è chiamata a pronunciarsi su una domanda proposta dai richiedenti al fine di poter presentare ricorso dinanzi alla Supreme Court. In base all’articolo 5 della legge del 2000 sull’immigrazione clandestina, un siffatto ricorso può essere proposto soltanto se la High Court emette, sul punto, una sentenza che lo autorizza e attesta che la decisione implica una questione di diritto di interesse generale eccezionale e che è auspicabile, nell’interesse generale, che venga presentata impugnazione (certificate of leave to appeal).

III – Questioni pregiudiziali

43.      La High Court, nutrendo dei dubbi sull’interpretazione di alcune disposizioni della direttiva 2005/85 e ritenendo necessario ottenere una decisione pregiudiziale della Corte al fine di stabilire se vada accordata l’autorizzazione a proporre ricorso dinanzi alla Supreme Court, ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le disposizioni della direttiva (…) 2005/85 (...) o i principi generali di diritto dell’Unione (...) precludano a uno Stato membro di adottare misure amministrative le quali prevedano che una categoria di domande d’asilo, definita sulla base della nazionalità o del paese d’origine del richiedente asilo, sia valutata e decisa secondo il procedimento accelerato o in via prioritaria.

2)      Se l’articolo 39 [della] direttiva [2005/85], in combinato disposto con il considerando 27 della stessa e con l’articolo 267 TFUE, debba essere interpretato nel senso che il mezzo di impugnazione efficace ivi richiesto sia previsto dalla normativa nazionale quando la funzione di riesame o di ricorso rispetto alla decisione di prima istanza sulle domande è attribuita dalla legge a un ricorso dinanzi a un tribunale istituito da una legge e competente a emettere decisioni vincolanti in favore del richiedente asilo su tutte le questioni di diritto o di fatto relative alla domanda, nonostante l’esistenza di meccanismi amministrativi e organizzativi che riguardano tutti o solo alcuni dei seguenti aspetti:

–      il fatto che un ministro del governo conservi un potere discrezionale residuale di invertire una decisione negativa su una domanda d’asilo;

–      l’esistenza di legami organizzativi o amministrativi tra gli organi responsabili della decisione di prima istanza e quelli responsabili della decisione sul ricorso;

–      il fatto che i membri del tribunale con potere decisionale siano nominati dal Minister e svolgano le loro funzioni a tempo parziale per un periodo di tre anni e siano remunerati per ciascun singolo caso;

–      il fatto che il Minister mantenga il potere di impartire ordini del genere specificato negli articoli 12, 16, [paragrafo 2B, lettera b)], e 16, paragrafo 11, della legge [sui rifugiati]».

IV – Analisi

44.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in sostanza, se l’articolo 23, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2005/85 debba essere interpretato nel senso che osta a che uno Stato membro preveda che determinate categorie di domande di asilo, definite sulla base del paese d’origine o della nazionalità del richiedente asilo, siano valutate e decise secondo un procedimento accelerato o in via prioritaria.

45.      Con la seconda questione esso chiede poi, in sostanza, se l’articolo 39 della direttiva in parola e il principio della tutela giurisdizionale effettiva, sancito all’articolo 47 della Carta, precludano una disciplina come quella oggetto del procedimento principale la quale prevede che le decisioni dell’autorità accertante vadano impugnate dinanzi al Refugee Appeals Tribunal, di cui i richiedenti contestano la qualità di organo giurisdizionale indipendente.

A –    Sul ricorso a una procedura accelerata o prioritaria sulla base della nazionalità o del paese d’origine del richiedente asilo

46.      In via preliminare, ritengo opportuno ricordare lo spirito che anima la direttiva 2005/85.

47.      La direttiva 2005/85 si propone, in conformità del suo articolo 1, di stabilire norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato basate su due principi essenziali, in linea con le aspettative illustrate nelle conclusioni della presidenza del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999 (14): l’equità e l’efficacia (15).

48.      Per soddisfare il principio di equità, la procedura si basa sul rispetto dei principi fondamentali riconosciuti in particolare dalla Carta (16). Si riferiscono a questo principio le disposizioni succitate contenute nel capo II della direttiva 2005/85, recante il titolo «Principi fondamentali e garanzie».

49.      L’imperativo di efficacia è consacrato all’articolo 23, paragrafo 2, della direttiva in parola, il quale stabilisce che gli Stati membri provvedono affinché la procedura d’esame di una domanda di asilo sia espletata quanto prima possibile, fatto salvo un esame adeguato e completo.

50.      La possibilità per gli Stati membri di applicare una procedura accelerata o prioritaria alle domande di asilo, in conformità dell’articolo 23, paragrafi 3 e 4, della suddetta direttiva, deriva da tale imperativo.

51.      Infatti, come ricordato all’undicesimo considerando della direttiva 2005/85, è nell’interesse, tanto degli Stati membri quanto dei richiedenti asilo, decidere quanto prima possibile in merito alle domande di asilo. Ciò consegue, a mio avviso, in particolare, dal fatto che è importante che i richiedenti conoscano in tempi brevi la loro sorte e dal fatto che un trattamento troppo lungo potrebbe scoraggiarli ed indurli a privilegiare la condizione di clandestinità.

52.      Tanto premesso, occorre ora valutare se l’esame prioritario o accelerato di determinate domande di asilo classificate come tali sulla base della nazionalità del richiedente costituisca una pratica compatibile con l’equilibrio richiesto dalla direttiva 2005/85.

53.      Invero, in occasione dell’udienza, è stato osservato che il trattamento di una domanda di asilo mediante una procedura accelerata o prioritaria può essere disposto, in forza dell’articolo 23, paragrafo 3, della succitata direttiva, soltanto quando la domanda è fondata oppure sulla base di uno dei sedici motivi elencati al paragrafo 4 di tale articolo, quando tutto porta a ritenere che essa sia infondata. Gli Stati membri non potrebbero pertanto sottoporre a una procedura accelerata o prioritaria l’esame delle domanda di asilo sulla sola base della nazionalità dei richiedenti.

54.      I richiedenti ritengono inoltre che la scelta di una procedura accelerata o prioritaria possa riguardare unicamente una domanda individuale e non una simile categoria di domande. Essi ricordano in particolare che l’articolo 3 della convenzione di Ginevra stabilisce che gli Stati contraenti applicano le sue disposizioni ai rifugiati senza discriminazioni quanto alla razza, alla religione o al paese d’origine. Essi ritengono pertanto che l’istituzione di una procedura accelerata o prioritaria per una categoria di persone definite sulla base di un simile criterio sia contraria al principio di non discriminazione per motivi di nazionalità.

55.      Non condivido tale tesi per le ragioni che vado qui di seguito ad esporre.

56.      In sede di redazione della direttiva 2005/85 il legislatore dell’Unione ha osservato, in più occasioni, che gli Stati membri beneficiano di un margine di discrezionalità nell’attuare la procedura di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato. Nella succitata proposta di direttiva, la Commissione europea ha così precisato che le norme per l’attuazione di procedure eque ed efficienti non pregiudicano in nessun caso il potere discrezionale degli Stati membri di considerare con priorità taluni casi in applicazione della loro politica nazionale (17).

57.      Questa stessa intenzione del legislatore dell’Unione di concedere agli Stati membri un margine di discrezionalità si ritrova anche nel testo stesso della direttiva di cui trattasi dedicato alla procedura d’esame. Il suo undicesimo considerando enuncia così che l’organizzazione dell’esame delle domande di asilo dovrebbe essere lasciata alla discrezione degli Stati membri, di modo che questi possano scegliere, in base alle esigenze nazionali, di esaminare in via prioritaria talune domande, o di accelerarne l’esame, conformemente alle norme stabilite all’interno della direttiva.

58.      Il testo dell’articolo 23, paragrafo 3, della direttiva 2005/85 sembra andare, a mio avviso, nella stessa direzione. In forza di tale disposizione, gli Stati membri «possono» esaminare in via prioritaria una domanda o accelerarne l’esame, «anche» qualora la domanda sia verosimilmente fondata o il richiedente abbia particolari bisogni. Allo stesso modo, il paragrafo 4 dell’articolo in esame accorda agli Stati membri la possibilità di applicare la procedura accelerata o prioritaria sulla base di sedici motivi specifici che giustificano l’applicazione di una tale possibilità, ricorrendo anche in questo caso al verbo «potere».

59.      Il legislatore dell’Unione ha inteso, quindi, rimettere agli Stati membri la scelta se optare per una procedura accelerata o prioritaria nel trattamento delle domande di asilo (18), dal momento che l’impiego, nell’articolo 23, paragrafo 3, della direttiva 2005/85, del termine «anche» dimostra, a nostro avviso, che una tale procedura può essere applicata sia a domande fondate che a domande infondate.

60.      Al punto 29 della sentenza del 28 luglio 2011, Samba Diouf (19), la Corte ha d’altronde sottolineato che le procedure istituite dalla suddetta direttiva costituiscono norme minime e che gli Stati membri dispongono sotto vari profili di una certa discrezionalità per l’attuazione delle sue disposizioni, tenendo conto delle specificità del diritto nazionale. Tale potere discrezionale riconosciuto agli Stati membri fa parte integrante del sistema europeo comune di asilo elaborato dal legislatore dell’Unione (20).

61.      Non va dimenticato, infatti, che la direttiva in parola costituisce il primo passo nella creazione di un regime comune europeo in materia di asilo (21) e che essa realizza un’armonizzazione minima, dal momento che gli Stati membri non sono obbligati ad applicare procedure uniformi e mantengono così i loro sistemi nazionali.

62.      A tal riguardo, le necessità a livello nazionale possono variare considerevolmente da uno Stato membro all’altro, dato che i flussi migratori in entrata possono presentare caratteristiche molto differenti. Per poter fronteggiare un afflusso massiccio di richiedenti asilo, quale quello che è verosimile si sia verificato in l’Irlanda con riguardo ai cittadini nigeriani (22), gli Stati membri devono potersi organizzare al meglio al fine di gestire le domande di asilo nel modo più efficace possibile, in linea con l’obiettivo di celerità perseguito dalla direttiva 2005/85 e assicurando il rispetto dei requisiti minimi posti da quest’ultima.

63.      Per quanto attiene all’organizzazione delle procedure e alla fissazione dei termini, deve trovare quindi applicazione il diritto processuale degli Stati membri, conformemente al principio dell’autonomia procedurale dei medesimi (23).

64.      Quanto al principio di non discriminazione, invocato dai richiedenti, ricordo che esso esige non solo che situazioni comparabili non siano trattate in modo diverso, ma anche che situazioni diverse non siano trattate in modo uguale (24).

65.      In materia di asilo, e in particolare nel quadro del sistema instaurato dalla direttiva 2005/85, occorre tener conto del fatto che la nazionalità del richiedente svolge un ruolo determinante (25). È il paese di origine del richiedente, infatti, che va a indirizzare la decisione dell’autorità accertante, poiché quest’ultima è tenuta ad informarsi circa la situazione generale esistente in tale paese (26) al fine di determinare se esista o meno una situazione di pericolo per il richiedente asilo e, se del caso, una necessità di protezione.

66.      Questa d’altronde è la ragione per cui il legislatore dell’Unione ha introdotto la nozione di paesi di origine sicuri, in base alla quale, quando un paese terzo può essere considerato tale, gli Stati membri dovrebbero poterlo designare paese sicuro e presumerne la sicurezza per uno specifico richiedente (27). Gli Stati membri dovrebbero così poter far affidamento su un elenco minimo comune dei paesi d’origine sicuri redatto dal Consiglio dell’Unione europea (28) e dovrebbero poter esaminare la domanda di asilo in base alla presunzione confutabile della sicurezza all’interno di essi (29). A norma dell’articolo 30 della direttiva 2005/85, gli Stati membri, al fine di esaminare le domande di asilo, possono essi stessi designare, come paesi d’origine sicuri, paesi terzi diversi da quelli indicati in detto elenco comune.

67.      A tale titolo, e al fine di agevolare l’esame delle domande di asilo, lo stesso legislatore dell’Unione ha stabilito che gli Stati membri possono decidere di prevedere che una procedura sia valutata in via prioritaria o accelerata quando la domanda di asilo è giudicata infondata in virtù del fatto che il richiedente proviene da un paese di origine sicuro a norma degli articoli 29‑31 della direttiva in parola o il paese che non è uno Stato membro è considerato paese terzo sicuro per il richiedente (30). L’elemento che giustifica il trattamento prioritario o accelerato è quindi qui necessariamente la nazionalità. Il ricorso a un siffatto criterio non è di conseguenza, in nessun caso, contrario, per natura, alla direttiva 2005/85.

68.      D’altro canto, quando si verifica un afflusso massiccio di domande di asilo provenienti dal medesimo paese, la volontà di esaminare in via prioritaria tali domande si pone in linea con l’obiettivo di efficacia perseguito dalla suddetta direttiva, dal momento che, così facendo, il personale incaricato dell’esame, che è tenuto a disporre di informazioni precise e attuali sulla situazione generale esistente nel paese di cui trattasi, è informato al meglio dei pericoli cui possono essere esposti i cittadini di tale Stato. Il trattamento delle domande risulta così più agevole e rapido, il che è anche nell’interesse dei richiedenti.

69.      Dato che l’obiettivo della direttiva 2005/85 è quello di creare un quadro minimo per le procedure di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato garantendo che gli Stati membri rispettino i requisiti minimi da essa posti, in particolare al suo capo II, ritengo che l’assenza di discriminazione debba essere esaminata da un altro punto di vista.

70.      A mio avviso, le situazioni dei richiedenti asilo, che si trovano tutti in una situazione comparabile, dal momento che aspirano tutti ad ottenere la protezione internazionale, devono essere confrontate in funzione del loro trattamento nel corso della procedura di riconoscimento dello status di rifugiato. Il rischio di discriminazione potrebbe consistere, come si è appena detto, non nel ricorso alla nazionalità come criterio che giustifica una procedura prioritaria o accelerata, ma negli effetti di quest’ultima se, per la sua struttura e i termini da essa previsti, essa vada a scardinare quelli che sono oggetto delle garanzie sancite all’articolo 23 della direttiva 2005/85 e che, come specificato da detto ultimo articolo, si applicano a tutte le forme di procedura.

71.      Di conseguenza, la previsione di una procedura prioritaria, come quella oggetto del procedimento principale, non deve avere come effetto quello di rendere, nella pratica, impossibile o inoperante l’esercizio dei diritti che la direttiva in parola conferisce ai richiedenti asilo con cittadinanza nigeriana. Questi ultimi, in particolare, devono poter beneficiare di un termine sufficiente per raccogliere e presentare gli elementi necessari per fondare le loro domande (31), permettendo così all’autorità accertante di compiere un esame equo e completo di dette domande e di garantire che i richiedenti non siano esposti a pericoli nei loro paesi d’origine.

72.      Nel caso di specie, non ritengo che la situazione dei cittadini nigeriani, per il fatto di essere oggetto di una procedura prioritaria, subisca un trattamento diverso rispetto a quello accordato ai richiedenti asilo provenienti da altri paesi terzi (32). In ogni caso, competerà al giudice nazionale verificare se tutti i principi e le garanzie fondamentali enunciati al capo II della direttiva 2005/85/CE siano stati in concreto rispettati nel quadro del trattamento prioritario delle domande di asilo della sig.ra D e del sig. A.

73.      Tanto premesso, ritengo che l’articolo 23, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2005/85 debba essere interpretato nel senso che non preclude a uno Stato membro di prevedere che determinate categorie di domande di asilo, definite sulla base della nazionalità o del paese d’origine del richiedente, siano sottoposte ad una procedura accelerata o prioritaria.

B –    Sulla garanzia di un mezzo di impugnazione efficace ai sensi dell’articolo 39 della direttiva 2005/85

74.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il sistema attuato dalla normativa irlandese in merito alla procedura di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato rispetti la garanzia di un mezzo di impugnazione efficace sancita all’articolo 39 della direttiva 2005/85 e all’articolo 47 della Carta.

75.      Ricordo che l’articolo 39, paragrafo 1, lettera a), della suddetta direttiva stabilisce che gli Stati membri dispongono che il richiedente asilo abbia diritto a un mezzo di impugnazione efficace dinanzi a un giudice avverso la decisione sulla sua domanda di asilo. L’articolo 47 della Carta sancisce, da parte sua, il principio della tutela giurisdizionale effettiva (33).

76.      Il ventisettesimo considerando della direttiva in parola precisa che è un principio fondamentale del diritto dell’Unione che le decisioni relative a una domanda di asilo e alla revoca dello status di rifugiato siano soggette a un rimedio effettivo dinanzi a un giudice a norma dell’articolo 267 TFUE.

77.      I richiedenti sostengono, in particolare, che il Refugee Appeals Tribunal non è un giudice ai sensi di tale disposizione.

78.      Secondo giurisprudenza costante, per valutare se l’organo di rinvio possieda le caratteristiche di un «giudice» ai sensi della disposizione in parola, questione unicamente di diritto dell’Unione, la Corte tiene conto di un insieme di elementi, quali l’origine legale dell’organo, il suo carattere permanente, l’obbligatorietà della sua giurisdizione, la natura contraddittoria del procedimento, il fatto che l’organo applichi norme giuridiche e che sia indipendente (34).

79.      Per quanto riguarda il Refugee Appeals Tribunal, non vi sono dubbi quanto ai criteri relativi all’origine legale, al carattere permanente e all’applicazione di norme giuridiche (35). I richiedenti negano invece che esso presenti il carattere di giurisdizione obbligatoria, che il procedimento dinanzi ad esso abbia natura contraddittoria e che esso sia indipendente. Questi sono quindi i tre punti che vado di seguito ad esaminare.

80.      In primo luogo, occorre osservare che gli articoli 15 e 16, paragrafo 1, della legge del 1996 sui rifugiati istituiscono il Refugee Appeals Tribunal come tribunale competente ad esaminare e decidere delle impugnazioni proposte avverso le raccomandazioni del Refugee Applications Commissioner, le quali sono, ricordiamo, le decisioni di primo grado sulle domande di asilo (36). D’altra parte, in caso di accoglimento dell’impugnazione dinanzi al Refugee Appeals Tribunal, il Minister for Justice, Equality and Law Reform è tenuto, in conformità dell’articolo 17, paragrafo 1, della legge in parola, a riconoscere lo status di rifugiato. Solo se il Refugee Appeals Tribunal non accoglie il ricorso del richiedente asilo, il Minister for Justice, Equality and Law Reform può comunque decidere di riconoscere il suddetto status. Con l’adozione della decisione a favore del richiedente asilo viene meno pertanto ogni margine di discrezionalità. Le decisioni positive del Refugee Appeals Tribunal hanno quindi forza obbligatoria e vincolano le autorità statali.

81.      In secondo luogo, va ricordato che il requisito del procedimento in contraddittorio non è un criterio assoluto (37). Ritengo pertanto che il fatto che l’ORAC non debba essere rappresentato davanti al Refugee Appeals Tribunal abbia poca importanza. Di contro, osservo che l’articolo 16, paragrafo 5, della legge del 1996 sui rifugiati impone al Refugee Applications Commissioner di fornire al Refugee Appeals Tribunal le copie di tutte le relazioni, dei documenti e delle dichiarazioni scritte che gli sono state presentate ai sensi dell’articolo 11 della legge in parola, oltre ad un’informativa scritta sulla natura e la provenienza di tutte le altre informazioni inerenti alla domanda di cui è venuto a conoscenza nel corso delle sue indagini. In conformità dell’articolo 16, paragrafo 8, della suddetta legge, il Refugee Appeals Tribunal fornisce dette stesse copie al richiedente e al suo solicitor, nonché, previa richiesta, all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati. Il Refugee Appeals Tribunal può inoltre anche fissare un’udienza nel corso della quale può chiamare a comparire tutte le persone di cui sia stata richiesta la testimonianza e ascoltare il richiedente e il Refugee Applications Commissioner perorare la propria causa (38). Ciascuna delle parti può quindi aver occasione di far conoscere al Refugee Appeals Tribunal tutti gli elementi necessari ai fini dell’accoglimento della domanda o della difesa.

82.      Osservo inoltre che l’articolo 16, paragrafo 16, di tale legge, stabilisce che il Refugee Appeals Tribunal, prima di pronunciarsi sull’impugnazione, deve valutare, in particolare, la relazione del Refugee Applications Commissioner, tutte le osservazioni formulate da quest’ultimo o dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, gli elementi di prova prodotti e tutte le dichiarazioni rese in occasione dell’udienza e tutti i documenti, le dichiarazioni scritte o le altre informazioni che sono state fornite al Refugee Applications Commissioner.

83.      Il Refugee Appeals Tribunal dispone pertanto di un ampio potere discrezionale, poiché conosce sia delle questioni di fatto sia delle questioni di diritto e valuta gli elementi di prova che gli vengono sottoposti.

84.      In terzo e ultimo luogo, i richiedenti negano infine l’indipendenza del Refugee Appeals Tribunal. Essi affermano, in particolare, che quest’ultimo sarebbe legato, dal punto di vista organizzativo, all’ORAC e al Minister for Justice, Equality and Law Reform e che i suoi membri sarebbero esposti a pressioni esterne. In particolare, la nomina e la determinazione delle condizioni relative alla designazione, alla remunerazione e ad altri aspetti del mandato dei suoi membri lo priverebbero della sua indipendenza.

85.      Conformemente alla giurisprudenza della Corte, la nozione di indipendenza, intrinseca alla funzione giurisdizionale, implica innanzi tutto che l’organo interessato si trovi in posizione di terzietà rispetto all’autorità che ha adottato la decisione oggetto del ricorso (39). Secondo la Corte, riguardo a tale nozione si possono distinguere due aspetti. Il primo aspetto, avente carattere esterno, presuppone che l’organo sia tutelato da pressioni o da interventi dall’esterno idonei a mettere a repentaglio l’indipendenza di giudizio dei suoi membri per quanto riguarda le controversie loro sottoposte. Il secondo aspetto, avente carattere interno, si ricollega alla nozione di imparzialità e riguarda l’equidistanza dalle parti della controversia e dai loro rispettivi interessi concernenti l’oggetto di quest’ultima (40).

86.      Nel caso di specie, l’articolo 15, paragrafo 2, della legge del 1996 sui rifugiati stabilisce che il Refugee Appeals Tribunal è indipendente nell’esercizio delle sue funzioni. Ricordiamo che, quando esso si pronuncia in senso favorevole al richiedente asilo, il Minister for Justice, Equality and Law Reform è vincolato a tale decisione e non ha quindi alcun potere di controllarla. Quanto alle regole in materia di nomina e remunerazione, esse non sono, a mio avviso, di natura tale da mettere in discussione l’indipendenza del Refugee Appeals Tribunal. I membri di quest’ultimo, infatti, sono nominati per un periodo determinato tra le persone che hanno almeno cinque anni di esperienza come barrister o solicitor e la loro nomina da parte del Minister for Justice, Equality and Law Reform non è diversa da quella della maggior parte dei giudici aditi in seno all’Unione.

87.      Più delicata appare la questione della revoca dei membri del Refugee Appeals Tribunal. Ricordo, infatti, che per giurisprudenza costante le garanzie di indipendenza e di imparzialità implicano l’esistenza di disposizioni, relative in particolare alle cause di revoca dei suoi membri, che consentano di fugare qualsiasi legittimo dubbio che i singoli possano nutrire in merito all’impermeabilità del detto organo rispetto a elementi esterni e alla sua neutralità rispetto agli interessi contrapposti (41). A tal riguardo, per considerare soddisfatta la condizione relativa all’indipendenza dell’organo di rinvio, la giurisprudenza esige, in particolare, che i casi di revoca dei membri di tale organo siano determinati da espresse disposizioni di legge (42).

88.      Nel caso di specie, dall’articolo 7 dell’allegato II della legge del 1996 sui rifugiati si evince che i membri ordinari del Refugee Appeals Tribunal possono essere rimossi dalle loro funzioni dal Minister for Justice, Equality and Law Reform con provvedimento motivato. Purtroppo i casi nei quali i membri del Refugee Appeals Tribunal possono essere rimossi dalle loro funzioni non sono determinati con maggiore precisione. Il Minister for Justice, Equality and Law Reform sembra quindi disporre di un ampio potere discrezionale. D’altro canto, non viene neppure precisato se la decisione relativa alla revoca di un membro del Refugee Appeals Tribunal possa costituire oggetto di sindacato giurisdizionale.

89.      Ritengo tuttavia che si possano superare, per le ragioni che seguono, i dubbi circa l’impermeabilità del Refugee Appeals Tribunal rispetto agli elementi esterni.

90.      Ritengo che il sistema irlandese relativo al riconoscimento e alla revoca dello status di rifugiato sia in grado di garantire il diritto ad un ricorso effettivo. Come abbiamo visto, in conformità dell’articolo 5 della legge del 2000 sull’immigrazione clandestina, i richiedenti asilo possono infatti anche contestare la validità delle raccomandazioni del Refugee Applications Commissioner e delle decisioni del Refugee Appeals Tribunal dinanzi alla High Court, la cui decisione può, essa stessa, essere oggetto di impugnazione dinanzi alla Supreme Court. Del resto è quello che è accaduto nel caso di specie, dal momento che i ricorrenti hanno sottoposto al giudice del rinvio un ricorso avverso una raccomandazione del Refugee Applications Commissioner e avverso una decisione del Refugee Appeals Tribunal.

91.      Reputo quindi del tutto impossibile che la High Court o la Supreme Court possano confermare decisioni rese sotto la pressione del governo irlandese. Di contro, la previsione di siffatti ricorsi è, essa stessa, idonea a prevenire ogni tentazione di esercitare pressioni sul Refugee Appeals Tribunal.

92.      A tal proposito, ricordo che il ventisettesimo considerando della direttiva 2005/85 indica che l’effettività del rimedio, anche per quanto concerne l’esame degli elementi pertinenti, dipende dal sistema amministrativo e giudiziario di ciascuno Stato membro considerato nel suo complesso. Gli Stati membri beneficiano pertanto, a mio avviso, di un certo margine di discrezionalità nella loro organizzazione procedurale, purché il giudice nazionale possa verificare la fondatezza dei motivi che hanno indotto l’autorità amministrativa competente a considerare la domanda di protezione internazionale infondata o abusiva, senza che simili motivi beneficino di una presunzione inconfutabile di legittimità (43).

93.      Il medesimo approccio è stato adottato, in più occasioni, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, da ultimo, nella sua sentenza I. M./Francia (44). Essa ha in tale occasione indicato che la sua preoccupazione essenziale consiste nel sapere se esistono garanzie effettive che tutelano il richiedente da un respingimento arbitrario nel paese da cui è fuggito (45). Essa ha altresì precisato che l’insieme dei mezzi di impugnazione messi a disposizione dal diritto nazionale può soddisfare le esigenze di cui all’articolo 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, relativo al diritto a un ricorso effettivo, anche quando nessuno di essi risponda integralmente, considerato da solo, a tali esigenze (46). Allo stesso modo, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha ricordato che la norma in parola non arriva a imporre una forma particolare di ricorso e che i mezzi di ricorso interni rientrano nel margine di discrezionalità degli Stati (47).

94.      Valutato nel suo insieme, il sistema irlandese di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato ci sembra rispettare il diritto a un ricorso effettivo.

95.      Di conseguenza, alla luce degli elementi che precedono, ritengo che l’articolo 39 della direttiva 2005/85 e l’articolo 47 della Carta debbano essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, in forza della quale la decisione dell’autorità accertante può essere impugnata dinanzi al Refugee Appeals Tribunal e alla High Court.

V –    Conclusione

96.      Alla luce di quanto precede, propongo alla Corte di rispondere alle questioni poste dalla High Court come segue:

1)      L’articolo 23, paragrafi 3 e 4, della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato, deve essere interpretato nel senso che non preclude a uno Stato membro di prevedere che determinate categorie di domande di asilo, definite sulla base della nazionalità o del paese d’origine del richiedente, siano sottoposte a un procedimento accelerato o in via prioritaria.

2)      L’articolo 39 della direttiva 2005/85/CE e l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale come quella oggetto del procedimento principale, in forza della quale la decisione dell’autorità accertante può essere impugnata dinanzi al Refugee Appeals Tribunal e alla High Court.


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      Direttiva del Consiglio del 1° dicembre 2005 recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326, pag. 13).


3 –      Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954) (in prosieguo: la «convenzione di Ginevra»).


4 –      V. articolo 1, e quarto e quinto considerando della direttiva in parola.


5 –      V. secondo considerando della direttiva in parola.


6 –      V. articolo 2, lettera e), della direttiva in parola.


7 –      V. articolo 10, paragrafo 1, della suddetta direttiva.


8 –      V. articolo 12, paragrafo 1, primo comma, della suddetta direttiva.


9 –      Direttiva del Consiglio del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 304, pag. 12, e rettifica in GU 2005, L 204, pag. 24).


10 –      V. articolo 39, paragrafo 2, della suddetta direttiva.


11 –      V. articolo 39, paragrafo 4, della suddetta direttiva.


12 –      HID & BA/Refugee Applications Commissioner & Ors [2008] IEHC 1261 e [2009] IEHC 56.


13 –      Articolo 13 della legge in parola.


14 –      Queste conclusioni sono disponibili in Internet al seguente indirizzo: http://www.europarl.europa.eu/summits/tam_it.htm.


15 –      V. punti 2 e 3 della relazione che accompagna la proposta di direttiva del Consiglio recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato [COM(2000) 578 def.]. V. altresì la relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’applicazione della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato [COM(2010) 465 def., pag. 3].


16 –      V. in particolare l’ottavo considerando della suddetta direttiva.


17 –      V. punto 2 della relazione che accompagna detta proposta. V. altresì la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo dal titolo «Verso una procedura comune in materia di asilo e uno status uniforme e valido in tutta l’Unione per le persone alle quali è stato riconosciuto il diritto d’asilo» [COM(2000) 755 def., pag. 8].


18 –      V., a tal proposito, la relazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio, cit. alla nota 15 (pag. 13).


19 –      C‑69/10, Racc. pag. I‑7151.


20 –      V., in questo senso, sentenza del 21 dicembre 2011, N.S. e a. (C‑411/10 e C‑493/10, Racc. pag. I‑13905, punto 65).


21 –      V. la comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento, citata alla nota 17 (pag. 8), e la comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni dal titolo «Piano strategico sull’asilo - Un approccio integrato in materia di protezione nell’Unione europea» [COM(2008) 360 def., pag. 2].


22 –      V. Joyce, C., «Annual Policy Report on Migration and Asylum 2009: Ireland»,ESRI Survey and Statistical Report Series 32, Dublino, 30 luglio 2010, pag. 13. V. altresì E. Quinn, Stanley, J., Joyce, C. e O’Connell, P.J., «Handbook on Immigration and Asylum in Ireland 2007»,ESRI Research Series 5, Dublino, 28 agosto 2007, pag. 13.


23 –      È opportuno osservare che l’articolo 39, paragrafi 2 e 4, della direttiva in parola lascia agli Stati membri il compito di prevedere i termini e le altre norme necessarie per l’esercizio del diritto ad un mezzo di impugnazione efficace contro le decisioni in merito alle domande di asilo.


24 –      V. in particolare sentenza del 28 giugno 2012, Erny (C‑172/11, punto 40).


25 –      V. diciassettesimo considerando della suddetta direttiva.


26 –      V. articolo 8, paragrafo 2, lettera b), della suddetta direttiva.


27 –      V. altresì il diciassettesimo considerando della direttiva 2005/85.


28 –      V., a tal proposito, l’articolo 29, paragrafo 1, della suddetta direttiva.


29 –      V. il diciannovesimo considerando di detta direttiva.


30 –      V. articolo 23, paragrafo 4, lettera c), di detta direttiva.


31 –      V., in particolare, articolo 10, paragrafo 1, lettera a), della suddetta direttiva.


32 –      V. HID & BA/Refugee Applications Commissioner & Ors, cit. (punti 36 e 37).


33 –      V. sentenza Samba Diouf, cit. (punti 48 e 49).


34 –      V. sentenze del 31 maggio 2005, Syfait e a. (C‑53/03, Racc. pag. I‑4609, punto 29), e del 22 dicembre 2010, RTL Belgium (C‑517/09, Racc. pag. I‑14093, punto 36).


35 –      V. punto C.11 delle osservazioni dei ricorrenti; punto 7.13 delle osservazioni dell’Irlanda e punto 47 delle osservazioni della Commissione.


36 –      V. allegato I della direttiva 2005/85.


37 –      V. sentenza del 17 settembre 1997, Dorsch Consult (C‑54/96, Racc. pag. I‑4961, punto 31).


38 –      V. articolo 16, paragrafo 10 e paragrafo 11, lettere a) e c), della legge del 1996 sui rifugiati.


39 –      V. sentenza RTL Belgium, cit. (punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


40 –      Ibidem (punti 39 e 40).


41 –      V. ordinanza del 14 maggio 2008, Pilato (C‑109/07, Racc. pag. I‑3503, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).


42 –      Idem.


43 –      V. sentenza Samba Diouf, cit. (punto 61).


44 –      V. Corte eur. D. U., sentenza del 2 febbraio 2012.


45 –      § 127.


46 –      § 129.


47 –      § 138.