Language of document : ECLI:EU:C:2008:212

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 10 aprile 2008 1(1)

Causa C‑345/06

Gottfried Heinrich

«Allegato di un regolamento non pubblicato nella Gazzetta ufficiale – Accesso ai documenti – Artt. 2, n. 3, e 3, lett. a), del regolamento n. 1049/2001 – Art. 254 CE»





1.        Nel presente procedimento pregiudiziale l’Unabhängiger Verwaltungssenat im Land Niederösterreich (Austria) (Tribunale amministrativo regionale indipendente dell’Austria inferiore) chiede se gli atti che devono essere pubblicati conformemente all’art. 254 CE costituiscano «documenti» ai sensi dell’art. 2, n. 3, del regolamento (CE) n. 1049/2001 (in prosieguo: il «regolamento sull’accesso ai documenti») (2) e se i regolamenti o parti di essi abbiano forza vincolante nel caso in cui, contrariamente all’art. 254, n. 2, CE, non siano stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale.

 Contesto normativo

 Disposizioni comunitarie pertinenti in materia di pubblicazione o di accesso ai documenti

 Disposizioni del Trattato

2.        L’art. 1, secondo comma, UE dispone:

«Il presente trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini».

3.        L’art. 254 CE così recita:

«1.   I regolamenti, le direttive e le decisioni adottati in conformità della procedura di cui all’articolo 251 [(3)] sono (…) pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea. (…)

2.     I regolamenti del Consiglio e della Commissione, nonché le direttive di queste istituzioni che sono rivolte a tutti gli Stati membri, sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

(…)

3.     Le altre direttive e le decisioni sono notificate ai loro destinatari e hanno efficacia in virtù di tale notificazione».

4.        L’art. 255 CE dispone:

«1.   Qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, secondo i principi e alle condizioni da definire a norma dei paragrafi 2 e 3.

2.     I principi generali e le limitazioni a tutela di interessi pubblici o privati applicabili al diritto di accesso ai documenti sono stabiliti dal Consiglio, che delibera secondo la procedura di cui all’articolo 251 entro due anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam.

3.     Ciascuna delle suddette istituzioni definisce nel proprio regolamento interno disposizioni specifiche riguardanti l’accesso ai propri documenti.

 Il regolamento sull’accesso ai documenti

5.        I primi quattro ‘considerando’ predispongono il terreno per il regolamento sottolineando l’importanza della trasparenza e della responsabilità. Il primo ‘considerando’ richiama espressamente l’art. 1 UE. Il secondo ‘considerando’ spiega che una maggiore trasparenza garantisce una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico. Il terzo ‘considerando’ enuncia che il regolamento «consolida le iniziative già adottate dalle istituzioni al fine di migliorare la trasparenza del processo decisionale». Il quarto ‘considerando’ indica gli obiettivi del regolamento:

«Il presente regolamento mira a dare la massima attuazione al diritto di accesso del pubblico ai documenti e a definirne i principi generali e le limitazioni a norma dell’articolo 255, paragrafo 2, [CE]».

6.        L’art. 1, lett. a), del regolamento sull’accesso ai documenti enuncia che il regolamento ha lo scopo di

«definire i principi, le condizioni e le limitazioni, per motivi di interesse pubblico o privato, che disciplinano il diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (in prosieguo “le istituzioni”) sancito dall’articolo 255 del trattato CE in modo tale da garantire l’accesso più ampio possibile».

7.        L’art. 2, n. 1, prevede che «[q]ualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha un diritto d’accesso ai documenti delle istituzioni, secondo i principi, le condizioni e le limitazioni definite nel presente regolamento».

8.        L’art. 2, n. 3, dispone che il regolamento riguarda «tutti i documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione europea». L’art. 2, n. 5, consente che «[i] documenti sensibili quali definiti all’articolo 9, paragrafo 1» siano «soggetti ad un trattamento speciale ai sensi di tale articolo».

9.        L’art. 3, lett. a), definisce un «documento» come «qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) che verta su aspetti relativi alle politiche, iniziative e decisioni di competenza dell’istituzione».

10.      Gli artt. 4 e 9 prevedono espressamente talune eccezioni al principio dell’accesso del pubblico ai documenti. Così l’art. 4 dispone:

«1.   Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

a)      l’interesse pubblico, in ordine:

–        alla sicurezza pubblica,

–        alla difesa e alle questioni militari,

(…)».

11.      L’art. 9, n. 1, definisce i «documenti sensibili» come «documenti provenienti dalle istituzioni o dalle agenzie da loro istituite, da Stati membri, paesi terzi o organismi internazionali, classificati come “CONFIDENTIEL” [sic] in virtù delle disposizioni dell’istituzione interessata che proteggono interessi essenziali dell’Unione europea o di uno o più Stati membri nei settori di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), e in particolare, negli ambiti della sicurezza pubblica, della difesa e delle questioni militari». Il resto dell’art. 9 dispone, inter alia, che le domande di accesso a documenti sensibili devono essere trattate solo da persone che abbiano il diritto di venire a conoscenza del contenuto di questi ultimi. Tali persone devono inoltre stabilire se si possa fare riferimento a tali documenti nel registro pubblico di cui all’art. 11. La decisione delle istituzioni di negare l’accesso a tali documenti dev’essere motivata, e le norme emanate dalle istituzioni riguardo all’accesso devono essere rese pubbliche.

12.      L’art. 13 contiene specifiche disposizioni relative alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale:

«1.   Fatti salvi gli articoli del presente regolamento, oltre agli atti di cui all’articolo 254 del trattato CE (…), i seguenti documenti sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale:

a)      le proposte della Commissione;

b)      le posizioni comuni adottate dal Consiglio secondo le procedure di cui agli articoli 251 e 252 del trattato CE e le relative motivazioni e la posizione del Parlamento europeo nel quadro di tali procedure;

(…).

2.     Per quanto possibile, i seguenti documenti sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale:

(…)

c)      le direttive diverse da quelle previste all’articolo 254, paragrafi 1 e 2, del trattato CE, le decisioni diverse da quelle previste all’articolo 254, paragrafo 1, del trattato CE, le raccomandazioni e i pareri.

3.     (…)».

 Il regolamento n. 2320/2002

13.      L’art. 1 del regolamento (CE) n. 2320/2002 (4) enuncia che l’obiettivo principale di tale regolamento è «istituire e attuare utili misure comunitarie al fine di prevenire atti di interferenza illecita nell’aviazione civile».

14.      L’art. 4, nn. 1 e 2, dispone:

«1.   Le norme fondamentali comuni relative alle misure di sicurezza aerea (…) sono riportate nell’allegato.

2.     Le misure necessarie per l’attuazione e per l’adeguamento tecnico di tali norme fondamentali comuni sono adottate secondo la procedura di cui all’articolo 9, paragrafo 2 [(5)], tenendo nella debita considerazione i diversi tipi di operazioni e la sensibilità delle misure relative a:

a)      criteri di rendimento e prove di accettazione delle apparecchiature;

b)      procedure particolareggiate contenenti informazioni sensibili;

c)      criteri particolareggiati di esenzione dalle misure di sicurezza».

15.      L’art. 6 enuncia:

«Gli Stati membri hanno la facoltà di applicare, nel rispetto del diritto comunitario, misure più severe di quelle disposte dal presente regolamento. Non appena possibile dopo l’applicazione delle stesse, gli Stati membri comunicano alla Commissione la natura di tali misure».

16.      L’art. 8, relativo alla diffusione delle informazioni, dispone:

«1.   Fatto salvo il diritto di accesso del pubblico ai documenti sancito dal regolamento [sull’accesso ai documenti]

a)      le misure relative a:

i)      criteri di rendimento e prove di accettazione delle apparecchiature;

ii)      procedure particolareggiate contenenti informazioni sensibili;

iii)      criteri particolareggiati di esenzione dalle misure di sicurezza;

di cui all’articolo 4, paragrafo 2;

(…)

sono segrete e non sono pubblicate. Esse sono unicamente messe a disposizione delle autorità di cui all’articolo 5, paragrafo 2 [(6)], che le comunicano solo alle parti interessate, in base alle esigenze conoscitive di queste ultime, in conformità delle disposizioni nazionali applicabili in materia di diffusione di informazioni sensibili.

(…)».

17.      L’art. 12 dispone che le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni del regolamento sono «efficaci, proporzionate e dissuasive».

18.      L’allegato di cui all’art. 4, n. 1, è stato regolarmente pubblicato come parte integrante del regolamento. Esso contiene, inter alia, le norme comuni relative ai controlli sui passeggeri (punto 4.1) e sui bagagli a mano (punto 4.3). Tutti i passeggeri in partenza devono essere sottoposti ai controlli per evitare che articoli vietati siano introdotti nelle aree sterili e a bordo degli aeromobili. I bagagli a mano devono essere controllati prima di poter essere introdotti nelle aree sterili e a bordo dell’aeromobile; gli articoli vietati devono essere confiscati oppure dev’essere negato al passeggero l’accesso all’area sterile o, se del caso, all’aeromobile.

19.      Il punto 1.18 dell’allegato definisce l’«articolo vietato» come un «oggetto che può essere utilizzato per commettere un atto di interferenza illecita e che non è stato debitamente dichiarato e assoggettato alle leggi e ai regolamenti vigenti». Un elenco indicativo degli articoli vietati figura nell’«appendice» (pubblicata) dell’allegato, che contiene le linee guida per la classificazione degli articoli vietati. La frase introduttiva è così redatta: «Le presenti linee guida forniscono indicazioni circa le diverse forme di armi e oggetti sottoposti a restrizioni; tuttavia, sarà il buon senso a decidere se un determinato oggetto possa prestarsi ad essere utilizzato come arma». Gli «[o]ggetti contundenti: manganelli, sfollagente, mazze da baseball e strumenti simili» sono elencati al punto iii) dell’appendice. Il punto vi) enuncia: «Altri articoli quali piccozze da ghiaccio e da alpinismo, rasoi a lama, forbici lunghe, che non sono in genere considerati armi mortali o pericolose, ma che possono comunque essere utilizzati come arma, nonché le armi e le bombe a mano giocattolo e le riproduzioni (dummies) di armi e bombe a mano». Il punto vii) dispone poi: «Altri articoli utilizzati per simulare un’arma mortale; tali articoli includono tra l’altro, gli oggetti che assomigliano a meccanismi esplosivi o altri oggetti che possano avere l’aspetto di un’arma o di un altro oggetto pericoloso».

 Regolamenti di attuazione adottati dalla Commissione

20.      I primi due ‘considerando’ del regolamento (CE) n. 622/2003 (in prosieguo: il «regolamento n. 622/2003») (7), che dà attuazione al regolamento n. 2320/2002, spiegano così la forma e la pubblicazione limitata dello stesso regolamento:

«1)      La Commissione ha l’obbligo di adottare talune misure per l’applicazione di norme di base comuni sulla sicurezza dell’aviazione in tutta l’Unione europea. A tal fine il regolamento è lo strumento più adatto.

2)      Conformemente alle disposizioni del regolamento (…) n. 2320/2002 e al fine di prevenire atti illeciti, le misure contenute nell’allegato del presente regolamento sono segrete e non possono essere pubblicate».

21.      L’art. 1 enuncia che il regolamento stabilisce le misure necessarie per l’applicazione e l’adeguamento tecnico delle norme di base comuni concernenti la sicurezza dell’aviazione che devono essere inserite nei programmi della sicurezza dell’aviazione civile.

22.      L’art. 3 contiene disposizioni relative alla riservatezza. Esso dispone che le «misure di cui all’articolo 1 sono contenute nell’allegato. Tali misure devono essere riservate e non devono essere pubblicate, rimanendo a disposizione soltanto delle persone debitamente autorizzate da uno Stato membro o dalla Commissione».

23.      Tutti i successivi regolamenti di modifica dell’allegato del regolamento n. 622/03, ad eccezione del regolamento n. 1477/2007 (8), contengono un articolo a norma del quale «[l]’allegato al regolamento (CE) n. 622/2003 è modificato in conformità dell’allegato al presente regolamento. L’articolo 3 di detto regolamento è di applicazione ai fini della riservatezza dell’allegato» (9) (10).

24.      Il regolamento n. 68/2004 (11), primo regolamento di modifica dell’allegato al regolamento n. 622/2003, contiene i seguenti ‘considerando’ pertinenti:

«2)      A norma del regolamento n. 2320/2002 e al fine di prevenire atti illeciti, le misure stabilite nell’allegato al regolamento (CE) n. 622/2003 devono restare segrete e non essere pubblicate. La stessa regola si applica necessariamente a tutti gli atti che recano modifiche a detto regolamento (12).

3)      Esiste tuttavia l’esigenza di disporre di un elenco armonizzato, accessibile al pubblico, che identifichi separatamente gli articoli che i passeggeri non possono introdurre nelle aree sterili e nella cabina di un aeromobile e quelli non ammessi nei bagagli trasportati nella stiva dell’aeromobile.

4)      Si riconosce che tale elenco non può essere esaustivo ed occorre quindi consentire all’autorità competente di vietare altri articoli oltre a quelli elencati. È opportuno comunicare chiaramente ai passeggeri, prima e durante la registrazione dei bagagli, quali sono tutti gli articoli proibiti».

25.      Nonostante il terzo e il quarto ‘considerando’, il testo pubblicato del regolamento n. 68/2004 non conteneva alcun elenco, accessibile al pubblico, degli articoli vietati.

26.      I successivi regolamenti di modifica dell’allegato al regolamento n. 622/2003 non contengono analoghi ‘considerando’, fino al regolamento n. 1546/2006 (13), che ha riunito le nozioni di cui al secondo, terzo e quarto ‘considerando’ del regolamento n. 68/2004 in un unico ‘considerando’:

«3)      A norma del regolamento (CE) n. 2320/2002 e al fine di prevenire atti di interferenza illecita, le misure istituite nell’allegato del regolamento (CE) n. 622/2003 devono essere segrete e non devono essere pubblicate. La stessa regola vale necessariamente per tutti gli atti modificativi. I passeggeri devono comunque essere chiaramente informati delle regole applicabili agli articoli che non possono essere introdotti negli aeromobili».

27.      Nonostante tale ‘considerando’, il testo pubblicato del regolamento n. 1546/2006 (al pari di quello del suo predecessore) non conteneva alcun elenco, accessibile al pubblico, degli articoli vietati (14).

 Gli orientamenti relativi alla qualità redazionale

28.      Il 22 dicembre 1998 il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno concluso un accordo interistituzionale sugli orientamenti comuni relativi alla qualità redazionale della legislazione comunitaria (15). Gli orientamenti non sono giuridicamente vincolanti (16). Tra i principi ivi contenuti si annoverano i seguenti:

«1.   Gli atti della legislazione comunitaria sono formulati in modo chiaro, semplice e preciso.

(…)

3.     Nella redazione degli atti si tiene conto dei soggetti ai quali essi debbono applicarsi, affinché tali soggetti possano conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi. (…)

(…)

10.   I ‘considerando’ motivano in modo conciso le norme essenziali dell’articolato (…). Non contengono enunciati di carattere normativo (…) [(17)].

22.   Gli elementi tecnici dell’atto sono incorporati negli allegati, ai quali si fa puntuale rinvio nell’articolato dell’atto. Negli allegati non vengono introdotti nuovi diritti o obblighi che non siano stati enunciati nell’articolato».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

29.      Il 25 settembre 2005, dopo avere effettuato il check-in per il proprio volo, il dott. Heinrich si sottoponeva ai controlli di sicurezza presso l’aeroporto di Vienna-Schwechat. In tale occasione veniva constatato che egli portava con sé nel bagaglio a mano alcune racchette da tennis. Poiché si sarebbe trattato di articoli vietati (18), egli non superava i controlli di sicurezza. Saliva ugualmente sull’aeromobile con le racchette da tennis nel bagaglio a mano (19). Successivamente, il personale addetto alla sicurezza lo invitava ad allontanarsi dal velivolo.

30.      Il dott. Heinrich ha proposto ricorso dinanzi al giudice del rinvio, il quale ha osservato che le persone che portino con sé articoli vietati elencati nell’allegato del regolamento n. 622/2003 (come modificato) non possono passare i controlli di sicurezza, né accedere all’aeromobile e che, qualora esse violino tali norme, devono attendersi le «sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive» prescritte dall’art. 12 del regolamento n. 2320/2002. Detto giudice ritiene pertanto che le disposizioni dell’allegato al regolamento n. 622/2003 (come modificato) siano rivolte non solo agli organi statali, ma anche ai singoli, i quali sono quindi tenuti a conformare la propria condotta al regolamento. Ciò tuttavia è reso impossibile dal fatto che l’allegato al regolamento n. 622/2003, come modificato dal regolamento n. 68/2004, non è pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e quindi non è accessibile al pubblico.

31.      Il giudice del rinvio ritiene che l’omessa pubblicazione dei regolamenti (o di una parte degli stessi) nella Gazzetta ufficiale, in contrasto con quanto prescritto dall’art. 254, nn. 1 e 2, CE, arrechi un pregiudizio talmente grave ai principi del diritto che tali regolamenti non sono giuridicamente esistenti e pertanto nemmeno vincolanti. Esso richiama l’art. 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che sottolinea l’importanza dell’«accesso al diritto».

32.      Il giudice a quo ritiene inoltre che il regolamento sull’accesso ai documenti non possa essere fatto valere per limitare il diritto di accesso ad atti che siano giuridicamente vincolanti per i singoli e che, anche proprio per questo motivo, debbano essere pubblicati nella Gazzetta ufficiale.

33.      Il giudice del rinvio ha quindi deciso di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, nella nozione di documento di cui all’art. 2, n. 3, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, debbano considerarsi compresi anche quegli atti i quali necessitano di una pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, in osservanza dell’art. 254 CE.

2)      Se i regolamenti, o parti di essi, acquistino efficacia vincolante qualora essi non vengano pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, in contrasto con il disposto dell’art. 254, n. 2, CE».

34.      Hanno presentato osservazioni scritte i governi ceco, finlandese, francese, tedesco, ellenico, ungherese, polacco e svedese, nonché il Consiglio e la Commissione.

35.      All’udienza del 13 novembre 2007 sono comparse le parti che hanno presentato osservazioni scritte (ad eccezione dei governi francese, tedesco e ungherese) e, inoltre, i governi austriaco, danese e del Regno Unito, nonché il Parlamento europeo, che hanno esposto oralmente le rispettive tesi (20).

 Sulla ricevibilità

36.      Vari Stati membri hanno sostenuto, per diversi motivi parzialmente coincidenti, che il rinvio è irricevibile, in tutto o in parte.

37.      I governi francese, tedesco e del Regno Unito affermano che, poiché il giudice del rinvio non precisa né le condizioni in base alle quali il dott. Heinrich ha proposto ricorso né lo scopo della sua azione, è impossibile stabilire se la soluzione delle questioni poste sia necessaria per dirimere la controversia pendente dinanzi al giudice nazionale. Il governo francese ritiene inoltre che la prima questione sia irricevibile, in quanto l’applicazione del regolamento sull’accesso ai documenti esula dalla competenza dei giudici nazionali, e che la seconda questione sia irricevibile in ragione del fatto che, in ogni caso, le autorità austriache potevano vietare l’introduzione di oggetti a bordo dell’aeromobile. Il giudice nazionale non avrebbe posto l’unica questione rilevante, vale a dire se le pertinenti disposizioni di diritto nazionale siano compatibili con il regolamento n. 2320/2002. Il governo tedesco afferma che il fondamento normativo dei provvedimenti contestati va individuato nel diritto austriaco, e non nei regolamenti citati dal giudice a quo, il quale ha omesso di spiegare in quale modo una declaratoria di illegittimità di tali regolamenti potrebbe ripercuotersi sulla validità della pertinente normativa nazionale.

38.      Il governo svedese, anche se non contesta espressamente la ricevibilità del rinvio pregiudiziale, si domanda tuttavia se l’omessa pubblicazione dell’allegato al regolamento n. 622/2003 (come modificato) incidesse direttamente sulla possibilità del dott. Heinrich di informarsi in merito ai propri obblighi giuridici. In udienza, il governo del Regno Unito ha anche chiesto se l’omessa pubblicazione dell’allegato fosse rilevante per l’esito del procedimento nazionale. Esso ha sostenuto che il dott. Heinrich avrebbe potuto reperire le necessarie informazioni su Internet, e in particolare in un comunicato stampa della Commissione (21), e/o presso gli aeroporti e i siti Internet delle compagnie aeree, e ha osservato che un elenco degli articoli vietati è pubblicato sul sito della Austrian Airlines (22).

39.      Occorre esaminare tali argomenti.

40.      Secondo una giurisprudenza costante, il giudice nazionale deve definire l’ambito di fatto e di diritto in cui si inseriscono le questioni sollevate o spiegare almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate, onde consentire alla Corte di fornire un’interpretazione del diritto comunitario che sia utile per detto giudice (23).

41.      Le informazioni fornite nella decisione di rinvio devono anche dare ai governi degli Stati membri nonché alle altre parti interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia. La Corte ha dichiarato a più riprese che è suo compito vigilare affinché tale possibilità sia salvaguardata, tenuto conto del fatto che, a norma della suddetta disposizione, alle parti interessate vengono notificate solo le decisioni di rinvio (24).

42.      È vero che l’ordinanza di rinvio non indica espressamente lo scopo del ricorso del dott. Heinrich. Tuttavia, il contenuto essenziale della sua doglianza è perfettamente chiaro. Il dott. Heinrich afferma di non essere stato informato del fatto che le racchette da tennis erano articoli che non potevano essere portati nel bagaglio a mano e che egli sarebbe stato passibile di sanzioni (e che gli sarebbe stato negato l’imbarco) se avesse tentato di portarle con sé sull’aeromobile. Egli sostiene che, pertanto, il personale addetto alla sicurezza che è salito sull’aeromobile e lo ha invitato ad allontanarsi dallo stesso ha agito in modo illegittimo (25).

43.      Risulta dal fascicolo nazionale che le autorità nazionali, sia nella corrispondenza per posta elettronica con il dott. Heinrich che dinanzi al giudice del rinvio, hanno richiamato il diritto comunitario, e in particolare i regolamenti nn. 2320/2002 e 622/2003 (come modificato), a fondamento della classificazione (di diritto nazionale) delle racchette da tennis come articoli vietati (26).

44.      Dinanzi al giudice nazionale, il dott. Heinrich ha quindi invocato il fatto che l’allegato del regolamento n. 622/2003 (come modificato dal regolamento n. 68/2004) non era stato pubblicato.

45.      Emerge dalle osservazioni scritte e orali presentate dinanzi alla Corte che le informazioni contenute nell’ordinanza di rinvio hanno consentito alle parti di prendere utilmente posizione rispetto alle questioni poste (27). Gli elementi pertinenti delle informazioni supplementari disponibili nel fascicolo del giudice nazionale sono stati riassunti nella relazione d’udienza e sono stati resi noti alle parti ai fini dell’udienza nel corso della quale esse hanno potuto, all’occorrenza, integrare le loro osservazioni (28).

46.      Ritengo pertanto che il giudice nazionale abbia adempiuto il suo obbligo di fornire alla Corte elementi in merito alla situazione di fatto e di diritto in cui si inquadra la controversia nel procedimento a quo sufficienti perché essa possa interpretare le norme comunitarie in questione in relazione alla fattispecie oggetto di controversia nella causa principale. Il rinvio, pertanto, non dev’essere dichiarato irricevibile per tale motivo (29).

47.      Per quanto riguarda la rilevanza delle questioni poste, secondo una giurisprudenza costante, nel contesto dello strumento di cooperazione costituito dal procedimento ai sensi dell’art. 234 CE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a pronunciarsi (30). Le questioni di interpretazione del diritto comunitario godono quindi di una presunzione di rilevanza (31).

48.      È vero che, in circostanze eccezionali, la Corte, per accertare la propria competenza, esamina le condizioni in cui il giudice nazionale ha effettuato il rinvio pregiudiziale. Tuttavia, il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora appaia in modo manifesto che la richiesta interpretazione del diritto comunitario non ha alcun rapporto con l’effettività o l’oggetto della causa principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o, ancora, qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (32).

49.      La prima questione sorge in quanto il giudice del rinvio ritiene che l’omessa pubblicazione dell’allegato al regolamento n. 622/2003 (come modificato) si fondi sull’art. 8 del regolamento n. 2320/2002, a norma del quale alcune categorie di misure relative alla sicurezza aerea non devono essere pubblicate, ma «fatto salvo» il diritto di accesso del pubblico ai documenti sancito dal regolamento sull’accesso ai documenti. Il giudice a quo si domanda se quest’ultimo possa essere invocato per giustificare l’omessa pubblicazione di documenti per i quali il Trattato prescrive espressamente la pubblicazione. Il giudice nazionale chiede quindi chiarimenti in merito all’interpretazione del regolamento sull’accesso ai documenti per dirimere la controversia di cui è investito.

50.      La seconda questione rispecchia i dubbi del giudice nazionale per quanto riguarda la forza vincolante di norme di diritto comunitario che non sono state pubblicate ma che nondimeno, a suo parere, impongono obblighi ai singoli. A mio avviso, la nozione di «forza vincolante» richiede che si esamini sia se il regolamento n. 622/2003 imponga obblighi ai singoli, sia se esso sia valido o addirittura giuridicamente esistente. Conformemente agli obblighi che gli incombono ai sensi della giurisprudenza Foto‑Frost (33), il giudice nazionale ha quindi deciso di sottoporre alla Corte la seconda questione pregiudiziale.

51.      La Corte non ha consultato l’allegato non pubblicato del regolamento n. 622/2003 (come modificato). Né l’ha fatto, per quanto mi consta, il giudice nazionale. Nessuno dei due giudici è quindi in grado di dire se le racchette da tennis figurino specificamente nell’elenco degli articoli vietati di cui all’allegato o se l’allegato contenga altre disposizioni di autorizzazione o imperative atte a influire sull’esito del procedimento (34). Nessuno dei due giudici può quindi accertare se il regolamento n. 622/2003 (come modificato), attraverso il suo allegato, imponga obblighi ai singoli e, in caso affermativo, quale sia esattamente il contenuto di tali obblighi.

52.      Tuttavia, come ho rilevato, il nocciolo del caso in esame è che le autorità nazionali fanno valere dinanzi al giudice nazionale una normativa comunitaria non pubblicata, che si asserisce invalida o inesistente proprio a causa dell’omessa pubblicazione. La Corte può valutare se l’omessa pubblicazione determini tali conseguenze giuridiche senza esaminare il contenuto dell’allegato. Qualora essa concluda che la normativa comunitaria è invalida o inesistente, presumibilmente il giudice nazionale non avrà bisogno di esaminarne il contenuto.

53.      Ne consegue che le questioni pregiudiziali sono ricevibili.

 Nel merito

 Osservazioni preliminari

54.      Il Trattato CE prevede la pubblicazione e/o la notifica di misure dirette a produrre effetti giuridici e un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni comunitarie. Il Trattato disciplina questi due aspetti in due disposizioni adiacenti e complementari.

55.      L’art. 254 CE stabilisce le regole per rendere noti gli atti comunitari agli interessati e garantisce un livello adeguato di comunicazione obbligatoria – la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale o la notifica – degli atti giuridicamente vincolanti. Gli atti giuridici elencati all’art. 254, nn. 1 e 2, CE sono oggetto di un obbligo di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, inteso a fare sì che il loro contenuto sia portato a conoscenza del pubblico nel modo più ampio possibile. Gli atti giuridici di minore importanza per il pubblico elencati all’art. 254, n. 3, CE – le direttive diverse da quelle indirizzate a tutti gli Stati membri e le decisioni – sono oggetto di un obbligo di notifica ai destinatari, ma non vengono automaticamente portati a conoscenza del pubblico attraverso la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale.

56.      Se si ritiene auspicabile, nell’interesse della trasparenza e di un governo più trasparente, che siano rese disponibili al pubblico tutte le categorie di documenti non soggetti all’obbligo di pubblicazione di cui all’art. 254, nn. 1 e 2, occorre mettere in atto (altri) meccanismi supplementari.

57.      Ciò emerge chiaramente dall’art. 255 CE. Tale disposizione sancisce il principio secondo cui «[q]ualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione», e conferisce le necessarie competenze al Consiglio e a ciascuna istituzione per definire, rispettivamente, i principi generali e le disposizioni specifiche riguardanti tale accesso.

58.      Il regolamento sull’accesso ai documenti stabilisce regolarmente i «principi generali e le limitazioni a tutela di interessi pubblici o privati applicabili al diritto di accesso ai documenti» (35). A tale fine, esso si fonda espressamente sull’art. 255 CE (36) e segue le indicazioni strutturali fornite da tale articolo del Trattato. Pertanto, definisce anzitutto il proprio scopo, che consiste nel «garantire l’accesso più ampio possibile», nel fornire regole che permettano «l’esercizio più agevole possibile di tale diritto» e nel «promuovere le buone prassi amministrative sull’accesso ai documenti» (37). Ciò può significare solo garantire l’accesso a ciò che altrimenti non sarebbe pubblico. Non occorre legislazione derivata adottata ai sensi dell’art. 255 CE per ottenere «accesso» a un documento soggetto all’obbligo di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale a norma dell’art. 254, nn. 1 e 2, CE (38).

59.      È chiaro dunque che l’obbligo di pubblicazione dei regolamenti discende direttamente dall’art. 254, nn. 1 e 2, CE. Ciò vale a prescindere dalla questione se il testo di un regolamento (di norma, in formato cartaceo o elettronico) (39) possa essere considerato un «documento» ai sensi del regolamento sull’accesso ai documenti.

60.      Sembra quindi appropriato esaminare in ordine inverso le questioni poste.

 Sulla seconda questione

61.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede se i regolamenti, o parti di essi, acquistino efficacia vincolante qualora non vengano pubblicati nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, in contrasto con il disposto dell’art. 254, n. 2, CE.

 Che cosa costituisce una pubblicazione adeguata di un regolamento?

62.      L’art. 254, nn. 1 e 2, CE, è assolutamente inequivocabile:

«1.      I regolamenti (…) sono (…) pubblicati nella [Gazzetta ufficiale]. (…)

2.      I regolamenti del Consiglio e della Commissione (…) sono pubblicati nella [Gazzetta ufficiale]».

63.      Dal Trattato e da quanto ho esposto nelle mie osservazioni preliminari emerge che l’obbligo di pubblicazione dei regolamenti previsto da tali disposizioni è inequivocabile e inderogabile.

64.      Gli allegati formano parte integrante di un atto normativo. La tesi contraria consentirebbe ai loro autori di eludere gli obblighi di cui all’art. 254 CE ricorrendo al semplice espediente di collocare disposizioni sostanziali in un allegato non pubblicato. Ciò è proprio quanto la Commissione intendeva fare nel caso in esame. Le disposizioni pubblicate del regolamento n. 622/2003 sono un semplice abbozzo (40). Il lettore non può accertare gli effetti del regolamento senza vederne l’allegato, dato che quest’ultimo contiene tutte le norme sostanziali del regolamento (41).

65.      Il regolamento n. 622/2003 (come modificato) spiega molto laconicamente che occorre procedere mediante regolamento e tuttavia colloca elementi sostanziali non nell’articolato, bensì in un allegato non pubblicato. I suoi ‘considerando’ si limitano ad enunciare che «il regolamento è lo strumento più adatto» (42) per l’adozione, da parte della Commissione, di talune misure per l’applicazione di norme di base comuni sulla sicurezza dell’aviazione in tutta l’Unione europea, senza spiegarne il motivo. La giustificazione addotta per la collocazione di tutte le disposizioni sostanziali in un allegato non pubblicato è altrettanto concisa: si afferma che ciò avviene «[c]onformemente alle disposizioni del regolamento (…) n. 2320/2002 e al fine di prevenire atti illeciti» (43). È difficile conciliare quanto precede con gli orientamenti dell’accordo interistituzionale sulla qualità redazionale (44). Ciò detto, una motivazione più completa non sarebbe comunque stata sufficiente a esonerare il regolamento dalla pubblicazione integrale nella Gazzetta ufficiale.

66.      Come ha osservato il Parlamento europeo in udienza, nella tesi della Commissione si rileva inoltre una contraddizione di fondo. Se essa riteneva che l’art. 8 del regolamento n. 2320/2002 imponesse di mantenere segreto l’elenco degli articoli vietati, la pubblicazione del comunicato stampa (45) costituiva una palese violazione di tale articolo. Se, invece, la Commissione riteneva che l’elenco degli articoli vietati esulasse dall’ambito di applicazione dell’art. 8, avrebbe dovuto pubblicarlo nella Gazzetta ufficiale. Gli «orientamenti» di base che indicano le categorie di articoli da vietare figurano effettivamente nell’appendice (pubblicata) dell’allegato (pubblicato) del regolamento n. 2320/2002. Risulta quindi piuttosto difficile individuare la logica sottesa alla mancata pubblicazione di quella che (presumibilmente) costituisce una versione corposa di tale elenco. Infine, è contraddittorio affermare nei ‘considerando’ del regolamento n. 68/2004 (a mio parere, correttamente), che «[e]siste (…) l’esigenza di un elenco armonizzato, accessibile al pubblico (…)» (46) e poi non portare tale elenco a conoscenza del pubblico.

67.      La pubblicazione della struttura senza la parte sostanziale costituiva, quindi, una pubblicazione carente e inadeguata, inidonea a soddisfare i requisiti di cui all’art. 254, n. 2, CE.

 Le conseguenze giuridiche dell’omessa pubblicazione di un regolamento

–       Impossibilità di applicare ai singoli provvedimenti non pubblicati

68.      Qualora la Corte decida, contrariamente a quanto suggerirò (47), di non pronunciarsi sulla validità del regolamento, essa dovrebbe nondimeno ricordare la propria giurisprudenza costante secondo cui gli atti giuridici non pubblicati non possono imporre obblighi al pubblico.

69.      La Corte ha più volte dichiarato che il «principio di certezza del diritto esige che una normativa comunitaria consenta agli interessati di conoscere esattamente la portata degli obblighi che essa impone loro» (48) e che «[i] singoli devono poter conoscere senza ambiguità i propri diritti ed obblighi e regolarsi di conseguenza» (49).

70.      Né la Corte, né il giudice a quo hanno potuto consultare l’allegato segreto. Pertanto, nessuno dei due può affermare con certezza se, e in caso affermativo come e in quale misura, il regolamento n. 622/2003 (come modificato) abbia toccato il dott. Heinrich. Entrambi i giudici sanno solo che le autorità nazionali hanno individuato nel regolamento n. 622/2003 (in combinato disposto con il regolamento n. 2320/2002) il fondamento normativo degli atti con cui hanno negato l’imbarco al dott. Heinrich.

71.      Qualora la Corte decida di pronunciarsi solo sulla questione se il regolamento n. 622/2003 (come modificato) imponga obblighi ai singoli, ritengo che essa debba limitarsi a dichiarare in astratto che l’allegato segreto non può contenere né costituire la fonte di alcun obbligo per i singoli.

72.      Permettetemi di descrivere brevemente le opzioni che si offrono alla Corte nel caso in cui decida di andare al di là della dichiarazione astratta e di esaminare se l’allegato del regolamento n. 622/2003 sia effettivamente inteso a imporre obblighi ai singoli.

73.      Ritengo che esistano tre possibili fondamenti normativi per i provvedimenti adottati nei confronti del dott. Heinrich:

a)      i provvedimenti si basavano su poteri nazionali sovrani o sul regolamento n. 2320/2002, il cui art. 6 lascia agli Stati membri una certa libertà. In tal caso, il regolamento n. 622/2003 (come modificato) è irrilevante rispetto alla causa principale;

b)      i provvedimenti sono stati adottati in virtù degli stessi poteri nazionali derivanti esclusivamente, e/o delimitati, dall’allegato del regolamento n. 622/2003 (come modificato), senza il quale non sarebbero stati validi. In tal caso, il divieto di introdurre racchette da tennis a bordo dell’aeromobile permane o cade insieme al regolamento n. 622/2003 (come modificato);

c)      i provvedimenti costituivano un’applicazione diretta delle disposizioni dell’allegato. La conseguenza per le racchette da tennis sarebbe la stessa del punto b).

74.      Non avendo consultato l’allegato non pubblicato del regolamento n. 622/2003 (come modificato), la Corte non può giungere a una conclusione utile in ordine alla scelta dell’ipotesi corretta.

75.      Il regolamento n. 622/2003 (come modificato) è un regolamento di attuazione adottato dalla Commissione ai sensi dell’art. 4, n. 2, del regolamento n. 2320/2002, secondo la procedura di cui all’art. 9, n. 2, del medesimo regolamento. Esso va (presumibilmente) letto unitamente all’art. 4, n. 1, del relativo allegato e dell’appendice dello stesso. Il punto 4 dell’allegato prescrive che gli articoli vietati siano confiscati o che venga negato al passeggero l’accesso all’area sterile o, se del caso, all’aeromobile. Verosimilmente, l’attuale elenco degli articoli vietati, unitamente ad altre considerazioni più particolareggiate su ciò che dev’essere considerato un articolo vietato (e sui motivi di tale valutazione), nonché qualsiasi autorizzazione espressa o implicita a livello comunitario di misure supplementari, vanno tutti rinvenuti nell’allegato n. 622/2003 (come modificato). L’art. 12 del regolamento n. 2320/2002 impone agli Stati membri di garantire che le sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni del regolamento siano «efficaci, proporzionate e dissuasive».

76.      In tale contesto, mi sembra probabile, intuitivamente, che il regolamento n. 622/2003 (come modificato) imponga obblighi ai singoli. Si tratta tuttavia di una mera speculazione. La questione potrebbe essere risolta solo consultando l’allegato del regolamento n. 622/2003 (come modificato).

77.      Pertanto, ritengo che la Corte non possa pronunciarsi sulla questione se l’allegato del regolamento n. 622/2003 (come modificato) imponga obblighi ai singoli senza chiedere di poterne prendere visione e riaprire la fase orale. Le suggerisco di non farlo.

–       La validità del regolamento n. 622/2003 (come modificato)

78.      La seconda questione non solleva espressamente il problema della validità. Tuttavia, l’ordinanza di rinvio chiarisce che il giudice nazionale nutre seri dubbi in merito alla forza vincolante del regolamento n. 622/2003 (come modificato) e che tali dubbi hanno condotto al rinvio pregiudiziale (50).

79.      Pertanto, la Corte può pronunciarsi sulla validità della misura comunitaria controversa (51). Benché spetti ai giudici nazionali valutare la pertinenza delle questioni sottoposte alla Corte, tuttavia è compito di quest’ultima «ricavare, dall’insieme degli elementi fornitile dal giudice nazionale, quegli elementi di diritto comunitario che richiedono, tenuto conto dell’oggetto della controversia, un’interpretazione o un giudizio di validità» (52).

80.      Passo quindi ad esaminare la questione relativa al modo in cui l’omessa pubblicazione di un regolamento incide sulla validità di quest’ultimo.

81.      Nella sentenza Opel Austria (53) il Tribunale di primo grado ha dichiarato che la retrodatazione deliberata del numero della Gazzetta ufficiale in cui era stato pubblicato il regolamento controverso, con la conseguenza che quest’ultimo era entrato in vigore prima della sua pubblicazione, integrava una violazione del principio della certezza del diritto (54). Il regolamento era quindi stato annullato.

82.      La Corte ha dichiarato a più riprese che il principio della certezza del diritto, in linea di massima, osta a che l’efficacia nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione, aggiungendo che una deroga è possibile, «in via eccezionale», qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purché il legittimo affidamento degli interessati sia debitamente rispettato (55). Esiste quindi un limitato fondamento giurisprudenziale per la tesi secondo cui gli atti giuridici comunitari possono produrre effetti anche in un momento in cui non sono pubblicati (56).

83.      Le cause citate vertevano sulla pubblicazione tardiva (57). Nel caso in esame, l’allegato non è mai stato destinato alla pubblicazione. La conclusione raggiunta dal Tribunale nella sentenza Opel Austria sembrerebbe quindi applicabile a fortiori. Inoltre, la Corte ammette la retroattività se sussistono due condizioni: essa dev’essere necessaria per raggiungere lo scopo e devono essere debitamente rispettate le legittime aspettative degli interessati (58). Non vedo come si possa affermare che nel caso di specie sussistono entrambe le condizioni.

84.      La sentenza della Corte nella causa Sevince (59) non fornisce elementi utili ai fini del presente procedimento. In quella causa, la Corte ha dichiarato che l’omessa pubblicazione delle decisioni del consiglio di associazione CEE‑Turchia nn. 2/76 e 1/80 non impediva che tali disposizioni producessero effetti diretti che i singoli potevano far valere (60). Tuttavia, né l’art. 254 CE, né l’Accordo di associazione CEE‑Turchia (61) prevedono che tali atti debbano essere pubblicati (62).

85.      Può invece essere utile la giurisprudenza in materia di obbligo di notifica (individuale) delle decisioni ai destinatari delle stesse, ai sensi dell’art. 254, n. 3, CE, dato che tale obbligo di notifica può essere considerato l’equivalente funzionale dell’obbligo di pubblicazione di cui all’art. 254, nn. 1 e 2, CE. Entrambi gli obblighi sono intesi a informare i soggetti interessati da norme giuridiche in merito al contenuto delle stesse.

86.      Nella sentenza Hoechst, la Corte ha chiarito che la «mancanza di notifica [completa] (…) potrebbe avere come conseguenza solo l’accertamento dell’inesistenza di detto atto o il suo annullamento». La Corte ha aggiunto che «il diritto comunitario non conosce situazioni intermedie tra l’accertamento dell’inesistenza di un atto e il suo annullamento», e che «[c]ontro tale conclusione non si può obiettare che, ai sensi dell’art. [254, n. 3, CE], le decisioni hanno efficacia in virtù della loro notificazione e che, in mancanza della notificazione, la decisione non produrrebbe alcun effetto. Infatti, trattandosi della notifica di un atto, come di ogni altra forma sostanziale, o l’irregolarità è talmente grave ed evidente da comportare l’inesistenza dell’atto contestato, oppure costituisce una violazione delle forme sostanziali che può comportare il suo annullamento» (63).

87.      Nella sentenza Spagna/Commissione (64) la Corte ha dichiarato che, in determinate circostanze, l’omessa notifica giustificava l’annullamento di un atto di un’istituzione comunitaria (65). Essa ha quindi considerato l’omessa notifica non tanto come un impedimento all’entrata in vigore del provvedimento (66), quanto come un difetto fondamentale tale da inficiare la validità dello stesso. Si potrebbe ritenere che il fondamento logico di tale impostazione sia direttamente trasponibile all’omessa pubblicazione di un regolamento.

88.      Molto recentemente, nella sentenza Skoma‑Lux (67), la Corte ha dovuto esaminare le conseguenze giuridiche del fatto che un regolamento comunitario, di cui si contestava la violazione alla Skoma‑Lux, non fosse pubblicato in ceco, all’epoca dei fatti, nella Gazzetta ufficiale. Essa ha statuito in modo chiaro (68) che «dal tenore letterale stesso dell’art. 254, n. 2, CE, emerge che un regolamento può produrre effetti giuridici soltanto se è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea». Letta isolatamente, tale affermazione potrebbe indurre a concludere che il regolamento n. 622/2003 (come modificato), che non è stato interamente pubblicato, non poteva produrre alcun effetto giuridico. Nella stessa sentenza Skoma‑Lux, la Corte è stata attenta a evitare questa conclusione. Essa ha invece esaminato separatamente, in primo luogo, se il regolamento in questione fosse opponibile ai singoli (concludendo che esso era inopponibile) (69) e, in secondo luogo, se esso fosse nondimeno vincolante per lo Stato membro considerato sin dalla data di adesione (dichiarando che lo era) (70), per poi analizzare, in terzo luogo, le conseguenze, vale a dire se si dovessero rimettere in discussione le decisioni nazionali adottate sulla base di tale regolamento e divenute definitive ai sensi della normativa nazionale applicabile (questione che la Corte ha risolto in senso negativo, salvo per quanto riguarda «misure amministrative ovvero decisioni giurisdizionali, segnatamente a carattere repressivo, che pregiudichino diritti fondamentali») (71).

89.      La cautela adoperata dalla Corte nella sentenza Skoma‑Lux si giustificava per il fatto che la causa verteva non sulla mancanza assoluta di pubblicazione di un regolamento in una certa versione linguistica, bensì sulla mancata pubblicazione in tempo utile nella lingua ufficiale dello Stato in via di adesione in questione. Risultava quindi appropriato distinguere fra le conseguenze per gli Stati membri e quelle per i singoli. Questi ultimi devono poter conoscere i propri diritti e obblighi nelle lingue (in una delle lingue) ufficiali dello Stato membro in cui risiedono, che presumibilmente è la loro lingua madre. Tuttavia, lo Stato membro conosceva già, e aveva espressamente accettato, l’acquis comunitario. Era quindi ragionevole che fosse vincolato da detto regolamento, che faceva parte di tale acquis (pubblicato).

90.      Nel caso di specie, il testo dell’allegato non è mai stato pubblicato. La mancata pubblicazione, tuttavia, non è né accidentale né involontaria (72). La Commissione ha deliberatamente adottato una serie di nuovi provvedimenti (il regolamento n. 622/2003 e la sua progenie, compreso in particolare il regolamento n. 68/2004) e ha pubblicato ciascuno di essi solo in parte, tenendo segreto l’allegato (sostanziale). In altre parole, è stata adottata una prassi sistematica e volontaria di non pubblicazione.

91.      Concludo che l’omessa pubblicazione totale di un regolamento o di una parte integrale dello stesso, in violazione dell’art. 254 CE, costituisce una violazione di una forma sostanziale, che determina quanto meno un’invalidità.

–       Limitazione nel tempo

92.      Qualora la Corte dichiari invalido il regolamento n. 622/2003 (come modificato), sorge la questione del momento a partire dal quale si producono gli effetti di tale dichiarazione. In udienza, i governi austriaco e polacco, nonché il governo del Regno Unito, hanno chiesto alla Corte di dichiarare che tutti i provvedimenti adottati in base al regolamento contestato sono definitivi fino a quando la Commissione non abbia adottato una nuova misura. Essi non hanno però precisato quali conseguenze dell’invalidità del regolamento n. 622/2003 (come modificato) giustificherebbero la limitazione nel tempo degli effetti di tale sentenza.

93.      È vero che talora la Corte ha mantenuto gli effetti di norme invalide fino all’adozione di quelle nuove. Nella sentenza Van Landschoot (73) essa ha dichiarato che il regolamento contestato era discriminatorio, in quanto l’esenzione da un onere ivi previsto non comprendeva determinate categorie di operatori economici. Una dichiarazione di invalidità pura e semplice avrebbe fatto sì che, in attesa di una nuova normativa, non vi sarebbe più stata alcuna esenzione. La Corte ha applicato per analogia l’art. 174, n. 2, CE (divenuto art. 231 CE), a norma del quale essa può indicare quali effetti di un regolamento dichiarato nullo debbano considerarsi definitivi (74). Ha quindi concluso che, in attesa della nuova disciplina, le competenti autorità dovevano continuare a praticare l’esenzione estendendola agli operatori colpiti dall’accertata discriminazione (75).

94.      Era quindi stato ampliato il gruppo di operatori aventi diritto all’esenzione, effetto che non si sarebbe potuto ottenere semplicemente dichiarando invalido il regolamento contestato (76).

95.      Non sono convinta che nel caso di specie occorra mantenere gli effetti del regolamento n. 622/2003.

96.      La dichiarazione di invalidità del regolamento n. 622/2003 lascerebbe intatto l’obbligo già imposto agli Stati membri dal regolamento n. 2320/2002 di adottare tutte le misure necessarie, nell’esercizio della competenza loro conferita dal diritto nazionale, per impedire che articoli vietati vengano introdotti in un’area sterile o a bordo di un aeromobile, e di conformarsi a ogni altra misura ivi contenuta o richiamata in materia di sicurezza dell’aviazione civile. L’appendice del regolamento n. 2320/2002 enuncia che «[l]e presenti linee guida forniscono indicazioni circa le diverse forme di armi e oggetti sottoposti a restrizioni; tuttavia, sarà il buon senso a decidere se un determinato oggetto possa prestarsi ad essere utilizzato come arma». Su tale base, gli Stati membri sono perfettamente in grado di garantire l’adozione di norme nazionali dirette a vietare l’introduzione di potenziali armi nelle aree sterili o a bordo degli aeromobili in attesa di un regolamento sostitutivo (contenente un elenco di articoli proibiti) regolarmente pubblicato.

97.      Gli obblighi specifici già imposti agli Stati membri dal regolamento n. 2320/2002 sono rafforzati dall’obbligo più generale, sancito dall’art. 10 CE, di adottare «tutte le misure di carattere generale e particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi (…) determinati dagli atti delle istituzioni della Comunità», di facilitare «quest’ultima nell’adempimento dei propri compiti» e di astenersi «da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi» della Comunità. Emerge chiaramente dallo stesso regolamento n. 2320/2002 quali siano tali obiettivi e come debbano essere conseguiti, e gli Stati membri hanno (ovviamente) preso visione del contenuto dell’allegato non pubblicato del regolamento n. 622/2003.

98.      Anche la Commissione è in grado di riflettere, nel periodo intercorrente tra la presentazione delle presenti conclusioni e la decisione della Corte, su come garantire che le specifiche misure di sicurezza aeroportuali indicate unicamente nell’allegato del regolamento n. 622/2003 (come modificato) non vengano compromesse nel caso in cui la Corte si pronunci in generale sugli effetti giuridici di tale regolamento (77).

99.      Inoltre, la Corte si è sempre avvalsa della facoltà di limitare nel tempo gli effetti di una sentenza per soddisfare le esigenze della certezza del diritto. Nel caso di specie è evidente che la certezza del diritto per i singoli in relazione all’unico elemento noto (78) dell’allegato al regolamento n. 622/2003 (come modificato) risulterebbe lesa più gravemente se si mantenesse in vigore il regolamento fino all’adozione di nuove misure sostitutive.

100. Infine, si potrebbe probabilmente suggerire che l’interesse pubblico al mantenimento di norme che accrescono la sicurezza negli aeroporti implica che la Corte debba o chiudere di proposito un occhio sulla violazione manifesta di un obbligo di pubblicazione, oppure avvalersi del potere eccezionale di mantenere, perentoriamente, gli effetti di un provvedimento irregolare. Ritengo che tale argomento sia specioso. Come ho appena rilevato, non occorre che la Corte eserciti tale potere per impedire che venga compromessa la sicurezza pubblica negli aeroporti. Non di rado, in tempi difficili, si adducono argomenti analoghi per giustificare deroghe al principio generale dello Stato di diritto – attraverso la sospensione delle guarentigie di diritti fondamentali, la limitazione del controllo giurisdizionale o l’attenuazione delle conseguenze di tale controllo. Non vi è spazio per tali argomenti in un’Unione europea retta dallo Stato di diritto i cui giudici sono tenuti, ai sensi del Trattato, a garantire il «rispetto del diritto» (79).

101. Pertanto, suggerisco di non porre limiti temporali alla sentenza pronunciata nella presente causa.

–       La Corte dovrebbe spingersi oltre e dichiarare inesistente il regolamento n. 622/2003 (come modificato)?

102. Il giudice del rinvio ritiene che l’omessa pubblicazione di un regolamento comporti l’inesistenza dello stesso.

103. La Corte ha dichiarato a più riprese che gli atti delle istituzioni comunitarie si presumono, in linea di principio, legittimi e producono pertanto effetti giuridici finché non siano stati revocati o annullati nel contesto di un ricorso per annullamento ovvero dichiarati invalidi a seguito di un rinvio pregiudiziale o di un’eccezione di illegittimità (80).

104. Un’eccezione a tale principio è rappresentata dalla dottrina dell’atto inesistente. Secondo tale dottrina, gli atti viziati da un’irregolarità la cui gravità sia così evidente da non poter essere tollerata dall’ordinamento giuridico comunitario non possono vedersi riconosciuto alcun effetto giuridico, ancorché provvisorio, devono cioè essere considerati giuridicamente inesistenti. Tale dottrina mira a salvaguardare l’equilibrio fra due esigenze fondamentali, ma talvolta confliggenti, cui deve ispirarsi un ordinamento giuridico, e precisamente la stabilità dei rapporti giuridici e il rispetto della legge (81).

105. La gravità delle conseguenze che si ricollegano all’accertamento dell’inesistenza di un atto delle istituzioni comunitarie implica che, per ragioni di certezza del diritto, l’inesistenza venga constatata soltanto in casi estremi (82). Parte della dottrina ha sostenuto che la mancata pubblicazione di un regolamento rientra in tale categoria (83).

106. Per quanto è a mia conoscenza, la Corte ha dichiarato una sola volta l’inesistenza di un atto, nella sentenza Société des usines à tubes de la Sarre (84). In quel caso, la questione era se una lettera inviata dall’Alta Autorità potesse essere considerata un parere ai sensi dell’art. 54, n. 4, CECA. Tali pareri, devono, inter alia, essere motivati. La lettera non lo era. La Corte ha dichiarato che la motivazione di un parere era chiaramente prescritta dagli artt. 5, 15 e 54 CECA, e rappresentava inoltre un elemento costitutivo essenziale. La mancanza di motivazione comportava l’inesistenza giuridica dell’atto. Poiché l’atto di cui si chiedeva l’annullamento era un atto giuridicamente inesistente, la Corte ha dichiarato il ricorso irricevibile per mancanza di oggetto.

107. Nella sentenza BASF/Commissione (85), il Tribunale di primo grado ha dichiarato inesistente una decisione della Commissione. La Corte ha ribaltato tale decisione in sede di impugnazione ritenendo che, sia considerati isolatamente sia considerati nel loro insieme, i vizi di competenza e di forma constatati dal Tribunale non risultavano così manifestamente gravi da far sì che la decisione dovesse considerarsi giuridicamente inesistente (86).

108. Sono del parere che l’irregolarità del regolamento n. 622/2003 (come modificato) – la persistente e deliberata violazione degli obblighi di pubblicazione di cui all’art. 254, n. 2, CE relativamente all’intero contenuto sostanziale del regolamento – rivesta una gravità tale da non poter essere tollerata dall’ordinamento giuridico comunitario. Pertanto, ritengo preferibile dichiarare inesistente il regolamento n. 622/2003 (come modificato). Diviene quindi irrilevante la questione dell’eventuale limitazione nel tempo della sentenza.

109. Qualora la Corte non intenda spingersi fino a questo punto, è comunque evidente che, quanto meno, vi è stata violazione di un requisito procedurale essenziale. La Corte dovrebbe quindi, come minimo, dichiarare invalido il regolamento n. 622/2003 (come modificato).

110. Entrambe le conclusioni renderanno chiaro che l’omessa pubblicazione di regolamenti o di parti degli stessi, a fortiori se deliberata, è inammissibile nell’ordinamento giuridico dell’Unione europea.

 Cosa avrebbe dovuto fare la Commissione?

111. In udienza, sia il Parlamento europeo che il Consiglio hanno sostenuto che l’art. 8 del regolamento n. 2320/2002 non autorizza la Commissione ad adottare un regolamento di attuazione con un allegato non pubblicato contenente le misure concrete necessarie per applicare e adattare le norme minime comuni in materia di sicurezza aerea. La Commissione, dal canto suo, ha affermato che la Corte potrebbe fornire chiarimenti utili in ordine alla forma dell’atto giuridico che la stessa Commissione dovrebbe utilizzare per adempiere il proprio obbligo di adottare le suddette misure, ai sensi dell’art. 4, n. 2, del regolamento n. 2320/2002.

112. Benché abbia criticato l’adozione del regolamento n. 622/2003 (come modificato) da parte della Commissione, ne comprendo le difficoltà. Formulerò quindi le seguenti osservazioni.

113. L’art. 8, n. 1, del regolamento n. 2320/2002 dispone che le misure relative al funzionamento delle misure di sicurezza degli aeroporti (87) «sono segrete e non sono pubblicate». Ciò vale «fatto salvo» il regolamento sull’accesso ai documenti. Ne deduco che gli autori non prevedevano che tali misure facessero parte di un atto giuridico comunitario soggetto all’obbligo di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale ai sensi dell’art. 254 CE. Si intendeva piuttosto introdurle in un documento non pubblicato e fare in modo che fossero accessibili solo attraverso il regolamento sull’accesso ai documenti (a norma del quale, presumibilmente, l’accesso sarebbe stato negato in ragione del fatto che il documento in questione rientrava tra le eccezioni elencate all’art. 4 e/o costituiva un «documento sensibile» ai sensi dell’art. 9).

114. Sottolineo che l’art. 8 del regolamento n. 2320/2002 costituisce un’eccezione alla regola della trasparenza e dell’accessibilità delle informazioni. In quanto tale, esso va interpretato restrittivamente. Ne consegue che solo gli elementi che, considerati oggettivamente, rientrano effettivamente tra le varie categorie di informazioni segrete di cui all’art. 8, n. 1 (88), devono essere sottoposti al trattamento ivi previsto. In particolare, gli elementi succeduti ad altri che erano già di pubblico dominio, in quanto erano stati pubblicati come parte del regolamento n. 2320/2002, dovrebbero restare tali.

115. Per quanto riguarda l’elenco degli articoli vietati, mi sembra perfettamente chiaro che tale elenco non dovrebbe essere segreto, bensì pubblico. Esso – e qualsiasi altra misura che, oggettivamente, non occorra mantenere segreta – andrebbe quindi pubblicato nella Gazzetta ufficiale come allegato di un regolamento.

116. Che dire degli elementi che riguardano effettivamente il funzionamento delle misure di sicurezza di un aeroporto e che, pertanto, occorre effettivamente mantenere segreti?

117. Se si ritiene opportuno garantire che tali elementi, o parte di essi, siano contenuti in un atto giuridicamente vincolante, la Commissione dispone teoricamente di una facoltà di scelta illimitata per quanto riguarda lo strumento giuridico. Il fondamento normativo del regolamento n. 2320/2002 era l’art. 80, n. 2, CE (89). Benché il Consiglio abbia scelto di utilizzare un regolamento, non era tenuto a farlo.

118. Tuttavia, in pratica né un regolamento né una direttiva indirizzata a tutti gli Stati membri costituiscono lo strumento giuridico appropriato per gli elementi che devono essere mantenuti segreti. Entrambi sono soggetti all’obbligo di pubblicazione di cui all’art. 254, n. 2, CE.

119. La scelta più naturale sarebbe quindi stata una decisione (ai sensi dell’art. 249 CE) indirizzata a tutti gli Stati membri. L’art. 254 CE non richiede che tali misure siano pubblicate, ma solo che vengano «notificate ai loro destinatari» (90). Le decisioni «hanno efficacia in virtù di tale notificazione» (91). Rilevo che l’art. 13, n. 2, lett. c), del regolamento sull’accesso ai documenti prescrive che tali decisioni siano pubblicate nella Gazzetta ufficiale «per quanto possibile». Se il contenuto della decisione rientrasse nell’ambito di applicazione dell’art. 4 (eccezioni) o 9 (documenti sensibili) di detto regolamento, sarebbe legittimo negare l’accesso alla decisione e, a fortiori, non pubblicarla.

120. La Commissione ricorda infatti nelle sue osservazioni scritte di avere adottato una soluzione analoga per elementi riservati e non riservati al momento dell’approvazione del regolamento n. 1683/95 (92). L’allegato pubblicato di tale regolamento conteneva alcune specifiche relative al modello dei visti che gli Stati membri dovevano rilasciare. L’art. 2 del regolamento prevedeva che la Commissione dovesse adottare ulteriori prescrizioni tecniche per il modello uniforme dei visti relative ad elementi e a norme di sicurezza supplementari, compresi standard migliori per impedire la contraffazione e la falsificazione, nonché norme e metodi comuni da seguire nella compilazione del modello uniforme di visto. L’art. 3 prevedeva che tali specifiche dovessero rimanere segrete. La Commissione ha quindi adottato una decisione di attuazione, indirizzata a tutti gli Stati membri, che non è stata pubblicata (93). Ritengo che la Commissione possa legittimamente adottare una soluzione analoga ai fini dell’attuazione del regolamento n. 2320/2002, per mantenere segreti elementi che, oggettivamente, richiedono tale tutela.

 Sulla prima questione

121. Qualora la Corte risolvesse la seconda questione nel modo da me suggerito, non sarebbe più necessario risolvere la prima. Tuttavia, poiché la prima questione ha determinato forti dissensi tra le parti sia nelle osservazioni scritte che in quelle orali (94), formulerò le seguenti osservazioni.

122. Con la prima questione, il giudice del rinvio intende sapere se gli atti che devono essere pubblicati conformemente all’art. 254 CE siano «documenti» ai sensi dell’art. 2, n. 3, del regolamento sull’accesso ai documenti (95).

123. Conformemente allo scopo del regolamento enunciato all’art. 1 (96), la definizione dell’ambito di applicazione contenuta nell’art. 2, n. 3, è adeguatamente ampia. Il regolamento «riguarda tutti i documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione europea». Prima che entrasse in vigore il regolamento sull’accesso ai documenti, le istituzioni non potevano divulgare documenti provenienti da terzi, e la parte che chiedeva l’accesso doveva rivolgere la propria domanda direttamente all’autore del documento (cosiddetta regola dell’autore) (97). La definizione ampia dell’ambito di applicazione contenuta all’art. 2, n. 3, ribalta tale regola. Pertanto, se l’istituzione è effettivamente in possesso del documento, si può chiedere di avervi accesso, a prescindere da chi ne sia l’autore. Pertanto, le istituzioni potrebbero dover divulgare documenti provenienti da terzi, compresi (in particolare) gli Stati membri (98).

124. La definizione del termine «documento» è altrettanto ampia: «qualsiasi contenuto informativo, a prescindere dal suo supporto (testo su supporto cartaceo o elettronico, registrazione sonora, visiva o audiovisiva) che verta su aspetti relativi alle politiche, iniziative e decisioni di competenza dell’istituzione» (99).

125. Gli artt. 4 («Eccezioni») e 9 («Documenti sensibili») definiscono i limiti, per motivi di interesse pubblico o privato, del diritto di accesso ai documenti. Essi seguono la struttura dell’art. 255 CE. In quanto eccezioni, tali articoli vanno interpretati restrittivamente, in conformità dei consueti criteri di interpretazione del diritto comunitario (100). L’esigenza di tale modalità interpretativa è evidenziata dal fatto che si tratta di eccezioni obbligatorie (101) a un regolamento il cui scopo essenziale consiste invece nel garantire «l’accesso più ampio possibile» (102).

126. L’art. 13 riguarda la «Pubblicazione nella Gazzetta ufficiale». L’art. 13, n. 1, dispone espressamente che «oltre agli atti di cui all’articolo 254 del trattato CE» (103), varie categorie di documenti «[f]atti salvi gli articoli [4 e 9] del presente regolamento (…), sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale. Mi sembra chiaro al di là di qualsiasi dubbio che l’autore ha individuato alcune altre categorie di atti (oltre a quelle che saranno comunque pubblicate ai sensi dell’art. 254, nn. 1 e 2, CE), che devono essere sottoposte all’ampia divulgazione derivante dalla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Tuttavia, le altre categorie di documenti devono anche essere pubblicate «per quanto possibile» (104).

127. Devono essere richiesti singolarmente solo i documenti che non ricadono né sotto l’art. 12 né sotto l’art. 13 (105).

128. In tale contesto, la soluzione della prima questione diventa più chiara. Il testo di un regolamento può rientrare nella definizione ampia di documento contenuta all’art. 3, lett. a), del regolamento sull’accesso ai documenti. Tale testo ha un «contenuto (…) che vert(e) su (…) decisioni di competenza dell’istituzione» e si presenta su uno dei supporti indicati nella medesima disposizione. Pertanto, la definizione di «documento» di cui all’art. 3, lett. a), del regolamento sull’accesso ai documenti è abbastanza ampia da comprendere gli strumenti giuridici soggetti a pubblicazione ai sensi dell’art. 254, nn. 1 e 2, CE. Ciò non significa tuttavia che tali strumenti giuridici rientrino nell’ambito di applicazione del regolamento sull’accesso ai documenti e che si possano quindi invocare gli artt. 4 e 9 per negare l’accesso. A mio parere, è vero il contrario.

129. L’art. 2, n. 3, del regolamento sull’accesso ai documenti enuncia che il regolamento «riguarda tutti i documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire i documenti formatio ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione europea» (106). Naturalmente è vero che probabilmente un’istituzione possiede copie del testo definitivo di un regolamento approvato. Tuttavia, il testo dovrebbe anche essere già di pubblico dominio per effetto della sua pubblicazione (obbligatoria) nella Gazzetta ufficiale. Tecnicamente, l’istituzione «detiene» il testo come «documento». Tuttavia, se si interpreta in questo modo letterale il regolamento sull’accesso ai documenti, si ignora il fatto che lo scopo del regolamento consiste nel dare accesso a documenti che altrimenti non sarebbero automaticamente accessibili. L’interpretazione teleologica e il buon senso portano entrambi alla conclusione che, se un testo è (o dovrebbe essere) accessibile in virtù di una pubblicazione obbligatoria ai sensi dell’art. 254, nn. 1 e 2, CE, non occorre (e pertanto non si deve) considerarlo un «documento» «detenuto» da un’istituzione ai sensi (rispettivamente) degli artt. 3, lett. a) e 2, n. 3, del regolamento sull’accesso ai documenti. Inoltre, l’art. 1, lett. a), definisce lo scopo del regolamento sull’accesso ai documenti richiamando l’esigenza di garantire «l’accesso più ampio possibile». Ciò implica di per sé che il diritto di accesso a un documento grazie al regolamento è superfluo quando il documento in questione dev’essere comunque pubblicato ai sensi dell’art. 254 CE. La pubblicazione nella Gazzetta ufficiale garantisce l’«accesso più ampio possibile».

130. L’art. 13 del regolamento sull’accesso ai documenti conferma tale analisi. Tale articolo risulta privo di senso se non si interpreta il regolamento come un’integrazione dell’art. 254 CE, anziché come un’attenuazione dello stesso. Non occorre creare un accesso (supplementare), né una pubblicazione, attraverso il regolamento sull’accesso ai documenti, per un documento che costituisce uno degli atti elencati all’art. 254, nn. 1 o 2, CE. Per contro, se un documento non costituisce uno di tali atti, sussistono tutti i motivi per ritenere che esso rientri nell’ambito di applicazione del regolamento sull’accesso ai documenti e quindi verificare se sia pubblicabile ai sensi dell’art. 13. L’interpretazione esatta dev’essere quindi che il regolamento sull’accesso ai documenti riguarda i documenti (di qualsiasi tipo) che non siano già ricompresi nella sfera di applicazione dell’art. 254, n. 1 o 2, CE.

131. Si potrebbe domandare quale sia lo status del testo di un regolamento nel periodo intercorrente tra la data della sua adozione da parte dell’istituzione competente e la data della sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. A mio parere, il regolamento in quanto tale non è un «documento» ai sensi del regolamento sull’accesso ai documenti (in quanto è già soggetto di per sé all’obbligo di pubblicazione ex art. 254 CE). Tuttavia, una copia di tale regolamento (ad esempio, su supporto cartaceo o elettronico) in possesso dell’istituzione costituirebbe siffatto documento e pertanto sarebbe possibile ottenere l’accesso ai sensi del regolamento sull’accesso ai documenti. In termini pratici, ritengo che esista sempre una copia in qualche luogo. Pertanto, non può esservi alcun momento nel quale il regolamento non è accessibile né attraverso il regolamento sull’accesso ai documenti né in virtù di una pubblicazione obbligatoria a norma dell’art. 254 CE.

132. Ciò implica che il regolamento sull’accesso ai documenti non può essere utilizzato per limitare la pubblicazione di un documento rientrante nell’ambito di applicazione dell’art. 254, nn. 1 o 2, CE. Il regolamento, in quanto atto di legislazione derivata, non può essere interpretato in modo contrastante con il diritto primario costituito da una disposizione del Trattato. Pertanto, le eccezioni all’accesso previste agli artt. 4 e 9 del regolamento sull’accesso ai documenti sono applicabili solo ai documenti cui si possa avere accesso in virtù di detto regolamento. In particolare, esse non possono essere fatte valere allo scopo di reintrodurre, per una via traversa, un’eccezione all’obbligo di pubblicazione sancito dal Trattato.

133. Ne consegue che la prima questione dev’essere risolta nel senso che gli atti per i quali l’art. 254, nn. 1 o 2, CE, prescrive la pubblicazione non costituiscono documenti ai sensi degli artt. 2, n. 3, e 3, lett. a), del regolamento n. 1049/2001, in quanto sono già soggetti a un obbligo di pubblicazione a norma del Trattato e pertanto sono pienamente accessibili al pubblico.

 Conclusione

134. Considerato quanto precede, ritengo che le questioni poste dal Verwaltungssenat im Land Niederösterreich debbano essere risolte come segue:

–        I regolamenti che non sono stati pubblicati nella Gazzetta ufficiale, in violazione dell’obbligo di cui all’art. 254, n. 2, CE, sono giuridicamente inesistenti;

–        gli atti per i quali l’art. 254 CE prescrive la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale non costituiscono documenti detenuti da un’istituzione ai sensi degli artt. 2, n. 3, e 3, lett. a), del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione, in quanto sono già soggetti a un obbligo di pubblicazione a norma del Trattato e pertanto sono pienamente accessibili al pubblico.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 30 maggio 2001, n. 1049, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43).


3 – Relativo alla cosiddetta «procedura di codecisione».


4 – Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 16 dicembre 2002, che istituisce norme comuni per la sicurezza dell’aviazione civile (GU L 355, pag. 1).


5 – Una procedura del comitato di regolamentazione.


6 –      Un’autorità designata da ciascuno Stato membro.


7 – Regolamento (CE) della Commissione 4 aprile 2003, n. 622, che stabilisce talune misure di applicazione delle norme di base comuni sulla sicurezza dell’aviazione (GU L 89, pag. 9). L’allegato non pubblicato è stato modificato a più riprese, da ultimo con regolamento (CE) della Commissione 11 gennaio 2008, n. 23 (GU L 9, pag. 12). L’articolato è stato modificato una sola volta con regolamento (CE) della Commissione 13 gennaio 2006, n. 65 (GU L 11, pag. 4), che ha introdotto l’art. 3 bis (concernente nuove metodologie e processi).


8 – Regolamento (CE) della Commissione 13 dicembre 2007, n. 1477 (GU L 329, pag. 22).


9 – «L’allegato» di cui al regolamento (CE) della Commissione 15 gennaio 2004, n. 68 (GU L 10, pag. 14).


10 – Il sesto ‘considerando’ del regolamento n. 1477/2007 enuncia: «Le misure contenute nel presente regolamento non rientrano tra quelle che, a norma dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2320/2002, sono segrete e non sono pubblicate». L’art. 1, seconda frase, dispone infatti che l’art. 3 del regolamento n. 622/2003 non si applica per quanto riguarda la riservatezza «dell’allegato». L’allegato del regolamento è regolarmente pubblicato e dispone quanto segue: «L’appendice 3 è sostituita dalla seguente: “Appendice 3[,] Repubblica di Singapore[,] Aeroporto Changi”». Poiché, contrariamente a quanto assicurato dalla Commissione in udienza, il resto del regolamento n. 622/2003 (come modificato) continua a non essere pubblicato, la dichiarazione di cui all’allegato del regolamento n. 1477/2007 può essere efficacemente definita sibillina.


11 – Si tratta del regolamento indicato dal giudice del rinvio quale regolamento pertinente. In udienza è emerso che ciò dipendeva dal fatto che le modifiche introdotte dal successivo regolamento di modifica [regolamento (CE) 6 giugno 2005, n. 857 (GU L 143, pag. 9), l’ultima modifica prima dell’incidente all’origine del rinvio pregiudiziale)] non ha modificato l’elenco degli articoli vietati di cui all’allegato del regolamento n. 622/2003. Nel prosieguo delle presenti conclusioni farò riferimento semplicemente al «regolamento n. 622/2003 (come modificato)» per indicare la versione del regolamento n. 622/2003 applicabile all’epoca dei fatti. Poiché non è stato pubblicato nessuno degli allegati dei regolamenti successivi (al pari dell’allegato originale del regolamento n. 622/2003), non ho potuto verificare se l’elenco degli articoli vietati sia stato modificato dopo la versione introdotta dall’allegato del regolamento n. 68/2004.


12 –      Una formulazione leggermente diversa, ma di identico contenuto, è stata utilizzata nel terzo ‘considerando’ del regolamento (CE) della Commissione 20 aprile 2007, n. 437 (GU L 104, pag. 16) e nel sesto ‘considerando’ del regolamento (CE) della Commissione n. 915/2007 (GU L 200, pag. 3): «Conformemente al regolamento (CE) n. 2320/2002, le misure di cui all’allegato del regolamento (CE) n. 622/2003 sono considerate riservate e pertanto non sono state pubblicate. La stessa regola si applica necessariamente a tutti gli atti che recano modifiche a detto regolamento».


13 – Regolamento (CE) della Commissione 4 ottobre 2006, n. 1546 (GU L 286, pag. 6).


14 – Può darsi, visto tale ‘considerando’, che l’elenco degli articoli vietati sia stato modificato dall’allegato del regolamento n. 1546/2006. Non ho potuto verificare se sia effettivamente così.


15 – GU 1999, C 73, pag. 1; in prosieguo: l’«accordo interistituzionale sulla qualità redazionale».


16 – V. settimo ‘considerando’.


17 – V. anche sentenza 12 luglio 2005, cause riunite C‑154/04 e C‑155/04, Alliance for Natural Health (Racc. pag. I‑6451, punto 92), che fa riferimento all’accordo interistituzionale.


18 – Le racchette da tennis non sono elencate come tali nell’appendice dell’allegato al regolamento n. 2320/2002, anche se i punti iii), vi) e vii) potrebbero indicare che esse sarebbero utilizzabili come armi e andrebbero quindi vietate.


19 – Non mi pronuncio sulla questione se il fatto che dott. Heinrich si sia imbarcato sull’aeromobile dopo essere stato fermato al punto di controllo costituisse una circostanza diversa (aggravante) o se debba essere considerato parte della questione generale se egli potesse salire sull’aeromobile con le sue racchette da tennis. Si tratta di una questione di competenza del giudice nazionale.


20 – Il dott. Heinrich era presente in udienza, ma non era rappresentato e non ha presentato osservazioni.


21 – Comunicato stampa della Commissione 16 gennaio 2004, IP/04/59, disponibile all’indirizzo Internet http://europa.eu/rapid/pressReleasesAction.do?reference=IP/04/59&format=HTML&aged=1&language=EN&guiLanguage=en. Le racchette da tennis non figurano tra gli articoli vietati di tale elenco. Tuttavia, in mancanza del testo dell’allegato, non pubblicato, è impossibile sapere se l’elenco di cui al comunicato stampa riporti esattamente l’elenco degli articoli vietati contenuto in detto elenco.


22 – Dal fascicolo nazionale risulta tuttavia che il dott. Heinrich non ha viaggiato su aeromobili della Austrian Airlines.


23 – V. sentenza 23 marzo 2006, causa C‑237/04, Enirisorse (Racc. pag. I‑2843, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).


24 – V. sentenza Enirisorse, cit. alla nota 23 (punto 18 e giurisprudenza ivi citata).


25 – Il dott. Heinrich non ha presentato osservazioni scritte né ha svolto osservazioni orali. I fatti esposti nelle sue osservazioni scritte relative al procedimento nazionale (che sono incluse nel fascicolo del giudice nazionale depositato presso la cancelleria), qualora fossero accertati dal giudice nazionale, indicherebbero tuttavia una significativa mancanza di certezza del diritto.


26 – Non sono state sollevate questioni relative all’interpretazione o alla validità del regolamento n. 2320/2002.


27 – Sentenza 21 settembre 2000, causa C‑109/99, ABBOI (Racc. pag. I‑7247, punto 44).


28 – V. sentenza ABBOI, cit. alla nota 27 (punto 45 e giurisprudenza ivi citata).


29 – V. sentenza ABBOI, cit. alla nota 27 (punti 46 e 47).


30 – V., inter alia, sentenze 18 luglio 2007, causa C‑119/05, Lucchini (Racc. pag. I‑6199, punto 43 e giurisprudenza ivi citata), e 15 novembre 2007, causa C‑162/06, International Mail Spain (Racc. pag. I-9911, punto 23).


31 – V., inter alia, sentenze 7 settembre 1998, causa C‑355/97, Beck e Bergdorf (Racc. pag. I‑4977, punti 22‑24); 5 dicembre 2006, cause riunite C‑94/04 e C‑202/04, Cipolla (Racc. pag. I‑11421, punto 25), e 8 novembre 2007, causa C‑379/05, Amurta (Racc. pag. I‑9569, punto 64).


32 – V. sentenza Amurta, cit. alla nota 31 (punto 64 e giurisprudenza ivi citata).


33 – Sentenza 22 ottobre 1987, causa 314/85, Foto‑Frost (Racc. pag. 4199, punti 17‑20), che stabilisce il principio secondo cui solo la Corte può dichiarare l’invalidità di un atto comunitario.


34 – A tale riguardo, il fatto che la Commissione abbia pubblicato un comunicato stampa (v. nota 21) contenente un elenco di articoli vietati (in cui non figurano le racchette da tennis) è interessante, ma privo di rilevanza. Recentemente, nella sentenza 11 dicembre 2007, causa C‑161/06, Skoma‑Lux (Racc. pag. I‑10841, punti 47‑50), la Corte ha espressamente dichiarato che la «pubblicazione» di un regolamento sul sito Internet EUR‑Lex non soddisfa i requisiti di cui all’art. 254 CE (v. anche, infra, paragrafi 88 e 89). A fortiori, la pubblicazione attraverso un comunicato stampa redatto in un numero limitato di lingue ufficiali dell’Unione (inglese, francese e tedesco) non può essere ritenuta adeguata, né rispettosa della certezza del diritto.


35 – Art. 255, n. 2, CE.


36 – V. la sua base giuridica, il quarto ‘considerando’ e l’art. 1, lett. a).


37 – Rispettivamente art. 1, lett. a), b) e c).


38 – V. ordinanza del Tribunale di primo grado 27 ottobre 1999, causa T‑106/99, Meyer/Commissione (Racc. pag. II‑3273): «Lo scopo della decisione 94/90 [un predecessore del regolamento sull’accesso ai documenti] non è rendere accessibili al pubblico, sancendo un diritto di accesso che la Commissione deve rispettare, documenti già accessibili grazie alla loro pubblicazione nella Gazzetta ufficiale» (punto 39).


39 – Per quanto riguarda l’inadeguatezza della pubblicazione su supporto elettronico, v. sentenza Skoma‑Lux, cit. alla nota 34 (punti 47‑50).


40 – Essi contengono, nell’ordine, l’oggetto del regolamento (art. 1), due definizioni (art. 2), il riferimento incrociato all’allegato, che si definisce riservato (art. 3), una norma che autorizza l’impiego di nuove metodologie e processi (art. 3 bis), un obbligo di notifica nel caso in cui, conformemente all’art. 4, n. 3, del regolamento n. 2320/2002, gli Stati membri applicano misure di sicurezza nazionali ai piccoli aeroporti anziché le misure previste dal regolamento (art. 4), un analogo obbligo di notifica nel caso in cui vengano adottate misure compensative a causa dell’impossibilità di separare fisicamente i passeggeri che sono stati sottoposti a controllo da quelli in arrivo (art. 5) e la disposizione standard relativa alla data di entrata in vigore e all’applicabilità diretta (art. 6).


41 – Vale a dire le «misure necessarie per l’applicazione e l’adeguamento tecnico delle norme di base comuni concernenti la sicurezza dell’aviazione che devono essere inserite nei programmi della sicurezza dell’aviazione civile»: v. art. 1, cui fa rinvio l’art. 3. La tecnica adottata integra una palese violazione del punto 22 dell’accordo interistituzionale sulla qualità redazionale, secondo cui un allegato non può prevedere nuovi diritti od obblighi che non siano stati enunciati nell’articolato.


42 – Primo ‘considerando’.


43 – Secondo ‘considerando’.


44 – V. l’accordo interistituzionale sulla qualità redazionale, punti 1, 3, e 22. Sulla rilevanza di tale accordo, v. conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed nella causa Alliance for Natural Health, cit. alla nota 17 (paragrafo 88). La più dettagliata «Guida pratica comune del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione destinata a coloro che partecipano alla redazione di testi legislativi delle istituzioni comunitarie» (in prosieguo: la «GPC», disponibile sulle pagine Internet http://eur-lex.europa.eu/it/techleg/1.htm e segg.) indica analogamente l’importanza di una motivazione chiara e adeguata, soprattutto per quanto riguarda le misure repressive: v. in particolare GPC, punti 10 (in particolare 10.14), 18 e 22.


45 – V. nota 21.


46 – Terzo ‘considerando’ del regolamento n. 68/2004. Il quarto ‘considerando’ riconosce che «tale elenco non può essere esaustivo» e che «occorre quindi consentire all’autorità competente di vietare altri articoli oltre a quelli elencati», aggiungendo subito dopo che «[è] opportuno comunicare chiaramente ai passeggeri, prima e durante la registrazione dei bagagli, quali sono tutti gli articoli proibiti».


47 – Infra, paragrafi 78‑110.


48 – V. sentenze 1° ottobre 1998, causa C‑209/96, Regno Unito/Commissione (Racc. pag. I‑5655, punto 35); 20 maggio 2003, causa C‑108/01, Consorzio del Prosciutto di Parma e Salumificio S. Rita (Racc. pag. I‑5121, punto 89); 21 febbraio 2006, causa C‑255/02, Halifax e a. (Racc. pag. I‑1609, punto  72), e 21 giugno 2007, causa C‑158/06, ROM‑projecten (Racc. pag. I‑5103, punto 25).


49 – V. sentenze 13 febbraio 1996, causa C‑143/93, Van Es Douane Agenten (Racc. pag. I‑431, punto 27); 26 ottobre 2006, causa C‑248/04, Koninklijke Coöperatie Cosun (Racc. pag. I‑10211, punto 79). V. anche, ad esempio, sentenze 25 gennaio 1979, causa 98/78, Racke (Racc. pag. 69, punto 15), e ROM‑projecten, cit. alla nota 48 (punto 25).


50 – V. supra, paragrafi 31 e 50.


51 – V. sentenze 1° dicembre 1965, causa 16/65, Schwarze (Racc. pag. 910, in particolare pag. 922); 3 febbraio 1977, causa 62/76, Strehl (Racc. pag. 211), e 15 ottobre 1980, causa 145/79, SA Roquette Frères (Racc. pag. 2917, punti 6 e 7).


52 – Sentenza SA Roquette Frères, cit. (punto 7).


53 – Sentenza 22 gennaio 1997, causa T‑115/94, Opel Austria/Consiglio (Racc. pag. II‑39).


54 – Punti 127‑133. V. anche punto 124 in generale sul principio della certezza del diritto, il quale esige in particolare che le norme aventi un effetto negativo sui singoli siano chiare e precise e che la loro applicazione sia prevedibile per coloro che vi sono sottoposti [(v. anche, in tal senso, sentenza 15 dicembre 1987, causa 325/85, Irlanda/Commissione (Racc. pag. 5041); Van Es Douane Agenten, cit. alla nota 49 (punto 27); 15 febbraio 1996, causa C‑63/93, Duff e a. (Racc. pag. I‑569, punto 20), e 7 giugno 2005, causa C‑17/03, VEMW e a. (Racc. pag. I‑4983, punto 80)].


55 – V., inter alia, sentenze 13 novembre 1990, 2 ottobre 1997, causa C‑331/88, Fedesa e a. (Racc. pag. I‑4023, punto 45); 2 ottobre 1997, causa C‑259/95, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I‑5303, punto 21); e 28 novembre 2006, causa C‑413/04, Parlamento/Consiglio (Racc. pag. I‑11221, punto 75).


56 – V. sentenze Racke, cit. alla nota 49 (punto 20), e 25 gennaio 1979, causa 99/78, Decker (Racc. pag. 101, punto 8) (entrambe relative a importi compensativi monetari sul commercio dei vini), e 21 febbraio 1991, cause riunite C‑143/88 e C‑92/89, Zuckerfabrik (Racc. pag. I‑415, punto 52) (contributo a carico dei produttori di zucchero per la campagna di commercializzazione precedente). V. anche le «cause isoglucosio»: sentenze 30 settembre 1982, causa 108/81, Amylum/Consiglio (Racc. pag. 3107); 30 settembre 1982, causa 110/81, Roquette Frères/Consiglio (Racc. pag. 3159) e causa 114/81, Tunnel Refineries/Consiglio (Racc. pag. I‑3189).


57 – V. anche sentenza 29 maggio 1974, causa 185/73, König (Racc. pag. 607), in cui la Corte ha dichiarato che il ritardo nella pubblicazione incideva sulla data a decorrere dalla quale il regolamento poteva essere applicato e produrre effetti, ma non sulla sua validità intrinseca (punto 6).


58 – V., analogamente, conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa C‑376/02, «Goed Wonen» (Racc. pag. I‑3445, paragrafi 31 e 35), che parafrasa le sentenze citate supra, nota 55.


59 – Sentenza 20 settembre 1990, causa C‑192/89, Sevince (Racc. pag. I‑3461).


60 – La Corte è stata attenta a distinguere tra le conseguenze per lo Stato membro e quelle per il singolo, precisando che «il difetto di pubblicazione di tali decisioni, se può ostare a che siano imposti obblighi a un singolo, non può privare quest’ultimo della facoltà di far valere, nei confronti di una pubblica autorità, i diritti che tali decisioni gli attribuiscono» (punto 24).


61 – GU 1973, C 113, pag. 1.


62 – V. sentenza 23 novembre 1999, causa C‑149/96, Portogallo/Commissione (Racc. pag. I‑8395). La decisione contestata in detta causa [decisione del Consiglio 26 febbraio 1996, 96/386/CE, concernente la conclusione di memorandum d’intesa tra la Comunità europea e la Repubblica islamica del Pakistan e tra la Comunità europea e la Repubblica indiana in materia di accesso al mercato dei prodotti tessili (GU L 153, pag. 47)] era una decisione priva di uno specifico destinatario. Essa esulava quindi dalla categoria di atti la cui pubblicazione è obbligatoria ai sensi dell’art. 254 CE (a differenza di quanto accadrebbe in base all’art. 297 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea se entrasse in vigore il Trattato di Lisbona). Tuttavia, si trattava chiaramente di un provvedimento che doveva essere pubblicato. È evidente che, in tale contesto, la Corte potesse legittimamente dichiarare che «la pubblicazione tardiva di un atto comunitario nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee è ininfluente sulla validità dell’atto stesso» (punto 54).


63 – Sentenza 8 luglio 1999, causa C‑227/92 P, Hoechst/Commissione (Racc. pag. I‑4443, punti 68, 71 e 72).


64 – Sentenza 18 giugno 2002, causa C-398/00 (Racc. pag. I‑5643).


65 – Punto 33; v. anche sentenza 2 luglio 2002, causa T‑323/00, SAT.1/UAMI (SAT.2) (Racc. pag. II‑2839, punto 12), in cui il Tribunale di primo grado ha dichiarato che, di fatto, non vi era stata alcuna reale infrazione.


66 – V. sentenza 14 luglio 1972, causa 48/69, ICI/Commissione (Racc. pag. 619, punti 39 e 40). V. anche sentenza 28 maggio 1998, cause riunite T‑78/96 e T‑170/96, W/Commissione (Racc. PI pagg. I –A‑239 e II‑745, punto 183).


67 – Cit. alla nota 34.


68 – Punto 33.


69 – V. punti 32‑51 e 60.


70 – V. punti 57‑59.


71 – V. punti 67‑73. La Corte ha lasciato alle autorità nazionali il compito di accertare se tale eccezione fosse applicabile in casi particolari.


72 – V. infra, paragrafo 113.


73 – Sentenza 29 giugno 1988, causa 300/86 (Racc. pag. 3443).


74 – V., ad esempio, sentenze 10 marzo 1992, cause riunite C‑38/90 e C‑151/90, Lomas e a. (Racc. pag. I‑1781, punto 23), e 8 novembre 2001, causa C‑228/99, Silos (Racc. pag. I‑8401, punti 35‑38).


75 – Punti 22‑24.


76 – Le conclusioni dell’avvocato generale Stix‑Hackl nella causa C‑475/03, Banca Popolare di Cremona (Racc. pag. I‑9373, punti 132‑134), forniscono un utile panorama delle situazioni in cui la Corte ha limitato nel tempo gli effetti di una pronuncia pregiudiziale concernente la validità di un provvedimento adottato dalle istituzioni comunitarie. Per un esempio di azioni d’annullamento nel cui ambito la Corte ha mantenuto la validità di parte di una disposizione di diritto comunitario fino all’adozione di una nuova disposizione, v. sentenza 18 ottobre 2007, causa C‑299/05, Commissione/Parlamento e Consiglio (Racc. pag. I‑8695, punti 74 e 75). In quella causa, l’annullamento puro e semplice dell’iscrizione dell’assegno di sussistenza per persone con disabilità (in prosieguo: il «DLA») nell’elenco di cui all’allegato II bis del regolamento (CEE) del Consiglio n. 1408/71, come modificato, avrebbe comportato l’effetto di costringere il Regno Unito ad accordare l’elemento «mobilità» di tale prestazione a un numero indeterminato di beneficiari in tutta l’Unione europea, mentre il carattere di prestazione non contributiva di quella parte del DLA era incontestabile ed essa avrebbe potuto legalmente figurare nell’elenco di cui all’allegato II bis come prestazione non esportabile.


77 – Su ciò che potrebbe fare la Commissione, v. infra, paragrafi 111‑120.


78 – Benché il contenuto dell’elenco degli articoli vietati sia ignoto, è indubbio che l’allegato del regolamento n. 622/2003 contenga tale elenco.


79 – Art. 220 CE (ex art.  164). V. conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa C‑402/05 P, Kadi/Consiglio, presentate il 16 gennaio 2008 (paragrafo 35): «(…) quando i rischi per la pubblica sicurezza sono ritenuti eccezionalmente elevati, particolarmente forte si rivela la spinta ad adottare provvedimenti inosservanti dei diritti individuali (…) in tali situazioni, i giudici dovrebbero ottemperare con accresciuta attenzione al loro dovere di tutelare lo Stato di diritto».


80 – V., in tal senso, sentenze 15 giugno 1994, causa C‑137/92 P, Commissione/BASF e a. (Racc. pag. I‑2555, punto 48); Hoechst, cit. alla nota 63 (punto 69); 8 luglio 1999, causa C‑245/92 P, Chemie Linz/Commissione (Racc. pag. I‑4643, punto 93), e 5 ottobre 2004, causa C‑475/01, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑8923, punto 18).


81 – Sentenze Commissione/BASF, Chemie Linz e Commissione/Grecia, citate alla nota 80 (rispettivamente punti 49, 94 e 19), e Hoechst, cit. alla nota 63 (punto 70).


82 – Sentenze Commissione/BASF, Chemie Linz e Commissione/Grecia, citate alla nota 80 (rispettivamente punti 50, 95 e 20), e Hoechst, cit. alla nota 63 (punto 76). Tra i casi nei quali la Corte ha deciso che l’atto controverso non era inesistente si annoverano le sentenze 12 luglio 1957, cause riunite 7/56 e da 3/57 a 7/57, Dineke Algera e a./Assemblea comune (Racc. pag. 81); 21 febbraio 1974, cause riunite da 15/73 a 33/73, 52/73, 53/73, da 57/73 a 109/73, 116/73, 117/73, 123/73, 132/73 e da 135/73 a 137/73, Roswitha Kortner in Schots e a./Consiglio, Commissione e Parlamento (Racc. pag. 177, punto 33); 26 febbraio 1987, causa 15/85, Consorzio Cooperative d’Abruzzo/Commissione (Racc. pag. 1005, punti 10 e 11) («[s]enza che sia nemmeno necessario pronunciarsi sulla gravità delle irregolarità addotte dalla Commissione, è sufficiente constatare che né l’una né l’altra assumono carattere evidente. Nessuna di esse poteva risultare dalla lettura della decisione»); 30 giugno 1988, causa 226/87, Commissione/Grecia (Racc. pag. 3611, punto 16); 8 luglio 1999, causa C‑199/92 P, Hüls/Commissione (Racc. pag. I‑4287, punti 84‑88), causa C‑200/92 P, ICI/Commissione (Racc. pag. I‑4399, punti 70‑73), e causa C‑235/92 P, Montecatini/Commissione (Racc. pag. I‑4539, punti 96‑100); 30 gennaio 2002, causa C‑107/99, Italia/Commissione (Racc. pag. I‑1091, punto 45); Commissione/Grecia, cit. alla nota 80 (punti 18‑21); sentenza del Tribunale 25 ottobre 2007, e cause riunite T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03, SP e a./Commissione (Racc. pag. I‑53, punto 122).


83 – V., ad esempio, H. Von der Groeben, J. Thiesing e C.‑D. Ehlermann (eds), Kommentar zum EU-/EG-Vertrag, 6. Auflage, Band 4: Art. 189 – 314 (2004), pag. 834, punto 14.


84 – Sentenza 10 dicembre 1957, cause riunite 1/57 e 14/57 (Racc. pag. 197, in particolare pag. 215).


85 – Sentenza del Tribunale 27 febbraio 1992, cause riunite T‑79/89, da T‑84/89 a T‑86/89, T‑89/89, T‑91/89, T‑92/89, T‑94/89, T‑96/89, T‑98/89, T‑102/89 e T‑104/89, BASF e a./Commissione (Racc. pag. II‑315).


86 – Sentenza Commissione/BASF, cit. alla nota 80 (punto 52).


87 – Vale a dire: a) criteri di rendimento e prove di accettazione delle apparecchiature; procedure particolareggiate contenenti informazioni sensibili, e criteri particolareggiati di esenzione dalle misure di sicurezza; b) le specifiche relative al controllo dell’applicazione e c) le relazioni di ispezione e le risposte relative al controllo dell’applicazione. L’art. 8, nn. 2 e 3, prevede inoltre che si debbano considerare riservate, «per quanto possibile e in conformità delle disposizioni nazionali applicabili», le informazioni derivanti dalle relazioni di ispezione e dalle risposte degli Stati membri riguardanti altri Stati membri.


88 – V. nota 87.


89 – «Il Consiglio, con deliberazione a maggioranza qualificata, potrà decidere se, in quale misura e con quale procedura potranno essere prese opportune disposizioni per la navigazione marittima e aerea».


90 – Art. 254, n. 3, CE.


91 – Idem.


92 – Regolamento del Consiglio 29 maggio 1995, n. 1683, che istituisce un modello uniforme per i visti (GU L 164, pag. 1), modificato da ultimo con regolamento (CE) del Consiglio 20 novembre 2006, n. 1791, che adegua taluni regolamenti e decisioni in materia di libera circolazione delle merci, libera circolazione delle persone, diritto delle società, politica della concorrenza, agricoltura (compresa la normativa veterinaria e fitosanitaria), politica dei trasporti, fiscalità, statistiche, energia, ambiente, cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni, unione doganale, relazioni esterne, politica estera e di sicurezza comune e istituzioni, a motivo dell’adesione della Bulgaria e della Romania (GU L 363, pag. 1).


93 – Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione cita autori accademici tedeschi secondo cui le decisioni riguarderebbero solo le singole fattispecie: v., ad esempio, H. Von der Groeben, J. Thiesing, e C.‑D. Ehlermann (eds), Kommentar zum EU-/EG-Vertrag, cit. alla nota 83, pag. 791, punto 43. Altri autori hanno invece sostenuto il contrario: v. J. Bast, «On the Grammar of EU Law: Legal Instruments», Jean Monnet Working Paper 9/03, Heidelberg, 2003, pagg. 65 e 66, consultabile sul sito Internet http://www.jeanmonnetprogram.org/papers/03/030901-05.pdf. V. anche R. Greaves, «The Nature and Binding Effect of Decisions under Article 189 EC», European Law Review, 1996, pagg. 3‑16, il quale osserva che le decisioni indirizzate a tutti gli Stati membri tendono ad avere natura quasi legislativa. Ne è un chiaro esempio la decisione del Consiglio 13 maggio 1965, 65/271/CEE, relativa all’armonizzazione di alcune disposizioni che incidono sulla concorrenza nel settore dei trasporti ferroviari, su strada e per vie navigabili (GU 88 del 24.5.1965, pag. 1500), in discussione nella causa 9/70, Grad, decisa con sentenza 6 ottobre 1970 (Racc. pag. 825).


94 – I governi ceco, polacco e finlandese sostengono che è chiaro che un regolamento non è un documento ai sensi del regolamento sull’accesso ai documenti, mentre i governi austriaco, danese, francese, ellenico, ungherese, svedese e del Regno Unito, nonché il Consiglio e la Commissione, affermano con altrettanta fermezza che è evidente che esso lo sia.


95 – V. supra, paragrafo 49. Ho già attirato l’attenzione sul più ampio contesto degli artt. 254 CE e 255 CE: v. supra, paragrafi 54‑60.


96 – V. supra, paragrafo 58.


97 – V., ad esempio, sentenza 26 aprile 2005, cause riunite T‑110/03, T‑150/03 e T‑405/03, Sison/Consiglio (Racc. pag. II‑1429, punto 92).


98 – V. decimo ‘considerando’. V. anche sentenza 18 dicembre 2007, causa C‑64/05 P, Svezia/Commissione e a. (Racc. pag. I‑11389, punti 55 e 56), e conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella medesima causa (paragrafi 27 e 28).


99 – Art. 3, lett. a).


100 – V., per quanto riguarda l’art. 4, sentenze 1° febbraio 2007, causa C‑266/05 P, Sison/Consiglio (Racc. pag. I‑1233, punto 63), e Svezia/Commissione, cit. alla nota 98 (punto 66).


101 – Infatti, l’art. 4, n. 1, prevede che le istituzioni rifiutino l’accesso ai documenti rientranti nelle categorie ivi indicate. L’art. 9, dopo avere indicato i documenti che costituiscono «documenti sensibili» (art. 9, n. 1), non presenta un verbo principale che non esprima un’istruzione obbligatoria.


102 – Art. 1, lett. a).


103 – Il corsivo è mio.


104 – Art. 13, n. 2; l’art. 13, n. 3, conferisce alle istituzioni l’ulteriore facoltà di estendere la pubblicazione ad altri documenti.


105 – V., in generale, artt. 6, 7, 8 e10. L’art. 12 impone alle istituzioni, «per quanto possibile», di rendere direttamente accessibili i documenti sotto forma elettronica o attraverso un registro. In particolare, «fatti salvi gli articoli 4 e 9, i documenti legislativi, vale a dire i documenti redatti o ricevuti nel corso delle procedure per l’adozione di atti giuridicamente vincolanti negli o per gli Stati membri, dovrebbero essere resi direttamente accessibili».


106 – Il corsivo è mio.