Language of document : ECLI:EU:C:2013:181

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NIILO JÄÄSKINEN

presentate il 21 marzo 2013 (1)

Causa C‑241/11

Commissione europea

contro

Repubblica ceca

«Inadempimento di uno Stato – Omessa trasposizione della direttiva 2003/41/CE – Attività e supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali – Mancata esecuzione della sentenza della Corte nella causa C‑343/08 – Articolo 260 TFUE – Somma forfettaria – Termine di esecuzione della sentenza della Corte che accerta un inadempimento»





I –          Introduzione

1.        Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede alla Corte di constatare che, non avendo adottato i provvedimenti di esecuzione della sentenza del 14 gennaio 2010, Commissione/Repubblica ceca (2), concernente l’omessa trasposizione parziale della direttiva 2003/41/CE, relativa agli enti pensionistici aziendali o professionali (3), la Repubblica ceca è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE. La Commissione chiede inoltre alla Corte di imporre alla Repubblica ceca il pagamento di una somma forfettaria di importo pari a EUR 3 364 395, 20.

2.        La Corte si trova così ad affrontare un compito importante e comunemente rinvenuto sia negli ordinamenti giuridici nazionali che nel diritto dell’Unione, in particolare nel settore della concorrenza, consistente nel calcolo della sanzione.

3.        La particolarità della presente causa consiste nel fatto che l’infrazione constatata nella sentenza della Corte ai sensi dell’articolo 258 TFUE, ossia la citata sentenza Commissione/Repubblica ceca, ha avuto conseguenze pratiche assai scarse nell’ordinamento giuridico ceco, in assenza di enti pensionistici aziendali o professionali (in prosieguo: «EPAP») con sede nel territorio nazionale.

4.        Rammento, al riguardo, che, nel settore delle sanzioni pecuniarie di cui all’articolo 260 TFUE, la Commissione ha pubblicato una serie di comunicazioni (4) volte a uniformare la prassi di irrogazione di dette sanzioni, contribuendo nel contempo ad attuare la parità di trattamento fra gli Stati membri. La Corte non è tuttavia vincolata dalle proposte formulate dalla Commissione nelle predette comunicazioni (5).

5.        Dalle suddette comunicazioni emerge, tra l’altro che, a giudizio della Commissione, qualsiasi infrazione al diritto dell’Unione, e segnatamente la mancata esecuzione di una sentenza della Corte, è grave. Orbene, siffatto approccio reca, a mio avviso, un’impronta retorica, in quanto sembra escludere qualsiasi esame riguardo alla proporzionalità della sanzione e qualsiasi individualizzazione della stessa, nonostante i principi normalmente riconosciuti in materia repressiva.

6.        È vero che, a differenza dei diritti nazionali, che spesso classificano le infrazioni in base alle pene irrogate, il diritto dell’Unione non conosce siffatta distinzione. Tuttavia, un aspetto comune sia ai diritti nazionali che al diritto dell’Unione riguarda la presa in considerazione del grado di illiceità, inteso come violazione di una norma posta in essere con un determinato grado di intenzionalità o di negligenza (6).

7.        Così, nel sistema previsto all’articolo 260 TFUE ai fini dell’imposizione di una somma forfettaria, è soprattutto la gravità l’elemento che consente di stabilire la natura dell’infrazione.

8.        Di conseguenza, al fine di garantire un adeguamento della sanzione prevista all’infrazione commessa, la Corte potrebbe operare una distinzione tra le infrazioni al diritto dell’Unione graduando tra inadempimenti lievi, medi o gravi. Inoltre, poiché l’illiceità non dipende unicamente dal comportamento esterno dell’autore e dalle conseguenze dell’atto, ma è altresì collegato a circostanze che attengono specificamente all’autore come persona, in particolare alle sue intenzioni, l’entità della somma forfettaria deve tener conto, da un lato, delle circostanze attenuanti come la leale collaborazione e, dall’altro, delle circostanze aggravanti, come la recidiva dello Stato membro in questione.

9.        Infine, la ponderazione di tutti questi elementi si inserisce nell’ambito dell’esercizio del potere di conoscere anche del merito di cui dispone la Corte per l’irrogazione delle sanzioni pecuniarie previste all’articolo 260 TFUE.

II –       Sulla disciplina pertinente del diritto dell’Unione

10.      Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il procedimento precontenzioso applicabile, in forza dell’articolo 260 TFUE, in caso di mancata esecuzione di una sentenza della Corte è stato abbreviato mediante la soppressione della necessità del parere motivato della Commissione. Come emerge dalla formulazione di detto articolo, la Commissione, prima di adire la Corte, è tenuta soltanto a inviare una lettera di diffida allo Stato membro in questione.

11.      La direttiva 2003/41, la cui trasposizione parziale è stata oggetto dell’inadempimento della Repubblica ceca, persegue l’obiettivo di fissare norme relative alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali. Gli EPAP sono istituti aventi lo scopo di fornire prestazioni pensionistiche connesse a un’attività professionale in forza di un accordo o di un contratto, individuale o collettivo, tra i datori di lavoro e il loro personale o le organizzazioni rappresentative di quest’ultimo. La direttiva 2003/41 mira, a tal proposito, a istituire un mercato interno dei regimi pensionistici aziendali o professionali su scala europea. Conformemente al principio di sussidiarietà, gli Stati membri rimangono tuttavia pienamente responsabili dell’organizzazione dei propri regimi pensionistici e della ripartizione dei ruoli fra i tre «pilastri» del sistema pensionistico, cosicché spetta ad essi, in particolare, nell’ambito del secondo pilastro, definire il ruolo e le funzioni dei vari tipi di EPAP.

12.      Al fine di realizzare gli obiettivi perseguiti, la direttiva 2003/41 impone agli Stati membri diversi obblighi riguardanti gli EPAP aventi sede nel loro territorio, in particolare la separazione giuridica tra le imprese promotrici e gli EPAP (articolo 8), il rispetto di condizioni per l’esercizio dell’attività (articolo 9), il loro controllo (articolo 13) e la costituzione di riserve tecniche (articoli da 15 a 18). L’articolo 20, paragrafo 1, della direttiva di cui trattasi prevede peraltro che gli Stati membri debbano consentire alle imprese aventi sede nel loro territorio di promuovere i servizi di EPAP autorizzati in altri Stati membri e debbano consentire agli EPAP autorizzati nel loro territorio di accettare come promotori imprese aventi sede nel territorio di altri Stati membri. I paragrafi da 2 a 4 di tale articolo prevedono specificamente, al riguardo, le norme di controllo delle attività transfrontaliere degli EPAP.

13.      Ai sensi dell’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2003/41, gli Stati membri dovevano adottare le disposizioni necessarie per conformarsi alla medesima prima del 23 settembre 2005.

III –       La sentenza C‑343/08, Commissione/Repubblica ceca

14.      Nella citata sentenza Commissione/Repubblica ceca, la Corte ha statuito che, non avendo adottato, entro il termine impartito, le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie a conformarsi agli articoli 8, 9, 13, da 15 a 18 e 20, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2003/41, la Repubblica ceca è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 22, paragrafo 1, di tale direttiva.

15.      In risposta agli argomenti della Repubblica ceca secondo cui l’assenza degli EPAP in tale Stato membro giustificava l’omessa trasposizione delle disposizioni della direttiva 2003/41, la Corte ha ricordato ai punti da 37 a 52 della sentenza che, conformemente alla giurisprudenza, e in assenza di una ragione geografica tale da privare completamente d’oggetto la trasposizione delle disposizioni in questione, ciò che rileva è che, nell’ipotesi in cui la Repubblica ceca eventualmente decidesse di integrare il proprio sistema pensionistico nazionale con uno schema pensionistico aziendale o professionale rientrante nel secondo pilastro, tutti i soggetti di diritto all’interno di tale Stato membro conoscano i propri diritti ed obblighi, al pari degli altri soggetti di diritto nell’Unione europea.

16.      Per contro, ai punti da 53 a 62 della sentenza, la Corte ha dichiarato che la trasposizione delle disposizioni di cui trattasi non obbligava in alcun modo la Repubblica ceca a modificare il suo sistema pensionistico nazionale. In particolare, secondo la Corte, la direttiva 2003/41 non può essere interpretata nel senso che essa obbligherebbe uno Stato membro, il quale vieta lo stabilimento di EPAP nel suo territorio per mancanza di un secondo pilastro, ad abrogare tale divieto.

IV –       Il procedimento precontenzioso, il ricorso dinanzi alla Corte nella causa C‑241/11 e gli sviluppi sopravvenuti nel corso del presente procedimento

17.      Con lettera del 19 febbraio 2010, la Commissione ha invitato la Repubblica ceca a comunicarle i provvedimenti che il governo ceco intendeva adottare onde conformarsi alla citata sentenza Commissione/Repubblica ceca e il calendario preciso. In risposta, tale Stato membro ha dichiarato che i provvedimenti necessari sarebbero stati adottati entro il mese di giugno 2012. Con lettera del 17 giugno 2010, il Ministro delle finanze della Repubblica ceca ha comunicato alla Commissione che la decisione relativa alle modalità di trasposizione della direttiva 2003/41 sarebbe stata adottata dal governo risultante dalle elezioni legislative del 28 e 29 maggio 2010. Successivamente, con lettera del 1° ottobre 2010, il medesimo ha annunciato che, entro breve termine, sarebbe stato presentato al governo un documento di lavoro relativo alla trasposizione di tale direttiva.

18.      Con lettera del 29 ottobre 2010, la Commissione ha inviato alla Repubblica ceca una lettera di diffida con la quale ha invitato la stessa a presentare osservazioni entro due mesi a decorrere dal ricevimento di detta lettera. Su richiesta della Repubblica ceca, la Commissione ha accettato di prorogare tale termine sino al 28 gennaio 2011.

19.      In risposta alla suddetta lettera di diffida, la Repubblica ceca ha dichiarato che stava provvedendo alla redazione di un progetto di legge che sarebbe stato presentato al governo nel primo trimestre del 2011 e al Parlamento nell’aprile 2011, così da entrare in vigore nel terzo trimestre.

20.      Il 19 maggio 2011, la Commissione ha proposto il ricorso in esame, con il quale essa chiede alla Corte di:

–        accertare che tale Stato membro non ha adottato i provvedimenti necessari per conformarsi alla citata sentenza Commissione/Repubblica ceca, nonché

–        infliggere al medesimo una penalità di importo pari a EUR 22 364,16 per ogni giorno di ritardo nell’adozione dei provvedimenti di esecuzione di detta sentenza a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza nella presente causa sino alla data di adozione dei predetti provvedimenti di esecuzione, e

–        imporgli altresì il pagamento di una somma forfettaria di importo pari a EUR 5 644,80 per ogni giorno di ritardo nell’adozione di tali provvedimenti a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza di cui trattasi sino alla data di pronuncia della sentenza nella presente causa, oppure sino alla data di adozione dei provvedimenti di esecuzione.

21.      Il 2 settembre 2011, la Repubblica ceca ha comunicato alla Commissione la pubblicazione e l’entrata in vigore, il 31 agosto 2011, della legge n. 260/2011 (7) (in prosieguo: la legge n. 260/11) che, secondo tale Stato membro, garantisce l’esecuzione integrale della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca. Dopo aver esaminato il contenuto della legge n. 260/11, la Commissione, nella sua replica, ha considerato che la Repubblica ceca aveva adeguato la propria legislazione a tale sentenza. Di conseguenza, la Commissione ha ritirato la domanda di fissazione di una penalità, ma ha mantenuto la domanda relativa al pagamento di una somma forfettaria.

V –          Sul ricorso e sugli argomenti delle parti

A –          Sull’esistenza dell’inadempimento

22.      Occorre anzitutto rilevare che, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, la data di riferimento per valutare l’esistenza di un inadempimento ai sensi dell’articolo 260 TFUE corrisponde alla data di scadenza del termine fissato nel provvedimento di diffida emesso ai sensi del paragrafo 2, primo comma, di detto articolo (8).

23.      Sebbene la Repubblica ceca contesti non l’effettiva sussistenza dell’inadempimento addebitato, ma unicamente la gravità dell’infrazione quale risulta dall’interpretazione fornita dalla Commissione, è pur vero che, al momento della scadenza del termine fissato nella lettera di diffida della Commissione, per il quale era stata concessa una proroga, la Repubblica ceca non aveva adottato tutti i provvedimenti necessari per conformarsi pienamente agli obblighi derivanti dalla citata sentenza Commissione/Repubblica ceca. Di conseguenza, è necessario constatare che la Repubblica ceca ha violato l’obbligo cui tenuta ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.

B –          Sulla domanda di pagamento della somma forfettaria

24.      Dato che i provvedimenti necessari per l’esecuzione della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca sono stati adottati nel corso del presente procedimento, conformemente alla giurisprudenza è venuto meno l’oggetto della domanda di imposizione di una penalità (9).

25.      Per contro, la Commissione ha mantenuto la sua domanda di imposizione di una somma forfettaria, calcolata conformemente alla citata comunicazione della Commissione del 2005, summenzionata. Emerge da tale comunicazione che la somma forfettaria corrisponde al prodotto risultante dalla moltiplicazione di un importo giornaliero per il numero di giorni di persistenza dell’infrazione. L’importo giornaliero risulta, dal canto suo, dalla moltiplicazione di un importo forfettario di base (10) per il coefficiente di gravità dell’infrazione (su una scala da 1 a 20) e per un fattore «n», che riflette il prodotto lordo dello Stato membro e il numero di voti di cui dispone nel Consiglio dell’Unione europea.

26.      La Commissione sottolinea l’obbligo, cui è tenuto ogni Stato membro, di recepire integralmente la direttiva 2003/41, pur se, nel caso di specie, l’omessa trasposizione non ha comportato, in pratica, alcun effetto concreto, vista l’inesistenza di un secondo pilastro nell’ambito del sistema pensionistico ceco. Essa rammenta che, adottando la direttiva 2003/41, l’intento del legislatore dell’Unione era che tutti gli Stati membri definissero le condizioni necessarie per l’esercizio delle attività degli EPAP nei rispettivi territori. Inoltre, a giudizio della Commissione, sia le norme in questione della direttiva 2003/41 che il contenuto della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca sono stati formulati in modo chiaro e non lasciano spazio a dubbi quanto alle loro modalità di esecuzione.

27.      Quanto ai dettagli concernenti il calcolo della somma forfettaria, la Commissione propone di adottare un coefficiente di gravità 8, in quanto le norme della direttiva 2003/41 sono, a suo avviso, essenziali per le prestazioni di servizi transfrontalieri da parte degli EPAP e, senza la loro trasposizione integrale nell’ordinamento giuridico nazionale, non si creano le condizioni per il funzionamento di un mercato interno dei regimi pensionistici aziendali o professionali. La Commissione sottolinea che l’omessa trasposizione costituisce una violazione del principio della certezza del diritto la cui gravità sarebbe accentuata relativamente alle disposizioni riguardanti le norme prudenziali e le norme in materia di controllo volte a garantire un alto grado di certezza per i futuri pensionati.

28.      Peraltro, in risposta all’argomento della Repubblica ceca, relativo a una trasposizione parziale della direttiva 2003/41 entro il termine impartito, la Commissione fa valere che tale circostanza non cambierebbe affatto la situazione. La trasposizione parziale, infatti, riguarderebbe soltanto gli EPAP prestatori di servizi transfrontalieri nella Repubblica ceca. Non sarebbe stato quindi possibile dedurne le condizioni di funzionamento degli EPAP soggetti al controllo degli organismi della Repubblica ceca né quali norme prudenziali fossero applicabili a tali istituzioni.

29.      Dal canto suo, la Repubblica ceca contesta principalmente la gravità della persistenza dell’inadempimento accertato nella citata sentenza Commissione/Repubblica ceca, la quale sarebbe assai lieve se non addirittura inesistente. Detto Stato membro ritiene che non debba essergli irrogata una somma forfettaria o che il relativo importo debba essere sostanzialmente ridotto alla luce delle particolari circostanze del caso di specie.

30.      Da un lato, la Repubblica ceca rileva che la valutazione effettuata dalla Commissione sulla gravità dell’inadempimento si fonda su un postulato di base errato, in quanto la Commissione confonde tale questione con quella della violazione del diritto dell’Unione. Dall’altro, la Repubblica ceca ricorda che per valutare il livello di gravità di un’infrazione devono essere presi in considerazione gli effetti dell’inadempimento sugli interessi pubblici e privati, nonché l’urgenza di indurre lo Stato membro in questione a conformarsi ai suoi obblighi, l’importanza della norma giuridica di cui è stata accertata la violazione e l’atteggiamento dello Stato membro considerato.

VI –       Giudizio generale

A –          Sulla natura della somma forfettaria

31.      Dalla giurisprudenza, in particolare in seguito alla sentenza del 12 luglio 2005, Commissione/Francia (11), deriva che le due sanzioni pecuniarie previste all’articolo 260, paragrafo 2, TFUE non adempiono la medesima funzione. Infatti, se è vero che l’imposizione di una penalità sembra adeguata per indurre uno Stato membro a porre fine, nel più breve tempo possibile, all’infrazione addebitata, l’imposizione di una somma forfettaria si fonda maggiormente sulla valutazione degli effetti, sugli interessi pubblici e privati (12), dell’inadempimento degli obblighi dello Stato membro in questione.

32.      La somma forfettaria costituisce quindi una sanzione in senso stretto. Contrariamente alla penalità, che ha natura essenzialmente coercitiva, la somma forfettaria ha come obiettivo di punire la precedente inattività dello Stato membro in questione.

33.      La Corte ha così delineato le caratteristiche della somma forfettaria insistendo sulla sua natura dissuasiva e sulla finalità di prevenire la futura reiterazione di infrazioni (13). Secondo la Commissione, la minaccia della sua irrogazione sarebbe in particolare idonea a indurre lo Stato membro a dare esecuzione alla sentenza iniziale, dichiarativa dell’inadempimento, nel più breve tempo possibile e, in particolare, prima che la Corte venga adita una seconda volta (14).

34.      Inoltre, la natura punitiva della somma forfetaria implica che la medesima ha una funzione retributiva corrispondente al principio secondo cui ad ogni infrazione deve seguire una sanzione proporzionata onde ripristinare lo Stato di diritto.

35.      Infatti, dato che l’infrazione è un atto di sfida nei confronti dell’ordinamento giuridico costituito, la sanzione rappresenta una risposta adeguata conseguente a tale atto. L’adeguatezza della risposta richiede tuttavia, a mio giudizio, che la somma forfettaria imposta rimanga per quanto possibile ridotta in presenza di inadempimenti la cui gravità risulti particolarmente lieve.

36.      Sotto tale profilo, dalla giurisprudenza emerge che, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, spetta alla Corte stabilire l’importo della somma forfettaria in modo tale che la stessa sia, da un lato, adeguata alle circostanze e, dall’altro, proporzionata all’inadempimento accertato nonché alla capacità finanziaria dello Stato membro interessato (15). L’imposizione della somma forfettaria deve, in ogni caso di specie, rimanere l’espressione dell’insieme degli elementi pertinenti che si riferiscono sia alle caratteristiche dell’inadempimento accertato che al comportamento proprio dello Stato membro interessato (16).

37.      La natura dissuasiva della somma forfettaria è stata sottolineata in particolare nella citata sentenza del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia, in cui la Corte ha deciso di imporre il pagamento di una somma forfettaria nonostante l’esecuzione integrale della sentenza iniziale prima della conclusione del procedimento avviato sul fondamento dell’articolo 260 TFUE (ex articolo 228 CE). Di conseguenza, pur sottolineando che non si tratta di una sanzione automatica, la Corte ha confermato il suo potere discrezionale quanto alla necessità di imporre la somma forfettaria tenuto conto delle circostanze del caso di specie.

B –          Sul ruolo delle comunicazioni della Commissione relative all’attuazione dell’articolo 260 TFUE

38.      È pacifico che gli orientamenti come quelli contenuti nelle summenzionate comunicazioni della Commissione, relative all’attuazione dell’articolo 260 TFUE, contribuiscono a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la certezza del diritto dell’azione svolta da tale istituzione (17).

39.      Infatti, contrariamente agli ordinamenti giuridici nazionali in cui di solito spetta al legislatore, ai rappresentanti del pubblico ministero o eventualmente ai giudici d’appello o alle corti supreme stabilire regole o prassi riguardanti l’entità della sanzione, nel settore di applicazione dell’articolo 260 TFUE, è la Commissione ad essersi assunta l’onere di rendere pubblico tale strumento di riferimento.

40.      Considero, al pari dell’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer, che sebbene non costituiscano testi normativi propriamente detti, tali comunicazioni sono vincolanti per l’istituzione da cui promanano, quanto meno nel senso che essa potrà discostarsene solo fornendo un’adeguata giustificazione, salvo violare, in caso contrario, il principio della parità di trattamento (18).

41.      Osservo peraltro che negli altri settori del diritto dell’Unione, e in particolare nel diritto della concorrenza, adottando siffatte regole di condotta e annunciando mediante la loro pubblicazione che essa le applicherà in futuro ai casi dalla medesima considerati, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale (19). Di conseguenza, la Commissione è vincolata dalle comunicazioni dalla stessa adottate, sempreché queste non si discostino dalle norme del Trattato (20).

42.      Occorre sottolineare che le comunicazioni della Commissione relative all’applicazione dell’articolo 260 TFUE sono uno strumento indispensabile per la Corte per poter adottare una prassi adeguata e coerente, e tale da contribuire alla prevedibilità della giustizia. Le comunicazioni partecipano, infatti, all’elaborazione, da parte della Corte, di un sistema metodico e rigoroso in materia di irrogazione delle sanzioni pecuniarie. Le proposte della Commissione hanno principalmente la funzione di consentire alla Corte di porsi in una categoria di sanzioni corrispondenti alla natura dell’infrazione addebitata. Esse rappresentano quindi per la Corte un punto di partenza indicativo per la valutazione globale dell’inadempimento contestato e costituiscono un dispositivo atto a garantire che l’entità della sanzione non divenga arbitraria o soggettiva, nonostante il fatto che tale entità non raggiunge mai un’oggettività matematica.

43.      Ricordo tuttavia che la Corte può fondarsi sulle summenzionate comunicazioni solo in quanto quadro analitico e solo a titolo di riferimento metodologico. Di conseguenza, nell’esercizio del suo potere discrezionale, la Corte è esentata, in particolare, dall’obbligo di presentare i dettagli concernenti il calcolo della somma forfettaria da essa imposta a uno Stato membro interessato.

VII –       Sulla metodologia dell’irrogazione di una somma forfettaria

A –          Applicazione del criterio della gravità nella prassi della Commissione

44.      Conformemente alla sua comunicazione del 2005 (21), la Commissione si fonda, ai fini del calcolo dell’importo della somma forfettaria, su tre criteri, ossia la gravità dell’infrazione, la durata dell’infrazione e la capacità finanziaria di uno Stato membro. La difficoltà principale nell’applicazione dei suddetti criteri mi sembra consistere nel rischio di sovrapposizione, in particolare, tra i criteri della gravità e della durata. Infatti, pur costituendo un parametro di carattere oggettivo, il protrarsi dell’infrazione nel tempo può contribuire ragionevolmente ad accentuare la gravità dell’inadempimento contestato.

45.      A tal proposito, pur riconoscendo una grande varietà tra gli inadempimenti contestati, osservo tuttavia che l’applicazione del coefficiente della gravità, da parte della Commissione, ai fini dell’irrogazione delle sanzioni pecuniarie è caratterizzata da una certa incoerenza (22).

46.      Stupisce infatti constatare che, in materia di penalità, in una delle cause ad oggi più complesse, relative all’applicazione di sanzioni pecuniarie a una situazione di inadempimento generalizzato e strutturale, la Commissione ha proposto un coefficiente di gravità 10. Per contro, in una causa successiva, riguardante un inadempimento di natura esclusivamente legislativa, il coefficiente è stato fissato a 11 (23). Inoltre, nell’unica causa in cui, per mancanza di elementi di prova, non è stato possibile accertare l’inadempimento, la Commissione aveva proposto un coefficiente di gravità 14 (24). Infine, in una causa relativa all’omessa trasposizione di una direttiva, la Commissione è arrivata al punto di proporre soltanto un coefficiente 1 (25).

47.      Per quanto attiene, più specificamente, a domande relative all’imposizione di una somma forfettaria nelle cause concernenti l’omessa trasposizione di direttive, la Commissione ha proposto coefficienti 11 (26) e 12 (27). Per contro, in cause relative al mancato recupero di aiuti di Stato, che sono caratterizzate da una maggiore complessità, il coefficiente proposto variava tra 5 (28), 8 (29) e 12 (30).

48.      Per un confronto, e a titolo informativo, ricordo che, nella fattispecie, la Commissione ha considerato la gravità dell’inadempimento tale da giustificare l’applicazione di un coefficiente 8 su una scala di 20.

B –          Analisi della gravità dell’infrazione ai fini dell’imposizione di una somma forfettaria

49.      Ricordo innanzi tutto che, a differenza di una sentenza dichiarativa, pronunciata in forza dell’articolo 258 TFUE, la quale riflette uno stato oggettivo del diritto dell’Unione (31), una sentenza pronunciata in forza dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, e che impone sanzioni pecuniarie, è caratterizza da un elemento soggettivo, in quanto implica la valutazione della colpevolezza di uno Stato membro. Inoltre, qualora la Corte decida di imporre le predette sanzioni, questa seconda sentenza ha effetto costitutivo.

50.      A mio avviso, la valutazione della gravità dell’infrazione consistente nella mancata esecuzione di una sentenza della Corte include, da un lato, aspetti di natura soggettiva, che attengono in particolare alla colpevolezza dello Stato membro e, dall’altro, l’individuazione della gravità, la quale si fonda su elementi oggettivi riguardanti la portata dell’infrazione e le sue conseguenze.

1.            Sulla dimensione soggettiva della gravità dell’infrazione

51.      Sotto il profilo soggettivo, la questione che si pone ai fini del calcolo dell’entità della somma forfettaria è stabilire se lo Stato membro abbia agito in buona fede a partire dalla pronuncia della prima sentenza per inadempimento. Tale situazione viene valutata con riferimento ai provvedimenti adottati da detto Stato membro ai fini dell’esecuzione della sentenza pronunciata in forza dell’articolo 258 TFUE.

52.      Al riguardo, tra i criteri di analisi pertinenti compare la valutazione della diligenza e della leale collaborazione di uno Stato membro. La Corte potrebbe così stabilire se la mancata esecuzione di cui trattasi derivi da un comportamento intenzionale o da mera negligenza ed eventualmente il grado di tale negligenza. Mi sembra essenziale che uno Stato membro leale non venga condannato al pagamento di una somma forfettaria equivalente a quella cui è stato condannato uno Stato membro che non abbia dato la benché minima dimostrazione di buona volontà.

53.      Per quanto riguarda, in concreto, l’atteggiamento assunto dalla Repubblica ceca nel caso di specie, risulta dagli atti che detto Stato membro ha dato piena esecuzione alla sentenza della Corte, nella citata sentenza Commissione/Repubblica ceca, adottando una normativa di attuazione della direttiva 2003/41 19 mesi dopo la pronuncia di tale sentenza, ossia sei mesi dopo la proposizione dinanzi alla Corte del ricorso in esame.

54.      La Repubblica ceca giustifica il proprio ritardo facendo riferimento alla situazione interna, ossia a un mutamento di governo successivo alle elezioni legislative, al dibattito relativo alla riforma del sistema previdenziale nazionale, nonché all’instabilità economica legata alla crisi finanziaria mondiale.

55.      È vero che, conformemente a una giurisprudenza costante, uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni inerenti al proprio ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza di obblighi derivanti dal diritto dell’Unione (32).

56.      Tuttavia, alla luce del principio impossibilium nulla obligatio est, la Corte può prendere in considerazione, nel valutare la gravità dell’inadempimento ai fini dell’eventuale irrogazione di sanzioni pecuniarie, le reali difficoltà che uno Stato membro può trovarsi ad affrontare durante il processo di esecuzione di una sentenza ai sensi dell’articolo 258 TFUE (33). Infatti, a differenza di un procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, l’approccio fondato sulla responsabilità oggettiva non può essere applicato nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 260 TFUE.

57.      Nelle sue memorie, la Repubblica ceca evidenzia il fatto di aver avviato il procedimento di esecuzione sin dal mese successivo alla pronuncia della sentenza e di aver inoltre rispettato l’obbligo di leale collaborazione con la Commissione rispondendo sempre in modo dettagliato alle sue domande. La Repubblica ceca argomenta inoltre che la direttiva 2003/41 era già stata in parte recepita entro il termine impartito e quindi ancor prima della pronuncia della prima sentenza della Corte  (34). Peraltro, la trasposizione integrale sarebbe stata completata nel corso del presente procedimento.

58.      Al riguardo, mi sembra un dato acquisito il fatto che la Repubblica ceca abbia effettivamente dato prova di leale collaborazione con i servizi della Commissione, nell’ambito della corrispondenza intercorsa.

59.      Ritengo inoltre incontestabile il fatto che una trasposizione parziale o definitiva avvenuta nel corso del procedimento dinanzi alla Corte in forza dell’articolo 260 TFUE sia un elemento che depone a favore dello Stato membro interessato. In effetti, la Corte prende in considerazione tale aspetto nel valutare la gravità di un inadempimento, senza che ciò esima tuttavia lo Stato membro dal sopportare le conseguenze del proprio inadempimento sotto forma di pagamento di una somma forfettaria (35).

60.      Colgo tuttavia, nell’atteggiamento della Repubblica ceca, un fattore aggravante che deriva da una certa negligenza nonché da incoerenza a livello di procedure nazionali, il che ha prodotto un indebito ritardo nell’esecuzione della sentenza della Corte. Infatti, a decorrere dalla data di pronuncia della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca, la portata dei lavori legislativi da svolgere ai fini dell’esecuzione di detta sentenza era chiaramente definita. Orbene, l’intensità degli impegni che dovevano essere previsti a tal fine non sembrava eccessiva, sia pure in un contesto politico di elezioni legislative.

61.      Ritengo infine che, a fronte di siffatto atteggiamento fortemente caratterizzato da negligenza, la Corte non possa evitare di imporre il pagamento di una somma forfettaria alla Repubblica ceca.

2.            Sulla dimensione oggettiva della gravità dell’infrazione

62.      L’aspetto oggettivo del parametro della gravità è stato definito, nella giurisprudenza della Corte, principalmente con riferimento alla natura dell’infrazione. Tra i fattori pertinenti, al riguardo, vi sono la durata della persistenza dell’inadempimento a partire dalla sentenza che lo ha accertato, nonché gli interessi pubblici e privati coinvolti (36). Peraltro, colpisce il fatto che la Corte spesso riduce l’importo della somma forfettaria rispetto a quello proposto dalla Commissione (37).

63.      Pur riconoscendo la sovrapposizione tra i parametri della durata e della gravità, prima di affrontare nel prosieguo la problematica del decorso del tempo, intendo dedicare la presente analisi all’aspetto oggettivo della gravità dell’inadempimento asserito.

64.      Per quanto attiene all’impatto dell’omessa trasposizione di cui trattasi sugli interessi pubblici e privati, occorre ricordare che la direttiva 2003/41 mira a istituire un mercato interno dei regimi pensionistici aziendali o professionali nel cui ambito gli EPAP debbono beneficiare della libera prestazione dei servizi e della libertà di investimento (38).

65.      Desidero anzitutto sottolineare che l’inadempimento addebitato, nella fattispecie, dalla Commissione alla Repubblica ceca è, a mio avviso, meno grave di quanto emerga dall’interpretazione fornita dalla Commissione. Mi sembra infatti che, a favore della Repubblica ceca, debbano essere ammesse circostanze attenuanti.

66.      Così, da un lato, allorché, conformemente alla sentenza della Corte, la direttiva 2003/41 non impone al suddetto Stato membro né l’istituzione di un secondo pilastro né l’abolizione del divieto di stabilimento degli EPAP nel proprio territorio, l’impatto effettivo della mancata trasposizione delle disposizioni in questione è pressoché inesistente. Infatti, dal momento che la trasposizione avrebbe come principale obiettivo di informare soggetti eventualmente interessati dalle attività degli EPAP, l’assenza di detta trasposizione nell’ordinamento giuridico ceco, in cui non esiste il secondo pilastro del sistema pensionistico nazionale, non può essere considerata particolarmente grave. Di conseguenza, l’impatto dell’infrazione addebitata sugli interessi pubblici e privati rimane assai limitato.

67.      Tenuto conto, dall’altro, della situazione specifica presente nella Repubblica ceca, l’interpretazione particolarmente estensiva della direttiva 2003/41, quale propugnata dalla Commissione nell’ambito del primo ricorso per inadempimento, poteva effettivamente dare adito a confusione (39). Di conseguenza, anche se la Repubblica ceca si fosse mostrata particolarmente diligente, non sarebbe stata comunque in grado, per tutta la durata del primo procedimento per inadempimento, di adottare misure efficaci per porre fine all’inadempimento addebitato.

68.      Se anche i provvedimenti nazionali da adottare fossero rimasti senza concreta applicazione, nondimeno, tale situazione tuttavia sarebbe perdurata soltanto sino all’introduzione, da parte del legislatore nazionale, di un secondo pilastro nell’ambito del suo sistema pensionistico nazionale. Va osservato al riguardo che, in una simile eventualità, il legislatore avrebbe potuto modificare il contesto normativo così stabilito nei limiti derivanti dalla direttiva 2003/41.

C –          Analisi della durata dell’infrazione ai fini dell’imposizione di una somma forfettaria

69.      Il presente procedimento evidenzia due aspetti concernenti la presa in considerazione del decorso del tempo. Da un lato, esso richiede di effettuare una valutazione sulla durata che è stata necessaria a dare esecuzione alla citata sentenza Commissione/Repubblica ceca. Dall’altro, esso riguarda la questione della celerità con cui la Commissione ha avviato il procedimento di cui all’articolo 260 TFUE.

70.      Innanzi tutto, per quanto riguarda il primo aspetto, mi sembra evidente che il criterio della durata dell’infrazione, nel contesto dell’esecuzione di una sentenza della Corte, sia un elemento lasciato interamente allo Stato membro interessato. Quest’ultimo può decidere o di dare inizio all’esecuzione al momento in cui lo ritiene opportuno, oppure, qualora permangano dubbi quanto alla portata dei suoi obblighi, di chiedere l’interpretazione della sentenza pronunciata ai sensi dell’articolo 258 TFUE, conformemente all’articolo 43 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea in combinato disposto con l’articolo 158 del regolamento di procedura della Corte (40).

71.      Per questo motivo, la durata contribuisce ad accentuare la gravità oggettiva dell’inadempimento consistente nella mancata esecuzione di una sentenza della Corte, e può essere quindi utilizzata come elemento indicativo del quadro analitico dell’entità della sanzione, ossia, nella fattispecie, la somma forfettaria.

72.      Nelle sue memorie, la Repubblica ceca rileva di aver provveduto senza indugio a far cessare l’inadempimento accertato dalla Corte nella sua sentenza. Inoltre, poiché la trasposizione aveva quindi come unico obiettivo quello di fornire sufficienti informazioni ai soggetti di diritto potenzialmente interessati in caso di eventuale decisione di introdurre il secondo pilastro nel territorio della Repubblica ceca, tale Stato membro relativizza l’urgenza dell’adozione di provvedimenti per l’esecuzione della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca.

73.      La Commissione ribadisce, dal canto suo, che l’esecuzione di una sentenza per inadempimento deve compiersi nel più breve tempo possibile. Orbene, nella fattispecie, è solo 19 mesi dopo la pronuncia della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca che sarebbe stata adottata la legge n. 260/11. Inoltre, tra la data di pronuncia della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca e la data di scadenza del termine fissato nella lettera di diffida, inviata in forza del procedimento di cui all’articolo 260 TFUE, sarebbero trascorsi dodici mesi. Infine, tra quest’ultima data e quella fissata all’articolo 22, paragrafo 1, della direttiva 2003/41 per la trasposizione di quest’ultima sarebbero trascorsi cinque anni e quattro mesi.

74.      Ricordo, a tal proposito, che il parametro della responsabilità oggettiva di uno Stato membro sul quale si fonda il ricorso ai sensi dell’articolo 258 TFUE non può essere applicato nell’ambito del procedimento di irrogazione di sanzioni pecuniarie ai sensi dell’articolo 260 TFUE.

75.      È vero che la giurisprudenza richiede che l’esecuzione sia avviata immediatamente e che si concluda nel più breve tempo possibile (41), il che implica che lo Stato membro deve intraprendere le azioni necessarie per dare esecuzione a una sentenza il più rapidamente possibile dopo la sua pronuncia. Non vi è alcun dubbio, tuttavia, che, a causa di particolari situazioni nazionali, di tipo politico e amministrativo, nonché del grado di complessità dell’inadempimento accertato, l’esecuzione integrale avrà luogo soltanto in una data successiva. La determinazione di una somma forfettaria deve quindi tener conto di siffatte circostanze.

76.      Inoltre, il semplice fatto di dare avvio all’esecuzione non garantisce, evidentemente, un’esecuzione efficace e completa, qualora lo Stato membro non ravvisi in essa alcun interesse immediato. Non è escluso, infatti, che uno Stato membro adotti una misura transitoria e la comunichi alla Commissione al fine di ritardare la sua analisi sullo stato dell’esecuzione, senza tuttavia prevedere un’esecuzione esaustiva della sentenza della Corte (42). La determinazione di una somma forfettaria deve altresì includere elementi atti a dissuadere gli Stati membri dal ricorrere a siffatte pratiche dilatorie.

77.      Nella fattispecie, tenuto conto del carattere esplicito dell’inadempimento addebitato, ritengo che non possa essere giustificata la persistenza dell’inadempimento nei 19 mesi decorrenti dalla pronuncia della citata sentenza del 14 gennaio 2010, Commissione/Repubblica ceca.

78.      Per quanto riguarda il secondo aspetto, ossia la rapidità con cui la Commissione dovrebbe avviare un procedimento ai sensi dell’articolo 260 TFUE, risulta dagli atti che la Commissione ha inviato la prima richiesta di informazioni relative allo stato dell’esecuzione della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca un mese dopo la pronuncia di detta sentenza, prima di inviare la lettera di diffida nove mesi più tardi. Il periodo di tempo tra la data della sentenza e la scadenza del termine impartito nella lettera di diffida è di circa un anno.

79.      È interessante rilevare al riguardo che, fatta eccezione per gli inadempimenti particolarmente complessi, la prassi della Commissione è caratterizzata da una riduzione progressiva del periodo di tempo, concesso dalla stessa allo Stato membro, tra la data di pronuncia della prima sentenza per inadempimento e la scadenza del termine fissato, in precedenza nel parere motivato, e attualmente nella lettera di diffida. Così, nelle prime cause, promosse in base all’ex articolo 228 CE, tale termine era di due anni e mezzo (43), quattro anni e mezzo (44), e perfino nove anni (45). Nelle cause più recenti, il termine oscillava tra uno e due anni (46).

80.      Orbene, la concessione di un termine troppo ampio da parte della Commissione può avere ripercussioni sul calcolo della somma forfettaria. Infatti, lo svolgimento sia del procedimento precontenzioso che di quello dinanzi alla Corte contribuisce ad aumentare l’importo della somma forfettaria, in particolare nel caso in cui la prima sentenza non sia stata pienamente eseguita alla data di pronuncia della seconda sentenza, emessa ai sensi dell’articolo 260 TFUE (47).

81.      Di conseguenza, pur ammettendo che la Commissione abbia provveduto a un invio relativamente precoce della prima lettera, ritengo che il termine indicato nella lettera di diffida, in base alla quale la Repubblica ceca aveva a disposizione un anno per eseguire la sentenza della Corte, non sia irragionevole, alla luce della portata delle modifiche legislative necessarie per far cessare l’inadempimento addebitato. Detto termine si inserisce, peraltro, nella prassi della Commissione descritta supra.

82.      Osservo, in subordine, che la Commissione sembra indicare nelle sue osservazioni che la Corte dovrebbe altresì considerare, ai fini dell’imposizione di una sanzione ai sensi dell’articolo 260 TFUE, la durata dell’infrazione a decorrere dalla scadenza del termine di trasposizione della direttiva 2003/41. Siffatto approccio è tuttavia errato. In ogni caso, un calcolo di tal genere si impone, a partire dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ai ricorsi proposti ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE concernenti gli inadempimenti relativi alla mancata comunicazione dei provvedimenti di trasposizione, al momento del primo ricorso per inadempimento (48).

83.      Considero infine che la modifica introdotta dal Trattato di Lisbona all’articolo 260 TFUE, consistente nell’abolizione della fase del parere motivato, in modo da ridurre la durata della fase precontenziosa, depone a favore di un maggior rigore quanto al termine di esecuzione della sentenza da parte di uno Stato membro.

VIII –       Sull’importo della somma forfettaria da imporre nel caso di specie

84.      Nel suo ricorso, la Commissione chiede alla Corte di infliggere alla Repubblica ceca il pagamento di una somma forfettaria di EUR 3 364 395,20. Tale importo risulta dalla moltiplicazione della somma giornaliera di EUR 5 644,80 per il numero di giorni di infrazione, ossia 594 giorni a decorrere dalla pronuncia della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca, vale a dire il 14 gennaio 2010, fino alla data di adozione delle disposizioni costituenti la trasposizione della direttiva 2003/41, ossia il 31 agosto 2011. L’importo giornaliero proposto dalla Commissione risulta dalla moltiplicazione di un importo base uniforme di EUR 210 per il coefficiente di gravità 8 e il fattore «n» per la Repubblica ceca che è pari a 3,36 (49).

85.      Prima di affrontare il calcolo indicativo dell’importo della somma forfettaria, desidererei ricordare che, in risposta alle preoccupazioni degli Stati membri, la Corte si è pronunciata a favore della presa in considerazione della capacità finanziaria dello Stato membro, quale si presenta alla luce degli ultimi dati economici sottoposti alla sua valutazione (50). Di conseguenza, essa tiene conto del recente andamento dell’inflazione e del prodotto interno lordo dello Stato membro in questione, quale si presenta alla data dell’esame dei fatti da parte della Corte (51).

86.      Dal punto di vista temporale, siffatto adeguamento dei dati economici, avente come punto di riferimento il momento dell’esame, da parte della Corte, dei fatti di causa, costituisce espressione dei principi summenzionati secondo i quali la determinazione della somma forfettaria deve essere adeguata alle circostanze e proporzionata all’inadempimento accertato nonché alla capacità finanziaria dello Stato membro interessato (52).

87.      Dato che, nella fattispecie, le parti del procedimento non hanno aggiornato i dati economici pertinenti, è necessario fare rinvio all’ultima comunicazione della Commissione, risalente al 2012, relativa all’aggiornamento dei dati utilizzati per il calcolo delle sanzioni pecuniarie (53). Ne emerge, in particolare, che l’importo minimo della somma forfettaria, per la Repubblica ceca, è aumentato ed ammonta attualmente a EUR 1 768 000. Peraltro il forfait base per la somma forfettaria resta di EUR 210, ma il fattore speciale «n», per la Repubblica ceca, è stato portato a 3,34.

88.      Per quanto riguarda infine il calcolo dell’importo da applicare nella presente causa, suggerisco anzitutto alla Corte di basarsi su un coefficiente di gravità inferiore a quello proposto dalla Commissione, ossia il coefficiente 8.

89.      Tenuto conto, nella fattispecie, da un lato, dell’atteggiamento negligente delle autorità ceche, ma, dall’altro, del fatto che la mancata esecuzione della sentenza, dichiarativa dell’inadempimento, non produceva pressoché alcun effetto concreto, ritengo più appropriato applicare un coefficiente da 1 a 2.

90.      Osservo al riguardo, che il coefficiente di gravità 1 è già stato proposto una volta dalla Commissione, sebbene nell’ambito di una domanda di penalità. La Corte ha accolto tale domanda, ritenendola idonea a riflettere in modo adeguato il livello di gravità dell’infrazione ancora esistente alla data in cui la Corte ha valutato i fatti e ha infine imposto il pagamento della penalità allo Stato membro in questione (54).

91.      Così, applicando i dati aggiornati summenzionati e un coefficiente di gravità pari a 1, l’importo della somma giornaliera ammonterebbe a EUR 701,40, ossia a EUR  210 moltiplicati per il fattore «n», pari a 3,34. Moltiplicata per 594 giorni di infrazione, la somma forfettaria da imporre ammonterebbe a EUR 416 631,60. Per contro, applicando un coefficiente di gravità 2, l’importo della somma giornaliera ammonterebbe a EUR 1 402,80, moltiplicato per il numero dei giorni di infrazione, ossia una somma forfettaria di EUR 833 263,20.

92.      Tuttavia, qualora la Corte optasse per coefficienti così bassi, si troverebbe di fronte al problema attinente alla circostanza che la somma forfettaria così proposta sarebbe inferiore alla somma minima di EUR 1 768 000, calcolata dalla Commissione per la Repubblica ceca nella sua comunicazione del 2005, come aggiornata dalla recente comunicazione del 2012 summenzionata.

93.      In effetti, secondo la Commissione, nel caso in cui la somma calcolata in base a un tasso giornaliero fosse inferiore alla somma forfettaria minima, dovrebbe essere imposto, in via di principio, quest’ultimo importo. Questa soglia minima fissa riflette, secondo la Commissione, il principio secondo il quale qualsiasi caso di inottemperanza persistente di una sentenza della Corte da parte di uno Stato membro rappresenta, di per sé, una violazione del principio di legalità in una comunità di diritto, che richiede una sanzione effettiva. Siffatto importo minimo fisso eviterebbe inoltre che siano proposti importi puramente simbolici, che sarebbero privi di qualsiasi carattere dissuasivo e rischierebbero di minare l’autorità delle sentenze della Corte, anziché di consolidarla (55).

94.      Osservo, al riguardo che la proposta di una somma forfettaria minima come quella prevista dalla Commissione porta ad escludere l’applicazione dei coefficienti più bassi nella maggior parte dei casi, fatta eccezione per l’ipotesi di infrazioni di assai lunga durata. Ritengo inoltre che anche il principio rigoroso di una somma forfettaria minima vada oltre quanto è necessario al fine di evitare l’imposizione di somme puramente simboliche, ben sapendo che, dal punto di vista del bilancio, la perdita imprevista di una somma, che può essere considerata «inutile», ha un effetto dissuasivo certo per gli Stati membri.

95.      Dato che, come ho già ricordato, la comunicazione della Commissione costituisce soltanto un quadro analitico di riferimento per la Corte, quest’ultima può fondare la sua equa valutazione in un contesto globale dell’infrazione addebitata su un esercizio metodico, applicando i criteri contenuti nella comunicazione della Commissione.

96.      Di conseguenza, alla luce di tutti gli elementi del presente procedimento e al fine di garantire il rispetto della funzione dissuasiva e punitiva della somma forfettaria, propongo alla Corte di infliggere alla Repubblica ceca il pagamento di una somma forfettaria di importo pari a EUR 1 000 000.

IX – Conclusione

97.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di:

–        dichiarare che, avendo omesso di adottare i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza del 14 gennaio 2010, Commissione/Repubblica ceca (C‑343/08), la Repubblica ceca è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260 TFUE;

–        condannare la Repubblica ceca a pagare alla Commissione europea, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una somma forfettaria di EUR 1 000 000;

–        condannare la Repubblica ceca alle spese.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – C‑343/08, Racc. pag. I‑275.


3 – Direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 giugno 2003, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (GU L 235, pag. 10).


4 – V., in particolare, comunicazione sull’applicazione dell’articolo 171 del Trattato CE (GU 1996, C 242, pag. 6); metodo di calcolo della penalità prevista dall’articolo 171 del Trattato CE (GU 1997, C 63, pag. 2); comunicazione SEC(2005) 1658, del 12 dicembre 2005, intitolata: «applicazione dell’articolo 228 del trattato CE» (GU 2007, C 126, pag. 12), come aggiornata dalla comunicazione SEC(2010) 923, del 20 luglio 2010, intitolata «Applicazione dell’articolo 260 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Aggiornamento dei dati utilizzati per il calcolo delle somme forfettarie e delle penalità che saranno proposte alla Corte di giustizia dalla Commissione nell’ambito di procedure di infrazione».


5 – Sentenza del 4 luglio 2000, Commissione/Grecia (C‑387/97, Racc. pag. I‑5047, punti 86 e 89).


6 – V., per quanto riguarda il diritto penale, Darbellay, J., Théorie générale de l’illicéité, pag. 124.


7 – Raccolta di leggi della Repubblica ceca del 31 agosto 2011, volume 92.


8 – V. sentenze dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna (C‑610/10, punto 67), del 19 dicembre 2012, Commissione/Irlanda (C‑279/11, punto 19), nonché Commissione/Irlanda (C‑374/11, punto 19).


9 – V. sentenza del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia (C‑121/07, Racc. pag. I‑9159, punti da 26 a 28).


10 – V. comunicazione della Commissione C(2012) 6106 def., intitolata «Aggiornamento dei dati utilizzati per il calcolo delle somme forfettarie e delle penalità che saranno proposte alla Corte di giustizia dalla Commissione nell’ambito di procedure di infrazione», che fissa detto importo forfettario standard in EUR 210.


11 – C‑304/02, Racc. pag. I‑6263.


12 – V. sentenza Commissione/Francia, cit. (punto 81).


13 – Sentenze del 7 luglio 2009, Commissione/Grecia (C‑369/07, Racc. pag. I‑5703, punto 145), dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, cit. (punto 142), e del 19 dicembre 2012, Commissione/Irlanda, cit. (C‑374/11, punto 48).


14 – Sentenza del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia, cit. (punto 33).


15 – Sentenze del 7 luglio 2009, Commissione/Grecia, cit. (punto 146), e sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, cit. (punto 143).


16 – Sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, cit. (punto 141).


17 – V., sentenze del 10 gennaio 2008, Commissione/Portogallo (C‑70/06, Racc. pag. I‑1, punto 34), del 7 luglio 2009, Commissione/Grecia, cit. (punto 112), e dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, cit., (punto 116).


18 – Paragrafi 12 e 100 delle conclusioni nella causa conclusasi con la sentenza del 4 luglio 2000, Commissione/Grecia, cit.


19 – Sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punti da 211 a 213).


20 – V., ex multis, sentenza del 2 dicembre 2010, Holland Malt/Commissione (C‑464/09 P, Racc. pag. I‑12443, punto 47).


21 – Comunicazione SEC(2005) 1658, del 13 dicembre 2005, summenzionata.


22 – Per l’analisi dell’applicazione del coefficiente della gravità v., in particolare, Kilbey, I., «The interpretation of Article 260 TFEU (ex 228 EC)», European Law Review, 2010, vol. 35, n. 3, pag. 370. Per l’analisi relativa, in particolare, all’importanza delle norme del diritto dell’Unione, v. van Rijn, T., «Non-exécution des arrêts de la Cour de justice par les États membres», Cahier de droit européen, 2008, nn. 1 e 2, pag. 105 e segg.


23 – Sentenza del 10 gennaio 2008, Commissione/Portogallo, cit.


24 – Sentenza del 18 luglio 2006, Commissione/Italia (C‑119/04, Racc. pag. I‑6885).


25 – Sentenza del 14 marzo 2006, Commissione/Francia (C‑177/04, Racc. pag. I‑2461).


26 – Sentenza del 4 giugno 2009, Commissione/Grecia (C‑109/08, Racc. pag. I‑4657).


27 – Sentenza del 31 marzo 2011, Commissione/Grecia (C‑407/09, Racc. pag. I‑2467).


28 – Sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, cit.


29 – Sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia (C‑496/09, Racc. pag. I‑11483).


30 – Sentenza del 7 luglio 2009, Commissione/Grecia, cit.


31 – V. sentenza del 10 maggio 2012, Commissione/Estonia (C‑39/10, punto 63).


32 – V., ex multis, ancora di recente, sentenza del 19 dicembre 2012, Commissione/Irlanda, cit. (C‑374/11, punto 39). V. altresì sentenza del 31 marzo 2011, Commissione/Grecia, cit. (C‑407/09).


33 – V., al riguardo, sentenza Commissione/Irlanda, cit. (C‑374/11, punto 40).


34 – La Repubblica ceca sottolinea che la direttiva 2003/41 era già stata in parte recepita prima che la Commissione avviasse il procedimento ai sensi dell’articolo 260 TFUE, per la parte relativa alla possibilità concessa agli EPAP di fornire i loro servizi nel territorio nazionale sotto forma di prestazioni transfrontaliere.


35 – Sentenza del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia, cit. (punti 60 e 84). Come esempi di presa in considerazione degli sforzi compiuti dalle autorità nazionali, v. sentenze Commissione/Grecia cit. (C‑407/09, punto 36), e del 19 dicembre 2012, Commissione/Irlanda (C‑374/11, punti 40 e 41).


36 – Citate sentenze del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia (punto 64 e giurisprudenza ivi citata), nonché del 19 dicembre 2012, Commissione/Irlanda (C‑374/11, punto 51).


37 – Così, nella causa conclusasi con la sentenza del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia, cit., la Corte, alla luce dell’adozione di provvedimenti volti a garantire l’immediata esecuzione della sentenza e alla luce del rispetto del principio della leale collaborazione, ha ridotto l’importo da EUR 43 milioni circa a EUR 10 milioni. Nella causa Commissione/Grecia (sentenza del 4 giugno 2009, C‑568/07, Racc. pag. I‑4505) la somma forfettaria è stata ridotta dalla Corte da EUR 5 milioni a EUR 1 milione in quanto l’inadempimento era in parte cessato ancor prima della pronuncia della prima sentenza per inadempimento. Nella causa conclusasi con la sentenza del 7 luglio 2009, Commissione/Grecia, cit., la Corte ha condannato lo Stato membro al pagamento di una somma forfettaria di EUR 2 milioni invece dell’importo proposto di EUR 15 milioni. Parimenti, nella causa conclusasi con la sentenza del 31 marzo 2011, Commissione/Grecia, cit., la somma forfettaria è stata ridotta di un terzo e ammontava infine a EUR 3 milioni Nella causa conclusasi con la sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia, cit., la Corte ha condannato lo Stato membro al pagamento di una somma forfettaria non già di EUR 68 milioni, come richiesto dalla Commissione, bensì di EUR 30 milioni. Nella causa conclusasi con la sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, cit., la Corte, pur precisando che l’esecuzione della sentenza non richiedeva notevoli sforzi, ha fissato l’importo della somma forfettaria in EUR 20 milioni, e non in EUR 50 milioni come richiesto dalla Commissione.


38 – Sentenza Commissione/Repubblica ceca, cit. (punti 43 e 44). V. anche la presentazione della suddetta direttiva i paragrafi da 11 a 13 delle presenti conclusioni.


39 – Secondo la Repubblica ceca, la Commissione avrebbe creato una situazione di incertezza affermando che la direttiva imponeva alla stessa l’obbligo di abolire il divieto di stabilimento degli EPAP nel suo territorio. La Corte ha respinto tale affermazione, dissipando ogni dubbio in ordine alla portata della direttiva, solo in fase di pronuncia della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca.


40 – Ricordo, tuttavia, che la Corte ha già dichiarato che stabilire quali siano i provvedimenti necessari per l’esecuzione di una sentenza per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE è una questione estranea all’oggetto di una sentenza siffatta, cosicché una questione di tal genere non può formare oggetto di una domanda di interpretazione. V., al riguardo, sentenza del 18 luglio 2007, Commissione/Germania (C‑503/04, Racc. pag. I‑6153, punto 15), nonché paragrafo 43 delle conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed presentate nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 14 marzo 2006, Commissione/Francia, cit.


41 – Sentenza del 25 novembre 2003, Commissione/Spagna (C‑278/01, Racc. pag. I‑14141, punto 27).


42 – V. sentenza Commissione/Portogallo, cit.


43 – Sentenza del 25 novembre 2003, Commissione/Spagna, cit.


44 – Sentenza del 4 luglio 2000, Commissione/Grecia, cit.


45 – Sentenza del 12 luglio 2005, Commissione/Francia, cit.


46 – Nella causa C‑119/04, il termine era di due anni; nella causa C‑177/04, il termine era di un anno e mezzo; nella causa C‑503/04, il termine era di un anno e due mesi; nella causa C‑70/06, il termine era di un anno e undici mesi; nella causa C‑121/07, il termine era di un anno e otto mesi; nelle cause C‑369/07 e C‑457/07, il termine era di un anno e due mesi; ma solo di 9 mesi nella causa C‑109/08. Infine, nella causa C‑496/09, il termine era di quattro anni.


47 – Si deve tener conto del lasso di tempo intercorso tra il giorno della pronuncia della prima sentenza per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, da un lato, e il giorno in cui detta sentenza sarà stata pienamente eseguita oppure, in caso di mancata esecuzione, il giorno della pronuncia della sentenza ai sensi dell’articolo 260 TFUE dall’altro.


48 – V. comunicazione della Commissione SEC(2010) 1371, «Applicazione dell'articolo 260, paragrafo 3, del TFUE».


49 – Conformemente alla comunicazione SEC(2010) 923 che modifica la comunicazione SEC(2005) 1658.


50 – Sentenza del 19 dicembre 2012, Commissione/Irlanda, cit. (C‑279/11, punti 78 e 79). La Corte non si è attenuta, sul punto, a quanto suggerito dalla Commissione secondo la quale si sarebbe dovuto adottare il fattore «n» quale era calcolato nel momento in cui veniva adita la Corte ai sensi dell’articolo 260 TFUE.


51 – Sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, cit. (punto 131).


52 – Sentenza del 4 giugno 2009, Commissione/Grecia, cit. (C‑568/07, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).


53 – V. comunicazione C(2012) 6106 def., summenzionata.


54 – V. causa conclusasi con la sentenza del 14 marzo 2006, Commissione/Francia cit.. La Corte ha inflitto una penalità di EUR 31 650 per ogni giorno di ritardo nell’applicazione dei provvedimenti necessari ad assicurare la piena e integrale esecuzione della prima sentenza, a decorrere dalla pronuncia della sentenza in forza dell’ex articolo 228 CE, e ciò fino alla completa esecuzione della prima sentenza per inadempimento.


55 – V. comunicazione SEC(2005) 1658, summenzionata.