Language of document : ECLI:EU:T:2011:361

Causa T‑59/07

Polimeri Europa SpA

contro

Commissione europea

«Concorrenza — Intese — Mercato della gomma butadiene e della gomma stirene e butadiene del tipo emulsione — Decisione che accerta un’infrazione all’art. 81 CE — Imputabilità del comportamento illecito — Infrazione unica — Prova dell’esistenza dell’intesa — Ammende — Gravità e durata dell’infrazione — Circostanze aggravanti»

Massime della sentenza

1.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Decisione della Commissione con cui viene constatata un’infrazione — Onere della prova dell’infrazione e della sua durata incombente alla Commissione — Portata dell’onere della prova

(Artt. 81, n. 1, CE e 82 CE)

2.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Comunicazione degli addebiti — Natura giuridica — Carattere preparatorio

(Art. 81 CE)

3.      Concorrenza — Procedimento amministrativo — Poteri della Commissione — Potere di riunire due procedimenti distinti

(Art. 81 CE)

4.      Concorrenza — Intese — Lesione della concorrenza — Criteri di valutazione — Oggetto anticoncorrenziale — Constatazione sufficiente

(Art. 81, n. 1, CE)

5.      Concorrenza — Regole comunitarie — Infrazioni — Imputazione

(Artt. 81 CE e 82 CE)

6.      Procedura — Atto introduttivo del giudizio — Requisiti di forma — Esposizione sommaria dei motivi dedotti — Requisiti analoghi per le censure dedotte a sostegno di un motivo

[Statuto della Corte di giustizia, art. 21; regolamento di procedura del Tribunale, art. 44, n. 1, lett. c)]

7.      Concorrenza — Intese — Lesione della concorrenza — Criteri di valutazione — Oggetto anticoncorrenziale — Constatazione sufficiente

(Art. 81, n. 1, CE)

8.      Concorrenza — Intese — Accordi fra imprese — Prova dell’infrazione a carico della Commissione — Limiti

(Art. 81, n. 1, CE)

9.      Concorrenza — Intese — Prova — Risposta di un’impresa alla richiesta di informazioni da parte della Commissione

(Artt. 81 CE e 82 CE)

10.    Concorrenza — Intese — Accordi e pratiche concordate costitutivi di un’unica infrazione

(Art. 81, n. 1, CE)

11.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Valutazione alla luce della natura dell’infrazione — Infrazioni molto gravi

(Art. 81 CE; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

12.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Potere discrezionale della Commissione — Obbligo di garantire che l’importo delle ammende sia proporzionale al volume globale del mercato del prodotto di cui trattasi — Insussistenza

(Artt. 81 CE e 82 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 3)

13.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Carattere dissuasivo dell’ammenda

(Art. 81 CE; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

14.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Fatturato preso in considerazione

(Art. 81 CE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, n. 2)

15.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze aggravanti — Recidiva — Nozione

(Art. 81 CE; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 2)

16.    Concorrenza — Ammende — Importo — Determinazione — Criteri — Gravità dell’infrazione — Circostanze attenuanti — Non applicazione di fatto di un accordo — Valutazione

(Art. 81 CE; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 3, secondo trattino)

1.      Sotto il profilo dell’onere della prova relativa a una violazione dell’art. 81, n. 1, CE, spetta alla Commissione fornire la prova delle infrazioni che essa constata e produrre gli elementi di prova idonei a dimostrare l’esistenza dei fatti che integrano l’infrazione. Pertanto, è necessario che la Commissione raccolga elementi di prova precisi e concordanti per dimostrare che l’infrazione dedotta abbia avuto luogo.

Peraltro, di norma le attività derivanti da pratiche ed accordi anticoncorrenziali si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Ne consegue che, anche qualora la Commissione scopra documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, tali documenti saranno di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostituire taluni dettagli per via di deduzioni. Pertanto, nella maggior parte dei casi, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole di concorrenza.

Al riguardo, nessuna norma né alcun principio generale del diritto comunitario impediscono alla Commissione di avvalersi, contro un’impresa, delle dichiarazioni di altre imprese incriminate. In caso contrario, l’onere della prova dei comportamenti contrari agli artt. 81 CE e 82 CE, che incombe alla Commissione, sarebbe insostenibile e incompatibile con il compito di vigilanza sulla corretta applicazione di tali disposizioni ad essa attribuito dal Trattato.

Quanto, in particolare, alle dichiarazioni rese nell’ambito della comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese, nessuna disposizione vieta alla Commissione di utilizzare tali dichiarazioni per dimostrare l’esistenza di un’infrazione alle regole di concorrenza. Tali dichiarazioni non possono essere considerate prive di valore probatorio, poiché le dichiarazioni contrarie agli interessi dei dichiaranti devono essere considerate, in linea di principio, come elementi di prova particolarmente affidabili. Benché una certa diffidenza nei confronti di deposizioni volontarie dei principali partecipanti ad un’intesa illecita sia generalmente opportuna, vista la possibilità che tali soggetti tendano a minimizzare l’importanza del loro contributo all’infrazione e ad esagerare quella del contributo degli altri, ciò non toglie che il fatto di chiedere il beneficio dell’applicazione della comunicazione sulla cooperazione al fine di ottenere una riduzione dell’ammenda non crea necessariamente un incentivo a presentare elementi probatori che deformano la realtà quanto al comportamento degli altri partecipanti all’intesa. Ogni tentativo di indurre la Commissione in errore potrebbe rimettere in discussione la sincerità e la completezza della cooperazione del richiedente e, pertanto, mettere in pericolo la possibilità che questo possa beneficiare pienamente della comunicazione sulla cooperazione. In particolare, il fatto che una persona confessi di aver commesso un’infrazione e ammetta in tal modo l’esistenza di fatti che oltrepassano quelli la cui esistenza poteva essere dedotta direttamente dai documenti di cui trattasi implica a priori, in assenza di circostanze particolari che indichino il contrario, che questa persona si è decisa a dire la verità.

(v. punti 50-52, 58)

2.      La comunicazione degli addebiti è un documento di natura processuale e preparatoria che, al fine di garantire l’esercizio efficace dei diritti della difesa, circoscrive l’oggetto del procedimento amministrativo avviato dalla Commissione, impedendo così a quest’ultima di formulare altre censure nella decisione con cui essa conclude il procedimento di cui trattasi. Peraltro, la formulazione di una comunicazione degli addebiti da parte della Commissione non può in alcun caso essere considerata una prova della presunzione della colpevolezza dell’impresa interessata. In caso contrario, l’avvio di un qualsiasi procedimento in materia sarebbe potenzialmente idoneo a violare il principio della presunzione d’innocenza.

Ciò premesso, la formulazione di una prima e poi di una seconda comunicazione degli addebiti non è idonea in quanto tale a costituire una qualsivoglia irregolarità.

Quanto alla circostanza che la seconda comunicazione degli addebiti presenti modifiche rispetto alla prima comunicazione degli addebiti, tale documento processuale è per sua natura provvisorio e soggetto a modifiche che la Commissione può apportare nell’ambito della propria successiva valutazione, alla luce delle osservazioni presentatele in risposta dalle parti e di altre constatazioni di fatto. Infatti, la Commissione deve tener conto degli elementi derivanti dall’intero procedimento amministrativo, o per abbandonare censure che siano ingiustificate, o per rettificare ed integrare sia in fatto che in diritto i suoi argomenti a sostegno delle censure che essa formula. Pertanto, se la Commissione ha la facoltà di modificare, sia in fatto che in diritto, la propria posizione tra la comunicazione degli addebiti e la decisione finale, a fortiori essa ha la facoltà di farlo tra due comunicazioni degli addebiti.

(v. punti 68-70, 73)

3.      In materia di intese la Commissione ha il diritto di separare o riunire i procedimenti per ragioni oggettive. Possono pertanto essere riuniti due procedimenti vertenti ciascuno su un prodotto particolare, quando tali prodotti appartengono al medesimo settore di attività tenuto conto, in particolare, delle loro caratteristiche fisiche e delle loro utilizzazioni e quando talune riunioni illecite tra imprese abbiano ad oggetto allo stesso tempo l’uno e l’altro prodotto. Inoltre, anche a voler ritenere che l’infrazione in questione possa essere qualificata come costituente, in realtà, due distinte infrazioni, la circostanza che tali infrazioni siano state accertate in una pluralità di decisioni o in un’unica decisione è irrilevante, allorché è pacifico che le infrazioni in questione non sono prescritte.

Peraltro, una violazione dell’art. 81, n. 1, CE, può risultare non soltanto da un atto isolato, ma altresì da una serie di atti o da un comportamento continuato. Tale interpretazione non può essere contestata sulla base del fatto che uno o più elementi di questa serie di atti o di questo comportamento continuato potrebbero anche costituire di per sé stessi e presi isolatamente una violazione di detta disposizione. Ove le diverse azioni facciano parte di un piano d’insieme, a causa del loro identico oggetto, consistente nel distorcere il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme. Se la Commissione può legittimamente sostenere che le diverse manifestazioni fanno parte di un’infrazione unica poiché si inseriscono in un piano complessivo diretto a falsare il gioco della concorrenza, il fatto che il numero e l’intensità delle pratiche collusive possano variare a seconda del mercato interessato non implica che l’infrazione non riguardi i mercati su cui le pratiche sono meno intense e meno numerose. Infatti, sarebbe artificioso suddividere un comportamento continuo, caratterizzato da una finalità unica, in più infrazioni diverse perché le pratiche collusive mutano a seconda del mercato interessato.

(v. punti 100, 272)

4.      Ai fini dell’applicazione dell’art. 81, n. 1, CE, è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di un accordo, ove risulti che esso ha per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza. In particolare, con riguardo ad accordi di natura anticoncorrenziale che si manifestano in occasione di riunioni tra imprese concorrenti, sussiste un’infrazione all’art. 81, n. 1, CE qualora tali riunioni abbiano per oggetto di restringere, impedire o falsare il gioco della concorrenza e mirino in tal modo ad organizzare artificiosamente il funzionamento del mercato. In un caso del genere è sufficiente, per provare la partecipazione dell’impresa interessata all’intesa, che la Commissione dimostri che detta impresa ha partecipato a riunioni nel corso delle quali sono stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale. Qualora sia stata dimostrata la partecipazione a riunioni di questo tipo, incombe all’impresa interessata dedurre indizi atti a provare che la sua partecipazione a dette riunioni era priva di qualunque spirito anticoncorrenziale, comprovando che essa aveva dichiarato ai suoi concorrenti di partecipare alle riunioni in un’ottica diversa dalla loro.

Pertanto, quando la prova della concertazione tra più imprese non risulta dalla semplice constatazione di un parallelismo nel comportamento sul mercato, ma da documenti dai quali emerge che le pratiche illecite di tali imprese sono il frutto di una concertazione, una spiegazione alternativa quanto ai prezzi praticati, secondo cui un asserito coordinamento dei prezzi costituirebbe in realtà la reazione dei produttori a fronte del costo delle materie prime e dell’andamento del mercato, non può rimettere in discussione la constatazione dell’esistenza di un’intesa da parte della Commissione.

(v. punti 103, 108-109)

5.      Qualora un ente che eserciti un’attività economica violi le regole di concorrenza, incombe ad esso, secondo il principio della responsabilità personale, rispondere di tale infrazione. Tuttavia, qualora due enti costituiscano un identico soggetto economico, il fatto che l’ente che ha commesso l’infrazione continui ad esistere non esclude, di per sé, che possa essere sanzionato l’ente al quale esso ha ceduto le proprie attività economiche. In particolare, una tale configurazione della sanzione è ammissibile qualora tali enti siano stati sotto il controllo della stessa persona e, considerati gli stretti legami che li uniscono sul piano economico e organizzativo, abbiano applicato in sostanza le stesse direttive commerciali.

Pertanto, quando al momento dei loro comportamenti illeciti due società sono detenute integralmente, direttamente o indirettamente dalla medesima società, il principio della responsabilità personale non osta a che la sanzione per l’infrazione commessa, in un primo momento, da una prima società e continuata, successivamente, dalla seconda sia inflitta interamente a quest’ultima.

In ogni caso, una sanzione inflitta ad un’impresa che continua ad esistere giuridicamente, ma non esercita più attività economiche, rischia di essere priva di effetto dissuasivo. Inoltre, se nessun’altra possibilità di imposizione della sanzione ad un ente diverso da quello che ha commesso l’infrazione fosse prevista, alcune imprese potrebbero sfuggire alle sanzioni per il semplice fatto che la loro identità è stata modificata a seguito di ristrutturazioni, cessioni o altre modifiche di natura giuridica o organizzativa.

(v. punti 123-126, 129)

6.      Ai sensi dell’art. 21 dello Statuto della Corte di Giustizia nonché dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, l’atto introduttivo del ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Affinché un ricorso sia ricevibile, occorre che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali lo stesso è basato risultino, quantomeno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo del ricorso medesimo. Sebbene tale testo possa essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che, ai sensi delle norme supra ricordate, devono figurare nel ricorso.

Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale.

Requisiti analoghi vanno rispettati quando viene formulata una censura a sostegno di un motivo dedotto. Pertanto, non soddisfa detti requisiti la censura i cui elementi essenziali siano ripresi unicamente negli allegati al ricorso.

Un’impresa non può colmare tale lacuna introducendo, in sede di memoria di replica, alcuni dati fattuali o giuridici e rinviando a taluni allegati del ricorso o tramite nuovi allegati alla replica. Infatti, nell’esame della conformità del ricorso ai requisiti di cui all’art. 44, n. 1, del regolamento di procedura, il contenuto della replica è, per definizione, irrilevante. In particolare, la ricevibilità dei motivi e degli argomenti addotti nella replica quali estensioni dei motivi contenuti nel ricorso non è invocabile per supplire alla mancata osservanza, in sede di presentazione del ricorso, dei requisiti di cui all’art. 44, n. 1, del regolamento di procedura, salvo privare tale disposizione di qualsiasi portata.

(v. punti 161-162, 168-169)

7.      Nel caso di accordi che si manifestino in occasione di riunioni di imprese concorrenti, si verifica un’infrazione alle regole di concorrenza qualora tali riunioni abbiano un oggetto anticoncorrenziale e mirino in tal modo ad organizzare artificiosamente il funzionamento del mercato. In un caso del genere, la responsabilità di una determinata impresa per l’infrazione in questione risulta validamente accertata allorché tale impresa ha partecipato a queste riunioni conoscendone l’oggetto, anche se non ha poi attuato l’una o l’altra delle misure concordate in occasione delle riunioni stesse. La maggiore o minore assiduità dell’impresa alle riunioni nonché l’attuazione più o meno completa delle misure concordate hanno conseguenze non già sul sussistere della responsabilità dell’impresa stessa, bensì sull’ampiezza di tale responsabilità e dunque sull’entità della sanzione.

(v. punto 173)

8.      In pratica, la Commissione è spesso tenuta a provare l’esistenza di un’infrazione alle regole di concorrenza in condizioni poco favorevoli a tale compito, in quanto possono essere passati diversi anni dall’epoca dei fatti costitutivi dell’infrazione e diverse tra le imprese oggetto dell’indagine non hanno collaborato attivamente con la stessa. In queste circostanze, un’impresa colpevole di un’infrazione potrebbe sfuggire troppo facilmente a qualsiasi sanzione se potesse appellarsi alla vaghezza delle informazioni presentate quanto al funzionamento di un accordo illecito in una situazione in cui l’esistenza dell’accordo ed il suo scopo anticoncorrenziale sono tuttavia sufficientemente dimostrati. Le imprese possono difendersi utilmente in una tale situazione, a condizione che abbiano la possibilità di commentare tutti gli elementi di prova dedotti a loro carico dalla Commissione.

(v. punto 177)

9.      Nell’ambito di un procedimento amministrativo per infrazione alle regole di concorrenza, le dichiarazioni rese a nome di un’impresa hanno un valore probatorio non trascurabile, poiché comportano rischi giuridici ed economici considerevoli. Tale valore probatorio è particolarmente marcato allorquando le dichiarazioni di imprese corroborano altre dichiarazioni di identica natura.

Inoltre, le risposte date a nome di un’impresa in quanto tale godono di una credibilità superiore a quella che potrebbe presentare la risposta fornita da un suo dipendente, indipendentemente dall’esperienza e dall’opinione personale di quest’ultimo.

(v. punti 179, 183, 267, 270)

10.    Un’impresa può essere ritenuta responsabile di un’intesa globale anche qualora venga dimostrata la sua diretta partecipazione soltanto a uno o a più elementi costitutivi della stessa, allorché, da un lato, le era noto, o doveva necessariamente esserle noto, che la collusione cui partecipava, in particolare tramite regolari riunioni organizzate durante diversi anni, rientrava in un piano globale diretto a falsare il gioco normale della concorrenza e allorché, dall’altro, questo piano globale riguardava il complesso degli elementi costitutivi dell’intesa. Parimenti, la circostanza che varie imprese abbiano svolto ruoli diversi nel perseguimento di un comune obiettivo non elimina l’identità di oggetto anticoncorrenziale e, pertanto, di infrazione, a condizione che ogni impresa, al proprio livello, abbia contribuito al perseguimento dell’obiettivo comune.

(v. punto 193)

11.    Risulta dalla descrizione delle infrazioni molto gravi contenuta negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA che le intese o le pratiche concordate volte segnatamente alla fissazione di obiettivi di prezzo o alla ripartizione di quote di mercato possono essere qualificate come infrazioni «molti gravi» sulla sola base della loro natura, senza che la Commissione sia tenuta a dimostrare un impatto concreto dell’infrazione sul mercato. Analogamente, le intese orizzontali in materia di prezzi sono ricomprese nelle infrazioni più gravi alle disposizioni in materia di concorrenza e pertanto possono essere qualificate, di per sé sole, come molto gravi.

(v. punto 225)

12.    Nella determinazione dell’importo di ciascuna ammenda per violazione delle regole di concorrenza, la Commissione dispone di un margine di discrezionalità. Ai sensi dell’art. 23, n. 3, del regolamento n. 1/2003, l’importo dell’ammenda viene determinato in base alla gravità e alla durata dell’infrazione. Inoltre, detto importo è il risultato di una serie di valutazioni quantitative effettuate dalla Commissione in conformità degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA. La determinazione di tale importo è, in particolare, funzione di diverse circostanze collegate al comportamento individuale dell’impresa in questione, quali l’esistenza di circostanze aggravanti o attenuanti.

Non si può dedurre da tale contesto giuridico che la Commissione debba garantire che l’importo dell’ammenda così calcolato sia proporzionale al volume globale del mercato del prodotto di cui trattasi, in un determinato anno dell’infrazione, quando l’infrazione controversa è durata per diversi anni e l’importo dell’ammenda dipende anche da altre circostanze legate al comportamento individuale dell’impresa.

(v. punto 232)

13.    Il potere della Commissione di infliggere ammende alle imprese che, intenzionalmente o per negligenza, trasgrediscono l’art. 81 CE costituisce uno dei mezzi di cui dispone la Commissione per potere svolgere il compito di sorveglianza assegnatole dal diritto comunitario, compito che comprende il dovere di perseguire una politica generale mirante ad applicare, in fatto di concorrenza, i principi fissati dal Trattato e ad orientare in questo senso il comportamento delle imprese. Ne consegue che, per valutare la gravità di un’infrazione onde determinare l’importo dell’ammenda, la Commissione deve curare che la sua azione abbia carattere dissuasivo, soprattutto per i tipi di trasgressioni particolarmente nocivi per il conseguimento degli scopi della Comunità.

Occorre quindi che l’importo dell’ammenda venga modulato al fine di tenere conto dell’impatto voluto sull’impresa cui l’ammenda stessa viene inflitta, affinché questa non venga resa trascurabile o, al contrario, eccessiva, in considerazione, segnatamente, della capacità finanziaria dell’impresa in questione, conformemente agli obblighi derivanti, da un lato, dalla necessità di assicurare l’effettività dell’ammenda e, dall’altro, dal rispetto del principio di proporzionalità. Un’impresa di grandi dimensioni, dotata di considerevoli risorse finanziarie rispetto a quelle degli altri membri di un’intesa, è in grado di svincolare più facilmente i fondi necessari al pagamento della sua ammenda, il che giustifica, in vista di un effetto dissuasivo sufficiente della stessa, che si infligga, in particolare mediante applicazione di un coefficiente moltiplicatore, un’ammenda proporzionalmente più elevata rispetto a quella che sanziona la stessa infrazione commessa da un’impresa che non dispone di pari risorse. In particolare, la presa in considerazione del fatturato globale di ciascuna impresa che faccia parte di un’intesa è pertinente al fine di determinare l’importo dell’ammenda.

Lo scopo dissuasivo che la Commissione legittimamente persegue fissando l’importo di un’ammenda è volto a garantire l’osservanza da parte delle imprese delle regole di concorrenza stabilite dal Trattato per lo svolgimento delle loro attività all’interno della Comunità o dello Spazio economico europeo. Ne consegue che il fattore dissuasivo che può essere incluso nel calcolo dell’ammenda è valutato tenendo conto di molteplici elementi, e non solo della situazione particolare dell’impresa interessata. Tale principio si applica segnatamente allorquando la Commissione ha determinato il coefficiente moltiplicatore di dissuasione applicato all’ammenda inflitta a un’impresa.

(v. punti 243-246)

14.    La circostanza che più società siano ritenute solidalmente responsabili per il pagamento di un’ammenda per il motivo che costituiscono un’impresa ai sensi dell’art. 81 CE non implica, quanto all’applicazione del limite previsto dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, che l’obbligazione di ciascuna di esse si limiti al 10% del fatturato che essa ha realizzato durante l’ultimo esercizio sociale. Infatti, il limite del 10%, ai sensi di tale disposizione, dev’essere calcolato sulla base del fatturato complessivo di tutte le società che costituiscono l’entità economica unica che agisce in qualità di impresa ai sensi dell’art. 81 CE, poiché solo il fatturato complessivo delle società che la compongono può costituire un’indicazione delle dimensioni e del potere economico dell’impresa di cui trattasi.

(v. punti 253, 313)

15.    Il punto 2 degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA menziona, quale esempio di circostanze aggravanti, la recidiva della/delle medesima/e impresa/e per un’infrazione del medesimo tipo. La nozione di recidiva, come è intesa in un certo numero di ordinamenti giuridici nazionali, implica che una persona abbia commesso nuove infrazioni dopo essere stata punita per violazioni analoghe. Un’eventuale recidiva rientra fra gli elementi da prendere in considerazione in sede di analisi della gravità dell’infrazione di cui trattasi.

A tal riguardo, quando la Commissione tiene conto della nozione di impresa, di cui all’art. 81 CE, ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante della recidiva, e ritiene che la medesima impresa abbia reiterato un comportamento illecito, e ciò anche se non vi sia identità tra le persone giuridiche coinvolte nelle infrazioni, essa deve addurre elementi precisi e circostanziati a sostegno della sua asserzione.

Pertanto, ove l’evoluzione della struttura e del controllo delle società di cui trattasi sia particolarmente complessa, spetta alla Commissione fornire un’informazione sufficientemente circostanziata e precisa dell’andamento delle società detenute dall’impresa interessata prima dell’infrazione e fornire tutti gli elementi circostanziati necessari per concludere che le società cui si riferisce la sua decisione e le società cui si riferiscono le decisioni precedenti formano un’unica impresa a sensi dell’art. 81 CE.

(v. punti 293-295, 298-299, 302)

16.    Ai termini del punto 3, secondo trattino, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del trattato CECA, la non applicazione di fatto degli accordi o delle pratiche illecite può costituire una circostanza attenuante. Tuttavia, la circostanza che un’impresa, la cui partecipazione ad una concertazione con le sue concorrenti sia dimostrata, non abbia adeguato il proprio comportamento sul mercato a quello concordato con le sue concorrenti non costituisce necessariamente un elemento da prendere in considerazione alla stregua di circostanza attenuante in sede di determinazione dell’importo dell’ammenda da infliggere.

Infatti, un’impresa che persegua, nonostante la concertazione con i suoi concorrenti, una politica più o meno indipendente sul mercato può semplicemente cercare di avvalersi dell’intesa a proprio vantaggio e un’impresa che non prenda le distanze dai risultati di una riunione a cui ha assistito mantiene, in via di principio, la piena responsabilità per la partecipazione all’intesa. La Commissione è pertanto tenuta a riconoscere l’esistenza di una circostanza attenuante a causa della mancata attuazione di un’intesa solo se l’impresa che fa valere tale circostanza può dimostrare di essersi opposta chiaramente e con forza all’attuazione di tale intesa, al punto da averne perturbato il funzionamento stesso, di non aver aderito in apparenza all’accordo e di non avere, perciò, istigato altre imprese ad attuare l’intesa in questione. Sarebbe, infatti, troppo semplice per le imprese minimizzare il rischio di dover pagare un’ammenda ingente qualora potessero approfittare di un’intesa illecita e beneficiare in seguito di una riduzione dell’ammenda per il fatto di avere svolto solo un ruolo limitato nell’attuazione dell’infrazione, mentre il loro atteggiamento ha istigato altre imprese a comportarsi in maniera più dannosa per la concorrenza.

(v. punti 306-307)