Language of document : ECLI:EU:T:2011:357

Causa T‑42/07

The Dow Chemical Company e altri

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato della gomma butadiene e della gomma stirene e butadiene del tipo emulsione — Decisione che accerta un’infrazione all’art. 81 CE — Imputabilità del comportamento illecito — Ammende — Gravità e durata dell’infrazione — Circostanze aggravanti»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Imputazione — Società controllante e sue controllate — Unità economica — Criteri di valutazione

(Artt. 81 CE e 82 CE)

2.      Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Imputazione — Società controllante e sue controllate — Unità economica — Margine di discrezionalità della Commissione

(Artt. 81 CE e 82 CE)

3.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Onere della prova dell’infrazione e della sua durata incombente alla Commissione — Portata dell’onere della prova

(Art. 81, n. 1, CE)

4.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Misura della capacità effettiva di causare un pregiudizio sul mercato interessato

(Artt. 81 CE e 82 CE; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A, commi 1‑4 e 6)

5.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Valutazione alla luce della natura dell’infrazione — Infrazioni molto gravi

(Art. 81 CE; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

6.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Comunicazione degli addebiti — Contenuto necessario — Rispetto dei diritti della difesa

(Artt. 81 CE e 82 CE)

7.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Ripartizione delle imprese di cui trattasi in diverse categorie — Fatturato preso in considerazione

(Art. 81, n. 1 CE; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

8.      Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Carattere dissuasivo dell’ammenda

(Art. 81 CE; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

9.      Procedura — Spese — Spese ripetibili — Nozione

(Regolamento di procedura del Tribunale, art. 91)

1.      Nel caso particolare in cui una società controllante detenga il 100% del capitale della propria controllata che abbia infranto le norme comunitarie in materia di concorrenza, da un lato, tale società controllante può esercitare un’influenza determinante sul comportamento della controllata e, dall’altro, esiste una presunzione relativa secondo cui detta società controllante esercita effettivamente un’influenza determinante sul comportamento della propria controllata. In circostanze del genere, è sufficiente che la Commissione provi che l’intero capitale di una controllata è detenuto dalla controllante per poter presumere che quest’ultima eserciti un’influenza determinante sulla politica commerciale di tale controllata. La Commissione potrà poi ritenere la società controllante solidalmente responsabile per il pagamento dell’ammenda inflitta alla propria controllata, a meno che tale società controllante, cui incombe l’onere di rovesciare detta presunzione, non fornisca sufficienti elementi di prova, idonei a dimostrare che la propria controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato.

Spetta pertanto alla società controllante rovesciare tale presunzione dimostrando che la sua controllata determina la propria politica commerciale in modo autonomo e che pertanto non costituisce con la medesima società un’entità economica unica e, dunque, una sola impresa ai sensi dell’art. 81 CE. Più in particolare, spetta alla società controllante sottoporre ogni elemento relativo ai vincoli organizzativi, economici e giuridici intercorrenti con le proprie controllate che essa considera idoneo a dimostrare che la controllante e le controllate non costituiscono un’entità economica unica. Nella sua valutazione, infatti, il Tribunale deve tener conto di tutti gli elementi sottopostigli, il cui carattere e la cui importanza possono variare a seconda delle caratteristiche proprie di ciascun caso di specie.

(v. punti 56, 58-59)

2.      L’imputazione alla controllante di un’infrazione alle regole di concorrenza è una facoltà il cui esercizio è rimesso alla discrezionalità della Commissione. Il solo fatto che la Commissione abbia valutato, nell’ambito della sua precedente prassi decisionale, che le circostanze di una causa non giustificavano l’imputazione del comportamento della controllata alla sua controllante non vuol dire che essa sia obbligata a effettuare la medesima valutazione in occasione dell’adozione di una successiva decisione.

(v. punto 75)

3.      Sotto il profilo dell’onere della prova relativa a una violazione dell’art. 81, n. 1, CE, spetta alla Commissione l’onere di provare non soltanto l’esistenza dell’intesa, ma altresì la sua durata. Per calcolare la durata di un’infrazione avente ad oggetto una restrizione della concorrenza, si deve determinare il periodo durante il quale tale accordo è esistito, cioè il periodo tra la data della sua stipulazione e quella in cui l’accordo è venuto meno. In mancanza di elementi di prova tali da dimostrare direttamente la durata dell’infrazione, la Commissione deve fondarsi quantomeno su elementi di prova riferentisi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che l’infrazione sia durata ininterrottamente entro due date precise.

Ciò non si verifica quando la Commissione non indica alcun elemento concreto che permetta di desumere l’esistenza di una concordanza di volontà tra l’impresa interessata e le altre partecipanti all’intesa durante il periodo indicato e quando non risulta dai documenti presentati agli atti che vi sia stata alcuna manifestazione di volontà di una delle partecipanti all’intesa nei confronti dell’impresa interessata volta ad uno scopo anticoncorrenziale.

Il semplice fatto che il dipendente di una società che ha partecipato a un’intesa sia distaccato presso un’altra società non può comportare, per ciò stesso, che quest’ultima diventi automaticamente parte dell’intesa. In effetti, non si può escludere che, in tali circostanze, il dipendente in questione decida di non coinvolgere nelle pratiche anticoncorrenziali la società presso cui è distaccato, o che detta società prenda le misure necessarie per evitare tale tipo di pratiche. Spetta in tal caso alla Commissione provare che, durante il periodo indicato, la società, grazie alle informazioni ottenute da parte di detto impiegato nell’ambito delle funzioni da lui precedentemente svolte, abbia attuato gli accordi conclusi in seno all’intesa e non abbia, quindi, agito in modo autonomo sul mercato.

(v. punti 88-89, 91-93, 95)

4.      Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, pargrafo 5, del Trattato CECA distinguono tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi (punto 1 A, primo e secondo comma, degli orientamenti). Peraltro, la distinzione operata tra le imprese consiste nel determinare, conformemente al punto 1 A, terzo, quarto e sesto comma, degli orientamenti, il contributo individuale di ogni singola impresa, in termini di capacità economica effettiva, al successo dell’intesa ai fini della sua classificazione nella categoria appropriata.

Il singolo contributo di ogni impresa, in termini di capacità economica effettiva, al successo dell’intesa va distinto dall’impatto concreto dell’infrazione di cui al punto 1 A, primo comma, degli orientamenti. In tale ultimo caso, si tiene conto dell’impatto concreto dell’infrazione, se misurabile, per classificarla come poco grave, grave o molto grave. Il singolo contributo di ogni impresa è preso in considerazione, invece, allo scopo di ponderare gli importi determinati in funzione della gravità dell’infrazione.

Pertanto, anche in assenza di impatto concreto misurabile dell’infrazione, la Commissione può decidere di differenziare le imprese interessate, conformemente al punto 1 A, terzo, quarto e sesto comma, degli orientamenti, una volta qualificata l’infrazione come poco grave, grave o molto grave.

(v. punti 122-124)

5.      Risulta dalla descrizione delle infrazioni molto gravi contenuta negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato CECA che le intese o le pratiche concordate volte segnatamente, come nella fattispecie, alla fissazione di obiettivi di prezzo o alla ripartizione di quote di mercato possono essere qualificate come infrazioni «molti gravi» sulla sola base della loro natura, senza che la Commissione sia tenuta a dimostrare un impatto concreto dell’infrazione sul mercato. Parimenti, le intese orizzontali in materia di prezzi fanno parte delle infrazioni più gravi del diritto della concorrenza e possono quindi essere qualificate, di per sé, come molto gravi.

(v. punto 126)

6.      Il diritto a essere sentiti, nell’ambito di un procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione, è un principio che richiede in particolare che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione a un’impresa alla quale essa intende infliggere una sanzione per violazione delle regole di concorrenza contenga gli elementi essenziali della contestazione mossa contro tale impresa, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova sui quali si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo attivato a suo carico. Per quanto riguarda, più in particolare, il calcolo delle ammende, la Commissione adempie il suo obbligo di rispettare il diritto delle imprese di essere sentite quando dichiara espressamente, nella comunicazione degli addebiti, che vaglierà se sia il caso di infliggere ammende alle imprese interessate e indica i principali elementi di fatto e di diritto che possono implicare l’irrogazione di un’ammenda, quali la gravità e la durata della presunta infrazione ed il fatto di averla commessa intenzionalmente o per negligenza. Così operando, essa fornisce le indicazioni necessarie per difendersi non solo contro l’addebito dell’infrazione, ma anche contro l’irrogazione di ammende.

(v. punto 128)

7.      Qualora la Commissione suddivida le imprese interessate in categorie ai fini della fissazione dell’importo delle ammende per infrazione all’art. 81, n. 1, CE, la determinazione dei valori limite per ogni singola categoria così individuata deve essere coerente ed obiettivamente giustificata. Inoltre, tra gli elementi di valutazione della gravità dell’infrazione possono, a seconda dei casi, figurare il volume e il valore delle merci oggetto dell’infrazione nonché la dimensione e la potenza economica dell’impresa e, quindi, l’influenza che quest’ultima può esercitare sul mercato. Da un lato, ne consegue che la Commissione può, nel commisurare l’ammenda, tener conto tanto del fatturato complessivo dell’impresa, che costituisce un’indicazione, anche se approssimativa e imperfetta, delle sue dimensioni e della sua potenza economica, quanto della parte di tale fatturato corrispondente alla vendita delle merci coinvolte nell’infrazione e che può quindi fornire un’indicazione dell’entità della medesima. Dall’altro, ne risulta che non si deve attribuire ad alcuno di questi due dati un peso eccessivo rispetto ad altri criteri di valutazione, per cui la determinazione dell’ammenda adeguata non può essere il risultato di un semplice calcolo basato sul fatturato complessivo.

Quando si deve far riferimento al fatturato delle imprese coinvolte in una stessa infrazione per determinare i rapporti tra le ammende da infliggere, occorre delimitare il periodo da considerare in modo tale che i volumi ottenuti siano il più possibile paragonabili tra di loro. Ne consegue che una determinata impresa non può pretendere che la Commissione si fondi, per quanto la riguarda, su un periodo diverso rispetto a quello di cui tiene conto in generale, a meno che non dimostri che il fatturato da essa realizzato nel corso di detto ultimo periodo, per le sue peculiarità specifiche, non è rappresentativo delle sue dimensioni reali e della sua forza economica, né dell’entità dell’infrazione da essa commessa.

(v. punti 131, 133)

8.      Il potere della Commissione di infliggere ammende alle imprese che, intenzionalmente o per negligenza, trasgrediscono l’art. 81 CE costituisce uno dei mezzi di cui dispone la Commissione per potere svolgere il compito di sorveglianza assegnatole dal diritto comunitario, compito che comprende il dovere di perseguire una politica generale mirante ad applicare, in fatto di concorrenza, i principi fissati dal Trattato e ad orientare in questo senso il comportamento delle imprese. Ne consegue che, per valutare la gravità di un’infrazione onde determinare l’importo dell’ammenda, la Commissione deve curare che la sua azione abbia carattere dissuasivo, soprattutto per i tipi di trasgressioni particolarmente nocivi per il conseguimento degli scopi della Comunità.

Occorre quindi che l’importo dell’ammenda venga modulato al fine di tenere conto dell’impatto voluto sull’impresa cui l’ammenda stessa viene inflitta, affinché questa non venga resa trascurabile o, al contrario, eccessiva, in considerazione, segnatamente, della capacità finanziaria dell’impresa in questione, conformemente agli obblighi derivanti, da un lato, dalla necessità di assicurare l’effettività dell’ammenda e, dall’altro, dal rispetto del principio di proporzionalità. Un’impresa di grandi dimensioni, dotata di considerevoli risorse finanziarie rispetto a quelle degli altri membri di un’intesa, è in grado di svincolare più facilmente i fondi necessari al pagamento della sua ammenda, il che giustifica, in vista di un effetto dissuasivo sufficiente della stessa, che si infligga, in particolare mediante applicazione di un fattore moltiplicatore, un’ammenda proporzionalmente più elevata rispetto a quella che sanziona la stessa infrazione commessa da un’impresa che non dispone di pari risorse. In particolare, la presa in considerazione del fatturato globale di ciascuna impresa che faccia parte di un’intesa è pertinente al fine di determinare l’importo dell’ammenda.

Lo scopo dissuasivo che la Commissione legittimamente persegue fissando l’importo di un’ammenda è volto a garantire l’osservanza da parte delle imprese delle regole di concorrenza stabilite dal Trattato per lo svolgimento delle loro attività all’interno della Comunità o dello Spazio economico europeo. Ne consegue che il fattore dissuasivo, che può essere incluso nel calcolo dell’ammenda, è valutato tenendo conto di molteplici elementi, e non solo della situazione particolare dell’impresa interessata. Tale principio si applica segnatamente allorquando la Commissione ha determinato un moltiplicatore di dissuasione applicato all’ammenda inflitta a un’impresa.

(v. punti 148-151)

9.      Le spese che le imprese interessate hanno sostenuto per costituire una garanzia bancaria per coprire l’importo dell’ammenda loro inflitta non sono spese indispensabili sostenute dalle parti per la causa e, pertanto, non rientrano tra le spese ripetibili ai sensi dell’art. 91 del regolamento di procedura.

(v. punto 172)