Language of document : ECLI:EU:C:2010:273

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

VERICA TRSTENJAK

presentate il 18 maggio 2010 (1)

Causa C‑585/08

Peter Pammer

contro

Reederei Karl Schlüter GmbH & Co. KG



e

Causa C‑144/09

Hotel Alpenhof GesmbH

contro

Oliver Heller

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberster Gerichtshof (Austria)]

«Regolamento n. 44/2001 – Art. 15, n. 1, lett. c), e n. 3 – Competenza in materia di contratti conclusi dai consumatori – Attività “diretta” verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore – Accessibilità del sito via Internet – Contratto che preveda prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale – Viaggio su nave mercantile»






Indice


I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – Regolamento n. 44/2001

B – Regolamento Roma I

C – Direttiva 90/314

III – Fatti, procedimento nelle cause principali e questioni pregiudiziali

A – Causa Pammer

B – Causa Hotel Alpenhof

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

V – Argomenti delle parti

A – Contratti che prevedono prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale (primo quesito nella causa Pammer)

B – Attività «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore (secondo quesito nella causa Pammer; quesito nella causa Hotel Alpenhof)

C – Ruolo dell’intermediario (causa Pammer)

VI – Valutazioni dell’avvocato generale

A – Introduzione

B – Contratto che prevede prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale (primo quesito nella causa Pammer)

C – Attività «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore (seconda questione pregiudiziale nella causa Pammer; questione pregiudiziale nella causa Hotel Alpenhof)

1. Condizioni di applicazione dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001

a) Conclusione del contratto

b) Conclusione da parte del consumatore di un contratto che rientra nell’ambito dell’attività commerciale o professionale del venditore

c) Svolgimento dell’attività nello Stato membro del consumatore o attività «diretta» verso tale Stato membro

2. Interpretazione della nozione di attività «diretta» ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001

a) Interpretazione letterale, teleologica, storica e sistematica della nozione di attività «diretta» ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001

b) Criteri per stabilire se il venditore diriga la propria attività ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001

c) Questione relativa all’ammissibilità dell’espressa esclusione dell’attività «diretta» verso determinati Stati membri

3. Conclusione

VII – Conclusioni



I –    Introduzione

1.        I due procedimenti in esame vertono sull’interpretazione del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (2) (in prosieguo: il «regolamento n. 44/2001»). La principale questione sollevata dai procedimenti in esame è relativa all’interpretazione dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 e, in particolare, del concetto secondo cui la persona che svolge un’attività commerciale o professionale «dirige» (ausrichtet, dirige, directs) tale attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro. In particolare, il giudice nazionale, sia nella causa Hotel Alpenhof, sia nella causa Pammer, pone la questione se sia sufficiente, al fine di ritenere che un’attività sia «diretta» verso uno Stato membro nel senso indicato dall’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, il fatto che il sito Internet del venditore sia accessibile dallo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore. Nella causa Pammer, inoltre, egli solleva la domanda se un viaggio (turistico) su nave mercantile possa essere considerato un contratto il cui prezzo preveda prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale, ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001.

2.        Nei due procedimenti in esame la Corte non dovrà certo interpretare per la prima volta l’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 (3), ma dovrà per la prima volta chiarire la nozione di attività commerciale o professionale «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore. Il problema dell’interpretazione di questa nozione è stato segnalato in dottrina già da tempo (4) e anche i giudici di alcuni Stati membri hanno già avuto modo di interpretarla (5). La sua interpretazione è particolarmente importante nel caso di un’attività «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore via Internet, dato che essa ha delle caratteristiche specifiche, di cui bisogna tener conto in sede di interpretazione dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001. La specificità di Internet sta nel fatto che i consumatori di norma accedono al sito Internet del venditore da ogni parte del mondo e un’interpretazione molto ampia della nozione di attività «diretta» porterebbe a ritenere che la mera creazione di un sito Internet significhi che il venditore dirige la sua attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore. Nell’interpretare la nozione di attività «diretta» bisogna perciò effettuare una ponderazione tra la tutela del consumatore, che in base al regolamento n. 44/2001 beneficia di disposizioni particolari sulla competenza, e le conseguenze per il venditore, per il quale tali disposizioni particolari sulla competenza trovano applicazione solo se egli abbia deciso consapevolmente di dirigere la sua attività verso lo Stato membro di residenza del consumatore.

3.        In via introduttiva vorrei sottolineare che con l’evoluzione dei nuovi sistemi di comunicazione e di stipulazione di contratti sorgono anche nuove questioni giuridiche. L’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 esemplifica bene la risposta a tale evoluzione, dato che rispetto all’art. 13, comma 1, punto 3, della Convenzione sulla competenza e sull’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (in prosieguo: la «Convenzione di Bruxelles») (6) questo è stato modificato allo scopo di garantire una maggiore tutela ai consumatori in relazione ai nuovi mezzi di comunicazione e all’evoluzione del commercio elettronico. Dato che il regolamento n. 44/2001 consente ai consumatori di chiamare ed essere chiamati in giudizio nello Stato membro del proprio domicilio anche in caso di conclusione del contratto via Internet, questa norma è stata adeguata all’evoluzione delle nuove tecnologie; nel contempo si sono aperte anche nuove questioni interpretative in relazione alla norma stessa. Nei due procedimenti in esame, la Corte è chiamata a fornire una soluzione ad una delle suddette questioni interpretative vertenti sul regolamento n. 44/2001.

II – Contesto normativo

A –    Regolamento n. 44/2001

4.        L’art. 2 del regolamento n. 44/2001, contenuto nel suo capo II («Competenza»), alla sezione 1 («Disposizioni generali»), così prevede:

«1. Salve le disposizioni del presente regolamento, le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato membro.

(...)».

5.        L’art. 5 del regolamento n. 44/2001, contenuto nel suo capo II («Competenza»), alla sezione 2 («Competenze speciali»), così prevede:

«La persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro:

1. a) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita;

(...)».

6.        Gli artt. 15 e 16 del regolamento n. 44/2001, contenuti nel suo capo II («Competenza»), alla sezione 4 («Competenza in materia di contratti conclusi da consumatori»), così prevedono:

«Articolo 15

1. Salve le disposizioni dell’articolo 4 e dell’articolo 5, n. 5, la competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il consumatore, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale è regolata dalla presente sezione:

a) qualora si tratti di una vendita a rate di beni mobili materiali;

b) qualora si tratti di un prestito con rimborso rateizzato o di un’altra operazione di credito, connessi con il finanziamento di una vendita di tali beni;

c) in tutti gli altri casi, qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, purché il contratto rientri nell’ambito di dette attività.

(...)

3. La presente sezione non si applica ai contratti di trasporto che non prevedono prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale.

Articolo 16

1. L’azione del consumatore contro l’altra parte del contratto può essere proposta o davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliata tale parte, o davanti ai giudici del luogo in cui è domiciliato il consumatore.

2. L’azione dell’altra parte del contratto contro il consumatore può essere proposta solo davanti ai giudici dello Stato membro nel cui territorio è domiciliato il consumatore.

(...)».

B –    Regolamento Roma I

7.        Il ventiquattresimo ‘considerando’ del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 17 giugno 2008, n. 593, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) (7) (in prosieguo: il «regolamento Roma I»), è così formulato:

«Per quanto riguarda più in particolare i contratti conclusi da consumatori, la regola di conflitto di leggi dovrebbe permettere di ridurre le spese per la risoluzione delle controversie, che sono spesso di valore relativamente modesto, e tener conto dell’evoluzione delle tecniche di commercializzazione a distanza. La coerenza tra il presente regolamento e il regolamento (CE) n. 44/2001 richiede, da un canto, che si faccia riferimento alla nozione di “attività diretta” come condizione d’applicazione della norma che tutela il consumatore e, dall’altro, che questa nozione sia oggetto di un’interpretazione armoniosa nel regolamento (CE) n. 44/2001 e nel presente regolamento tenendo presente che una Dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione relativa all’articolo 15 del regolamento (CE) n. 44/2001 precisa che l’applicazione dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c) “presuppone non soltanto che l’impresa diriga le sue attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore, o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro, ma anche che il contratto sia stato concluso nell’ambito di dette attività”. Tale dichiarazione ricorda inoltre che “la mera accessibilità di un dato sito web non è sufficiente ai fini dell’applicabilità dell’articolo 15: occorre che il sito medesimo inviti a concludere contratti a distanza e che un contratto sia stato effettivamente concluso a distanza, con qualsiasi mezzo. In quest’ambito, la lingua o la valuta caratteristica del sito Internet non costituisce un elemento pertinente”».

C –    Direttiva 90/314

8.        L’art. 2 della direttiva del Consiglio 13 giugno 1990, 90/314/CEE, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» (8) (in prosieguo: la «direttiva 90/314»), così prevede:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

1) servizio tutto compreso: la prefissata combinazione di almeno due degli elementi in appresso, venduta o offerta in vendita ad un prezzo forfettario, laddove questa prestazione superi le 24 ore o comprenda una notte:

a) trasporto,

b) alloggio,

c) altri servizi turistici non accessori al trasporto o all’alloggio che costituiscono una parte significativa del «tutto compreso».

La fatturazione separata di vari elementi di uno stesso servizio tutto compreso non sottrae l’organizzatore o il venditore agli obblighi della presente direttiva;

(...)».

III – Fatti, procedimento nelle cause principali e questioni pregiudiziali

A –    Causa Pammer

9.        La causa principale vede opposti il sig. P. Pammer (ricorrente), residente in Austria, e la società Reederei Karl Schlüter GmbH & Co. KG (convenuta), con sede in Germania, per la restituzione della somma residua pagata dal sig. Pammer per un viaggio su nave mercantile al quale non ha preso parte.

10.      Il sig. Pammer ha prenotato presso la società Reederei Karl Schlüter GmbH & Co. KG un viaggio su nave mercantile per due persone da Trieste all’Estremo Oriente con partenza prevista alla fine di gennaio 2007 al prezzo complessivo di EUR 8 510. Il viaggio è stato prenotato tramite l’agenzia Internationale Frachtschiffreisen Pfeiffer GmbH, che ha sede in Germania e commercializza viaggi di questo tipo anche sul mercato austriaco tramite il proprio sito Internet.

11.      La descrizione della nave e del viaggio sul sito Internet della società venditrice non era rispondente alla realtà. Invece della cabina doppia prenotata, era stata loro destinata solo una cabina singola, nella quale l’impianto di ventilazione non funzionava. Sulla nave tra l’altro – contrariamente a quanto riportato sul sito Internet – non c’erano la piscina esterna, la palestra, un televisore funzionante né sedie a sdraio in coperta. Inoltre, la possibilità di scendere a terra era molto limitata. Per questo motivo il sig. Pammer si è rifiutato di partire con la nave mercantile. Avendo ottenuto dalla società Reederei Karl Schlüter GmbH & Co. KG solo un rimborso parziale, per l’importo rimanente di EUR 5 294,00 il ricorrente ha proposto ricorso dinanzi al tribunale austriaco. La convenuta ha eccepito la carenza di giurisdizione internazionale e territoriale del tribunale adito.

12.      Il tribunale di primo grado ha affermato la propria competenza internazionale e territoriale, ritenendo che l’oggetto del giudizio fosse un contratto stipulato da un consumatore, ossia un contratto per un viaggio «tutto compreso» e che la società venditrice Internationale Frachtschiffreisen Pfeiffer GmbH avesse svolto un’attività pubblicitaria diretta, attraverso il proprio sito Internet, anche nei confronti del ricorrente in Austria. Il giudice d’appello ha accolto l’impugnazione della società Reederei Karl Schlüter GmbH & Co. KG, dichiarando la propria carenza di giurisdizione e ha respinto il ricorso. Contro la decisione del giudice d’appello il sig. Pammer ha interposto ricorso per cassazione (Revision) dinanzi all’Oberster Gerichsthof (in prosieguo: il «giudice del rinvio»).

13.      Nell’ordinanza di rinvio il suddetto giudice esprime dubbi riguardo alla definizione del contratto di viaggio come «servizio tutto compreso» e sottolinea che nella causa in esame non è chiaro quanto le circostanze fattuali siano assimilabili alle crociere, che secondo il parere prevalente costituiscono viaggi tipo «tutto compreso». Qualora nella causa in esame sia ravvisabile un contratto per un viaggio «tutto compreso» e la competenza debba essere stabilita ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, si dovrebbe chiarire quali siano le condizioni in cui si configura un’attività commerciale o professionale diretta verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore. Il giudice del rinvio sottolinea in tal senso che nei precedenti gradi di giudizio della presente causa non sono stati effettuati accertamenti più precisi in relazione alle modalità con cui è stato stipulato il contratto. Inoltre, non sono stati accertati il carattere e l’intensità della collaborazione tra la convenuta e la venditrice.

14.      Di conseguenza, con decisione 6 novembre 2008 il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se un “viaggio in nave mercantile” costituisca un viaggio “tutto compreso” ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, se sia sufficiente, al fine di ritenere che un’attività sia “diretta” (verso lo Stato membro in cui il consumatore è domiciliato) nel senso indicato dall’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, il fatto che il sito web del venditore sia accessibile via Internet».

B –    Causa Hotel Alpenhof

15.      La causa principale vede opposti l’Hotel Alpenhof GesmbH (ricorrente), con sede in Austria, ed il sig. O. Heller (convenuto), residente in Germania, per il pagamento della somma di EUR 5 248,30 per la fruizione di servizi alberghieri.

16.      Il convenuto è venuto a conoscenza dell’offerta dell’albergo dal sito Internet dell’albergo stesso, accessibile anche in Germania. La richiesta del convenuto relativa alla prenotazione di stanze per più persone per il periodo dal 29 dicembre 2007 al 5 gennaio 2008, l’offerta del ricorrente e l’accettazione di tale offerta da parte del convenuto sono avvenuti via posta elettronica. Tra le parti non è controverso il fatto che l’indirizzo di posta elettronica era pubblicato sul sito Internet. Il convenuto ha usufruito dei servizi alberghieri nel periodo indicato ed è partito senza pagare tali servizi, versando solo l’anticipo di EUR 900. Perciò il ricorrente ha agito in giudizio per il pagamento dell’importo rimanente.

17.      Nella causa principale il convenuto ha eccepito la carenza di giurisdizione internazionale e territoriale del tribunale adito, sostenendo che, in quanto consumatore, poteva essere convenuto solo in Germania. I giudici di primo e di secondo grado si sono dichiarati privi di giurisdizione e hanno respinto il ricorso. Il ricorrente ha quindi interposto ricorso per cassazione (Revision) dinanzi al giudice del rinvio.

18.      Di conseguenza, con decisione del 26 marzo 2009 il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia sufficiente, al fine di ritenere che un’attività sia “diretta” verso uno Stato membro nel senso indicato dall’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 (...), il fatto che il sito Web della controparte del consumatore sia accessibile via Internet».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

19.      L’ordinanza di rinvio nella causa Pammer è pervenuta presso la cancelleria della Corte in data 24 dicembre 2008 e, nella causa Hotel Alpenhof, in data 24 aprile 2009. Nella fase scritta di entrambi i procedimenti hanno presentato le loro osservazioni i governi austriaco, ceco e lussemburghese, nonché la Commissione. Nella sola causa Pammer hanno presentato osservazioni il sig. Pammer e i governi polacco e italiano, nella sola causa Hotel Alpenhof hanno presentato osservazioni l’Hotel Alpenhof e i governi dei Paesi Bassi e del Regno Unito. All’udienza comune del 16 marzo 2010 il sig. Pammer, l’Hotel Alpenhof, il sig. Heller, i governi austriaco, ceco, olandese e del Regno Unito, nonché la Commissione, hanno esposto le loro difese orali e risposto alle domande della Corte.

V –    Argomenti delle parti

A –    Contratti che prevedono prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale (primo quesito nella causa Pammer)

20.      Il sig. Pammer, i governi austriaco, ceco, italiano, lussemburghese e polacco nonché la Commissione ritengono che un contratto che comprenda non solo un trasporto di più giorni, ma anche l’alloggio e altri servizi, rientri nella nozione di «contratti che prevedono prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale» ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001.

21.      Secondo il parere del sig. Pammer, dei governi austriaco, ceco e italiano e della Commissione, con la nozione di «contratto che preveda prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale» si intendono i viaggi tipo «servizio tutto compreso» ai sensi dell’art. 2, n. 1, della direttiva 90/314. Essi sostengono la loro tesi richiamandosi al regolamento Roma I, che all’art. 6, n. 4, lett. b), prevede una disposizione simile, che si richiama espressamente alla definizione di cui alla direttiva 90/314. Anche la Commissione, nell’ambito della motivazione della proposta di regolamento n. 44/2001 (9), ha commentato l’art. 15, n. 3, richiamando l’attenzione sulla caratterizzazione del viaggio «servizio tutto compreso» nel senso della direttiva 90/314.

22.      I governi lussemburghese e polacco ritengono invece che non vi sia alcun fondamento per un tale riferimento alla definizione di cui alla direttiva 90/314, dato che nel regolamento n. 44/2001 il legislatore avrebbe anche potuto richiamarsi direttamente a questa direttiva o riprenderne la terminologia.

B –    Attività «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore (secondo quesito nella causa Pammer; quesito nella causa Hotel Alpenhof)

23.      I sigg. Pammer e Heller, i governi austriaco, ceco, italiano e polacco nonché la Commissione sottolineano che l’obiettivo perseguito dall’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 è la tutela effettiva del consumatore e propongono un’interpretazione estensiva della nozione di attività «diretta» verso uno Stato membro.

24.      Il sig. Heller ritiene che la nozione di «dirigere» debba essere interpretata in modo ampio, il che, secondo il suo parere, emergerebbe già dal tenore dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, in conformità del quale il venditore può «dirigere» la sua attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore «con qualsiasi mezzo». Indipendentemente dal fatto che il sito Internet sia interattivo o passivo, il venditore dirige la sua attività attraverso il sito quando presenta la sua merce ed i suoi servizi, offrendoli in maniera concludente al consumatore. Il sig. Heller sottolinea, inoltre, che un’interpretazione ampia della nozione di attività «diretta» non avrebbe conseguenze negative per il mercato interno, ma stimolerebbe i consumatori al commercio transfrontaliero attraverso i siti Internet, sapendo di poter citare in giudizio ed essere convenuti nello Stato membro in cui sono domiciliati.

25.      Il governo austriaco ritiene che non sia necessario che le informazioni accessibili via Internet rappresentino la ragione della stipulazione del contratto. Dimostrare l’esistenza di un nesso causale potrebbe essere impegnativo e contrario alla tutela dei consumatori. Le modalità di stipulazione di un contratto (a distanza o di persona) non dovrebbero essere rilevanti. Il commerciante deve tener conto della possibilità di essere convenuto in tutti gli Stati membri, a meno che non indichi espressamente di non rivolgersi a consumatori domiciliati in determinati Stati membri. Il governo austriaco ritiene, inoltre, che – contrariamente a quanto indicato nella dichiarazione congiunta della Commissione e del Consiglio (10) – la stipula concreta del contratto non debba essere la condizione in base alla quale stabilire la competenza ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, dato che questo non è previsto da tale articolo e sarebbe anche contrario allo scopo dello stesso regolamento.

26.      Secondo il parere del governo ceco, la mera accessibilità del sito Internet del venditore non è sufficiente a configurare la competenza ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, ma deve essere soddisfatta anche la condizione che il contratto rientri nell’ambito dell’attività del venditore.

27.      Secondo il parere del governo italiano, la mera accessibilità del sito Internet del venditore non è sufficiente per configurare un’attività «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore; piuttosto, affinché tale condizione risulti soddisfatta, è necessario che il consumatore riceva una proposta di contratto e che il contratto stesso sia effettivamente stipulato. In questa valutazione bisogna tenere conto, secondo il parere del governo italiano, del principio di buona fede.

28.      Secondo il parere del governo polacco, nel valutare la condizione di attività «diretta» verso lo Stato membro del consumatore, il giudice nazionale deve considerare il contenuto del sito e valutare se il sito del venditore inviti o meno il consumatore a sottoscrivere il contratto, consentendogli di stipularlo via Internet. La mera esistenza del sito Internet, secondo il parere del governo polacco, non è sufficiente per configurare un’attività «diretta» verso lo Stato membro del consumatore. Nell’interpretare l’art. 15 del regolamento n. 44/2001 sarebbe opportuno – come risulta dalla sentenza della Corte nella causa Gabriel (11) in riferimento all’interpretazione dell’art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles – verificare se la conclusione del contratto nello Stato in cui è domiciliato il consumatore sia avvenuta a seguito della pubblicazione dell’annuncio sulla stampa, alla radio, in televisione, al cinema, su catalogo o mediante un’offerta indirizzata direttamente al consumatore.

29.      Secondo la valutazione della Commissione, la mera accessibilità del sito Internet nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore non è di per sé sufficiente a concludere che l’attività sia diretta verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore. La Commissione sostiene, inoltre, che la mera indicazione dell’indirizzo di posta elettronica sul sito Internet non sia sufficiente a configurare un’attività «diretta» nel senso dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001. Se il suddetto articolo fosse interpretato in modo tale che l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica fosse sufficiente per configurare un’attività «diretta», la competenza a proposito di tutti i siti Internet si potrebbe stabilire in base a tale articolo, dato che è obbligatorio indicare l’indirizzo di posta elettronica ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. c), della direttiva sul commercio elettronico  (12). Per di più, la Commissione ritiene che le linee direttrici sulle restrizioni verticali (13), nelle quali si distingue tra vendita «attiva» e «passiva», non siano rilevanti per l’interpretazione della nozione di attività «diretta», ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001.

30.      La Commissione sottolinea, inoltre, che il giudice nazionale deve decidere in merito alla questione se l’attività del venditore sia «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore, tenendo conto di tutte le circostanze dei singoli casi. Tra l’altro, sono importanti le seguenti circostanze: i) la natura dell’attività imprenditoriale e le modalità di pubblicazione del sito Internet (14), ii) l’indicazione del numero telefonico con il prefisso internazionale, iii) il link al programma che fornisce indicazioni stradali e iv) la sussistenza dell’opzione «cerca/prenota», grazie alla quale è possibile controllare la disponibilità di stanze in un determinato periodo.

31.      Secondo il parere dell’Hotel Alpenhof, dei governi lussemburghese, olandese e del Regno Unito, la nozione di attività «diretta» non va interpretata in modo ampio.

32.      L’Hotel Alpenhof ritiene che nella sua attività non si possa ravvisare un’attività «diretta» verso un altro Stato membro nel senso dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 e precisa che il suo sito non è interattivo e che quindi, tramite il medesimo, non è possibile prenotare direttamente. Sostiene che è necessario considerare le caratteristiche di Internet, che non consente di limitare le informazioni al territorio dell’Austria.

33.      Il governo lussemburghese richiama l’attenzione sul pericolo che può derivare da un’interpretazione estensiva dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001. Con un’interpretazione estensiva si arriverebbe al punto che la sussistenza di potenziali controversie in tutti gli Stati membri scoraggerebbe le imprese dall’offrire merci e servizi nel mercato comune, con una conseguente maggiore difficoltà di attuazione delle libertà fondamentali. Se in tali casi le imprese dovessero indicare espressamente che la loro merce o i loro servizi non sono diretti ai consumatori domiciliati in alcuni Stati membri, questo comporterebbe una discriminazione dell’offerta su base territoriale e uno smembramento del mercato comune. La necessità di indicare espressamente a quali consumatori di quali Stati membri si rivolga l’offerta di beni o servizi sarebbe contraria all’art. 20 della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno (15), che vieta la discriminazione dei destinatari dei servizi in base alla cittadinanza o al domicilio. Secondo il parere del governo lussemburghese, è necessario limitare l’applicazione dell’art. 15, n. 1, lett. c) del regolamento n. 44/2001 ai casi particolari in cui le imprese invitano attivamente, selettivamente ed espressamente un particolare consumatore o i consumatori in generale. La presenza su Internet, l’accessibilità dell’offerta e la possibilità di stipulare transazioni transfrontaliere all’interno del mercato comune su un sito Internet non rappresentano un tale caso particolare.

34.      Il governo olandese sottolinea che nell’interpretare l’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 bisogna effettuare una ponderazione tra l’interesse del consumatore, che desidera vedere riconosciuta la competenza giurisdizionale del foro del suo domicilio, e l’interesse del venditore, che è di non veder riconosciuta la competenza giurisdizionale di detto foro se non ha deciso consapevolmente di dirigere o di svolgere la sua attività anche in quello Stato membro. Secondo il parere del governo olandese, per definire l’attività «diretta» verso lo Stato membro del consumatore rilevano i seguenti criteri: i) creazione di un sito Internet interattivo invece di un sito passivo, nel quale sia riportato l’indirizzo di posta elettronica del venditore, ii) invio di un messaggio di posta elettronica al consumatore, che lo informi dell’esistenza del sito del venditore, iii) addebito di ulteriori spese ai consumatori di determinati Stati membri, come ad esempio le spese di spedizione, iv) ottenimento di un marchio di qualità, che viene utilizzato in determinati Stati membri, v) indicazione dell’itinerario da un determinato Stato membro al luogo in cui il venditore svolge la sua attività, e vi) indicazione del numero telefonico per l’assistenza ai consumatori stranieri. Secondo il parere del governo olandese, il giudice nazionale deve decidere per ogni singolo caso se il venditore diriga la sua attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore.

35.      Il governo olandese ritiene che l’utilizzo di una lingua, di una valuta o la creazione di più siti Internet con domini diversi (ad esempio «.nl» o «.co.uk») non siano invece criteri rilevanti.

36.      Il governo del Regno Unito indica i criteri che, secondo il suo parere, bisognerebbe applicare nel valutare se si configuri un’attività «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore e precisamente: i) utilizzo di siti Internet per pubblicare annunci indirizzati a cittadini di altri Stati membri, oppure citazione esplicita di cittadini di altri Stati membri, ad esempio riportando le opinioni degli utenti di merci o servizi, ii) pagamento a favore di motori di ricerca Internet per la visualizzazione del sito Internet dell’impresa tra i collegamenti in determinati Stati, e iii) indirizzamento di siti Internet a consumatori che si trovano in altri Stati membri attraverso portali transeuropei; in questo caso i consumatori devono solitamente indicare il luogo di residenza e in base ad esso vengono indirizzati al relativo sito Internet.

C –    Ruolo dell’intermediario (causa Pammer)

37.      Dato che il sig. Pammer ha prenotato il viaggio tramite un intermediario, alcune parti hanno esposto le loro osservazioni anche rispetto alla posizione dello stesso. I governi ceco, lussemburghese, austriaco e polacco ritengono che non sia rilevante il fatto che il sito Internet fosse gestito dall’intermediario o dallo stesso venditore. La Commissione sostiene che la conclusione del contratto tramite l’intermediario non osta all’applicazione dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 se l’intermediario ha agito in nome del venditore e quest’ultimo abbia a sua volta acconsentito alla stipula del contratto con il consumatore.

VI – Valutazioni dell’avvocato generale

A –    Introduzione

38.      I due procedimenti in esame sollevano due questioni giuridiche. Per un verso, nella causa Pammer si pone la questione dell’interpretazione della nozione di contratto che prevede prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale, di cui all’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001. Il consumatore ha, in effetti, sottoscritto un contratto per un viaggio su nave mercantile in Estremo Oriente, che non comprendeva solo il trasporto, ma anche l’alloggio, sicché si pone la questione se possa essere assimilato ai contratti che prevedono prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale.

39.      Per altro verso, entrambe le cause, Pammer e Hotel Alpenhof, pongono la questione relativa all’interpretazione della nozione di attività «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore nel senso dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001. Nei due procedimenti in esame, la Corte è chiamata ad interpretare per la prima volta tale articolo, che è stato motivo di forti discussioni nel corso del procedimento legislativo e, successivamente, in ambito commerciale e in dottrina, in particolare in relazione alla valutazione dell’ampiezza della nozione di attività «diretta».

40.      Nelle presenti conclusioni esaminerò dapprima la questione relativa all’interpretazione dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001, che viene posta solo nella causa Pammer, poi la questione relativa all’interpretazione della nozione di attività «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore, ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001.

B –    Contratto che prevede prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale (primo quesito nella causa Pammer)

41.      Con il primo quesito nella causa Pammer il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un contratto relativo all’organizzazione di un viaggio su nave mercantile, quale quello su cui verte il procedimento in esame, rappresenti un contratto che prevede prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001. Dalla soluzione a tale questione derivano importanti conseguenze per il consumatore, dato che ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001 le disposizioni di questo regolamento concernente la competenza in materia di contratti conclusi da consumatori non si applicano ai contratti di trasporto, ad eccezione di quelli che prevedono prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale. Secondo il mio parere, la risposta a tale quesito è affermativa, tenendo conto dell’interpretazione letterale e teleologica del suddetto articolo.

42.      Già in base all’interpretazione letterale dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001 si può concludere che un contratto relativo all’organizzazione di un viaggio su nave mercantile, quale quello su cui verte il procedimento in esame, è un contratto che prevede prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001. Dall’ordinanza di rinvio risulta che il ricorrente ha prenotato un viaggio su nave mercantile da Trieste all’Estremo Oriente, che non comprende solo il trasporto, ma anche l’alloggio, pagando un prezzo globale per l’intero servizio.

43.      Allo stesso risultato si può arrivare, secondo il mio parere, anche procedendo ad un’interpretazione teleologica di tale articolo. Lo scopo dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001 è di escludere la determinazione della competenza giurisdizionale sulla base delle disposizioni relative ai contratti conclusi dai consumatori nel caso di contratti che abbiano principalmente ad oggetto il trasporto. Il consumatore nel procedimento in esame non ha tuttavia stipulato un contratto allo scopo di andare con la nave mercantile in Estremo Oriente e ritornare, bensì allo scopo di vivere – da osservatore, ovvero da turista – l’esperienza della nave mercantile (la vita quotidiana, il carico e lo scarico delle merci) e di visitare i luoghi in cui avrebbe fatto scalo la nave. L’organizzatore del viaggio, inoltre, non risponde solo della qualità del trasporto, ma anche della qualità dell’alloggio.

44.      Pertanto, ritengo che la soluzione da fornirsi alla prima questione pregiudiziale nella causa Pammer sia che un contratto relativo all’organizzazione di un viaggio su nave mercantile, quale quello del procedimento in esame, sia un contratto che prevede prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale, conformemente all’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001.

45.      Nonostante sia stata già fornita una soluzione alla detta questione pregiudiziale in base ad un’interpretazione letterale e teleologica, ritengo tuttavia necessario approfondire ulteriormente la tesi di alcune parti nel procedimento in esame, secondo cui la nozione di «contratto che preveda prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale», di cui all’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001, deve essere interpretata come la nozione di «servizio tutto compreso» di cui all’art. 2, n. 1, della direttiva 90/314 (16). Ai sensi dell’art. 2, n. 1, della direttiva 90/314 con «servizio tutto compreso» si intende la prefissata combinazione di almeno due degli elementi in appresso, venduta o offerta in vendita ad un prezzo forfetario, laddove questa prestazione superi le 24 ore o comprenda una notte: a) trasporto, b) alloggio, c) altri servizi turistici non accessori al trasporto o all’alloggio che costituiscono una parte significativa del «tutto compreso». Per risolvere la questione dell’identità d’interpretazione è necessario partire dai documenti preparatori del regolamento n. 44/2001 e dal più ampio contesto delle disposizioni dell’Unione nelle quali altresì ricorre detta nozione.

46.      Nell’interpretare la nozione di «contratti che prevedano prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale» bisogna innanzitutto prendere in considerazione la motivazione della proposta di regolamento n. 44/2001, nella quale la Commissione ha definito espressamente i «contratti che prevedano prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale» quali contratti relativi a «servizio tutto compreso», richiamandosi alla direttiva 90/314 (17). La motivazione della proposta di regolamento n. 44/2001 precisa dunque che la nozione di «contratti che prevedano prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale» è da interpretarsi in modo corrispondente alla nozione di «servizio tutto compreso» ai sensi della direttiva 90/314.

47.      Nell’ambito di un più ampio contesto normativo dell’Unione, bisogna considerare l’analogia con la Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (in prosieguo: la «Convenzione di Roma») (18) ,ossia con il regolamento Roma I, che ha sostituito la convenzione. In realtà, all’art. 5, n. 5, la Convenzione di Roma prevedeva la stessa eccezione dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001. L’art. 5 della Convenzione di Roma, che disciplinava la questione della legge applicabile ai contratti stipulati dai consumatori, al comma 5 prevedeva che quella particolare norma si applicasse ai contratti che prevedono prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale, nonostante i contratti di trasporto conclusi ai sensi del comma 4, lett. a), dello stesso articolo fossero esclusi da tale particolare norma. L’utilizzo della stessa terminologia nella Convenzione di Roma e successivamente nel regolamento n. 44/2001 indica senza dubbio che, nell’intento del legislatore, la nozione di «contratti che prevedano prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale» deve essere interpretata analogamente in entrambe le disposizioni (19).

48.      Tale esigenza di identità d’interpretazione permane anche dopo l’approvazione del regolamento Roma I. Quest’ultimo, all’art. 6, n. 4, lett. b), prevede che le specifiche disposizioni che valgono per i contratti stipulati dai consumatori non si applichino ai contratti di trasporto diversi dai contratti riguardanti un viaggio tutto «compreso» ai sensi della direttiva 90/314. Il regolamento Roma I rappresenta quindi un passo avanti rispetto al regolamento n. 44/2001, approvato in precedenza, nel quale la direttiva 90/314 non viene citata. Tuttavia, a questo proposito bisogna rifarsi a due principi interpretativi. Per un verso, bisogna mantenere la continuità di interpretazione tra la Convenzione di Roma e il regolamento Roma I. Nonostante il regolamento Roma I si richiami espressamente alla direttiva 90/314, entrambi vanno interpretati allo stesso modo, dato che al momento della firma della Convenzione di Roma la direttiva 90/314 non era ancora stata approvata. Per altro verso, bisogna tenere presente l’esigenza di interpretare in modo univoco il regolamento n. 44/2001 e il regolamento Roma I. La nozione di contratti di trasporto che rientrano nei contratti stipulati dai consumatori deve essere interpretata allo stesso modo in entrambe le disposizioni. Il settimo ‘considerando’ del regolamento Roma I prevede infatti che il campo di applicazione materiale e le disposizioni del regolamento stesso debbano essere coerenti con il regolamento n. 44/2001.

49.      Pertanto, ritengo che la nozione di «contratti che prevedano prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale», di cui all’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001 debba essere interpretata in maniera corrispondente alla nozione di «servizio tutto compreso» di cui all’art. 2, n. 1, della direttiva 90/314 (20).

50.      Indipendentemente dalla questione dell’identità di interpretazione di queste due nozioni – come già indicato al paragrafo 44 delle presenti conclusioni – la soluzione da fornirsi alla prima questione pregiudiziale nella causa Pammer è che il contratto relativo all’organizzazione di un viaggio su nave mercantile, quale è quello della causa in esame, è un contratto che prevede prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale, ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001.

C –    Attività «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore (secondo quesito nella causa Pammer; quesito nella causa Hotel Alpenhof)

51.      Con la seconda questione pregiudiziale nella causa Pammer, e con la questione pregiudiziale nella causa Hotel Alpenhof, il giudice del rinvio chiede se per dirigere l’attività ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 sia sufficiente che il sito Internet della persona che svolge un’attività commerciale o professionale e con la quale il consumatore conclude un contratto sia accessibile via Internet nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore. A questo si collega la questione dell’ampiezza con cui va interpretata la nozione di cui all’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, ai sensi del quale il venditore dirige l’attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o verso una pluralità di Stati, che comprende tale Stato membro. Nell’ambito del commercio elettronico sarà essenziale accertare in base a quali criteri debba essere stabilito il limite per i siti Internet oltre il quale il venditore dirige l’attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore e quello oltre il quale non dirige la sua attività verso tale Stato membro.

52.      Prima di iniziare ad analizzare tale questione pregiudiziale, valuto quali condizioni debbano essere soddisfatte per stabilire la competenza giurisdizionale ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001.

1.      Condizioni di applicazione dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001

53.      Ai fini dell’applicazione dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 devono essere soddisfatte quattro condizioni.

a)      Conclusione del contratto

54.      La prima condizione è che tra il consumatore e il venditore venga concluso un contratto. Per un verso, questo emerge già dall’art. 15, n. 1, del regolamento n. 44/2001, che si applica «alle questioni relative ai contratti conclusi (...) [dal] consumatore» (21). Per altro verso, ciò emerge anche dalla sentenza della Corte nella causa Ilsinger (22), in cui la Corte ha sottolineato che l’art. 15 del regolamento n. 44/2001 si applica solo se il procedimento in esame si riferisce al contratto concluso tra il consumatore e il venditore (23). La condizione per la conclusione del contratto nell’ambito di questo articolo è che le parti, sulla base dell’offerta e dell’accettazione della stessa, giungano ad un accordo per la stipula del contratto (24). Inoltre, come ha già sottolineato la Corte nella causa Ilsinger, in questo caso non è necessario che si tratti di un contratto sinallagmatico (25).

55.      In riferimento alla condizione relativa alla conclusione di un contratto bisogna analizzare anche la questione se per stabilire la competenza giurisdizionale ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 il contratto debba essere concluso a distanza. Nonostante la conclusione del contratto a distanza venga citata in riferimento all’applicazione di tale articolo nella dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione (26) come pure nel ventiquattresimo ‘considerando’ del regolamento Roma I, che riassume tale dichiarazione congiunta (27), l’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 non prevede questa condizione. Ritengo che tale condizione, soprattutto in procedimenti quali quelli in esame, presenti taluni problemi (28). Il consumatore può, ad esempio, effettuare a distanza solo la prenotazione dei servizi alberghieri o turistici e concludere poi il contratto nel luogo in cui usufruisce dei servizi. Secondo il mio parere, anche in questo caso la competenza deve essere stabilita ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001.

56.      In riferimento alle due cause in esame, il giudice del rinvio dovrà dunque stabilire se sia soddisfatta la condizione della stipulazione del contratto ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 (29).

b)      Conclusione da parte del consumatore di un contratto che rientra nell’ambito dell’attività commerciale o professionale del venditore

57.      La seconda condizione per l’applicazione dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 è che il contratto sia concluso tra un consumatore e una persona che svolge un’attività commerciale o professionale (venditore (30)). Anche in riferimento a questa condizione, il giudice del rinvio dovrà stabilire se siano soddisfatte le condizioni delle circostanze fattuali di cui all’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 (31).

58.      La terza condizione per l’applicazione dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 è che il contratto rientri nell’ambito dell’attività commerciale o professionale del venditore. Anche la decisione relativa a questa condizione spetta al giudice nazionale (32).

c)      Svolgimento dell’attività nello Stato membro del consumatore o attività «diretta» verso tale Stato membro

59.      La quarta condizione per l’applicazione dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 è che il venditore svolga un’attività commerciale o professionale nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore o, con qualsiasi mezzo, diriga tale sua attività verso detto Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro. Il soddisfacimento di tale condizione rappresenta il punto essenziale della questione pregiudiziale nelle cause in esame e richiede un’analisi approfondita, che farò più avanti.

2.      Interpretazione della nozione di attività «diretta» ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001

60.      Il punto essenziale dell’analisi nei procedimenti in esame è quindi verificare se il venditore diriga la sua attività verso lo Stato membro in cui risiede il consumatore o verso una pluralità di Stati che comprende tale Stato membro. Nell’ambito dell’interpretazione della nozione di attività «diretta», di cui all’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, bisogna considerare vari elementi. Innanzitutto, facendo ricorso a vari metodi interpretativi, bisogna stabilire con quale grado di ampiezza debba essere interpretata tale nozione, quindi accertare quali criteri siano rilevanti per decidere se attraverso un sito Internet il venditore diriga la sua attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore.

61.      Nell’ambito dell’analisi del grado di ampiezza da applicare all’interpretazione della nozione di attività «diretta» di cui all’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, bisogna valutare principalmente due questioni. Per un verso, è necessario risolvere la questione se la mera accessibilità al sito Internet sia sufficiente per dirigere l’attività ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001. Per altro verso, bisogna valutare se nell’interpretazione di tale nozione sia necessario distinguere tra i cosiddetti siti interattivi e passivi. I siti Internet interattivi consentono la conclusione diretta del contratto attraverso il sito, i siti passivi non lo consentono (33).

a)      Interpretazione letterale, teleologica, storica e sistematica della nozione di attività «diretta» ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001

62.      Il regolamento n. 44/2001 non definisce la nozione di attività «diretta». Come da consolidata giurisprudenza, la determinazione del significato e dell’ampiezza delle nozioni per le quali il diritto comunitario non fornisce alcuna definizione va operata conformemente al loro significato abituale nel linguaggio corrente, tenendo conto del contesto nel quale vengono utilizzate e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui esse fanno parte (34). Tenuto conto di questa consolidata giurisprudenza e delle osservazioni delle parti nel procedimento in esame, secondo il mio parere bisogna partire da quattro elementi di base ai fini dell’interpretazione: in primo luogo, l’interpretazione letterale ossia il significato abituale della nozione di attività «diretta»; in secondo luogo, l’interpretazione teleologica; in terzo luogo, l’interpretazione storica e, in quarto luogo, l’interpretazione sistematica di tale nozione.

63.      In base all’interpretazione letterale è possibile stabilire che la nozione di attività «diretta» verso uno Stato membro o una pluralità di Stati implica che il venditore si adoperi attivamente affinché i consumatori di quello o di quegli Stati membri stipulino con lui contratti (35). È necessario dunque che il venditore svolga un’attività la cui finalità e il cui risultato siano quelli di attirare clienti da altri Stati membri (36). Un’interpretazione secondo cui, affinché l’attività sia «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore, sarebbe sufficiente il mero accesso al sito Internet in quello Stato di fatto svuoterebbe di significato la nozione di attività «diretta». Dal significato abituale della nozione di attività «diretta» è possibile quindi dedurre che la mera accessibilità del sito via Internet non è sufficiente a configurare un’attività «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore. Nel contempo, dall’interpretazione letterale non emergono elementi a supporto della tesi secondo cui, nell’interpretare tale nozione, si dovrebbe distinguere tra i siti Internet interattivi e quelli passivi, dato che le disposizioni di tale articolo non indicano i vari tipi di siti Internet.

64.      Nell’ambito dell’interpretazione teleologica della nozione di attività «diretta» è necessario, come sottolinea correttamente il governo olandese, procedere alla ponderazione tra l’interesse del consumatore, che auspica che sia competente il giudice del suo domicilio, e l’interesse del venditore, che tende invece a contestarne la competenza giurisdizionale, se non ha deciso consapevolmente di dirigere la sua attività ossia di svolgerla anche in tale Stato membro. Lo scopo di tale articolo è quindi assicurare al consumatore speciali diritti riguardo alla competenza, quando il contratto concluso dal consumatore presenti una connessione sufficiente con lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore stesso. Nel contempo, nell’ambito dell’interpretazione di questo articolo è necessario consentire al venditore di evitare la possibilità di convenire e di essere convenuto nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore, nel caso in cui la sua attività non sia diretta verso lo Stato membro del consumatore e non sussista quindi una sufficiente connessione con tale Stato. Se il legislatore avesse voluto stabilire che la competenza giurisdizionale venga decisa sulla base di disposizioni particolari per i contratti stipulati dai consumatori in ragione della mera accessibilità del sito via Internet, non avrebbe preso in considerazione, quale condizione per l’applicazione di tali disposizioni, l’azione di dirigere l’attività, bensì la mera esistenza del sito Internet (37). Perciò, in base all’interpretazione teleologica si giunge alla conclusione che la mera accessibilità del sito via Internet non è sufficiente a configurare l’attività «diretta» ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001.

65.      Inoltre, ritengo che l’interpretazione teleologica deponga in senso contrario alla distinzione che viene operata tra i siti Internet interattivi e quelli passivi nell’ambito dell’interpretazione dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, per un verso, perché la nozione di attività «diretta» non deve dipendere dal mezzo tecnico utilizzato per la conclusione del contratto (38), per altro verso, perché nella prassi è difficile stabilire il confine tra i siti Internet interattivi e quelli passivi (39).

66.      Dall’interpretazione storica emerge che l’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 ha sostituito la disposizione dell’art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles, che si applicava ai contratti aventi ad oggetto una fornitura di servizi o di beni mobili materiali, se la conclusione del contratto era stata preceduta da una proposta specifica o da una pubblicità nello Stato in cui il consumatore ha il proprio domicilio e se il consumatore aveva compiuto in tale Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto. L’art. 15, n. 1, lett. c) del regolamento n. 44/2001 è stato modificato rispetto all’art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles al fine di tutelare maggiormente i consumatori riguardo ai moderni mezzi di comunicazione e allo sviluppo del commercio elettronico (40). Rispetto al citato articolo della convenzione, questo articolo del regolamento è concepito in maniera più ampia, visto che si riferisce non solo ai contratti di prestazioni di servizi o di fornitura di beni, ma a tutti i contratti, eliminando nel contempo la condizione che il consumatore debba porre in essere gli atti necessari per la conclusione del contratto nello Stato membro in cui risiede. A volte è difficile stabilire il luogo in cui si sono svolti i fatti, soprattutto nel caso di contratti conclusi via Internet. Per stabilire il collegamento tra il contratto e lo Stato in cui è domiciliato il consumatore, è perciò fondamentale che il venditore svolga la sua attività nello Stato in cui è domiciliato il consumatore oppure che diriga la sua attività verso quello Stato. Così, la nozione di attività «diretta» di cui all’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, oltre alle forme tradizionali di promozione dell’attività del venditore nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore, che erano già incluse nell’art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles (41), va ad includere anche l’attività «diretta» verso lo Stato membro del consumatore tramite i siti Internet (42).

67.      Nonostante l’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 sia stato modificato per comprendere i contratti conclusi nell’ambito del commercio elettronico, dall’interpretazione storica non si può desumere in modo inequivocabile il significato e l’ampiezza della nozione di attività «diretta» attraverso i siti Internet. In realtà, le disposizioni di cui all’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 erano controverse già al momento dell’adozione dello stesso e le istituzioni non sono riuscite a mettersi d’accordo sull’ampiezza da conferire alla nozione di attività «diretta». Inoltre, a tale nozione ha reagito negativamente soprattutto il settore economico, in particolare per il timore che un’interpretazione troppo ampia della nozione di attività «diretta» possa scoraggiare le piccole e medie imprese dall’utilizzare Internet per pubblicizzare o promuovere le proprie attività (43).

68.      Nella proposta iniziale di regolamento (44), il testo dell’art. 15, n. 1, lett. c), era identico a quello del regolamento attualmente in vigore. Nella motivazione della proposta, la Commissione precisa che la nozione di svolgimento o di direzione dell’attività verso uno Stato membro viene utilizzata affinché tale articolo venga applicato ai contratti conclusi dai consumatori attraverso un sito Internet interattivo accessibile nello Stato di domicilio del consumatore (45). Nella motivazione si fa inoltre presente che il semplice fatto che il consumatore abbia avuto conoscenza di un servizio o della possibilità di acquistare una merce attraverso un sito Internet passivo, accessibile nel proprio Stato di domicilio, non è sufficiente per determinare la competenza in base a tale articolo (46). Dalla motivazione della proposta di regolamento si può dunque dedurre che il confine tra i siti Internet che rientrano nella nozione di attività «diretta» e quelli che non vi rientrano sia l’interattività del sito Internet, ossia il fatto che sia possibile concludere il contratto direttamente sul sito Internet.

69.      Nel corso del procedimento legislativo il comitato economico e sociale ha cercato di mantenere la dicitura dell’art. 13, primo comma, punto 3, della convenzione di Bruxelles, mentre il Parlamento europeo ha proposto una definizione della nozione di attività «diretta» in base alla quale il venditore avrebbe dovuto intenzionalmente dirigere la sua attività in misura significativa verso un altro Stato membro (47), e il giudice nazionale, nel valutare se il venditore abbia diretto la sua attività in tal modo, avrebbe dovuto considerare tutte le circostanze del caso, ivi compresi tutti i tentativi del venditore di impedire la conclusione di contratti con consumatori domiciliati in determinati Stati membri (48). La Commissione non ha adottato questa definizione nella proposta modificata del regolamento (49).

70.      A causa dei numerosi dissensi e per la mancanza di chiarezza sull’interpretazione dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, dopo l’approvazione del regolamento stesso, il Consiglio e la Commissione hanno rilasciato una dichiarazione congiunta nella quale hanno puntualizzato che la mera accessibilità di un dato sito Internet non è sufficiente per l’applicabilità dell’art. 15 del regolamento n. 44/2001, ma occorre che il sito medesimo inviti a concludere contratti a distanza e che un contratto sia stato effettivamente concluso a distanza con qualsiasi mezzo. In quest’ambito, la lingua o la valuta caratteristica del sito Internet non costituisce un elemento pertinente (50).

71.      Anche in base all’interpretazione storica dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 è possibile concludere che la mera accessibilità del sito Internet nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore non è sufficiente a configurare un’attività «diretta» verso tale Stato membro. L’interpretazione storica è meno chiara riguardo alla distinzione tra i siti Internet interattivi e quelli passivi.

72.      Nell’ambito dell’interpretazione sistematica bisogna considerare che il regolamento n. 44/2001 deve essere interpretato in maniera uniforme rispetto al regolamento Roma I (51). Il settimo ‘considerando’ del regolamento Roma I prevede in effetti che «[i]l campo di applicazione materiale e le disposizioni del presente regolamento dovrebbero essere coerenti con il regolamento (CE) n. 44/2001 (...)». Pertanto, nell’interpretare la nozione di attività «diretta» di cui all’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, la Corte dovrà fare attenzione a che tale nozione non venga interpretata in modo da risultare contraria al senso e allo scopo del regolamento Roma I.

73.      Il ventiquattresimo ‘considerando’ del regolamento Roma I prevede che ai fini della coerenza con il regolamento n. 44/2001 «si faccia riferimento al concetto di “attività diretta” come condizione d’applicazione della norma che tutela il consumatore» e che questa nozione sia oggetto di un’interpretazione armoniosa nel regolamento n. 44/2001 e nel regolamento Roma I. Tale ‘considerando’ si richiama espressamente alla dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione in riferimento all’art. 15 del regolamento n. 44/2001, nelquale si precisa «che l’applicazione dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), “presuppone non soltanto che l’impresa diriga le sue attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore (...), ma anche che il contratto sia stato concluso nell’ambito di dette attività”» e che «la mera accessibilità di un dato sito Internet non è sufficiente ai fini dell’applicabilità dell’articolo 15: occorre che il sito medesimo inviti a concludere contratti a distanza e che un contratto sia stato effettivamente concluso a distanza, con qualsiasi mezzo» e che «la lingua o la valuta caratteristica del sito Internet non costituisce un elemento pertinente». Da questo ‘considerando’ si evince chiaramente che la mera accessibilità del sito via Internet non è sufficiente per l’applicabilità dell’art. 15 del regolamento n. 44/2001. Inoltre, tale ‘considerando’ non fornisce la distinzione tra i siti Internet interattivi e quelli passivi, per cui è possibile concludere che il venditore dirige la sua attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore attraverso entrambi i tipi di siti Internet (52).

74.      Dalle interpretazioni letterale, teleologica, storica e sistematica della nozione di attività «diretta» di cui all’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, a mio avviso si possono trarre due conclusioni. Per un verso, è possibile stabilire inequivocabilmente che la mera accessibilità del sito Internet nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore non è sufficiente ad affermare che un’attività è «diretta» verso tale Stato ai sensi di tale articolo (53). Per altro verso, è possibile stabilire – tranne che sulla base dell’interpretazione storica – che nel valutare se si configuri un’attività «diretta» ai sensi di tale articolo, non dev’essere determinante il fatto che il sito Internet sia interattivo o passivo (54). 

75.      Nel prosieguo definirò i criteri per stabilire quando il venditore diriga la sua attività, attraverso il suo sito Internet, verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore.

b)      Criteri per stabilire se il venditore diriga la propria attività ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001

76.      Pertanto, la nozione di attività «diretta» non è così ampia da ricomprendere la mera accessibilità del sito via Internet, tuttavia è possibile dirigere l’attività attraverso siti Internet sia interattivi che passivi. Dove sia il confine tra i siti attraverso i quali il venditore dirige la sua attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore e quelli attraverso i quali il venditore non vi dirige la sua attività va stabilito per ogni singolo caso, dopo aver valutato tutte le circostanze specifiche. Tale valutazione deve essere effettuata dal giudice nazionale per ogni singolo caso (55), mentre la Corte gli deve fornire con chiarezza i criteri in base ai quali potrà decidere se il venditore diriga o meno la sua attività verso lo Stato membro in cui risiede il consumatore.

77.      Secondo il mio parere, per decidere se il venditore diriga la sua attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore sono rilevanti diversi criteri.

78.      Innanzitutto bisogna valutare il contenuto del sito Internet come era al momento della stipulazione del contratto. Bisogna valutare se dal sito risulti evidente che il venditore si adopera coscientemente per concludere contratti a distanza con consumatori di altri Stati membri e se li inviti e li incoraggi a concludere un contratto a distanza. In tal senso sono rilevanti, ad esempio, le informazioni fornite sul sito Internet: l’indicazione del prefisso telefonico internazionale accanto al suo numero telefonico o al numero di fax, oppure l’indicazione di un numero dedicato per l’assistenza e le informazioni ai consumatori esteri (56); l’indicazione dell’itinerario per raggiungere da altri Stati membri la località nella quale il venditore svolge la propria attività (come, ad esempio, indicazioni stradali, collegamenti ferroviari internazionali, indicazione degli aeroporti più vicini); la possibilità di controllare la disponibilità di una merce in magazzino o la possibilità che sia prestato un servizio (57); la possibilità per un consumatore di un altro Stato membro di iscriversi ad una newsletter sui servizi o sui beni offerti dal venditore. Sui siti Internet interattivi è rilevante in questo senso, ad esempio, anche la possibilità che, nell’inserire il suo indirizzo per concludere il contratto, il consumatore scelga tra più Stati membri lo Stato membro in cui è domiciliato.

79.      Al contrario – come precisa correttamente la Commissione – la mera indicazione dell’indirizzo di posta elettronica nel sito Internet non è sufficiente a configurare un’attività «diretta» ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001. L’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica è di fatto necessaria ai sensi dell’art. 5, n. 1, lett. c), della direttiva sul commercio elettronico. Anche l’indicazione di altri dati che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di comunicare direttamente ed efficacemente con lui non configura di per sé un’attività «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore, dato che si tratta altresì di dati obbligatori (58). Se queste indicazioni fossero da sole sufficienti per configurare un’attività «diretta», in realtà tutti i siti Internet rientrerebbero in questa categoria, il che sarebbe contrario allo scopo dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001.

80.      Inoltre è necessario considerare l’attività commerciale precedentemente svolta con i consumatori di altri Stati membri. È necessario verificare se il venditore abbia già concluso in precedenza contratti con consumatori di altri Stati membri (59). Nell’ambito di tale criterio, si pone ovviamente il quesito di quanti clienti, ossia quale percentuale di clienti (consumatori), debba avere il venditore in uno Stato membro affinché si configuri un’attività «diretta» verso detto Stato. Ritengo che questo dipenda dalle circostanze del caso. Se il venditore conclude tradizionalmente contratti a distanza con consumatori di uno Stato membro, indubbiamente dirige la sua attività verso tale Stato membro. La soluzione da fornirsi a questa questione sarà più difficile se il venditore ha concluso un contratto con un solo consumatore di un altro Stato membro. La stipulazione di un contratto con un solo consumatore di uno Stato membro, di per sé e indipendentemente da altri criteri, non è in linea di principio sufficiente a configurare un’attività «diretta» verso tale Stato membro (60). Se si interpretasse l’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 nel senso che l’attività «diretta» significa solo la conclusione di un contratto (61), si svuoterebbe di significato la nozione di attività «diretta», che presuppone un impegno attivo del venditore nel concludere contratti con i consumatori di altri Stati membri. Tuttavia, se altri criteri confermano che l’attività è «diretta» verso uno Stato membro, si può argomentare che il venditore, sapendo che sta concludendo il contratto con un consumatore di un altro Stato membro, ha dimostrato la disponibilità a dirigere la sua attività anche verso lo Stato membro in cui è domiciliato tale consumatore.

81.      Per quanto riguarda la lingua in cui è stato redatto il sito, nella dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione sull’art. 15 del regolamento n. 44/2001 (62), riassunta nel ventiquattresimo ‘considerando’ del regolamento Roma I, si sostiene che la lingua utilizzata nel sito Internet non costituisce un elemento pertinente. Ciononostante, si può argomentare che la lingua è comunque, in alcuni casi limitati, un indizio di attività «diretta» verso uno Stato membro o una pluralità di Stati membri. Secondo il mio parere, la lingua può essere un criterio pertinente sotto due aspetti.

82.      Da un canto, se il sito Internet è redatto solo in una lingua non molto diffusa che è la lingua ufficiale di un solo Stato membro, questo può indicare che il venditore dirige la sua attività solo verso tale Stato membro (63). Tale criterio può certo essere problematico, dato che solleva la questione se un tale sito Internet sia diretto solo a consumatori dello Stato membro in cui tale lingua è la lingua ufficiale o anche alle persone che vivono in altri Stati membri e che parlano tale lingua (64). Tuttavia, a tale argomento si può rispondere con l’interpretazione letterale dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001: ai sensi di tale articolo, il venditore deve dirigere la sua attività verso un determinato Stato membro e non verso un determinato gruppo di consumatori che parlano una determinata lingua. Al contrario, nel caso di un sito Internet redatto in una lingua largamente utilizzata (65), o che è la lingua ufficiale di una pluralità di Stati membri (66), non è possibile stabilire automaticamente se l’attività del venditore sia «diretta» anche verso altri Stati membri diversi dallo Stato membro in cui egli ha sede. Anche in tal caso è necessario decidere sulla base di tutti gli elementi a disposizione.

83.      D’altro canto, è rilevante a mio avviso verificare se il sito Internet, redatto in una lingua, possa essere visualizzato in un’altra lingua. Questa circostanza è rilevante, dato che rappresenta un indizio che il venditore dirige la sua attività anche verso altri Stati membri. Con la possibilità di modificare la lingua, in effetti, egli dimostra consapevolmente il suo intento di concludere contratti anche con i consumatori di altri Stati membri (67). 

84.      È necessario valutare, inoltre, se l’utilizzo di domini di primo livello (top-level domain) di uno Stato possa essere un criterio rilevante (68). A differenza del governo olandese, ritengo che tale criterio possa essere rilevante per decidere se il venditore diriga la sua attività verso uno Stato membro, ma in quest’ambito devono essere considerate due circostanze. Per un verso, l’indicazione del dominio Internet dello Stato membro è un chiaro indizio del fatto che il venditore dirige la sua attività verso lo Stato membro corrispondente a tale dominio. Se il venditore – come, ad esempio, la Internationale Frachtschiffreisen Pfeiffer nella causa Pammer – crea un sito Internet con il dominio «.de», questo significa necessariamente che esso dirige la sua attività verso il mercato tedesco. Per altro verso, l’utilizzo del dominio Internet dello Stato membro non esclude che l’attività sia «diretta» verso altri Stati membri. Se il venditore ad esempio crea un sito Internet con il dominio «.de» e altri criteri indicano chiaramente che il venditore dirige la sua attività anche verso altri Stati membri, è necessario concludere che la sua attività non è limitata solo alla Germania.

85.      Il criterio dell’indicazione del dominio Internet dello Stato membro è, di fatto, rilevante innanzitutto nel caso in cui un venditore con sede in uno Stato membro utilizzi il dominio di un altro Stato membro nel quale non ha sede (69). Qualora, ad esempio, il venditore con sede nel Regno Unito creasse un sito Internet con il dominio «.es», sarebbe evidente che egli dirige la sua attività (anche) verso il mercato spagnolo. In quest’ambito, è necessario considerare anche il fatto che per promuovere la loro attività alcuni venditori realizzano diversi siti Internet nazionali; spesso il consumatore viene indirizzato da un sito Internet di copertura al sito Internet con il dominio dello Stato in cui egli è domiciliato. In tal caso, attraverso il sito Internet con il dominio di uno Stato membro, di norma il venditore dirige la sua attività solo verso il mercato dello Stato membro corrispondente al dominio; ciononostante, è necessario decidere per ogni singolo caso se egli diriga la sua attività anche verso altri Stati membri.

86.      Analogamente, l’utilizzo di nomi di dominio neutri rispetto alla nazione (70) può essere indicativo del fatto che il venditore non dirige la sua attività solo verso lo Stato membro in cui è domiciliato, ma anche verso altri Stati membri, anche se ciò non è sufficiente per poter concludere che il venditore diriga la sua attività verso tutti gli Stati membri. Anche in tal caso è necessario valutare il contenuto del sito Internet e decidere in base a tutti i criteri verso quali Stati membri il venditore diriga la sua attività.

87.      Bisogna verificare, inoltre, se nel definire un’attività come «diretta», sia necessario – come indicato dalla Commissione – considerare il tipo di attività svolta dal venditore. Detta istituzione, ad esempio, sostiene che, nel caso di un’attività artigianale, che viene tipicamente svolta in ambito locale, non si configura un’attività «diretta» verso gli altri Stati membri. Ritengo che tale argomento non possa essere accolto. Indipendentemente dal tipo di attività, il venditore può decidere ad esempio di vendere beni (71) o di prestare dei servizi (72) anche ai consumatori di altri Stati membri. Perciò, il tipo di attività a mio avviso non deve essere determinante.

88.      Inoltre è necessario valutare se il venditore, grazie alle varie possibilità tecniche che offre Internet, si sia adoperato per informare i consumatori di determinati Stati membri della sua offerta e per spingerli alla stipulazione di contratti. In questo contesto rientrano, ad esempio, i link commerciali sui siti Internet che appaiono durante le ricerche sui motori di ricerca in alcuni Stati membri oppure le finestre che si aprono quando si avvia un sito Internet in alcuni Stati membri (pop-up). Bisogna valutare, inoltre, se il venditore abbia inviato per posta elettronica ai consumatori di determinati Stati membri il link al suo sito o li abbia invitati a concludere un contratto a distanza, senza alcuna richiesta in tal senso da parte dei consumatori (73). Nell’inviare un tale messaggio di posta elettronica, secondo il mio parere, non è rilevante se il venditore era al corrente di quale sia lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore. Se il venditore invia posta elettronica indesiderata, a mio avviso deve correre il rischio di poter essere convenuto o di dover citare in giudizio il consumatore in qualsiasi Stato membro.

89.      È rilevante anche se il venditore, che abbia un sito Internet, diriga la sua attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore attraverso altri strumenti pubblicitari: se, ad esempio, abbia iscritto il suo sito nel registro dei siti Internet o se abbia reclamizzato la sua attività sulla stampa, alla radio, in televisione o con altri mezzi. In tal caso, indubbiamente si tratta non di attività «diretta» attraverso il sito Internet, bensì di attività «diretta» con altri mezzi, però – come ho già sottolineato (74) – anche in tal caso si applica l’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001.

90.      Per finire, desidero puntualizzare che tali criteri non sono esaustivi e che, nel procedere alla valutazione se il venditore diriga o meno la sua attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore, è necessario che siano sempre presi in considerazione tutti i criteri, non solo alcuni di essi.

c)      Questione relativa all’ammissibilità dell’espressa esclusione dell’attività «diretta» verso determinati Stati membri

91.      Infine, è necessario analizzare brevemente anche la questione se il venditore possa indicare espressamente nel suo sito Internet il suo intento di non dirigere la sua attività verso determinati Stati membri o di dirigerla solo verso determinati Stati membri (il cosiddetto disclaimer) (75). Detta questione non si pone direttamente nei procedimenti in esame, dato che nei siti Internet dei venditori non era riportata una tale dichiarazione. Pertanto, di seguito cercherò di indicare solo alcuni possibili orientamenti per l’esame di tale questione, che è piuttosto complessa.

92.      In primo luogo, se si consente al venditore di escludere (o confermare) implicitamente che la sua attività è «diretta» verso alcuni Stati membri, a condizione che configuri il contenuto del suo sito Internet in un determinato modo, non vedo il motivo per cui non si debba anche consentire al venditore di escludere (o confermare) esplicitamente di dirigere la sua attività verso determinati Stati membri. In quest’ambito è importante che il venditore agisca anche nei fatti in maniera coerente rispetto a quanto indicato nel sito Internet. Se il venditore dichiara nel sito Internet di non dirigere la sua attività verso determinati Stati membri e poi, ciononostante, stipula contratti con consumatori di tali Stati membri, egli non si può avvalere della dichiarazione esplicita di non dirigere la sua attività verso tali Stati membri.

93.      In secondo luogo, mi pare troppo limitativa la tesi secondo cui i venditori devono avere la possibilità di escludere espressamente l’attività «diretta» verso determinati Stati membri soprattutto per non essere convenuti in tali Stati membri, dato che la possibilità di essere ivi citati in giudizio li scoraggerebbe dallo svolgere il commercio elettronico.

94.      Per un verso, è necessario tenere presente che finora, nell’ambito del diritto dell’Unione, sono stati già adottati molti atti normativi che facilitano la risoluzione di controversie transfrontaliere e l’esecuzione transfrontaliera, come ad esempio il regolamento (CE) n. 861/2007 che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità (76), il regolamento (CE) n. 1896/2006 che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento (77) e il regolamento (CE) n. 805/2004 che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (78); e, non ultimo, anche il regolamento n. 44/2001 che contiene disposizioni relative al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni giudiziarie (79). Lo scopo di tali regolamenti è semplificare e accelerare la risoluzione delle controversie transfrontaliere e ridurne i costi (80) ossia consentire la libera circolazione delle ingiunzioni di pagamento, delle sentenze, delle transazioni giudiziarie e degli atti pubblici (81). Pertanto, ritengo eccessivo il timore che le piccole e medie imprese, solo per la possibilità di essere convenute in altri Stati membri, rinuncino al commercio elettronico e che solo per questo motivo sia necessario consentire loro di escludere espressamente la direzione dell’attività (82).

95.      Per altro verso, bisogna considerare che i motivi per cui un venditore può voler escludere di dirigere la sua attività verso altri Stati membri potrebbero essere molto vari e potrebbero essere tali da giustificare la possibilità di escludere che la sua attività sia diretta verso altri Stati membri. Il venditore potrebbe non voler dirigere la sua attività verso altri Stati membri perché nello Stato membro della sua sede ha una clientela fissa e fedele e non desidera ampliare la sua attività. Potrebbe voler limitare la prestazione dei servizi solo al suo Stato membro, dato che i costi di trasporto verso altri Stati membri sono troppo elevati e per lui semplicemente tale ipotesi non sarebbe conveniente dal punto di vista economico. Il venditore può avere, ad esempio, una chiara visione commerciale nel senso di voler aumentare la sua concorrenzialità in una regione determinata – ad esempio negli Stati del Benelux – e di conseguenza intende commerciare solo con i consumatori di quegli Stati. La decisione riguardante la limitazione della direzione dell’attività non rappresenta forse una decisione imprenditoriale autonoma dello stesso venditore, che deve essergli riconosciuta, naturalmente a condizione che tale decisione sia conforme alle disposizioni sulla tutela della concorrenza? Si può veramente imporre al venditore di lavorare potenzialmente anche con consumatori di altri Stati membri, togliendogli la possibilità di indicare espressamente nel suo sito Internet verso quali Stati membri dirige la sua attività?

96.      In terzo luogo, l’argomento del governo lussemburghese secondo cui l’espressa indicazione nel sito Internet dell’esclusione dell’attività «diretta» verso determinati Stati membri sarebbe contraria all’art. 20 della direttiva relativa ai servizi, che vieta la discriminazione in base alla nazionalità o alla residenza del destinatario dei servizi, deve essere esaminato con una certa cautela.

97.      Da un lato – oltre a doversi chiedere fino a che punto possa essere rilevante la direttiva relativa ai servizi (83) – è necessario tenere presente il fatto che tale direttiva come pure il suo art. 20 si rivolgono agli Stati membri, perciò è possibile controllare solamente se tale articolo si ponga in contrasto con le legislazioni nazionali che consentono l’indicazione esplicita di esclusione dell’attività «diretta» verso determinati Stati membri sul sito Internet.

98.      D’altro lato, è necessario tenere presente che l’art. 20 della direttiva relativa ai servizi, al comma 2, lascia aperta la possibilità di prevedere condizioni d’accesso differenti ai servizi basate sulla nazionalità o sul luogo di residenza del destinatario dei servizi allorché queste sono direttamente giustificate da criteri oggettivi. L’art. 20 della direttiva relativa ai servizi consente quindi una disparità di trattamento basata sulla nazionalità o sul luogo di residenza del destinatario dei servizi qualora tale disparità sia obiettivamente giustificata, il che deve essere deciso caso per caso (84).

99.      Pertanto, ritengo che i venditori debbano avere in linea di principio la possibilità di indicare espressamente verso quali Stati dirigono o non dirigono la loro attività (85) e che sia necessario esaminare in ogni caso specifico, tenendo conto delle circostanze concrete, l’eventuale (non) conformità di tale esclusione ad altre norme giuridiche dell’Unione.

3.      Conclusione

100. In base a quanto esposto ai paragrafi 51‑99 delle presenti conclusioni, ritengo che la soluzione da fornirsi alla seconda questione nella causa Pammer e alla questione nella causa Hotel Alpenhof sia che, affinché un’attività sia «diretta» ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, non è sufficiente che il sito della persona che svolge un’attività commerciale o professionale sia accessibile via Internet nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore. Il giudice nazionale deve decidere, sulla base di tutte le circostanze del caso, se la persona che svolge un’attività commerciale o professionale diriga la sua attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore. I fattori rilevanti ai fini di tale valutazione sono soprattutto il contenuto del sito Internet, l’attività svolta fino a quel momento dalla persona che svolge un’attività commerciale o professionale, il tipo di dominio Internet utilizzato e il ricorso alle possibilità di pubblicità su Internet o altrove.

VII – Conclusioni

101. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere le questioni pregiudiziali proposte dall’Oberster Gerichtshof come segue:

1)         Il contratto relativo all’organizzazione di un viaggio su nave mercantile, quale quello di cui trattasi nel procedimento in esame, è un contratto che prevede prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale ai sensi dell’art. 15, n. 3, del regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale.

2)         Affinché un’attività sia «diretta» ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 non è sufficiente che il sito della persona che svolge un’attività commerciale o professionale sia accessibile via Internet nello Stato membro in cui è residente il consumatore. Il giudice nazionale deve valutare, sulla base di tutte le circostanze del caso, se la persona che svolge un’attività commerciale o professionale diriga o meno la sua attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore. I fattori rilevanti ai fini di tale valutazione sono soprattutto il contenuto del sito Internet, l’attività svolta fino a quel momento dalla persona che svolge un’attività commerciale o professionale, il tipo di dominio Internet utilizzato e il ricorso alle possibilità di pubblicità su Internet o altrove.


1 – Lingua originale: lo sloveno.


2 – GU L 12, pag. 1.


3 – Per la prima interpretazione dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001, v. sentenza della Corte 14 maggio 2009, causa C‑180/06, Ilsinger (Racc. pag. I‑3961).


4 – V. ad esempio Øren, Joakim S. T., International jurisdiction over consumer contracts in e-Europe, International and comparative law quarterly, n. 3/2003, pag. 665 e ss.; Montero, E., À propos d’un contrat de voyage formé par hybridation (web + télécopie), Revue internationale du droit des affaires, n. 91/2009, pag. 332 e ss.; Mankowski, P., Neues zum «Ausrichten» unternehmerischer Tätigkeit unter art. 15 Abs. 1 lit. c EuGVVO, Praxis des internationalen Privat- und Verfahrensrechts, n. 3/2009, pag. 238 e ss.; Gaudemet-Tallon, H., Compétence et exécution des jugements en Europe. Règlement n° 44/2001, Conventions de Bruxelles et de Lugano, 3ª edizione, Librairie générale de droit et de jurisprudence, Parigi 2002, pag. 229 e ss.; Galič, A., Mednarodna pristojnost za reševanje potrošniških sporov v pravu EU, in: Seliškar Toš, M. (a cura di), Mednarodna konferenca Slovensko pravo in gospodarstvo ob vstopu Slovenije v Evropsko unijo, Facoltà di Giurisprudenza, Lubiana, 2004, pag. 125; Gillies, L. E., Jurisdiction for Consumer Contracts, Computer Law & Security Report, n. 6/2001, pag. 395.


5 – V. ad esempio in Belgio la sentenza del Tribunal de première instance de Liège del 1° ottobre 2009 (R.D.C., 2009, pag. 610); in Austria la sentenza del LG Feldkirch del 20 ottobre 2003 (3R259/03s); in Germania l’ordinanza del Bundesgerichtshof del 17 settembre 2008 (III RF 71/08) e in Francia la sentenza della Cour d’appel de Montpellier del 16 novembre 2009 (n. 09/04838).


6 – Convenzione del 27 settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 299, pag. 32), quale modificata dalla Convenzione del 9 ottobre 1978 relativa all’adesione del Regno di Danimarca, dell’Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1 e – testo modificato – pag. 77), dalla Convenzione del 25 ottobre 1982 relativa all’adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1), dalla Convenzione del 26 maggio 1989 relativa all’adesione del Regno di Spagna e della Repubblica portoghese (GU L 285, pag. 1) e dalla Convenzione del 29 novembre 1996 relativa all’adesione della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia (GU C 15, pag. 1).


7 – GU L 177, pag. 6.


8 – GU L 158, pag. 59.


9 – Proposta di regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000, n. 44/2001, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale [COM (1999) 348 def.].


10 – Dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione sugli artt. 15 e 73 del regolamento n. 44/2001, disponibile ad esempio in lingua tedesca sul sito Internet http://ec.europa.eu/civiljustice/homepage/homepage_ec_de_declaration.pdf.


11 – Sentenza 11 luglio 2002, causa C‑96/00, Gabriel (Racc. pag. I‑6367, punto 44).


12 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («Direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178, pag. 1).


13 – GU C 291, pag. 1.


14 – La Commissione a questo proposito precisa che nel caso del sito Internet dell’artigiano, i cui servizi sono di natura locale, non si configura un’attività «diretta» verso altri Stati membri, mentre l’albergo che offre prestazioni turistiche a livello internazionale desidera attirare clienti da altri Stati membri e vi adatta opportunamente la sua presentazione su Internet.


15 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, 2006/123/CE, relativa ai servizi nel mercato interno (GU L 376, pag. 36).


16 – V. il paragrafo 21 di queste conclusioni. Aggiungo che la questione relativa all’identità dell’interpretazione di queste due nozioni è rilevante soprattutto se il contratto comprende solo il trasporto e altri servizi, ma non l’alloggio. Ai sensi dell’art. 2, n. 1, della direttiva 90/314 si ha un «servizio tutto compreso» se il contratto comprende almeno due dei seguenti tre elementi: trasporto, alloggio e altri servizi non accessori. Questo significa che si ha un «servizio tutto compreso» quando tali elementi si trovano nelle seguenti combinazioni: trasporto e alloggio; alloggio e altri servizi; trasporto e altri servizi; oppure tutti gli elementi. Se si interpreta la nozione di «contratto che preveda prestazioni combinate di trasporto e di alloggio per un prezzo globale», di cui all’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001, analogamente alla nozione di «servizio tutto compreso» di cui all’art. 2, n. 1, della direttiva 90/314, si hanno le seguenti conseguenze. La prima ipotesi (trasporto e alloggio) è contemplata già nel testo dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001, per cui, nel caso di questa combinazione, la questione sull’identità dell’interpretazione con l’art. 2, n. 1, della direttiva 90/314 in realtà non si pone. Nella seconda ipotesi (alloggio e altri servizi) la questione relativa al fatto se essa rientri nell’ambito dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001 non si pone nemmeno, dato che l’elemento del trasporto – che è indispensabile ai fini dell’applicazione dell’eccezione di cui all’art. 15, n. 3, del regolamento – non è indicato. Nella terza ipotesi (trasporto e altri servizi) manca invece uno dei due elementi di cui all’art. 15, n. 3 del regolamento n. 44/2001, e cioè l’alloggio. Perciò, la questione dell’identità di interpretazione delle nozioni citate all’art. 15, n. 3 del regolamento n. 44/2001 e all’art. 2, n. 1 della direttiva 90/314 è rilevante soprattutto nel caso di questa terza possibilità, dato che si tratterebbe in sostanza di discostarsi dal tenore letterale dell’art. 15, n. 3, del regolamento n. 44/2001.


17 – V. la motivazione della proposta di regolamento (CE) del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, cit. nella nota 9, pag. 18 della versione tedesca.


18 – Convenzione sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, aperta alla firma a Roma il 19 giugno 1980 (GU C 169, pag. 10).


19 – Il regolamento n. 44/2001 è stato in realtà adottato dieci anni dopo l’approvazione della direttiva 90/314 e, all’art. 15, n. 3, avrebbe potuto rifarsi alla direttiva 90/314. Si è invece preferito riprendere la terminologia utilizzata nella Convenzione di Roma, stabilendo tra loro un legame diretto e l’esigenza di un’interpretazione identica.


20 – Per una tale soluzione, v. in dottrina ad esempio anche Nielsen, P. A., in: Magnus, U., Mankowski, P. (a cura di), Brussels I Regulation, Sellier, Monaco, 2007, pag. 318, punto 39; Rauscher, T. (a cura di), Europäisches Zivilprozeβrecht. Kommentar, 2ª edizione, Sellier. European Law Publishers, Monaco 2006, pag. 291, punto 20; Kropholler, J., Europäisches Zivilprozeßrecht. Kommentar zu EuGVO und Lugano-Übereinkommen, 8ª edizione, Verlag Recht und Wirtschaft, Heidelberg 2005, pag. 233, punto 30.


21 – Il corsivo è mio.


22 – Sentenza Ilsinger, cit. alla nota 3.


23 – Sentenza Ilsinger, cit. alla nota 3 (punti 52 e 53).


24 – Per le condizioni relative alla stipula dei contratti conclusi dai consumatori ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c) del regolamento n. 44/2001, v. le mie conclusioni presentate l’11 settembre 2006 nella causa C‑180/06, Ilsinger (Racc. pag. I‑3961, paragrafo 46 e ss.).


25 – Sentenza Ilsinger, cit. alla nota 3 (punto 51). V. anche le mie conclusioni in questa causa, cit. alla nota 24 (paragrafo 40).


26 – Nella dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione sugli artt. 15 e 73 del regolamento n. 44/2001, cit. alla nota 10, è espressamente specificato che il contratto deve essere concluso a distanza.


27 – Questa tesi è sostenuta anche dalla Commissione al punto 31 delle sue osservazioni scritte nella causa Hotel Alpenhof.


28 – Un esempio altrettanto problematico potrebbe essere la clinica che offre servizi sanitari e attraverso il sito Internet invita in modo inequivocabile i consumatori di altri Stati membri a scegliere i suoi servizi, questi però, per qualsiasi intervento sanitario, devono recarsi in clinica. A distanza (ad es. al telefono) i consumatori possono quindi unicamente prenotare le visite, ma il contratto per la prestazione dei servizi (intervento sanitario) viene concluso presso la sede del prestatore di servizi. Si pensi anche al caso del consumatore che decida non di aderire attraverso il sito, per paura di truffe con la carta di credito, e il venditore non accetti pagamenti con assegno né con bonifico bancario. In questo caso il consumatore probabilmente riceve tutte le informazioni attraverso il sito e solo la conclusione del contratto avviene nell’altro Stato membro, in cui il venditore svolge la sua attività.


29 – Dall’ordinanza di rinvio nella causa Hotel Alpenhof risulta che l’offerta di prenotazione è stata inviata e ricevuta tramite posta elettronica e che il convenuto ha, di fatto, usufruito dei servizi alberghieri (v. il paragrafo 16 di queste conclusioni). Nella causa Pammer, invece, nell’ordinanza di rinvio non è indicato espressamente come sia stato concluso il contratto, ma solo che il sig. Pammer ha prenotato presso la società Reederei Karl Schlüter GmbH & Co. KG un viaggio su nave mercantile per due persone da Trieste all’Estremo Oriente, e precisamente con l’intermediazione della società Internationale Frachtschiffreisen Pfeiffer GmbH (v. il paragrafo 10 di queste conclusioni). Tuttavia, all’udienza il difensore del sig. Pammer ha dichiarato che questi ha inizialmente ricevuto le informazioni dall’intermediario via posta elettronica, mentre ha inviato all’intermediario il contratto sottoscritto per posta ordinaria.


30 – L’art. 15 del regolamento n. 44/2001 in realtà non utilizza la nozione di «venditore», ma si riferisce alla persona «che svolge un’attività commerciale o professionale». Nelle conclusioni, per semplicità in riferimento a tale persona utilizzo il termine «venditore».


31 – Sembra che nei procedimenti in esame questa condizione sia soddisfatta. Nella causa Pammer il consumatore ha concluso, tramite l’intermediario, il contratto con una società che svolge l’attività di trasporto su nave mercantile e quindi si può considerare quale soggetto che svolge un’attività commerciale. Tale società consente al consumatore, tramite l’intermediario, di unirsi in qualità di passeggero al trasporto su nave mercantile, svolgendo così anche una seconda attività, quella turistica. Il fatto che il contratto sia stato concluso tramite l’intermediario non influisce in alcun modo. Nella causa Hotel Alpenhof, invece, il contratto è stato concluso con l’albergo che offre i servizi alberghieri e che quindi può essere considerato un soggetto che svolge un’attività commerciale.


32 – Da quanto riportato nell’ordinanza di rinvio, si deduce che anche questa condizione è soddisfatta. Nella causa Pammer, consentire al consumatore di unirsi al trasporto su nave mercantile in realtà non è la principale attività commerciale della società Reederei Karl Schlüter GmbH & Co. K, bensì un’attività secondaria, ma è pur sempre una delle attività commerciali svolte da tale società. Analogamente, nella causa Hotel Alpenhof i servizi alberghieri rientrano nell’ambito dell’attività commerciale di tale albergo.


33 – Per quanto riguarda la definizione delle nozioni di sito Internet «interattivo» e «passivo» v. ad esempio Øren, op. cit. (nota 4), pag. 684. V. anche Kropholler, op. cit. (nota 20), pag. 230, punto 23; Gillies, op. cit. (nota 4), pag. 397; Gaudemet-Tallon, H., Le juge compétent, in: Fasquelle, D., Meunier, P., Le droit communautaire de la consommation: Bilan et perspectives, La documentation française, Parigi, 2002, pag. 228.


34 – V. in tal senso sentenze 19 ottobre 1995, causa C‑128/94, Hönig (Racc. pag. I‑3389, punto 9); 27 gennaio 2000, causa C‑164/98 P, DIR International Film e a. (Racc. pag. I‑447, punto 26), nonché sentenza 10 marzo 2005, causa C‑336/03, easyCar (Racc. pag. I‑1947, punto 21).


35 – V. Øren, op. cit. (nota 4), pag. 686, che afferma che l’«attività diretta» di cui all’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 significa che il venditore organizza deliberatamente la sua attività commerciale in modo tale da raggiungere potenziali clienti in determinati Stati. Lo stesso autore (pag. 687) afferma inoltre che tale nozione significa che il venditore si impegna a lavorare con clienti di determinati Stati membri.


36 – A questo aggiungo che in quest’ambito è rilevante la valutazione dell’attività del venditore dal punto di vista oggettivo e non nella sua finalità soggettiva, che non ha oggettivizzato con fatti concreti. V. Øren, op. cit. (nota 4), pag. 687.


37 – Aggiungo che nella proposta iniziale del regolamento n. 44/2001 (cit. alla nota 5) al tredicesimo ‘considerando’ era stato previsto che il commercio elettronico di merci e servizi con l’utilizzo di mezzi accessibili nell’altro Stato membro si configurasse quale attività «diretta» verso tale Stato. Se il consumatore è domiciliato in tale Stato, deve essere tutelato ai sensi del regolamento, dopo aver concluso un contratto attraverso uno strumento elettronico. Potremmo interpretare tale ‘considerando’ nel senso che la mera accessibilità del sito Internet nello Stato membro in cui è domiciliato il consumatore è sufficiente per stabilire la competenza giurisdizionale in base a particolari disposizioni relative ai contratti stipulati dai consumatori. Tuttavia, tale ‘considerando’ è stato cancellato nel successivo processo legislativo, il che a fortiori va a sostegno dell’argomento secondo cui la mera accessibilità del sito Internet non è sufficiente affinché si configuri un’attività «diretta» ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001.


38 – In dottrina, v. Montero, op. cit. (nota 4), pag. 335, che sottolinea come il fatto che il contratto non sia stato concluso con lo stesso mezzo con il quale il consumatore è venuto a conoscenza dell’offerta, non esclude la tutela cui il consumatore ha diritto ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001. Analogamente Mankowski, Neues zum «Ausrichten»…, op. cit. (nota 4), pag. 242; Gaudemet-Tallon, H., Le juge compétent, op. cit. (nota 33), pag. 228. Aggiungo che, se il contratto è stato concluso a distanza, è possibile che sia stato concluso con l’utilizzo di un mezzo tecnico, che consente tale modalità. In conformità all’art. 2, n. 4, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 maggio 1997, 97/7/CE, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (GU L 144, pag. 19), un mezzo di comunicazione a distanza è «qualunque mezzo che, senza la presenza fisica e simultanea del fornitore e del consumatore, possa impiegarsi per la conclusione del contratto tra fornitore e consumatore». In tali mezzi di comunicazione rientrano, ai sensi dell’allegato I di tale direttiva, ad esempio, il telefono, la posta elettronica o il fax.


39 – Così in dottrina ad esempio Mankowski, Neues zum «Ausrichten»…, op. cit. (nota 4), pag. 239. V. anche Rauscher, op. cit. (nota 20), pag. 288, punto 15.


40 – V. proposta di regolamento (CE) del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, cit. alla nota 9. V. anche la sentenza Ilsinger, cit. alla nota 3 (punto 50).


41 – In riferimento alla nozione di attività «diretta» verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore va sottolineato che l’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 contempla tuttora – come l’art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles – le forme tradizionali di pubblicità dell’attività del venditore nello Stato membro in cui risiede il consumatore, ad esempio sulla stampa, alla radio o in televisione in tale Stato membro. Per i vari tipi di pubblicità, v. l’interpretazione dell’art. 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles nella sentenza 11 luglio 2002, causa C‑96/00, Gabriel (Racc. pag. I‑6367, punto 44). In dottrina così anche Nielsen, op. cit. (nota 20), pag. 316, punto 33.


42 – L’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 parla espressamente dell’attività «diretta» «con qualsiasi mezzo». In dottrina analogamente Mankowski, Neues zum «Ausrichten»…, op. cit. (nota 4), pag. 239.


43 – V. il documento Opinion of the Economic and Social Committee on the Proposal for a Council Regulation (EC) on jurisdiction and the recognition and enforcement of judgments in civil and commercial matters [COM(1999) 348 def. – 99/0154(CNS)], punti 4.2.1 e 2.2.2. Il comitato economico e sociale in tale documento ha sottolineato inoltre che la formulazione della proposta di regolamento («con qualsiasi mezzo diriga questa sua attività verso […] lo Stato membro») non è sufficientemente chiara per infondere fiducia nei clienti e si è adoperato per il mantenimento della formulazione di cui all’art. 13 della Convenzione di Bruxelles.


44 – Cit. alla nota 9.


45 – V. la proposta di regolamento (CE) del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, cit. alla nota 9, pag. 17 della versione tedesca.


46 – Proposta di regolamento (CE) del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, cit. alla nota 9, pagg. 17 e 18 della versione tedesca.


47 – Per un’analisi critica sul criterio relativo all’attività «diretta» in misura significativa v. in dottrina ad esempio Farah, Y., Allocation of jurisdiction and the internet in EU law, European Law Review, n. 2/2008, pag. 267.


48 – Proposta di regolamento del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale nonché il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale [COM(1999) 348 def. – C5‑0169/1999 – 1999/0154(CNS)] (GU 2001, C 146, pag. 94), emendamento 37 all’art. 15. Inizialmente è stata proposta in Parlamento una formulazione molto più ampia, in base alla quale il criterio relativo all’attività «diretta» sarebbe stato sostituito con il requisito della conclusione del contratto a distanza con un consumatore domiciliato in un altro Stato membro; v. la relazione sulla proposta di regolamento del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale nonché il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale [COM(1999) 348 def. – C5-0169/1999 – 1999/0154(CNS)], emendamento 23 all’art. 15. Tuttavia, tale emendamento non è stato approvato dal Parlamento; v. il risultato delle votazioni per l’emendamento 23 (GU C 146, pag. 41).


49 – Nella motivazione la Commissione ha precisato che già la mera esistenza di un contratto concluso da un consumatore è un chiaro indizio che il venditore ha diretto la sua attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore (v. la proposta modificata di regolamento del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale nonché il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale [COM(2000) 689 def.), pag. 6 della versione tedesca]. Tale motivazione della Commissione indicherebbe che la mera esistenza del sito Internet (passivo) sia sufficiente a configurare la competenza giurisdizionale in base alle norme particolari per i contratti conclusi da consumatori. Per un’analisi critica in dottrina v. Øren, op. cit. (nota 4), pagg. 682 e 683.


50 – V. la dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione sugli artt. 15 e 73 del regolamento n. 44/2001, cit. alla nota 10.


51 – Nell’ambito dell’interpretazione sistematica aggiungo che – come correttamente sottolinea la Commissione – per l’interpretazione della nozione di attività «diretta» ai sensi dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 non sono rilevanti le Linee direttrici sulle restrizioni verticali (GU C 291, pag. 1) o la bozza di modifica delle Linee direttrici sulle restrizioni verticali [SEC(2009) 946)], nelle quali la pubblicità e la vendita via Internet configurano una vendita «passiva» [v. i punti 50 e 51 delle linee direttrici attualmente in vigore e i punti 51 e 52 della bozza di modifica delle Linee direttrici in combinato disposto con l’art. 4, lett. b), del regolamento (CE) della Commissione 22 dicembre 1999, n. 2790, relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del Trattato CE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate (GU L 336, pag. 21) e l’art. 4, lett. b), della bozza di modifica del regolamento [C(2009) 5365/2)]. Alcune vendite vengono definite «passive» allo scopo di impedire di fatto al fornitore di limitare tale tipo di vendita esclusivamente a un territorio o a dei gruppi di utenti, contravvenendo così all’art. 81 CE. La ratio dell’art. 15, n. 1, lett. c), del regolamento n. 44/2001 è invece del tutto diverso: introdurre norme per la determinazione della competenza giurisdizionale più favorevoli al consumatore, quale parte più debole del rapporto contrattuale.


52 – Aggiungo che nella motivazione della proposta di regolamento Roma I si precisa che i siti Internet, attraverso i quali il venditore dirige la sua attività verso lo Stato membro in cui è domiciliato il consumatore «non sono necessariamente siti interattivi» e che lo scopo del sito Internet, che invita i clienti ad inviare l’ordine via fax, è anche la conclusione di contratti a distanza. Questo argomento è a sostegno della tesi secondo cui la direzione dell’attività non deve essere limitata solo ai siti Internet interattivi, ma tale nozione deve essere più ampia.


53 – Così in dottrina, ad esempio, anche Gaudemet-Tallon, Compétence et exécution…, op. cit. (nota 4), pag. 230, punto 286; Geimer, R., Schütze, R. A., Europäisches Zivilverfahrensrecht: Kommentar zur EuGVVO, EuEheVO, EuZustellungsVO, EuInsVO, EuVTVO, zum Lugano-Übereinkommen und zum nationalen Kompetenz- und Anerkennungsrecht, 3ª edizione, Beck, Monaco, 2010, pag. 335, punto 38; Droz, G., Gaudemet-Tallon, H., La transformation de la Convention de Bruxelles du 27 septembre 1968 en Règlement du Conseil concernant la compétence judiciaire, la reconnaissance et l’exécution des décisions en matière civile et commerciale, Revue critique de droit international privé, n. 4/2001, pag. 638, punto 45; Sinay-Cytermann, A., La protection de la partie faible en droit international privé, in: Mélanges en l’honneur de Paul Lagarde - Le droit international privé: esprit et méthodes, Dalloz, Parigi, 2005, pag. 743.


54 – Così in dottrina ad esempio anche Kropholler, op. cit. (nota 20), pag. 231, punto 24, che sottolinea che un sito Internet passivo che non contenga solo la pubblicità, ma inviti a sottoscrivere un contratto per posta, posta elettronica, via fax o al telefono, dal punto di vista giuridico deve essere trattato al pari di un sito interattivo. V. anche Mankowski, Neues zum «Ausrichten»…, op. cit. (nota 4), pag. 239 e ss., Montero, op. cit. (nota 4), pag. 334; Geimer/Schütze, op. cit. (nota 53), pag. 335, punto 38; Gaudemet-Tallon, H., Le juge compétent, op. cit. (nota 33), pag. 228.


55 – Nell’ambito di un procedimento pregiudiziale, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale. V. a questo proposito, ad esempio, sentenze 18 dicembre 2007, causa C‑341/05, Laval e Partneri (Racc. pag. I‑11767, punto 45); 22 ottobre 2009, cause riunite C‑261/08 e C‑348/08, Zurita García e a. (Racc. pag. I‑10143, punto 34), nonché 16 luglio 2009, causa C‑537/07, Gómez-Limón Sánchez-Camacho (Racc. pag. I‑6525, punto 24).


56 – Se, ad esempio, per i consumatori domiciliati nel suo stesso Stato il venditore predisponga un numero telefonico a pagamento, mentre per i consumatori all’estero indichi un numero telefonico normale con prefisso internazionale.


57 – Nel caso dei servizi alberghieri, ad esempio, esiste l’opzione «cerca/prenota», attraverso la quale è possibile verificare la disponibilità di camere in un determinato periodo.


58 – Alla luce della sentenza 16 ottobre 2008, causa C‑298/07, Bundesverband der Verbraucherzentralen und Verbraucherverbände (Racc. pag. I‑7841, punto 40 e dispositivo), l’art. 5, n. 1, lett. c), della direttiva sul commercio elettronico deve essere interpretato nel senso che il prestatore di servizi è tenuto a fornire ai destinatari del servizio, sin da prima di ogni stipula di contratto con questi ultimi, oltre al suo indirizzo di posta elettronica, altre informazioni che consentano una presa di contatto rapida nonché una comunicazione diretta ed efficace.


59 – Il venditore può, ad esempio, scrivere nel suo sito Internet di aver avuto clienti di numerosi Stati membri o riportare nel sito Internet le opinioni dei clienti provenienti da diversi Stati membri.


60 – Analogamente in dottrina Geimer/Schütze, op. cit. (nota 53), pag. 335, punto 38.


61 – Per tale interpretazione in dottrina v. ad esempio Farah, op. cit. (nota 47), pag. 267.


62 – V. la dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione sugli artt. 15 e 73 del regolamento n. 44/2001, cit. alla nota 10.


63 – Così anche Nielsen, op. cit. (nota 20), pag. 317, punto 35, secondo il quale un sito Internet creato in Svezia è diretto verso la Svezia e non verso la Spagna. V. anche Vasiljeva, K., 1968 Brussels Convention and EU Council Regulation n. 44/2001: jurisdiction in consumer contracts concluded online, European Law Journal, n. 1/2004, pag. 133.


64 – Questo viene segnalato in dottrina anche da Øren, op. cit. (nota 4), pag. 690.


65 – Come, ad esempio, l’inglese.


66 – Ad esempio il tedesco in Germania e in Austria.


67 – Se, ad esempio, un venditore estone ha un sito Internet in lingua estone, ma vi è la possibilità di visualizzarlo in lingua finlandese, questo indica che egli dirige la sua attività anche verso la Finlandia. In relazione al criterio della lingua, si pone ovviamente anche la questione se il venditore che consente di visualizzare il suo sito Internet in lingua inglese, dato il largo uso dell’inglese quale seconda lingua, diriga automaticamente la sua attività verso tutti gli altri Stati membri. A mio avviso, la possibilità di visualizzare il sito Internet anche in lingua inglese è ovviamente una prova significativa del fatto che il venditore dirige la sua attività anche verso tutti gli altri Stati membri, ma non è, di per sé, sufficiente. In ogni caso, nel decidere se il venditore diriga la sua attività verso altri Stati membri, devono essere presi in considerazione anche altri criteri.


68 – Si tratta dei cosiddetti country-code top-level domain, ad esempio «.at», «.fr», «.de» oppure «.co.uk».


69 – Così in dottrina anche Øren, op. cit. (nota 4), pag. 690, nota 105.


70 – Ad esempio «.com», «.net», «.org» oppure «.eu».


71 – Ad esempio perfino il pasticcere, che tradizionalmente presta i suoi servizi su un territorio delimitato geograficamente, può vendere determinati prodotti attraverso il sito Internet e spedirli all’estero.


72 – I servizi di acconciatura dei capelli sono ad esempio principalmente di carattere locale, ma in aree prossime alla frontiera è in ogni caso possibile che il prestatore di servizi abbia occasionalmente anche clienti stranieri.


73 – Analogamente Øren, op. cit. (nota 4), pag. 687.


74 – V. il paragrafo 66 e la nota 41 di queste conclusioni.


75 – Oltre ad escludere espressamente l’attività «diretta» verso determinati Stati membri, sussiste anche la possibilità per il venditore di impedire tecnicamente ai consumatori di determinati Stati membri l’accesso al suo sito Internet. In dottrina v. Nielsen, op. cit. (nota 20), pag. 317, punto 35; Gaudemet-Tallon, H., Le juge compétent, op. cit. (nota 33), pag. 227.


76 – Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 11 luglio 2007, n. 861, che istituisce un procedimento europeo per le controversie di modesta entità (GU L 199, pag. 1). È vero che il campo di applicazione di questo regolamento ai sensi dell’art. 2, n. 1 è limitato alle controversie il cui valore senza interessi non superi EUR 2 000 e quindi, nei procedimenti in esame, non sarebbe possibile applicarlo; tuttavia, secondo il mio parere potrebbe essere possibile applicarlo nella maggior parte delle altre controversie relative ai contratti conclusi da un consumatore. Nelle cause il cui valore della richiesta senza interessi non superi EUR 2 000, il procedimento è stato sostanzialmente semplificato, dato che di norma si svolge in forma scritta (ai sensi dell’art. 5, n. 1, di tale regolamento, l’organo giurisdizionale procede ad un’udienza se lo ritiene necessario o su richiesta di una delle parti) e la rappresentanza da parte di un avvocato o di altro professionista del settore legale non è obbligatoria (art. 10).


77 – Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 12 dicembre 2006, n. 1896, che istituisce un procedimento europeo d’ingiunzione di pagamento (GU L 399, pag. 1).


78 – Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, n. 805, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (GU L 143, pag. 15).


79 – Artt. 32‑56 del regolamento n. 44/2001.


80 – V. a questo proposito l’art. 1 del regolamento n. 861/2007 e art. 1, n. 1, lett. a), del regolamento n. 1896/2006.


81 – Per quanto riguarda la libera circolazione dell’ingiunzione di pagamento, v. l’art. 1, n. 1, lett. b), del regolamento n. 1896/2006. In riferimento alla libera circolazione delle decisioni giudiziarie, delle transazioni giudiziarie e degli atti pubblici, v. l’art. 1 del regolamento n. 805/2004. In riferimento allo scopo del regolamento n. 44/2001 v. il secondo ‘considerando’ di tale regolamento, che recita «Alcune divergenze tra le norme nazionali sulla competenza giurisdizionale e sul riconoscimento delle decisioni rendono più difficile il buon funzionamento del mercato interno», per cui è indispensabile «adottare disposizioni che consentano di unificare le norme sui conflitti di competenza in materia civile e commerciale e di semplificare le formalità affinché le decisioni emesse dagli Stati membri vincolati dal presente regolamento siano riconosciute ed eseguite in modo rapido e semplice».


82 – Oltre a ciò, Nielsen, op. cit. (nota 20), pag. 316, punto 30, a buona ragione sottolinea che i consumatori saranno maggiormente disposti ad acquistare via Internet se avranno una tutela processuale ragionevole, sapendo che possono agire in giudizio nello Stato membro in cui sono domiciliati.


83 – Ai sensi dell’art. 3, n. 2, della direttiva relativa ai servizi, questa direttiva «non riguarda le norme di diritto internazionale privato, in particolare quelle che disciplinano la legge applicabile alle obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali, ivi comprese quelle che garantiscono che i consumatori beneficeranno della tutela riconosciuta loro dalla normativa sulla protezione dei consumatori vigente nel loro Stato membro». Dal testo di questo articolo si potrebbe evincere facilmente che esso si riferisce solo alla normativa che disciplina il diritto relativo alle obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali, ciononostante nel documento «Manuale per l’attuazione della direttiva servizi» (http://ec.europa.eu/internal_market/services/services-dir/proposal_en.htm#handbook, pag. 15 della versione slovena) la Commissione in riferimento a tale articolo precisa che la direttiva in oggetto non si riferisce alla competenza giurisdizionale, dato che tali questioni sono disciplinate dal regolamento n. 44/2001.


84 – Aggiungo che nel novantacinquesimo ‘considerando’ della direttiva sui servizi, come esempi di tali fattori oggettivi vengono citati tra l’altro i costi supplementari derivanti dalla distanza o dalle caratteristiche tecniche della prestazione, le diverse condizioni del mercato, come una domanda maggiore o minore influenzata dalla stagionalità, i periodi di ferie diversi negli Stati membri e i prezzi diversi della concorrenza, o i rischi aggiuntivi in relazione a normative diverse da quelle dello Stato membro di stabilimento.


85 – In dottrina così sostengono ad esempio anche Geimer/Schütze, op. cit. (nota 53), pag. 335, punto 38; Micklitz, H.-W., Rott, P., Vergemeinschaftung des EuGVÜ in der Verordnung (EG) Nr. 44/2001, Europäische Zeitschrift für Wirtschaftsrecht, n. 11/2001, pag. 331; Beraudo, J.-P., Actualité: le règlement (CE) du Conseil du 22 décembre 2000 concernant la compétence judiciaire, la reconnaissance et l’exécution des décisions en matière civile ou commerciale, JurisClasseur procédure civile, 2002, fasc. 52, punto 32; Fawcett, J.J., Harris, J.M., Bridge, M., International Sale of Goods in the Conflict of Laws, Oxford University Press, Oxford, 2005, pag. 501, punto 10.16.