Language of document : ECLI:EU:C:2013:522

Causa C‑501/11 P

Schindler Holding Ltd e altri

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Intese – Mercato dell’installazione e della manutenzione degli ascensori e delle scale mobili – Responsabilità della società controllante per le infrazioni al diritto delle intese commesse dalla sua controllata – Società holding – Programma di messa in conformità interno all’impresa (“Compliance‑Programme”) – Diritti fondamentali – Principi dello Stato di diritto nell’ambito della determinazione delle ammende inflitte – Separazione dei poteri, principi di legalità, di irretroattività, di tutela del legittimo affidamento e della responsabilità personale – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 23, paragrafo 2 – Validità – Legittimità degli orientamenti della Commissione del 1998»

Massime – Sentenza della Corte (Quinta Sezione) del 18 luglio 2013

1.        Ricorso di annullamento – Atto impugnato – Valutazione della legittimità in base alle informazioni disponibili al momento dell’adozione dell’atto – Considerazioni retrospettive – Irrilevanza

(Art. 263 TFUE)

2.        Diritti fondamentali – Convenzione europea dei diritti dell’uomo – Atto non formalmente integrato nell’ordinamento giuridico dell’Unione

(Art. 6, § 3, TUE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 52, § 3)

3.        Diritto dell’Unione europea – Principi – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Controllo giurisdizionale delle decisioni adottate dalla Commissione in materia di concorrenza – Controllo di legittimità ed esteso al merito, tanto in diritto quanto in fatto – Violazione – Insussistenza

(Art. 263 TFUE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 47; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 31)

4.        Impugnazione – Motivi d’impugnazione – Mancanza di critica precisa di un punto del ragionamento del Tribunale – Mancata indicazione dei punti criticati della sentenza impugnata – Irricevibilità

[Art. 256 TFUE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58, primo comma; regolamento di procedura della Corte, art. 112, § 1, c)]

5.        Impugnazione – Motivi d’impugnazione – Motivo dedotto per la prima volta in sede di impugnazione – Irricevibilità

(Statuto della Corte di giustizia, art. 58; regolamento di procedura della Corte, artt. 42, § 2, e 113, § 2)

6.        Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Potere discrezionale conferito alla Commissione dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 – Violazione del principio di legalità delle pene – Insussistenza

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

7.        Atti delle istituzioni – Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in caso di infrazioni alle regole di concorrenza – Natura giuridica – Regola di condotta indicativa – Obbligo di rispettare il principio della parità di trattamento – Competenza delle istituzioni ad adottarli

(Art. 290, § 1, TFUE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

8.        Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Applicazione degli orientamenti per il calcolo delle ammende – Violazione del principio di irretroattività – Insussistenza – Violazione del principio del legittimo affidamento – Insussistenza

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03)

9.        Concorrenza – Regole dell’Unione – Infrazioni – Ambito di applicazione ratione personae – Impresa – Nozione – Unità economica eventualmente composta da una società controllante e da controllate – Imputazione di un’infrazione a un’unità economica siffatta – Ammissibilità – Violazione del principio della responsabilità personale – Insussistenza

(Artt. 101 TFUE e 102 TFUE)

10.      Concorrenza – Regole dell’Unione – Infrazioni – Imputazione – Società controllante e sue controllate – Unità economica – Criteri di valutazione – Presunzione di un’influenza determinante esercitata dalla società controllante sulle controllate da essa detenute al 100% – Natura relativa – Determinazione della politica commerciale – Criteri di valutazione del suo carattere eventualmente autonomo

(Art. 101 TFUE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2)

11.      Impugnazione – Motivi d’impugnazione – Erronea valutazione dei fatti e degli elementi probatori – Irricevibilità

(Art. 256, § 1, comma 2, TFUE; Statuto della Corte di giustizia, art. 58, primo comma)

12.      Diritto dell’Unione europea – Principi – Diritti fondamentali – Diritto di proprietà

(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 17)

13.      Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Criteri – Gravità dell’infrazione – Obbligo di prendere in considerazione l’impatto concreto sul mercato – Portata – Effetto di una pratica anticoncorrenziale – Criterio non decisivo

(Regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2; comunicazione della Commissione 98/C 9/03, punto 1 A)

14.      Concorrenza – Ammende – Importo – Determinazione – Contesto giuridico – Orientamenti adottati dalla Commissione – Comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese in contropartita della cooperazione delle imprese incriminate – Potere discrezionale della Commissione – Sindacato giurisdizionale – Portata

(Art. 263 TFUE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 23, § 2; comunicazioni della Commissione 98/C 9/03 e 2002/C 45/03, punto 21)

15.      Impugnazione – Competenza della Corte – Riesame, per motivi di equità, della valutazione effettuata dal Tribunale in ordine all’importo di ammende inflitte a imprese che hanno violato le regole di concorrenza del Trattato – Esclusione – Rimessa in discussione di tale valutazione per motivi attinenti alla violazione del principio di proporzionalità – Ammissibilità

(Art. 261 TFUE; regolamento del Consiglio n. 1/2003, art. 31)

1.        V. il testo della decisione.

(v. punti 31, 56, 65)

2.        Anche se, come confermato dall’articolo 6, paragrafo 3, TUE, i diritti fondamentali riconosciuti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali e anche se l’articolo 52, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea impone di dare ai diritti in essa contemplati e corrispondenti a quelli garantiti da tale Convenzione lo stesso significato e la stessa portata di quelli loro conferiti dalla Convenzione medesima, quest’ultima non costituisce, fintantoché l’Unione non vi abbia aderito, un atto giuridico formalmente integrato nell’ordinamento giuridico dell’Unione.

(v. punti 32, 124)

3.        La circostanza che le decisioni con cui vengono inflitte ammende in materia di concorrenza siano adottate dalla Commissione non è di per sé contraria all’articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Per quanto riguarda il principio della tutela giurisdizionale effettiva, principio generale del diritto dell’Unione oggi sancito all’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e corrispondente, nel diritto dell’Unione, all’articolo 6, paragrafo 1, della suddetta Convenzione, il giudice dell’Unione, nell’ambito del controllo di legittimità previsto dal Trattato FUE, dispone di una competenza estesa al merito conferitagli dall’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, conformemente all’articolo 261 TFUE, che lo autorizza a sostituire la sua valutazione a quella della Commissione e, di conseguenza, a sopprimere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità inflitta. Poiché il controllo previsto dai trattati implica che il giudice dell’Unione eserciti un controllo tanto in diritto quanto in fatto e che disponga del potere di valutare le prove, di annullare la decisione impugnata e di modificare l’importo delle ammende, non risulta che il controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE, completato dalla competenza estesa al merito quanto all’importo dell’ammenda, prevista all’articolo 31 del regolamento n. 1/2003, sia contrario ai dettami del principio della tutela giurisdizionale effettiva attualmente sancito dall’articolo 47 della Carta.

(v. punti 33, 36, 38)

4.        V. il testo della decisione.

(v. punti 43-45, 81, 84, 106)

5.        V. il testo della decisione.

(v. punti 54, 55, 83, 106)

6.        V. il testo della decisione.

(v. punti 56-58)

7.        Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in caso di infrazioni alle regole della concorrenza non costituiscono né una legislazione né una legislazione delegata ai sensi dell’articolo 290, paragrafo 1, TFUE, e neppure la base giuridica delle ammende inflitte in materia di concorrenza, che sono adottate sul solo fondamento dell’articolo 23 del regolamento n. 1/2003. Essi enunciano una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui l’amministrazione non può discostarsi, in un’ipotesi specifica, senza fornire giustificazioni compatibili con il principio della parità di trattamento e si limitano a descrivere il metodo di esame dell’infrazione seguito dalla Commissione e i criteri che quest’ultima si obbliga a prendere in considerazione nel determinare l’importo dell’ammenda. Orbene, nessuna disposizione dei trattati vieta a un’istituzione di adottare una simile regola di condotta indicativa. Ne consegue che la Commissione era competente ad adottare gli orientamenti suddetti.

(v. punti 66-69)

8.        V. il testo della decisione.

(v. punto 75)

9.        Il principio della responsabilità personale delle persone giuridiche, pur rivestendo particolare importanza sotto il profilo della responsabilità nella sfera del diritto civile, non può avere rilevanza nell’individuazione dell’autore di un’infrazione al diritto della concorrenza, il quale ha ad oggetto il comportamento concreto delle imprese. Infatti, gli autori dei trattati hanno scelto di utilizzare la nozione di impresa per designare l’autore di un’infrazione al diritto della concorrenza, e non la nozione di società o di persona giuridica, utilizzata all’articolo 54 TFUE. Tale nozione di impresa designa un’unità economica, anche qualora, sotto il profilo giuridico, detta unità economica sia costituita da più persone fisiche o giuridiche. Ne consegue che, qualora un soggetto economico violi le norme in materia di concorrenza, è tenuto a rispondere di tale infrazione.

(v. punti 101-104, 129)

10.      La presunzione di un’influenza determinante esercitata sulla controllata detenuta totalmente o quasi totalmente dalla sua società controllante mira in particolare a raggiungere un equilibrio tra, da un lato, l’importanza dell’obiettivo consistente nel reprimere i comportamenti contrari alle norme della concorrenza, segnatamente all’articolo 81 CE, e a prevenirne la ripetizione e, dall’altro, le esigenze poste da taluni principi generali del diritto dell’Unione come, in particolare, quelli della presunzione di innocenza, della personalità delle pene e della certezza del diritto nonché i diritti della difesa, compreso il principio della parità delle armi. Tale presunzione è tuttavia relativa. I soggetti che desiderano superarla possono addurre tutti gli elementi atti a dimostrare che la controllata e la società controllante non costituiscono un’entità economica unica, ma che la controllata si comporta in maniera autonoma sul mercato.

Al fine di stabilire se una controllata determini in maniera autonoma il proprio comportamento sul mercato, si deve prendere in considerazione l’insieme degli elementi pertinenti relativi ai vincoli economici, organizzativi e giuridici intercorrenti tra una controllata e la sua società controllante, i quali possono variare a seconda dei casi e non possono dunque essere elencati in modo esaustivo. In tale contesto, la politica commerciale è solo un elemento tra gli altri e, inoltre, non deve essere interpretata in maniera restrittiva.

Peraltro, l’adozione da parte della società controllante di un codice di condotta diretto ad impedire le violazioni, da parte delle sue controllate, del diritto della concorrenza e degli orientamenti ad esso relativi, da un lato, non muta in nulla la realtà dell’infrazione rilevata nei suoi confronti e, dall’altro, non consente di dimostrare che dette controllate determinino autonomamente la loro politica commerciale. L’applicazione del menzionato codice di condotta sembra semmai indicare che la società controllante esercita un controllo effettivo sulla politica commerciale delle sue controllate. Inoltre, il fatto che taluni dei dipendenti delle sue controllate non si siano conformati al codice di condotta medesimo non è sufficiente a dimostrare il carattere autonomo della politica commerciale delle controllate in questione.

(v. punti 108-110, 112-114)

11.      V. il testo della decisione.

(v. punti 115, 158, 159)

12.      V. il testo della decisione.

(v. punti 124, 128)

13.      Nella fissazione dell’importo di un’ammenda inflitta per infrazione alle regole comunitarie di concorrenza, anche se l’impatto concreto di un’infrazione sul mercato è un elemento da prendere in considerazione per valutarne la gravità, si tratta di uno tra più criteri, quali la natura propria dell’infrazione e l’estensione del mercato geografico. Ne consegue che l’effetto di una pratica anticoncorrenziale non è, di per sé, un criterio decisivo ai fini della valutazione dell’importo adeguato dell’ammenda. In particolare, elementi attinenti all’intenzionalità possono essere più rilevanti di quelli relativi a detti effetti, soprattutto quando si tratti di infrazioni intrinsecamente gravi, quali la ripartizione dei mercati. Peraltro, dal punto 1, parte A, primo comma, degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in caso in infrazioni alle regole della concorrenza emerge che tale impatto è da prendere in considerazione solo se misurabile. Di conseguenza, se il giudice dell’Unione tiene conto dell’impatto concreto dell’infrazione di cui trattasi sul mercato, ammesso che tale impatto sia effettivamente misurabile, lo fa ad abundantiam.

(v. punti 134-136)

14.      Il giudice dell’Unione, quando esercita il controllo della legittimità di una decisione che infligge ammende per violazione delle norme di concorrenza, non può far leva sul potere discrezionale di cui dispone la Commissione – né per quanto riguarda la scelta degli elementi presi in considerazione in sede di applicazione dei criteri indicati negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in caso di infrazioni alle regole di concorrenza né per quanto riguarda la valutazione di tali elementi – al fine di rinunciare ad esercitare un controllo approfondito tanto in fatto quanto in diritto. Una regola siffatta si applica anche quando il giudice verifica la corretta applicazione, da parte della Commissione, della comunicazione relativa all’immunità dalle ammende e alla riduzione dell’importo delle ammende nei casi di cartelli tra imprese in contropartita della cooperazione delle imprese incriminate. In ogni caso, il principio della parità di trattamento non osta a che solo l’impresa che apporta un valore aggiunto significativo ai sensi del punto 21 della comunicazione sulla cooperazione del 2002 sia trattata favorevolmente, dato che lo scopo di tale disposizione è legittimo.

(v. punti 155, 159)

15.      Non spetta alla Corte, quando si pronuncia su questioni di diritto nell’ambito di un’impugnazione, sostituire, per motivi di equità, la sua valutazione a quella del Tribunale che statuisce, nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, sull’importo delle ammende inflitte ad imprese in seguito alla violazione, da parte di queste ultime, del diritto dell’Unione. Soltanto nei limiti in cui la Corte ritenesse che il livello della sanzione sia non soltanto inappropriato, ma anche eccessivo, al punto da essere sproporzionato, occorrerebbe ravvisare un errore di diritto commesso dal Tribunale a causa del carattere incongruo dell’importo di un’ammenda.

A tale riguardo, non è possibile stabilire, prendendo in considerazione solamente l’importo nominale di un’ammenda, se questa determini un aggravio sproporzionato per il suo destinatario. Ciò dipende anche, in particolare, dalla capacità contributiva di quest’ultimo. Nel caso in cui siano inflitte ammende a un’impresa che costituisce un’unità economica e che è solo formalmente composta da più persone giuridiche, la capacità contributiva di queste ultime non può essere presa in considerazione in maniera individualizzata.

(v. punti 164, 165, 168, 169)