Language of document : ECLI:EU:C:2015:490

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 16 luglio 2015 (1)

Causa C‑73/14

Consiglio dell’Unione europea

contro

Commissione europea

«Presentazione da parte della Commissione di una dichiarazione scritta in nome dell’Unione europea al Tribunale internazionale del diritto del mare – Articoli 13, paragrafo 2, 16, paragrafo 1 e 17, paragrafo 1, TUE – Articoli 218, paragrafo 9 e 335 TFUE –Rappresentanza esterna dell’Unione europea – Violazione delle prerogative del Consiglio – Leale cooperazione – Articolo 263 TFUE – Ricevibilità»





1.        Il 29 novembre 2013, la Commissione europea ha presentato una dichiarazione scritta in nome dell’Unione europea (in prosieguo: l’«UE») al Tribunale internazionale del diritto del mare (in prosieguo: l’«ITLOS») in relazione ad un parere consultivo che tale giudice doveva emettere.

2.        Il Consiglio dell’Unione europea chiede l’annullamento della «decisione della Commissione del 29 novembre 2013» di presentare tale dichiarazione. Sostenuto da taluni Stati membri, esso sostanzialmente sostiene che la Commissione avrebbe dovuto richiedere ed ottenere la sua approvazione prima di presentare la dichiarazione scritta all’ITLOS. Il Consiglio sostiene che, avendo omesso di farlo, la Commissione ha violato l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE e/o l’articolo 16 TUE (rispettivamente primo e secondo capo del primo motivo) e ha violato il dovere di leale cooperazione (secondo motivo). Per parte sua, la Commissione sostiene la propria competenza a presentare tale dichiarazione senza l’approvazione del Consiglio, e di aver pienamente cooperato con il Consiglio.

3.        La questione centrale controversa tra le parti riguarda pertanto l’individuazione dell’istituzione dell’UE competente a decidere sulla posizione dell’UE dinanzi ad un organo giurisdizionale costituito conformemente ad un accordo internazionale di cui l’UE è parte contraente.

4.        Esaminerò in prosieguo i vari aspetti di tale fondamentale questione, ma ritengo che il ricorso del Consiglio sia di fatto irricevibile e debba essere respinto sulla base di questo solo motivo.

 Normativa che disciplina l’ITLOS

5.        L’UE, insieme ai propri Stati membri, è parte contraente della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (in prosieguo: l’«UNCLOS») (2).

6.        L’ITLOS è costituito e disciplinato dall’UNCLOS, in particolare dall’allegato VI della stessa, che ne contiene lo Statuto.

7.        L’articolo 16 dello Statuto dell’ITLOS impone all’ITLOS di definire il suo regolamento di procedura. L’articolo 20 dispone che l’ITLOS è aperto agli Stati contraenti.

8.        Ai sensi dell’articolo 133 del regolamento di procedura ITLOS, che si applica ai procedimenti di parere consultivo della Camera per la soluzione delle controversie sui fondi marini, le parti contraenti dell’UNCLOS sono invitate dall’ITLOS a presentare dichiarazioni scritte sulla(e) questione(i) sollevata(e) nella domanda di parere consultivo.

9.        Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura dell’ITLOS, quest’ultimo può «fornire un parere consultivo su una questione giuridica qualora un accordo internazionale relativo agli obiettivi dell’[UNCLOS] preveda espressamente la presentazione all’[ITLOS] della domanda di un parere siffatto». L’articolo 138, paragrafo 3, dispone che, in tali circostanze, l’ITLOS «applichi mutatis mutandis gli articoli da 133 a 137».

 Diritto dell’Unione

 Trattato sull’Unione europea

10.      L’articolo 13, paragrafo 2, TUE dispone: «Ciascuna istituzione agisce nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dai trattati, secondo le procedure, condizioni e finalità da essi previste. Le istituzioni attuano tra loro una leale cooperazione».

11.      La seconda frase dell’articolo 16, paragrafo 1, TUE prevede che il Consiglio «esercita funzioni di definizione delle politiche e di coordinamento alle condizioni stabilite nei trattati». Il resto dell’articolo 16 stabilisce le norme generali che disciplinano l’azione del Consiglio. In particolare, l’articolo 16, paragrafo 3, dispone che «[i]l Consiglio delibera a maggioranza qualificata, salvo nei casi in cui i trattati dispongano diversamente».

12.      L’articolo 17, paragrafo 1, TUE dispone:

«La Commissione promuove l’interesse generale dell’[UE] e adotta le iniziative appropriate a tal fine. Vigila sull’applicazione dei trattati e delle misure adottate dalle istituzioni in virtù dei trattati. Vigila sull’applicazione del diritto dell’[UE] sotto il controllo della Corte di giustizia dell’[UE]. (…) Esercita funzioni di coordinamento, di esecuzione e di gestione, alle condizioni stabilite dai trattati. Assicura la rappresentanza esterna dell’[UE], fatta eccezione per la politica estera e di sicurezza comune e per gli altri casi previsti dai trattati. (…)».

 Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

13.      L’azione esterna da parte dell’UE è disciplinata dalla parte V del TFUE, il cui titolo V è relativo agli accordi internazionali. Nell’ambito di tale titolo, gli articoli 216 e 217 TFUE conferiscono all’UE il potere di concludere accordi con uno o più paesi terzi o organizzazioni internazionali e l’articolo 218 TFUE stabilisce la procedura secondo la quale tali accordi devono essere negoziati e conclusi. Le sue disposizioni rilevanti ai presenti fini sono le seguenti:

«1.      Fatte salve le disposizioni particolari dell’articolo 207 [politica commerciale comune], gli accordi tra l’[UE] e i paesi terzi o le organizzazioni internazionali sono negoziati e conclusi secondo la procedura seguente.

2.      Il Consiglio autorizza l’avvio dei negoziati, definisce le direttive di negoziato, autorizza la firma e conclude gli accordi.

3.      La Commissione (…) presenta raccomandazioni al Consiglio, il quale adotta una decisione che autorizza l’avvio dei negoziati e designa (…) il negoziatore (…) dell’[UE].

4.      Il Consiglio può impartire direttive al negoziatore (…).

5.      Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione che autorizza la firma dell’accordo (…).

6.      Il Consiglio, su proposta del negoziatore, adotta una decisione relativa alla conclusione dell’accordo. (…)

7.      All’atto della conclusione di un accordo, il Consiglio, in deroga ai paragrafi 5, 6 e 9‚ può abilitare il negoziatore ad approvare a nome dell’[UE] le modifiche dell’accordo se quest’ultimo ne prevede l’adozione con una procedura semplificata o da parte di un organo istituito dall’accordo stesso. Il Consiglio correda eventualmente questa abilitazione di condizioni specifiche

8.      Nel corso dell’intera procedura, il Consiglio delibera a maggioranza qualificata.

Tuttavia esso delibera all’unanimità [in circostanze specifiche].

9.      Il Consiglio, su proposta della Commissione (…), adotta una decisione (…) che stabilisce le posizioni da adottare a nome dell’[UE] in un organo istituito da un accordo, se tale organo deve adottare atti che hanno effetti giuridici, fatta eccezione per gli atti che integrano o modificano il quadro istituzionale dell’accordo.

10.      Il Parlamento europeo è immediatamente e pienamente informato in tutte le fasi della procedura.

11.      [Il presente sottoparagrafo prevede la procedura per ottenere il parere della Corte circa la compatibilità di un accordo previsto con i trattati e le conseguenze in caso di parere negativo]».

14.      I commi primo, secondo e sesto dell’articolo 263 TFUE dispongono:

«La Corte di giustizia dell’[UE] esercita un controllo di legittimità sugli atti legislativi, sugli atti del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea che non siano raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Esercita inoltre un controllo di legittimità sugli atti degli organi o organismi dell’[UE] destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi.

A tal fine, la Corte è competente a pronunciarsi sui ricorsi per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione, ovvero per sviamento di potere, proposti da uno Stato membro, dal Parlamento europeo, dal Consiglio o dalla Commissione.

(…)

I ricorsi previsti dal presente articolo devono essere proposti nel termine di due mesi a decorrere, secondo i casi, dalla pubblicazione dell’atto, dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza».

15.      L’articolo 264 TFUE dispone che, se il ricorso è fondato, la Corte di giustizia dichiara nullo e non avvenuto l’atto impugnato e può, ove lo reputi necessario, precisare gli effetti dell’atto annullato che devono essere considerati definitivi.

16.      L’articolo 335 TFUE dispone: «In ciascuno degli Stati membri, l’[UE] ha la più ampia capacità giuridica riconosciuta alle persone giuridiche dalle legislazioni nazionali; essa può in particolare acquistare o alienare beni immobili e mobili e stare in giudizio. A tale fine, essa è rappresentata dalla Commissione. Tuttavia, l’[UE] è rappresentata da ciascuna delle istituzioni, in base alla loro autonomia amministrativa, per le questioni connesse al funzionamento della rispettiva istituzione».

 Accordo delle Nazioni Unite sugli stock ittici

17.      Con decisione 98/414/CE del Consiglio (3), l’UE ha concluso un accordo che applica le disposizioni dell’UNCLOS relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori (in prosieguo: l’«accordo delle Nazioni Unite sugli stock ittici»). L’articolo 3 della decisione 98/414 dispone:

«Ogniqualvolta la Comunità è parte in causa in un procedura contenziosa prevista [dall’accordo delle Nazioni Unite sugli stock ittici], essa è rappresentata dalla Commissione. Quest’ultima consulta gli Stati membri prima di intraprendere qualsiasi azione, tenendo conto delle scadenze procedurali improrogabili».

18.      L’ITLOS è uno dei giudici che possono essere aditi con tali azioni.

 Statuto e regolamento di procedura della Corte di giustizia

19.      L’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto») prevede, in particolare, che ad un’istanza dinanzi alla Corte «(…) deve essere allegato, ove occorra, l’atto di cui è richiesto l’annullamento (…)».

20.      Gli articoli 120 e 122 del regolamento di procedura della Corte di giustizia impongono che il ricorso contenga, tra l’altro, l’oggetto della controversia e le conclusioni e che ad esso sia allegato, in particolare, l’atto di cui è richiesto l’annullamento.

21.      L’articolo 150 stabilisce che: «Su proposta del giudice relatore, sentiti le parti e l’avvocato generale, la Corte può decidere d’ufficio, in qualsiasi momento, di statuire sui motivi di irricevibilità di ordine pubblico con ordinanza motivata».

 Contesto della controversia

22.      Il 28 marzo 2013, l’ITLOS ha ricevuto una domanda di parere consultivo dalla Commissione subregionale della pesca (in prosieguo: la «CSRP»), un’organizzazione intergovernativa per la cooperazione nel settore della pesca istituita dalla Convenzione del 29 marzo 1995 tra Capo Verde, la Gambia, la Guinea, la Guinea Bissau, la Mauritania, il Senegal e la Sierra Leone (4). L’UE ha concluso accordi di partenariato nel settore della pesca con cinque degli Stati CSRP e, con due di essi, ha stipulato protocolli che accordano l’accesso alla pesca a fronte di un contributo finanziario.

23.      Tale domanda, iscritta come procedimento n. 21, riguarda questioni sostanzialmente relative ai diritti, agli obblighi e alle responsabilità degli Stati di bandiera, delle agenzie internazionali e degli Stati costieri in caso di pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (in prosieguo: «INN») e con riferimento alla garanzia di una gestione sostenibile degli stock condivisi e degli stock di interesse comune.

24.      Il 24 maggio 2013, l’ITLOS ha invitato le parti contraenti dell’UNCLOS a presentare le loro dichiarazioni scritte sulle questioni sottoposte al più tardi il 29 novembre 2013 e ha deciso che avesse luogo una fase orale.

25.      All’interno del Consiglio, la domanda di parere consultivo è stata discussa in diverse occasioni da due gruppi di lavoro: il gruppo di lavoro del diritto del mare (in prosieguo: il «COMAR»), sostanzialmente con riferimento a questioni di giurisdizione e di ricevibilità, e il gruppo di lavoro sulla politica interna ed esterna della pesca (in prosieguo: il «FISH»), con riferimento al merito delle questioni. Nel corso delle discussioni iniziali del COMAR tra aprile e luglio 2013, la Commissione ha indicato che i suoi servizi stavano considerando se l’UE dovesse intervenire nel procedimento n. 21 e si è impegnata a consultare il Consiglio come dovuto.

26.      Il 5 agosto 2013, la Commissione ha adottato una decisione espressa (5) al fine di presentare dichiarazioni scritte in nome dell’UE all’ITLOS nel procedimento n. 21 e di partecipare alla fase orale (articolo 1). Essa ha dato istruzioni al proprio servizio legale di dare efficacia alla stessa (articolo 2). In tale decisione, il considerando 9 menzionava l’articolo 335 TFUE come base giuridica per la partecipazione della Commissione in nome dell’UE e il considerando 11 specificava che, ai sensi del principio di leale cooperazione, la Commissione doveva informare il Consiglio tramite il suo gruppo di lavoro competente.

27.      Nel corso delle riunioni del FISH in data 12 settembre 2013 e del COMAR in data 17 settembre 2013, la Commissione ha riaffermato che avrebbe presentato osservazioni scritte in nome dell’UE e ha affermato che, ai sensi dell’articolo 335 TFUE, affinché la Commissione potesse agire non era necessaria alcuna previa approvazione da parte del Consiglio. Alla riunione del FISH, la Presidenza del Consiglio ha dichiarato che era necessario che il Consiglio approvasse il contenuto della dichiarazione effettuata in nome dell’UE e ha invitato la Commissione a presentare una bozza di dichiarazione scritta al Consiglio non oltre la fine di ottobre 2013.

28.      Il 22 ottobre 2013, la Commissione ha inviato ai gruppi di lavoro del Consiglio un primo documento di lavoro che indicava i punti principali del testo da presentare all’ITLOS. Il paragrafo introduttivo di tale documento citava la decisione del 5 agosto 2013 in cui la Commissione aveva deciso di presentare osservazioni in nome dell’UE nel procedimento n. 21, ribadendo che i gruppi di lavoro del Consiglio sarebbero stati informati conformemente al principio di leale cooperazione. La Commissione ha altresì evidenziato che intendeva tenere nella massima considerazione qualsiasi suggerimento e consiglio da parte degli Stati membri al fine di rafforzare la posizione dell’UE.

29.      Tale documento è stato esaminato dal FISH e dal COMAR rispettivamente il 24 e il 30 ottobre 2013, quando la Commissione ha ripetuto che non avrebbe presentato alcuna bozza di dichiarazione per la previa approvazione del Consiglio. Versioni riviste del documento sono state discusse nel corso delle riunioni del FISH il 15 e il 22 novembre 2013. Il 27 novembre 2013, sulla base di una relazione predisposta dal FISH, il Comitato dei rappresentanti permanenti (in prosieguo: il «Coreper») ha discusso la questione. Le delegazioni degli Stati membri e la Presidenza hanno evidenziato che spettava al Consiglio, conformemente alle sue funzioni di definizione delle politiche ai sensi dell’articolo 16 TUE, decidere se l’UE dovesse presentare osservazioni e, in tal caso, approvarne il contenuto. Inoltre, qualora il Consiglio non avesse potuto approvare alcuna posizione relativa ad una siffatta dichiarazione in nome dell’UE, nessuna posizione dell’UE sarebbe esistita e non si sarebbe potuta presentare alcuna dichiarazione. La Commissione ha evidenziato che non era richiesta alcuna approvazione del Consiglio e che avrebbe presentato una dichiarazione scritta all’ITLOS.

30.      Il 29 novembre 2013, dopo aver preso in considerazione le osservazioni ricevute da taluni Stati membri, la Commissione ha presentato la dichiarazione scritta in nome dell’UE e ne ha inviata una copia tramite messaggio di posta elettronica al Segretariato del Consiglio. Tra il 18 e il 29 novembre 2013, sette Stati membri, nella loro qualità di Stati parti dell’UNCLOS, hanno presentato le loro dichiarazioni scritte all’ITLOS.

31.      Successivamente, dopo il deposito del ricorso nella presente causa, la Commissione ha presentato un’ulteriore dichiarazione scritta il 13 marzo 2014 nell’ambito di una seconda fase scritta del procedimento e ha partecipato alla fase orale il 2 e il 5 settembre 2014. L’ITLOS ha emesso il proprio parere consultivo il 2 aprile 2015.

 Procedimento, motivi e conclusioni

32.      Nel suo ricorso depositato il 10 febbraio 2014, il Consiglio deduce due motivi in diritto. Con il primo motivo, il Consiglio sostiene che la decisione riguardo alla posizione dell’UE in procedimenti giurisdizionali internazionali rientra nella sua competenza ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE o, in ogni caso, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, TUE. Di conseguenza, il Consiglio afferma che la Commissione avrebbe dovuto ottenere la sua previa approvazione prima di trasmettere una dichiarazione scritta in nome dell’UE all’ITLOS. Con il secondo motivo, il Consiglio accusa la Commissione di aver violato il dovere di leale cooperazione reciproca di cui all’articolo 13, paragrafo 2, TUE.

33.      Il Consiglio pertanto chiede che la Corte voglia annullare la decisione della Commissione del 29 novembre 2013 di presentare una «Dichiarazione scritta della Commissione europea in nome dell’[UE]» [all’ITLOS] nel procedimento [n.] 21 e condannare la Commissione alle spese. Esso specifica di non chiedere l’annullamento della dichiarazione della Commissione.

34.      La Commissione chiede che la Corte voglia respingere il ricorso e condannare il Consiglio alle spese. In subordine, essa chiede che la Corte voglia conservare gli effetti della sua decisione fino all’adozione, entro un termine ragionevole, di una nuova decisione.

35.      I governi austriaco, ceco, finlandese, francese, greco, lituano, dei Paesi Bassi e spagnolo hanno presentato dichiarazioni scritte intervenendo a sostegno del Consiglio. All’udienza del 14 aprile 2015, i rappresentanti delle parti e i governi ceco, francese, dei Paesi Bassi, spagnolo e del Regno Unito (anche quest’ultimo a sostegno del Consiglio) hanno svolto le proprie difese. In tale occasione, il Consiglio ha dichiarato che, se la decisione impugnata venisse annullata, esso non si opporrebbe alla richiesta della Commissione di conservarne gli effetti fino all’adozione di una nuova decisione. All’udienza, sono state altresì affrontate le questioni relative alla ricevibilità.

 Valutazione

36.      Come ho dichiarato, ritengo che il ricorso del Consiglio sia irricevibile – per ragioni, che esporrò di seguito, relative alla mancanza di un atto impugnabile tempestivamente impugnato. La ricevibilità di un ricorso è una questione che spetta alla Corte accertare d’ufficio (6). In linea di principio, e secondo ogni logica, essa deve essere accertata prima di passare al merito della causa. Tuttavia, la questione è stata occasionalmente aggirata ove, sebbene la ricevibilità del ricorso apparisse dubbia, la Corte ha ritenuto preferibile emettere una sentenza nel merito (7).

37.      Non propongo un tale modus operandi nella presente causa, in quanto ritengo che le norme sulla ricevibilità debbano essere applicate in maniera uniforme e non discriminatoria. Tuttavia, riconosco l’interesse delle parti ad ottenere una chiara statuizione sulla tematica rilevante della misura delle loro rispettive competenze e obblighi, come stabiliti dai trattati, in una situazione quale quella che ha dato origine alla controversia. Passerò pertanto a tali questioni dopo aver esposto le mie considerazioni, che ritengo debbano prevalere, sulla ricevibilità.

 Ricevibilità

38.      Il ricorso del Consiglio si fonda sugli articoli 263 e 264 TFUE; esso chiede il sindacato, da parte della Corte, della legittimità di un atto della Commissione e la dichiarazione di nullità di quest’ultimo. In siffatto procedimento trovano applicazione l’articolo 21 dello Statuto e gli articoli 120 e 122 del regolamento di procedura della Corte.

39.      Nel suo ricorso, il Consiglio chiede l’annullamento della «decisione della Commissione del 29 novembre 2013» di presentare una dichiarazione scritta all’ITLOS in nome dell’UE nel procedimento n. 21. Tale «decisione» non è allegata in nessuna forma al ricorso, semplicemente si dà prova che la dichiarazione scritta è stata di fatto presentata all’ITLOS il 29 novembre 2013 e che lo stesso giorno il Consiglio ne è stato informato.

40.      Tuttavia, l’atto di cui il Consiglio chiede esclusivamente ed espressamente l’annullamento è la decisione di presentare una dichiarazione scritta. Il Consiglio dichiara espressamente, in una nota alle conclusioni del suo ricorso e di nuovo nella sua replica, che esso non chiede l’annullamento della dichiarazione della Commissione all’ITLOS.

41.      Se la Commissione ha di fatto adottato il 29 novembre 2013 una decisione di presentare una dichiarazione scritta, quest’ultima poteva solo consistere, sembrerebbe, in una decisione implicita, poiché non risulta essere stata espressa in alcun documento e nemmeno enunciata oralmente.

42.      Mi sembra evidente, tuttavia, che una siffatta decisione non è stata adottata. Il 5 agosto 2013, la Commissione ha adottato una decisione espressa e motivata di presentare una dichiarazione scritta all’ITLOS nel procedimento n. 21 e ha dato istruzioni al proprio servizio legale di dare efficacia a tale decisione. Non era necessaria nessun’altra decisione al fine di presentare tale dichiarazione. Né vi è alcuna prova nel fascicolo del procedimento che una siffatta decisione sia stata adottata, in forma scritta o meno. Non vi è neanche la minima indicazione che la Commissione il 29 novembre 2013 abbia deciso di intraprendere azioni che non avesse già stabilito in tale decisione precedente. Sono riscontrabili solo la circostanza, non contestata, che la dichiarazione è stata di fatto presentata, e un messaggio di posta elettronica della Commissione che informa il Consiglio di tale dichiarazione.

43.      Se nessuna decisione è stata adottata il 29 novembre 2013, essa non può essere annullata – né i suoi effetti possono essere conservati fino all’adozione di una nuova decisione. La mancanza di un atto impugnabile costituisce motivo di irricevibilità di ordine pubblico ai sensi dell’articolo 150 del regolamento di procedura della Corte (8). Lo stesso vale, a fortiori, per la mancanza di un qualsiasi atto.

44.      Lo scopo della procedura di cui agli articoli 263 e 264 TFUE è quello di ottenere un accertamento circa la nullità (o meno) di un atto avente effetti giuridici. Un siffatto accertamento sarebbe privo di senso, e una perdita di tempo per i giudici, se non potesse avere alcun effetto concreto. La procedura non è finalizzata all’emissione di una mera dichiarazione astratta del diritto che disciplina le relazioni tra le istituzioni, sebbene naturalmente tali dichiarazioni siano probabilmente parte integrante della motivazione necessaria per statuire sulla validità di un atto (9). La procedura di annullamento non può essere utilizzata al fine di ottenere una siffatta pronuncia in mancanza di qualsiasi atto il cui annullamento sia in grado di incidere su qualsiasi posizione giuridica. Di conseguenza, le istituzioni devono esaminare attentamente le loro posizioni procedurali prima di presentare ricorsi alla Corte che potrebbero non soddisfare i requisiti dei trattati, dello Statuto o del regolamento di procedura.

45.      Ritengo, tuttavia, che l’obiettivo del Consiglio sia quello di impugnare la decisione di principio della Commissione di presentare una dichiarazione scritta all’ITLOS senza prima aver ottenuto l’approvazione del Consiglio. Ciò sembrerebbe comportare che esso avrebbe dovuto chiedere l’annullamento della decisione del 5 agosto 2013, con la quale è stata adottata tale decisione di principio.

46.      Se il Consiglio avesse agito in tal senso, in base al sesto paragrafo dell’articolo 263 TFUE, il termine di due mesi per la proposizione del ricorso («prorogat[o] di un termine forfettario fissato in ragione della distanza, pari a dieci giorni», ai sensi dell’articolo 51 del regolamento di procedura della Corte) avrebbe cominciato a decorrere dal giorno in cui esso era venuto a conoscenza della decisione del 5 agosto 2013.

47.      Secondo la Commissione, tale decisione non è stata notificata né comunicata al Consiglio. Tuttavia, il Consiglio ne è stato chiaramente ed espressamente informato, come anche del suo contenuto, nel paragrafo introduttivo del primo documento di lavoro della Commissione del 22 ottobre 2013 (10), che è stato discusso nel corso delle riunioni dei gruppi di lavoro FISH e COMAR, rispettivamente il 24 e il 30 ottobre 2013, quando il Consiglio era necessariamente a conoscenza della decisione del 5 agosto 2013. Qualsiasi eventuale dubbio relativo all’interpretazione di tale decisione da parte della Commissione e alle modalità con cui intendeva attuarla è svanito all’esito di tali riunioni. La posizione della Commissione era chiara e non ambigua: non avrebbe presentato alcuna bozza di dichiarazione per la previa approvazione del Consiglio.

48.      Il Consiglio non ha chiesto l’annullamento della decisione del 5 agosto 2013 entro 2 mesi e 10 giorni dall’ultima data utile in cui poteva avere conoscenza di tale decisione e non ha depositato il suo ricorso nel presente procedimento fino al 10 febbraio 2014.

49.      Cionondimeno, sono ben consapevole del fatto che entrambe le parti del ricorso desiderano effettivamente una decisione sulle rispettive competenze e prerogative, come anche gli Stati membri intervenienti. Riconosco altresì che una siffatta determinazione del diritto è di vitale importanza per l’azione di rappresentanza esterna dell’UE e che la Corte ha in passato affrontato questioni di merito comparabili anche in presenza di forti indicazioni di irricevibilità. Pertanto, passo ora ad esaminare le questioni di merito che sorgono in circostanze quali quelle della presente causa, ma in tale ambito non tratterò la questione se la decisione della Commissione di presentare una dichiarazione scritta all’ITLOS nel procedimento n. 21 debba essere annullata – una questione a cui ritengo non si possa rispondere nel presente procedimento, per le ragioni che ho esposto.

 Merito

 Osservazioni preliminari

50.      In primo luogo è necessario affrontare due aspetti preliminari della presente causa: se sia necessario risolvere la questione se l’UE abbia competenza esclusiva o condivisa in relazione alle questioni sollevate dinanzi all’ITLOS; e l’esatta portata della doglianza del Consiglio.

51.      In primo luogo, quanto alla competenza esclusiva o condivisa: il Consiglio accetta che le questioni poste riguardino, almeno in parte, tematiche che rientrano nella competenza esclusiva dell’UE relativa alla conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera d), TFUE. Tuttavia, il Consiglio sostiene che la questione preliminare se l’ITLOS abbia giurisdizione per emettere pareri consultivi rientri interamente nella competenza degli Stati membri. La Commissione sostiene che l’UE abbia la competenza esclusiva in relazione alle questioni poste, e che l’UE sia altresì competente a prendere posizione sulla portata della giurisdizione dell’ITLOS.

52.      È pacifico che l’UE, in quanto parte contraente dell’UNCLOS, possa esprimersi dinanzi all’ITLOS (11). Come ha correttamente rilevato il governo francese, la questione centrale nella presente causa è se la decisione sulla posizione dell’UE dinanzi a tale tribunale sia di competenza della Commissione o del Consiglio. Tale questione non è connessa alla questione della ripartizione dei poteri tra l’UE e gli Stati membri; e il Consiglio non ha sollevato alcuna doglianza su tale tematica. Pertanto ritengo che la Corte non debba affrontare quest’ultima questione.

53.      In secondo luogo, ci si chiede quale sia l’esatta portata della doglianza del Consiglio.

54.      Posto nel modo più semplice possibile: il Consiglio chiede alla Corte di stabilire a quale istituzione spetti, ai sensi dei trattati, decidere (diversamente da esprimere) in merito alla posizione dell’UE dinanzi all’ITLOS in procedimenti consultivi.

55.      Il Consiglio non afferma che le sue prerogative comprendano la rappresentanza dell’UE dinanzi all’ITLOS o in qualsiasi altro procedimento giurisdizionale internazionale. Esso riconosce che tale competenza spetti alla Commissione ai sensi dell’articolo 335 TFUE (letto singolarmente o in combinato disposto con l’articolo 17, paragrafo 1, TUE) (12). Diversa, tuttavia, è la questione di quale istituzione sia competente a decidere riguardo alla posizione poi espressa dalla Commissione in nome dell’UE dinanzi ad un organo giurisdizionale quale l’ITLOS.

56.      Nel prosieguo delle presenti conclusioni, in primo luogo esaminerò in successione se (i) l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE si applichi alla presentazione di dichiarazioni scritte in procedimenti giurisdizionali internazionali in cui l’UE sia legittimata a partecipare; e (in caso di risposta negativa) se (ii) l’articolo 16, paragrafo 1, TUE costituisca la base giuridica per riservare al Consiglio la competenza a decidere sulla presentazione di tali dichiarazioni. Esaminerò poi il dovere di leale cooperazione. Infine, tratterò dell’ambito e dei limiti dell’articolo 335 TFUE, che la Commissione ha invocato come base giuridica per la presentazione della dichiarazione scritta all’ITLOS.

 Primo capo del primo motivo: articolo 218, paragrafo 9, TFUE

57.      Con il primo capo del primo motivo, il Consiglio sostiene che la Commissione ha violato le sue prerogative di cui all’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, ai sensi del quale il Consiglio stabilisce, su proposta della Commissione, le posizioni da adottare a nome dell’UE in un organo istituito da un accordo, se tale organo deve adottare atti che hanno effetti giuridici. Il Consiglio sostiene che l’ITLOS, anche quando ad esso viene richiesto di emettere un parere consultivo, è un «organo» ai sensi di tale disposizione e adotta atti che hanno effetti giuridici (anche se tali effetti non sono vincolanti). Inoltre, il Consiglio sostiene che, dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, diversamente dal suo antecedente normativo, l’articolo 300, paragrafo 2, CE, non costituisce più lex specialis in relazione alla procedura per la negoziazione, la firma e la conclusione di accordi internazionali, ma deve piuttosto essere letto come disposizione a sé stante.

58.      La Commissione contesta l’applicazione dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE all’intervento dell’UE in procedimenti giurisdizionali internazionali. Essa interpreta tale disposizione nel senso che si applica agli organi legislativi che svolgono funzioni di formazione dei trattati e/o quasi legislative stabilite da un accordo internazionale al fine di consentire che tale accordo sia attuato tramite l’adozione di una serie di decisioni nell’ambito di esso. Il termine «organo» di cui all’articolo 218, paragrafo 9, TFUE non ricomprende gli organi che esercitano funzioni giurisdizionali perché tali funzioni non comportano la creazione di nuove norme. Inoltre, l’espressione «in un organo» indica chiaramente che le posizioni espresse dall’UE dinanzi ad un giudice esulano dall’ambito dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE.

59.      Esaminerò in primo luogo il testo dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, prima di passare alla sua genesi, al suo contesto e ai suoi obiettivi.

60.      L’articolo 218, paragrafo 9, TFUE si applica solo ove debba essere adottata una posizione a nome dell’UE «in un organo istituito da un accordo» e, in via di principio, «se tale organo deve adottare atti che hanno effetti giuridici».

61.      A mio avviso, il primo capo del primo motivo del Consiglio deve cadere perché quando l’UE partecipa a procedimenti giurisdizionali internazionali, quali i procedimenti consultivi dell’ITLOS, non sta adottando una posizione in un organo (comunque esso possa essere caratterizzato) chiamato a risolvere controversie rientranti nella sua giurisdizione o emettere un parere su questioni puramente interpretative.

62.      In tali circostanze, né l’UE né qualsiasi altra parte legittimata a comparire dinanzi ad un tale organo prende parte all’organismo che delibera. Né partecipa all’adozione di una sentenza o di qualsiasi altro tipo di decisione giurisdizionale. Piuttosto, una parte esprime la propria posizione sulla questione rimessa all’organo attraverso dichiarazioni (orali e/o scritte) «a» (o «dinanzi a») tale organo con l’obiettivo di influire sull’esito del procedimento.

63.      Le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (in prosieguo: l’«OMC») relative alla risoluzione delle controversie illustrano in modo chiaro la linea di demarcazione tra la situazione in cui la posizione a nome dell’UE è adottata «in» seno a un organo (a cui si applica l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE) e la situazione in cui ciò non accade. Mentre tutti i membri dell’OMC, compresa l’UE, sono rappresentati e prendono parte al processo decisionale dell’organo di conciliazione (Dispute Settlement Body; in prosieguo: il «DSB»), anche quando il DSB adotta relazioni di comitati e dell’organo di impugnazione (affinché diventino giuridicamente vincolanti) (13), essi non partecipano all’esercizio delle (rispettive) giurisdizioni dei comitati e dell’organo di impugnazione.

64.      Tale interpretazione è coerente con la sentenza della Corte nella causa C‑399/12 (in prosieguo: la «causa OIV»). La Corte ha statuito che l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE si applica nell’ambito delle raccomandazioni, in relazione alla politica agricola comune, da sottoporre al voto dell’Assemblea generale dell’Organizzazione internazionale della vigna e del vino (in prosieguo: l’«OIV»), nonostante il fatto che l’UE (diversamente dai suoi Stati membri) non possa formalmente partecipare all’organo governativo dell’OIV perché non è membro dell’OIV. La Corte ha specificamente richiamato la sua giurisprudenza secondo la quale, quando l’ambito interessato appartiene a una sfera di competenza dell’UE, la circostanza che l’UE non sia parte dell’accordo internazionale in questione non le impedisce di esercitare detta competenza stabilendo, nel quadro delle sue istituzioni, una posizione da adottare a suo nome nell’organismo istituito da tale accordo, segnatamente tramite gli Stati membri parti di detto accordo, che agiscono congiuntamente nel suo interesse (14). La posizione dell’UE relativa alle raccomandazioni che l’Assemblea generale dell’OIV deve adottare era pertanto espressa «in» seno a tale organo dagli Stati membri che agivano collettivamente nell’interesse dell’UE.

65.      Sebbene l’espressione «se tale organo deve adottare atti che hanno effetti giuridici» fornisce il contesto per interpretare l’espressione «in un organo istituito da un accordo» (in quanto chiarisce che l’ambito dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE è circoscritto alle situazioni in cui tale organo adotta atti che hanno effetti giuridici), essa non può essere utilizzata per affermare che l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE si applica anche quando l’UE partecipa a procedimenti giurisdizionali internazionali. Accetto che tali sentenze e altre decisioni giurisdizionali possano certamente essere «atti che hanno effetti giuridici». Mentre nella terminologia del Trattato, il termine «atto» non viene tipicamente utilizzato per indicare l’esito di procedimenti giurisdizionali (15), la stessa Corte ha già utilizzato il termine «acte juridictionnel» per descrivere la decisione di un giudice (16). Inoltre, mentre un parere consultivo non ha esattamente gli stessi effetti giuridici di una decisione giurisdizionale vincolante sull’interpretazione e sull’applicazione di un accordo internazionale (o di qualsiasi altra norma di diritto internazionale che forma parte del diritto applicabile che disciplina una controversia e rispetto alla quale la giurisdizione è accertata), concordo con la Commissione sul fatto che l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE non precisa che gli effetti giuridici di un atto debbano essere vincolanti. Tale era anche la posizione della Corte nella causa OIV, in cui quest’ultima ha dichiarato che raccomandazioni (non vincolanti) OIV potessero incidere in modo determinante sul contenuto della normativa dell’UE che disciplina l’organizzazione comune dei mercati vitivinicoli e che tali raccomandazioni, segnatamente stante il loro inserimento nel diritto dell’Unione, avessero effetti giuridici (17). Sarei pertanto disposta a ritenere che un parere consultivo dell’ITLOS sia in grado di costituire un «att[o] che [ha] effetti giuridici» perché esso contiene un’interpretazione da parte dell’organo che ha il potere di fornirla e caratterizza il significato degli obblighi assunti ai sensi dell’UNCLOS e di altri accordi per la cui interpretazione è competente l’ITLOS, quali l’accordo delle Nazioni Unite sugli stock ittici.

66.      Tuttavia, tale ampia accezione dell’espressione «atti che hanno effetti giuridici», considerata isolatamente, non può modificare il significato dell’espressione «in un organo istituito da un accordo» fino a ricomprendervi situazioni in cui l’UE non partecipa all’adozione di tali atti da parte di un organo.

67.      Rilevo anche che l’articolo 218, paragrafo 7, TFUE consente, «in deroga» all’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, un’ulteriore semplificazione della procedura, accordando al Consiglio il potere di abilitare il negoziatore ad approvare a nome dell’UE le modifiche dell’accordo se quest’ultimo ne prevede l’adozione con una procedura semplificata o da parte di un organo istituito dall’accordo stesso.

68.      Tale deroga è ragionevole se gli atti a cui si fa riferimento nell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, sono negoziati dalle parti contraenti «[nell’]»organo istituito dall’accordo. Ma il contesto è evidentemente quello della negoziazione e approvazione di testi che avranno effetti giuridici, piuttosto che quello di procedimenti giurisdizionali internazionali in cui tali atti vengono interpretati.

69.      L’interpretazione che propongo dei termini «in un organo» è confermata altresì dalla genesi dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE.

70.      Tale genesi mostra che l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE è stato incluso perché molti accordi internazionali bilaterali o multilaterali, attraverso i quali l’UE ha assunto obblighi nei confronti di Stati terzi o di altre organizzazioni internazionali, istituivano organi incaricati di attuare gli accordi e autorizzati ad adottare decisioni che avevano effetti giuridici (vincolanti) per le parti contraenti. Un esempio risalente è il Consiglio di associazione CEE‑Turchia (18), le cui decisioni relative ai diritti dei lavoratori turchi possono, secondo la Corte, essere direttamente efficaci nell’ordinamento giuridico dell’UE (19). Lo status di tali decisioni è pertanto generalmente assimilato a quello degli accordi internazionali sottostanti, ed esse possono di conseguenza essere considerate come ulteriore fonte di diritto dell’UE (20).

71.      Prima dell’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, non vi era una disposizione di trattato specifica che stabiliva la procedura per decidere sulla posizione dell’(allora) CE in tali organi decisionali. A meno che non venissero adottati accordi ad hoc tra le istituzioni, veniva normalmente utilizzata la procedura di cui all’articolo 228 CE per la conclusione di accordi internazionali (21).

72.      Tale situazione è stata considerata insoddisfacente, perché la procedura per la conclusione di accordi internazionali richiedeva il previo consenso o la previa consultazione del Parlamento europeo ed era pertanto piuttosto elaborata. La Commissione ha pertanto suggerito di utilizzare una procedura semplificata, limitando il coinvolgimento del Parlamento europeo, in modo da consentire una partecipazione più efficace dell’UE agli organi decisionali creati da accordi internazionali (22). Il Trattato di Amsterdam ha parzialmente raggiunto tale obiettivo con la modifica dell’articolo 228 CE (che è diventato l’articolo 300 CE) e con l’aggiunta di un secondo sottoparagrafo all’articolo 300, paragrafo 2, CE (che è l’antecedente normativo dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE). Ciò ha stabilito una procedura semplificata, nella quale non era richiesto alcun consenso o consultazione del Parlamento europeo affinché il Consiglio decidesse sulle «posizioni da adottare a nome della Comunità in un organismo istituito da un accordo (...) se tale organismo deve adottare decisioni che hanno effetti giuridici (…)». Tuttavia, l’ambito di applicazione ratione materiae del secondo sottoparagrafo dell’articolo 300, paragrafo 2, CE era circoscritto agli accordi di associazione conclusi dall’UE. Inoltre, la consultazione o il consenso del Parlamento europeo erano ancora necessari quando i consigli di associazione dovevano adottare «decisioni che integrano o modificano il quadro istituzionale dell’accordo».

73.      Il Trattato di Nizza ha esteso l’ambito di applicazione ratione materiae della disposizione, affinché la procedura semplificata potesse essere utilizzata per decidere sulla posizione da adottare da parte della Comunità in organi istituiti da qualsiasi accordo internazionale. Questa è la situazione attuale.

74.      Non posso pertanto accettare la tesi che l’articolo 218, paragrafo 9, sia una disposizione a sé stante, come suggerisce il Consiglio. La sua genesi mostra chiaramente che esso è parte integrante delle norme applicabili alla conclusione di accordi internazionali. Il suo obiettivo rimane identico a quello dell’articolo 300, paragrafo 2, CE. Esso consente all’UE di utilizzare una procedura semplificata per prendere parte al processo decisionale di organi istituiti da un accordo internazionale che devono adottare atti che hanno effetti giuridici, a meno che gli atti in questione integrino o modifichino il quadro istituzionale dell’accordo (nel qual caso è necessario il previo coinvolgimento del Parlamento europeo) (23).

75.      L’interpretazione che propongo sulla base tanto del testo quanto della genesi dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE è, pertanto, confermata dal regime complessivo di tale disposizione.

76.      Infine, richiamo l’attenzione su talune conseguenze giuridiche e pratiche che deriverebbero dalla conclusione che l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE si applica alla presentazione di dichiarazioni nell’ambito di procedimenti giurisdizionali internazionali.

77.      In primo luogo, sulla base di tale interpretazione, non sarebbero più ammissibili le disposizioni attualmente presenti nel diritto derivato dell’UE che autorizzano la Commissione ad avviare procedimenti di risoluzione di controversie dopo aver solamente consultato o informato gli Stati membri.

78.      Tra le disposizioni in tal modo invalidate vi sarebbe l’articolo 3 della decisione 98/414 (24) e l’articolo 13 del regolamento (CE) n. 3286/94 del Consiglio, come modificato (il regolamento sugli ostacoli agli scambi; in prosieguo: il «TBR») (25). Più in generale, la discrezionalità di cui la Commissione attualmente gode nell’intraprendere azioni presso l’OMC e nel parteciparvi sarebbe ovviamente limitata (26).

79.      In secondo luogo, poiché i procedimenti giurisdizionali sono soggetti all’osservanza di termini procedurali tassativi (diversamente dalla situazione che normalmente si verifica nel corso della negoziazione di atti da adottare da parte di organi decisionali), vi è il rischio che il Consiglio non sia in grado raggiungere la maggioranza qualificata (27) in relazione alla posizione dell’UE in modo sufficientemente rapido da consentire che vengano intraprese azioni in nome dell’UE. Ciò tenderebbe a ridurre la capacità dell’UE di influenzare l’interpretazione e l’applicazione degli accordi internazionali di cui è firmataria. Tale esito si porrebbe in contrasto con l’attuale approccio della Corte relativo al coinvolgimento dell’UE come attore internazionale, esemplificato nella causa OIV (28).

80.      Concludo che, poiché l’UE non partecipa al processo decisionale nei procedimenti giurisdizionali internazionali, l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE non è diretto a ricomprendere la situazione in cui l’UE presenti dichiarazioni scritte o orali in tali procedimenti. Non è, pertanto, necessario considerare più dettagliatamente le ulteriori condizioni per l’applicazione dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE (29). Propongo pertanto che il primo capo del primo motivo del Consiglio venga respinto.

 Secondo capo del primo motivo: articolo 16, paragrafo 1, TUE

81.      Il Consiglio sostiene, ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, TUE, di essere responsabile della definizione delle politiche dell’UE. La funzione della Commissione, ai sensi dell’articolo 17 TUE, è di dare esecuzione a tali politiche una volta definite e, in tale ambito, di assicurare (ove necessario) la rappresentanza esterna dell’UE. Sebbene il Consiglio riconosca che spetta alla Commissione rappresentare l’UE dinanzi all’ITLOS ai sensi dell’articolo 335 TFUE, che riflette specificamente l’articolo 17, paragrafo 1, sesta frase, TUE, rientra nelle prerogative esclusive del Consiglio determinare se l’UE debba esprimere una posizione e, in tal caso, definire il contenuto di tale posizione o almeno definirne le linee generali. Di conseguenza, avendo presentato dichiarazioni scritte all’ITLOS senza l’approvazione del Consiglio, la Commissione avrebbe violato le prerogative del Consiglio ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, TUE. La Commissione replica che il Consiglio trascura la distinzione tra rappresentanza esterna a fini politici (a cui si applica la sesta frase dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE e in relazione alla quale l’articolo 16, paragrafo 1, può essere rilevante se non è ancora stata definita alcuna politica dell’UE) e rappresentanza dell’UE dinanzi ad un tribunale internazionale (a cui si applica la seconda frase dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE congiuntamente all’articolo 335 TFUE).

82.      A mio avviso, l’accoglimento di questo capo del primo motivo del Consiglio dipende da se in primo luogo, la decisione sulla posizione dell’UE in procedimenti giurisdizionali internazionali rientri nel contesto della definizione di politiche e se, in secondo luogo, lo svolgimento di tali funzioni sia «stabilit[o] nei trattati».

83.      Quanto alla prima di tali condizioni, il Consiglio, sostenuto da taluni Stati membri intervenienti, sostiene che la decisione di presentare una dichiarazione scritta all’ITLOS era una decisione politica. L’UE non aveva alcun obbligo di partecipare ai procedimenti. Poiché la risposta corretta alla domanda di parere consultivo non può essere oggettivamente e imparzialmente dedotta dai testi rilevanti (in particolare, l’UNCLOS), qualsiasi dichiarazione da parte dell’UE comporta scelte politiche, anche con riferimento alle questioni preliminari relative alla giurisdizione generale dell’ITLOS e alla ricevibilità della domanda di parere consultivo.

84.      Riconosco che qualsiasi atto di un’istituzione dell’UE, specialmente nelle relazioni esterne, possa avere conseguenze politiche. Allo stesso modo, le dichiarazioni presentate in procedimenti giurisdizionali (internazionali) sono, per loro stessa natura, dirette ad influenzare la decisione risultante da tali procedimenti. A seconda delle norme che disciplinano i procedimenti giurisdizionali internazionali, una parte legittimata ad intervenire può, ad esempio, contestare la giurisdizione, esprimere dubbi quanto alla ricevibilità di taluna o di tutte le questioni sollevate, suggerire risposte a taluna o a tutte tali questioni, ovvero focalizzarsi su un argomento piuttosto che su un altro.

85.      Tuttavia, a mio avviso, ciò non comporta necessariamente che le dichiarazioni presentate in procedimenti giurisdizionali internazionali rientrino nelle «funzioni di definizione delle politiche» ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, TUE (30).

86.      Nella presente causa, il Consiglio ha già esercitato il suo ruolo di «definizione delle politiche» nell’ambito dell’UNCLOS prima che la Commissione presentasse una dichiarazione scritta all’ITLOS.

87.      In primo luogo, l’UE è diventata parte tanto dell’UNCLOS quanto degli accordi di partenariato per la pesca con cinque degli Stati CSRP descritti sopra, conformemente a procedure in cui il Consiglio ha svolto pienamente il ruolo ad esso riservato dai trattati (31). Di conseguenza essa ha, in particolare, accettato di essere vincolata alle loro disposizioni di risoluzione delle controversie (32) e, più in generale, a disposizioni relative alla competenza giurisdizionale per interpretarle. Ai sensi dell’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, tali accordi internazionali vincolano l’UE e formano parte integrante del diritto dell’UE (33).

88.      In secondo luogo, l’UE ha adottato una vasta gamma di norme interne che riprendono gli aspetti sostanziali di tali accordi. In particolare, come ha rilevato la Commissione, disposizioni del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio relativo alla pesca INN, quali quelle che definiscono la «pesca illegale», sono costruite sulla base di norme internazionali preesistenti (34).

89.      Queste sono le scelte di «definizione delle politiche» che il Consiglio ha effettuato ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, TUE e delle specifiche norme procedurali dei trattati che tutelano le prerogative del Consiglio con riferimento alla negoziazione, alla firma e alla conclusione di accordi internazionali.

90.      Il successivo chiarimento e la successiva applicazione di impegni dell’UE esistenti ai sensi del diritto internazionale attraverso procedimenti giurisdizionali, compresi i procedimenti consultivi dell’ITLOS, rappresentano in molti casi semplicemente le conseguenze delle precedenti scelte «di politica» del Consiglio e pertanto non richiedono la definizione di una nuova politica.

91.      Sebbene questa sia la presente situazione, sarei restia ad accettarne l’immutabilità. Pertanto, non è imprevedibile che, nell’ambito di procedimenti giurisdizionali internazionali cui l’UE è legittimata a partecipare, essa possa avere la necessità di adottare una posizione su una questione che non sia già coperta da impegni dell’UE esistenti ai sensi del diritto internazionale, da interpretare (e applicare) in tali procedimenti, né da qualsiasi altra norma di diritto internazionale su cui l’UE ha già adottato una posizione. In tali circostanze, sarebbe necessario rispettare le prerogative del Consiglio. Tuttavia, ritengo che il procedimento ITLOS di cui trattasi, e le dichiarazioni presentate dall’UE, riguardino questioni che sorgono nell’ambito dell’operatività dell’UNCLOS e dell’accordo delle Nazioni Unite sugli stock ittici.

92.      Quanto alla seconda condizione da cui dipende il presente capo del motivo del Consiglio, ritengo che, in ogni caso, il Consiglio non possa invocare la seconda frase dell’articolo 16, paragrafo 1, TUE presa isolatamente rispetto a qualsiasi altra disposizione dei trattati.

93.      Interpreto l’espressione «alle condizioni stabilite nei trattati» nel senso necessario che le funzioni del Consiglio di definizione delle politiche non possono essere esercitate senza una separata disposizione (o, se del caso, una serie di disposizioni) nei trattati che conferisca tale potere, rispettando in tal modo il principio di attribuzione.

94.      Non ritengo, tuttavia, che l’assenza di un’altra disposizione nei trattati che stabilisca il ruolo del Consiglio con riferimento all’adozione di specifici strumenti attraverso i quali l’UE agisce esternamente – e attraverso i quali può essere data efficacia alle politiche dell’UE – sia un ostacolo all’esercizio delle prerogative del Consiglio ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, TUE per decidere sulle politiche dell’UE nelle relazioni esterne ove non esistano ancora politiche sufficienti. Se così fosse, l’UE potrebbe essere seriamente ostacolata nei suoi sforzi di agire efficacemente. Infatti, i trattati non contengono disposizioni separate rispetto a molti strumenti di azione esterna attraverso i quali l’UE, dotata di personalità giuridica internazionale, può agire (35). Un’efficace azione esterna dell’UE deve nondimeno potersi basare sull’utilizzo di diversi strumenti e, in ciò, le prerogative del Consiglio devono essere rispettate.

95.      Aggiungo che, ove i trattati abbiano stabilito le norme procedurali nell’ambito delle quali il Consiglio deve agire con riferimento ad un particolare strumento di azione esterna dell’UE, il Consiglio non può far valere l’articolo 16, paragrafo 1, TUE per inficiare tali norme (36). La Corte ha confermato che consegue all’articolo 13, paragrafo 2, TFUE che le regole relative alla formazione della volontà delle istituzioni dell’UE trovano la loro fonte nei Trattati e che esse non sono derogabili né dagli Stati membri né dalle stesse istituzioni (37).

96.      Ciò posto, come ho già spiegato in precedenza, la decisione sulla posizione dell’UE in procedimenti giurisdizionali internazionali non richiedeva qui che il Consiglio esercitasse ulteriormente le sue prerogative.

97.      Concludo che il secondo capo del primo motivo del Consiglio deve essere respinto.

 Secondo motivo: articolo 13, paragrafo 2, TUE

98.      Con il secondo motivo, il Consiglio sostiene che il modus operandi della Commissione viola in modo evidente il principio di leale cooperazione stabilito nella seconda frase dell’articolo 13, paragrafo 2, TUE. Il Consiglio afferma che la Commissione abbia omesso: (i) di presentare, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, una proposta per una decisione del Consiglio che definisse la posizione dell’UE da esprimere dinanzi all’ITLOS, (ii) di cooperare con il Consiglio quanto alla definizione del contenuto della dichiarazione da presentare e (iii) di prendere in considerazione l’opinione del Consiglio – secondo la quale, in mancanza di una posizione dell’UE accolta dal Consiglio, non può essere presentata all’ITLOS alcuna dichiarazione scritta – annunciando alla riunione del Coreper del 27 novembre 2013 che avrebbe proceduto con la presentazione della dichiarazione e nell’eseguire poi esattamente quanto annunciato due giorni dopo. Per parte sua, la Commissione sottolinea di aver tenuto il Consiglio pienamente informato in ogni momento e, per quanto possibile, di aver preso in considerazione le osservazioni dettagliate dei singoli Stati membri nel predisporre la dichiarazione scritta che ha presentato all’ITLOS.

99.      Il dovere di leale cooperazione reciproca ai sensi della seconda frase dell’articolo 13, paragrafo 2, TFUE trova applicazione nel rispetto dei limiti dei poteri conferiti a ciascuna istituzione nei Trattati (38). Pertanto, ove i trattati prevedano che la Commissione sia competente ad agire senza l’approvazione del Consiglio, il dovere della Commissione di cooperare con il Consiglio non può estendersi fino a precludere l’azione della Commissione.

100. A mio avviso, i capi primo e terzo del secondo motivo del Consiglio dipendono dalla presunzione secondo la quale, sulla base di una corretta interpretazione dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, la Commissione avrebbe avuto bisogno della previa autorizzazione del Consiglio al fine di presentare dichiarazioni scritte nei procedimenti consultivi dell’ITLOS, e nessun grado di consultazione o di leale cooperazione avrebbe potuto rimediare a tale violazione. Tuttavia, se – come ho concluso – l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE non richiedeva che la Commissione ottenesse una tale previa autorizzazione, la Commissione, non avendo agito per ottenerla, non può aver violato il proprio dovere di leale cooperazione.

101. Quanto al secondo capo, ritengo che i fatti a disposizione mostrino che, nel corso della predisposizione della dichiarazione, la Commissione ha, invero, consultato gli Stati membri e il Consiglio e ha preso in considerazione le loro osservazioni (comprese quelle relative alla giurisdizione dell’ITLOS) (39) prima di presentare la dichiarazione scritta in nome dell’UE entro il termine indicato dall’ITLOS.

102. Per tali ragioni ritengo pertanto che anche il secondo motivo debba essere respinto.

 Questione aggiuntiva: articolo 17, paragrafo 1, TUE e articolo 335 TFUE

103. Se l’articolo 16, paragrafo 1, TUE e l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE non trovano applicazione, il ricorso del Consiglio deve essere respinto: almeno ai sensi di tali disposizioni il Consiglio aveva già adottato la relativa posizione; e non era competente a decidere sulla presentazione della dichiarazione scritta di cui trattasi. Ma ci si chiede se tale conclusione comporti anche che la decisione di presentare la dichiarazione fosse correttamente fondata, come sostiene la Commissione, sull’articolo 335 TFUE (letto in combinato disposto con l’articolo 17, paragrafo 1, TUE) e se pertanto rientrasse nella competenza della Commissione, oppure, qualora l’articolo 335 TFUE non trovi applicazione, se la Commissione fosse comunque competente, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, ad adottare tale decisione. Affronterò ora tali questioni.

104. A mio avviso, poiché la relativa posizione dell’UE esiste già, spetta allora alla Commissione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, dare esecuzione a tale posizione dandole efficacia e rappresentando tale posizione sulla scena internazionale (anche in procedimenti giurisdizionali internazionali). Dopotutto è compito della Commissione promuovere l’interesse generale dell’UE e vigilare sull’applicazione dei trattati e delle disposizioni adottate in virtù di essi (40).

105. Se l’articolo 335 TFUE è la mera espressione specifica, con riferimento alla rappresentanza dell’UE, del principio generale stabilito dall’articolo 17, paragrafo 1, TUE, esso, letto in combinato disposto con l’articolo 17, paragrafo 1, TUE, attribuirebbe alla Commissione la competenza di decidere sulle dichiarazioni scritte quali quelle di cui trattasi nella presente causa.

106. Nella sentenza Reynolds Tobacco la Corte ha già dichiarato che l’articolo 282 CE (l’attuale articolo 335 TFUE) costituisca, nonostante l’espressione «[i]n ciascuno degli Stati membri» in tale disposizione, «(…) l’espressione d’un principio generale [e] precis[i] che la Comunità possiede la capacità giuridica e a tal fine è rappresentata dalla Commissione» (41). In tal caso la Corte ha rilevato anche che la Commissione deve vigilare sull’applicazione delle disposizioni del Trattato e delle disposizioni adottate in virtù del Trattato (articolo 211 CE, l’attuale seconda frase dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE). Di conseguenza, la Corte ha respinto un’impugnazione contro una sentenza del Tribunale di primo grado (42) che aveva dichiarato irricevibile il ricorso di annullamento depositato da produttori di sigarette contro una decisione della Commissione di avviare un procedimento dinanzi ai giudici di uno Stato terzo (gli Stati Uniti) in relazione alla presunta partecipazione di tali produttori ad un sistema di contrabbando sul territorio della Comunità europea. La Commissione aveva avviato tali procedimenti negli Stati Uniti senza la previa approvazione del Consiglio (43).

107. Nella causa Reynolds Tobacco, la competenza della Commissione ai sensi di tali disposizioni era dunque quella di decidere, senza la previa approvazione del Consiglio, di avviare un procedimento dinanzi ai giudici di uno Stato terzo e di definire la portata e la natura dell’azione intrapresa. La Corte sembra aver confermato che tutti tali elementi costituiscono «rappresentanza» dell’UE da parte della Commissione. A mio avviso, ciò comporta necessariamente che la Corte non ha considerato il ruolo della Commissione, in qualità di una delle principali istituzioni dell’UE, paragonabile a quella di un avvocato (la Commissione) che rappresenta il proprio cliente (l’UE).

108. La Corte ha chiarito che la rappresentanza dell’UE da parte della Commissione fa sì che la personalità giuridica dell’UE si manifesti tramite la partecipazione a procedimenti giurisdizionali. Diversamente dal Consiglio e dal governo austriaco, non vedo alcuna ragione valida per cui la competenza della Commissione a rappresentare l’UE debba avere una portata diversa a seconda del foro dinanzi al quale l’UE partecipa come parte in un procedimento giurisdizionale.

109. Né mi convince l’affermazione del Consiglio secondo la quale, al contrario della situazione di cui alla causa Reynolds Tobacco, le dichiarazioni scritte presentate dalla Commissione all’ITLOS non attengono al proprio ruolo di «custode dei trattati» ai sensi della seconda frase dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE.

110. È vero che nella causa Reynolds Tobacco l’azione civile negli Stati Uniti sostanzialmente mirava ad ottenere il risarcimento del danno da parte delle imprese produttrici di tabacco con riferimento alla loro presunta partecipazione al contrabbando di sigarette nella Comunità europea, in tal modo eludendo il pagamento dei dazi doganali e dell’IVA. La Commissione stava pertanto agendo al fine di tutelare l’integrità dell’unione doganale e gli interessi finanziari della Comunità europea (44).

111. Tuttavia, il fatto che, quando ha presentato le dichiarazioni scritte all’ITLOS nel procedimento n. 21, la Commissione non intendesse ottenere conseguenze pratiche immediate analoghe per il funzionamento del mercato interno e per il bilancio dell’UE non significa che essa non stesse agendo conformemente al suo mandato ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE.

112. In primo luogo, anche se i procedimenti consultivi dell’ITLOS hanno natura necessariamente diversa da quella di un’azione civile diretta ad ottenere il risarcimento finanziario del danno, entrambi possono dare esiti che comportano conseguenze nei confronti dell’UE. Entrambi possono pertanto richiedere che la Commissione adotti «le iniziative appropriate» e «promuov[a] l’interesse generale dell’[UE]».

113. In secondo luogo, la Corte ha già confermato che il ruolo della Commissione di «custode dei trattati» comprende l’assicurarsi della corretta applicazione, da parte di uno Stato terzo, degli obblighi che questo ha contratto in forza di un accordo concluso con l’UE, utilizzando i mezzi previsti dall’accordo o dalle decisioni adottate in virtù di quest’ultimo (45), comprese le procedure volte a dirimere controversie (46). In coerenza con ciò, non vedo alcuna ragione di principio per escludere la rappresentanza in procedimenti giurisdizionali internazionali dalla competenza della Commissione.

114. In terzo luogo, le questioni sottoposte all’ITLOS per il suo parere consultivo riguardavano l’interpretazione di un accordo internazionale concluso dall’UE (l’UNCLOS), degli accordi bilaterali per la pesca tra l’UE e Stati terzi (in particolare, cinque Stati membri della CSRP) e dell’accordo delle Nazioni Unite sugli stock ittici. Tutti questi strumenti internazionali formano parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’UE e sono vincolanti per le istituzioni. Inoltre, le questioni specifiche sottoposte riguardavano la tematica della giurisdizione concorrente degli Stati costieri e degli Stati di bandiera per garantire una conservazione sicura delle risorse biologiche del mare, in particolare nell’ambito della lotta alla pesca INN – un’area in cui l’UE ha adottato diritto derivato specifico sulla base di norme internazionali preesistenti (47). Il fatto che, nel corso di tali procedimenti, possano sorgere ulteriori questioni relative a tematiche generali (qui, la giurisdizione dell’ITLOS ad emettere pareri consultivi e la ricevibilità delle questioni sottoposte) è caratteristico di ogni procedimento giurisdizionale.

115. Ritengo pertanto che l’articolo 335 TFUE, letto in combinato disposto con la seconda frase dell’articolo 17, paragrafo 1, TUE, fornisse alla Commissione l’adeguata base giuridica per presentare dichiarazioni scritte e orali all’ITLOS in nome dell’UE.

 Conclusioni

116. Alla luce delle considerazioni che precedono e degli articoli 138 e 140 del regolamento di procedura della Corte relativi alla ripartizione delle spese, propongo alla Corte di:

–        respingere il ricorso del Consiglio dell’Unione europea;

–        condannare il Consiglio a sopportare le proprie spese e quelle della Commissione europea;

–        condannare i governi austriaco, ceco, finlandese, francese, greco, lituano, dei Paesi Bassi, portoghese, spagnolo e del Regno Unito a sopportare le proprie spese.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Firmata a Montego Bay il 10 dicembre 1982, 1833 UNTS 3. V. Decisione 98/392/CE del Consiglio, del 23 marzo 1998, concernente la conclusione, da parte della Comunità europea, della convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 10 dicembre 1982, e dell’accordo del 28 luglio 1994 relativo all’attuazione della parte XI della convenzione (GU L 179, pag. 1).


3 – Decisione 98/414/CE del Consiglio dell’8 giugno 1998 relativa alla ratifica, da parte della Comunità europea, dell’accordo ai fini dell’applicazione delle disposizioni [dell’UNCLOS] relative alla conservazione e alla gestione degli stock ittici transzonali e degli stock ittici altamente migratori (GU L 189, pag. 14).


4 – La Convenzione del 1985, firmata a Dakar, è stata modificata il 14 luglio 1993 a Praia, Capo Verde. Il testo della Convenzione, come modificato, è disponibile solo in francese e può essere consultato sul sito: http://spcsrp.org/Documents.


5 – Decisione C(2013)4989 final (non pubblicata; in prosieguo: la «decisione del 5 agosto 2013»).


6 – V., ad esempio, sentenza Spagna/Consiglio (C‑141/05, EU:C:2007:653), punto 29.


7 – V., ad esempio, sentenza Francia/Commissione, (C‑233/02, EU:C:2004:173), punto 26; v. anche le considerazioni dell’avvocato generale Jacobs nelle sue conclusioni nella causa Italia/Commissione (C‑301/03, EU:C:2005:550), paragrafi da 61 a 81.


8 – Ordinanza Brüggerman/ESC (248/86, EU:C:1987:429), punto 6.


9 – Confrontare, in un contesto differente, il fondamento logico sottostante all’orientamento giurisprudenziale basato sulla sentenza Foglia (104/79, EU:C:1980:73).


10 – Che recita: «Con decisione C(2013)4989 del 5 agosto 2013 la Commissione ha deciso di presentare osservazioni per conto dell’[UE] sulla domanda di un ente sub regionale (…) di parere consultivo [all’ITLOS]. Conformemente al principio di leale cooperazione il gruppo di lavoro del Consiglio competente deve essere informato».


11 – V. supra, paragrafi 8 e 9.


12 – Per contro, taluni Stati membri intervenienti affermano che l’articolo 335 TFUE non sia applicabile nella presente causa, in particolare perché il testo di tale articolo conferisce alla Commissione solo l’incarico di rappresentare l’UE in taluni procedimenti giurisdizionali dinanzi ai giudici degli Stati membri.


13 – V. articoli IV:2 e IV:3 dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio e gli articoli 16, paragrafo 4, e 17, paragrafo 14, dell’intesa sulle norme e sulle procedure che disciplinano la conciliazione.


14 – Sentenza Germania/Consiglio (C‑399/12, EU:C:2014:2258), punto 52 e giurisprudenza citata.


15 – Il termine «atto» (piuttosto che «decisione») viene altresì utilizzato in altre versioni linguistiche dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE che ho esaminato (v., in particolare, «acte» in francese, «actos» in spagnolo, «Akte» in tedesco, «acty» o «actów» in polacco, «atos» in portoghese, «säädoksiä» in finlandese, «akter» in svedese); e (come in inglese) non viene utilizzato in tali lingue quando le disposizioni dei trattati fanno riferimento a giudici o tribunali. V., ad esempio, l’articolo 67, paragrafo 4, TFUE: «(…) il principio di riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie ed extragiudiziali in materia civile»; l’articolo 256, paragrafo 1, TFUE «Le decisioni emesse dal Tribunale (…)» e l’articolo 267 TFUE: «Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale (…)».


16 – V., ad esempio, sentenze Köbler (C‑224/01, EU:C:2003:513), punto 26 e Comunità europea (C‑199/05, EU:C:2006:678) punto 33.


17 – V. sentenza Germania/Consiglio (C‑399/12, EU:C:2014:2258), punti 63 e 64.


18 – Secondo la struttura degli accordi di associazione, il Consiglio di associazione CEE-Turchia è composto da rappresentanti dell’Unione europea e della Turchia. L’articolo 22 dell’accordo di associazione CEE-Turchia (GU 1973 C 113, pag. 2) conferisce un «potere di decisione» al Consiglio di associazione per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti da tale accordo.


19 – V. sentenza Sevince (C‑192/89, EU:C:1990:322), punti da 17 a 24.


20 – V., in particolare, Dashwood, A., «External Relations Provisions of the Amsterdam Treaty», 35 CMLRev. (1998), pag. 1019, punto 1026 e Martenczuk, B., «Decisions of Bodies Established by International Agreements and the Community Legal Order», in Kronenberger, V. (ed.) The European Union and the International Legal Order: Discord or Harmony?, TMC Asser Press, The Hague, 2001, pag. 141, punto 157.


21 – La Corte pertanto trattava gli atti che dovevano essere adottati da tali organi come accordi previsti ai sensi dell’attuale articolo 218, paragrafo 11, TFUE, in tal modo consentendo di riesaminarne la compatibilità con i trattati prima della loro adozione. V. parere 2/92 (EU:C:1995:83), punto II‑8, in relazione alla terza decisione modificata del Consiglio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici, relativa al trattamento nazionale. V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Germania/Consiglio (C‑399/12, EU:C:2014:289), paragrafo 44.


22 – V. punto 26 del parere della Commissione «Rafforzare l’unione politica e preparare l’ampliamento» [COM(96) 90 def., 28 febbraio 1996] sulla conferenza intergovernativa del 1996 per la modifica dei trattati che ha rilevato che «[i]l trattato mal si adatta[va] alla necessità crescente dell’[UE] di negoziare nel quadro di organismi internazionali o di partecipare al loro funzionamento. (…) indebolendo regolarmente la posizione di negoziato». La Commissione pertanto ha proposto che «il trattato comporti disposizioni esplicite intese a garantire che l’[UE], parlando ad una voce, possa difendere tutti gli interessi in causa».


23 – V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Regno Unito/Consiglio (C‑81/13, EU:C:2014:2114), paragrafo 97.


24 – V. supra, paragrafo 17.


25 – Regolamento (CE) n. 3286/94 del Consiglio, del 22 dicembre 1994, che stabilisce le procedure comunitarie nel settore della politica commerciale comune al fine di garantire l’esercizio dei diritti della Comunità nell’ambito delle norme commerciali internazionali, in particolare di quelle istituite sotto gli auspici dell’Organizzazione mondiale del commercio (GU L 349, pag. 71), come modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. 37/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2014, che modifica alcuni regolamenti in materia di politica commerciale comune per quanto riguarda le procedure di adozione di determinate misure (GU L 18, pag. 1). Ai sensi dell’articolo 13, la Commissione è, in particolare, autorizzata, in seguito ad una denuncia di imprese e industrie dell’UE o di loro associazioni, ad adottare decisioni relative all’avvio e allo svolgimento di procedimenti di risoluzione delle controversie presso l’OMC, dopo averne informato gli Stati membri.


26 – Secondo il sito dell’OMC (https://www.wto.org/english/tratop_e/dispu_3/dispu_by_country_e.htm), l’UE (al 16 giugno 2015) è attrice in 95 cause, è convenuta in 82 cause ed è intervenuta come terzo in 149 cause.


27 – L’articolo 218, paragrafo 8, TFUE specifica che nel corso dell’intera procedura, il Consiglio deve deliberare a maggioranza qualificata. Lo stesso vale naturalmente per l’articolo 16, paragrafo 3, TUE.


28 – Sentenza Germania/Consiglio (C‑399/12, EU:C:2014:2258).


29 – Accennate brevemente supra, paragrafo 65.


30 – Rilevo a tal proposito che il Consiglio sembra accettare (almeno per il momento) che tali scelte possano validamente essere effettuate dalla Commissione quando avvia procedimenti di risoluzione delle controversie conformemente ai requisiti procedurali predisposti dal TBD e dall’articolo 3 della decisione 98/424 (in relazione all’accordo delle Nazioni Unite sugli stock ittici), senza violare l’articolo 16, paragrafo 1,l TUE. Il Consiglio non ha spiegato perché i procedimenti consultivi dell’ITLOS (o, per quello che vale, qualsiasi altro procedimento giurisdizionale internazionale) debbano essere considerati diversamente.


31 – V. supra, paragrafo 13. Quando ha ratificato l’UNCLOS a nome dell’UE, il Consiglio ha invocato, in particolare, l’articolo 113 CE (politica commerciale comune) e l’articolo 228, paragrafi 2 e 3, CE (conclusione di accordi internazionali). Il Consiglio ha altresì invocato l’articolo 300, paragrafi 2 e 3, CE (conclusione di accordi internazionali) quando ha adottato il più recente regolamento che ha ratificato gli accordi per la pesca con gli Stati CRSP. I regolamenti precedenti erano basati esclusivamente sulle disposizioni del Trattato relative alla politica comune della pesca.


32 – L’UE non ha ancora scelto una o più modalità di risoluzione delle controversie in relazione all’interpretazione o all’applicazione dell’UNCLOS come stabilito dall’articolo 287 UNCLOS. Ai sensi dell’articolo 7 dell’allegato IV all’UNCLOS, ciò comporta che si ritenga che l’UE abbia accettato la procedura di arbitrato.


33 – V., ad esempio, sentenza Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864), punto 73.


34 – Ai sensi dell’articolo 30 del regolamento (CE) n. 1005/2008 del Consiglio, del 29 settembre 2008, che istituisce un regime comunitario per prevenire, scoraggiare ed eliminare la pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata, che modifica i regolamenti (CEE) n. 2847/93, (CE) n. 1936/2001 e (CE) n. 601/2004 e che abroga i regolamenti (CE) n. 1093/94 e (CE) n. 1447/1999, la Commissione ha adottato un elenco UE delle navi INN (regolarmente rivisto) basato sugli elenchi stabiliti dalle organizzazioni regionali di gestione della pesca (in prosieguo: l’«ORGP»): v. regolamento (UE) n. 468/2010 della Commissione, del 28 maggio 2010, che stabilisce l’elenco UE delle navi che esercitano pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (GU L 131, pag. 22). L’UE ha anche attuato misure ORGP relative a taluni Stati: v., ad esempio, regolamento (CE) n. 826/2004 del Consiglio, del 26 aprile 2004, che vieta le importazioni di tonno rosso dell’Atlantico (Thunnus thynnus) originario della Guinea equatoriale e della Sierra Leone e che abroga il regolamento (CE) n. 2092/2000 (GU L 127, pag. 19), che attua le raccomandazioni della Commissione internazionale per la conservazione dei tonnidi dell’Atlantico (ICCAT), di cui l’UE è parte contraente.


35 – V. anche le mie conclusioni nella causa Parlamento e Commissione/Consiglio (C‑103/12 e C‑165/12, EU:C:2014:334) (in prosieguo: la «pesca venezuelana»), paragrafi 107 e 108.


36 – Analogamente, il Parlamento europeo, che, ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, TUE, «[e]sercita funzioni di controllo politico e consultive alle condizioni stabilite dai trattati», non può invocare tale espressione della sua competenza per estendere il proprio ruolo con riferimento agli accordi internazionali previsti dall’articolo 218 TFUE.V., a tal proposito, sentenza Parlamento/Consiglio (C‑658/11, EU:C:2014:2025) (in prosieguo: «trasferimento delle persone sospettate di atti di pirateria nelle Mauritius»), punti 54 e 55.


37 – V. sentenze Parlamento/Consiglio (C‑133/06, EU:C:2008:257) (in prosieguo: lo «status di rifugiato»), punto 54 e Commissione/Consiglio (C‑28/12, EU:C:2015:282) (in prosieguo: la «causa dei doppi accordi misti»), punti 41 e 42.


38 – Sentenza Parlamento/Consiglio (C‑48/14, EU:C:2015:91) (in prosieguo: la «causa delle sostanze radioattive»), punti 57 e 58.


39 – V. inoltre infra, paragrafi da 103 a 115, quanto alla portata e alla misura dei poteri della Commissione ai sensi dell’articolo 335 TFUE.


40 – V. anche sentenza Reynolds Tobacco e a./Commissione (C‑131/03 P, EU:C:2006:541) (in prosieguo: «Reynolds Tobacco»), punto 94.


41 – Sentenza Reynolds Tobacco e a./Commissione (C‑131/03 P, EU:C:2006:541), punto 94.


42 – Sentenza Philip Morris International/Commissione (T‑377/00, T‑379/00, T‑380/00, T‑260/01 e T‑272/01, EU:T:2003:6).


43 – La Corte era pienamente consapevole di questo fatto: il Consiglio aveva specificamente richiamato l’attenzione su di esso nella sua dichiarazione di intervento a sostegno della Commissione.


44 – V. sentenza Philip Morris International/Commissione (T‑377/00, T‑379/00, T‑380/00, T‑260/01 e T‑272/01, EU:T:2003:6), punti da 1 a 3.


45 – Sentenza C.A.S./Commissione (C‑204/07 P, EU:C:2008:446), punto 95 (relativa all’accordo di associazione con la Turchia) e ordinanza Mugraby/Consiglio e Commissione (C‑581/11 P, EU:C:2012:466), punto 68 (relativa alla conclusione dell’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica libanese, dall’altra, firmato il 17 giugno 2002 a Lussemburgo e approvato a nome della Comunità europea dall’articolo 1, paragrafo 1, della decisione 2006/356/CE del Consiglio, del 14 febbraio 2006 (GU L 143, pag. 1)).


46 – V. sentenza Kaufring e a./Commissione (T‑186/97, T‑187/97, da T‑190/97 a T‑192/97, T‑210/97, T‑211/97, da T‑216/97 a T‑218/97, T‑279/97, T‑280/97, T‑293/97 e T‑147/99, EU:T:2001:133), punto 270.


47 – V., ad esempio, supra, paragrafo 88.