Language of document : ECLI:EU:C:2006:424

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

CHRISTINE STIX-HACKL

presentate il 22 giugno 2006 1(1)

Causa C-216/05

Commissione delle Comunità europee

contro

Irlanda

«Inadempimento di uno stato – Direttiva 85/337/CEE – Valutazione dell’impatto ambientale – Consultazione del pubblico – Riscossione di tasse amministrative»





I –    Considerazioni introduttive

1.        Con il presente ricorso per inadempimento la Commissione chiede che si dichiari che l’Irlanda, subordinando la piena ed effettiva partecipazione del pubblico a taluni studi di valutazione dell’impatto ambientale al previo pagamento di una tassa di partecipazione (2), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 6 e 8 della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (3) come modificata dalla direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE (4) (in prosieguo: la «direttiva V.I.A.»).

2.        La direttiva V.I.A. non contiene alcuna regolamentazione espressa in merito ad una tassa amministrativa quale quella attualmente riscossa dall’Irlanda per la partecipazione del pubblico alla procedura di consultazione nell’ambito di valutazione dell’impatto ambientale. Sebbene l’inadempimento oggetto del presente procedimento debba essere valutato, in concreto, alla luce alla direttiva V.I.A., si solleva altresì la questione più generale in quale misura sia consentito agli Stati membri riscuotere tasse amministrative nell’ambito di un procedimento amministrativo nazionale, che trovi la sua origine o che consegua all’attuazione del diritto comunitario.

II – Contesto normativo

A –    Direttiva V.I.A.

3.        La direttiva V.I.A. prevede che la realizzazione di talune opere o interventi sull’ambiente debba essere preceduta da una valutazione del loro impatto ambientale.

4.        L’art. 6 della direttiva V.I.A. così recita:

«1) Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le autorità che possono essere interessate al progetto, per la loro specifica responsabilità in materia di ambiente, abbiano la possibilità di esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e sulla domanda di autorizzazione. A tal fine, gli Stati membri designano le autorità da consultare, in generale o caso per caso. Queste autorità ricevono le informazioni raccolte a norma dell’articolo 5. Le modalità della consultazione sono stabilite dagli Stati membri.

2) Gli Stati membri si adoperano affinché ogni domanda di autorizzazione nonché le informazioni raccolte a norma dell’articolo 5 siano messe a disposizione del pubblico entro un termine ragionevole per dare la possibilità agli interessati di esprimere il proprio parere prima del rilascio dell’autorizzazione.

3) Le modalità di informazione e consultazione sono definite dagli Stati membri i quali, secondo le caratteristiche particolari dei progetti o dei siti interessati, hanno tra l’altro la facoltà di:

–        individuare il pubblico interessato;

–        precisare i luoghi in cui le informazioni possono essere consultate;

–        specificare la maniera in cui il pubblico può essere informato, ad esempio mediante affissione nell’ambito di una determinata zona, pubblicazione nei giornali locali, organizzazione di esposizioni con piani, disegni, tabelle, grafici, plastici;

–        determinare in che modo debba avvenire la consultazione del pubblico, ad esempio per iscritto e per indagine pubblica;

–        fissare dei periodi appropriati per le diverse fasi della procedura per garantire che venga presa una decisione entro termini ragionevoli».

5.        L’art. 8 dispone che:

«I risultati delle consultazioni e le informazioni raccolte a norma degli articoli 5, 6 e 7 debbono essere presi in considerazione nel quadro della procedura di autorizzazione».

B –    Disposizioni nazionali relative ai tributi amministrativi controversi

6.        La normativa irlandese sulla pianificazione territoriale ed urbanistica prevede la riscossione di tasse amministrative a carico del pubblico per la presentazione di dichiarazioni od osservazioni afferenti sia le procedure sia i reclami in materia di pianificazione su due livelli: da un lato, nel procedimento dinanzi alle locali autorità competenti per la pianificazione e, dall’altro, nel procedimento dinanzi alla commissione competente per i reclami. Queste tasse amministrative concernono tutte le procedure di pianificazione, incluse quelle ai sensi dalla direttiva V.I.A. L’ammontare delle tasse amministrative di cui trattasi non dipende dalla portata del progetto o delle istanze. Inoltre, la tassa amministrativa di cui trattasi deve essere versata una sola volta, così che le dichiarazioni od osservazioni aggiuntive nella medesima procedura non sono assoggettate ad ulteriori tributi.

7.        Il fondamento normativo per la riscossione delle tasse amministrative controverse è il «Planning and Development Act 2000» (legge in materia di pianificazione e sviluppo territoriale ed urbanistico; in prosieguo: la «legge in materia di pianificazione del 2000»).

8.        L’art. 33 della legge in materia di pianificazione del 2000 conferisce, inter alia, al Ministro per l’ambiente la facoltà di fissare con decreto una tassa amministrativa a carico del pubblico per la presentazione di dichiarazioni ed osservazioni nelle procedure di pianificazione territoriale dinanzi alle autorità locali. All’epoca del procedimento in oggetto, la tassa amministrativa fissata dal Ministro per l’ambiente ammontava a euro 20.

9.        Per quanto riguarda, poi, la presentazione di dichiarazioni ed osservazioni nei procedimenti di reclamo relativi alla pianificazione territoriale, l’art. 144 della legge in materia di pianificazione del 2000 autorizza la commissione competente per i reclami in materia (An Bord Pleanála) a fissare una tassa amministrativa corrispondente, con riserva di approvazione da parte del Ministro per l’ambiente. L’importo di questo tributo amministrativo ammontava, alla data rilevante ai fini del presente procedimento, a euro 45, secondo quanto riferito dalla Commissione.

10.      La legge in materia di pianificazione del 2000 esenta diverse autorità pubbliche e determinate organizzazioni dal versamento delle tasse amministrative dovute ad entrambi i livelli. Godono di questa esenzione, oltre alle autorità regionali e statali, anche le istituzioni che rappresentano interessi particolari in relazione ai progetti di pianificazione territoriale, come la Fáilte Ireland, la An Taisce, e l’Agenzia per la protezione dell’ambiente.

III – Fatti e procedimento

11.      Sulla base di due reclami pervenuti alla Commissione nel 2000, quest’ultima esortava, con lettera del 29 agosto 2000, le autorità irlandesi a prendere posizione su determinati aspetti della legge in materia di pianificazione del 2000, non ancora in vigore all’epoca, e, segnatamente, sulle disposizioni di questa che avrebbero previsto l’obbligo di corresponsione di tasse amministrative da parte del pubblico interessato, come presupposto per la partecipazione alla procedura di pianificazione.

12.      Dopo una prima risposta scritta delle autorità irlandesi, in data 23 ottobre 2001 la Commissione trasmetteva all’Irlanda una lettera di diffida, recante l’invito a prendere posizione sul fatto che la normativa irlandese in materia di pianificazione territoriale subordinava l’esercizio dei diritti conferiti dalla direttiva V.I.A. al pagamento di quote di iscrizione.

13.      Con lettera del 7 marzo 2002, le autorità irlandesi rispondevano adducendo che, a loro avviso, la direttiva V.I.A. non sarebbe stata contraria alla riscossione di tasse amministrative quali quelle adottate in base alla legge in materia di pianificazione del 2000. Le autorità irlandesi vi affermavano, peraltro, che la direttiva poneva l’obbligo di regolamentare le modalità di consultazione del pubblico in capo agli Stati membri e che la riscossione delle tasse contestate non avrebbe dissuaso il pubblico dal partecipare alla consultazione.

14.      A seguito di ciò, in data 23 gennaio 2003, la Commissione notificava all’Irlanda un parere motivato, nel quale corroborava la censura secondo cui l’Irlanda, riscuotendo le tasse amministrative controverse, avrebbe violato gli artt. 6 e 8 della direttiva V.I.A.

15.      Le autorità irlandesi, con risposta del 16 maggio 2003, contestavano, ancora, che la riscossione di tasse amministrative fosse contraria alla direttiva V.I.A., sostenendo, tra l’altro, che tali tributi sono proporzionati e necessari al fine di contenere le spese connesse al rafforzamento dei diritti di consultazione del pubblico ai sensi della normativa irlandese in materia di pianificazione territoriale.

16.      Avendo, tuttavia, la Commissione mantenuto la propria posizione, la stessa proponeva, con atto introduttivo del 29 aprile 2005, iscritto nel registro della Corte in data 17 maggio 2005, il presente ricorso contro l’Irlanda dinanzi alla Corte di Giustizia, ai sensi dell’art. 226 CE.

IV – Esame del ricorso

A –    Principali argomenti delle parti

17.      La Commissione ritiene che la normativa irlandese, in forza della quale la partecipazione del pubblico interessato alla procedura di consultazione prevista dalla direttiva V.I.A. è subordinata al pagamento di tasse amministrative, sia sostanzialmente incompatibile con l’art. 6 della direttiva V.I.A. per quattro motivi.

18.      In primo luogo, la Commissione sostiene che nessuna disposizione della direttiva permette espressamente l’adozione di una simile tassa. La possibilità che gli Stati membri possano fornire informazioni a titolo oneroso viene invece espressamente contemplata dall’art 5 della direttiva 90/313/CEE concernente la libertà di accesso all’informazione in materia di ambiente (5) (in prosieguo: la «direttiva 90/313»). La direttiva V.I.A. giustificherebbe la riscossione di un tributo, quale quello qui controverso, solamente se proporzionato e necessario per una ragione oggettiva. Nessun altro Stato membro esigerebbe, inoltre, una tassa amministrativa per la partecipazione alla consultazione.

19.      In secondo luogo, la Commissione deduce che la riscossione delle tasse amministrative controverse sarebbe in contrasto con lo scopo e le finalità della direttiva V.I.A., secondo cui la valutazione dell’impatto ambientale deve essere effettuata sulla base delle opportune informazioni provenienti da diverse fonti, tra le quali è annoverato il pubblico. La tassa amministrativa renderebbe meno probabile la partecipazione del pubblico al processo decisionale attraverso la fase di consultazione e, con ciò, la possibilità, da parte delle autorità, di valutare in maniera adeguata l’impatto sull’ambiente di un progetto.

20.      In terzo luogo, il tenore letterale dell’art. 6 della direttiva non permetterebbe un’interpretazione estensiva al pari di quella data dall’Irlanda. Non si dovrebbe, infatti, considerare la riscossione delle tasse come una «modalità di consultazione» ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva, da definirsi dagli Stati membri, dal momento che questo potere normativo comprenderebbe solo quanto necessario a conferire un’efficacia concreta alla consultazione ai sensi dell’art. 6, n. 2. A favore di questa interpretazione deporrebbe anche il principio «chi inquina paga», contenuto nell’art. 174, n. 2, CE, dal momento che, diversamente, i costi dei soggetti che presentano i progetti che hanno un impatto sull’ambiente sarebbero scaricati sul pubblico, ovvero su coloro che potrebbero essere interessati da tale impatto.

21.      In quarto luogo, la Commissione afferma che la riscossione delle tasse controverse limiterebbe o potrebbe limitare l’esercizio dei diritti conferiti al pubblico in forza dell’art. 6, n. 2. Le tasse eserciterebbero un effetto dissuasivo, in particolare, nei confronti dei percettori di prestazioni sociali, tanto più che le tasse cumulative di euro 65 per i procedimenti dinanzi alle autorità di pianificazione locali e dinanzi alla commissione per i reclami in materia di pianificazione ammontano al 50% del reddito settimanale di questa fascia di popolazione.

22.      Per quanto riguarda, poi, la denunciata violazione dell’art. 8 della direttiva, questa discenderebbe, ad avviso della Commissione, dalla violazione dell’art. 6 della medesima. L’Irlanda non sarebbe, infatti, in grado di garantire che la procedura di autorizzazione tenga conto anche delle opinioni dei soggetti che non hanno provveduto al versamento delle tasse amministrative.

23.      L’Irlanda si oppone a tutti gli argomenti della Commissione.

24.      Il fatto che le tasse amministrative, quali quelle qui controverse, non siano espressamente previste dalla direttiva, non permette di concludere che agli Stati membri sia vietato introdurle. Ciò consegue anche dal principio di sussidiarietà, dal potere discrezionale di cui dispongono in via generale gli Stati membri, ai sensi dell’art. 249 CE, nell’ambito della trasposizione delle direttive, nonché dal potere normativo ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva. Il fatto che gli altri Stati membri non riscuotano alcuna tassa, non vuol dire che ciò sia incompatibile con la direttiva.

25.      Il «test di fondatezza» proposto dalla Commissione mancherebbe di qualsivoglia fondamento nella direttiva. La questione se le tasse amministrative arrechino un pregiudizio al diritto di consultazione ai sensi dell’art. 6, n. 2, della direttiva dovrebbe essere affrontata solo con riferimento alle tasse amministrative effettivamente riscosse in Irlanda. Per quanto riguarda l’ammontare delle tasse amministrative, l’Irlanda ritiene scorretto adottare come termine di paragone il reddito dei percettori di prestazioni sociali, dovendosi, piuttosto, fare riferimento al reddito mensile medio in Irlanda. In ogni caso, le tasse amministrative controverse non sarebbero alte, ma adeguate e non eserciterebbero alcun effetto dissuasivo. Le stesse dovrebbero contribuire in parte alla copertura delle notevoli spese connesse ai più ampi diritti conferiti al pubblico dalla legge in materia di pianificazione del 2000.

26.      Ad avviso dell’Irlanda comunque che le conclusioni che si possono trarre dalla direttiva 90/313 non sono comunque applicabili alla direttiva V.I.A. La legislazione controversa soddisferebbe sia il principio dell’effettività, sia il principio dell’equivalenza.

B –    Analisi

27.      Non condivido innanzi tutto la tesi della Commissione, laddove questa afferma che uno Stato membro potrebbe imporre una tassa amministrativa soltanto nel caso in cui ciò sia espressamente previsto dalla direttiva.

28.      Una siffatta impostazione implicherebbe che l’azione di uno Stato membro sia subordinata all’esistenza di un’espressa autorizzazione nell’ordinamento comunitario. È invece più corretto, in linea di principio, partire dall’assunto che uno Stato membro è, in senso lato, libero di fare ciò che non gli sia vietato dal diritto comunitario, ovvero ipotizzare in capo allo Stato membro un potere normativo ed una libertà d’azione limitabili solamente qualora i suoi atti contrastino con i precetti del diritto comunitario. Quanto sopra corrisponde anche al principio di una limitazione della potestà della Comunità sancito dall’art. 5 CE, secondo il quale la Comunità non è investita di un potere normativo generale o esclusivo, ma agisce nei limiti e conformemente alle competenze di volta in volta conferitele dal Trattato, vincolando gli Stati membri solo in tale misura.

29.      Come sostenuto dall’Irlanda, il fatto che la direttiva V.I.A. non faccia espressa menzione di tasse amministrative in ordine alla consultazione del pubblico ai sensi dell’art. 6, n. 2, non permette affatto di concludere automaticamente che agli Stati membri sia vietato riscuotere siffatte tasse.

30.      Occorre invece ricordare come, in conformità ai principi generali su cui è fondata la Comunità e che disciplinano i rapporti fra quest’ultima e gli Stati membri, spetti a questi ultimi, in forza dell’art. 10 CE, garantire sul loro territorio l’attuazione della normativa comunitaria. A tale riguardo, le autorità nazionali procedono applicando i criteri formali e sostanziali del loro diritto nazionale, qualora il diritto comunitario, ivi compresi i principi generali di quest’ultimo, non contenga in proposito regole comuni (6).

31.      È quindi possibile valersi di norme, come quelle in oggetto, che fanno parte della normativa irlandese in materia di pianificazione territoriale e che prevedono la riscossione di tasse amministrative per la partecipazione del pubblico alla procedura di consultazione, solo qualora l’applicazione di tali norme nazionali non menomi la portata e l’efficacia del diritto comunitario stesso, ivi compresi i suoi principi generali (7).

32.      La causa in oggetto verte principalmente sulla verifica della compatibilità con la direttiva V.I.A. Come sottolineato dall’Irlanda, sebbene l’art. 249 CE conceda agli Stati membri la libertà di scegliere il modo ed i mezzi destinati a garantire l’attuazione di una direttiva, questa libertà lascia invariato l’obbligo per ciascuno degli Stati membri, di adottare, nell’ambito del proprio ordinamento giuridico, tutti i provvedimenti necessari per garantire la piena efficacia della direttiva, conformemente allo scopo che essa persegue (8).

33.      In appresso si cercherà allora di stabilire se la riscossione di tasse amministrative per la partecipazione del pubblico alla procedura di consultazione nell’ambito di una procedura di valutazione dell’impatto ambientale sia contraria alle norme della direttiva, come risultanti dal suo tenore letterale, dal suo contesto e dalle sue finalità (9), e ad una sua efficacia concreta.

34.      Per quanto riguarda il riferimento della Commissione alla direttiva 90/313, occorre innanzitutto osservare che la circostanza che un’altra direttiva autorizzi espressamente alla riscossione di tasse non è, a mio parere, idonea a fondare una presunzione generale secondo cui il legislatore comunitario abbia inteso autorizzare le tasse solo qualora l’abbia espressamente previsto. In ogni caso, questa considerazione non consente di giungere con certezza alla conclusione a contrario che la direttiva V.I.A. qui in esame vieti siffatte tasse.

35.      Per quanto riguarda poi il «test di fondatezza» introdotto dalla Commissione, secondo il quale la riscossione di una tassa dovrebbe essere imposta a fronte di un motivo oggettivo, quale può essere il buon andamento dell’amministrazione, ed essere proporzionata, occorre osservare, in sintonia con l’Irlanda, che né la stessa direttiva, né l’art. 249 CE – diversamente dalle disposizioni del Trattato in tema di libertà fondamentali – prevedono una simile deroga.

36.      La Commissione ha, inoltre, affermato che la riscossione di tasse amministrative sarebbe in contrasto con lo scopo e le finalità dell’art. 6, n. 2, della direttiva, consistenti nel rendere possibile al pubblico la partecipazione alla procedura di consultazione nell’ambito di una valutazione dell’impatto ambientale ed alle competenti autorità una valutazione opportuna dell’impatto sull’ambiente, e pregiudicherebbe l’efficacia concreta di tale disposizione.

37.      Ai sensi del combinato disposto dell’art. 5, n. 3, e del sesto ‘considerando’ della direttiva, la valutazione dell’impatto ambientale di un progetto deve essere effettuata principalmente sulla base delle opportune informazioni fornite dal committente. Queste informazioni, secondo il summenzionato ‘considerando’, possono essere «eventualmente completate dalle autorità e dal pubblico».

38.      Ai sensi dell’art. 6, n. 2, della direttiva gli Stati membri devono, conseguentemente, adoperarsi affinché ogni domanda di autorizzazione nonché le informazioni raccolte siano messe a disposizione del pubblico entro un termine ragionevole «per dare la possibilità agli interessati di esprimere il proprio parere prima del rilascio dell’autorizzazione».

39.      Ritengo che, alla luce di quanto esposto, non sia possibile dedurre un diritto illimitato di consultazione di chicchessia. Ciò risulta in particolare, come sostenuto dall’Irlanda, dal fatto che, ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva, gli Stati membri sono espressamente autorizzati a definire le modalità di consultazione del pubblico in maniera tale da delimitare, in ultima analisi, la portata della consultazione.

40.      In questo modo, gli Stati membri possono, in base alle possibilità elencate – a titolo esemplificativo – all’art. 6, n. 3, sia individuare il pubblico interessato, sia precisare le condizioni e le modalità della consultazione, che può addirittura avvenire sotto forma di indagine pubblica. È loro altresì permesso limitare la durata della fase di consultazione.

41.      Alla luce di quanto precede occorre constatare che, sebbene la riscossione di tasse amministrative quale condizione per la partecipazione del pubblico alla procedura di consultazione, che nello Stato membro interessato avviene in forma di osservazioni scritte, si configuri quale condizione o limite alla consultazione del pubblico, tale restrizione non è di per sé incompatibile con la direttiva.

42.      Tuttavia, il potere discrezionale degli Stati membri relativamente all’attuazione della direttiva è limitato, peraltro, anche dai principi generali del diritto comunitario (10), tra i quali si annoverano, in particolare, il principio dell’effettività ed il principio dell’equipollenza. Secondo questi principi, che la Corte ha applicato non solo in riferimento a procedimenti giudiziali nazionali, ma anche nell’ambito di procedimenti amministrativi (11), le modalità formali e sostanziali contemplate dal diritto nazionale non possono risolversi nel rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’attuazione della normativa comunitaria e l’applicazione del diritto interno deve avvenire in modo non discriminatorio rispetto ai corrispondenti procedimenti regolati dal diritto nazionale (12).

43.      Ci si deve, quindi, chiedere innanzitutto, in conformità al principio dell’effettività, se le tasse amministrative controverse ostacolino oltremodo o rendano praticamente impossibile la partecipazione del pubblico alla procedura di consultazione nell’ambito del procedimento di valutazione dell’impatto ambientale. La risposta a tale questione non può essere, per la sua stessa natura, formulata in maniera astratta, dipendendo piuttosto dal concreto ammontare delle relative tasse amministrative.

44.      Nel caso di specie, la tassa per la presentazione di osservazioni nel procedimento dinanzi alle autorità locali competenti per la pianificazione territoriale ammonta a euro 20 e quella nel procedimento dinanzi alla commissione per i reclami in materia di pianificazione territoriale a euro 45. Entrambe le parti sono correttamente partite dall’assunto che il peso di queste tasse, ovvero il loro effetto (dissuasivo) per le persone interessate a partecipare alla consultazione, dipenda, in linea di principio, dalla circostanza se esse appaiano più o meno facilmente sostenibili da parte di tali persone, in considerazione del patrimonio che esse hanno a disposizione, e specialmente del loro reddito. Le parti non concordano tuttavia sul criterio di valutazione da applicare.

45.      Quanto al reddito settimanale dei percettori di prestazioni sociali proposto dalla Commissione, si tratta di un termine di paragone altrettanto estremo quanto quello che può essere rappresentato dal reddito medio annuale della categoria dei contribuenti della fascia più alta. Basare la valutazione sul reddito medio mensile percepito in Irlanda mi sembra già più ragionevole, ancorché neppure questo permetta di trarre delle chiare conclusioni. Nel complesso si potrebbe, però, essere d’accordo con l’Irlanda sul fatto che importi dell’entità di euro 20 o 45 sono, in generale, sostenibili. Si dovrebbe, inoltre, aggiungere, come risulta dal fascicolo ed, in particolare, dalle osservazioni dell’Irlanda, che l’importo di queste tasse corrisponde grosso modo a quello abitualmente imposto, a titolo di tasse o di tributi, nei procedimenti amministrativi in Irlanda.

46.      Occorre, infine, considerare che, come ho già avuto modo di osservare, la direttiva non obbliga gli Stati membri a garantire a chicchessia una consultazione incondizionata ed illimitata, ma ad accordare efficacemente una possibilità di consultazione ad un «pubblico» non meglio precisato.

47.      Per i motivi sopra esposti ritengo che le tasse amministrative contestate, nel loro concreto ammontare, non rendano di fatto impossibile od oltremodo difficile l’attuazione della predetta consultazione del pubblico.

48.      Per quanto riguarda il secondo principio, ovvero il principio dell’equipollenza, occorre osservare che l’Irlanda, come quest’ultima ha dichiarato – senza essere contestata dalla Commissione – impone le tasse amministrative controverse in generale per la presentazione di osservazioni da parte del pubblico nell’ambito delle procedure di pianificazione territoriale e non solamente nelle procedure di valutazione dell’impatto ambientale previste dalla direttiva V.I.A. Il diritto irlandese sulla pianificazione territoriale non disciplina in maniera meno vantaggiosa la consultazione del pubblico ai sensi dell’art. 6, n. 2, di questa direttiva rispetto a procedimenti paragonabili esclusivamente nazionali; il principio dell’equipollenza è, pertanto, anch’esso soddisfatto.

49.      Infine, nel suo ricorso la Commissione, non solo ha messo in discussione la conformità al diritto comunitario delle tasse amministrative in oggetto, dapprima in via generale e, in secondo luogo, in riferimento agli importi concreti delle stesse, ma, in terzo luogo, ha criticato anche il fatto che la legge in materia di pianificazione del 2000 conferisce al ministro competente ed alla commissione d’appello il potere di stabilire le tasse amministrative controverse, senza che tale potere sia limitato o meglio definito.

50.      Questa critica riguarda, evidentemente, il principio della certezza del diritto, che pure deve essere rispettato dagli Stati membri nella trasposizione delle direttive. Secondo la giurisprudenza relativa a tale principio, gli Stati membri devono eseguire gli obblighi derivanti dal diritto comunitario con un’efficacia cogente incontestabile, come pure con la specificità, la precisione e la chiarezza necessarie a soddisfare le condizioni poste da detto principio (13).

51.      A tal fine, come risulta pure dalla giurisprudenza, non si esige necessariamente un’azione legislativa. A soddisfare il principio di certezza del diritto può essere sufficiente un contesto giuridico generale, a condizione che venga garantita di fatto la piena applicazione della direttiva da parte dell’amministrazione nazionale e che, nel caso in cui la norma contestata della direttiva sia diretta a creare diritti per i singoli, la situazione giuridica risultante dal contesto giuridico generale sia sufficientemente precisa e chiara e che i beneficiari siano messi in grado di conoscere la pienezza dei loro diritti (14).

52.      In particolare, secondo costante giurisprudenza, alla qual cosa la Commissione fa chiaramente riferimento, semplici prassi amministrative, per loro natura modificabili a piacimento dell’amministrazione e prive di adeguata pubblicità, non possono essere considerate come una valida esecuzione degli obblighi derivanti dal diritto comunitario, in quanto mantengono gli interessati in uno stato di incertezza in merito alla portata dei diritti in un ambito disciplinato dal diritto comunitario (15).

53.      Non ritengo, però, che la forma con la quale vengono fissate le tasse amministrative controverse nell’ordinamento giuridico irlandese, ovvero tramite decreto del ministro competente o dalla commissione per i reclami, con riserva dell’approvazione del Ministro, possa essere considerata una «semplice prassi amministrativa» nel senso della citata giurisprudenza. Sul punto anche la Corte ha, infatti, già statuito che il solo fatto che uno strumento legislativo nazionale abbia delegato ad un’autorità di uno Stato membro, quale ad esempio un ministro, la competenza di adottare provvedimenti previsti dal diritto comunitario, non è di per sé atto a pregiudicare il principio di certezza del diritto. Infatti, l’adozione di un provvedimento a seguito di una procedura di tal tipo non comporta necessariamente che tale provvedimento non sia vincolante o che non risponda ai requisiti di specificità, di precisione e di chiarezza prescritti dal suddetto principio (16).

54.      Occorre, pertanto, constatare che in Irlanda le tasse amministrative controverse sono fissate sulla base della legge in materia di pianificazione del 2000 in modo sufficientemente vincolante e preciso da soddisfare il principio di certezza del diritto.

55.      Per tutte le suesposte ragioni, ritengo, in conclusione, che la censura concernente la violazione dell’art. 6 e quella collegata dell’art. 8 della direttiva V.I.A. sia infondata.

56.      Il ricorso della Commissione deve pertanto essere respinto.

V –    Spese

57.      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, il soccombente è condannato alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché l’Irlanda ne ha fatto domanda, la Commissione, risultata soccombente, va condannata alle spese.

VI – Conclusione

58.      Alla luce delle considerazioni che precedono, si propone alla Corte di:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Commissione delle Comunità europee alle spese.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – Così definita, in maniera alquanto imprecisa, dalla Commissione nella sua istanza; tecnicamente si tratta, però, di un tributo amministrativo e precisamente di una tassa amministrativa.


3 – GU L 175, pag. 40.


4 – Direttiva che modifica la direttiva 85/337/CEE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 73, pag. 5).


5 – Direttiva del Consiglio 7 giugno 1990 (GU L 158, pag. 56).


6 – V., inter alia, sentenze 25 marzo 2004, cause riunite C‑480/00, C‑481/00, C‑482/00, C‑484/00, C‑489/00, C‑490/00, C‑491/00, C‑497/00, C‑498/00 e C‑499/00, Azienda Agricola Ettore Ribaldi e a. (Racc. pag. I‑0000, punto 42), 23 novembre 1995, causa C‑285/93, Dominikanerinnen-Kloster Altenhohenau (Racc. pag. I‑4069, punto 26), e 13 aprile 2000, causa C‑292/97, Karlsson e a. (Racc. pag. I‑2737, punto 27).


7 – V., inter alia, sentenze 9 ottobre 2001, cause riunite C‑80/99, C‑81/99 e C‑82/99, Flemmer (Racc. pag. I‑7211, punto 55); 6 maggio 1982, cause 146/81, 192/81 e 193/81, Bay Wa e a. (Racc. pag. 1503, punto 29), e 21 settembre 1983, cause riunite 205/82‑215/82, Deutsche Milchkontor GmbH e a. (Racc. pag. 2633, punti 17 e 22).


8 – V., inter alia, sentenze 10 aprile 1984, causa C‑14/83, Von Colson e Kamann (Racc. pag. 1891, punto 26), e 7 maggio 2002, causa C‑478/99, Commissione/Svezia (Racc. pag. I‑4147, punto 15).


9 – V., inter alia, sentenza 24 ottobre 1996, causa C‑72/95, Kraaijeveld (Racc. pag. I‑5403, punto 28).


10 – V. supra, paragrafo 30.


11 – Sull’applicazione di questi principi ad un procedimento amministrativo avente ad oggetto la regolamentazione di controversie relative alla riscossione di un’imposta nazionale v., ad esempio, sentenza 3 febbraio 2000, causa C‑229/98, Charalampos Dounias (Racc. pag. I‑577, punti 62‑67); sulla riscossione degli oneri finanziari comunitari e dei prelievi agricoli secondo le modalità e le condizioni stabilite dall’ordinamento giuridico di ciascuno Stato membro v. sentenza 27 marzo 1980, cause riunite 66/79, 127/79 e 128/79, Salumi (Racc. pag. 1237, punti 17‑20); sulle norme applicabili alla ripetizione di aiuti indebitamente versati da parte delle autorità nazionali v. anche sentenza nelle cause riunite 205/82 ‑ 215/82 (citata alla nota 7), punti 15 e segg.


12 – V., inter alia, sentenze nelle cause riunite 205/82 ­ 215/82 (citata alla nota 7, punto 19); 16 luglio 1998, causa C‑298/96, Ölmühle Hamburg e Schmidt Söhne (Racc. pag. I‑4767, punto 24); 24 settembre 2002, causa 255/00, Grundig Italiana (Racc. pag. I‑8003, punto 33), e 7 gennaio 2004, causa C-201/02, Delena Wells (Racc. pag. I‑723, punto 70).


13 – V., inter alia, sentenze 20 giugno 2002, causa C‑313/99, Gerard Mulligan (Racc. pag. I‑5719, punti 46 e 47), e 17 maggio 2001, causa C‑159/99, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑4007, punto 32).


14 – V. a tal proposito, in particolare, sentenza 26 giugno 2003, causa C‑233/00, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑6625, punto 76), e la giurisprudenza ivi citata.


15 – V. in questo senso, tra l’altro, sentenze 24 marzo 1994, causa C‑80/92, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑1019, punto 20), e 26 ottobre 1995, causa C‑151/94, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑3685, punto 18).


16 – V. sentenza nella causa C‑313/99 (citata alla nota 13), punto 50.