Language of document : ECLI:EU:C:2011:634

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

6 ottobre 2011 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Aiuti di Stato – Aiuti in favore delle imprese nei territori di Venezia e di Chioggia – Sgravi degli oneri sociali – Recupero»

Nella causa C‑302/09,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 88, n. 2, CE, proposto il 30 luglio 2009,

Commissione europea, rappresentata dal sig. V. Di Bucci nonché dalla sig.ra E. Righini, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata dalla sig.ra G. Palmieri, in qualità di agente, assistita dal sig. G. Aiello, avvocato dello Stato, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta dal sig. J.-J. Kasel, presidente di sezione, dal sig. M. Safjan (relatore) e dalla sig.ra M. Berger, giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 febbraio 2011,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il presente ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato, nei termini stabiliti, tutti i provvedimenti necessari, da un lato, a sopprimere il regime di aiuti giudicato illegittimo ed incompatibile con il mercato comune con decisione della Commissione 25 novembre 1999, 2000/394/CE, relativa alle misure di aiuto in favore delle imprese nei territori di Venezia e di Chioggia previste dalle leggi n. 30/1997 e n. 206/1995, recanti sgravi degli oneri sociali (GU 2000, L 150, pag. 50), e, dall’altro, a recuperare presso i beneficiari gli aiuti concessi in virtù di tale regime, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi del Trattato CE e degli artt. 2, 5 e 6 di tale decisione.

 Contesto normativo

2        Il tredicesimo ‘considerando’ del regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999, n. 659, recante modalità di applicazione dell’articolo [88] CE (GU L 83, pag. 1), recita come segue:

«Considerando che in caso di aiuti illegali non compatibili con il mercato comune occorrerebbe ripristinare la concorrenza effettiva; che a tal fine è necessario che l’aiuto, compresi gli interessi, venga recuperato senza indugio; che è opportuno che il recupero avvenga nel rispetto delle procedure di legge nazionali; che l’applicazione di queste procedure non dovrebbe impedire, facendo ostacolo ad un’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione, il ripristino della concorrenza effettiva; che, per ottenere detto risultato, gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure necessarie per garantire l’efficacia della decisione della Commissione».

3        L’art. 14 di tale regolamento, intitolato «Recupero degli aiuti», così recita:

«1.      Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario (in seguito denominata “decisione di recupero”). La Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario.

2.      All’aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero si aggiungono gli interessi calcolati in base a un tasso adeguato stabilito dalla Commissione. Gli interessi decorrono dalla data in cui l’aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data di recupero.

3.      Fatta salva un’eventuale ordinanza della Corte di giustizia delle Comunità europee emanata ai sensi dell’articolo [242 CE], il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal fine e in caso di procedimento dinanzi ai tribunali nazionali, gli Stati membri interessati adottano tutte le misure necessarie disponibili nei rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie, fatto salvo il diritto comunitario».

4        A norma dell’art. 23, n. 1, del suddetto regolamento:

«Qualora lo Stato membro interessato non si conformi ad una decisione condizionale o negativa, in particolare nei casi di cui all’articolo 14, la Commissione può adire direttamente la Corte di giustizia delle Comunità europee ai sensi dell’articolo [88, n. 2, CE]».

 Fatti

5        Con decisione 2000/394, la Commissione ha dichiarato che taluni aiuti concessi dalla Repubblica italiana alle imprese operanti nei territori di Venezia e di Chioggia, sotto forma di sgravi degli oneri sociali (in prosieguo: il «regime di aiuti in questione»), erano incompatibili con il mercato comune.

6        Dopo aver esaminato in dettaglio il regime di aiuti di cui trattasi, la Commissione ha concluso che l’aiuto concesso sotto forma di esenzioni per la creazione netta di posti di lavoro a favore delle piccole e medie imprese era compatibile con il mercato comune. Quando favorivano imprese che non rientravano nella categoria delle piccole e medie imprese, questi aiuti erano compatibili con detto mercato se tali imprese operavano in una zona che poteva godere della deroga prevista dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE. I medesimi aiuti erano parimenti compatibili con detto mercato quando andavano a beneficio di imprese che occupavano categorie di lavoratori con particolari difficoltà di inserimento o reinserimento nel mercato del lavoro. Viceversa, la Commissione ha ritenuto che gli aiuti concessi a grandi imprese non insediate in una zona che avesse diritto alla deroga prevista dall’art. 87, n. 3, lett. c), CE fossero incompatibili con il mercato comune.

7        Pertanto, la Commissione ha ritenuto che, quando aiuti incompatibili con il mercato comune erano stati concessi, come nel caso di specie, illegittimamente, lo Stato interessato fosse tenuto a reclamarne la restituzione presso i beneficiari per ripristinare lo statu quo ante.

8        Più specificamente, gli artt. 1‑7 della decisione 2000/394 sono così redatti:

«Articolo 1

Salvo il disposto degli articoli 3 e 4 della presente decisione, gli aiuti ai quali l’Italia ha dato esecuzione in favore delle imprese nei territori di Venezia e Chioggia, sotto forma di sgravi degli oneri sociali di cui all[e] legg[i] n. 30/1997 e n. 206/1995 che rinviano all’articolo 2 del decreto ministeriale 5 agosto 1994, sono compatibili con il mercato comune quando sono accordati alle seguenti imprese:

a)       [piccole e medie imprese] ai sensi della disciplina comunitaria degli aiuti di Stato alle piccole e medie imprese;

b)      imprese che non corrispondono a tale definizione e che tuttavia sono localizzate in una zona ammissibile alla deroga di cui all’articolo. 87, paragrafo 3, lett. c), [CE];

c)      qualsiasi altra impresa che assuma categorie di lavoratori con particolari difficoltà d’inserimento o di reinserimento nel mercato del lavoro secondo gli orientamenti comunitari in materia di occupazione.

Detti aiuti costituiscono aiuti incompatibili con il mercato comune quando sono accordati ad imprese che non sono [piccole e medie imprese] e che sono localizzate al di fuori delle zone ammissibili alla deroga prevista dall’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), [CE].

Articolo 2

Salvo il disposto degli artt. 3 e 4 della presente decisione, gli aiuti cui l’Italia ha dato esecuzione in favore delle imprese nei territori di Venezia e Chioggia, sotto forma di sgravi degli oneri sociali, di cui all’articolo 1 del decreto ministeriale del 5 agosto 1994, sono incompatibili con il mercato comune.

Articolo 3

Gli aiuti cui l’Italia ha dato esecuzione in favore delle imprese ASPIV e Consorzio Venezia Nuova sono compatibili con il mercato comune in virtù della deroga di cui all’articolo 86, paragrafo 2, del Trattato e, rispettivamente, della deroga di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera d), [CE].

Articolo 4

Le misure cui l’Italia ha dato esecuzione in favore delle imprese ACTV, Panfido SpA e AMAV non costituiscono aiuti ai sensi dell’articolo 87 [CE].

Articolo 5

L’Italia adotta tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari gli aiuti incompatibili con il mercato comune di cui all’articolo 1, paragrafo 2 e all’articolo 2 e già illegalmente posti a loro disposizione.

Il recupero è effettuato secondo le procedure di diritto nazionale. Le somme da recuperare maturano interessi a decorrere dalla data in cui sono state poste a disposizione dei beneficiari fino al loro effettivo recupero. Gli interessi sono calcolati sulla base del tasso di riferimento utilizzato per il calcolo dell’equivalente sovvenzione nel quadro degli aiuti a finalità regionale.

Articolo 6

L’Italia informa la Commissione, entro due mesi a decorrere dalla data di notificazione della presente decisione, dei provvedimenti adottati per conformarvisi.

Articolo 7

La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione».

 Ricorsi proposti avverso la decisione 2000/394

9        Numerosi enti, in particolare società, interessati dal regime di aiuti in questione hanno proposto, dinanzi al Tribunale di primo grado delle Comunità europee, diversi ricorsi diretti all’annullamento della decisione 2000/394.

10      Con ordinanza 8 luglio 2008, cause riunite T‑234/00 R, T‑235/00 R e T‑283/00 R, Fondazione Opera S. Maria della Carità e a./Commissione, il presidente del Tribunale ha respinto le domande di sospensione dell’esecuzione della decisione 2000/394.

11      Con sentenza 28 novembre 2008, cause riunite T‑254/00, T‑270/00 e T‑277/00, Hotel Cipriani e a./Commissione (Racc. pag. II‑3269), il Tribunale ha respinto i ricorsi d’annullamento della decisione 2000/394 proposti, rispettivamente, dalla Hotel Cipriani Srl, dalla Società italiana per il gas SpA, nonché dalla Coopservice – Servizi di fiducia Soc. coop. rl e dal Comitato «Venezia vuole vivere».

12      Con sentenza 9 giugno 2011, cause riunite C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta), la Corte ha respinto le impugnazioni interposte avverso la sentenza menzionata nel punto precedente della presente motivazione.

 Fase precontenziosa

13      Il 10 gennaio 2000 la decisione 2000/394 è stata notificata alla Repubblica italiana.

14      Al fine di dare esecuzione a questa decisione, le autorità italiane hanno adottato un certo numero di provvedimenti e ne hanno informato la Commissione. Così, in particolare, la procedura di esecuzione si è svolta nel modo seguente:

–        con lettera datata 17 aprile 2001, dette autorità hanno informato la Commissione del fatto che, in seguito ad accertamenti effettuati a Venezia, risultava che la decisione 2000/394 riguardava esclusivamente gli aiuti concessi per il mantenimento dell’occupazione, in quanto gli aiuti concessi per i nuovi posti di lavoro erano conformi al mercato comune. Le medesime autorità precisavano che tra le circa 2 100 imprese beneficiarie dei primi aiuti era necessario individuare quelle che avevano goduto di aiuti per le piccole e medie imprese e che, di conseguenza, erano escluse dalla procedura di recupero;

–        nel corso del 2001, è stato istituito uno speciale gruppo di lavoro interministeriale incaricato di individuare i casi in cui mancavano i presupposti richiesti per l’applicazione dell’art. 87, n. 1, CE (gondolieri, ristoranti, alberghi, trasporto di merci per conto terzi per vie d’acqua, settori non liberalizzati, ecc.);

–        con lettera datata 5 luglio 2002, la Repubblica italiana ha informato la Commissione che l’Istituto nazionale italiano di previdenza sociale (in prosieguo: l’«INPS») era stato incaricato dal Ministero del Lavoro di dare corso alla procedura di recupero e che le sedi territoriali dell’INPS avevano inviato, nel corso del mese di aprile 2002, richieste di recupero alle imprese interessate, impartendo loro un termine di 30 giorni per l’adempimento;

–        con lettera del 7 febbraio 2003, le autorità italiane hanno informato la Commissione che 736 imprese erano tenute a restituire gli aiuti loro concessi, 150 delle quali avevano presentato ricorsi amministrativi contro i provvedimenti nazionali di recupero degli aiuti, ricorsi respinti dall’INPS. Queste autorità segnalavano che nessuna impresa aveva ancora restituito gli importi dovuti e che l’INPS stava procedendo al recupero forzato dei medesimi;

–        con lettera del 9 novembre 2004, le autorità italiane hanno confermato che nessuna impresa priva dei requisiti di piccola o media impresa aveva beneficiato di uno sgravio degli oneri sociali. 246 imprese avevano proposto, dinanzi all’autorità giudiziaria, una serie di ricorsi diretti avverso i provvedimenti nazionali miranti al recupero degli aiuti che le riguardavano. Le medesime autorità aggiungevano che in tutte queste cause un giudice nazionale aveva disposto, in via cautelare, la sospensione dell’esecuzione di questi ordini. Nei casi in cui la sospensione dell’esecuzione non era stata ordinata, l’INPS avrebbe proceduto all’esecuzione forzata;

–        con lettera datata 1° aprile 2005, la Repubblica italiana ha informato la Commissione che 251 procedimenti di opposizione ai provvedimenti diretti al recupero degli aiuti erano pendenti dinanzi al Tribunale di Venezia e che, in tutti questi casi, il Tribunale aveva disposto la relativa sospensione dell’esecuzione. Inoltre, in 147 di questi casi la procedura era stata sospesa, in applicazione dell’art. 295 del codice di procedura civile italiano, in attesa della pronuncia della citata sentenza del Tribunale Hotel Cipriani e a./Commissione. Le autorità italiane avrebbero proposto ricorso in cassazione avverso le decisioni che avevano concesso la sospensione dell’esecuzione di detti provvedimenti;

–        il legislatore italiano ha tentato di risolvere il problema procedurale derivante dalla sospensione dell’esecuzione degli ordini di recupero degli aiuti illegittimamente versati, disposta dai giudici nazionali, con l’adozione del decreto legge 8 aprile 2008, n. 59 (GURI n. 84 del 9 aprile 2008, pag. 3; in prosieguo: il «d.l. n. 59/2008»), entrato in vigore il 9 aprile 2008, e convertito in legge 6 giugno 2008, n. 101 (GURI n. 132 del 7 giugno 2008, pag. 4);

–        con lettera del 6 ottobre 2008, le autorità italiane hanno informato la Commissione che, a seguito dell’entrata in vigore del d.l. n. 59/2008, l’INPS aveva proposto un’istanza volta al riesame delle decisioni che avevano concesso la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti diretti al recupero degli aiuti, al fine di ottenere la revocazione delle stesse. Tuttavia, tale domanda era stata respinta, in quanto in diritto italiano l’ordinanza di sospensione del procedimento sarebbe irrevocabile e detta sospensione era stata confermata dalla Corte di cassazione.

15      Durante tutta la fase precontenziosa la Commissione ha insistito sulla necessità, da parte delle autorità nazionali competenti, di procedere all’esecuzione immediata ed effettiva della decisione 2000/394.

16      La Commissione ha attirato l’attenzione della Repubblica italiana sul fatto che la procedura di recupero degli aiuti illegittimi era insufficiente. In particolare, la decisione della Commissione di adire la Corte nella presente controversia è stata adottata in considerazione del fatto che, diversi anni dopo l’adozione della decisione 2003/394, solo una parte di tali aiuti era stata recuperata.

 Sul ricorso

 Argomenti delle parti

17      Nel suo ricorso la Commissione fa valere che lo Stato membro destinatario di una decisione che gli impone di recuperare aiuti illegittimi è tenuto, ai sensi dell’art. 249, quarto comma, CE, ad adottare ogni misura idonea ad assicurare l’esecuzione di tale decisione.

18      Secondo la Commissione, l’obbligo di recupero costituisce un vero e proprio obbligo di risultato. Inoltre, il recupero dovrebbe essere non solo effettivo, ma anche immediato.

19      La Commissione sostiene poi che il solo mezzo di difesa che possa essere fatto valere dalla Repubblica italiana nella presente causa è quello relativo ad un’impossibilità assoluta di dare correttamente esecuzione alla decisione 2000/394. Orbene, le autorità italiane non avrebbero mai fatto valere un’impossibilità assoluta a questo proposito nel corso della fase precontenziosa.

20      In ogni caso, il presupposto attinente all’esistenza di un’impossibilità assoluta di esecuzione non risulterebbe soddisfatto qualora lo Stato membro convenuto si limitasse, come fa nella presente causa, ad appellarsi alle difficoltà giuridiche, politiche o pratiche che presenterebbe l’esecuzione della decisione 2000/394.

21      Per quanto concerne le decisioni di un organo giudicante nazionale che disponga provvedimenti di sospensione dell’esecuzione del recupero, la Commissione sottolinea che il principio di effettività deve applicarsi anche nei confronti di detto giudice. In presenza di un’eventuale domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento di recupero presentata dal beneficiario, il giudice nazionale adito dovrebbe applicare i criteri enucleati dalla Corte nella sua giurisprudenza, onde evitare che la decisione di recupero sia privata della sua efficacia pratica.

22      Orbene, nella presente causa, la sussistenza dei presupposti enunciati da detta giurisprudenza non sarebbe stata accertata dal giudice nazionale che ha disposto la sospensione dell’esecuzione delle misure di recupero. La Commissione aggiunge che, in seguito alla pronuncia della citata sentenza del Tribunale Hotel Cipriani e a./Commissione, le autorità nazionali competenti avrebbero dovuto chiedere un nuovo accertamento dei presupposti enunciati dalla giurisprudenza della Corte e il giudice nazionale avrebbe dovuto effettuare detto accertamento in base a criteri ancor più rigorosi.

23      Benché, in seguito all’entrata in vigore del d.l. n. 59/2008, le autorità italiane abbiano proposto una domanda di riesame delle decisioni di sospensione dell’esecuzione, detta domanda sarebbe stata respinta dal giudice nazionale. Di conseguenza, le autorità italiane avrebbero dichiarato che non esisteva più nessun rimedio giurisdizionale, a livello nazionale, che consentisse di opporsi a dette decisioni.

24      Per quanto concerne la sospensione delle procedure nazionali dirette al recupero degli aiuti illegittimi, la Commissione sottolinea che quest’ultima non è stata revocata in seguito alla citata sentenza del Tribunale Hotel Cipriani e a./Commissione, e che è rimasta in vigore dopo la presentazione, dinanzi alla Corte, delle impugnazioni proposte avverso detta sentenza.

25      A questo proposito, la Commissione aggiunge che i ricorsi proposti dinanzi agli organi giudicanti dell’Unione non hanno effetto sospensivo e che l’esecuzione della decisione 2000/394 non è stata sospesa dal Tribunale in nessuna delle cause dirette all’annullamento di detta decisione.

26      Peraltro, la procedura relativa agli ordini di recupero degli aiuti che non sono stati impugnati dinanzi ai giudici nazionali, e per i quali non è stata posta in essere la riscossione forzata, non avrebbe avuto effetti soddisfacenti. Infatti, meno di un quarto di tali ordini sarebbe stato eseguito integralmente.

27      Inoltre, la Commissione constata che, oltre nove anni dopo l’adozione della decisione 2000/394, le autorità italiane hanno recuperato meno del 2% delle somme controverse.

28      La Repubblica italiana sostiene che il diritto dell’Unione non impone di seguire alcuna procedura specifica per il recupero degli aiuti di Stato in illegittimamente versati, ma esige unicamente che l’applicazione delle procedure nazionali consenta l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione 2000/394.

29      È proprio al fine di assicurare l’esecuzione della decisione citata che le autorità italiane hanno posto in essere ogni iniziativa utile al fine di conseguire i rimborsi, non solo su di un piano concretamente operativo, ma soprattutto mediante l’emanazione del d.l. n. 59/2008, nel tentativo di superare le difficoltà incontrate sul versante giudiziario.

30      La Repubblica italiana avrebbe anzitutto provveduto all’esatta individuazione delle imprese realmente tenute alla restituzione degli aiuti erogati. Infatti, su un totale di circa 2 000 imprese beneficiarie, solo gli aiuti percepiti da 517 imprese sarebbero illegittimi e, di conseguenza, soggetti a recupero. Pertanto, i ritardi verificatisi in sede di recupero degli aiuti sarebbero collegati alla necessità di individuare i casi in cui gli aiuti concessi fossero legittimi.

31      Per quanto riguarda le decisioni di sospensione dell’esecuzione adottate dal giudice nazionale, la Repubblica italiana sostiene che esse erano giustificate dall’esistenza di un ricorso proposto dinanzi al Tribunale avverso la decisione 2000/394. Quando il giudice dell’Unione è già investito di una questione concernente la validità di una decisione della Commissione riguardante il recupero di aiuti, un giudice nazionale non sarebbe tenuto ad adire la Corte con un rinvio pregiudiziale vertente sulla stessa questione e potrebbe sospendere il procedimento, in attesa di una decisione sulla legittimità dell’atto dell’Unione di cui trattasi.

32      A questo proposito, la Repubblica italiana aggiunge che i dispositivi dei menzionati provvedimenti del giudice nazionale fanno preciso riferimento alla circostanza che la legittimità della decisione 2000/394 è oggetto di contestazione dinanzi agli organi giudicanti dell’Unione.

33      Inoltre, le decisioni che dispongono la sospensione dell’esecuzione non avrebbero nessuna incidenza né sulla decisione 2000/394, né sulla validità e l’efficacia teorica dei provvedimenti miranti al recupero degli aiuti illegittimi. Infatti, i due atti rimarrebbero efficaci, nonostante la sospensione temporanea e provvisoria dell’esecuzione di tali ordini.

34      La Repubblica italiana deduce poi in subordine una tesi difensiva, secondo cui era stato assolutamente impossibile dare immediata esecuzione alla decisione 2000/394; tale impossibilità giustificherebbe i ritardi verificatisi nel procedimento di recupero. Malgrado le autorità nazionali abbiano agito con diligenza al fine di dare esecuzione a detta decisione, un recupero effettivo degli aiuti illegittimi sarebbe tuttavia ritardato e ostacolato da impedimenti di carattere giuridico e procedurale. Orbene, le difficoltà incontrate nella procedura di recupero sarebbero collegate all’applicazione dei principi generali riconosciuti nell’ordinamento giuridico dell’Unione, cioè i principi di garanzia di un’adeguata tutela giurisdizionale, di non discriminazione, nonché di legalità dell’azione amministrativa.

 Giudizio della Corte

35      Da una costante giurisprudenza della Corte risulta che, ai sensi dell’art. 249 CE, lo Stato membro destinatario di una decisione che gli impone di recuperare aiuti illegittimi è tenuto ad adottare ogni misura idonea ad assicurare l’esecuzione di tale decisione (sentenza 5 ottobre 2006, causa C‑232/05, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑10071, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

36      Detto Stato membro deve giungere a un effettivo recupero delle somme dovute (v. sentenze Commissione/Francia, cit., punto 42, e 22 dicembre 2010, causa C‑304/09, Commissione/Italia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32). Un recupero tardivo, successivo ai termini stabiliti, non può soddisfare le prescrizioni del Trattato (sentenze 14 febbraio 2008, causa C‑419/06, Commissione/Grecia, punti 38 e 61, nonché Commissione/Italia, cit., punto 32).

37      Conformemente all’art. 5, primo comma, della decisione 2000/394, la Repubblica italiana era tenuta ad adottare tutti i provvedimenti necessari per recuperare, presso i beneficiari, gli aiuti dichiarati incompatibili con il mercato comune in forza di detta decisione, già illegittimamente posti a loro disposizione. Inoltre, detto Stato membro era tenuto, ai sensi dell’art. 6 della medesima decisione, ad informare la Commissione, entro due mesi dalla notifica della decisione, delle misure adottate per conformarsi ad essa.

38      Peraltro va rammentato che, come risulta dall’art. 14, n. 3, del regolamento n. 659/1999, il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione (v. sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 58).

39      Orbene, nella presente causa è pacifico che, diversi anni dopo la notifica alla Repubblica italiana della decisione 2000/394 e dopo la scadenza dei termini impartiti, una parte considerevole degli aiuti illegittimi non è stata ancora recuperata da tale Stato membro. Una simile situazione è manifestamente incompatibile con l’obbligo di quest’ultimo di pervenire ad un recupero effettivo delle somme dovute e costituisce una violazione del dovere di esecuzione immediata ed effettiva di detta decisione.

40      Per quanto riguarda i motivi dedotti dalla Repubblica italiana nell’ambito della sua difesa, occorre rilevare che, secondo una giurisprudenza costante, il solo argomento difensivo che uno Stato membro può opporre al ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione sulla base dell’art. 88, n. 2, CE è quello dell’impossibilità assoluta di dare correttamente esecuzione alla decisione di cui trattasi (v., in particolare, sentenze 20 settembre 2007, causa C‑177/06, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑7689, punto 46; 13 novembre 2008, causa C‑214/07, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑8357, punto 44; Commissione/Italia, cit., punto 35; 5 maggio 2011, causa C‑305/09, Commissione/Italia, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32, e 14 luglio 2011, causa C‑303/09, Commissione/Italia, punto 33).

41      A questo proposito, la Corte ha già dichiarato che la condizione relativa all’esistenza di un’impossibilità assoluta di adempiere non è soddisfatta quando lo Stato membro convenuto si limiti a comunicare alla Commissione le difficoltà giuridiche, politiche o pratiche che presentava l’esecuzione della decisione, senza aver intrapreso nessuna vera iniziativa presso le imprese interessate al fine di recuperare l’aiuto e senza aver proposto alla Commissione altre modalità di esecuzione della decisione, che consentissero di superare le difficoltà segnalate (v. sentenza 5 maggio 2011, Commissione/Italia, cit., punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

42      Occorre aggiungere che la Corte ha altresì dichiarato che uno Stato membro il quale, in occasione dell’esecuzione di una decisione della Commissione in materia di aiuti di Stato, incontri difficoltà impreviste e imprevedibili o si renda conto di conseguenze non considerate dalla Commissione deve sottoporre tali problemi alla valutazione di quest’ultima, proponendo appropriate modifiche della decisione di cui trattasi. In un caso del genere, lo Stato membro e la Commissione, in forza del principio che impone agli Stati membri e alle istituzioni dell’Unione doveri reciproci di leale cooperazione, principio che informa in particolare l’art. 10 CE, devono collaborare in buona fede per superare le difficoltà nel pieno rispetto delle disposizioni del Trattato, in particolare di quelle relative agli aiuti (sentenza 22 dicembre 2010, Commissione/Italia, cit., punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

43      Nel caso di specie, è assodato che la Repubblica italiana non ha mai chiesto alla Commissione modifiche della decisione 2000/394 volte a permetterle di superare le difficoltà connesse all’esecuzione effettiva ed immediata di quest’ultima.

44      Per quanto concerne l’argomento difensivo che la Repubblica italiana ricava dall’impossibilità assoluta di dare esecuzione alla decisione 2000/394, è importante rilevare che i provvedimenti nazionali di sospensione dell’esecuzione menzionati nel punto 14 della presente sentenza non rappresentano un caso di impossibilità assoluta di dare esecuzione a detta decisione della Commissione. Nemmeno il rispetto dei principi di garanzia di un’adeguata tutela giurisdizionale, di non discriminazione nonché di legalità dell’azione amministrativa, invocati da questo Stato membro in connessione con la contestazione della legittimità della decisione 2000/394 dinanzi agli organi giudicanti dell’Unione e nel quadro di una procedura nazionale, possono rendere assolutamente impossibile l’esecuzione di detta decisione.

45      Nel caso di specie, risulta dal fascicolo che il giudice nazionale ha ordinato la sospensione dell’esecuzione dei numerosi provvedimenti diretti al recupero degli aiuti illegittimi, dopo di che ha disposto la sospensione del procedimento in numerose cause aventi ad oggetto ricorsi proposti avverso detti provvedimenti. Ebbene, in forza del diritto italiano questa sospensione aveva l’effetto, come si evince dalle osservazioni delle parti e dall’udienza dibattimentale, di impedire una qualsivoglia revisione della sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti in questione.

46      A questo proposito occorre ricordare che misure di tal genere possono essere concesse purché siano soddisfatti i presupposti fissati dalla giurisprudenza (v., in particolare, sentenze 21 febbraio 1991, cause riunite C‑143/88 e C‑92/89, Zuckerfabrik Süderdithmarschen e Zuckerfabrik Soest, Racc. pag. I‑415, nonché 9 novembre 1995, causa C‑465/93, Atlanta Fruchthandelsgesellschaft e a. (I), Racc. pag. I‑3761).

47      In particolare, il provvedimento di un giudice nazionale diretto a sospendere o l’atto nazionale adottato in esecuzione di una decisione della Commissione che obblighi lo Stato membro a recuperare l’aiuto illegittimo, o la procedura necessaria per garantire l’effettiva attuazione di detta decisione, dev’essere giustificato, in conformità alla giurisprudenza menzionata nel punto 46 della presente sentenza, con argomenti diretti a dimostrare l’invalidità della decisione in questione. Questo principio si applica parimenti quando la legittimità di una tale decisione è oggetto di contestazione dinanzi al Tribunale (v. sentenza 22 dicembre 2010, Commissione/Italia, cit., punti 46 e 51).

48      Orbene, un ricorso di annullamento presentato dinanzi al Tribunale contro una decisione che ordina il recupero di un aiuto non ha effetto sospensivo sull’obbligo di dare esecuzione a tale decisione (v. sentenza 6 dicembre 2007, causa C‑280/05, Commissione/Italia, punto 21). Lo stesso vale quando la sentenza del Tribunale, pronunciata nell’ambito di tale ricorso, costituisce oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte.

49      A tal riguardo occorre aggiungere che, con la citata ordinanza Fondazione Opera S. Maria della Carità e a./Commissione, il Tribunale ha respinto le domande di sospensione dell’esecuzione della decisione 2000/394.

50      Nel caso di specie, l’analisi delle decisioni nazionali versate agli atti dalle parti, riguardanti il recupero degli aiuti illegittimi ordinato dalla decisione 2000/394, non consente di dimostrare che i presupposti indicati dalla giurisprudenza citata nel punto 46 della presente sentenza fossero soddisfatti. In ogni caso, la Repubblica italiana non ha dimostrato, nel procedimento dinanzi alla Corte, la sussistenza dei presupposti individuati dalla giurisprudenza menzionata. Ciò posto, detto Stato membro non può avvalersi delle decisioni nazionali che hanno disposto provvedimenti provvisori per giustificare l’omessa esecuzione della decisione 2000/394 nei termini stabiliti.

51      Peraltro, la Repubblica italiana giustifica i ritardi nell’effettivo recupero degli aiuti illegittimi lamentando le difficoltà collegate alla necessità di individuare le imprese obbligate a restituire detti aiuti in forza della decisione 2000/394. Tuttavia, il fatto che lo Stato membro di cui trattasi avverta la necessità di verificare la posizione individuale di ciascuna impresa interessata, allo scopo di compiere un esame preliminare volto ad identificare i beneficiari dei vantaggi presi in considerazione dalla decisione 2000/394, non è idoneo a giustificare la mancata esecuzione di tale decisione (v. sentenza 5 maggio 2011, Commissione/Italia, cit., punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

52      In effetti, spettava alla Repubblica italiana verificare la posizione individuale di ogni impresa interessata da un’operazione di recupero. In particolare, le autorità nazionali avevano l’obbligo di esaminare, in ciascun caso individuale, se i benefici concessi fossero in grado di falsare la concorrenza e incidere sugli scambi intracomunitari (v. sentenza Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, cit., punti 63, 64 e 121).

53      Vero è che, nel corso della procedura di recupero degli aiuti illegittimi, il legislatore italiano ha intrapreso un’azione seria al fine di garantire l’efficacia di tale recupero, adottando il d.l. n. 59/2008. In particolare, emerge dagli atti di causa che, al fine di accelerare la definizione delle controversie già in corso, detto decreto legge era destinato a risolvere il problema procedurale causato dalla sospensione dell’esecuzione degli ordini di recupare gli aiuti, disposta dai giudici nazionali (v. sentenza 14 luglio 2011, Commissione/Italia, cit., punto 39).

54      Tuttavia, l’adozione dei provvedimenti menzionati nel punto precedente della presente sentenza non ha consentito di porre rimedio al ritardo rilevato nel recupero degli aiuti di cui alla decisione 2000/394. Infatti questa misura, entrata in vigore dopo la scadenza dei termini stabiliti per procedere al recupero degli aiuti illegittimi, si è rivelata inefficace dato che, parecchi anni dopo la notifica della decisione 2000/394, una parte rilevante di detti aiuti non era stata recuperata dalla Repubblica italiana.

55      Al riguardo occorre rilevare che le iniziative legislative destinate a garantire l’esecuzione, da parte dei giudici nazionali, di una decisione della Commissione che obbliga uno Stato membro a recuperare un aiuto illegittimo, le quali, come nella fattispecie, vengano adottate in ritardo e risultino inefficaci, non soddisfano i principi che derivano dalla giurisprudenza indicata nei punti 35 e 36 della presente sentenza (citate sentenze 22 dicembre 2010, Commissione/Italia, punto 42; 5 maggio 2011, Commissione/Italia, punto 40, e 14 luglio 2011, Commissione/Italia, punto 41).

56      Da quanto prima affermato risulta che il presente ricorso è fondato nella parte in cui la Commissione addebita alla Repubblica italiana di non aver adottato, entro i termini stabiliti, tutti i provvedimenti necessari a recuperare presso i beneficiari gli aiuti concessi in base al regime di aiuti controverso, che è stato dichiarato illegittimo ed incompatibile con il mercato comune dalla decisione 2000/394.

57      Occorre pertanto dichiarare che la Repubblica italiana, non avendo adottato, nei termini stabiliti, tutte le misure necessarie a recuperare presso i beneficiari gli aiuti concessi in base al regime di aiuti dichiarato illegittimo e incompatibile con il mercato comune dalla decisione 2000/394, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 5 di detta decisione.

 Sulle spese

58      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica italiana, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La Repubblica italiana, non avendo adottato, nei termini stabiliti, tutte le misure necessarie a recuperare presso i beneficiari gli aiuti concessi in base al regime di aiuti dichiarato illegittimo e incompatibile con il mercato comune dalla decisione della Commissione 25 novembre 1999, 2000/394/CE, relativa alle misure di aiuto in favore delle imprese nei territori di Venezia e di Chioggia previste dalle leggi n. 30/1997 e n. 206/1995, recanti sgravi degli oneri sociali, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi dell’art. 5 di detta decisione.

2)      La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: l’italiano.