Language of document : ECLI:EU:C:2011:462

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

7 luglio 2011 (*)

«Relazioni esterne – Accordi di associazione – Normativa nazionale che, prima dell’adesione della Repubblica di Bulgaria all’Unione europea, escludeva i cittadini bulgari dall’iscrizione all’albo degli avvocati praticanti – Compatibilità di una siffatta normativa con il divieto di qualsiasi discriminazione basata sulla cittadinanza, per quanto riguarda le condizioni di lavoro, previsto dall’accordo di associazione CE-Bulgaria»

Nel procedimento C‑101/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dall’Oberste Berufungs- und Disziplinarkommission (Austria), con decisione 18 gennaio 2010, pervenuta in cancelleria il 23 febbraio 2010, nella causa

Gentcho Pavlov,

Gregor Famira

contro

Ausschuss der Rechtsanwaltskammer Wien,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. J.-C. Bonichot, presidente di sezione, dal sig. L. Bay Larsen (relatore), dalle sig.re C. Toader, A. Prechal e dal sig. E. Jarašiūnas, giudici, 

avvocato generale: sig. P. Mengozzi,

cancelliere: sig. K. Malacek, amministratore,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 gennaio 2011,

considerate le osservazioni presentate:

–        per i sigg. Pavlov e Famira, dagli avv.ti R. Keisler e S. Werinos, Rechtsanwälte,

–        per il governo austriaco, dai sigg. E. Riedl e G. Holley, in qualità di agenti,

–        per la Commissione europea, dai sigg. F. Erlbacher e G. Braun, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 marzo 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 38, n. 1, primo trattino, dell’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da un lato, e la Repubblica di Bulgaria, dall’altro, concluso e approvato a nome delle Comunità con decisione del Consiglio e della Commissione 19 dicembre 1994, 94/908/CE, CECA, Euratom (GU L 358, pag. 1; in prosieguo: l’«accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Pavlov, cittadino bulgaro, e il sig. Famira, avvocato a Vienna, da un lato, e l’Ausschuss der Rechtsanwaltskammer Wien (commissione dell’Ordine degli avvocati di Vienna), dall’altro, in merito al rigetto da parte di quest’ultima della domanda volta ad ottenere, da una parte, l’iscrizione del sig. Pavlov all’albo degli avvocati praticanti e, dall’altra, un certificato di abilitazione alla rappresentanza in giudizio a favore di quest’ultimo.

 Contesto normativo

 Il diritto dell’Unione

 L’accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria

3        Ai sensi dell’art. 7, n. 1, dell’accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria «[l’]associazione prevede un periodo transitorio della durata massima di dieci anni diviso in due fasi successive, che in linea di principio durano cinque anni ciascuna. La prima fase inizia all’entrata in vigore del presente accordo». Il predetto accordo d’associazione è entrato in vigore il 1° febbraio 1995.

4        L’art. 38, n. 1, dell’accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria, contenuto nel titolo IV di quest’ultimo, intitolato «Circolazione dei lavoratori, stabilimento, prestazione di servizi», capitolo I, dedicato alla circolazione dei lavoratori, così dispone:

«Nel rispetto delle condizioni e modalità applicabili in ciascuno Stato membro:

–        il trattamento accordato ai lavoratori di nazionalità bulgara legalmente occupati nel territorio di uno Stato membro è esente da qualsiasi discriminazione basata sulla nazionalità, per quanto riguarda le condizioni di lavoro, di retribuzione o di licenziamento, rispetto ai cittadini di quello Stato,

(…)».

5        L’art. 42, n. 1, del suddetto accordo di associazione prevede quanto segue:

«1. Tenendo conto della situazione del mercato del lavoro nello Stato membro, nel rispetto della sua legislazione e delle regole in vigore in quello Stato membro in materia di mobilità dei lavoratori:

–        si dovrebbero mantenere e, se possibile, ampliare le agevolazioni esistenti per l’accesso all’occupazione dei lavoratori bulgari accordate dagli Stati membri ai sensi di accordi bilaterali;

–        gli altri Stati membri considerano favorevolmente l’opportunità di concludere accordi analoghi».

6        L’art. 45, n. 1, dello stesso accordo di associazione, che figura nel titolo IV, capitolo II, di quest’ultimo, intitolato «Stabilimento», così recita:

«A partire dall’entrata in vigore del presente accordo, ciascuno Stato membro accorda un trattamento non meno favorevole di quello accordato alle proprie società e ai propri cittadini per lo stabilimento di società e cittadini bulgari e per le attività di società e cittadini bulgari stabiliti sul suo territorio, fatta eccezione per i settori specificati nell’allegato XVa».

7        L’art. 47 dell’accordo di associazione in esame, contenuto in suddetto capitolo II, dispone quanto segue:

«Al fine di rendere più agevole per i cittadini della Comunità e della Bulgaria l’avviamento e lo svolgimento di attività professionali regolamentate rispettivamente in Bulgaria e nella Comunità, il Consiglio di associazione valuta le iniziative da prendere per permettere il reciproco riconoscimento dei titoli professionali. Il Consiglio di associazione può adottare tutte le misure necessarie a tal fine».

8        L’art. 59, n. 1, dell’accordo di associazione di cui trattasi, che compare nel titolo IV, capitolo IV, di quest’ultimo, intitolato «Disposizioni generali», così recita:

«Ai fini del titolo IV, il presente accordo non impedisce in alcun modo alle Parti di applicare le rispettive leggi e disposizioni in materia di ingresso e soggiorno, lavoro, condizioni di lavoro e stabilimento delle persone fisiche, nonché di prestazione dei servizi, a condizione che, così facendo, esse non le applichino in modo da vanificare o compromettere i benefici spettanti all’una o all’altra ai sensi di una specifica disposizione del presente accordo (…)».

 La normativa nazionale

9        Le disposizioni che disciplinano la professione forense e l’accesso a tale professione sono contenute, rispettivamente, nella legge sull’esame di accesso alla professione di avvocato (Rechtsanwaltsprüfungsgesetz BGBl. 556/1985, nella sua versione pubblicata nel BGBl. 71/1999, applicabile alla controversia di cui trattasi; in prosieguo: il «RAPG»), nonché nel regolamento austriaco relativo alla professione forense (Österreichische Rechtsanwaltsordnung RGBl. 96/1868, nella versione pubblicata nel BGBl. 128/2004, applicabile alla controversia principale; in prosieguo: la «RAO»).

 Il RAPG

10      Le disposizioni del RAPG rilevanti ai fini della controversia principale sono del seguente tenore:

«Articolo 1

L’esame di avvocato è inteso ad accertare le capacità e le conoscenze del candidato, necessarie per l’esercizio della professione forense, in particolare la sua abilità nell’istruire e curare le questioni pubbliche e private affidate ad un avvocato, nonché la sua capacità di redigere atti e perizie giudiziarie nonché di esporre in modo ordinato, per iscritto e verbalmente, una situazione in fatto e in diritto.

Articolo 2

1)      L’esame di avvocato può essere sostenuto dopo avere conseguito il dottorato in scienze giuridiche («Doktorat der Rechte») ovvero, per i titolari di un Diplomstudium ai sensi della legge 2 marzo 1978, (...) sullo studio universitario delle scienze giuridiche, il Magisterium der Rechtswissenschaften e dopo una pratica triennale, di cui almeno nove mesi presso un organo giudiziario e almeno due anni presso lo studio di un avvocato.

 (…)».


 La RAO

11      Le disposizioni della RAO pertinenti ai fini della controversia principale sono redatte nei seguenti termini:

«Articolo 1

1)      Ai fini dell’esercizio della professione forense in [Austria] non è necessaria una nomina da parte di un’autorità, bensì semplicemente la prova del possesso dei seguenti requisiti e l’iscrizione nell’albo degli avvocati (articoli 5 e 5a).

(…)

2)      I requisiti sono i seguenti:

a)      la cittadinanza austriaca;

(…)

d)      la pratica nelle modalità e per la durata stabilita dalla legge;

e)      il superamento dell’esame di abilitazione alla professione di avvocato;

(…)

3)      La cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea o di un altro Stato contraente dell’Accordo sullo Spazio economico europeo o della Confederazione svizzera è considerato equivalente alla cittadinanza austriaca.

Articolo 2

1)      La pratica necessaria ai fini dell’esercizio della professione di avvocato deve constare nell’esercizio di attività della professione forense presso un tribunale o una procura e presso un avvocato; (...) La pratica presso un avvocato è computabile solo qualora sia svolta come attività professionale principale e senza pregiudizio da parte di un’altra attività professionale (…)

2)      La pratica nell’accezione del n. 1, dura cinque anni. Di questi almeno nove mesi devono essere effettuati in Austria presso un ufficio giudiziario giudicante o una procura e almeno tre anni presso un avvocato.

(…)

Articolo 15

1)      Qualora la legge prescriva il patrocinio legale obbligatorio, l’avvocato può farsi rappresentare dinanzi a tutte le giurisdizioni e a tutte le autorità, assumendosene la responsabilità, da un avvocato praticante, autorizzato alla sostituzione, che svolga la pratica presso il suo studio; un avvocato praticante non può tuttavia firmare memorie indirizzate a organi giurisdizionali o ad autorità.

2)      È autorizzato alla sostituzione un avvocato praticante che abbia superato l’esame di abilitazione alla professione forense. (…)

3)      Qualora la legge non prescriva il patrocinio legale obbligatorio, l’avvocato può farsi rappresentare dinanzi a tutte le giurisdizioni e le autorità, assumendosene la responsabilità, da un altro avvocato praticante che svolga la pratica presso il suo studio; un avvocato praticante non può tuttavia firmare memorie indirizzate a organi giurisdizionali o ad autorità.

4)      La commissione dell’Ordine degli avvocati è tenuta a rilasciare certificati di legittimazione ai praticanti che svolgano la pratica presso un avvocato, da cui risulti l’autorizzazione alla sostituzione ai sensi del n. 2 [“groβe Legitimationsurkunde”] o l’autorizzazione alla rappresentanza ai sensi del n. 3 [“kleine Legitimationsurkunde”].

(…)

Articolo 30

1)      Ai fini dell’iscrizione nell’albo degli avvocati praticanti, al momento dell’inizio della pratica presso un avvocato, deve esserne data comunicazione alla commissione [dell’Ordine] unitamente all’attestazione del possesso della cittadinanza austriaca e del possesso dei requisiti prescritti per l’accesso alla pratica forense; la suddetta pratica è computata solo a partire dal giorno di ricezione della suddetta comunicazione. 

(…)

4)      Gli interessati hanno diritto di presentare ricorso presso l’Oberste Berufungs‑ und Disziplinarkommission (commissione superiore d’appello e disciplinare degli avvocati) avverso il diniego di iscrizione all’albo degli avvocati praticanti, la radiazione dal suddetto albo e il diniego di omologazione della pratica forense. (…)

5)      La cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione europea o di un altro Stato contraente dell’Accordo sullo Spazio economico europeo o della Confederazione svizzera è considerata equivalente alla cittadinanza austriaca».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

12      Il sig. Pavlov ha concluso i suoi studi di scienze giuridiche a Vienna nel 2002. Dal 2004, egli è assunto alle dipendenze dello studio legale del sig. Famira, avvocato stabilito a Vienna. Il sig. Pavlov è titolare di un permesso di soggiorno austriaco e di un permesso di stabilimento ai sensi del diritto austriaco, che gli consentono di accedere ad un impiego e di svolgere quest’ultimo su tutto il territorio austriaco. Il sig. Famira è titolare di un permesso, rilasciato dall’ufficio di collocamento, che lo autorizzava ad assumere il sig. Pavlov come avvocato praticante dipendente per il periodo dal 1° gennaio al 31 dicembre 2004.

13      Il 2 gennaio 2004, i sigg. Famira e Pavlov hanno chiesto l’iscrizione di quest’ultimo nell’albo degli avvocati praticanti. Essi hanno contemporaneamente chiesto, a favore di quest’ultimo, il rilascio di un certificato di abilitazione alla rappresentanza in giudizio («kleine Legitimationsurkunde»), ai sensi dell’art. 15, n. 3, della RAO.

14      Con ordinanza 6 aprile 2004, la seconda sezione dell’Ausschuss der Rechtsanwaltskammer Wien ha respinto tale domanda con la motivazione che il sig. Pavlov non era in possesso del requisito della cittadinanza di cui all’art. 30, nn. 1 e 5, della RAO. L’impugnazione proposta avverso suddetta ordinanza è stata respinta il 15 giugno 2004 dal predetto Ausschuss in seduta plenaria.

15      Con ordinanza 1° agosto 2006, l’Oberste Berufungs‑ und Disziplinarkommission ha respinto l’appello interposto dai sigg. Pavlov e Famira contro l’ordinanza 15 giugno 2004, adducendo che, essendo la professione di avvocato una professione regolamentata, essa dispiegherebbe i suoi effetti anche nei confronti degli avvocati praticanti. Essa ha statuito che, ai termini dell’accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria, le discriminazioni sono vietate unicamente per quanto riguarda le condizioni di lavoro, ma che, per quanto attiene all’accesso alle professioni regolamentate, gli Stati che hanno concluso tale accordo mantengono la possibilità di prevedere limitazioni.

16      L’8 ottobre 2007, il Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale) ha annullato l’ordinanza 1° agosto 2006 e ha rinviato la causa dinanzi all’Oberste Berufungs- und Disziplinarkommission, con la motivazione che quest’ultima non aveva adito in via pregiudiziale la Corte di giustizia dell’Unione europea con una questione di interpretazione delle disposizioni rilevanti dell’accordo di associazione di cui trattasi, così violando il diritto dei ricorrenti ad un procedimento dinanzi al giudice naturale, quale garantito dalla Costituzione nazionale.

17      Con ordinanza 17 aprile 2008, l’Oberste Berufungs- und Disziplinarkommission ha annullato le ordinanze dell’Ausschuss der Rechtsanwaltskammer Wien del 6 aprile e del 15 giugno 2004, in considerazione della mutata situazione giuridica determinata dall’adesione della Repubblica di Bulgaria all’Unione, la quale aveva preso effetto il 1° gennaio 2007. Ritenendo che, a partire da tale data, le condizioni previste dall’art. 30, nn. 1 e 5, della RAO fossero soddisfatte, essa ha rinviato la causa dinanzi al suddetto Ausschuss affinché questo statuisse nuovamente con un supplemento d’istruttoria.

18      Il 2 luglio 2009, il Verfassungsgerichtshof ha annullato l’ordinanza 17 aprile 2008, adducendo che l’adesione della Repubblica di Bulgaria all’Unione non aveva per nulla modificato il fatto che gli anni 2004‑2006 fossero significativi per il sig. Pavlov poiché, da una parte, egli può sostenere l’esame di abilitazione alla professione di avvocato solo dopo aver effettuato una pratica almeno biennale presso un avvocato e, dall’altra, per essere iscritti all’albo degli avvocati, occorre provare di aver svolto una pratica almeno triennale presso un avvocato. Pertanto, per risolvere la questione relativa agli anni 2004‑2006, era necessario, conformemente alla decisione 8 ottobre 2007 dello stesso giudice, adire la Corte in via pregiudiziale con una questione di interpretazione dell’art. 38 dell’accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria.

19      Ciò premesso, l’Oberste Berufungs- und Disziplinarkommission ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, nel periodo compreso fra il 2 gennaio 2004 e il 31 dicembre 2006, l’art. 38, n. 1, dell’[Accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria] dovesse essere direttamente applicato nell’ambito del procedimento per l’iscrizione di un cittadino bulgaro nell’albo degli avvocati praticanti.

In caso di soluzione affermativa della prima questione:

2)      Se l’art. 38, n. 1, dell’[Accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria] ostasse, da un lato, all’applicazione dell’art. 30, nn. 1 e 5, della [RAO] – secondo cui uno dei requisiti per la registrazione è costituito, fra l’altro, dalla prova della cittadinanza austriaca o di una cittadinanza equivalente – alla domanda di iscrizione all’albo degli avvocati praticanti austriaci presentata il 2 gennaio 2004 da un cittadino bulgaro in servizio presso un avvocato austriaco nonché alla richiesta di emissione di un certificato di abilitazione alla rappresentanza in giudizio ai sensi dell’art. 15, n. 3, della [RAO] e, dall’altro, al rigetto della domanda fondato esclusivamente sulla cittadinanza, nonostante la sussistenza degli altri requisiti e di un permesso di stabilimento e di lavoro rilasciato solo per l’Austria».

 Sulle questioni pregiudiziali

20      Con le sue due questioni, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se, prima dell’adesione della Repubblica di Bulgaria all’Unione, il divieto di discriminazione, sancito dall’art. 38, n. 1, primo trattino, dell’accordo di associazione con quest’ultima, ostasse ad una normativa di uno Stato membro, come quella contenuta nell’art. 30, nn. 1 e 5, della RAO, in forza della quale un cittadino bulgaro, a causa di un requisito relativo alla cittadinanza imposto da tale normativa, non poteva ottenere la sua iscrizione all’albo degli avvocati praticanti né, di conseguenza, un certificato di abilitazione alla rappresentanza in giudizio.

21      Dalla formulazione dell’art. 38, n. 1, primo trattino, dell’accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria emerge che il divieto sancito da questa disposizione osta a qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza, di cui l’interessato, già legalmente occupato, potrebbe essere oggetto per quanto riguarda le sue condizioni di lavoro, di retribuzione o di licenziamento.

22      A tal riguardo, il sig. Pavlov sostiene che l’iscrizione all’albo degli avvocati praticanti riguarda le condizioni di lavoro di tale professione e che il diniego di iscrizione al predetto albo, fondato sulla cittadinanza, oppostogli a norma dell’art. 30, nn. 1 e 5, della RAO configura quindi una discriminazione vietata dall’art. 38, n. 1, primo trattino, dell’accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria.

23      Dalle informazioni fornite alla Corte dal giudice del rinvio si evince che, ai sensi della normativa nazionale in esame nella causa principale, l’accesso alla pratica è necessariamente legato all’iscrizione all’albo degli avvocati praticanti e che tale iscrizione costituisce dunque una condizione di accesso al tirocinio forense. Prima di essere iscritto a detto albo, l’interessato può lavorare legalmente soltanto come giurista e non come avvocato praticante.

24      Va aggiunto che l’esercizio delle attività svolte da un avvocato praticante, pur potendo rientrare in un rapporto di lavoro come avviene nella causa principale, costituisce altresì la parte pratica della formazione necessaria per l’accesso alla professione regolamentata di avvocato (v., in tal senso, sentenza 13 novembre 2003, causa C‑313/01, Morgenbesser, Racc. pag. I‑13467, punto 51).

25      Pertanto, si deve concluderne che suddetta iscrizione all’albo degli avvocati praticanti costituisce una condizione di accesso alla professione regolamentata di avvocato, di cui trattasi nella causa principale.

26      È quindi necessario accertare se il divieto di discriminazione fondato sulla cittadinanza, sancito dall’art. 38, n. 1, primo trattino, dell’accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria, si estenda a norme di accesso alla professione regolamentata di avvocato come quelle in esame nella causa principale.

27      Va evidenziato che l’accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria non contiene alcun elemento che consenta di dedurre dall’art. 38, n. 1, primo trattino, del medesimo accordo o da altre disposizioni di quest’ultimo, la volontà delle parti contraenti di eliminare qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza per quanto riguarda l’accesso dei cittadini bulgari alle professioni regolamentate. A tal proposito, occorre inoltre tener conto del fatto che tale disposizione è inserita nel titolo IV del citato accordo, capitolo I, rubricato «Circolazione dei lavoratori», mentre lo stesso accordo menziona le professioni regolamentate al suo art. 47, contenuto nel capitolo II dello stesso accordo, dedicato allo stabilimento e che tratta dell’accesso alle professioni regolamentate senza imporre a tal riguardo un obbligo di non discriminazione fondata sulla cittadinanza.

28      Ne consegue che il divieto di discriminazione enunciato all’art. 38, n. 1, primo trattino, dell’accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria deve essere interpretato nel senso che esso non si estende a norme nazionali riguardanti l’accesso alla professione regolamentata di avvocato, come quelle in esame nella causa principale. Pertanto, non si può considerare che l’iscrizione all’albo degli avvocati praticanti che, come specificato al punto 25 della presente sentenza, costituisce una condizione di accesso alla professione regolamentata di avvocato, configuri una condizione di lavoro ai sensi del suddetto art. 38, n. 1, primo trattino.

29      Per quanto attiene al permesso di soggiorno e al permesso di lavoro, invocati dal sig. Pavlov come conferentigli accesso al tirocinio forense, è sufficiente constatare che spetta al giudice del rinvio verificare se tali permessi, rilasciati dalle autorità dello Stato membro ospitante, secondo la normativa nazionale costituiscano decisioni aventi una siffatta portata e che consentono, di per sé stesse, l’accesso alla professione forense.

30      Dalle considerazioni che precedono emerge che le questioni sollevate dal giudice del rinvio vanno risolte dichiarando che il divieto di discriminazione sancito dall’art. 38, n. 1, primo trattino, dell’accordo di associazione con la Repubblica di Bulgaria, deve essere interpretato nel senso che esso non ostava, prima dell’adesione di quest’ultima all’Unione, ad una normativa di uno Stato membro, come quella contenuta nell’art. 30, nn. 1 e 5, della RAO, nella versione applicabile alla controversia principale, in forza della quale un cittadino bulgaro, a causa di un requisito relativo alla cittadinanza imposto da tale normativa, non poteva ottenere la sua iscrizione all’albo degli avvocati praticanti né, di conseguenza, un certificato di abilitazione alla rappresentanza in giudizio.

 Sulle spese

31      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

Il divieto di discriminazione sancito dall’art. 38, n. 1, primo trattino, dell’accordo europeo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da un lato, e la Repubblica di Bulgaria, dall’altro, concluso e approvato a nome delle Comunità con decisione del Consiglio e della Commissione 19 dicembre 1994, 94/908/CE, CECA, Euratom, deve essere interpretato nel senso che esso non ostava, prima dell’adesione della Repubblica di Bulgaria all’Unione europea, ad una normativa di uno Stato membro, come quella contenuta nell’art. 30, nn. 1 e 5, del regolamento austriaco relativo alla professione forense (Österreichische Rechtsanwaltsordnung), nella versione applicabile alla controversia principale, in forza della quale un cittadino bulgaro, a causa di un requisito relativo alla cittadinanza imposto da tale normativa, non poteva ottenere la sua iscrizione all’albo degli avvocati praticanti né, di conseguenza, un certificato di abilitazione alla rappresentanza in giudizio.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.