Language of document : ECLI:EU:C:2013:643

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 3 ottobre 2013 (1)

Causa C‑365/12 P

Commissione

contro

EnBW Energie Baden‑Württemberg

«Impugnazione – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Accesso ai documenti delle istituzioni – Domanda di accesso al fascicolo amministrativo relativo ad un procedimento ai sensi dell’articolo 81 CE e dell’articolo 53 dell’Accordo SEE – Rifiuto ex articolo 4, paragrafo 2, del regolamento CE n. 1049/2001 – Accesso ad informazioni fornite nell’ambito di un programma di trattamento favorevole – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Interpretazione estensiva dei regimi di accesso ai documenti delle istituzioni»





1.        La presente impugnazione è stata proposta dalla Commissione avverso la sentenza del Tribunale del 22 maggio 2012, EnBW Energie Baden‑Württemberg/Commissione (2), che ha disposto l’annullamento della decisione della Commissione del 16 giugno 2008 (3), con cui veniva respinta una domanda di accesso a determinati documenti sulla base del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (4). In pratica, si richiedevano tutti i documenti prodotti in un procedimento in materia di intese sanzionate dalla Commissione ai sensi dell’articolo 101 TFUE (5).

2.        Le questioni sollevate consentono alla Corte di giustizia di pronunciarsi sull’interazione del regolamento n. 1049/2001 con il terzo elemento costitutivo del diritto della concorrenza, ossia i cartelli o intese, come è avvenuto in passato in relazione agli aiuti di Stato (causa Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau) (6) ed ai procedimenti di concentrazione (causa Commissione/Agrofert Holding) (7). La questione di merito sollevata nel presente procedimento consiste fondamentalmente nello stabilire se la dottrina stabilita in relazione agli altri due elementi del diritto della concorrenza risulti applicabile anche nel caso delle intese, e più in particolare, in relazione ai cosiddetti «programmi di trattamento favorevole».

I –    Contesto normativo

3.        Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 «[l]e istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela» inter alia degli «interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale (…) [e degli] obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione».

4.        A tenore dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001, «[l’]accesso a un documento contenente riflessioni per uso interno, facenti parte di discussioni e consultazioni preliminari in seno all’istituzione interessata, viene rifiutato anche una volta adottata la decisione, qualora la divulgazione del documento pregiudicherebbe seriamente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione».

5.        Il regolamento (CE) n. 1/2003 (8), che agli articoli da 17 a 22 definisce i poteri di indagine della Commissione nei procedimenti in materia di concorrenza, all’articolo 27, paragrafo 2, dispone quanto segue:

«Nel corso del procedimento sono pienamente garantiti i diritti di difesa delle parti interessate. Esse hanno diritto d’accesso al fascicolo della Commissione, fermo restando il legittimo interesse delle imprese alla tutela dei propri segreti aziendali. Sono esclusi dal diritto di accesso le informazioni riservate e i documenti interni della Commissione e delle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Sono esclusi specificamente dal diritto di accesso gli scambi di corrispondenza fra la Commissione e le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri o fra queste ultime, compresi i documenti redatti ai sensi degli articoli 11 e 14. Nessuna disposizione del presente paragrafo può impedire alla Commissione la divulgazione e l’utilizzo delle informazioni necessarie a dimostrare l’esistenza di un’infrazione».

6.        L’articolo 28, paragrafo 1, dello stesso regolamento n. 1/2003 dispone che, con l’eccezione dello scambio di informazioni tra le autorità garanti della concorrenza degli Stati membri e della cooperazione della Commissione con le autorità giurisdizionali nazionali «le informazioni raccolte ai sensi degli articoli da 17 a 22 possono essere utilizzate soltanto per lo scopo per il quale sono state assunte».

7.        A sua volta, lo stesso articolo 28, al paragrafo 2, dispone che «la Commissione e le autorità degli Stati membri garanti della concorrenza nonché i loro funzionari, agenti e altre persone che lavorano sotto il controllo di dette autorità così come i funzionari e gli agenti di altre autorità degli Stati membri sono tenuti a non divulgare le informazioni acquisite o scambiate in applicazione del presente regolamento e che, per la loro natura, sono protette dal segreto d’ufficio. Questo obbligo è valido anche per tutti i rappresentanti e gli esperti degli Stati membri partecipanti alle riunioni del Comitato consultivo (…)».

8.        La disciplina dell’accesso al fascicolo e del trattamento delle informazioni riservate nei procedimenti di concorrenza è contenuta negli articoli 15 e 16 del regolamento (CE) n. 773/2004 (9).

II – Fatti

9.        La EnBW Energie Baden‑Württemberg (in prosieguo: la «EnBW») è un’impresa distributrice di energia, che ritiene di essere stata pregiudicata dalla messa in atto di un cartello tra produttori di apparecchiature di comando con isolamento in gas, sanzionato dalla Commissione in applicazione dell’articolo 101 TFUE.

10.      Il 9 novembre 2007 la ricorrente ha chiesto alla Commissione, invocando il regolamento (CE) n. 1049/2001, l’accesso a tutti i documenti relativi al procedimento in parola.

11.      La domanda è stata respinta definitivamente con decisione del 16 giugno 2008 (in prosieguo: la «decisione controversa»). Con tale decisione la Commissione ha classificato i documenti richiesti nelle seguenti cinque categorie:

1)      documenti forniti nell’ambito di una domanda di immunità o di trattamento favorevole;

2)      richieste di informazioni e risposte delle parti a tali richieste;

3)      documenti ottenuti nel corso delle ispezioni, cioè documenti sequestrati nel corso dei sopralluoghi nei locali delle imprese interessate;

4)      comunicazione degli addebiti e risposte delle parti;

5)      documenti interni:

a)      documenti relativi ai fatti (note di merito sulle conclusioni da trarre dalle prove raccolte; corrispondenza con altre autorità di concorrenza; consultazioni di altri servizi della Commissione);

b)      documenti procedurali (mandati di ispezione, processi verbali di ispezione, rapporti di ispezione, estratti dei documenti ottenuti nel corso delle ispezioni, documenti relativi alla notifica di taluni documenti e note agli atti).

12.      La Commissione ha spiegato che ciascuna di tali categorie rientrava nell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 (pregiudizio agli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile). I documenti compresi nelle categorie da 1 a 4 rientravano inoltre nell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino (pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica), mentre i documenti compresi nella categoria 5, lettera a), rientravano nell’eccezione prevista al citato articolo 4, paragrafo 3 (pregiudizio al processo decisionale dell’istituzione).

13.      Avverso detta decisione, la EnBW ha proposto un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale (causa T‑344/08). La ricorrente è stata supportata dal Regno di Svezia.

14.      Il Tribunale ha accolto il ricorso della EnBW con sentenza del 22 maggio 2012 (in prosieguo: la «sentenza impugnata»).

III – La sentenza del Tribunale

15.      Il Tribunale ha concluso, in primo luogo, che la Commissione aveva commesso un errore manifesto di valutazione, considerando che i documenti rientranti nella categoria 5, lettera b) non erano compresi nella domanda di accesso della EnBW (punti da 32 a 37 della sentenza impugnata).

16.      Il Tribunale ha poi analizzato se esistevano le condizioni che permettono di derogare all’obbligo di esame specifico e concreto del contenuto dei documenti richiesti (punti da 44 a 112). In proposito, il Tribunale ha statuito che la presunzione generale di rifiuto invocata dalla Commissione vige soltanto nel corso del procedimento in cui si inseriscono i documenti richiesti (10). Dopo la conclusione del procedimento, come avveniva nella fattispecie, si doveva pertanto procedere ad un’analisi concreta e specifica di ciascun documento richiesto (punti da 56 a 63).

17.      Di seguito, il Tribunale si è concentrato sulla questione se la Commissione avesse agito correttamente allorché aveva esaminato i documenti raggruppandoli in categorie (punti da 64 a 112). Secondo il giudizio del Tribunale, le categorie 1, 2, 4 e 5, lettera a), erano ininfluenti ai fini dell’esame della domanda di accesso, in quanto non esistevano effettive differenze tra i documenti rientranti in ognuna di esse. Solamente la categoria 3 (documenti sequestrati durante le ispezioni effettuate nei locali commerciali delle imprese interessate) sarebbe stata utile al fine di valutare la possibilità di applicare l’eccezione stabilita dall’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino (tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile). Di conseguenza, il Tribunale ha annullato la decisione controversa, nella misura in cui aveva rifiutato l’accesso ai documenti rientranti nelle categorie 1, 2, 4 e 5, lettera a).

18.      Ciononostante, ad abundantiam, il Tribunale ha altresì esaminato il rifiuto dell’accesso ai documenti compresi nelle categorie 1, 2, 4 e 5, lettera a) (punti da 113 a 176), giungendo alla conclusione che la tutela degli obiettivi delle attività ispettive non poteva giustificare il rifiuto dell’accesso ai documenti delle categorie da 1 a 4 e 5, lettera a), poiché, nella fattispecie, di trattava di un procedimento già chiuso e non vi erano ragioni che giustificassero un trattamento diverso dei procedimento in materia di concorrenza (punti da 113 a 130).

19.      Inoltre, a parere del Tribunale, la Commissione non aveva dimostrato che l’accesso ai documenti poteva pregiudicare gli interessi commerciali delle imprese interessate (articolo 4, paragrafo 2, primo trattino), non essendo sufficiente, a tal fine, l’esame specifico effettuato quando il procedimento era in corso (punti da 131 a 150).

20.      Infine, il Tribunale ha ritenuto che la Commissione avesse commesso un errore applicando ai documenti compresi nella categoria 5, lettera a), in maniera generale ed astratta, l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma (pareri destinati ad un uso interno) (punti da 151 a 170).

IV – Il ricorso d’impugnazione

21.      Il 31 luglio 2012 la Commissione ha proposto un ricorso d’impugnazione avverso la sentenza del Tribunale.

22.      Con il suo ricorso la Commissione chiede al Tribunale di pronunciarsi su cinque questioni. In primo luogo, in merito alle considerazioni ed ai principi generali di cui tenere conto ai fini di un’interpretazione del regolamento n. 1049/2001 che, essendo in armonia con le disposizioni relative ad un settore come quello della concorrenza, non pregiudichi l’efficacia di queste ultime. In secondo luogo, si interroga la Corte sulla possibilità che l’accesso ai documenti relativi ad un procedimento in materia di cartelli venga rifiutato sulla base della presunzione generale che impone di proteggere tali documenti. Le questioni terza e quarta si riferiscono alla portata della tutela degli obiettivi delle attività ispettive, da un lato, e degli interessi commerciali, dall’altro. La quinta ed ultima questione ha ad oggetto le condizioni in cui la Commissione può rifiutare l’accesso ai documenti interni anche dopo aver adottato una decisione.

23.      Ognuna di tali questioni si articola intorno ad altrettanti motivi d’impugnazione e segnatamente: 1) errore di diritto per aver ignorato la necessità di un’interpretazione armoniosa del regolamento n. 1049/2001, al fine di garantire la piena efficacia delle disposizioni relative ad altri settori; 2) errore di diritto, per aver negato l’esistenza di una presunzione generale applicabile ad un gruppo di documenti relativi ad un procedimento in materia di cartelli; 3) errata interpretazione della portata della tutela degli obiettivi delle attività ispettive; 4) errata interpretazione della portata della tutela degli interessi commerciali; 5) errata interpretazione delle condizioni alle quali la Commissione può rifiutare l’accesso ad un documento, anche dopo la conclusione del procedimento decisionale.

24.      Il quinto motivo d’impugnazione si suddivide in tre parti di natura accessoria: A) errata interpretazione della nozione di «documento contenente riflessioni per uso interno, facenti parte di discussioni e consultazioni preliminari», di cui all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001; B) errata constatazione del mancato apporto, da parte della Commissione, di prove attestanti che i documenti appartenenti alla categoria 5, lettera a), contenevano riflessioni per uso interno; C) errata interpretazione dell’obbligo di motivazione stabilito all’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma.

25.      La Commissione chiede l’annullamento della sentenza impugnata ed il rigetto del ricorso nella causa T‑344/08.

V –    Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

26.      Sono intervenuti, presentando osservazioni scritte, il governo svedese, a sostegno della EnBW, e la ABB e la Siemens, a sostegno della Commissione.

27.      Con ordinanza del Presidente della Corte di giustizia del 19 febbraio 2013 sono state respinte, per mancanza di un interesse diretto, le rispettive domande di intervento presentate dalla HUK-Coburg Haftpflicht‑Unterstützungs‑kasse kraftfahrender Beamter Deutschlands, dalla LVM Landwirtschaftlicher Versicherungsverein Münster, dalla VHV Allgemeine Versicherung AG e dalla Württembergische Gemeinde‑Versicherung.

28.      All’udienza, tenutasi il 13 giugno 2013, erano presenti la Commissione, la EnBW, la ABB e la Siemens.

29.      Con il primo motivo d’impugnazione, la Commissione, sostenuta dalla ABB e dalla Siemens, asserisce che il Tribunale ha ignorato la necessità di un’interpretazione concorde tra il regolamento n. 1049/2001 e i regolamenti n. 1/2003 e n. 773/2004. Secondo la ricorrente, il Tribunale ha riconosciuto al regolamento n. 1049/2001 una prevalenza che non sembra compatibile con la giurisprudenza stabilita nelle cause Commissione/Éditions Odile Jacob (11) e Commissione/Agrofert Holding. Ad avviso della Commissione, la politica dell’Unione nell’ambito della concorrenza merita un trattamento specifico in materia di accesso ai documenti. La EnBW contesta siffatta impostazione e mette in dubbio la rilevanza della giurisprudenza invocata dalla Commissione. A giudizio della EnBW, la tesi della Commissione sarebbe contraria all’articolo 101 TFUE, in quanto renderebbe impossibile l’esercizio delle azioni di risarcimento nei confronti delle imprese responsabili della concertazione, qualora le vittime delle pratiche concordate non abbiano accesso alla documentazione necessaria per fondare la loro domanda di risarcimento, contravvenendo in tal modo alla giurisprudenza Pfleiderer (12).

30.      Con il secondo motivo d’impugnazione, la Commissione, con il sostegno della ABB e della Siemens, asserisce che, contrariamente al parere espresso dal Tribunale, esiste una presunzione generale a favore dei documenti versati agli atti in un procedimento relativo a pratiche concordate, essendo irrilevante il fatto che un procedimento si sia concluso, poiché rileverebbe solo la natura degli interessi tutelati. Secondo la Commissione, la presunzione vigente nell’ambito degli aiuti di Stato e delle concentrazioni dovrebbe essere estesa alle pratiche concordate. Da parte sua, la EnBW sostiene che, una volta chiuso il procedimento, l’unico regolamento applicabile è il n. 1049/2001, e diventano pertanto irrilevanti le disposizioni particolari in materia di pratiche concordate. La Svezia, a sua volta, ritiene che, qualora un’istituzione si basi su presunzioni generali, essa dovrà verificare se, per ciascun documento richiesto, sussistano i presupposti generali applicabili ad un determinato tipo di documento.

31.      Quanto al terzo motivo di ricorso, la Commissione, sostenuta dalla ABB e dalla Siemens, deduce che la soluzione del Tribunale mette in pericolo il meccanismo del trattamento favorevole e, in generale, l’applicazione efficace del diritto della concorrenza, sostenendo inoltre che il procedimento si può considerare concluso solo allorché non è più possibile proporre ricorso avverso la decisione che lo conclude. La EnBW replica che il potere di valutazione della Commissione non può essere sottratto al sindacato giurisdizionale e che il ricorso si limita ad esporre censure astratte e generiche sui rischi cui sarebbe esposta la cooperazione delle imprese nei procedimenti avviati dalla Commissione.

32.      Con il quarto motivo, la Commissione, appoggiata dalla ABB e dalla Siemens, contesta il giudizio del Tribunale in merito alla mancata prova del pregiudizio invocato (tutela degli interessi commerciali), adducendo che la tutela degli interessi commerciali è strettamente collegata alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, per cui deve essere ricompresa nello stesso tipo di presunzione generale. La Commissione sottolinea, in particolare, il fatto che sono messe in gioco le informazioni che le imprese sono state obbligate a fornire alla Commissione. La EnBW ribatte che la tutela degli interessi commerciali non può essere valutata alla stessa stregua in un procedimento di concentrazione ed in un procedimento a norma del regolamento n. 1/2003, poiché in quest’ultimo caso l’impresa che vuole avvalersi del trattamento favorevole fornisce le informazioni volontariamente e non sono in gioco i suoi interessi commerciali ma, semmai, il suo interesse ad evitare un’ammenda, mentre nel procedimento avente ad oggetto una concentrazione le imprese non possono rifiutare di fornire la documentazione richiesta.

33.      In relazione al quinto motivo, la Commissione, sostenuta dalla ABB e dalla Siemens, asserisce che il Tribunale ha commesso un errore, non avendo riconosciuto che la presunzione generale si estende a tutti i documenti interni al procedimento, e altresì avendo concluso che la divulgazione di tali documenti non avrebbe inciso sul processo decisionale. La EnBW replica che la Commissione non ha spiegato perché tutti i documenti contengono pareri né ha fornito elementi atti a dimostrare che la loro divulgazione poteva pregiudicare il processo alla base di una decisione adottata cinque anni prima.

34.      Infine, la Commissione propone che venga respinta la domanda iniziale della EnBW, poiché quest’ultima doveva dimostrare che i documenti richiesti erano esclusi dalla presunzione generale di diniego o, in alternativa, doveva dimostrare l’esistenza di un interesse superiore alla loro divulgazione. Al contrario, la EnBW sostiene che il suo ricorso dinanzi al Tribunale era fondato, e chiede pertanto il rigetto della presente impugnazione e l’annullamento in toto della decisione controversa, o, in subordine, delle parti in cui è stato rifiutato l’accesso parziale alle informazioni richieste.

VI – Valutazione

35.      Prima di analizzare uno ad uno i motivi d’impugnazione, mi interessa segnalare fin dall’inizio che, come accadeva nella causa Agrofert, il richiedente l’informazione non ha preso parte al procedimento in cui è stata prodotta la documentazione richiesta. In tal senso la EnBW è un terzo rispetto a tale procedimento. Il suo interesse nella documentazione in causa è legato alla volontà di servirsi di tali documenti per esercitare un’azione risarcitoria avverso le imprese che erano parti in detto procedimento. In qualunque caso, come ho sostenuto nelle conclusioni relative alla causa Agrofert (13) «[i]l caso di specie, pertanto, riguarda soprattutto la trasparenza» più che – come possiamo dire nella fattispecie – le intese o le pratiche concordate. Pertanto, come allora «[è] (…) alla luce del regolamento n. 1049/2001 che occorre impostare fin dall’inizio la soluzione del caso» (14).

A –    Primo motivo d’impugnazione

36.      Con il primo motivo d’impugnazione la Commissione deduce un presunto errore di diritto legato all’omesso riconoscimento della necessità di realizzare «un’interpretazione armoniosa» del regolamento n.1049/2001, al fine di garantire la piena efficacia delle disposizioni relative ad altri settori dell’ordinamento dell’Unione. È opportuno segnalare fin dall’inizio che gli altri quattro motivi di impugnazione identificano i punti della sentenza impugnata in cui si sarebbe concretizzata la suddetta omissione, dando luogo in tal modo ad un’interpretazione e ad un’applicazione errate del regolamento n. 1049/2001.

37.      Con il primo motivo d’impugnazione si ripresenta, come accadeva nella causa Agrofert, la questione se il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni trovi la propria disciplina generale nel regolamento n. 1049/2001, che deve integrarsi, in talune materie, con determinate norme specifiche contenute in altre disposizioni del diritto dell’Unione o se, al contrario, la disciplina dell’esercizio di tale diritto si esaurisca in ogni caso nel detto regolamento.

38.      Dalla giurisprudenza della Corte di giustizia emerge con chiarezza – e su questo punto mi trovo d’accordo con la Commissione – che il regolamento n. 1049/2001 non è una normativa che compare, per così dire, dal nulla, ma è uno strumento la cui interpretazione e applicazione devono conciliarsi con i regimi specifici che regolano l’accesso ai documenti in determinati ambiti materiali. In altri termini, il regolamento n. 1049/2001 non può pretendere di esaurire la disciplina della trasparenza nel diritto dell’Unione ma, in quanto strumento normativo regolante il regime comune di accesso ai documenti delle istituzioni, deve essere interpretato ed applicato in modo coerente con le svariate disposizioni che regolano l’accesso ai documenti relativi a procedure di infrazione disciplinate da una normativa specifica.

39.      In sintesi, secondo me, i regolamenti interessati da tale materia devono formare oggetto di un’interpretazione integrata.

40.      Peraltro, detta inevitabile interconnessione tra il regolamento n. 1049/2001, quale normativa generale in materia di trasparenza delle istituzioni, e determinati regolamenti dell’Unione, quali normative speciali in materia di accesso a procedure particolari, è stata segnalata dalla Corte di giustizia nella oramai copiosa giurisprudenza richiamata nella sentenza Agrofert (15).

41.      Orbene, contrariamente a quanto ha affermato la Commissione, ritengo che il Tribunale, quando ha interpretato il regolamento n. 1049/2001, e come si evince dalla sentenza impugnata, non ha ignorato la normativa specifica che regola l’accesso al procedimento stesso in cui sono stati prodotti i documenti richiesti.

42.      Difatti, al punto 55 della sentenza impugnata si richiama la giurisprudenza della Corte di giustizia sulla considerazione di carattere generale secondo cui la divulgazione di determinati documenti può pregiudicare l’interesse che il legislatore ha voluto tutelare, giustamente, mediante l’istituzione di un regime specifico di accesso agli stessi. Sulla stessa linea, il Tribunale si riferisce di seguito ai procedimenti di accesso al fascicolo in materia di aiuti di Stato, di concentrazioni e di concertazioni o cartelli, materia questa che interessa nel presente procedimento.

43.      Invero, il Tribunale conclude nel senso che il ragionamento relativo alla necessità di interpretare il regolamento n. 1049/2001 alla luce dei regimi di accesso stabiliti nei procedimenti in materia di aiuti di Stato è applicabile solamente durante il procedimento di cui trattasi e «non può essere trasposto ad una situazione in cui l’istituzione ha già adottato una decisione definitiva che chiude il caso al cui fascicolo viene chiesto l’accesso, come avviene nel caso di specie» (16).

44.      D’altra parte, il Tribunale afferma subito dopo che «una presunzione generale secondo la quale i documenti contenuti in un fascicolo del procedimento in materia di concorrenza non debbano essere divulgati dovrebbe risultare dal regolamento (CE) n. 1/2003 (…) nonché dalla giurisprudenza relativa al diritto di consultare i documenti del fascicolo amministrativo della Commissione» (17). E dopo aver richiamato, nei punti 59 e 60, il regime di accesso contemplato nel regolamento n. 1/2003, il Tribunale termina il proprio ragionamento affermando che «pur se le imprese oggetto di un procedimento in materia di concorrenza, nonché gli autori di denunce alle quali la Commissione non ha dato seguito, dispongono del diritto di consultare taluni documenti del fascicolo amministrativo della Commissione, tale diritto è soggetto a talune restrizioni che necessitano a loro volta di una valutazione caso per caso. Pertanto, anche seguendo il ragionamento adottato dalla Corte nella sentenza TGI (…) secondo cui, ai fini dell’interpretazione dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, si deve tener conto delle restrizioni all’accesso al fascicolo esistenti nell’ambito di procedimenti particolari, come quelli in materia di aiuti di Stato e in materia di concorrenza, tale presa in considerazione non consentirebbe di presumere che, pena inficiare la capacità della Commissione di reprimere i cartelli, tutti i documenti contenuti nei suoi fascicoli in siffatta materia rientrerebbero automaticamente in una delle eccezioni contemplate all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001» (18).

45.      In definitiva, la sentenza impugnata conclude nel senso che «la Commissione non poteva presumere, senza procedere ad un’analisi concreta di ciascun documento, che tutti i documenti richiesti rientrassero manifestamente nell’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001» (19).

46.      Da quanto esposto in precedenza emerge chiaramente che il Tribunale non ha «ignorato», come sostiene la Commissione, la necessità di realizzare un’interpretazione armoniosa del regolamento n. 1049/2001 e delle disposizioni riguardanti altri settori dell’ordinamento dell’Unione. Al contrario, la sentenza impugnata non ha omesso di interpretare il regolamento n. 1049/2001 tenendo presenti le possibili implicazioni delle norme che regolano l’accesso ai documenti prodotti o utilizzati nei procedimenti in materia di cartelli.

47.      Se poi tale lavoro di interpretazione, che ha voluto essere armonioso, abbia raggiunto i risultati desiderati, è tutt’altra questione. Su tale aspetto mi pronuncerò nell’ambito dell’esame dei rimanenti motivi d’impugnazione, relativi a presunti errori di diritto derivanti da un’errata interpretazione del regolamento n. 1049/2001. Tuttavia, è evidente, secondo me, che non si può rimproverare al Tribunale di aver interpretato tale regolamento senza prendere in considerazione l’insieme delle norme che disciplinano l’accesso al fascicolo in determinati procedimenti.

48.      In conclusione, considero che il primo motivo debba essere respinto.

B –    Secondo motivo d’impugnazione

49.      Con il secondo motivo d’impugnazione della sentenza del Tribunale si deduce un presunto errore di diritto derivante dal rifiuto di riconoscere l’esistenza di una presunzione generale, applicabile all’insieme dei documenti relativi ad un procedimento in materia di pratiche concordate, in quanto la divulgazione di tali documenti potrebbe pregiudicare l’interesse generale tutelato in detto procedimento.

50.      Inizierò affermando anzitutto che, a mio giudizio, la giurisprudenza della Corte di giustizia in virtù della quale si ammettono presunzioni generali per i documenti che, a causa del procedimento in cui si inseriscono, sono soggetti ad un regime specifico di consultazione, è perfettamente trasferibile al caso dei documenti prodotti o utilizzati in un procedimento in materia di pratiche concordate.

51.      Come è noto, ai sensi di tale dottrina, l’esistenza di detto regime specifico permette di presumere che, in linea di principio, la divulgazione di tali documenti potrebbe pregiudicare l’obiettivo perseguito nel procedimento stesso. Così, e in primo luogo, nella sentenza TGI (20), la Corte di giustizia ha statuito che una presunzione generale di tale natura può derivare dalla normativa che regola i procedimenti di controllo degli aiuti di Stato (21). Successivamente, e in secondo luogo, nella causa Agrofert la Corte ha dichiarato che «[a]naloghe presunzioni di carattere generale sono applicabili, in materia di procedimento di controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese, considerato che la normativa che disciplina tale procedimento prevede altresì norme rigorose riguardo al trattamento delle informazioni ottenute o elaborate nell’ambito di un siffatto procedimento» (22).

52.      Sulla base di tale premessa, ritengo che la presunzione generale debba operare anche nel caso dei procedimenti in materia di cartelli, il cui regime normativo stabilisce analoghe disposizioni altamente specifiche per l’accesso ed il trattamento dei documenti utilizzati in tali procedimenti. Così l’articolo 27, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 riconosce alle parti interessate un diritto d’accesso limitato al fascicolo della Commissione, ai soli effetti dell’esercizio dei diritti della difesa, mentre il successivo articolo 28 assoggetta all’obbligo del segreto d’ufficio le informazioni raccolte nell’ambito del procedimento (23). Sulla stessa linea, l’articolo 8 del regolamento n. 773/2004 riconosce al denunciante un diritto di accesso limitato.

53.      L’esistenza di tale regime specifico di accesso permette di presumere, come nel caso degli aiuti di Stato e dei procedimenti in materia di concentrazioni, che la divulgazione dei documenti potrebbe pregiudicare l’obiettivo perseguito dal procedimento in materia di cartelli. Come ho sostenuto nelle mie conclusioni relative alla causa Agrofert (24) «il regolamento n. 139/2004 stabilisce per le concentrazioni tra imprese un procedimento amministrativo di controllo con cui si persegue un obiettivo fondamentale per l’Unione, quale è garantire la concorrenza nel mercato interno» (25), obiettivo questo, al quale risponde analogamente il regolamento n. 659/1999 per il caso degli aiuti di Stato.

54.      Il regolamento n. 1/2003 persegue indubbiamente lo stesso obiettivo. Riprendendo le mie parole, i regolamenti n. 659/1999 e n. 139/2004 hanno entrambi «come base giuridica il capo 1 (“Regole di concorrenza”) del titolo VII (“Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni”) della parte terza del TFUE rende evidente che essi rispondono a una comune intenzione, condivisa dal regolamento (CE) n. 1/2003, ossia rendere possibile la realizzazione di una delle finalità su cui poggia l’esistenza stessa dell’Unione, giacché non va dimenticato che l’Unione trova il suo fondamento nei valori sanciti dall’art. 2 TUE, pur essendo tenuta a conseguire le finalità e gli obiettivi elencati dall’art. 3 TUE, tra cui rientra, per quanto qui rileva, la creazione di un mercato interno e lo “sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su (…) un’economia sociale di mercato fortemente competitiva (…)” (art. 3, n. 3, TUE). Per la realizzazione di tali finalità, l’art. 3, n. 1, lettera b), TFUE, attribuisce all’Unione competenza esclusiva per la “definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno” ed è proprio allo scopo specifico di consentire il controllo effettivo delle concentrazioni dal punto di vista della concorrenza che è stato concepito lo strumento giuridico offerto dal regolamento sulle concentrazioni» (26).

55.      Il procedimento in materia di cartelli si inserisce in questo stesso universo di intenzioni. Come ha segnalato la EnBW nelle sue osservazioni, non sono poche le differenze tra i procedimenti in materia di concentrazioni e i procedimenti relativi a pratiche concordate, in particolare per quanto riguarda il carattere preventivo dei primi e la natura repressiva dei secondi. Anche ammettendo tale differenza – non senza segnalare che non tutte le pratiche concordate sono necessariamente illecite, come si evince dall’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 ‑, è pur vero che, sebbene attraverso canali diversi, in entrambi i casi si tratta di garantire che non venga falsata la concorrenza nel mercato, controllando la legalità delle pratiche seguite dagli operatori economici, la cui partecipazione nei procedimenti avviati per evitare o per correggere comportamenti anticoncorrenziali deve essere accompagnata da un minimo di garanzie. Concretamente, l’assoggettamento di tali operatori ai procedimenti in parola dovrà avvenire non soltanto nel pieno rispetto dei diritti della difesa degli interessati, ma anche in termini che non pregiudichino i loro interessi commerciali. E ciò vale sia quando si tratta di procedimenti puramente preventivi, senza obiettivi sanzionatori, sia quando si deve sanzionare un comportamento anticoncorrenziale, poiché in quest’ultimo caso non si possono aggiungere pregiudizi supplementari alla sanzione legalmente prevista.

56.      Tornando alle circostanze del caso presente, e come ho già indicato nell’ambito dell’esame del primo motivo d’impugnazione, il Tribunale non nega la necessità di un’interpretazione armoniosa del regolamento n. 1049/2001 e del regolamento n. 1/2003.

57.      Orbene, il Tribunale ha ritenuto, alla luce di tale interpretazione armoniosa, che la presunzione generale valida nel caso dei documenti inseriti in un procedimento in materia di aiuti di Stato non operi per i documenti di un procedimento in materia di cartelli.

58.      Per il Tribunale, in definitiva, la presunzione di cui trattasi opera solamente quando la normativa regolante il procedimento in cui è stata utilizzata o prodotta la documentazione richiesta non riconosce alle parti interessate del procedimento un diritto di accesso al fascicolo.

59.      Il Tribunale ammette in effetti che «al pari del regolamento n. 659/1999 in materia di aiuti, il regolamento n. 1/2003 non prevede un diritto, a favore di persone che non sono parti nel procedimento, di accedere a documenti del fascicolo amministrativo della Commissione nell’ambito del procedimento in materia di cartelli» (27). Tuttavia, poiché l’articolo 27 del regolamento n. 1/2003 «prevede un accesso al fascicolo a favore delle imprese oggetto del procedimento nel contesto più ampio di garanzia dei diritti della difesa» (28), il Tribunale conclude nel senso che tale possibilità di accesso, benché limitata, non può essere ignorata al momento di applicare il regolamento n. 1049/2001, con la conseguenza che non si può presumere che «tutti i documenti contenuti nei suoi fascicoli in siffatta materia rientrerebbero automaticamente in una delle eccezioni contemplate all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001» (29).

60.      La sentenza impugnata basa tale conclusione su un’interpretazione della sentenza TGI che considero errata. È vero che al punto 58 di detta sentenza si afferma che, nei limiti in cui, ai sensi del regolamento n. 659/1999 «gli interessati, eccettuato lo Stato membro responsabile della concessione dell’aiuto, non hanno il diritto, nell’ambito del procedimento di controllo degli aiuti di Stato, di consultare i documenti del fascicolo amministrativo della Commissione[,] [o]ccorre tener conto di tale circostanza nell’interpretare l’eccezione prevista all’art. 4, n. 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001» (30). E questo perché «se tali interessati fossero in grado, in base al regolamento n. 1049/2001, di ottenere l’accesso ai documenti del fascicolo amministrativo della Commissione, il sistema di controllo degli aiuti di Stato sarebbe messo in discussione» (31).

61.      Nel caso del regolamento n. 1/2003, come ha evidenziato la sentenza impugnata, agli interessati nel procedimento è riconosciuto un diritto di accesso a fini di difesa. A parte tale eccezione, tuttavia, l’accesso al fascicolo del procedimento è generalmente negato ai terzi, che si trovano, a tali effetti, nella stessa situazione di chi voglia accedere al fascicolo di un procedimento in materia di aiuti di Stato.

62.      A mio giudizio, l’efficacia della presunzione in parola non può limitarsi al caso dell’assenza incondizionata di un diritto di accesso nell’ambito del procedimento in cui si inseriscono i documenti richiesti, ma, con la dovuta modulazione, deve operare anche quando l’accesso al fascicolo è concesso in maniera ristretta o a determinate condizioni. Allora occorre tener conto anche di tale circostanza «nell’interpretare l’eccezione prevista all’art. 4, n. 2, terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001» (32), poiché si tratta, in ultima analisi, di evitare che l’applicazione pura e semplice del regolamento n. 1049/2001 possa privare di effetto il regime di accesso al fascicolo stabilito per un procedimento specifico.

63.      In definitiva, la presunzione in parola deve operare per i documenti la cui divulgazione sia esclusa o, nel caso del regolamento n. 1/2003, risulti particolarmente limitata rispetto al regime previsto dal regolamento n.1049/2001. Detto in altri termini, la presunzione deve operare con piena efficacia rispetto ai soggetti che, ai sensi del regolamento n. 1/2003 e del regolamento n. 773/2004, non godono, in via di principio, di alcun diritto di accesso al fascicolo del procedimento in materia di cartelli, come è il caso della EnBW nella fattispecie; e deve operare anche nei confronti degli operatori che godono di un diritto di accesso limitato o di un diritto subordinato alla garanzia dei diritti della difesa.

64.      La precedente conclusione deve tuttavia essere ammessa con una riserva. In effetti, la summenzionata presunzione «non esclude la possibilità di dimostrare che un dato documento, del quale viene chiesta la divulgazione, non rientra nella presunzione in parola o che sussiste un interesse pubblico prevalente alla divulgazione di detto documento ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 ([…]Technische Glaswerke Ilmenau, […] punto 62)» (33). Di conseguenza, il fatto che il regolamento n. 1/2003 non contempli l’accesso di persone estranee al procedimento implica solamente che le domande eventualmente presentate da tali persone dovranno essere esaminate a norma del regolamento n. 1049/2001 (quale normativa generale in materia di trasparenza), che va interpretato partendo dalla presunzione generale secondo cui la divulgazione dei documenti richiesti può pregiudicare l’esito di un procedimento disciplinato dal regolamento n. 1/2003. Si tratta di un pregiudizio presunto che in nessun modo esclude in assoluto l’accesso al fascicolo ex regolamento n. 1049/2001, ma rende solamente più rigide le condizioni dell’accesso garantito con tale regolamento.

65.      In virtù delle precedenti considerazioni, sono dell’avviso che il Tribunale abbia escluso l’efficacia della presunzione in parola in un caso in cui, trattandosi di una domanda di accesso inoltrata da un soggetto estraneo al procedimento in materia di cartelli, si deve prendere le mosse dal principio secondo cui la divulgazione del documento richiesto può pregiudicare l’interesse generale tutelato dalle regole specifiche di accesso alla documentazione prodotta o utilizzata durante detto procedimento.

66.      Ritengo pertanto che occorra accogliere il secondo motivo d’impugnazione.

C –    Terzo motivo d’impugnazione

67.      Il terzo motivo d’impugnazione si fonda su una presunta errata interpretazione della portata della tutela delle attività ispettive. In particolare, la Commissione sostiene che la sentenza impugnata mette a rischio il meccanismo del trattamento favorevole e, in generale, l’efficace applicazione del diritto della concorrenza.

68.      Nell’ambito di un procedimento pregiudiziale, la Corte di giustizia ha avuto modo di pronunciarsi recentemente, con la sentenza del 6 giugno 2013, Donau Chemie e a. (34), che riguardava l’accesso al fascicolo relativo a programmi nazionali di trattamento favorevole. Sebbene tale giurisprudenza si riferisca ad un procedimento in materia di concorrenza e non al regolamento n. 1049/2001, la considero perfettamente trasferibile al caso che ci occupa.

69.      Nel contesto dei programmi nazionali di trattamento favorevole – e sulla base di motivi che possono essere estrapolati dai procedimenti dell’Unione in materia di concorrenza –, la Corte di giustizia ha ricordato che detti programmi «costituiscono strumenti utili nella lotta efficace per individuare e porre termine a violazioni delle regole di concorrenza e contribuiscono, quindi, all’obiettivo dell’effettiva applicazione degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE, e che l’efficacia di tali programmi potrebbe essere compromessa dalla comunicazione dei documenti relativi a un procedimento di clemenza ai soggetti che intendano promuovere un’azione risarcitoria. Infatti, sembra ragionevole ipotizzare che un soggetto coinvolto in una violazione del diritto della concorrenza, di fronte all’eventualità di una simile comunicazione, sia dissuaso dall’avvalersi della possibilità offerta da simili programmi di clemenza (sentenza Pfleiderer, cit., punti da 25 a 27)» (35).

70.      Ciononostante, la sentenza prosegue «si deve necessariamente constatare che, anche se tali considerazioni possono giustificare la possibilità di negare l’accesso a taluni documenti contenuti nel fascicolo di un procedimento nazionale in materia di concorrenza, esse non implicano però che tale accesso possa essere negato sistematicamente, dato che qualsiasi domanda di accesso ai documenti in questione deve formare oggetto di una valutazione caso per caso che tenga conto di tutti gli elementi della causa (v., in tal senso, sentenza Pfleiderer, cit., punto 31)» (36).

71.      Nell’ambito di tale apprezzamento si deve «valutare, da un lato, l’interesse del richiedente a ottenere l’accesso a tali documenti al fine di preparare il proprio ricorso per risarcimento, tenuto conto in particolare delle altre possibilità eventualmente a sua disposizione» (37), e dall’altro «prendere in considerazione le conseguenze effettivamente pregiudizievoli alle quali tale accesso può dare luogo alla luce dell’interesse pubblico o di legittimi interessi di altri soggetti» (38).

72.      Più in particolare, e per quanto riguarda «l’interesse pubblico relativo all’efficacia dei programmi di trattamento favorevole al quale il governo austriaco fa riferimento nella fattispecie, va rilevato che, tenuto conto dell’importanza delle azioni di risarcimento danni promosse dinanzi ai giudici nazionali per il mantenimento di una concorrenza effettiva nell’Unione (…), la semplice allegazione del rischio che l’accesso agli elementi di prova, contenuti nel fascicolo di un procedimento in materia di concorrenza e necessari per fondare tali azioni, pregiudichi l’efficacia di un programma di clemenza, nel cui contesto tali documenti sono stati comunicati all’autorità garante della concorrenza competente, non può essere sufficiente per giustificare il diniego di accesso a tali elementi» (39).

73.      Per contro, secondo la Corte di giustizia «il fatto che tale diniego possa impedire l’esercizio di tali azioni, fornendo peraltro alle imprese interessate, che possono avere già beneficiato di un’immunità, per lo meno parziale, in materia di sanzioni pecuniarie, la possibilità di sottrarsi altresì all’obbligo di risarcire i danni derivanti dalla violazione dell’articolo 101 TFUE, e ciò a scapito dei soggetti danneggiati, impone che tale diniego sia fondato su ragioni imperative attinenti alla protezione dell’interesse dedotto e applicabili a ogni documento al quale l’accesso è stato negato» (40), poiché «soltanto l’esistenza del rischio che un determinato documento rechi concretamente pregiudizio all’interesse pubblico attinente all’efficacia del programma nazionale di clemenza può giustificare il fatto che tale documento non sia divulgato» (41).

74.      Da quanto precede si evince che, in definitiva, la necessità di realizzare una ponderazione equilibrata tra, da un lato, l’interesse pubblico inerente ai programmi di trattamento favorevole quale strumento per l’efficacia del diritto della concorrenza, e dall’altro, il diritto dei singoli di esercitare azioni di risarcimento per i danni subiti in conseguenza della violazione del diritto della concorrenza – che è un altro modo di perseguire, indirettamente, l’interesse pubblico a tutelare l’efficacia di tale diritto.

75.      Nel caso presente, la Commissione, secondo quanto sostiene la EnBW, ha negato l’accesso ai documenti prodotti nell’ambito di una domanda di immunità o di trattamento favorevole, basandosi su considerazioni astratte sugli effetti nocivi che poteva produrre sui programmi di trattamento favorevole il fatto che le persone e le imprese interessate non avessero la sicurezza che detti documenti non sarebbero diventati accessibili al pubblico in generale. Per contro, la EnBW ha messo in evidenza che senza tali documenti non avrebbe avuto la benché minima possibilità di intentare con successo una domanda di risarcimento per i danni che ritiene di aver subito in conseguenza delle pratiche concordate sanzionate dalla Commissione (42).

76.      In definitiva, la Commissione non ha invocato motivi fondati sul pregiudizio che poteva essere arrecato ad uno specifico programma di clemenza (e di un programma di clemenza si parla espressamente al punto 46 della sentenza Donau Chemie, che ho richiamato nel precedente paragrafo 72, in fine), ma solo un motivo generale ed astratto, relativo alla categoria del «procedimento di trattamento favorevole». A fronte di ciò, la EnBW ha invocato motivi che giustificano l’esigenza di consultare determinati documenti, al fine di far prosperare una richiesta di risarcimento.

77.      Di conseguenza, ci troviamo dinanzi ad un caso di accesso negato per principio, in cui è impossibile che una domanda di accesso al fascicolo – che si presenta come l’unico mezzo possibile per fondare un ricorso per risarcimento – possa «formare oggetto di una valutazione caso per caso che tenga conto di tutti gli elementi della causa», come ha richiesto la sentenza Donau Chemie (43), rinviando al punto 31 della sentenza Pfleiderer.

78.      A questo punto mi sembra opportuna una considerazione di principio. Si potrebbe obiettare al precedente argomento che l’efficacia dei programmi di trattamento favorevole è tutelata solo qualora si garantisca che, in via generale, i documenti prodotti potranno essere utilizzati soltanto dalla Commissione. Questa sarebbe, ovviamente, una garanzia estrema. Orbene, si possono immaginare anche altre garanzie che, senza andare tanto lontano, risultino nondimeno attraenti per gli operatori che decidano di avvalersi di detti programmi. In ultima analisi, i programmi di trattamento favorevole seguono la logica del calcolo sulla portata dei potenziali danni derivanti da una violazione del diritto della concorrenza. In tal senso, garantire che le informazioni fornite alla Commissione potranno essere trasmesse a terzi unicamente se questi dimostrano in maniera adeguata di averne bisogno per esercitare un’azione di risarcimento, può risultare una garanzia sufficiente, considerato, in particolare, che l’alternativa potrebbe essere una sanzione superiore a quella che risulterebbe dall’esito positivo di un’azione di risarcimento. Certamente, non si può escludere che, con una garanzia di questo tipo, diminuisca il numero degli operatori che decidono di avvalersi di un programma di trattamento favorevole. Tuttavia l’obiettivo della massima efficacia di tale strumento non può giustificare il sacrificio puro e semplice del diritto delle vittime al risarcimento e, in via generale, la violazione del loro diritto ad un tutela giurisdizionale effettiva, garantito dall’articolo 47 CDFUE.

79.      Ritengo infine, sulla base delle considerazioni che precedono, che la sentenza impugnata non sia censurabile, in quanto conclude che la Commissione non ha giustificato il diniego dell’accesso a documenti che erano stati trasmessi nell’ambito di una domanda di immunità o di trattamento favorevole e che pertanto il terzo motivo d’impugnazione debba essere respinto.

D –    Quarto motivo d’impugnazione

80.      Il quarto motivo d’impugnazione si riferisce ad una presunta errata interpretazione della portata di tutela degli interessi commerciali.

81.      Secondo il Tribunale, la Commissione non ha dimostrato in modo giuridicamente valido che l’accesso ai documenti richiesti rischiava di pregiudicare concretamente ed effettivamente gli interessi commerciali delle imprese che hanno partecipato al cartello. A giudizio del Tribunale, poiché i documenti richiesti erano ormai risalenti, la Commissione era tenuta ad effettuare un esame concreto e individuale di questi ultimi dalla prospettiva dell’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali, non risultando sufficiente l’esame già realizzato nel corso del procedimento.

82.      D’altra parte, il Tribunale è partito dalla premessa che «gli interessi delle imprese che hanno partecipato al cartello (…) non possono essere qualificati come interessi commerciali nel senso proprio del termine» [(44)]. Infatti, «tenuto conto in particolare del fatto che la maggior parte delle informazioni contenute nel fascicolo di cui trattasi è ormai risalente, l’interesse che potrebbero avere le società a che i documenti richiesti non siano divulgati non sembra risiedere nella preoccupazione di salvaguardare la loro situazione concorrenziale sul mercato (…) sul quale esse sono attive, ma, piuttosto, nella volontà di evitare che vengano introdotti nei loro confronti ricorsi per risarcimento danni dinanzi a giudici nazionali» (45). In ogni caso, non si tratterebbe di «un interesse degno di tutela, segnatamente alla luce del diritto che spetta a ciascuna persona di chiedere la riparazione del pregiudizio cagionatole da un comportamento atto a restringere o falsare il gioco della concorrenza» (46).

83.      Non sono d’accordo con questa impostazione.

84.      Come ho sostenuto nelle conclusioni relative alla causa Agrofert «il fatto che la natura “sensibile” di un documento possa estendersi più a lungo nel tempo rappresenta un elemento fondamentale della struttura del sistema delle eccezioni definito all’art. 4 del regolamento n. 1049/2001. Così, per i documenti redatti per uso interno nell’ambito di un procedimento (n. 3) la protezione è garantita fino al termine del procedimento, ma soltanto i documenti contenenti pareri possono beneficiare della medesima protezione anche dopo la conclusione del procedimento. In quest’ultimo caso l’eccezione si applicherà, così come tutte le eccezioni di cui all’art. 4, “al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento” (n. 7). Tale periodo potrà estendersi, ai sensi dell’art. 4, n. 7, per un massimo di 30 anni. Orbene, tale periodo massimo può essere prorogato, “se necessario”, per tre categorie di documenti: quelli “coperti dalle eccezioni relative alla vita privata o agli interessi commerciali e [i] documenti sensibili” (n. 7)» (47).

85.      Ne consegue che «gli interessi commerciali meritano il grado più elevato di protezione ratione temporis nell’ambito del sistema di accesso istituito dal regolamento n. 1049/2001. Perciò, (…) la conclusione del procedimento di concentrazione non rappresenta necessariamente, per tale categoria di documenti, la svolta che risulta invece determinante, per quanto concerne l’accesso, per documenti di altra natura, segnatamente i pareri giuridici e i pareri a uso interno» (48).

86.      Le cose non cambiano, a mio avviso, nel caso di un procedimento in materia di cartelli. Il fatto che, come nella fattispecie, la documentazione richiesta si riferisca ad attività commerciali realizzate tra il 1988 ed il 2004 non esclude che, per la sua stessa natura, conservi un carattere di «attualità» la cui validità può estendersi nel tempo più a lungo rispetto alle informazioni contenute nella documentazione strettamente amministrativa o interna del procedimento (49).

87.      In tale contesto, non è ammissibile sostenere che con il mero trascorrere del tempo gli interessi commerciali delle imprese interessate si trasformano nel puro e semplice interesse ad evitare gli effetti di una domanda di risarcimento.

88.      Ritengo pertanto che il Tribunale abbia commesso un errore, basandosi unicamente sull’età dei documenti, a non considerare la minima possibilità che esistesse un interesse commerciale meritevole di tutela. In conseguenza di ciò, il Tribunale ha commesso un altro errore non riconoscendo la presunzione secondo cui, trattandosi di documenti prodotti o utilizzati in un procedimento in materia di cartelli, la divulgazione degli stessi poteva ledere l’interesse tutelato in tale procedimento.

89.      Tutto ciò a prescindere dal fatto che i documenti siano stati forniti volontariamente, a differenza di quanto accade con la documentazione raccolta dalla Commissione nei procedimenti sulle concentrazioni. Siffatta differenza, dedotta dalla EnBW per contestare la censura della Commissione, non mi sembra rilevante.

90.      Come ho spiegato rispondendo al secondo motivo d’impugnazione, il procedimento sulle pratiche concordate condivide con i procedimenti in materia di aiuti di Stato e di concentrazioni l’obiettivo garantire la concorrenza nel mercato dell’Unione. Ciascun procedimento utilizza a tal fine strumenti propri, tra i quali figurano, nel caso dei procedimenti in materia di cartelli, i programmi di trattamento favorevole, che si basano sulla collaborazione volontaria delle imprese assoggettate al procedimento.

91.      Come abbiamo visto nell’ambito dell’esame del terzo motivo d’impugnazione, tali programmi costituiscono, secondo la Corte di giustizia, strumenti utili per combattere le violazioni delle regole sulla concorrenza e meritano pertanto la tutela del sistema nel suo insieme.

92.      È vero che, nel caso di specie, la Commissione non ha indicato adeguatamente il pregiudizio che di fatto potrebbe subire il programma di trattamento favorevole applicato nel procedimento in questione, ragione per cui ho proposto il rigetto del terzo motivo d’impugnazione. Tuttavia, ciò non significa che occorra respingere anche la censura relativa al pregiudizio che potrebbero subire gli interessi commerciali degli operatori che hanno partecipato a detto programma, poiché il quarto motivo d’impugnazione riguarda non tanto la tutela di tale programma in sé e per sé, quanto piuttosto la tutela diretta di detti interessi, i cui effetti negativi potrebbero pregiudicare solo indirettamente il meccanismo del trattamento favorevole.

93.      È pur vero che non si può escludere che la divulgazione dei documenti forniti dalle imprese interessate possa effettivamente ledere gli interessi commerciali di queste ultime. Il fatto che tali informazioni siano state trasmesse volontariamente e con l’obiettivo di escludere o ridurre una sanzione non può giustificare, a mio avviso, la conclusione che gli interessi commerciali di cui trattasi non meritino alcuna tutela. Se così non fosse, alla sanzione comminata alla fine del procedimento all’impresa che ha collaborato con la Commissione si aggiungerebbe una nuova sanzione, consistente nel danno arrecato agli interessi commerciali di tale impresa.

94.      Ritengo pertanto che occorra accogliere il quarto motivo d’impugnazione. Non tanto per il fatto di aver negato la validità della presunzione secondo cui la divulgazione delle informazioni riguardanti gli interessi commerciali poteva pregiudicare l’interesse tutelato nel procedimento in materia di cartelli, quanto piuttosto per aver negato l’esistenza degli interessi commerciali in gioco.

E –    Quinto motivo d’impugnazione

95.      L’ultimo motivo d’impugnazione contesta alla sentenza impugnata un’errata interpretazione delle condizioni alle quali è possibile rifiutare l’accesso ad un documento, anche dopo la conclusione del processo decisionale.

96.      A questo proposito dobbiamo citare la dottrina stabilita con la sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione (50), in merito alle potenziali ripercussioni che potrebbe avere sull’esito di una domanda di accesso al fascicolo il fatto che il procedimento in cui si inquadra la documentazione richiesta si sia o meno concluso con l’adozione della decisione corrispondente.

97.      Come ho avuto modo di esporre nelle conclusioni relative alla causa Agrofert (51), da tale dottrina si evince che «la conclusione del procedimento non comporta di per sé l’obbligo di divulgare il documento, sebbene il rifiuto di divulgazione debba essere giustificato in modo circostanziato». Aggiungevo poi che «[a]l termine del procedimento, l’accesso ai documenti prodotti nel corso dello stesso con l’obiettivo di pervenire all’adozione di una decisione finale e definitiva non può più, per definizione, mettere a repentaglio l’esito del procedimento né, quindi, la decisione con cui si è concluso. È proprio in questa prospettiva che occorre considerare i pareri giuridici e i documenti interni in riferimento ai quali la Commissione ha negato l’accesso» (52). E, infine, «[q]uanto alla documentazione concernente la consulenza legale e ai documenti redatti dalla Commissione nell’ambito di delibere e consultazioni relative al procedimento (art. 4, nn. 2, secondo trattino, e 3, del regolamento n. 1049/2001), la soluzione adottata dalla Corte di giustizia nella citata causa Svezia/MyTravel e Commissione si applica perfettamente al caso di specie» (53).

98.      Tornando alle circostanze del caso che ci occupa, osservo che il Tribunale si è basato sul principio secondo cui l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001 «consente di opporre un diniego anche dopo l’adozione della decisione» solo «per una parte dei documenti a uso interno, ossia quelli contenenti pareri destinati a uso interno nella cornice di deliberazioni e consultazioni preliminari in seno all’istituzione interessata (…) quando la loro divulgazione lederebbe gravemente il processo decisionale di questa istituzione» (54).

99.      Ciò detto, nella sentenza impugnata si nega che la Commissione abbia dimostrato «che tutti i documenti rientranti nella categoria 5, lettera a), contenevano pareri destinati ad uso interno nella cornice delle deliberazioni e consultazioni preliminari ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001» (55), e respingendo l’argomento sostenuto dalla Commissione, secondo cui «tale nozione includeva, in primo luogo, tutti i documenti che contenevano o chiedevano una valutazione o un giudizio dei suoi funzionari o dei suoi servizi, in secondo luogo, tutti i documenti che servivano a preparare la sua decisione e, in terzo luogo, tutti i documenti che servivano a garantire una partecipazione di altri uffici al procedimento» (56).

100. Tuttavia, il Tribunale ha concluso nel senso che, anche se «le giustificazioni invocate dalla Commissione nel quadro del procedimento dinanzi al Tribunale (…) sono certamente idonee a rendere plausibile l’ipotesi che numerosi documenti rientranti nella categoria 5, lettera a), contengano pareri del genere, è giocoforza constatare che tali giustificazioni (…) non sono state invocate dalla Commissione nella decisione impugnata e non possono pertanto essere considerate costitutive di un motivo che ha determinato l’adozione di quest’ultima. Di conseguenza, ai fini della soluzione della presente controversia, si deve concludere che la Commissione non è riuscita a dimostrare la qualità di parere, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001, di tutti i documenti rientranti nella categoria 5, lettera a)» (57).

101. La Commissione riconosce che le spiegazioni fornite nell’ambito del procedimento dinanzi al Tribunale non erano state esplicitate nella decisione annullata (58); ma ciò non significa, a suo giudizio, che esse non abbiano costituito un motivo che ha determinato il rifiuto dell’accesso richiesto, come si evince dal tenore della decisione medesima. Il Tribunale stesso ha riconosciuto tale elemento, quando, al punto 88 della sentenza impugnata, ha affermato che «consegue implicitamente dal punto 3.2.5 della decisione impugnata e esplicitamente dalla risposta della Commissione del 9 novembre 2011 ai quesiti scritti rivoltile dal Tribunale che essa considera che tutti i documenti rientranti nella categoria 5, lettera a), contengano pareri destinati ad uso interno, ai sensi di tale disposizione».

102. Condivido l’opinione della Commissione. Pur essendo evidente che una cosa è dedurre dalla decisione controversa che la Commissione ritiene che tutti i documenti interessati contengano pareri destinati ad uso interno, mentre un’altra cosa, ben diversa, è che la Commissione abbia giustificato tale considerazione nella decisione stessa, certo è che era il Tribunale l’organo dinanzi al quale si doveva giustificare tale considerazione. Era quindi sufficiente che nella decisione, come in effetti è accaduto, venissero esposte le ragioni per cui era stato invocato l’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001, al fine di respingere la domanda di accesso a tutti i documenti compresi nella categoria 5, lettera a).

103. Pertanto, dopo che il Tribunale aveva ammesso – usando le sue stesse parole – di considerare «plausibile l’ipotesi che numerosi documenti rientranti nella categoria 5, lettera a), contengano pareri (…)» destinati ad un uso interno, occorreva confermare tale affermazione e, di conseguenza, stabilire a quali documenti fosse applicabile, in concreto, l’eccezione invocata dalla Commissione.

104. Partendo da tale premessa si doveva verificare – come effettivamente ha fatto il Tribunale nei punti da 162 a 167 della sentenza impugnata – se la divulgazione di detti documenti rischiasse di compromettere il processo decisionale. La conclusione raggiunta dal Tribunale in merito a tale punto non è, a mio avviso, corretta.

105. Difatti, il Tribunale ha sostenuto che le ragioni invocate dalla Commissione per giustificare il pregiudizio che poteva derivare dalla divulgazione dei documenti in parola erano generali ed astratte, e che, a suo parere, la Commissione non aveva dimostrato in che modo potrebbe essere pregiudicata l’indagine riguardante l’intesa se la decisione adottata in esito al procedimento sul cartello fosse annullata e fosse necessario adottare una nuova decisione (59). Infine, il Tribunale censura il tentativo della Commissione «di avvicinare, se non anche di assimilare, la presente situazione, caratterizzata (…) dal fatto che ha già adottato una decisione, ad una situazione nella quale una decisione non è stata ancora adottata» (60).

106. Tuttavia, la sentenza pronunciata dalla Corte di giustizia nella causa Odile Jacob poco più di un mese dopo la sentenza impugnata ha di fatto invalidato detta posizione. In tale sentenza la Corte di giustizia ha messo in luce la differenza tra, da un lato, la domanda di accesso a documenti elaborati nell’ambito di un procedimento conclusosi con una decisione definitiva, e dall’altro, una domanda che riguardi documenti utilizzati in un procedimento risoltosi con una decisione che ha formato oggetto di un ricorso giurisdizionale ancora pendente.

107. Secondo la Corte di giustizia «[i]n una situazione (…) in cui l’istituzione interessata potrebbe, in funzione dell’esito del procedimento giurisdizionale, essere indotta a riprendere le sue attività ai fini dell’adozione eventuale di una nuova decisione (…), occorre ammettere l’esistenza di una presunzione generale secondo la quale l’obbligo che si imporrebbe alla citata istituzione di divulgare, durante tale procedimento, talune note interne come quelle previste (…) [n]ella presente sentenza pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale di tale istituzione» (61).

108. Nel caso presente, la Commissione ha posto in evidenza che, in conseguenza dell’annullamento parziale di altre decisioni adottate nell’ambito dello stesso procedimento sui cartelli (62), era stata invitata a fissare un nuovo importo della sanzione inflitta alle imprese interessate da tali decisioni, sicché, divulgando prematuramente i documenti interni al procedimento (compresi quelli relativi al calcolo delle sanzioni), si sarebbe messo in pericolo il processo decisionale.

109. In tale circostanza, l’eventualità del riesame giurisdizionale di una delle decisioni adottate in esito al procedimento implica che il procedimento in quanto tale non può considerarsi concluso, anche nel caso in cui sia diventata già definitiva la decisione che si riferisce specificamente alle imprese contro le quali la persona che richiede un documento intende avviare un ricorso per risarcimento.

110. Il Tribunale avrebbe quindi dovuto constatare che esistevano motivi fondati per ritenere che la divulgazione di documenti contenenti pareri per un uso interno potesse pregiudicare il processo di adozione di nuove decisioni in tale procedimento, qualora fossero stati accolti i ricorsi giurisdizionali pendenti che riguardavano decisioni diverse da quelle afferenti specificamente alle imprese contro le quali intendeva agire la EnBW.

111. Per le suesposte ragioni, ritengo che l’ultimo motivo d’impugnazione debba essere accolto.

VII – Sulla soluzione definitiva della controversia da parte della Corte di giustizia

112. In conformità dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia «[q]uando l’impugnazione è accolta, la Corte di giustizia annulla la decisione del Tribunale» ed essa può «statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta».

113. A mio avviso, nel caso di specie la Corte di giustizia può statuire definitivamente sulla controversia.

114. Nel suo ricorso dinanzi al Tribunale la EnBW aveva dedotto quattro motivi d’impugnazione, che si basavano, il primo, sulla violazione, rispettivamente, dell’articolo 4, paragrafo 2, primo e terzo comma, e dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001; il secondo, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, ultima frase, del citato regolamento; il terzo, sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento medesimo, ed il quarto, su un errore manifesto di valutazione circa la portata della domanda di accesso al fascicolo.

115. Il quarto motivo d’impugnazione deve essere accolto per le ragioni esposte ai punti da 32 a 37 della sentenza impugnata, che non sono stati contestati nel presente procedimento dinanzi alla Corte di giustizia.

116. I restanti motivi devono essere respinti per le ragioni esposte nei paragrafi da 49 a 65 e da 80 a 109 delle presenti conclusioni.

VIII – Sulle spese

117. In conformità dell’articolo 184, paragrafo 1, e dell’articolo 138, paragrafo 2, del regolamento di procedura, suggerisco alla Corte di giustizia, alla luce dei motivi per cui si propone l’accoglimento dell’impugnazione, di disporre che le parti e i relativi intervenienti si facciano carico ciascuno delle proprie spese.

IX – Conclusione

118. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di pronunciarsi nei seguenti termini:

Accogliere parzialmente l’impugnazione, ammettendo il secondo, il quarto e il quinto motivo d’impugnazione, basati su un’interpretazione errata dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento (CE) n. 1049/2001, legati alle condizioni di accesso al fascicolo di un procedimento in materia di cartelli ed alla tutela degli interessi commerciali e del processo decisionale, e di conseguenza:

1)      annullare la sentenza del Tribunale del 22 maggio 2012, EnBW Energie Baden‑Württemberg AG/Commissione (T‑344/08) che annulla la decisione SG.E.3/MV/psi D(2008) 4931 della Commissione, del 16 giugno 2008, con cui è stato rifiutato l’accesso al fascicolo del procedimento COMP/F/38.899 – Apparecchiature di comando con isolamento in gas;

2)      annullare la decisione SG.E.3/MV/psi D(2008) 4931 della Commissione, del 16 giugno 2008, che ha negato l’accesso al fascicolo del procedimento COMP/F/38.899 – Apparecchiature di comando con isolamento in gas, nei limiti in cui è viziata da un errore manifesto di valutazione sulla portata della domanda di accesso al fascicolo;

3)      disporre che le parti e gli intervenienti si facciano carico ciascuno delle proprie spese.


1 –      Lingua originale: lo spagnolo.


2 – Causa EnBW/Commissione, T‑344/08.


3 – Decisione SG.E.3/MV/psi D(2008) 4931.


4 –      GU L 145, pag. 43.


5 – Decisione C(2006) 6762 def., del 24 gennaio 2007, Caso COMP/F/38.899. Tra i produttori interessati figuravano la ABB Ltd. (in prosieguo: la «ABB») e la Siemens AG (in prosieguo: la «Siemens»).


6 – Sentenza del 29 giugno 2010 (C‑139/07 P, Racc. pag. I‑5885; in prosieguo: «TGI»).


7 – Sentenza del 28 giugno 2012 (C‑477/10 P).


8 – Regolamento del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU L 1, pag. 1).


9 – Regolamento della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU L 123, pag. 18).


10 – In linea con la dottrina elaborata nella sentenza TGI, cit., punti da 55 a 58.


11 – Sentenza del 28 giugno 2012 (C‑404/10 P).


12 – Sentenza del 14 giugno 2011 (C‑360/09, Racc. pag. I‑5161).


13 – Lette l’8 dicembre 2011 (paragrafo 26).


14 – Ibidem.


15 – Sentenza Commissione/Agrofert Holding, cit., punto 50.


16 –      Sentenza impugnata, punto 57.


17 –      Sentenza impugnata, punto 58.


18 –      Sentenza impugnata, punto 61.


19 –      Sentenza impugnata, punto 62.


20 – Cit., punti da 55 a 61.


21 –      Regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE (GU L 83, pag. 1).


22 – Sentenza Agrofert, cit., punto 59.


23 – Sui procedimenti disciplinati da tale regolamento, v. Wils, W.P.J., «EU Antitrust Enforcement Powers and Procedural Rights and Guarantees: The Interplay between EU Law, National Law, the Charter of Fundamental Rights of the EU and the European Convention on Human Rights», in Concurrences, maggio 2011, e in World Competition, vol. 34, n. 2, giugno 2011. Reperibile all’indirizzo http://ssrn.com/author=456087.


24 – Presentate l’8 dicembre 2011.


25 – Conclusioni presentate nella causa Commissione/Agrofert Holding, cit., paragrafo 64.


26 – Conclusioni presentate nella causa Commissione/Agrofert Holding, cit., paragrafo 65.


27 –      Sentenza impugnata, punto 59.


28 – Ibidem.


29 –      Sentenza impugnata, punto 61.


30 – Il corsivo è mio.


31 – Sentenza impugnata, punto 61.


32 – Sentenza TGI, cit.


33 – Sentenza Commissione/Agrofert Holding, cit., punto 68.


34 –      Sentenza del 6 giugno 2013 (C‑536/11).


35 – Sentenza Donau Chemie e a., cit., punto 42.


36 – Sentenza Donau Chemie e a., cit., punto 43.


37 – Sentenza Donau Chemie e a., cit., punto 44.


38 – Sentenza Donau Chemie e a., cit., punto 45.


39 – Sentenza Donau Chemie e a., cit., punto 46.


40 – Sentenza Donau Chemie e a., cit., punto 47.


41 – Sentenza Donau Chemie e a., cit., punto 48.


42 – Segnatamente, al punto 20 delle sue osservazioni scritte.


43 – Sentenza Donau Chemie e a., cit., punto 43.


44 –      Il corsivo è mio.


45 –      Sentenza impugnata, punto 147.


46 –      Sentenza impugnata, punto 148.


47 – Conclusioni presentate nella causa Commissione/Agrofert Holding, cit., paragrafo 78.


48 – Conclusioni presentate nella causa Commissione/Agrofert Holding, cit., paragrafo 79.


49 –      In tal senso, v. le mie conclusioni presentate nella causa Commissione/Agrofert Holding, cit., paragrafo 77.


50 – Causa C‑506/08 P (Racc. pag. I‑6237).


51 – Conclusioni presentate nella causa Commissione/Agrofert Holding, cit., paragrafo 74, in cui cito la sentenza Svezia/My Travel e Commissione, cit., punti da 113 a 119.


52 – Conclusioni presentate nella causa Commissione/Agrofert Holding,cit., paragrafo 75.


53 – Conclusioni presentate nella causa Commissione/Agrofert Holding,cit., paragrafo 80.


54 –      Sentenza impugnata, punto 153.


55 – Sentenza impugnata, punto 156.


56 –      Ibidem.


57 –      Sentenza impugnata, punto 160.


58 – Punto 119 delle memorie della Commissione nel presente procedimento.


59 –      Sentenza impugnata, punti da 165 a 167.


60 –      Sentenza impugnata, punto 167.


61 – Sentenza Commissione/Éditions Odile Jacob,cit., punto 130.


62 – In virtù delle sentenze del 12 luglio 2011, Toshiba/Commissione (T‑113/07, Racc. pag. II‑3989), e Fuji Electric/Commissione (T‑132/07, Racc. pag. II‑4091).