Language of document : ECLI:EU:C:2011:23

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 20 gennaio 2011 (1)

Causa C‑383/09

Commissione europea

contro

Repubblica francese

«Direttiva 92/43/CE – Tutela delle specie – Cricetus cricetus (criceto comune) – Misure di tutela insufficienti – Degrado degli habitat»





 Introduzione

1.        Dal 1994 sono in vigore le norme di tutela delle specie della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (2) (in prosieguo: la «direttiva habitat»). Ciononostante, molte di queste specie non si trovano in uno stato di conservazione soddisfacente (3).

2.        In relazione alle presenze del criceto comune (Cricetus cricetus) in Francia, nei dintorni di Strasburgo, è persino rilevabile un notevole peggioramento dello stato di conservazione (4). Presso il segretariato della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa (5) è pervenuta, in ragione di tale sviluppo, la denuncia di un’organizzazione non governativa, che è attualmente oggetto di esame (6).

3.        Anche la Commissione trae spunto dalla regressione di cui trattasi per contestare la trasposizione francese della direttiva habitat in relazione al criceto comune. Essa ritiene che le misure francesi non siano sufficienti a garantire il mantenimento di dette presenze per il futuro. La difficoltà del caso di specie risiede nel fatto che la disposizione rilevante, segnatamente l’art. 12 della direttiva habitat, non contiene un obbligo generale di assicurare uno stato di conservazione sufficiente delle specie tutelate, ma si limita ad esigere l’introduzione di taluni divieti.

4.        È vero che i requisiti da imporre su tale base in relazione alla tutela del criceto comune devono essere verificati sulla scorta delle esigenze specifiche dello stesso; in linea di principio, tuttavia, questioni analoghe si pongono anche in relazione a molte altre specie per le quali la direttiva habitat prevede un regime di rigorosa tutela: ad esempio determinate specie di pipistrelli o il gatto selvatico (Felis silvestris).

I –    Contesto normativo

A –    La Convenzione di Berna

5.        L’Unione è parte contraente della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, aperta alla firma il 19 settembre 1979 a Berna (in prosieguo: la «Convenzione di Berna») (7).

6.        L’art. 4, n. 1, della Convenzione impone la tutela degli habitat:

«1.      Ogni parte contraente adotterà necessarie e appropriate leggi e regolamenti al fine di proteggere gli habitat di specie di flora e di fauna selvatiche, in particolare quelle enumerate agli allegati I e II, ed al fine di salvaguardare gli habitat naturali che minacciano di scomparire.

2.      Le parti contraenti, nell’ambito della loro politica di pianificazione e di sviluppo, terranno conto delle esigenze connesse con la conservazione delle zone protette di cui al paragrafo precedente, al fine di evitare o ridurre al minimo il deterioramento di tali zone.

3.      Le parti contraenti si impegnano a prestare particolare attenzione alla protezione delle zone che rivestono importanza per le specie migratrici enumerate agli allegati II e III e che sono adeguatamente situate lungo le rotte di migrazione, quali aree di svernamento, raduno, alimentazione, riproduzione o muta.

4.      Le parti contraenti si impegnano a coordinare per quanto necessario i loro sforzi onde proteggere gli habitat naturali contemplati dal presente articolo quando situati in zone di frontiera».

7.        L’art. 6 della Convenzione contiene inoltre disposizioni concernenti la tutela delle specie:

«Ogni Parte contraente adotterà necessarie e opportune leggi e regolamenti onde provvedere alla particolare salvaguardia delle specie di fauna selvatica enumerate all’allegato II. Sarà segnatamente vietato per queste specie:

a)      qualsiasi forma di cattura intenzionale, di detenzione e di uccisione intenzionale;

b)      il deterioramento o la distruzione intenzionali dei siti di riproduzione o di riposo;

c)      il molestare intenzionalmente la fauna selvatica, specie nel periodo della riproduzione, dell’allevamento e dell’ibernazione, nella misura in cui tali molestie siano significative in relazione agli scopi della presente Convenzione;

d)      la distruzione o la raccolta intenzionali di uova dall’ambiente naturale o la loro detenzione quand’anche vuote;

e)      la detenzione ed il commercio interno di tali animali, vivi o morti, come pure imbalsamati, nonché di parti o prodotti facilmente identificabili ottenuti dall’animale, nella misura in cui il provvedimento contribuisce a dare efficacia alle disposizioni del presente articolo».

8.        L’allegato II della Convenzione menziona in particolare il criceto comune.

9.        Il 27 novembre 2008 il comitato permanente della Convenzione ha approvato la raccomandazione n. 136, ai sensi della quale le parti contraenti con popolazioni di criceti poco numerose o in diminuzione dovevano elaborare ed attuare piani di azione nazionali sulla base di un piano di azione europeo (8).

B –    La direttiva habitat

10.      La direttiva habitat, insieme alla direttiva «uccelli» (9), è intesa ad attuare la Convenzione di Berna (10). Tra le definizioni contenute nell’art. 1 della direttiva habitat, riveste particolare interesse la definizione di stato di conservazione di una specie:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(…)

i)      “Stato di conservazione di una specie”: l’effetto della somma dei fattori che, influendo sulle specie in causa, possono alterare a lungo termine la ripartizione e l’importanza delle sue popolazioni nel territorio di cui all’articolo 2.

Lo “stato di conservazione” è considerato “soddisfacente” quando

–        dati relativi all’andamento delle popolazioni della specie in causa indicano che tale specie continua e può continuare a lungo termine ad essere un elemento vitale degli habitat naturali cui appartiene

–        l’area naturale della specie non si sta riducendo né si ridurrà verosimilmente in un futuro prevedibile, e

–        esiste e continuerà probabilmente ad esistere un habitat sufficiente affinché le sue popolazioni si mantengano a lungo termine.

(…)».

11.      L’art. 2 della direttiva habitat contiene gli obiettivi fondamentali della stessa:

«1.      Scopo della presente direttiva è contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il Trattato.

2.      Le misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario.

3.      Le misure adottate a norma della presente direttiva tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali».

12.      La disposizione della direttiva habitat rilevante per la tutela del criceto comune è l’art. 12, n. 1. Esso così recita:

«Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV, lettera a), nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di:

a)      qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di tali specie nell’ambiente naturale;

b)      perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione;

c)      distruggere o raccogliere deliberatamente le uova nell’ambiente naturale;

d)      deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo».

13.      L’allegato IV, lett. a), della direttiva habitat contiene, segnatamente, il criceto comune.

C –    Normativa francese

14.      La Francia ha attuato l’art. 12 della direttiva habitat in particolare attraverso il regolamento 23 aprile 2007, recante l’elenco dei mammiferi terrestri tutelati sull’insieme del territorio e le modalità della loro tutela (11) (in prosieguo: il «regolamento 23 aprile 2007»). L’art. 2, n. 2 disciplina la tutela dei siti di riproduzione e delle aree di riposo:

«La distruzione, l’alterazione o il deterioramento dei siti di riproduzione o delle aree di riposo degli animali sono vietati in quelle parti del territorio metropolitano nelle quali la specie è presente e che devono essere considerate quale zona naturale di spostamento per il nucleo centrale delle popolazioni esistenti. Siffatti divieti si applicano agli elementi fisici o biologici ritenuti necessari alla riproduzione o al riposo della specie di cui trattasi, fintantoché essi vengono effettivamente utilizzati o sono utilizzabili nel corso di cicli successivi per la riproduzione o per il riposo di siffatta specie, e nella misura in cui la distruzione, l’alterazione o il deterioramento costituiscono un pericolo per la conclusione positiva di siffatti cicli biologici».

II – Fatti, fase precontenziosa e conclusioni

15.      A seguito di una denuncia relativa allo stato di conservazione delle popolazioni del criceto comune in Alsazia, la Commissione contattava il governo francese nel corso del 2007. Emergeva che il numero delle tane di criceto comune documentate nelle zone centrali era sceso da 1167 nel 2001 a un numero fra 161 e 174 tane nel 2007. La Commissione temeva pertanto la scomparsa imminente di dette presenze e sollecitava la Francia, ai sensi dell’art. 258 TFUE, a presentare le sue osservazioni.

16.      La Francia comunicava quindi le misure che erano state adottate per tutelare il criceto comune.

17.      Il 6 giugno 2008 la Commissione emanava tuttavia un parere motivato ai sensi dell’art. 258 TFUE per violazione dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat, impartendo un termine ultimo di due mesi per porre fine all’asserita violazione.

18.      Il governo francese rispondeva il 7 agosto 2008 e trasmetteva alla Commissione, nel periodo successivo, talune informazioni supplementari. Non soddisfatta da tali informazioni, il 25 settembre 2009 essa proponeva il presente ricorso.

19.      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        dichiarare che la Repubblica francese, non avendo istituito un programma di misure che consentano una rigorosa tutela della specie Cricetus cricetus (criceto comune), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat;

–        condannare la Repubblica francese alle spese.

20.      La Repubblica francese conclude che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso e

–        condannare la Commissione alle spese.

21.      Le parti hanno svolto le proprie difese scritte nonché, all’udienza del 21 ottobre 2010, le proprie difese orali.

III – Valutazione giuridica

22.      Fra le parti è pacifico che lo stato di conservazione del criceto comune in Alsazia non è soddisfacente. Perlomeno dal 2000, il numero delle tane di criceto documentate è sceso in maniera considerevole, e le aree sulle quali i criceti comuni sono presenti sono diminuite significativamente. Le parti ritengono che la regressione del criceto comune sia sostanzialmente dovuta a due fattori: pratiche agricole sfavorevoli e sviluppi urbanistici. Le misure francesi tengono conto di entrambi detti fattori, ma la Commissione sostiene che esse non soddisfino l’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat.

23.      Ai sensi dell’art. 12, n. 1, della direttiva habitat, gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV, lett. a), nella loro area di ripartizione naturale, ossia in particolare per il criceto comune. Siffatto regime deve vietare, inter alia, ai sensi dell’art. 12, n. 1, lett. d), qualsiasi deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo.

24.      Per attuare l’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat si potrebbe credere sufficiente l’adozione di un regime di divieti. La situazione che caratterizza il caso di specie è tuttavia diversa. La Commissione esige, piuttosto, dalla Francia un programma di misure a favore del criceto comune. Al riguardo, essa può fondarsi in principio sulla giurisprudenza.

25.      La Corte di giustizia ha rilevato, infatti, che la trasposizione dell’art. 12, n. 1, della direttiva habitat impone agli Stati membri non solo l’adozione di un contesto normativo completo, ma anche l’attuazione di misure di tutela concrete e specifiche. Pertanto, il regime di rigorosa tutela presuppone l’adozione di misure coerenti e coordinate a carattere preventivo (12).

26.      Non è ancora stato chiarito quali requisiti specifici debbano essere imposti all’assetto urbanistico o all’economia agricola. Essi devono tuttavia inserirsi nell’ambito dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat. Deve pertanto trattarsi di misure necessarie all’attuazione del divieto di deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo. Ciò è controverso, in particolare, in relazione alle misure agricole, trattandosi non di tipici divieti di determinate pratiche, bensì della promozione di talune forme di gestione delle superfici agricole.

27.      Esaminerò pertanto, anzitutto, le misure che l’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat, esige a tutela del criceto comune (v. sub A.), e verificherò quindi se le misure francesi soddisfino i requisiti fissati da tale disposizione (v. sub B).

28.      Al riguardo farò riferimento anche a un documento di orientamento sulla tutela delle specie ai sensi della direttiva habitat, elaborato dalla direzione generale «Ambiente» della Commissione in consultazione con gli Stati membri (13). Siffatto documento di orientamento, richiamato in un punto dalla Francia, pur non vincolante, contiene tuttavia indicazioni utili per interpretare le disposizioni rilevanti (14).

A –    Sull’interpretazione dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat

29.      I provvedimenti necessari ai sensi dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat devono essere ricavati dai diversi elementi di detta disposizione, e segnatamente dall’oggetto della tutela, ossia i siti di riproduzione o le aree di riposo (v. sub 1), dal fatto che il regime di rigorosa tutela esige dei divieti (v. sub 2), nonché dal fatto che occorre impedire il deterioramento o la distruzione dei siti tutelati (v. sub 3).

1.      Sui siti di riproduzione e le aree di riposo

30.      Rilevante per la portata della tutela, in particolare sotto il profilo territoriale, è innanzitutto il significato del binomio «siti di riproduzione o aree di riposo».

31.      In relazione al criceto, la riproduzione comprende l’accoppiamento e il parto (15), ma occorre altresì includere l’allevamento (16), in quanto gli esemplari giovani contribuiscono alla prosecuzione della specie solo se sopravvivono fino all’età in cui possono riprodursi essi stessi. Le aree di riposo vengono definite come territori necessari alla sopravvivenza di un animale o di un gruppo di animali durante la fase non attiva. Le aree di riposo comprendono le strutture create dagli animali quale zona di sosta (17).

32.      Qualora si volesse tutelare unicamente il luogo specifico in cui i criceti comuni si riproducono o si riposano, si potrebbe limitare tale tutela alle loro tane. La tutela dei siti di riproduzione e delle aree di riposo non deve tuttavia essere intesa in termini così restrittivi se, nell’interpretare siffatte nozioni, si tiene conto degli obiettivi della direttiva habitat (18).

33.      Conformemente all’art. 2, nn. 1 e 2, della direttiva habitat, le disposizioni destinate a recepire la direttiva sono intese a mantenere o a ripristinare uno stato di conservazione soddisfacente degli habitat naturali e delle specie di fauna e di flora selvatiche di interesse comunitario. Ai sensi dell’art. 1, lett. i), della direttiva habitat, una specie si trova in uno stato di conservazione soddisfacente se i dati relativi all’andamento delle popolazioni della specie in causa indicano che tale specie continua e può continuare a lungo termine ad essere un elemento vitale degli habitat naturali cui appartiene e l’area di ripartizione naturale di tale specie non è in declino né rischia di declinare in un futuro prevedibile.

34.      La tutela dei siti di riproduzione e delle aree di riposo deve garantire che essi possano contribuire al mantenimento o al ripristino di uno stato di conservazione soddisfacente della specie di cui trattasi. La Commissione parla al riguardo di garanzia della loro funzionalità ecologica durevole (19). Essi devono offrire quanto necessario al successo riproduttivo e al riposo indisturbato della specie di cui trattasi (20). La trasposizione francese dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat, ossia l’art. 2, n. 2, del regolamento 23 aprile 2007, ha delimitato in maniera molto simile la portata della tutela.

35.      Tale approccio implica la necessità di tenere conto della molteplicità delle esigenze e strategie ecologiche delle specie tutelate, e che le misure di tutela riflettano le diverse condizioni prevalenti (21).

36.      Il documento di orientamento della Commissione suggerisce pertanto, a ragione, un’(ulteriore) più ampia interpretazione dei siti di riproduzione e/o delle aree di riposo per le specie con un raggio di azione ristretto. Siffatte specie, come ad es. il criceto comune, diversamente da altre specie caratterizzate da un raggio d’azione più ampio, possono utilizzare tuttalpiù temporaneamente, a fini di sosta, siti di riproduzione e aree di riposo isolate, prive dei necessari habitat di alimentazione nelle immediate vicinanze. Qualora tali specie si trattenessero in tali luoghi per un periodo più lungo, soffrirebbero la fame. Di conseguenza, gli habitat necessari alla sopravvivenza e alla riproduzione del criceto comune situati nelle immediate vicinanze della sua tana devono parimenti essere ricompresi nella tutela dei siti di riproduzione e delle aree di riposo.

37.      Il necessario contenuto delle misure di tutela dipende inoltre in maniera rilevante dallo stato di conservazione della specie da tutelare. Se la specie si trova in uno stato di conservazione buono, può essere sufficiente prevedere in termini astratti i divieti menzionati all’art. 12, n. 1, della direttiva habitat, e sorvegliare la specie. Nel caso di uno stato di conservazione insoddisfacente sorgono invece obblighi di più ampia portata in capo agli Stati membri, in quanto il regime di tutela deve contribuire al ripristino dello stato di conservazione soddisfacente. La tutela dei siti di riproduzione e delle aree di riposo di una specie caratterizzata da uno stato di conservazione estremamente insoddisfacente – come nel caso del criceto comune in Alsazia – esige pertanto una definizione ampia, per evitare la scomparsa della specie e il conseguente venir meno della funzione dei siti. Nei limiti del possibile, le misure di tutela devono tener specificamente conto delle circostanze all’origine dello stato di conservazione insoddisfacente.

38.      Una tutela dei siti di riproduzione e delle aree di riposo del criceto comune concepita in tali termini, la quale comprende anche l’habitat che circonda i siti, è conforme agli obblighi di diritto internazionale dell’Unione che devono essere attuati mediante la direttiva habitat. Ai sensi dell’art. 4 e dell’allegato II della Convenzione di Berna, infatti, devono essere adottate necessarie e appropriate leggi e regolamenti al fine di proteggere gli habitat di specie di flora e di fauna selvatiche, in particolare del criceto comune, menzionato nell’allegato II della Convenzione.

39.      Le norme del diritto derivato dell’Unione devono essere interpretate, per quanto è possibile, in conformità con gli obblighi di diritto internazionale dell’Unione (22). Ciò vale, in particolare, per le disposizioni della direttiva habitat concernenti il criceto comune. Esse dovrebbero ottemperare, nei limiti del possibile, all’obbligo di tutelare i suoi habitat ai sensi dell’art. 4 della Convenzione di Berna, nonostante l’Unione, nel caso del criceto comune, abbia espressamente attuato tale aspetto della Convenzione di Berna solo in relazione ai siti di riproduzione e alle aree di riposo (23).

40.      Di conseguenza, la tutela dei siti di riproduzione e delle aree di riposo del criceto comune in Alsazia offerta dall’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat si estende, mediante misure coerenti e coordinate a carattere preventivo, alla sua tana e agli habitat che la circondano.

2.      Sulla nozione di divieto

41.      I provvedimenti necessari di tutela risultano limitati in ragione del fatto che il regime di rigorosa tutela di cui all’art. 12, n. 1 della direttiva habitat deve contemplare dei divieti. I provvedimenti necessari non devono pertanto avere ad oggetto evoluzioni naturali.

42.      Al contrario, il comportamento umano è idoneo a costituire l’oggetto di divieti. La Corte ha inoltre già chiarito che i provvedimenti di cui all’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat non sono limitati ai divieti in senso proprio, bensì includono anche i provvedimenti intesi alla loro attuazione (24) o alla sorveglianza della specie (25).

43.      Secondo il governo francese la Commissione esige tuttavia provvedimenti che eccedono i divieti necessari ai sensi dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat, nonché la loro attuazione ovvero la loro sorveglianza. Esso richiama al riguardo il summenzionato documento di orientamento, ai sensi del quale tale disposizione non prescriverebbe provvedimenti proattivi per la gestione degli habitat, come ad esempio il ripristino o il miglioramento degli habitat di determinate specie (26).

44.      Un fondamentale elemento a sostegno di tale posizione è che siffatti provvedimenti vengono associati soprattutto alla zona di conservazione di cui agli artt. 4‑6 della direttiva habitat (27). Ciò non esclude tuttavia a priori l’inclusione di provvedimenti proattivi anche nella tutela delle specie ai sensi dell’art. 12, n. 1. Ciò vale, in particolare, per le specie come il criceto comune, per il quale non sono previste siffatte zone di conservazione.

45.      Più significativo è il principio secondo il quale i divieti rivestono carattere difensivo e sono pertanto prevalentemente intesi ad impedire il degrado di uno stato esistente. Tuttavia, consentendo evoluzioni naturali positive, i divieti possono anche contribuire al ripristino o al miglioramento degli habitat.

46.      Inoltre, i divieti posti a tutela delle specie possono ovviamente influire anche sulla gestione degli habitat. In relazione alla tutela dei criceti comuni sarebbe ad esempio immaginabile, in agricoltura, un divieto di aratura profonda, in quanto quest’ultima è idonea a distruggere le loro tane (28).

47.      Infine, i divieti possono essere configurati in maniera talmente ampia da equivalere in pratica a prescrizioni, segnatamente allorché essi consentono solo il comportamento concretamente auspicato. Sarebbe contrario all’obiettivo del mantenimento o del ripristino di uno stato di conservazione soddisfacente escludere tale forma di disciplina del comportamento dalla nozione di divieto – e quindi dal regime di rigorosa tutela – qualora le concrete condizioni di vita della specie di cui trattasi esigano corrispondenti provvedimenti.

3.      Sui provvedimenti necessari contro il deterioramento o la distruzione

48.      È pertanto decisivo il tipo di comportamento umano che deve essere impedito dal divieto di deterioramento o di distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo del criceto comune.

49.      Il parametro di riferimento deve parimenti essere rappresentato dalla funzionalità ecologica durevole dei siti di riproduzione e delle aree di riposo (29). Devono pertanto essere considerati come deterioramento o distruzione i comportamenti che pregiudicano o eliminano tale funzionalità.

50.      Non sono invece necessari provvedimenti adottati in relazione a superfici in cui non sono presenti tane di criceto. Siffatti provvedimenti sono certamente sensati per un futuro ripopolamento di tali habitat da parte del criceto comune e, di conseguenza, presumibilmente necessari, nel loro complesso, anche per il ripristino di uno stato di conservazione soddisfacente della specie in Alsazia. I provvedimenti prescritti ai sensi dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat, si riferiscono, tuttavia, solo ai siti di riproduzione e alle aree di riposo delle popolazioni esistenti. Che uno stato di conservazione soddisfacente di tali effettive popolazioni esiga una determinata forma di gestione delle superfici al di fuori dei dintorni delle loro tane, è circostanza che non è stata dimostrata dalla Commissione e sembra altresì improbabile.

51.      Contrariamente a quanto rilevato nella propria memoria di replica, la Commissione non può, quantomeno nel presente procedimento, fondare un obbligo di ripristinare le presenze di criceti comuni esistenti in precedenza neanche sulla circostanza che la Francia, in passato, non ha probabilmente tutelato in maniera sufficiente il criceto comune. È vero che un regime di rigorosa tutela per il criceto comune doveva essere introdotto già nel 1994, e che non si può escludere che negligenze commesse in passato possano fondare un obbligo di riparazione degli Stati membri (30). Tuttavia, la Commissione non ha preteso una riparazione né nella fase precontenziosa né nel ricorso, bensì solo nella memoria di replica. Ciò costituisce un’estensione illegittima della materia del contendere (31).

52.      Infine, occorre sottolineare che la Francia afferma correttamente che l’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat non contiene alcun obbligo di realizzare un determinato risultato. Lo stato di conservazione delle specie dipende da troppi fattori naturali perché uno Stato membro possa garantire un determinato numero di esemplari.

53.      Non è peraltro sufficiente per le autorità competenti il fatto di «porsi seriamente l’obiettivo» di impedire il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione e delle aree di riposo, come suggerisce la Francia ispirandosi ad una sentenza concernente l’art. 4, n. 4, seconda frase, della direttiva «uccelli» (32). Mentre ai sensi di tale disposizione è sufficiente, al di fuori delle zone di conservazione degli uccelli, un semplice «sforzo», l’art. 12, n. 1, della direttiva habitat esige un regime di rigorosa tutela. Un siffatto regime deve essere idoneo, in linea di principio, ad impedire in maniera efficace qualsiasi deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo che potrebbe nuocere alla salvaguardia o al ripristino di uno stato di conservazione soddisfacente.

54.      Lo sviluppo del numero degli esemplari, dunque, pur non essendo idoneo a dimostrare direttamente una violazione dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat, può tuttavia essere preso in considerazione quale indizio dell’efficacia dei provvedimenti adottati.

55.      In sintesi, occorre affermare che l’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat esige provvedimenti coerenti e coordinati a carattere preventivo, i quali impediscano in maniera efficace un comportamento umano idoneo a pregiudicare o a eliminare del tutto la funzionalità ecologica delle tane del criceto comune e degli habitat circostanti quali siti di riproduzione e aree di riposo del medesimo.

B –    Sulle misure francesi

56.      Le misure francesi devono essere verificate sulla scorta di tale parametro. Mi occuperò innanzitutto dell’agricoltura e, successivamente, dell’urbanistica.

1.      Sull’agricoltura

57.      La Francia ha adottato talune misure nelle cosiddette zone di azione prioritaria (Zones d’action prioritaire; in prosieguo: le ZAP) e in una zona più estesa, la cosiddetta zona di ripopolamento.

58.      Mediante misure contrattuali si mira a garantire, all’interno delle ZAP, la coltivazione del terreno per il 20% a cereali e per il 2% a erba medica. Le ZAP sono tre zone ciascuna pari a perlomeno 600 ettari, e complessivamente a 3 285 ettari, in ciascuna delle quali si mira a raggiungere una popolazione di 1 500 individui.

59.      Inoltre, in una zona più estesa, pari a 77 000 ettari, segnatamente la zona di ripopolamento, la quale comprende il 49% delle superfici utilizzate storicamente dal criceto comune e idonee alla sua futura presenza, viene promossa la coltivazione di erba medica e di cereali invernali. Anche qui si tenta di realizzare, nelle zone popolate dai criceti, la coltivazione del terreno per il 20% a cereali, e per il 2% a erba medica.

60.      La Commissione contesta la portata e la qualità di siffatte misure.

61.      Esse devono peraltro essere valutate alla luce del parametro di cui all’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat, solo se esse sono necessarie ad impedire in maniera efficace un comportamento umano che pregiudicherebbe o eliminerebbe del tutto la funzionalità ecologica delle tane del criceto comune e degli habitat circostanti quali siti di riproduzione e aree di riposo del medesimo.

62.      La considerevole regressione della presenza del criceto alsaziano nel passato mostra che tale specie non è in grado di sopravvivere in assenza di misure di tutela supplementari. Le parti concordano sul fatto che le pratiche agricole, e in particolare la coltivazione di mais, costituiscono fattori essenziali. È tuttavia pacifico anche che il criceto comune non è in grado di sopravvivere se i suoi habitat non vengono utilizzati, sotto il profilo agricolo, in maniera ad esso favorevole.

63.      Occorre pertanto ritenere che la durevole funzionalità ecologica delle tane del criceto comune possa essere garantita solo se le superfici agricole circostanti vengano utilizzate in maniera ad esso favorevole. In termini di divieti è pertanto necessario vietare, su tali superfici, ogni utilizzazione nociva per il criceto comune.

64.      È vero che la Francia non ha adottato simili divieti, bensì ha tentato di realizzare un’utilizzazione in tal senso con misure di sostegno. Si tratta peraltro semplicemente di un diverso strumento per conseguire la disciplina di comportamento richiesta dall’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat. Solo se detto strumento non fosse sufficientemente efficace, la Francia sarebbe incorsa in una violazione di tale disposizione.

65.      La Commissione censura soprattutto l’estensione delle superfici così gestite rispetto alla precedente area di ripartizione del criceto comune. Siffatta censura è, perlomeno parzialmente, fondata.

66.      Nel periodo che qui interessa – nel 2008 – solo il 60% delle superfici popolate da criceti comuni erano oggetto di misure agroambientali nelle ZAP e nella zona di ripopolamento (33). Il restante 40% della sua zona di insediamento non era pertanto assoggettato alle misure necessarie, secondo la Francia, a garantire l’utilizzazione continuativa dei siti di riproduzione e delle aree di riposo.

67.      È vero che occorrerebbe includere parimenti le zone mancanti negli anni successivi fino al 2011; tuttavia, ciò non è rilevante ai fini della decisione del presente ricorso. L’esistenza di un inadempimento, infatti, dev’essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato (34).

68.      La Commissione critica inoltre, a ragione, il fatto che le misure agricole siano limitate alle ZAP e alla zona di ripopolamento. È vero che quest’ultima coincide con l’area in cui era presente il criceto comune nel 2000; tuttavia, ciò non esclude che i criceti comuni scavino le tane anche in altri luoghi, che necessitano di essere tutelati a fronte di interventi agricoli pregiudizievoli. Tali luoghi possono inoltre far parte della zona di ripartizione storica del criceto comune, nella quale, secondo le informazioni della Francia, perlomeno nel 2008 è stata trovata una tana di criceto comune (35).

69.      Contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, ciò non significa che la Francia debba attuare le misure agricole in maniera estesa su tutta la zona di ripartizione storica del criceto comune. Presupponendo un’adeguata osservazione dello sviluppo degli esemplari, sarebbe piuttosto sufficiente l’applicazione di tali misure alle tane di criceto comune note. In assenza di dette tane, l’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat non esige l’adozione di alcuna misura.

70.      Di conseguenza, la Francia, avendo adottato misure agroambientali a favore del criceto comune solo sul 60% delle superfici popolate da tale specie, e non avendole applicate alle presenze al di fuori delle ZAP e della zona di ripopolamento, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat.

71.      È inoltre lecito dubitare della sufficiente efficacia delle misure francesi in quanto tali.

72.      A causa del cattivo stato di conservazione del criceto comune, le autorità francesi partono dal presupposto che le presenze esistenti siano troppo esigue per poter sopravvivere a lungo termine. Solo le popolazioni costituite da perlomeno 1 500 esemplari presenti in una zona di insediamento contigua sarebbero vitali a lungo termine. Le tre ZAP devono essere gestite in maniera tale che ciascuna di esse ospiti, in futuro, una popolazione di tali dimensioni.

73.      Fra il 2007 e il 2010 le misure francesi nelle ZAP non hanno tuttavia raggiunto il loro scopo.

74.      Nel complesso erano presenti in tali zone, nei primi due anni, 230 e 231 tane, nel 2009 solo 161, mentre nel 2010 il loro numero saliva a 298. A ciascuna tana corrisponde un animale. Se tale tendenza dovesse continuare, sarebbe lecito sperare che gli esemplari di criceto raggiungano, a lungo termine, una consistenza numerica che garantisca la sopravvivenza. In un caso del genere, le misure francesi potrebbero essere sufficienti.

75.      Un esame più approfondito delle cifre mostra, tuttavia, che lo sviluppo positivo è concentrato in poche superfici, nelle quali sembrano sussistere condizioni particolarmente favorevoli per il criceto comune. Si tratta del Comune di Geispolsheim, e segnatamente della zona di protezione delle acque (36), e del liceo agrario di Obernai (37). In entrambi questi luoghi erano presenti da ultimo, in totale, 267 tane, che si trovavano manifestamente, in parte, anche al di fuori delle ZAP. Le presenze su altre superfici, al contrario, sono in fase di stasi o di regresso.

76.      Accanto alle ZAP viene documentato lo sviluppo degli esemplari nelle cosiddette zone centrali. Le tane sono diminuite, passando da 1 167 nel 2001 a 174 nel 2007. Negli anni successivi il numero delle tane è di nuovo salito leggermente, passando in un primo momento a 209, poi a 244 e da ultimo a 261. Anche tale sviluppo, tuttavia, è influenzato in misura considerevole dalle superfici eccezionali a Geispolsheim e Obernai.

77.      Se ne deduce che la strategia di gestione francese, che prevede il 20% di piante di cereali e il 2% di erba medica, non è sufficiente a raggiungere uno stato di conservazione soddisfacente delle presenze di criceto in Alsazia. Piuttosto, occorrono elementi supplementari, come ricorrono apparentemente a Geispolsheim e a Obernai.

78.      A favore di tale conclusione depone anche il documento nel quale il governo francese espone il fondamento della sua strategia. Essa si basa su esperimenti da cui risulta che, destinando una percentuale dal 20% al 30% dei territori alla coltivazione di piante di cereali e una percentuale dal 2% al 4% alla coltivazione di erba medica, il numero delle tane di criceto era aumentato (38). L’obiettivo del 20% di piante di cereali e del 2% di erba medica resta tuttavia al di sotto di tali valori. Inoltre, in questi esperimenti erano stati messi a confronto solo tre territori caratterizzati da tali quote di coltivazione con nove altri territori nei quali la coltivazione di erba medica era praticamente assente e quella delle piante di cereali notevolmente inferiore.

79.      Altre misure, ad es. la delimitazione dei campi a mezzo di erbe o il mantenimento di confini costituiti da cereali (39), non sono state evidentemente prese in considerazione.

80.      È vero che, in udienza, il governo francese ha giustamente sottolineato, in linea di principio, che il criceto non deve essere mantenuto in piccole zone di conservazione artificiali, bensì in superfici agricole effettivamente utilizzate. Ciononostante, il cattivo stato di conservazione può esigere temporaneamente una tutela particolarmente forte della specie, finché non tornino ad esistere popolazioni sufficientemente consistenti.

81.      La Francia sostiene, peraltro, che l’obiettivo consistente nel creare popolazioni vitali a lungo termine non si evincerebbe dall’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat, bensì eccederebbe quanto previsto da tale disposizione.

82.      La funzionalità ecologica durevole dei siti di riproduzione e delle aree di riposo del criceto comune perseguita dalla direttiva habitat (40) presuppone, tuttavia, che le sue popolazioni siano vitali a lungo termine. La tutela di tali aree deve pertanto mirare a conservare ovvero a ripristinare popolazioni vitali.

83.      Se, dunque, lo stato di conservazione di una specie è insoddisfacente solo in quanto esso è esposto a determinate minacce, potrebbe essere sufficiente tutelare gli esemplari della specie a fronte di tali fattori. Se, tuttavia – come nel caso presente – le popolazioni della specie sono talmente poco numerose da rischiare di estinguersi a causa di variazioni numeriche naturali, un regime efficace di tutela deve mirare ad un aumento sufficiente del numero degli esemplari.

84.      Di conseguenza, la tutela dei siti di riproduzione e delle aree di riposo deve essere idonea ad assicurare la vitalità a lungo termine della specie nel proprio territorio. Ciò significa, in particolare, che nel caso di popolazioni troppo poco numerose, gli habitat che si trovano nei dintorni delle tane di criceto devono essere gestiti in maniera tale da consentire agli esemplari di criceto di riposarsi sufficientemente.

85.      Contrariamente a quanto ritenuto dalla Francia, ciò non viene messo in discussione neanche dall’art. 2, n. 3, della direttiva habitat. Ai sensi di tale disposizione, le misure adottate a norma di siffatta direttiva tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali. Nell’elaborazione di misure di tutela occorre pertanto prendere in considerazione tali esigenze. L’obiettivo di uno stato di conservazione soddisfacente non viene tuttavia messo in discussione dall’art. 2, n. 3. Le misure intese alla tutela di specie rigorosamente protette devono pertanto essere sufficienti, nonostante tale considerazione, a mantenere o a ripristinare uno stato di conservazione soddisfacente. Ciò non avviene nel caso presente.

86.      La Commissione obietta, infine, che il criceto comune viene danneggiato anche dalla mancata osservanza dei requisiti fissati dalla direttiva sui nitrati (41). Essa si fonda, al riguardo, su un documento delle autorità francesi a tutela del criceto comune (42). In esso vengono richieste buone pratiche agricole e, segnatamente, il rispetto della direttiva sui nitrati. Importante sarebbe soprattutto procedere ad una copertura vegetale invernale nelle aree sensibili.

87.      È tuttavia pacifico che il presente procedimento non verte su una violazione della direttiva sui nitrati. Inoltre, né dall’argomento sviluppato dalla Commissione, né dal documento da essa prodotto si evince il motivo per il quale il rispetto della direttiva sui nitrati o la copertura vegetale invernale siano necessari ai fini della tutela dei siti di riproduzione e delle aree di riposo del criceto comune. Su questo punto, l’argomento della Commissione non può dunque essere accolto.

88.      Ciò non toglie, tuttavia, che la Francia, avendo adottato misure agroambientali a tutela del criceto comune insufficienti a consentire lo sviluppo di popolazioni vitali a lungo termine, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat.

C –    Sulle misure urbanistiche

89.      Le tane del criceto comune e gli habitat circostanti devono essere tutelati anche mediante misure urbanistiche. La valutazione dei fattori urbanistici è meno complessa della valutazione delle misure agricole, in quanto il criceto comune non necessita, per sopravvivere, di determinate misure urbanistiche. È pertanto sufficiente garantire che l’assetto urbanistico lasci libere le superfici di cui trattasi (43). La Francia menziona al riguardo diverse misure:

–        la normativa generale predisposta a tutela del criceto comune;

–        il divieto di modificare nelle ZAP, pari nel complesso a 3 285 ettari, l’utilizzazione delle superfici, fatto salvo il settore agricolo (44);

–        nella zona di ripopolamento, pari a 77 000 ettari, ossia al 49% delle superfici utilizzate nel passato dal criceto comune, l’obbligo, per i progetti che interessano più di un ettaro, di dimostrare che essi non arrecano pregiudizio al criceto comune (45);

–        nell’area di ripartizione storica del criceto, pari a 139 000 ettari, ossia all’89% delle superfici utilizzate nel passato dal criceto comune, l’obbligo, per le nuove misure di pianificazione di 301 comuni, di prendere in considerazione il criceto comune (46);

–        l’osservazione dello sviluppo degli esemplari del criceto comune e

–        la sensibilizzazione del pubblico.

90.      La Commissione non critica le norme generali predisposte a tutela del criceto comune. Essa, pur temendo la concessione di deroghe non accompagnate da misure compensative sufficienti, non censura la pertinente disposizione, ossia l’art. L. 411-2 del Code de l’environnement (Codice dell’ambiente). Occorre pertanto partire dal presupposto che tali norme fissino i divieti necessari a impedire il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione e delle aree di riposo da parte di misure urbanistiche.

91.      Siffatti divieti possono tuttavia risultare efficaci solo se, nel decidere in merito alle misure urbanistiche, sia noto l’eventuale interessamento di siti di riproduzione e di aree di riposo del criceto comune. Ciò viene garantito in particolare dalla fissazione di speciali requisiti in relazione alla pianificazione dei comuni e all’autorizzazione di determinati progetti.

92.      Secondo dati francesi incontroversi, infatti, 301 comuni, i quali coprono l’89% dell’area di ripartizione storica del criceto comune, sono obbligati, nel rinnovare il loro documento concernente la pianificazione urbanistica («document de planification de l’urbanisme»), a prevedere uno studio sul criceto comune. In tali documenti di pianificazione, i comuni devono promuovere un’utilizzazione parsimoniosa delle superfici e mantenere le superfici favorevoli alla specie.

93.      Siffatta procedura può comportare, in particolare, la completa sottrazione all’edificazione di determinate superfici al fine di tutelare il criceto comune. Ciò è avvenuto manifestamente soprattutto nelle ZAP, che sono estremamente limitate, ma anche al di là delle medesime.

94.      Nell’area di ripopolamento, la quale comprende una parte considerevole dell’area di ripartizione storica, si aggiungono obblighi speciali di verifica per i progetti che interessano più di un ettaro. Ciò significa che, nel caso di un siffatto progetto, non basta che le misure di pianificazione non contengano alcuna indicazione quanto alla presenza di criceti comuni, ma, prima di rilasciare un’autorizzazione, occorre verificare se vengano interessate tane di criceto comune.

95.      Secondo la Commissione, in ciò non è ravvisabile un regime di rigorosa tutela, in particolare in quanto le superfici escluse dalle misure edilizie e le ZAP avrebbero nel complesso un’estensione troppo ridotta. La Commissione trascura tuttavia il fatto che i citati obblighi di verifica, in combinato disposto con le norme di legge, possono impedire, in linea di principio, il deterioramento e la distruzione delle tane di criceto comune nei territori contemplati. Se gli studi vengono redatti in maniera accurata e obiettiva, infatti, i luoghi in cui sono ovvero potrebbero essere presenti tane di criceto comune dovrebbero essere noti, imponendosi pertanto una particolare attenzione.

96.      Al contrario, le superfici solo potenzialmente utilizzabili dal criceto comune non devono – come esposto in precedenza (47) – essere tutelate in maniera particolare ai sensi dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat. Di conseguenza, in relazione a tali superfici non devono neppure essere emessi divieti di edificazione.

97.      La Commissione critica inoltre il fatto che per i progetti di minore entità non sia prevista alcuna verifica.

98.      Siffatta censura ha particolare rilevanza in relazione alle superfici che nel passato erano state pianificate senza verificare l’interessamento dei criceti comuni. Non si può inoltre escludere che una superficie venga occupata dai criceti comuni nel periodo che intercorre fra la pianificazione e l’esecuzione, e che ivi si trovino pertanto delle tane. Del resto, al di fuori della zona di ripopolamento, neanche i progetti di maggiore entità necessitano di alcuna verifica speciale.

99.      Tuttavia, la sensibilizzazione del pubblico da parte delle autorità competenti e l’osservazione dell’evoluzione del numero di esemplari di criceto comune possono contribuire alla scoperta tempestiva di tane di criceto anche su tali superfici, al fine di prevenire il loro deterioramento o la loro distruzione. Mediante la sensibilizzazione del pubblico, infatti, viene attirata l’attenzione sul rischio di arrecare pregiudizio ai criceti comuni e l’osservazione degli esemplari di criceto può contribuire alla tempestiva scoperta di presenze. Non appena siano note presenze, tuttavia, il regime giuridico di tutela non contestato dalla Commissione dovrebbe impedire un deterioramento delle tane e degli habitat circostanti da parte di misure edilizie.

100. Siffatto regime di tutela a fronte di interventi urbanistici pregiudizievoli sembra, in linea di principio, sufficiente. Esso, tuttavia, alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato, il 6 agosto 2008, era ancora incompleto. Il governo francese comunicava, in data 7 agosto 2008, che una ZAP non era ancora riconosciuta, e che anche i requisiti relativi ai progetti nella zona di ripopolamento e alla pianificazione dei comuni nell’area di ripartizione storica del criceto comune non erano ancora stati decisi (48).

101. Senza tali misure non era garantita l’attuazione sistematica delle norme generali predisposte a tutela del criceto comune. Una siffatta attuazione sistematica, tuttavia, si impone alla luce del suo cattivo stato di conservazione.

102. Di conseguenza, anche alla luce dell’incompletezza, alla data rilevante in questa sede, delle misure coerenti e coordinate a carattere preventivo intese a tutelare il criceto a fronte di pregiudizi causati da progetti urbanistici, la Francia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva habitat.

IV – Sulle spese

103. A norma dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il ricorso della Commissione dev’essere essenzialmente accolto, le spese vanno poste a carico della Francia.

V –    Conclusione

104. Propongo pertanto alla Corte di decidere come segue:

1.      La Repubblica francese è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, in quanto:

–        le misure agroambientali adottate a favore del criceto comune (Cricetus cricetus) contemplano solo il 60% delle superfici occupate da tale specie e non vengono applicate a presenze al di fuori delle zone di azione prioritaria nonché della zona di ripopolamento;

–        le misure agroambientali adottate a favore del criceto comune non sono sufficienti a consentire l’evoluzione di popolazioni vitali a lungo termine, e

–        le misure coerenti e coordinate a carattere preventivo predisposte per tutelare il criceto comune a fronte di pregiudizi arrecati da progetti urbanistici erano incomplete alla data rilevante in questa sede.

2.      La Repubblica francese è condannata alle spese del procedimento.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 –      GU L 206, pag. 7; rilevante è la versione della direttiva habitat modificata dalla direttiva del Consiglio 20 novembre 2006, 2006/105/CE, che adegua le direttive 73/239/CEE, 74/557/CEE e 2002/83/CE in materia di ambiente, a motivo dell’adesione della Bulgaria e della Romania (GU 2006 L 363, pag. 368).


3 – V. la relazione globale della Commissione ai sensi dell’art. 17 della direttiva habitat, COM(2009) 358 def., e il sito web ad essa dedicata http://biodiversity.eionet.europa.eu/article17.


4 – Lo stato di conservazione della specie non è peraltro soddisfacente neanche in Germania, v. l’atto 14/6976 del Landtag Baden-Württemberg (Parlamento del Land Baden-Württemberg), pag. 3 e segg.


5 – Adottata il 19 settembre 1979 a Berna, ETS n. 104, GU 1982 L 38, pag. 3.


6 – V. da ultimo il documento di lavoro per la trentesima riunione del comitato permanente il 6‑9 dicembre 2010, Summary of case files and complaints, T‑PVS(2010)02revE, del 15 ottobre 2010, pag. 6.


7 – Decisione del Consiglio 3 dicembre 1981 concernente la conclusione della Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa, GU 1982 L 38, pag. 1. La Convenzione è pubblicata nella GU 1982 L 38, pag. 3.


8 – Draft European Action Plan for the conservation of the Common hamster (Cricetus cricetus, L. 1758) del 15 settembre 2008, documento T-PVS/Inf (2008) 9.


9 – Direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici; GU L 103, pag. 1. Consolidata dalla direttiva 30 novembre 2009, 2009/147/CE (GU L 20, pag. 70).


10 – Rapporto sulla Convenzione relativa alla conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa (1997-1998) (art. 9, n. 2) (presentato dalla Commissione europea), SEC (2001) 515 def. V. già anche la risoluzione del Consiglio delle Comunità europee 19 ottobre 1987, concernente il proseguimento della politica della Comunità europea e l’attuazione di un programma d’azione in materia ambientale (1987-1992), (GU C 328, n. 5.1.6). La sentenza 13 febbraio 2003, causa C‑75/01, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑1585, punto 57) non osta al fatto che sia presa in considerazione la suddetta convenzione, poiché la Corte, in tale sentenza, ha solo dichiarato che la trasposizione della convenzione non vale quale trasposizione della direttiva, laddove la convenzione è meno rigorosa della direttiva.


11 – Arrêté du 23 avril 2007 fixant la liste des mammifères terrestres protégés sur l’ensemble du territoire et les modalités de leur protection, JORF n°108 del 10 maggio 2007, pag. 8367, testo n. 152.


12 – Sentenza 11 gennaio 2007, causa C‑183/05, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I‑137, punti 29 e seg.). V. anche la sentenza 16 marzo 2006, causa C‑518/04, Commissione/Grecia («Vipera di Milos», non pubblicata nella Raccolta, punto 16).


13 – Documento di orientamento sulla rigorosa tutela delle specie animali di interesse comunitario nell’ambito della direttiva habitat 92/43/CEE, febbraio 2007, consultabile nelle versioni inglese, francese e tedesca all’indirizzo http://circa.europa.eu/Public/irc/env/species_protection/home.


14 – V. già il riferimento contenuto nella sentenza 14 giugno 2007, causa C‑342/05, Commissione/Finlandia, detta «Caccia al lupo» (Racc. pag. I‑4713, punto 30).


15 – V. documento di orientamento (cit. alla nota 13, pag. 47, paragrafo 57).


16 – V. documento di orientamento (cit. alla nota 13, pag. 47, paragrafo 58).


17 – Documento di orientamento (cit. alla nota 13, pag. 47, paragrafo 59).


18 – V. le conclusioni dell’avvocato generale Léger 25 ottobre 2001, presentate nella causa C‑103/00, Commissione/Grecia, detta «Caretta caretta» (Racc. 2002, pag. I‑1147, paragrafo 43), nonché 21 settembre 2006, causa C‑183/05, Commissione/Irlanda (Racc. 2007, pag. I‑137, paragrafo 25).


19 – Documento di orientamento (cit. alla nota 13, pag. 50, paragrafo 62).


20 – Documento di orientamento (cit. alla nota 13, pag. 45, paragrafo 53).


21 – Documento di orientamento (cit. alla nota 13, pag. 46, paragrafo 55).


22 – Sentenze 10 settembre 1996, causa C‑61/94, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3989, punto 52); 14 luglio 1998, causa C‑341/95, Bettati (Racc. pag. I‑4355, punto 20); 1° aprile 2004, causa C‑286/02, Bellio F.lli (Racc. pag. I‑3465, punto 33); 7 dicembre 2006, causa C‑306/05, SGAE (Racc. pag. I‑11519, punto 35), nonché 14 maggio 2009, causa C‑161/08, Internationaal Verhuis- en Transportbedrijf Jan de Lely (Racc. pag. I‑4075, punto 38).


23 – Nel caso di altre specie, la tutela dei siti è invece fondata sugli artt. 4‑6 della direttiva habitat, tutela la quale comprende espressamente i suoi altri habitat.


24 – Sentenza 30 gennaio 2002, causa C‑103/00, Commissione/Grecia detta «Caretta caretta» (Racc. pag. I‑1147, punti 32 e segg.).


25 – Sentenza Commissione/Irlanda (cit. alla nota 12, punto 32).


26 – Documento di orientamento (cit. alla nota 13, pag. 22, paragrafo 61, pag. 28, paragrafo 10, pag. 31, paragrafo 19, nonché pag. 44, paragrafo 49).


27 – V. ad es. il documento di orientamento (cit. alla nota. 13, pag. 22).


28 – Kupfernagel, Populationsdynamik und Habitatnutzung des Feldhamsters (Cricetus cricetus) in Südost-Niedersachsen, Dissertation 2007, pag. 82.


29 – V. supra, paragrafi 33 e seg.


30 – V. la sentenza 13 dicembre 2007, causa C‑418/04, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I‑10947, punti 82 e segg.), in merito a carenze in relazione ad una potenziale zona di conservazione degli uccelli. È questa la direzione indicata anche dalla giurisprudenza concernente il conferimento di risorse proprie all’Unione, v. le sentenze 15 dicembre 2009, causa C‑239/06, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑11913, punti 56 e segg.), nonché causa C‑284/05, Commissione/Finlandia (Racc. pag. I‑11705, punti 55 e segg.).


31 – V. la sentenza 18 dicembre 2007, causa C‑186/06, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑12093, punti 15 e seg. e la giurisprudenza ivi cit.).


32 – Sentenza 13 dicembre 2007, causa C‑418/04, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I‑10947, punto 179).


33 – V. la comunicazione del governo francese del 7 aprile 2009, allegato 7 al ricorso, foglio 98.


34 – Sentenze 25 luglio 2008, causa C‑504/06, Commissione/Italia (non pubblicata nella Raccolta, punto 24); 4 marzo 2010, causa C‑241/08, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑1697, punto 59), nonché 18 novembre 2010, causa C‑458/08, Commissione/Portogallo (Racc. pag. I‑11599, punto 81).


35 – Secondo la comunicazione del 7 agosto 2008, in quell’anno sono stati trovati in tutta la zona di ripartizione storica 643 tane di criceto comune, ma solo 642 nella zona di ripopolamento, v. allegato 6 al ricorso, foglio 91 e seg.


36 – Tale zona viene menzionata nel Plan de conservation 2007–2011 pour le Hamster commun (Cricetus cricetus) en Alsace, Bilan de comptages 2009, foglio 121 e seg., quale esempio di un’evoluzione positiva nel caso di gestione appropriata nel lungo termine.


37 – V. il Plan de conservation 2007–2011 pour le Hamster commun (Cricetus cricetus) en Alsace, Bilan de comptages 2009, foglio 117 del ricorso, nonché la comunicazione del governo francese in relazione alle cifre per il 2010. Siffatta istituzione riveste manifestamente un ruolo importante in molte componenti del programma d’azione a favore del criceto comune, v. Plan d’action pour le Hamster commun (Cricetus cricetus) en Alsace, Tome 1, 2007–2011, pagg. 8, 21, 47 e 53 (misure A2-5 e A2-8).


38 – Allegato 4 al controricorso.


39 – V. l’elenco di possibili misure nella bozza di un piano d’azione europeo per la preservazione del criceto comune, cit. alla nota 8, pag. 24.


40 – V. supra, paragrafi 33 e seg.


41 – Direttiva del Consiglio 12 dicembre 1991, 91/676/CEE, sulla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (GU L 375, pag. 1).


42 – Balland, Définition et gestion du milieu particulier du grand hamster d’Alsace, 14 febbraio 2008, IGE/08/001, pag. 5 e segg.


43 – La Commissione non critica il mero isolamento degli habitat e delle popolazioni da parte delle misure urbanistiche, e in particolare delle infrastrutture. Non occorre pertanto decidere, nel caso presente, se siffatta forma di pregiudizio sia contraria alla tutela dei siti di riproduzione e delle aree di riposo.


44 – Punto 62 del controricorso.


45 – Punti 63 e 152 del controricorso.


46 – Punto 68 del controricorso.


47 – V. supra, paragrafo 50.


48 – Allegato 6 al controricorso, foglio 91.