Language of document : ECLI:EU:C:2013:93

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 21 febbraio 2013 (1)

Causa C‑648/11

MA,

BT,

DA,

contro

Secretary of State for the Home Department

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dalla Court of Appeal (England & Wales) (Civil Division) (Regno Unito)]

«Regolamento (CE) n. 343/2003 (Dublino II) – Determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo presentata da minori non accompagnati, cittadini di uno Stato terzo – Pluralità di domande di asilo – Interesse superiore dei minori»






1.        Nell’ambito di un procedimento volto a determinare lo Stato membro competente per l’esame di alcune domande di asilo presentate da tre cittadini di Stati terzi che, oltre ad essere minori di età, non sono accompagnati né hanno familiari legalmente stabiliti nel territorio dell’Unione, la Court of Appeal rivolge alla Corte di giustizia una questione finora inedita, vertente sull’interpretazione dell’articolo 6, secondo comma, del regolamento di Dublino II (2).

2.        Infatti, i criteri stabiliti dal regolamento n. 343/2003 per determinare lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo possono dar luogo a situazioni di concorrenza che, come dimostra la presente causa, non sono facilmente risolvibili alla luce del tenore letterale delle disposizioni del regolamento, talché si potrebbe quasi affermare che il caso che ci occupa non è stato previsto.

3.        Cosciente delle difficoltà interpretative della questione sollevata, chiaramente rivelate dalle posizioni contrapposte delle parti che sono intervenute nel presente procedimento, proporrò un’interpretazione estensiva dell’articolo 6, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003, che si basa sul fatto che l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente (articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea; in prosieguo: la «CEDU») e degli obiettivi di chiarezza e di rapidità stabiliti dal regolamento per la procedura di determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo.

I –    Contesto normativo

A –    Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

4.        A norma dell’articolo 24, paragrafo 2, CDFUE «[i]n tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente».

B –    Regolamento n. 343/2003

5.        Il terzo, il quarto ed il quindicesimo considerando del regolamento Dublino II così recitano:

«(3)      Secondo le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere, il regime europeo comune in materia di asilo dovrebbe prevedere a breve termine un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo.

(4)      Tale meccanismo dovrebbe essere fondato su criteri oggettivi ed equi sia per gli Stati membri sia per le persone interessate. Dovrebbe, soprattutto, consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento dello status di rifugiato e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande d’asilo.

(…)

(15)      Il presente regolamento rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi che sono riconosciuti, segnatamente, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. In particolare, il presente regolamento intende assicurare il pieno rispetto del diritto d’asilo garantito dall’articolo 18».

6.        Ai sensi dell’articolo 1 del regolamento, quest’ultimo «stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo».

7.        L’articolo 2 del regolamento contiene le seguenti definizioni, rilevanti ai fini del presente procedimento e prevede che, ai suoi effetti, s’intende per:

«c)      “domanda”: la domanda presentata da un cittadino di un paese terzo che può considerarsi una richiesta di protezione internazionale da parte di uno Stato membro a norma della convenzione di Ginevra. (…)

d)      “richiedente” o “richiedente asilo”: il cittadino di un paese terzo che ha presentato una domanda di asilo in merito alla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva;

(…)

h)      “minori non accompagnati”: le persone non coniugate di età inferiore ai diciotto anni che entrano nel territorio degli Stati membri senza essere accompagnati da una persona adulta responsabile per esse in base alla legge o agli usi, finché non ne assuma effettivamente la custodia una persona per esse responsabile, ovvero i minori che sono lasciati senza accompagnamento una volta entrati nel territorio degli Stati membri».

8.        Ai sensi dell’articolo 3 di detto regolamento:

«1.      Gli Stati membri esaminano la domanda di asilo di un cittadino di un paese terzo presentata alla frontiera o nel rispettivo territorio. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III.

2.      In deroga al paragrafo 1, ciascuno Stato membro può esaminare una domanda d’asilo presentata da un cittadino di un paese terzo, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento. In tale ipotesi, detto Stato membro diventa lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e assume gli obblighi connessi a tale competenza. Eventualmente, ne informa lo Stato membro anteriormente competente, lo Stato che ha in corso il procedimento volto a determinare lo Stato competente o quello al quale è stato chiesto di prendere o riprendere in carico il richiedente asilo.

(…)».

9.        Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, «[i]l procedimento volto a determinare lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento è avviato non appena una domanda d’asilo è presentata per la prima volta in uno Stato membro».

10.      Nel capo III del regolamento (articoli 5‑14), intitolato «Gerarchia dei criteri», sono enumerati i criteri pertinenti per la determinazione dello «Stato membro competente» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, riportato nei precedenti paragrafi:

Articolo 5

«1.      I criteri per la determinazione dello Stato membro competente si applicano nell’ordine nel quale sono definiti dal presente capo.

2.      La determinazione dello Stato membro competente in applicazione di tali criteri avviene sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente asilo ha presentato domanda di asilo per la prima volta in uno Stato membro».

Articolo 6

«Se il richiedente asilo è un minore non accompagnato, è competente per l’esame della domanda di asilo lo Stato membro nel quale si trova legalmente un suo familiare, purché ciò sia nel miglior interesse del minore.

In mancanza di un familiare, è competente per l’esame della domanda lo Stato membro in cui il minore ha presentato la domanda d’asilo».

Articolo 13

«Quando lo Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo non può essere designato sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata».

11.      Il capo IV del regolamento, dal titolo «Clausola umanitaria», contiene un’unica disposizione, l’articolo 15, il cui paragrafo 3 è del seguente tenore:

«Se il richiedente asilo è un minore non accompagnato in un altro Stato membro che ha uno o più parenti che possono occuparsi di lui/lei, gli Stati membri cercano di ricongiungere il minore con il(i) parente(i), a meno che ciò sia in contrasto con il miglior interesse del minore».

C –    Regolamento n. 1560/2003 (il «Regolamento di applicazione»)

12.      Il regolamento (CE) n. 1560/2003 della Commissione, del 2 settembre 2003, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 (3), all’articolo 12 dispone come segue:

«1.      Ove la decisione di affidamento di un minore non accompagnato a un familiare che non sia il padre, la madre o il tutore rischi di creare difficoltà particolari, specie quando l’adulto in questione risieda fuori dalla giurisdizione dello Stato membro in cui il minore ha richiesto asilo, è agevolata la cooperazione fra le autorità competenti degli Stati membri, in particolare le autorità o gli organi giurisdizionali preposti alla tutela dei minori e sono assunte le misure necessarie perché dette autorità possano pronunciarsi con cognizione di causa sulla capacità dell’adulto o degli adulti interessati di prendersi carico del minore nell’interesse di quest’ultimo.

A questo fine, si tiene conto delle possibilità previste nell’ambito della cooperazione giudiziaria civile.

2.       Il superamento dei termini di cui all’articolo 18, paragrafi 1 e 6, e all’articolo 19, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 343/2003, imputabile alla durata delle procedure per l’affidamento del minore[,] non osta necessariamente al proseguimento della procedura di determinazione dello Stato membro competente né all’esecuzione del trasferimento».

II – Fatti

13.      Le tre cause riunite nel presente procedimento riguardano tre minori, due aventi la cittadinanza eritrea (MA e BT) ed uno con cittadinanza irachena (e di origine curda, DA).

14.      Dopo che tutti gli interessati avevano presentato domanda di asilo nel Regno Unito, le autorità britanniche hanno rilevato che, in tutti e tre i casi, erano già state presentate domande di asilo in altri Stati membri, ossia Italia (MA e BT) e Paesi Bassi (DA). In un primo momento, e in applicazione del disposto di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 343/2003, veniva deciso il trasferimento dei minori richiedenti asilo ai rispettivi e suindicati Stati membri.

15.      Tuttavia, o prima dell’esecuzione del trasferimento (nel caso di MA e DA), o dopo che il minore era stato trasferito (nel caso di BT), le autorità britanniche, avvalendosi della facoltà prevista dall’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003, hanno deciso di esaminare loro stesse le domande di asilo. Tale decisione ha comportato che BT, la quale era stata trasferita in Italia, potesse rientrare nel Regno Unito.

16.      Nonostante MA e BT fossero stati invitati a ritirare i ricorsi presentati dinanzi ai giudici britannici avverso le decisioni iniziali di trasferimento, hanno entrambe rifiutato di farlo. Non risulta invece che un invito analogo sia stato rivolto a DA.

17.      Con decisione del 21 dicembre 2010 la Administrative Court ha respinto i ricorsi presentati dai suddetti minori avverso le decisioni di trasferimento, ritenendo di dover applicare alla fattispecie l’articolo 6 del regolamento n. 343/2003.

18.      La Court of Appeal (England and Wales) (Civil Division), investita di un ricorso d’appello, ha deciso di sottoporre alla Corte di giustizia la presente questione pregiudiziale.

III – Questione pregiudiziale

19.      La questione è formata da un’unica domanda, che è del seguente tenore:

«Nel contesto del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU L 50, pag. 1), quale sia lo Stato membro al quale il paragrafo 2 dell’articolo 6 attribuisce la competenza a pronunciarsi sulla domanda d’asilo quando un richiedente asilo, che sia un minore non accompagnato e sprovvisto di familiari che si trovino legalmente in un altro Stato membro, ha presentato domande di asilo in più di uno Stato membro».

20.      Sostanzialmente, la Court of Appeal si chiede se il «miglior interesse del minore» – che, in forza dell’articolo 6 del regolamento n. 343/2003 è determinante per designare come Stato competente quello in cui si trova legalmente un familiare del minore – costituisca altresì il criterio da applicare quando non vi sia un familiare in tali circostanze. In caso di risposta affermativa, lo Stato competente non dovrebbe essere necessariamente quello in cui il minore ha presentato la prima domanda d’asilo. Tuttavia, secondo il giudice del rinvio, la lettera dell’articolo 6, secondo comma, del regolamento n. 343/2003 potrebbe indurre a ritenere che l’interesse del minore non debba essere considerato determinante in questo secondo caso.

21.      Ciononostante, si porrebbe comunque la questione se detto interesse possa operare come criterio facoltativo, dato che l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003 permette a ciascuno Stato membro di esaminare una domanda d’asilo presentata da un cittadino di un paese terzo, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel regolamento medesimo. In tale ipotesi l’interesse del minore potrebbe costituire perfettamente il criterio applicato da quest’ultimo Stato per incaricarsi della domanda d’asilo.

IV – Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

22.      La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta presso la cancelleria della Corte di giustizia il 19 dicembre 2011.

23.      Con ordinanza del 7 febbraio 2012 è stata respinta la domanda di procedimento accelerato.

24.      Hanno presentato osservazioni scritte i ricorrenti nel procedimento principale, l’Advise on Individual Rights in Europe (in prosieguo: l’«AIRE Centre»), quale interveniente nella causa principale, i governi belga, britannico, ceco, ellenico, ungherese, dei Paesi Bassi, svedese e svizzero, nonché la Commissione.

25.      All’udienza del 5 novembre 2012 erano presenti per svolgere osservazioni orali i ricorrenti nella causa principale, l’AIRE Centre, i governi britannico, olandese e svedese nonché la Commissione.

V –    Argomenti svolti

26.       Il governo belga ritiene, in primo luogo, che la questione sollevata sia irrilevante per il procedimento principale, in quanto il Regno Unito ha infine accettato di esaminare le domande di asilo dei ricorrenti, sicché il dubbio espresso dalla Court of Appeal avrebbe un carattere puramente accademico e dottrinale.

27.      Per quanto riguarda poi il merito della questione, i ricorrenti nella causa principale, l’AIRE Centre, il governo ellenico e la Commissione concordano nel sostenere che l’articolo 6, secondo comma, del regolamento Dublino II deve essere interpretato nel senso che, nelle circostanze del caso di specie, lo Stato competente per l’esame della domanda d’asilo è quello in cui è stata presentata l’ultima domanda, vale a dire, lo Stato in cui si trova il minore, purché, in ogni caso, lo imponga il miglior interesse di quest’ultimo.

28.      Siffatta interpretazione si fonda, in modo più o meno incisivo a seconda dei casi, su varie ragioni, che possiamo sintetizzare come segue.

29.      In primo luogo, a parere dei suddetti intervenienti, dalla genesi e dal sistema del regolamento Dublino II si evince che il legislatore ha voluto conferire ai minori un trattamento diverso da quello previsto per gli adulti, essendo irrilevante la circostanza che il principio del miglior interesse sia menzionato soltanto nel primo comma dell’articolo 6, poiché l’articolo 24, paragrafo 2, CEDU obbliga gli Stati membri a rispettare tale principio in ogni caso.

30.      In secondo luogo, essi sostengono che gli obiettivi dell’accesso effettivo alle procedure e della tutela dei minori devono prevalere su quello di evitare la presentazione di domande multiple. Tale conclusione sarebbe confermata dal dato che i minori non accompagnati occupano il primo posto nella gerarchia dei criteri fissati dagli articoli 6‑13 del regolamento.

31.      D’altra parte, a loro avviso, salvo voler rendere l’articolo, 6, secondo comma, superfluo, è necessario che l’interpretazione di tale precetto procuri un valore aggiunto rispetto alla regola residuale dell’articolo 13.

32.      Infine, gli intervenienti in parola affermano che tanto la lettera dell’articolo 6, secondo comma, quanto il sistema stesso del regolamento dovrebbero essere interpretati nel senso che, con l’espressione «ha presentato», va inteso «ha presentato la domanda più recente» e non «ha presentato per la prima volta», mettendo in evidenza il fatto che, quando il legislatore ha voluto riferirsi alla domanda iniziale lo ha fatto espressamente, come nel caso dell’articolo 5, paragrafo 2, del regolamento.

33.      Dal canto loro, i governi britannico, ceco, ungherese, dei Paesi Bassi, svedese e svizzero nonché, in subordine, il governo belga ritengono che lo Stato membro competente sia quello in cui è stata presentata la prima domanda d’asilo.

34.      Detti Stati adducono del pari svariati argomenti, riassumibili come segue.

35.      Da un lato essi osservano che, data l’importanza attribuita dal regolamento allo Stato membro in cui viene presentata la prima domanda d’asilo, il legislatore avrebbe specificato qualsiasi caso in cui si dovesse considerare rilevante la domanda più recente.

36.      D’altra parte, i governi menzionati sostengono che l’interpretazione congiunta degli articoli 5 e 6 del regolamento confermerebbe che entrambe le disposizioni possono riferirsi soltanto alla prima domanda d’asilo. Inoltre, poiché, come risulta dagli articoli 3, paragrafo 1, e 4, paragrafo 1, il regolamento impone la designazione di un unico Stato competente, l’avvio della procedura dal momento della presentazione della prima domanda non può conciliarsi con il fatto che una domanda successiva, presentata in un altro Stato membro, prevalga sulla prima.

37.      Infine, secondo tali Stati, nessuna disposizione del regolamento permette di sostenere che quest’ultimo abbia inteso introdurre una deroga al regime generale per i minori non accompagnati, a parte quella espressamente enunciata all’articolo 6, primo comma. La tutela conferita ai minori menzionati all’articolo 6, secondo comma, consisterebbe nell’introduzione di una deroga al principio sotteso agli articoli 7‑14 del regolamento, in base ai quali lo Stato membro competente è quello che ha svolto il ruolo più importante al fine di consentire al richiedente di entrare nel territorio dell’Unione.

38.      In conclusione, tali governi concordano che l’interpretazione da essi difesa favorisce, nell’interesse tanto dei minori quanto degli Stati, l’obiettivo di prevedere «un meccanismo per determinare con chiarezza e praticità lo Stato membro competente» nonché di «consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento dello status di rifugiato e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande d’asilo». Al contrario, qualora il criterio determinante fosse il luogo di presentazione dell’ultima domanda, sarebbe impossibile determinare in maniera oggettiva e uniforme un unico Stato membro competente, si favorirebbe una sorta di «forum shopping» e si incoraggerebbero i minori non accompagnati a spostarsi tra gli Stati membri presentando domande successive.

39.      Infine, i governi belga, ceco, ungherese, svedese e svizzero segnalano che, senza bisogno di distorcere il senso dell’articolo 6 del regolamento, gli Stati membri possono utilizzare la clausola contenuta nell’articolo 3, paragrafo 2, la cui applicazione può essere obbligatoria in determinate circostanze.

VI – Valutazione

A –    Sulla ricevibilità della questione pregiudiziale

40.      Come ho appena indicato, il governo belga si oppone alla ricevibilità della presente questione pregiudiziale considerandola ipotetica, dato che il Regno Unito ha già assunto il ruolo di Stato membro competente in forza dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003. Stabilire adesso se tale Stato fosse o meno obbligato ad assumere tale ruolo in forza dell’articolo 6 del regolamento medesimo è, per il governo belga, una questione che sicuramente riveste un interesse accademico e dottrinale, ma che è irrilevante ai fini della soluzione della causa pendente dinanzi alla Court of Appeal, per la quale risulta importante solo il fatto che il Regno Unito abbia assunto il ruolo di Stato competente, ruolo che in un primo momento aveva rifiutato.

41.      A mio giudizio la questione è ricevibile.

42.      È certamente vero che alle decisioni iniziali di trasferimento adottate dal governo britannico in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 343/2003 hanno fatto seguito alcune decisioni – adottate in base all’articolo 3, paragrafo 2, di quest’ultimo – che vanificavano quanto era stato disposto in un primo momento. La conseguenza è stata che, alla fine, il Regno Unito ha assunto il ruolo di Stato competente ai sensi del regolamento n. 343/2003, e con ciò ha fatto propri gli obblighi connessi a tale competenza.

43.      Quanto suesposto presuppone che, di fatto, è stato raggiunto lo stesso risultato cui avrebbe portato l’applicazione del regolamento n. 343/2003 se il suo articolo 3, paragrafo 1, fosse stato interpretato in maniera diversa da quella auspicata dal governo britannico nel presente procedimento e sulla cui conformità al diritto dell’Unione viene ora interrogata la Corte di giustizia. In poche parole, il risultato raggiunto nel presente caso è il frutto di una decisione che, in quanto basata sull’opzione offerta dall’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003 è discrezionale e libera, ma che sarebbe risultata obbligatoria se fosse stata adottata in conseguenza di quanto previsto dall’articolo 6 del regolamento stesso.

44.      Nel presente procedimento si chiede giustamente di stabilire se il diritto dell’Unione richieda un’interpretazione del regolamento n. 343/2003 dalla quale risulti che la decisione adottata dal Regno Unito non era facoltativa ma obbligatoria. Il fatto che, nel presente caso, la soluzione raggiunta sia materialmente la stessa cui si perverrebbe se sostenessimo che il Regno Unito non poteva adottare una soluzione diversa non priva di interesse la questione di merito controversa, proprio perché l’oggetto di quest’ultima è la correttezza giuridica del fondamento normativo della decisione delle autorità britanniche, al di là delle sue conseguenze pratiche o materiali.

45.      In ogni caso, sia come sia, il fatto che il Regno Unito sia divenuto alla fine lo Stato competente ai fini del regolamento n. 343/2003 non implica che la questione sottoposta dal giudice a quo rivesta, attualmente, solo un interesse dottrinale o accademico, poiché dinanzi alla Court of Appeal pendono ancora alcuni ricorsi avverso le decisioni governative che inizialmente avevano negato la competenza del Regno Unito ad esaminare le domande d’asilo controverse. A prescindere dal fatto che in nessun caso l’accoglimento di tali ricorsi potrebbe pregiudicare gli effetti delle decisioni adottate successivamente in forza dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento, è pur vero che un esame della correttezza giuridica delle decisioni iniziali risulta indispensabile al fine di statuire sulla domanda di risarcimento presentata da uno dei minori interessati – concretamente, la persona che era stata già trasferita in Italia (BT) – per i danni subiti a causa di tale trasferimento.

46.      Poiché tale azione di risarcimento è tuttora pendente, come afferma la Court of Appeal, ci troviamo di fronte non ad una questione eventuale o ipotetica, come accadeva nel caso dell’ordinanza del 10 giugno 2011, Mohamad Imran (4), ma ad un «bisogno inerente all’effettiva soluzione di un contenzioso» (5).

B –    Sul merito

47.      La Court of Appeal chiede alla Corte di giustizia quale sia, conformemente all’articolo 6, secondo comma, del regolamento n. 343/2003, e nel caso in cui la stessa persona presenti più domande d’asilo in successione, lo Stato membro competente ad esaminare la domanda quando il richiedente è un minore non accompagnato, cittadino di uno Stato terzo e che non può contare su alcun familiare che si trovi legalmente in uno Stato membro.

48.      I casi sottoposti al giudice nazionale riguardano, infatti, due domande d’asilo presentate in successione da ognuno dei tre minori interessati: una prima domanda, presentata in uno Stato membro diverso dal Regno Unito, seguita da un’altra, presentata in quest’ultimo Stato.

49.      Una volta impostata la questione in questo modo, occorre partire dalla disposizione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 343/2003, che contiene due dichiarazioni essenziali. Da un lato, tale precetto dispone che la domanda d’asilo «è esaminata da un solo Stato membro», dall’altro, esso indica che siffatto Stato membro «è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III [del presente regolamento]». Con ciò si vuol dire che il problema che dobbiamo affrontare è precisamente quello di stabilire, prima di esaminare la domanda nel merito, quale sia lo Stato membro che deve compiere tale esame.

50.      Alle precedenti considerazioni si deve aggiungere che l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003 introduce una deroga importante alle disposizioni del paragrafo 1, deroga di cui la Corte di giustizia ha già avuto occasione di occuparsi e che, come abbiamo visto, è stata applicata nelle cause principali. Difatti, in forza dell’articolo 3, paragrafo 2, le disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 1, operano soltanto se lo Stato membro dinanzi al quale è stata presentata una domanda d’asilo non si avvale della cosiddetta clausola «di sovranità» contenuta nell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003, in virtù della quale «ciascuno Stato membro può esaminare una domanda d’asilo presentata da un cittadino di un paese terzo, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento» (6).

51.      Con l’esercizio di tale potere sovrano, in forza della medesima disposizione, lo Stato in questione diventa «lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento» e assume «gli obblighi connessi a tale competenza». E ciò anche se esiste uno «Stato membro anteriormente competente» o uno Stato membro «che ha in corso la procedura volta a determinare lo Stato membro competente» oppure, infine, uno Stato membro «al quale è stato chiesto di prendere o riprendere in carico il richiedente asilo». Lo Stato che decide di assumere il ruolo di Stato membro competente in virtù della clausola «di sovranità» non ha alcun obbligo nei confronti degli altri Stati membri se non quello di informarli della sua decisione, prima facie discrezionale, sebbene, come è noto, la dottrina stabilita con la citata sentenza NS (7) abbia introdotto un principio che limita la libertà degli Stati membri quando esiste il rischio di una grave violazione dei diritti fondamentali in situazioni che, tuttavia, non si verificano nel caso presente.

52.      Tuttavia, si deve fin d’ora osservare che il problema interpretativo sollevato relativamente all’articolo 6, secondo comma, del regolamento n. 343/2003 non può, secondo me, essere ricondotto o trasferito all’ambito di applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento stesso, nel senso suggerito dalla citata sentenza NS. Qui non ci troviamo dinanzi ad un rischio relativamente accertato di una violazione sistematica di diritti fondamentali conseguente al trasferimento della persona interessata ma, molto più genericamente, dinanzi ad un problema centrale di interpretazione dell’articolo 6, vale a dire, della regola applicabile alla designazione dello Stato membro che deve esaminare la domanda d’asilo presentata da un minore.

53.      Peraltro, come norma di chiusura, nel caso in cui non sia possibile designare lo Stato membro competente «sulla base dei criteri enumerati nel presente regolamento, è competente il primo Stato membro nel quale la domanda è stata presentata» (articolo 13 del regolamento n. 343/2003).

54.      Si potrebbe affermare che il sistema previsto dal regolamento si articola quindi all’interno dei due estremi costituiti da una clausola «di sovranità» da un lato e da una clausola residuale dall’altro. Tra i due estremi si apre un ventaglio di soluzioni possibili, adottate sulla base di alcuni criteri di determinazione specificamente indicati nel capo III del regolamento medesimo.

55.      È opportuno evidenziare che, in forza dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento, tali criteri devono essere applicati rispettando l’ordine in cui sono enunciati nel capo III, come indica lo stesso titolo («gerarchia dei criteri»).

56.      D’altra parte, i «criteri» in questione devono essere applicati «sulla base della situazione esistente al momento in cui il richiedente asilo ha presentato domanda d’asilo per la prima volta (8) in uno Stato membro» (articolo 5, paragrafo 2). Pertanto la prima domanda d’asilo è fondamentale per identificare la situazione rilevante ai fini dell’applicazione dei criteri del regolamento, e non al fine di indicare il primo Stato membro che ha ricevuto una domanda come lo Stato che deve essere considerato competente per l’esame di quest’ultima. Tale disposizione mira unicamente a stabilire le condizioni alle quali devono essere applicati i criteri del capo III e non ad anticipare il risultato che deve prodursi in virtù dell’applicazione di detti criteri.

57.      Il primo dei «criteri» stabiliti nel capo III è quello contemplato dall’articolo 6, che si riferisce in realtà ad un caso concreto, quello in cui il richiedente sia, sostanzialmente, un minore non accompagnato. Il criterio applicabile a tale situazione, di cui mi occupo di seguito, deve anche essere il primo a trovare applicazione, in base, come si è già visto, al disposto dell’articolo 5, paragrafo 1.

58.      Si deve cominciare con la premessa che, trattandosi dell’unico criterio che si riferisce specificamente a minori non accompagnati, ritengo che si trovino nell’articolo 6 anche gli unici criteri applicabili alla determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda presentata da un minore non accompagnato. Infatti, i criteri stabiliti nei restanti articoli del capo III riguardano sempre situazioni di fatto o di diritto in cui può trovarsi un qualsiasi richiedente asilo, e, quindi, anche un minore. Orbene, se per i minori non accompagnati è stato previsto nell’articolo 6 un criterio specifico, ritengo che, indipendentemente dal fatto che i minori interessati possano anche trovarsi in una delle situazioni contemplate da altre disposizioni, l’unica situazione rilevante, agli effetti dell’applicazione di detto articolo, sia giustamente quella che li qualifica come «minori non accompagnati». Come ha sottolineato all’udienza il rappresentante processuale dei ricorrenti nel procedimento principale, l’articolo 6 del regolamento costituisce una sorta di «codice speciale» per i minori non accompagnati, in cui si devono trovare le risposte a tutte le situazioni nelle quali questi ultimi possono trovarsi.

59.      Una buona parte dell’animata discussione sorta tra gli intervenienti nel presente procedimento si è incentrata sulla questione se la domanda menzionata nell’articolo 6, secondo comma, sia la prima oppure l’ultima delle domande eventualmente presentate da un minore non accompagnato. A mio giudizio, tuttavia, tale disposizione si riferisce ad una domanda al singolare, senza specificare o contemplare in alcun modo l’eventuale presentazione di più domande. Così si evince sia dal tenore letterale della disposizione in parola [«(…), è competente per l’esame della domanda di asilo lo Stato membro in cui il minore ha presentato la domanda d’asilo»] (9), sia dall’economia di quest’ultima.

60.      Difatti, l’articolo 6 contempla anzitutto la situazione più semplice: un minore non accompagnato che presenta una domanda d’asilo in uno Stato membro. Tale Stato membro, in applicazione del regolamento n. 343/2003, deve determinare lo Stato membro competente ad esaminare detta domanda. Lasciando da parte l’eventuale applicazione della clausola «di sovranità» (articolo 3, paragrafo 2, del regolamento), lo Stato che ha ricevuto la domanda dovrà verificare se il minore abbia un familiare che risiede legalmente in uno degli Stati membri. In caso affermativo, in applicazione dell’articolo 6, primo comma, lo Stato membro competente per l’esame della domanda sarà quello in cui risiede il familiare del minore richiedente asilo, sebbene tale disposizione aggiunga un’importante riserva ossia, che sarà quest’ultimo lo Stato competente «purché ciò sia nel miglior interesse del minore». In caso contrario, vale a dire, in mancanza di un familiare in tali condizioni, sarà quindi competente lo Stato membro in cui il minore interessato «ha presentato la domanda», ossia lo stesso Stato membro che sta stabilendo quale sia lo Stato membro competente, il cui intervento viene così imposto in forza di siffatta clausola di salvaguardia.

61.      Pertanto, la regola di principio è nel senso che, tranne nel caso in cui il miglior interesse del minore vi si opponga, la competenza per l’esame della domanda d’asilo spetta allo Stato membro in cui risiedono legalmente i familiari del minore non accompagnato. Con carattere residuale – vuoi perché il minore non ha parenti in un altro Stato membro, vuoi perché, pur avendoli, non risponde all’esigenza di tutelare il miglior interesse del minore che lo Stato membro in cui questi risiedono sia nominato come competente ad esaminare la domanda d’asilo – tale domanda sarà esaminata dallo Stato membro in cui l’interessato l’ha presentata.

62.      Con tale sistema disponiamo di una regola principale (è competente lo Stato membro di residenza dei familiari) che ammette una deroga (fondata sul miglior interesse del minore) e, in caso di mancata applicazione di detta regola principale, si applica una regola sussidiaria (è competente lo Stato membro che ha ricevuto la domanda).

63.      La situazione è evidentemente assai diversa allorché, come accade nel presente caso, il minore non accompagnato ha presentato domande in successione in più di uno Stato membro. In tale ipotesi la presenza di familiari in un altro Stato membro (o in altri Stati membri) può permettere di scegliere tra le alternative possibili, attribuendo la competenza ad uno di essi, sempre in funzione dell’interesse del minore e qualora tale interesse non escluda, precisamente, la soluzione prescelta. Orbene, sia nel caso in cui l’interesse del minore osti all’attribuzione della competenza allo Stato membro in cui risiedono i suoi familiari, sia nel caso in cui, semplicemente, il minore non abbia familiari nel territorio dell’Unione, si pone la questione che ci occupa, cioè stabilire quale Stato membro, tra quelli che hanno ricevuto una domanda d’asilo, debba assumere la competenza ad esaminare quest’ultima. In definitiva, la questione consiste nello stabilire quale Stato membro determina lo Stato membro che deve pronunciarsi sulla domanda d’asilo.

64.      Posta la questione in siffatti termini, un’interpretazione sistematica del regolamento, corroborata da un’interpretazione conforme ai postulati della CDFUE, mi porta a ritenere che il criterio del miglior interesse del minore non sia rilevante soltanto per stabilire se, nel caso di un’unica domanda d’asilo, lo Stato membro competente debba essere quello in cui risiede legalmente un familiare del minore oppure quello che, avendo ricevuto la domanda, sta determinando lo Stato membro competente. Per le ragioni che esporrò nei successivi paragrafi, il criterio dell’interesse superiore dei minori deve essere considerato decisivo anche al fine di individuare lo Stato competente tra tutti quelli che hanno ricevuto una domanda d’asilo.

65.      Dal punto di vista del suo tenore letterale, l’articolo 6 del regolamento n. 343/2003 non contempla il caso di cui si discute nel presente procedimento. Come ho già detto, tale disposizione parte dall’ipotesi che sia stata presentata un’unica domanda d’asilo. In tali circostanze ritengo che la questione se, dal mero enunciato di detta disposizione, si possa già dedurre che si tratta della prima o, invece, dell’ultima domanda, possa essere discussa all’infinito.

66.      In circostanze del genere, a mio parere, si impone uno sforzo diretto a realizzare un’interpretazione estensiva dell’articolo 6, in cui il sistema in quanto tale del regolamento n. 343/2003 venga integrato con i principi derivati, in particolare, dalla CDFUE, facendo così espressamente eco al riferimento al miglior interesse del bambino di cui all’articolo 24, paragrafo 2, della Carta.

67.      In tale ottica, il criterio del miglior interesse del minore, rappresentato in vario modo all’interno del regolamento n. 343/2003, deve costituire il fondamento per l’interpretazione di quest’ultimo e, di conseguenza, il caso di un concorso di domande d’asilo deve essere risolto, in via di principio, dando la preferenza all’ultima domanda presentata, supponendo che sia quello il luogo che offre le maggiori possibilità di cogliere tale interesse.

68.      Prima di continuare, è necessario prevenire un equivoco. Dal procedimento di riforma del regolamento n. 343/2003, attualmente in corso, si deduce che, per il momento, il Parlamento europeo non ha voluto introdurre un riferimento esplicito all’ultima domanda (10), lasciando intendere, secondo alcuni intervenienti nel presente procedimento, che siffatto punto specifico del sistema non debba cambiare e che, pertanto, detto sistema non attribuisca rilevanza, a tali effetti, all’ultima domanda. Non ritengo tuttavia che si debba dare troppa importanza a tale circostanza.

69.      Inoltre, tenuto conto degli obiettivi di chiarezza e di rapidità per la determinazione dello Stato membro competente, ritengo che, concretamente, la competenza in questione debba essere attribuita allo Stato membro che si trova nella posizione migliore per valutare cosa sia nell’interesse superiore del minore, laddove, come spiego nei paragrafi successivi, tale Stato membro risulterà essere di norma quello in cui si trova il minore e che, generalmente, sarà lo Stato membro che ha ricevuto l’ultima domanda d’asilo. Dato che siffatta attribuzione di competenza non si basa direttamente sul criterio dell’ultima domanda, ma sull’interesse superiore del minore (che indirettamente porterà, sebbene non in modo ineluttabile, all’ultima domanda), la mia proposta si concilia perfettamente con l’idea che non è opportuno introdurre nell’articolo 6 un rinvio incondizionato allo Stato membro in cui è stata presentata l’ultima domanda d’asilo.

70.      Continuando con la mia tesi, si deve anzitutto ricordare che lo stesso regolamento n. 343/2003 dichiara espressamente di rispettare i diritti fondamentali e i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, con particolare riferimento al diritto di asilo (quindicesimo considerando) (11). Al di là di tale dichiarazione è pur vero che la CDFUE, con il valore giuridico qualificato conferitole dall’articolo 6, paragrafo 1, TUE, dispone che «[i]n tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente» (articolo 24, paragrafo 2, CDFUE) (12).

71.      D’altra parte, tale disposizione, in virtù dell’articolo 51, paragrafo 1, della stessa CDFUE, vincola gli Stati membri quando applicano il diritto dell’Unione. Il fatto che, in un caso come quello presente, le autorità nazionali applichino il diritto dell’Unione è assolutamente fuori discussione, come ha chiarito la citata sentenza della Corte di giustizia del 21 dicembre 2011, NS, in cui si è affermato che l’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2003, nei limiti in cui «fa parte dei meccanismi di determinazione dello Stato membro competente a trattare una domanda di asilo previsti da detto regolamento (…), costituisce solo un elemento del sistema europeo comune di asilo, [e quindi] uno Stato membro che esercita tale potere discrezionale [in forza di detta disposizione] deve essere ritenuto attuare il diritto dell’Unione ai sensi dell’art. 51, n. 1, della Carta» (punto 68). Altrettanto dicasi, per le stesse ragioni, dell’articolo 6 del regolamento n. 343/2003.

72.      Di conseguenza, l’interesse superiore del bambino, in forza del diritto primario dell’Unione, deve essere «considerato preminente» da parte dei soggetti incaricati di applicare il diritto dell’Unione e, nel contesto che adesso ci occupa, ossia del regolamento n. 343/2003 nel suo complesso, dalle autorità nazionali che hanno il compito di determinare lo Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata da un minore non accompagnato e che non ha familiari legalmente stabiliti nel territorio dell’Unione.

73.      Ciò premesso, a prescindere dal tenore letterale del regolamento n. 343/2003, nel caso in cui l’autorità nazionale debba decidere, conformemente ai criteri forniti dal regolamento, quale, tra i vari Stati membri che abbiano eventualmente competenza concorrente, debba esaminare la domanda d’asilo presentata da un minore non accompagnato, il diritto dell’Unione impone che la decisione per l’uno o per l’altro Stato membro sia sempre presa in funzione del miglior interesse del minore.

74.      Orbene, a questo punto dobbiamo aggiungere una riflessione. Per determinare quale sia, nelle circostanze di ciascun caso specifico, il miglior interesse del minore e prendere quindi la decisione che risulti più idonea a soddisfare tale interesse, è necessario coinvolgere il minore interessato (13). In tal senso, l’elemento dell’ubicazione del minore al momento di determinare lo Stato competente ad esaminare la sua domanda d’asilo merita una particolare attenzione, perché, in linea di principio, per garantire un’adeguata difesa degli interessi del bambino, è necessario che qualsiasi decisione riguardante quest’ultimo venga adottata dall’autorità che è in condizione di esaminare direttamente la situazione in cui il minore si trova.

75.      Certamente, è sempre possibile ritrasferire il minore richiedente asilo allo Stato membro in cui questi ha presentato la prima domanda. Ritengo tuttavia che, sia per motivi di tempo che in considerazione dell’esigenza di garantire il miglior trattamento dei minori, non sia opportuno sottoporre detti richiedenti asilo a trasferimenti che non siano strettamente necessari. Si ricordi al riguardo che il quarto considerando del regolamento n. 343/2003 sottolinea che il meccanismo per determinare lo Stato membro competente «dovrebbe (…) consentire di determinare con rapidità lo Stato membro competente al fine di garantire l’effettivo accesso alle procedure volte al riconoscimento dello status di rifugiato e non dovrebbe pregiudicare l’obiettivo di un rapido espletamento delle domande d’asilo».

76.      Si deve quanto meno ammettere che la soluzione proposta può produrre l’effetto indesiderato di una sorta di «forum shopping», come hanno posto in rilievo vari intervenienti nel presente procedimento. Tale rischio potenziale, che non è opportuno né pertinente quantificare in questa sede, risulta tuttavia sufficientemente giustificato per il fatto che solo in tal modo si può garantire che venga prestata la dovuta attenzione all’interesse superiore del minore, che merita, come ho ripetuto più volte in queste pagine, di essere «considerato preminente», ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, CDFUE.

77.      L’ascolto del minore interessato e la possibilità di tenere in considerazione quelli che, secondo la sua percezione, costituiscono i suoi interessi è un compito che può essere assolto unicamente dall’autorità dello Stato membro in cui si trova il minore nel momento in cui deve essere presa una decisione sulla sua domanda d’asilo (14). Normalmente detto Stato membro sarà quello in cui è stata presentata l’ultima domanda, sebbene non si possano scartare altre ipotesi; da ciò deriva la necessità di attenersi alle caratteristiche peculiari di ciascun caso, che possono essere valutate con piena cognizione di causa solamente dal rispettivo giudice nazionale.

78.      In ogni caso, l’applicazione stessa della regola che, secondo la mia proposta, attribuisce la competenza allo Stato membro in cui è stata presentata l’ultima domanda, deve ammettere una deroga qualora, ancora una volta, così lo imponga il miglior interesse del minore. Se l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 343/2003 prevede la possibilità di derogare alla regola sulla competenza dello Stato membro in cui risiedono i familiari del minore, purché ciò risponda al miglior interesse di quest’ultimo, si deve ritenere che, anche nel caso in cui vengano presentate domande multiple, la regola sulla competenza dello Stato membro dell’ultima domanda debba essere derogata se ciò risponde al miglior interesse del minore. In altri termini, il criterio dell’ultima domanda si giustifica solo in quanto offre le garanzie migliori, in principio, di soddisfare il miglior interesse del minore, sicché qualora, in un caso determinato, tale considerazione di principio sia esclusa, lo stesso interesse del minore esige di applicarvi una deroga.

79.      In definitiva, e come regola di principio ricavabile da un’interpretazione estensiva dell’articolo 6 del regolamento n. 343/2003 e dall’articolo 24, paragrafo 2, CDFUE, propongo alla Corte di giustizia di dichiarare che, per tutelare nel miglior modo possibile l’importanza preminente che in ogni caso deve avere l’interesse superiore del minore, lo Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo che è stata presentata in vari Stati membri deve essere, in via di principio, quello in cui è stata presentata l’ultima domanda.

VII – Conclusione

80.      Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di giustizia di rispondere alla questione pregiudiziale nei seguenti termini:

«Nell’ambito del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo, qualora il richiedente asilo, che è un minore non accompagnato e senza alcun parente che si trovi legalmente in un altro Stato membro, abbia presentato domande di asilo in più Stati membri, lo Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo ai sensi dell’articolo 6, secondo comma, deve essere, in via di principio, in funzione dell’interesse superiore del minore, e tranne nel caso in cui questo stesso interesse imponga una diversa soluzione, lo Stato in cui è stata presentata l’ultima domanda».


1 – Lingua originale: lo spagnolo.


2 –      Regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU L 50 del 25.2.2003, pag. 1). A norma dell’articolo 3 del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda allegato al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la Comunità europea, il Regno Unito ha notificato, con lettera del 30 ottobre 2001, la propria volontà di partecipare all’adozione ed applicazione del presente regolamento.


3 –      GU L 222, pag. 3.


4 –      Causa C‑155/11 PPU, Racc. pag. I-5095.


5 –      Ibidem (punto 21).


6 – La Corte di giustizia si è occupata della clausola di cui all’articolo 3, paragrafo 2, del regolamento n. 343/2011 nella sentenza del 21 dicembre 2011, NS (C‑411/10 e  C‑493/10, Racc. pag. I-13905, punti 65‑68). Riguardo alla cosiddetta «clausola umanitaria», prevista dall’articolo 15 dello stesso regolamento, che opera come una variante di quella prevista dall’articolo 3, paragrafo 2, si è pronunciata la sentenza del 6 novembre 2012, K (C‑245/11, punti 27‑54).


7 – Punti 75‑86 e 95‑108.


8 –      Il corsivo è mio.


9 – Espressione che risulta inequivocabile anche in altre versioni linguistiche dell’articolo 6 del regolamento n. 343/2003 : «(…) celui dans lequel le mineur a introduit sa demande d’asile»; «(…) that where the minor has lodged his or her application for asylum»; «(…) in dem der Minderjährige seinen Asylantrag gestellt hat (…)»; «(…) [en el que el menor la haya presentado]»; «(…) em que o menor apresentou o seu pedido de asilo».


10 – Progetto di riforma della Commissione [COM(2008) 820] e risoluzione legislativa del Parlamento europeo (A6‑0284/2009).


11 – Pur non contenendo un riferimento espresso ai diritti fondamentali del minore enunciati nell’articolo 24 CDFUE, come invece il regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU L 338, pag. 1), si può dire rispetto al regolamento n. 343/2003, come ha affermato la sentenza del 5 ottobre 2010, J McB (C‑400/10 PPU, Racc. pag. I‑8965, punto 60), che «le disposizioni del detto regolamento non possono essere interpretate in modo tale da portare ad una violazione di questo diritto fondamentale, il rispetto del quale s’identifica innegabilmente con l’interesse superiore del bambino». La generica dichiarazione che garantisce il rispetto dei diritti riconosciuti dalla Carta ha lo stesso valore, a tali effetti, del riferimento specifico ad un diritto concreto.


12 – Come si avverte nelle spiegazioni relative alla CDFUE (GU C 303, del 14 dicembre 2007), l’articolo 24 CDFUE si fonda sulla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, firmata il 20 novembre 1989 e ratificata da tutti gli Stati membri, il cui articolo 3 prevede che: «[i]n tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente».


13 – Lo stesso articolo 24 CDFUE, al paragrafo 1, dispone che l’opinione liberamente espressa dai bambini «viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità». A tale principio mi sono riferito nelle conclusioni del 20 ottobre 2011, relative alla causa X contro Y (sentenza del 21 dicembre 2001, C‑507/10, Racc. pag. I-14241, punti 46‑49), citando la sentenza del 22 dicembre 2010, Aguirre Zanaga (C‑491/10 PPU, Racc. pag. I‑4247, punti 64‑67).


14 – A questa stessa idea si ispira, a mio giudizio, anche l’articolo 22, paragrafo 1, del regolamento n. 1560/2003, quando prevede che la decisione di affidare un minore non accompagnato a un familiare che non sia il padre, la madre o il tutore che risieda in un altro Stato membro deve essere preceduta dall’adozione delle misure necessarie perché le autorità dello Stato membro in cui risiede il familiare «possano pronunciarsi con cognizione di causa sulla capacità dell’adulto o degli adulti interessati di prendersi carico del minore nell’interesse di quest’ultimo».