Language of document : ECLI:EU:C:2006:523

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 7 settembre 2006 1(1)

Causa C‑369/04

Hutchison 3G UK Ltd e altri

contro

Commissioners of Customs & Excise

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal VAT and Duties Tribunal, Londra (Regno Unito)]

«Sesta direttiva IVA – Nozione di attività economica – Organismi di diritto pubblico quali soggetti passivi – Asta di licenze per l’uso di frequenze per servizi di telecomunicazione di terza generazione (UMTS/IMT‑2000)»





I –    Introduzione

1.        Nel marzo/aprile 2000 il Regno Unito è stato il primo Stato membro a mettere all’asta cinque pacchetti di licenze relative all’uso di determinate bande di frequenze per offrire servizi di telefonia mobile utilizzanti lo standard UMTS/IMT-2000 (2) (detti anche servizi di telefonia mobile di terza generazione – 3 G). Gli apparecchi di telefonia mobile 3G sono dotati di una maggiore capacità di trasmissione dati rispetto ai telefoni cellulari delle generazioni precedenti, consentendo in particolare la predisposizione di servizi multimediali, come le videoconferenze, l’accesso a Internet e l’intrattenimento online. L’introduzione della telefonia mobile UMTS è considerata un importante progresso tecnologico che ha aperto diversi nuovi campi di attività per gli operatori di telecomunicazioni.

2.        Gli operatori erano pertanto disposti a pagare diritti elevati per ottenere le licenze. Nel corso dell’asta delle licenze la Radiocommunications Agency (RA) ha conseguito proventi per circa GBP 22 500 000 000 (all’epoca equivalenti a circa EUR 38 400 000 000). La RA è un’agenzia esecutiva del Department of Trade and Industry (Ministero per il commercio e l’industria) che ha effettuato l’asta in nome del Ministro stesso.

3.        Cinque operatori di telecomunicazioni, le ricorrenti nella causa principale, hanno vinto a seguito della gara un pacchetto di licenze ciascuna. Esse ritengono che la concessione delle licenze sia stata una procedura soggetta ad IVA e che i diritti relativi alle licenze includessero di conseguenza l’IVA. Essi chiedono il rimborso dell’IVA che asseriscono di avere pagato (3) per un ammontare pari a GBP 3 347 698 000 (circa EUR 5 000 000 000), poiché avrebbero diritto in proposito ad una detrazione dell’imposta a monte. Le autorità fiscali del Regno Unito, invece, non ritengono che la messa all’asta delle licenze costituisca un’attività soggetta ad IVA ai sensi della sesta direttiva in materia di IVA (4) (in prosieguo: la «sesta direttiva»).

4.        Ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva sono soggette ad imposta solo le operazioni realizzate da un soggetto passivo nell’ambito della propria attività economica. La direttiva non considera in linea di massima, giusta l’art. 4, n. 5, lo Stato e gli organismi dello stesso alla stregua di soggetti passivi quando essi agiscono in veste di pubbliche autorità. L’interpretazione di dette disposizioni in relazione all’asta delle licenze UMTS rappresenta il nucleo essenziale del presente procedimento.

5.        In una domanda di pronuncia pregiudiziale sottoposta alla Corte parallelamente (5), per la quale presento del pari in data odierna le conclusioni, il Landesgericht für Zivilrechtssachen di Vienna solleva analoghe questioni in merito alla valutazione dell’asta di licenze UMTS svoltasi in Austria.

6.        Altri Stati membri, inoltre, hanno seguito l’esempio britannico e hanno percepito per le licenze diritti che, pur essendo cospicui, non risultano tuttavia – se calcolati pro capite con riferimento ai potenziali clienti della telefonia mobile –così elevati come nel Regno Unito (6). Il presente procedimento e quello parallelo avviato in Austria non hanno una valenza particolare solo per le enormi somme in gioco: piuttosto, essi possono essere considerati esemplari per cause analoghe in altri Stati membri.

II – Contesto normativo

A –    Disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto

1.      Normativa comunitaria

7.        A norma dell’art. 2, n. 1, della sesta direttiva sono soggette ad IVA:

«le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate a titolo oneroso all’interno del paese da un soggetto passivo che agisce in quanto tale; (…)».

8.        L’art. 4 della sesta direttiva definisce nel seguente modo i soggetti passivi:

«(1) chiunque esercita in modo indipendente una delle attività economiche di cui al paragrafo 2, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.

(2) Le attività economiche di cui al paragrafo 1 sono tutte le attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle delle professioni liberali o assimilate. Si considera in particolare attività economica un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

(…)

(5) Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.

Se però tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

In ogni caso, gli enti succitati sono sempre considerati come soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell’allegato D quando esse non sono trascurabili.

(…)».

9.        Nell’allegato D, al n. 1, le telecomunicazioni figurano come attività di cui all’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva.

2.      Normativa nazionale

10.      Il Value Added Tax Act (legge in materia d’imposta sul valore aggiunto) 1994 (in prosieguo: il «VAT Act 1994») prevede, all’art. 4, n. 1:

«L’IVA è applicata su qualsiasi cessione di beni o prestazione di servizi compiuta all’interno del Regno Unito, quando si tratta di una prestazione imponibile effettuata da un soggetto passivo nello svolgimento di un’attività economica».

11.      L’art. 41, n. 1, del VAT Act 1994 dispone inoltre:

«La presente legge si applica alle prestazioni imponibili effettuate dall’autorità pubblica allo stesso modo con cui si applica alle prestazioni imponibili effettuate da qualsiasi soggetto passivo dell’imposta».

12.      L’art. 41, n. 2, del VAT Act 1994 dispone:

«Qualora la cessione di un bene o la prestazione di un servizio da parte della pubblica amministrazione non costituisca esercizio di un’attività economica, ma risulti al fisco che simili beni o servizi sono o possono essere forniti da soggetti passivi dell’imposta nello svolgimento di un’attività economica, la cessione di un bene o la prestazione di un servizio da parte della pubblica amministrazione è trattata, ai fini della presente legge, come una cessione di beni o una prestazione di servizi effettuata nell’ambito di un’attività economica, nella misura in cui sia così disposto dall’amministrazione finanziaria».

13.      Il 14 aprile 2000 l’amministrazione finanziaria emanava istruzioni in materia fiscale, in cui era stabilito quanto segue: «Una cessione di beni o una prestazione di servizi indicati nell’elenco 2 da parte di una pubblica amministrazione menzionata nell’elenco 1 è considerata, ai fini della legge [il VAT Act 1994] come una cessione di beni o una prestazione di servizi svolta dalla predetta amministrazione nell’esercizio di un’attività economica». L’elenco 1 citava il Department of Trade and Industry. L’elenco 2 menzionava, fra l’altro, sia la «concessione, attestazione, autorizzazione e assegnazione di qualsiasi diritto diverso dai diritti immobiliari», sia le «telecomunicazioni».

B –    Contesto normativo relativo all’assegnazione delle frequenze UMTS

14.      Le frequenze radio sono una risorsa limitata. Lo spettro delle frequenze utilizzabili dal punto di vista tecnico risulta in gran parte già assegnato a diversi servizi e tipologie d’uso. Al fine di evitare interferenze, per ciascun uso sono state messe a disposizione determinate porzioni delimitate singolarmente (bande di frequenza). L’assetto mondiale delle frequenze è stato determinato a seguito dei lavori svolti nell’ambito dell’International Telecommunications Union (ITU), un’organizzazione internazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite.

15.      Le bande di frequenza rese disponibili per il sistema mobile UMTS/IMT-2000 sono state sostanzialmente stabilite dalla conferenza amministrativa mondiale della radiocomunicazione («WARC 92») organizzata nel 1992 dall’ITU. Nel 1997 la conferenza amministrativa mondiale della radiocomunicazione considerava, nella sua risoluzione 212, che i servizi di telefonia mobile IMT‑2000 sarebbero stati disponibili intorno al 2000.

16.      A livello europeo, la conferenza europea delle amministrazioni delle poste e delle telecomunicazioni (CEPT)(7) ha fornito ulteriori lavori preparatori per l’introduzione della telefonia mobile di terza generazione. Il Comitato europeo delle radiocomunicazioni (CER), appartenente a detta organizzazione, ha definito in particolare, con la risoluzione 30 giugno 1997, ERC/DEC(97)/07 (8), lo spettro delle frequenze disponibili.

17.      La porzione dello spettro radio riservata alla telefonia mobile di terza generazione può essere ripartita in ulteriori segmenti in cui molteplici operatori possono gestire più reti di telefonia mobile contemporaneamente. La struttura e il numero delle licenze concesse varia nei singoli Stati membri (9). Mentre l’Austria e la Germania, ad esempio, hanno ripartito lo spettro fra sei offerenti, in Belgio e Francia la ripartizione ha avuto luogo solo fra tre operatori. Fatti salvi i requisiti tecnici minimi, vi è dunque un certo ambito di manovra nella determinazione delle ampiezze di banda concesse per la gestione di una rete.

1.      Normativa comunitaria

18.      La disciplina comunitaria in materia di concessione di autorizzazioni generali e licenze individuali per i servizi di telecomunicazione era costituita, nel periodo rilevante ai fini della decisione, dalla direttiva 97/13/CE (10).

19.      Ai sensi dell’art. 3, n. 3, della direttiva 97/13 «gli Stati membri possono concedere licenze individuali solo se il beneficiario accede a risorse scarse, fisiche o di altro tipo, ovvero è soggetto ad obblighi particolari o gode di diritti speciali, secondo le disposizioni della sezione terza».

20.      La sezione III della direttiva (artt. 7 - 11) disciplina in dettaglio le licenze individuali. L’art. 10 stabilisce che gli Stati membri possono limitare il numero delle licenze individuali qualora ciò sia necessario per un uso efficiente delle frequenze radio. Nel fare ciò essi devono tenere in adeguata considerazione soprattutto l’ottimizzazione dell’uso per gli utenti e l’agevolazione dello sviluppo della concorrenza. Gli Stati membri concedono tali licenze individuali sulla base di criteri di selezione che devono essere obiettivi, non discriminatori, dettagliati, trasparenti e proporzionati.

21.      Ai sensi dell’art. 11, n. 1, della direttiva 97/13 possono essere richiesti diritti per coprire i costi dell’attribuzione delle autorizzazioni. Il n. 2 consente inoltre di fissare altri diritti:

«In deroga al paragrafo 1 quando siano utilizzate risorse rare, gli Stati membri possono permettere all’autorità di regolamentazione nazionale di imporre diritti che riflettono la necessità di assicurare l’uso ottimale di tali risorse. I diritti devono essere non discriminatori e tener particolare conto della necessità di incoraggiare lo sviluppo di servizi innovativi e la concorrenza».

22.      La direttiva 97/13 è stata abrogata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (11). Diversamente dalla direttiva 97/13, l’art. 9, n. 3, della direttiva 2002/21 prevede che gli Stati membri possono autorizzare le aziende a cedere i diritti d’uso delle frequenze ad altre imprese.

23.      L’art. 9, n. 4, della direttiva 2002/21 stabilisce in questo caso quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono affinché l’intenzione di un’impresa di trasferire diritti di uso delle radiofrequenze venga notificata all’autorità nazionale di regolamentazione competente per l’assegnazione delle frequenze e che ogni trasferimento di tali diritti abbia luogo in conformità delle procedure stabilite dall’autorità nazionale di regolamentazione e sia reso pubblico. Le autorità nazionali di regolamentazione assicurano che la concorrenza non venga falsata in conseguenza di tali operazioni. Qualora l’utilizzazione delle radiofrequenze sia stata armonizzata mediante l’applicazione della decisione n. 676/2002/CE (decisione spettro radio) o di altri provvedimenti comunitari, i trasferimenti suddetti non devono dar luogo ad un cambiamento dell’utilizzazione di tali radiofrequenze».

24.      È inoltre interessante la decisione del Parlamento europeo e del Consiglio 14 dicembre 1998, n. 128/1999/CE, sull’introduzione coordinata di un sistema di comunicazioni mobili e senza fili (UMTS) della terza generazione nella Comunità (12) (in prosieguo: la «decisione UMTS»). Con detta decisione il Parlamento e il Consiglio hanno dato il via all’introduzione della telefonia mobile UMTS nell’intera Europa.

25.      Nei ‘considerando’ della decisione UMTS essi fanno riferimento agli sviluppi e alle normative internazionali in materia di telefonia mobile di terza generazione. L’art. 3, n. 1, della decisione UMTS prescrive agli Stati membri, entro il 1° gennaio 2000, di mettere a punto procedure di autorizzazione per l’introduzione dei servizi UMTS. Ai sensi dell’art. 3, n. 3, essi, nel fare ciò, «garantiscono, in base alla normativa comunitaria, che la fornitura dei servizi UMTS sia organizzata (...) nelle bande di frequenza armonizzate dalla CEPT».

2.      Normativa nazionale

26.      A norma dell’art. 1 del Wireless Telegraphy Act 1949 (in prosieguo: il «WTA 1949») «nessuno può creare o usare una stazione per telegrafo senza fili oppure installare o usare un apparecchio per telegrafo senza fili se non a seguito di specifica licenza concessa in base al presente articolo: a) dal Secretary of State». Il WTA 1949 prescrive sanzioni penali in caso di violazione di questo divieto.

27.      Nel 1997 il Department of Trade and Industry e la RA hanno profuso un grande impegno per preparare l’asta delle licenze UMTS. Sono stati ascoltati gli ambienti interessati e consultati esperti esterni. All’esito di dette iniziative sono state elaborate le basi giuridiche per l’assegnazione delle licenze UMTS.

28.      Il Wireless Telegraphy Act del 1998 (in prosieguo: il «WTA 1998») prescriveva le linee guida per l’attribuzione delle licenze e consentiva in particolare di percepire importi superiori ai diritti amministrativi destinati alla copertura delle spese. Nel fissare detti importi si doveva tenere conto dei seguenti aspetti:

–        l’uso e la gestione efficace dello spettro elettromagnetico;

–        qualsiasi beneficio economico derivante dall’uso della telegrafia senza fili,

–        lo sviluppo di servizi innovativi e

–        la concorrenza nella fornitura di servizi di telecomunicazioni.

29.      Sulla base del WTA 1998, il Wireless Telegraphy (Third Generation Licences) Regulations 1999 (in prosieguo: «il regolamento WTA») ha disciplinato ulteriori dettagli relativi all’attribuzione delle licenze UMTS. Nel suo allegato si definisce in particolare lo spettro delle cinque licenze da assegnare. Sulla base di esso le licenze A e B comprendevano rispettivamente 2 x 15 MHz di frequenza binaria (13), mentre le licenze C, D e E comprendevano rispettivamente 2 x 10 MHz di frequenza binaria. La licenza A è riservata ad un operatore di telefonia mobile non ancora presente sul mercato britannico.

30.      Il 22 dicembre 1999 venivano pubblicate mediante un avviso le regole dettagliate per la partecipazione all’asta e lo svolgimento della stessa. Per essere ammessi a partecipare all’asta era richiesto, tra l’altro, il deposito di una cauzione ammontante inizialmente a GBP 50 000 000. Inoltre venivano fissate offerte minime comprese fra GBP 89 300 000 e 125 000 000 a seconda dell’entità della licenza.

31.      Il commercio delle frequenze, che gli Stati membri potevano autorizzare ai sensi dell’art. 9, n. 1, della direttiva 2002/21, non è stato a tutt’oggi ancora introdotto nel Regno Unito.

III – Fatti e questioni pregiudiziali

32.      Hanno partecipato all’asta, durata dal 6 marzo al 27 aprile 2000, complessivamente 4 imprese già attive nel Regno Unito e nove nuovi operatori potenziali. Le seguenti imprese offerenti hanno ottenuto una licenza:

Licenza

Impresa vincitrice

Ultima offerta in GBP

Licenza A (riservata ad un nuovo operatore)

TIW UMTS (UK) Limited (ora Hutchison 3G UK Limited) (nuovo operatore)

4 384 700 000

Licenza B

Vodafone Limited (operatore già attivo)

5 964 000 000

Licenza C

BT3G Limited(14) (operatore già attivo)

4 030 100 000

Licenza D

One2One Personal Communications Limited [ora T-Mobile (UK) Limited] (operatore già attivo)

4 003 600 000

Licenza E

Orange 3G Limited (operatore già attivo)

4 095 000 000

Corrispettivi complessivamente versati

 

22 477 400 000


33.      Le licenze sono state rilasciate da maggio a settembre 2000 con scadenza 31 dicembre 2021. Le imprese assegnatarie hanno versato già nel 2000 l’importo complessivo dei diritti per la licenza. I costi sopportati dall’amministrazione relativamente alla preparazione e allo svolgimento della gara ammontavano a GBP 8 000 000 (circa EUR 13 700 000).

34.      I licenziatari sono tenuti, fra l’altro, ad installare entro il 31 dicembre 2007 servizi di telecomunicazione in un’area ricomprendente almeno l’80 % della popolazione del Regno Unito ed a mantenerli in funzione. Essi devono inoltre ancora ottenere una licenza ai sensi dell’art. 7 del Telecommunications Act 1984, che li autorizzi a fornire servizi di telecomunicazioni in generale.

35.      Le ricorrenti ritengono che i diritti pagati per le licenze includessero l’imposta sul valore aggiunto. Hanno pertanto chiesto il rimborso dell’IVA, mediante detrazione della stessa dall’imposta riscossa sulle proprie prestazioni imponibili. I Commissioners of Customs & Excise hanno respinto tali istanze di recupero asserendo che, a loro avviso, l’assegnazione delle licenze non costituiva un’operazione soggetta ad IVA. Dopo l’esito negativo della domanda giudiziale in primo grado le ricorrenti hanno adito il VAT and Duties Tribunal, il quale ha sottoposto alla Corte di giustizia il 24 agosto 2004 ai sensi dell’art. 234 CE le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, nelle circostanze menzionate nell’esposizione dei fatti, la nozione di “attività economica” vada interpretata, ai fini dell’art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva, nel senso di includere il rilascio di licenze UMTS da parte del Ministro competente mediante vendita all’asta di diritti di uso di impianti di telecomunicazione per parti prestabilite dello spettro elettromagnetico (in prosieguo: l’“attività”) e quali considerazioni siano rilevanti per tale questione.

2)      Nelle circostanze menzionate nell’esposizione dei fatti, quali siano le considerazioni rilevanti per la questione se il Ministro competente, nell’esercitare l’attività, agisse in qualità di “pubblica autorità” ai sensi dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva.

3)       Se, nelle circostanze menzionate nell’esposizione dei fatti l’attività possa essere: i) un’attività in parte economica ed in parte no; e/o ii) un’attività in parte esercitata da un ente retto dal diritto pubblico agente in quanto pubblica autorità, ed in parte no, con il risultato che l’attività sarebbe in parte soggetta ad IVA ai sensi della sesta direttiva ed in parte no.

4)      Con quale grado di probabilità e di vicinanza cronologica riguardo all’esercizio di un’attività del tipo dell’attività, debba sussistere una “distorsione di concorrenza di una certa importanza” ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, affinché un soggetto esercitante tale attività debba considerarsi, in forza del medesimo comma, un soggetto passivo in relazione a tale attività; in quale misura il principio di neutralità fiscale possa influire, all’occorrenza, su tale questione.

5)      Se il termine “telecomunicazioni” di cui all’allegato D della sesta direttiva (cui rinvia l’art. 4, n. 5, terzo comma, della medesima) includa il rilascio delle licenze UMTS da parte del Ministro competente mediante vendita all’asta di diritti di uso di impianti di telecomunicazione per parti prestabilite dello spettro elettromagnetico, nelle circostanze menzionate nell’esposizione dei fatti.

6)      Qualora: i) uno Stato membro scelga di recepire l’art. 4, nn. 1 e 5, della sesta direttiva attraverso una legislazione che conferisca ad un’amministrazione governativa (quale, nel presente caso, il Tesoro del Regno Unito) il potere normativo di emanare circolari che stabiliscano quali beni o servizi forniti da amministrazioni governative vanno considerati come prestazioni imponibili, e ii) tale amministrazione governativa emani o si prefigga di emanare, in forza di tale potere normativo, circolari che specifichino che talune operazioni sono imponibili: se sia rilevante, per l’interpretazione della legislazione nazionale e di codeste circolari (ed in caso affermativo, in che misura) il principio sancito nella sentenza 13 novembre 1990, causa C 106/89, Marleasing (Racc. pag. I 4135, punto 8)».

IV – Valutazione giuridica

A –    Sulla prima questione pregiudiziale: sussistenza di un’attività economica

36.      Con la prima questione il giudice del rinvio desidera sapere se l’asta delle licenze che conferiscono il diritto di gestire impianti di telecomunicazioni in determinate porzioni dello spettro elettromagnetico rappresenti un’attività economica ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva.

37.      Ai sensi dell’art. 4, n. 1, della sesta direttiva si considera soggetto passivo chiunque esercita in modo autonomo un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività. La norma disciplina pertanto non solo i potenziali soggetti passivi ma anche le condizioni alle quali l’attività di una persona è soggetta ad IVA.

38.      L’art. 4, n. 2, della sesta direttiva contiene un’amplissima elencazione di ciò che deve essere considerato attività economica ai sensi del n. 1. Figura in essa, accanto alle attività di produttore, di commerciante o di prestatore di servizi, in particolare anche un’operazione che comporti lo sfruttamento di beni immateriali per ricavarne introiti stabili.

39.      La Corte di giustizia ha dedotto da questa definizione «l’ampiezza della sfera d’applicazione della nozione di attività economiche e il suo carattere obiettivo, nel senso che l’attività viene considerata di per sé, indipendentemente dai suoi scopi o dai suoi risultati» (15).

40.      Non rilevano pertanto le finalità soggettive che il soggetto interessato persegue tramite l’attività; in caso contrario l’amministrazione tributaria dovrebbe effettuare indagini volte ad accertare tali finalità, cosa che sarebbe incompatibile con gli obiettivi del sistema comune dell’IVA. Tale sistema, infatti, mira a garantire la certezza del diritto e ad agevolare le operazioni inerenti all’applicazione dell’IVA dando rilevanza alla natura oggettiva dell’operazione di cui trattasi, salvo in casi eccezionali (16).

41.      In primo luogo affronterò l’argomentazione secondo cui sarebbe esclusa un’attività economica per il solo fatto che l’asta delle licenze UMTS è strumentale alla regolamentazione del mercato. Occorre di seguito esaminare se la procedura debba essere qualificata come operazione che comporti lo sfruttamento di un bene immateriale per ricavarne introiti stabili ai sensi dell’art. 4, n. 2, della sesta direttiva.

1.      L’obiettivo della regolamentazione del mercato esclude l’attività economica?

42.      Il contesto dell’asta delle licenze è caratterizzato dalla circostanza che le radiofrequenze sono una risorsa scarsa. La porzione di spettro elettromagnetico a disposizione per i servizi UMTS è stabilita da accordi internazionali. All’interno di tale porzione può essere gestito contemporaneamente solo un numero limitato di reti di telefonia mobile. L’intervento regolatore dello Stato è irrinunciabile per garantire un uso delle frequenze ordinato ed esente da interferenze.

43.      La decisione UMTS obbliga gli Stati membri a predisporre le procedure amministrative necessarie per l’introduzione dei servizi UMTS.

44.      La direttiva 97/13 e le corrispondenti misure nazionali di attuazione rappresentano il contesto giuridico concreto vincolante per gli Stati membri in materia di ripartizione delle bande di frequenza. Ai sensi dell’art. 10 della direttiva 97/13 nell’assegnare le licenze individuali essi sono tenuti ad osservare criteri di selezione obiettivi, non discriminatori, dettagliati, trasparenti e proporzionati. A norma dell’art. 11, n. 2, della direttiva 97/13 ad essi è consentito in detto contesto imporre diritti che riflettano la necessità di assicurare un uso ottimale di queste risorse.

45.      Il Regno Unito ha deciso di mettere all’asta licenze che conferiscono il diritto d’uso di determinate frequenze radio. I proventi ricavati da tale asta sono stati considerati diritti ai sensi dell’art. 11, n. 2, della direttiva 97/13 . Secondo le informazioni fornite dal Regno Unito la procedura di gara mirava ad individuare le imprese che attribuissero il maggiore valore economico alle licenze e che pertanto garantissero di sfruttarle al meglio. L’operazione non era invece finalizzata a procurare entrate ingenti per lo Stato.

46.      Gli Stati membri che partecipano al procedimento e la Commissione deducono da tali circostanze che l’assegnazione delle licenze UMTS da parte del Secretary of State e/o della RA non rappresenta un’operazione economica ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva, bensì una misura per regolamentare il mercato.

47.      Non si può condividere questa tesi.

48.      Il fatto che un’attività sia attività economica nell’accezione della normativa sull’IVA dipende dal carattere oggettivo della stessa, da determinarsi sulla scorta delle circostanze esteriori concrete. L’obiettivo di regolamentare l’accesso al mercato UMTS conformemente alle norme comunitarie e di individuare gli operatori di telefonia mobile più idonei, perseguito mediante l’attività, non riveste invece alcuna rilevanza. Secondo la giurisprudenza citata, infatti, tali scopi non devono essere presi in considerazione per qualificare un’attività (17).

49.      L’asta aveva ad oggetto il diritto di usare, durante un periodo di 20 anni, determinate frequenze radio per gestire una rete di telefonia mobile. Siffatto diritto è stato acquisito dalle imprese che hanno presentato le offerte più alte in sede di asta.

50.      Come debba essere qualificata giuridicamente l’assegnazione delle licenze – se sia un’autorizzazione amministrativa o una prestazione di diritto civile – è irrilevante al fine di determinare il carattere oggettivo dell’attività, così come è irrilevante l’individuazione della corrispondente controprestazione delle imprese – il diritto o il prezzo (18). Infatti la licenza è stata in ogni caso concessa solo dopo il pagamento dell’importo determinato mediante la gara, per cui sussiste un rapporto diretto fra pagamento e concessione della licenza. Il pagamento non rappresenta peraltro un diritto con cui coprire esclusivamente i costi amministrativi.

51.      Vi è disaccordo fra gli interessati sulla questione se l’assetto dell’asta fosse stato addirittura preordinato a conseguire introiti particolarmente ingenti. Ad esempio la circostanza che sono state assegnate complessivamente solo cinque licenze e non – come ad esempio in Germania – sei, può essere da un lato considerata come una decurtazione artificiosa dell’offerta che ha contribuito ad aumentare i profitti; d’altro canto la decisione di mettere sul mercato cinque licenze può essere stata motivata anche da finalità di regolamentazione (19). Accanto ai cinque offerenti già operanti sul mercato, se ne sarebbe dovuto aggiungere un altro per aumentare la concorrenza. In presenza di un numero maggiore di concorrenti fra cui ripartire il mercato probabilmente la redditività degli ingenti investimenti effettuati sulle reti non sarebbe più stata garantita.

52.      In ultima analisi, tuttavia, la detta questione può restare irrisolta, così come la questione se il conseguimento di introiti ha effettivamente rappresentato una motivazione determinante per l’assetto della procedura di attribuzione delle licenze.

53.      Da un punto di vista oggettivo il Secretary of State ha effettivamente assegnato le licenze a fronte di una prestazione in danaro che doveva riflettere il valore economico delle stesse e che è stata di molto superiore alle spese sostenute per la procedura di assegnazione. Stabilendo nelle regole dell’asta che le offerte minime dovessero essere pari a GBP 125 000 000 il governo aveva previsto fin da principio di ricavarne introiti considerevoli. Per decidere se l’asta debba essere soggetta ad IVA non può avere alcuna importanza stabilire se il motivo dell’azione del governo fosse il conseguimento di detti introiti o se ciò sia solo stato un effetto collaterale necessariamente conseguente a tale forma di procedura di attribuzione.

54.      Alla qualificazione come attività economica non osta neppure il fatto che l’attribuzione delle licenze si sia inserita da ultimo in un contesto normativo di impronta comunitaria. L’osservanza di dette norme giuridiche, difatti, costituisce anch’essa soltanto una finalità (ineludibile e predeterminata) dell’azione, che deve rimanere estranea alla valutazione se l’attività considerata rappresenti un’attività economica (20).

55.      Che un’attività di regolamentazione sia soggetta a IVA in quanto attività economica è dimostrato da una rapida lettura dell’allegato D, n. 7, della sesta direttiva. Fra le attività che, ai sensi dell’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva sono sempre classificate come attività economiche soggette ad IVA figurano le operazioni degli organismi agricoli d’intervento relative ai prodotti agricoli ed effettuate in applicazione dei regolamenti sull’organizzazione comune dei mercati di tali prodotti. Quando un organismo d’intervento vende prodotti del proprio stock deve essere corrisposta l’IVA, sebbene tali operazioni siano primariamente funzionali a regolamentare il mercato e non a produrre introiti.

56.      Passando ad esaminare le caratteristiche oggettive esteriori del procedimento, la nozione di attività economica si estende ad una vasta area di applicazione, secondo la lettura della Corte di giustizia (21). Se già in questa fase dell’esame si reputasse che un organismo pubblico agisce per adempiere al proprio compito di regolamentazione, ne deriverebbe una forte limitazione a priori dell’ambito di applicazione della direttiva: in particolare, l’art. 4, n. 5, della sesta direttiva avrebbe un ristretto margine di applicazione, sebbene detta disposizione contenga una disciplina speciale per l’amministrazione pubblica.

57.      È vero che la Corte di giustizia ha deciso, in particolare nella cosiddetta sentenza Eurocontrol (22), cui alcune parti fanno riferimento, che non sussiste attività economica nell’accezione della disciplina della concorrenza che discende dal Trattato CE quando vi è esercizio della potestà d’imperio.

58.      La disciplina della concorrenza e la sesta direttiva IVA sottendono tuttavia diverse nozioni di attività economica. L’esercizio della potestà d’imperio è considerato un criterio di esclusione della rilevanza di un’attività economica ai fini della concorrenza. Vi manca tuttavia una normativa distinta per le attività effettuate dallo Stato in quanto pubblica autorità.

59.      Il concetto di attività economica ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva è più ampio rispetto alla corrispondente nozione ricavabile dal diritto della concorrenza. L’esercizio di una potestà di imperio non riveste qui inizialmente alcuna importanza, mentre tale circostanza è presa in esame in uno stadio successivo, ovvero nell’ambito della normativa speciale di cui all’art. 4, n. 5. Tale disposizione sarebbe ampiamente superflua se, analogamente a quanto accade nel diritto della concorrenza, l’esercizio della potestà d’imperio si sottraesse completamente alla sfera d’applicazione della sesta direttiva.

2.      L’uso di un bene per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità.

60.      Si considera attività economica, ai sensi dell’art. 4, n. 2, della sesta direttiva, in particolare un’operazione che comporti lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità. Il diritto di gestire apparecchiature di telefonia mobile in determinate porzioni dello spettro radio rappresenta un bene immateriale.

61.      Secondo giurisprudenza costante la nozione di sfruttamento si riferisce, conformemente ai requisiti del principio di neutralità del regime comune in materia di IVA, a tutte le operazioni indipendentemente dalla forma giuridica delle stesse (23). La Corte di giustizia, ad esempio, ha stabilito che la locazione equivale a sfruttamento di beni e deve essere considerata quale attività economica nell’accezione dell’art. 4, n. 2, della sesta direttiva (24). Il Regno Unito ha ceduto alle ricorrenti una licenza per lo sfruttamento delle frequenze per un tempo determinato dietro pagamento di diritti. Questa procedura, analoga ad una locazione o ad un affitto, deve essere considerata alla stregua di sfruttamento di un bene immateriale per ricavarne introiti.

62.      I governi olandese e danese deducono tuttavia che non sussiste alcun ricavo di introiti avente un certo carattere di stabilità dal momento che la concessione delle licenze è una procedura una tantum.

63.      Laddove la nozione utilizzata nel testo tedesco «nachhaltig» non è del tutto chiara, se si esaminano altre versioni linguistiche è palese che il conseguimento di introiti deve avere una certa durata (25). Lo sfruttamento commerciale di un bene in maniera meramente occasionale non costituisce attività economica nell’accezione dell’art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva, come ha stabilito la Corte di giustizia nella sentenza Enkler (26).

64.      La concessione di licenze di cui al caso di specie non rappresenta tuttavia uno sfruttamento occasionale nella detta accezione. Per chiarire questo concetto si deve richiamare brevemente il contesto della sentenza Enkler. Detta vicenda verteva sulla questione se la locazione occasionale di un autocaravan, prevalentemente adibito ad uso privato dal proprietario, dovesse essere comunque considerata sfruttamento di un bene per ricavarvi introiti aventi un certo carattere di stabilità.

65.      La Corte di giustizia, nella propria valutazione, ha esordito esaminando il tipo di bene. Se un bene è solitamente sfruttato in modo esclusivamente economico, ciò rappresenta in linea di massima un indicatore sufficiente per dedurre che il proprietario lo sfrutta con finalità di attività economica e pertanto per conseguire introiti aventi un certo carattere di stabilità. Se, per contro, un bene può essere usato, per sua natura, sia per scopi economici che per fini privati, occorre esaminare l’insieme delle circostanze del suo sfruttamento per stabilire se sia utilizzato per ricavarne introiti con un certo carattere di stabilità (27).

66.      Nel caso del diritto allo sfruttamento delle frequenze radio, l’offerta di telefonia mobile UMTS può essere qualificata solo come sfruttamento economico. Nel caso odierno, di conseguenza, è da escludersi sin da principio la questione della delimitazione dello sfruttamento economico rispetto all’uso privato di un bene e dunque non si può nemmeno parlare di un’attività solo occasionalmente economica, secondaria rispetto ad un uso privato.

67.      Nemmeno il fatto che le licenze vengono concesse solo una tantum per un lungo arco di tempo induce a ritenere che si tratti di uno sfruttamento occasionale con finalità economiche. In tale contesto non è importante la frequenza con cui un soggetto passivo pone in essere operazioni analoghe, ma se il bene concreto genera entrate con una certa stabilità. Non vi è alcun dubbio al riguardo nel caso di specie. Il diritto d’uso delle frequenze viene ceduto per un periodo di 20 anni e procura entrate allo Stato per l’intero periodo.

68.      La circostanza che i diritti dovevano essere corrisposti in un’unica soluzione al momento della cessione della licenza e non sotto forma di canone periodico non modifica affatto la stabilità dei proventi percepiti. In teoria il canone dovuto per le licenze avrebbe anche potuto assumere altre forme. L’applicabilità della sesta direttiva, tuttavia, non può dipendere dalle modalità di pagamento stabilite per il canone, che è nella disponibilità delle parti.

69.      A prescindere da ciò, la licenza può essere retrocessa in anticipo o revocata, modificando pertanto la concessione una tantum del diritto di sfruttamento ventennale.

70.      La concessione temporanea del diritto di sfruttamento, infine, non è paragonabile alla cessione di titoli, che la Corte di giustizia non considera come attività economica – se non si svolge nell’ambito della gestione professionale di un investimento – per due motivi (28).

71.      In primo luogo, i proventi risultanti dalla detenzione e alienazione di titoli – ovvero i dividendi e i guadagni sui corsi – non derivano dallo sfruttamento attivo dei titoli, ma sono la conseguenza diretta della proprietà degli stessi. A differenza di essi, gli introiti derivanti dalla concessione delle licenze non sono profitti che derivano esclusivamente dal diritto di disporre delle frequenze, come i dividendi e i guadagni sui corsi, ma sono introiti conseguenti allo sfruttamento di tale diritto.

72.      In secondo luogo, i proventi ricavati vendendo i titoli si realizzano solo una tantum. Una volta che il bene economico esce dal patrimonio dell’alienante, questi non può più continuare ad utilizzarlo per ricavarne introiti. Per contro, lo Stato non si priva definitivamente del diritto di disporre delle frequenze, ma recupera questo diritto più tardi dopo la scadenza della licenza e può aggiudicarlo nuovamente.

73.      Pertanto la prima questione deve essere risolta come segue:

L’asta effettuata da un organo statale avente ad oggetto licenze che comportano il diritto di sfruttare per un determinato periodo di tempo distinte porzioni dello spettro elettromagnetico per offrire servizi di telefonia mobile UMTS deve considerasi, alle condizioni di cui al procedimento principale, come sfruttamento di un bene immateriale finalizzato alla realizzazione di introiti avente un certo carattere di stabilità e pertanto alla stregua di attività economica ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva.

B –    Sulle questioni pregiudiziali nn. 2 – 5: situazioni in cui gli organismi pubblici agiscono come soggetti passivi

1.      Osservazioni preliminari sulla struttura dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva

74.      L’art. 4, n. 5, della sesta direttiva contiene normative differenziate che stabiliscono quando lo Stato deve essere considerato soggetto passivo (29).

75.      Secondo la regola fondamentale enunciata nel primo comma gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri organismi di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità. La disposizione, pertanto, esclude l’amministrazione pubblica dall’obbligo fiscale generale anche quando essa persegue un’attività economica nell’accezione dell’art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva. L’esercizio di un’attività in quanto pubblica autorità viene pertanto equiparato all’operato di un consumatore privato.

76.      Ai sensi del secondo comma lo Stato, in deroga al primo comma, deve essere nondimeno considerato soggetto passivo quando il suo mancato assoggettamento comporterebbe distorsioni della concorrenza di una certa entità. Alla base di detta disposizione vi è la considerazione che determinati organismi statali – pur erogando le proprie prestazioni in veste di pubblica autorità – possono entrare in concorrenza con le prestazioni degli operatori privati. La disposizione persegue dunque lo scopo di garantire la neutralità fiscale (30).

77.      Infine, gli organismi statali sono sempre considerati soggetti passivi ai sensi del terzo comma in relazione a determinati settori riportati nell’allegato D, a condizione che l’entità delle rispettive attività non sia di scarsa rilevanza. Per quanto attiene a detto elenco di categorie possono sussistere dubbi sul fatto che lo Stato le persegua in quanto pubblica autorità.

78.      I settori elencati nell’allegato D – fra cui anche le telecomunicazioni – riguardano in sostanza operazioni economiche (31) che sono o sono state spesso effettuate dallo Stato in veste di pubblica autorità solo in quanto rilevanti per il bene comune, ma che potrebbero essere parimenti offerte da imprenditori privati (32). Nel frattempo alcuni dei settori economici menzionati sono stati liberalizzati. Qui le aziende private competono di fatto con gli ex monopolisti, in parte privatizzati e in parte ancora statali. Già nel 1977, anno in cui è stata adottata, la sesta direttiva in materia di imposta sulla cifra d’affari teneva chiaramente conto di un siffatto sviluppo.

79.      Qualora la concessione delle licenze di telefonia mobile debba essere considerata alla stregua di un’attività di portata non irrilevante nel campo delle telecomunicazioni, sarebbe comunque sempre soggetta ad IVA, senza che rilevi in alcun modo l’esercizio di pubblica autorità o una distorsione concreta della concorrenza. Pertanto appare sensato risolvere dapprima la quinta questione e successivamente la seconda, la terza e la quarta.

2.      Sulla quinta questione pregiudiziale: la nozione di telecomunicazioni di cui all’allegato D della sesta direttiva comprende anche l’asta delle licenze UMTS?

80.      In sostanza fra le parti vi è disaccordo sul problema se la nozione di «telecomunicazioni» di cui all’allegato D, n. 1, comprenda esclusivamente l’offerta di servizi di telecomunicazioni (33) – posizione sostenuta dai governi interessati e dalla Commissione – oppure si estenda ad altre attività connesse, quindi anche all’assegnazione delle licenze, come dedotto dalle ricorrenti.

81.      Dal testo dell’allegato D non sono deducibili spunti per chiarire la questione controversa. Il fatto che il testo tedesco utilizzi l’ormai obsoleta nozione di «Fernmeldewesen», e non quella di «Telekommunikation», non ha alcuna rilevanza. In altre versioni linguistiche in questo punto è riportata la nozione correntemente in uso nelle rispettive lingue (si veda, ad esempio, «telecommunications» ovvero «télécommunications»). Le nozioni di «Fernmeldewesen» e «Telekommunikation» sono peraltro ampiamente sinonimi, come ha sottolineato incisivamente il governo tedesco.

–       Interpretazione storica

82.      Facendo ricorso all’interpretazione storica si potrebbe asserire che l’assegnazione delle licenze di telefonia mobile a società private non può rientrare nella nozione di telecomunicazioni, poiché nel 1977, anno in cui la direttiva fu adottata, i servizi di telecomunicazione erano erogati direttamente dalle amministrazioni postali statali. È presumibile, quindi, che il legislatore comunitario non abbia originariamente inteso adottare alcuna disciplina relativamente alle licenze per telecomunicazioni.

83.       Il metodo di interpretazione storico, tuttavia, ha un’importanza secondaria e, considerato da solo, non è determinante (34). Occorre piuttosto interpretare le disposizioni della sesta direttiva IVA sotto il profilo sistematico e soprattutto teleologico.

–       Interpretazione sistematica

84.      Sotto il profilo sistematico è rilevante innanzi tutto la definizione di servizi di telecomunicazioni di cui all’art. 9, n. 2, lett. e), decimo trattino della sesta direttiva (35). Essa recita:

«Sono considerate prestazioni di servizi di telecomunicazioni le prestazioni di servizi che rendono possibile la trasmissione, l’emissione o la ricezione di segnali, scritti, immagini e suoni o informazioni di qualsiasi natura via filo, per radio, tramite mezzi ottici o altri mezzi elettromagnetici, ivi compresa la cessione e la concessione, ad esse connesse, di un diritto di utilizzazione a infrastrutture per la trasmissione, l’emissione o la ricezione...».

85.      L’art. 9 disciplina quale luogo debba essere considerato come luogo d’esecuzione nel caso di servizi. Il n. 2, lett. e) stabilisce, fra l’altro, anche per i servizi di telecomunicazione ivi descritti, che per i servizi transfrontalieri la sede del destinatario è considerata come luogo d’esecuzione.

86.      Nella misura in cui i governi e la Commissione ritengono opportuno ricavare deduzioni da detta definizione, essi sono dell’avviso che questa comprenda solo servizi di telecomunicazioni in senso stretto. I diritti di utilizzare «infrastrutture per la trasmissione, l’emissione o la ricezione», citati nella disposizione, si riferiscono a loro avviso all’infrastruttura, non alle licenze per lo sfruttamento dello spettro radio.

87.      Le ricorrenti traggono la conclusione opposta da questo passaggio, che nel testo inglese recita «including the related transfer or assignment of the right to use capacity for such transmission, emission or reception». La nozione di «capacity» sarebbe a loro avviso utilizzata anche nell’accezione di «frequency spectrum capacity».

88.      In effetti il testo inglese sembra consentire la suddetta interpretazione; altre versioni linguistiche, tuttavia, corroborano l’interpretazione dei governi interessati e della Commissione (36). In caso di eventuali divergenze fra le versioni linguistiche, l’interpretazione sistematica e l’interpretazione teleologica di una disposizione assumono tuttavia una rilevanza particolare (37): anch’esse inducono in questo caso a non includere la concessione delle frequenze.

89.      Infatti, come ha sottolineato giustamente il governo olandese, la normativa mira a garantire che i servizi di telecomunicazioni forniti da Stati terzi a destinatari stabiliti nella Comunità siano tassati nella Comunità stessa (38). Questa considerazione è corretta solo per i servizi di telecomunicazioni in senso stretto, in quanto le licenze sono in ogni caso assegnate dalle rispettive autorità nel paese in questione. Per lo più gli acquirenti, ovvero i destinatari della prestazione, potrebbero inoltre essere stabiliti nello Stato in cui vengono assegnate le licenze, in quanto è altamente improbabile che una rete di telefonia mobile UMTS sia realizzata e gestita senza la presenza di un’organizzazione stabile o di una controllata nello Stato in questione.

90.      I governi britannico, olandese e danese, nonché la Commissione, menzionano inoltre la definizione di servizi di telecomunicazioni nelle direttive pertinenti sul mercato interno. Nell’interpretazione della sesta direttiva IVA è perfettamente consono alla prassi della Corte prendere in considerazione anche le definizioni discendenti da atti giuridici che disciplinano il settore interessato e non perseguono scopi che si discostano dalla normativa sull’IVA (39).

91.      L’art. 2, n. 4, della direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/387/CEE, sull’istituzione del mercato interno per i servizi di telecomunicazioni mediante la realizzazione della fornitura di una rete aperta di telecomunicazioni (40) definisce i servizi di telecomunicazioni come «servizi la cui fornitura consiste totalmente o parzialmente nella trasmissione e nell’instradamento di segnali su una rete di telecomunicazioni mediante procedimenti di telecomunicazioni, ad eccezione della radiodiffusione e della televisione». Sulla scorta di detta definizione, la concessione di licenze UMTS non è un servizio di telecomunicazioni.

92.      Permangono nondimeno dubbi circa il fatto che le citate definizioni possano essere trasposte tout court all’allegato D, in quanto si riferiscono a servizi di telecomunicazioni (telecommunication services), mentre nell’allegato D figurano le telecomunicazioni (telecommunications). Si potrebbe intendere tale nozione come sineddoche del detto settore di attività, comprendente anche altre attività rispetto ai servizi di telecomunicazioni in senso stretto.

–       Interpretazione teleologica

93.      Il sistema e la finalità della normativa di cui all’art. 4, n. 5, terzo comma in combinato disposto con l’allegato D della sesta direttiva sono tuttavia determinanti. Le attività elencate nell’allegato D, come ha affermato l’avvocato generale Alber, sono attività in cui il carattere economico è primario e palese (41).

94.      Dal momento che solitamente dette prestazioni sono o possono essere offerte anche da imprese private si presuppone generalmente che gli effetti sulla concorrenza siano rilevanti. Lo scopo della normativa è equiparare lo Stato in questa situazione ad un soggetto passivo privato. Ai sensi del secondo comma, le altre operazioni dello Stato sono soggette ad IVA solo in singoli casi, in presenza di imminenti distorsioni della concorrenza di una certa importanza.

95.      L’equiparazione dello Stato ai soggetti passivi privati è corretta solo per quanto riguarda i servizi di telecomunicazioni in senso stretto, in quanto essi nel frattempo possono essere offerti anche da imprese private. La prima concessione di licenze per l’uso di determinate porzioni dello spettro di frequenze, per contro, è, allo stadio attuale di sviluppo (42), prerogativa dello Stato (43). Anche qualora l’attribuzione di licenze dovesse, a determinate condizioni, essere aperta alla concorrenza per la rivendita delle stesse da parte di privati (44), in linea generale non ne deriverebbe necessariamente un’equiparazione dello Stato ai soggetti passivi privati in relazione a detta attività. Tutt’al più, si deve piuttosto esaminare se la tassazione della prestazione dello Stato sia necessaria per tutelare la concorrenza ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva.

96.      La quinta questione pregiudiziale deve pertanto essere risolta nel senso che la nozione di «telecomunicazioni» di cui all’allegato D, n. 1, della sesta direttiva non comprende, nell’attuale stadio di sviluppo, l’asta di licenze UMTS da parte dello Stato.

3.      Sulla seconda questione pregiudiziale: esercizio della pubblica autorità ai sensi dell’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva

97.      A norma dell’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva l’esenzione dall’obbligo fiscale dipende dal soddisfacimento di due condizioni cumulative che sono l’esercizio di attività mediante organismi pubblici e l’esecuzione di tali attività in veste di pubblica autorità (45). Il Secretary of State e/o la RA soddisfano senza dubbio la prima condizione.

98.      La seconda condizione è stata esplicitata dalla Corte di giustizia nella sentenza Fazenda Pública/Câmara Municipal do Porto (46) nei seguenti termini:

«Per quanto riguarda quest’ultima condizione, sono le modalità di esercizio delle attività in esame che consentono di determinare la portata dell’esenzione degli enti pubblici (…) [(47)].

Risulta così da una consolidata giurisprudenza della Corte che le attività esercitate in quanto pubbliche autorità, ai sensi dell’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, sono quelle svolte dagli enti pubblici nell’ambito del regime giuridico loro proprio, escluse le attività da essi svolte in base allo stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati (…) [(48)]».

99.      Inoltre la Corte ha stabilito che nell’ambito di detta verifica non rileva l’oggetto o il fine dell’attività (49).

100. Le ricorrenti deducono dalla giurisprudenza che la forma dell’azione è determinante sopra ogni cosa. L’asta delle licenze si è svolta alle stesse condizioni valide per le corrispondenti operazioni regolate dal diritto privato nella normativa inglese. Il fatto che l’asta delle licenze sia servita anche a regolamentare il mercato non deve essere preso in considerazione.

101. Gli Stati membri interessati e la Commissione sottolineano invece che, a norma delle pertinenti disposizioni comunitarie e nazionali, la concessione di licenze UMTS spetta esclusivamente allo Stato, il quale è soggetto in proposito a vincoli particolari.

102. Si deve inoltre rilevare che, ai sensi dell’art. 2, n. 1, lett a), della direttiva 97/13 solo un’autorità di regolamentazione statale può rilasciare licenze individuali per la gestione di una rete di telecomunicazioni. Nel fare ciò l’autorità si deve attenere alle norme di cui agli artt. 9 e 10 della direttiva. Qualora uno Stato membro conceda solo un numero limitato di licenze individuali, esso deve operare la selezione soprattutto sulla scorta di criteri oggettivi, non discriminatori, dettagliati, trasparenti e proporzionati (art. 10, n. 3, della direttiva 97/13 ). Ai diritti riscossi in tale contesto si applicano le disposizioni dell’art. 11, n. 2, della direttiva 97/13 .

103. Anche se la valutazione finale del contesto normativo nazionale spetta al giudice del rinvio, non vi sono dubbi che la concessione di una licenza UMTS, ai sensi del WTA 1949 e del WTA 1998 nonché del regolamento WTA, spetta esclusivamente al Secretary of State. I vincoli a lui imposti dal diritto nazionale si basano sulle norme della direttiva 97/13 . Peraltro solo il Secretary of State ha facoltà di revocare la licenza, non solo nei casi previsti dalla licenza stessa ma anche per motivi di sicurezza nazionale o per adempiere ad obblighi sanciti dal diritto comunitario o internazionale (50).

104. Il Secretary of State, rappresentato dalla RA, ha concesso quindi le licenze UMTS sulla base di una normativa giuridica che si applicava soltanto a lui. Nessun privato aveva facoltà di concedere analoghe licenze. Ciò consente di concludere che l’asta delle licenze era un’attività incombente ad organismi statali nell’esercizio della pubblica autorità.

105. Tale conclusione non è inficiata dal fatto che le licenze siano state attribuite mediante un’asta, procedura sorta nell’ambito del diritto civile e di cui pertanto possono avvalersi anche i privati.

106. La Corte di giustizia ha invero considerato decisive le modalità dell’azione. Sarebbe però troppo riduttivo interpretare ciò solo alla stregua di un «come», ovvero quale forma dell’azione. È invece importante in primo luogo stabilire se i privati, sulla base delle norme pertinenti, possano espletare un’attività simile. In caso affermativo, lo Stato dovrebbe essere trattato come un soggetto passivo per non inficiare la neutralità del prelievo dell’imposta sul valore aggiunto. Il fatto che lo Stato, nell’esercizio dei poteri ad esso attribuiti in via esclusiva, si sia avvalso di una procedura propria del diritto civile, non ha invece alcun effetto sulla neutralità fiscale.

107. Non sono decisive le norme di diritto pubblico generali, quanto il contesto giuridico concreto dell’asta delle licenze UMTS.

108. Se si accogliesse la tesi delle ricorrenti, vi sarebbe esercizio di pubblica autorità solo quando lo Stato emanasse atti amministrativi, ovvero quando esercitasse le proprie potestà sovrane in senso stretto. Questa concezione è stata tuttavia esplicitamente contestata dalla Corte nelle sentenze sui pedaggi autostradali (51).

109. Nella sentenza Fazenda Pública/Câmara Municipal do Porto (52) la Corte di giustizia ha dedotto dal fatto che la gestione di parcheggi pubblici era legata all’esercizio della potestà d’imperio che l’attività era sottoposta ad un regime di diritto pubblico. L’agire utilizzando la potestà di imperio, in cui lo Stato e i cittadini si collocano l’uno nei confronti degli altri secondo un rapporto di preminenza e subordinazione, costituisce per la Corte un indizio dell’esercizio della pubblica autorità ai sensi dell’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, ma non ne è una premessa indefettibile (53).

110. Tenere conto del contesto giuridico determinante la forma dell’atto potrebbe inoltre inficiare l’applicazione uniforme della sesta direttiva in materia di IVA, in quanto alcuni Stati membri potrebbero essere soliti avvalersi, più di altri, di atti tipici del diritto privato. Anche il confine fra forme di atti di diritto pubblico e forme di atti di diritto privato potrebbe differire nei diversi ordinamenti giuridici.

111. Occorre inoltre rilevare che l’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva richiede solo che l’operazione sia svolta nel contesto della pubblica autorità. Pertanto l’asta delle licenze UMTS non può essere presa in considerazione isolatamente (54): tale attività si inserisce piuttosto nel quadro complessivo della gestione delle frequenze e della regolamentazione del settore delle telecomunicazioni. In detto contesto lo Stato si serve sostanzialmente della potestà di imperio quando ad esempio traspone le norme della decisione UMTS o delle direttive relative al mercato interno nella legislazione nazionale. Esso agisce del pari come pubblica autorità quando sanziona penalmente la gestione non autorizzata di stazioni radio ai sensi del WTA 1949 ovvero quando revoca una licenza per motivi di sicurezza nazionale o per ottemperare ad obblighi nascenti dal diritto comunitario o internazionale.

112. Non costituisce peraltro contraddizione il fatto che nella presente analisi si prenda in considerazione il più ampio contesto normativo dell’attività, mentre ai fini della qualificazione come attività economica è determinante solo la procedura esterna. È consono anzi alla logica dell’art. 4 della sesta direttiva garantire un’applicazione ampia della stessa attraverso un’interpretazione estensiva dei nn. 1 e 2 del primo capo, ma tenendo conto delle speciali condizioni giuridiche generali dell’agire statale nell’applicazione del n. 5.

113. Infine la qualificazione dell’asta delle licenze come attività svolta nell’ambito della pubblica autorità non viene meno per il fatto che essa consenta allo Stato di realizzare proventi considerevoli. Ciò – come è stato mostrato – può comportare che l’operato dello Stato acquisisca carattere economico ai sensi dell’art. 4, n. 2, della sesta direttiva. Nondimeno si resta nell’ambito dell’esercizio della pubblica autorità quando lo Stato agisce sulla base di un regime giuridico specifico che si applica solo ad esso.

114. La seconda questione pregiudiziale deve pertanto essere risolta nel seguente modo:

Devono essere considerate attività svolte nell’esercizio della pubblica autorità ai sensi dell’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva le attività svolte da organismi di diritto pubblico nell’ambito di una specifica normativa di diritto pubblico. L’esercizio della pubblica autorità non viene meno perché lo Stato, nell’adempiere alle funzioni ad esso attribuite in via esclusiva, si serve di una procedura tipica del diritto privato ovvero percepisce entrate ingenti tramite la sua attività.

4.      Sulla terza questione pregiudiziale: può l’attività essere in parte di natura economica e in parte espressione dell’esercizio di pubblica autorità?

115. Le ricorrenti hanno dedotto, in subordine, che la concessione delle licenze UMTS ha avuto, almeno in parte, carattere economico ovvero si è svolta in parte al di fuori dell’esercizio della pubblica autorità.

116. Occorre preliminarmente rilevare che la sentenza Armbrecht (55), cui le ricorrenti fanno riferimento nel presente contesto, riguardava il caso dell’uso parziale di un bene per scopi economici e le conseguenze da esso derivanti per il diritto alla detrazione d’imposta. Nel caso in discorso, invece, ci si pone la questione se la stessa asta delle licenze sia imponibile ai fini IVA in quanto effettuata da un soggetto passivo nell’ambito della sua attività economica.

117. Nella sentenza CCP (56) la Corte di giustizia ha dichiarato che ciascun servizio deve essere di norma considerato come una prestazione a sé ed autonoma. Dal momento che un servizio con caratteristiche di unitarietà dal punto di vista economico non deve essere frazionato artificialmente per non alterare la funzionalità di un sistema di imposte sul valore aggiunto, occorre esaminare l’essenza dell’operazione controversa per accertare se il soggetto passivo abbia fornito al consumatore più prestazioni principali indipendenti o una prestazione unitaria. Qualora l’operazione sia unica, anch’essa deve sostanzialmente essere trattata come se fosse unitaria ai fini dell’imposizione dell’IVA (57).

118. Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non sono desumibili indizi da cui dedurre che la concessione delle licenze UMTS fosse composta da due o più prestazioni. Piuttosto è stata conferita una licenza con un atto singolo ed è stato imposto un diritto unitario in relazione ad essa.

119. È trascurabile anche la circostanza che i licenziatari e l’ammontare dei diritti siano stati individuati precedentemente per mezzo di un’asta e che la licenza sia stata conferita solo in un secondo momento dietro pagamento del diritto. Queste ultime procedure, infatti, rappresentano solo atti esecutivi subordinati che non devono essere valutati disgiuntamente dall’asta.

120. Come accertato, nell’esecuzione di detta prestazione unitaria lo Stato ha effettuato un’operazione economica, esercitando allo stesso tempo pubblica autorità. In mancanza di spunti fattuali per una suddivisione in operazioni da valutarsi disgiuntamente, la terza questione è di natura ipotetica e pertanto non deve essere risolta (58).

5.      Sulla quarta questione pregiudiziale: il mancato assoggettamento all’imposta comporta distorsioni della concorrenza di una certa importanza?

121. Ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva gli organismi statali che effettuano attività loro incombenti in quanto pubbliche autorità sono considerati soggetti passivi quando il loro mancato assoggettamento all’imposta provocherebbe distorsioni di concorrenza di una certa importanza.

122. Secondo quanto accertato dalla Corte di giustizia nella sentenza Comune di Carpaneto Piacentino gli Stati membri sono tenuti

«a garantire l’assoggettamento degli enti di diritto pubblico per le attività che esercitano in quanto pubbliche autorità allorché tali attività possono essere del pari esercitate da privati in concorrenza con essi e qualora il loro non assoggettamento sia atto a provocare distorsioni di concorrenza di una certa importanza,…» (59).

123. La prima concessione delle licenze è riservata esclusivamente allo Stato, così da escludere la concorrenza fra identiche prestazioni da parte dello Stato e di altri offerenti al momento dell’asta delle licenze. Le ricorrenti eccepiscono tuttavia che l’assegnazione esente da IVA delle licenze da parte dello Stato potrebbe entrare in concorrenza con un’ulteriore cessione futura delle licenze da parte di offerenti privati.

124. Al n. 4 delle licenze distribuite nel 2000 era stabilita la condizione della non trasferibilità. A quell’epoca, inoltre, né la direttiva 97/13 né il WTA 1998 prevedevano il commercio delle licenze.

125. In un memorandum informativo del ministero del 1° novembre 1999 si legge nondimeno che le licenze da assegnare mediante asta potrebbero successivamente essere dichiarate trasferibili nel caso venga introdotto successivamente il commercio di licenze, ma che non si sa se ciò avverrà né quando avverrà. L’art. 9, n. 4, della direttiva 2002/21 contiene norme che stabiliscono le condizioni da rispettare per il trasferimento dei diritti d’uso delle frequenze. Secondo quanto risulta dalla domanda di rinvio pregiudiziale le autorità del Regno Unito non prevedono che il commercio delle frequenze per la telefonia mobile comincerà prima del 2007.

126. In questo scenario il giudice del rinvio chiede quanto sia verosimile e imminente una «distorsione della concorrenza di una certa importanza» ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva e quale importanza rivesta in questo contesto il principio di neutralità dell’IVA.

127. Al riguardo si deve rilevare in primis che la titolarità o meno della qualità di soggetto passivo deve essere valutata al momento della prestazione (60), cosicché anche le conseguenze sulla concorrenza si devono verificare in quel momento.

128. Ciò presuppone che al momento dell’attribuzione delle frequenze esista già un mercato dei corrispondenti diritti d’uso. In altri termini: devono innanzi tutto già esistere diritti d’uso paragonabili che possano essere scambiati fra privati. Solo a queste condizioni l’attribuzione di frequenze da parte dello Stato potrebbe entrare in concorrenza con la cessione di diritti di uso delle frequenze da parte dei privati.

129. Prima dell’asta delle licenze UMTS non vi erano licenze analoghe disponibili sul mercato britannico; il commercio di licenze, inoltre, non era neanche possibile da un punto di vista normativo. Non era nemmeno prevedibile se e quando sarebbe stato creato il contesto normativo per tale commercio.

130. Invero la Corte di giustizia, nella sentenza Taksatorringen (61), ha accertato, mutatis mutandis, che l’art. 13, parte A, n. 1, lett. f), della sesta direttiva riguarda anche distorsioni della concorrenza che potrebbero essere causate da una liberalizzazione futura. Ciononostante il pericolo di distorsioni della concorrenza deve essere reale (62).

131. Anche se nessun operatore offre effettivamente prestazioni concorrenti esenti da IVA il pericolo di distorsione della concorrenza può essere reale, in quanto una situazione di partenza svantaggiosa è di per sé idonea a far desistere i potenziali concorrenti dall’impegnarsi attivamente sul mercato. È invece escluso che sussista un pericolo reale di questo tipo quando, in ragione del contesto legale esistente, nessun operatore concorrente potenziale può effettuare una propria offerta relativamente alle frequenze assegnate dallo Stato.

132. Se lo Stato concederà nuovamente licenze in un momento successivo all’introduzione del commercio delle stesse, allora si dovrà valutare nuovamente il trattamento ai fini IVA per questa tornata di concessione di licenze (63). Tuttavia il trattamento ai fini IVA di successive concessioni di licenze da parte dello Stato non si applica retroattivamente all’assegnazione delle licenze svoltasi nel 2000, oggetto del presente procedimento.

133. Le ricorrenti asseriscono inoltre che vi sarebbe distorsione della concorrenza sulla base della seguente motivazione: qualora un operatore di telefonia mobile acquistasse una licenza dopo l’introduzione del commercio delle licenze da un’altra impresa e dovesse pertanto pagarvi l’IVA, si troverebbe in una posizione di svantaggio rispetto a quei concorrenti che hanno ottenuto una licenza dallo Stato in un’epoca precedente senza pagare l’IVA. Invero l’acquirente secondario di una licenza potrebbe portare in detrazione l’IVA corrisposta, tuttavia in determinate circostanze ciò comporterebbe una temporanea perdita di liquidità.

134. Tuttavia, come è già stato accertato, deve sussistere un potenziale rapporto di concorrenza già all’epoca dell’operazione controversa. Non è sufficiente la possibilità che siano create successivamente le condizioni normative necessarie affinché ciò si verifichi, in quanto l’obbligo di pagare le imposte non può dipendere da previsioni più o meno incerte.

135. A prescindere da tutto ciò l’operazione dello Stato dovrebbe essere assoggettata ad imposta solo qualora il mancato assoggettamento comporti, secondo quanto accertato dal giudice del rinvio, distorsioni della concorrenza di una certa importanza giusta l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva.

136. Ciò si verificherebbe, ad esempio, se lo Stato fornisse ai consumatori finali una prestazione identica a quella delle imprese private. Infatti, nel primo caso i clienti dovrebbero pagare il prezzo senza IVA, nel secondo il prezzo maggiorato dell’IVA (64). Dal momento che i consumatori finali non hanno diritto a portare in detrazione l’imposta, la prestazione dell’operatore privato risulterebbe più costosa di un importo pari a quello dell’intera imposta sul valore aggiunto.

137. Qualora invece un soggetto passivo acquistasse una licenza UMTS da un privato, ciò si rivelerebbe meno appetibile rispetto all’acquisto dallo Stato solo in singoli casi specifici e in misura limitata, in quanto l’IVA può essere detratta immediatamente come anticipo d’imposta oppure è rimborsata entro un breve periodo. È vero che i costi di prefinanziamento possono ammontare a somme ingenti in termini assoluti, tuttavia, rispetto alla spesa totale per l’acquisto di frequenze UMTS, tali esborsi non raggiungono generalmente dimensioni tali da poter cagionare distorsioni della concorrenza di una certa importanza.

138. Peraltro l’introduzione del commercio delle frequenze non era in alcun modo prevedibile come fatto certo nel 2000 e non si è di fatto verificata sino ad oggi nel Regno Unito. Quanto maggiore è la distanza temporale fra l’assegnazione delle licenze da parte dello Stato e la possibilità di un secondo acquisto delle stesse tanto più grande è spesso il cambiamento del mercato nel suo complesso. Altri fattori, come ad esempio la nuova valutazione del valore economico delle licenze in considerazione del gettito proveniente da tecniche concorrenti per la telefonia mobile UMTS, acquisiscono un peso completamente diverso rispetto all’eventuale perdita di liquidità a seguito del temporaneo esborso dell’imposta a monte. Anche detta considerazione mostra come la distorsione della concorrenza nell’accezione dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva possa essere sostanzialmente considerata esistente solo quando le prestazioni sono disponibili nello stesso momento o quasi e l’acquirente potenziale può scegliere fra due offerte paragonabili.

139. La quarta questione deve pertanto essere risolta come segue:

Si verifica una distorsione della concorrenza di una certa importanza ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva solo quando sussiste il pericolo reale che il mancato assoggettamento dello Stato all’imposta nuoccia considerevolmente agli operatori attualmente esistenti o potenziali che offrano prestazioni competitive nella propria posizione di concorrenti. In linea di principio siffatto pericolo non sussiste se, in base al contesto normativo generale, al momento dell’effettuazione delle prestazioni da parte dello Stato sia precluso agli operatori privati immettere sul mercato prestazioni in concorrenza con quelle offerte dallo Stato.

C –    Sulla sesta questione pregiudiziale: interpretazione conforme alle direttive della normativa nazionale di attuazione dell’art. 4, n. 5, della sesta direttiva

140. A norma dell’art. 41, n. 2, del VAT Act 1994 l’amministrazione finanziaria ha emanato le Treasury Directions (istruzioni in materia fiscale) in base alle quali determinate attività dell’amministrazione pubblica – fra cui la concessione di licenze e le telecomunicazioni – sono considerate attività soggette ad imposta (65).

141. Come la Corte di giustizia ha dichiarato nella sentenza Fazenda Pública/Câmara Municipal do Porto (66), gli Stati membri possono trasporre l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva in modo da realizzare il contesto normativo e conferire all’amministrazione il potere di decidere sulla base dei criteri normativi quando un’attività dello Stato debba essere soggetta ad IVA, in modo tale da impedire distorsioni della concorrenza di una certa importanza.

142. Il giudice del rinvio desidera sapere in quale misura, nell’applicare le citate norme nazionali, acquista importanza il principio dell’interpretazione conforme alle direttive del diritto nazionale menzionato nella sentenza Marleasing (67).

143. In base a detto principio il giudice nazionale è tenuto, nell’applicare il diritto interno ed in particolare le disposizioni di una normativa emanata specificatamente per trasporre le norme di una direttiva, ad interpretare per quanto possibile il diritto interno secondo la lettera e lo scopo di detta direttiva al fine di conseguire il risultato perseguito da quest’ultima e conformarsi pertanto all’art. 249, n. 3, CE (68).

144. Si deve tenere conto di detto principio nell’applicare qualsiasi norma interna. Esso è valido anche in relazione alle Treasury Directions che, in attuazione dell’art. 4, nn. 1 e 5, della sesta direttiva, stabiliscono quali prestazioni dell’amministrazione pubblica debbano essere trattate alla stregua di prestazioni soggette ad imposta.

145. Le ricorrenti eccepiscono nondimeno che il principio dell’interpretazione conforme alle direttive del diritto nazionale non si applica alle Treasury Directions, poiché l’amministrazione finanziaria ha esercitato nell’emanarle la discrezionalità conferitale dalla direttiva.

146. Questa tesi non può essere condivisa. Quando le autorità nazionali, in attuazione dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva assoggettano all’imposta determinate attività degli organismi pubblici esse sono vincolate dalle disposizioni della direttiva. In base a tali disposizioni la sussistenza di una distorsione di una certa importanza presuppone in linea di principio, come già esposto, che le prestazioni dello Stato siano in concorrenza con prestazioni corrispondenti dei privati nel momento in cui vengono effettuate. La direttiva non conferisce alle autorità nazionali la facoltà di assoggettare ad IVA una prestazione statale fornita nell’esercizio della pubblica autorità, sebbene per motivi giuridici non sussista un corrispondente rapporto di concorrenza né una condizione di cui al combinato disposto dell’art. 4, n. 5, terzo comma e dell’allegato D della sesta direttiva.

147. Le ricorrenti deducono inoltre che lo Stato non può invocare un’interpretazione conforme alla direttiva a danno dei privati. Anche questa opinione non è corretta. I giudici devono interpretare il diritto interno in modo conforme alle direttive indipendentemente dal fatto che ciò possa comportare conseguenze svantaggiose per i privati. La Corte di giustizia, infatti, proprio nelle controversie in cui si contrappongono dei privati e il rispetto del diritto comunitario arreca necessariamente un pregiudizio ad una delle parti private, ha sottolineato l’obbligo di interpretazione conforme alle direttive (69). Essa ha inoltre riconosciuto che il far valere una direttiva può avere ripercussioni negative indirette sui diritti dei singoli (70).

148. Ciò non è in contrasto con la giurisprudenza costante, secondo cui una direttiva non può di per sé giustificare obblighi nei confronti di un singolo e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei confronti dello stesso (71). Questa considerazione vale solo per l’applicazione diretta delle direttive e non già per l’interpretazione conforme alle direttive stesse. In questo ultimo caso, infatti, non è la direttiva stessa ad imporre obblighi al singolo, bensì il diritto nazionale, la cui attuazione deve essere effettuata in modo armonizzato con la direttiva.

149. Spetta al giudice nazionale decidere se nel caso di specie sia possibile un’interpretazione conforme alle direttive della normativa statale. Al riguardo non devono essere prese in considerazione solo le Treasury Regulations; il giudice nazionale deve piuttosto esaminare l’intera normativa nazionale per valutare in che misura questa possa essere applicata in modo da evitare un risultato che contrasti con la direttiva stessa (72).

150. Se il diritto nazionale permette, tramite l’applicazione delle proprie modalità interpretative, di interpretare una disposizione interna in determinate circostanze in modo da evitare un conflitto con un’altra norma di diritto interno o di limitare la portata di tale norma per questa finalità e di applicarla solo in quanto compatibile con detta norma, il giudice nazionale è obbligato ad applicare gli stessi metodi per conseguire lo scopo perseguito dalla direttiva (73). Il diritto comunitario non impone tuttavia di adottare un’interpretazione conforme alle direttive che comporti un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (74).

151. La sesta questione pregiudiziale deve essere risolta nel seguente modo:

Quando uno Stato membro decide di trasporre l’art. 4, nn. 1 e 5, della sesta direttiva per mezzo di norme giuridiche con cui viene conferita per legge all’amministrazione pubblica la facoltà di emanare indicazioni circa quali prestazioni della stessa debbano essere considerate prestazioni imponibili e l’amministrazione pubblica si avvale di tale facoltà, il giudice nazionale, nell’applicare tali disposizioni, deve interpretare il diritto interno per quanto possibile secondo la lettera e lo scopo della sesta direttiva al fine di conseguire lo scopo in essa sancito ed ottemperare così all’art. 249, n. 3, CE.

V –    Conclusione

152. In conclusione suggerisco di risolvere i quesiti sottoposti alla Corte dal VAT and Duties Tribunal di Londra nel modo seguente:

1.      L’asta effettuata da un organo statale avente ad oggetto licenze che comportano il diritto di sfruttare per un determinato periodo di tempo distinte porzioni dello spettro elettromagnetico per offrire servizi di telefonia mobile UMTS deve considerasi, alle condizioni di cui al procedimento principale, come sfruttamento di un bene immateriale, finalizzato alla realizzazione di introiti avente un certo carattere di stabilità e pertanto alla stregua di attività economica ai sensi dell’art. 4, nn. 1 e 2, della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1077, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme.

2.      La nozione di «telecomunicazioni» di cui all’allegato D, n. 1, della sesta direttiva non comprende, nell’attuale stadio di sviluppo, l’asta di licenze UMTS da parte dello Stato.

3.      Devono essere considerate attività svolte nell’esercizio della pubblica autorità ai sensi dell’art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva le attività svolte da organismi di diritto pubblico nell’ambito specifico di una normativa di diritto pubblico. L’esercizio della pubblica autorità non viene meno perché lo Stato, nell’adempiere alle funzioni ad esso attribuite in via esclusiva, si serve di una procedura tipica del diritto privato ovvero percepisce entrate ingenti tramite la sua attività.

4.      Si verifica una distorsione della concorrenza di una certa importanza ai sensi dell’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva solo quando sussiste il pericolo reale che il mancato assoggettamento dello Stato all’imposta nuoccia considerevolmente agli operatori attualmente esistenti o potenziali che offrano prestazioni competitive nella propria posizione di concorrenti. In linea di principio siffatto pericolo non sussiste se, in base al contesto normativo generale, al momento dell’effettuazione delle prestazioni da parte dello Stato sia precluso agli operatori privati immettere sul mercato prestazioni in concorrenza con quelle offerte dallo Stato.

5.      Quando uno Stato membro decide di trasporre l’art. 4, nn. 1 e 5, della sesta direttiva per mezzo di norme giuridiche con cui viene conferita per legge all’amministrazione pubblica la facoltà di emanare istruzioni su quali prestazioni debbano essere considerate prestazioni imponibili e l’amministrazione pubblica si avvale di tale facoltà, il giudice nazionale, nell’applicare tali norme, deve interpretare il diritto interno per quanto possibile secondo la lettera e lo scopo della sesta direttiva al fine di conseguire il risultato da questa indicato ed ottemperare così all’art. 249, n. 3 CE.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – IMT‑2000: International Mobile Telecommunications-2000 [standard sviluppato dall'International Telecommunications Union (ITU)]; UMTS: Sistema di Comunicazioni Mobili Universali [standard sviluppato nell'ambito della conferenza europea delle amministrazioni delle poste e delle telecomunicazioni (CEPT) e dell'Istituto europeo per gli Standard nelle telecomunicazioni (ETSI), facente parte della cosiddetta famiglia IMT‑2000).


3 – Si tratta in un certo senso di IVA pagata senza che nessuno se ne sia accorto, come ha perspicacemente affermato il rappresentante del governo olandese all'udienza di trattazione dinanzi alla Corte di giustizia.


4 – Sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1).


5 – Causa C‑284/04, T‑Mobile Austria e a.


6 – L'assegnazione delle licenze mediante asta ha avuto luogo, fra l'altro, in Germania, Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Grecia, Ungheria, Italia, Paesi Bassi, Repubblica ceca e Regno Unito. In Spagna, Finlandia, Francia, Lussemburgo, Polonia, Portogallo, Slovacchia, Slovenia e Svezia gli aggiudicatari sono stati scelti dopo una gara d'appalto (cd. beauty contest). Nei menzionati Stati, ad eccezione dell'Ungheria e della Finlandia, l'assegnazione delle licenze non è stata assoggettata ad IVA. In Finlandia le licenze sono state assegnate gratuitamente.


7 – La CEPT è un'organizzazione internazionale cui attualmente appartengono le autorità preposte alla regolamentazione delle poste e telecomunicazioni di 46 Stati europei. (Per ulteriori informazioni consultare la homepage dell'organizzazione: www.cept.org).


8 – In detta risoluzione sono riportate le seguenti bande di frequenze: 1900-1980 MHz, 2010-2025 MHz e 2110-2170 MHz per usi terrestri dell'UMTS e 1980-2010 MHz e 2170-2200 MHz per usi satellitari dell'UMTS.


9 – V., al riguardo, le informazioni pubblicate sulla homepage dello European Radiocommunications Office (ERO): www.ero.dk/ecc.


10 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 10 aprile 1997, 97/13/CE, relativa ad una disciplina comune in materia di autorizzazioni generali e di licenze individuali nel settore dei servizi di telecomunicazione, GU L 117, pag. 15, sostituita, con effetto dal 24 luglio 2003, dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro), GU L 108, pag. 33.


11 – Cit. alla nota 10.


12 – GU L 17, pag. 1.


13 – Secondo la tecnologia attualmente in uso il funzionamento di una rete richiede una frequenza per il canale emittente e un'altra per il canale ricevente (Frequency Division Duplex – FDD). Ciascuna delle licenze A, C, D ed E è dotata anche di una frequenza non binaria di 5 MHz utilizzabile per il funzionamento differito (Time Division Duplex – TDD).


14 –      La BT3G era all'epoca controllata dalla British Telecommunications Plc; a seguito della separazione dell'attività di telefonia mobile dalla BT e della sua collocazione nella mmO2, la BT3G è sta ridenominata O2 Third Generation Limited.


15 – Sentenze 12 settembre 2000, causa C‑260/98, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑6537, punto 26); causa C‑359/97, Commissione/Regno Unito (Racc. pag. I‑6355, punto 41), nonché sentenza 21 febbraio 2006, causa C‑223/03, University of Huddersfield (Racc. pag. I‑1751, punto 47); v. anche sentenze 26 marzo 1987, causa 235/85, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. 1471, punto 8), nonché, nello stesso senso, fra le altre, sentenze 14 febbraio 1985, causa 268/83, Rompelman (Racc. pag. 655, punto 19) e 27 novembre 2003, causa C‑497/01, Zita Modes (Racc. pag. I‑14393, punto 38).


16 – Sentenze 6 aprile 1995, causa C‑4/94, BLP Group (Racc. pag. I‑983, punto 24) e 12 gennaio 2006, cause C‑354/03, C‑355/03 e C‑484/03, Optigen e a. (Racc. pag. I‑483, punto 45).


17 – V. le sentenze cit. alla nota 16.


18 – Qualora il pagamento di diritti escludesse a priori l'applicabilità della sesta direttiva non vi sarebbe bisogno della precisazione di cui all'art. 4, n. 5, primo comma, della sesta direttiva, secondo cui lo Stato non è soggetto passivo neanche quando riscuote diritti per la propria attività.


19 – Giusta l'art. 10, n. 1, della direttiva 97/13 gli Stati membri possono limitare il numero delle licenze individuali solo al fine di assicurare un uso efficiente delle frequenze radio.


20 – V. sentenze Commissione/Paesi Bassi, cit. alla nota 15, punto 10; Commissione/Grecia, cit. alla nota 15, punto 28; Commissione/Regno Unito, cit. alla nota 15, punto 43.


21 – V. la giurisprudenza cit. alla nota 15.


22 – Sentenza 19 gennaio 1994, causa C‑364/92, SAT Fluggesellschaft (Racc. pag. I‑43, punto 30); v., al riguardo, anche sentenze 18 marzo 1997, causa C‑343/95, Diego Calì & Figli (Racc. pag. I‑1547, punti 22 e 23) e 19 febbraio 2002, causa C‑309/99, Wouters e a. (Racc. pag. I‑1577, punto 57).


23 – Sentenze 4 dicembre 1990, causa C‑186/89, Van Tiem (Racc. pag. I‑4363, punto 18); 26 giugno 2003, causa C‑442/01, KapHag (Racc. pag. I‑6851, punto 37); 29 aprile 2004, causa C‑77/01, EDM (Racc. pag. I‑4295, punto 48), nonché sentenza 21 ottobre 2004, causa C‑8/03, BBL (Racc. pag. I‑10157, punto 36).


24 – Sentenze 26 settembre 1996, causa C‑230/94, Enkler (Racc. pag. I‑4517, punto 22); 27 gennaio 2000, causa C‑23/98, Heerma (Racc. pag. I‑419, punto 19). V. anche sentenza 14 febbraio 1985, causa 268/83, Rompelman (Racc. pag. 655) in cui la Corte di giustizia ha qualificato come attività economica l'acquisizione di un diritto di proprietà su una parte di un immobile.


25 – V. ad esempio il testo inglese «for the purpose of obtaining income therefrom on a continuing basis», francese «en vue d'en retirer des recettes ayant un caractère de permanence», italiano «per ricavarne introiti aventi un certo carattere di stabilità», spagnolo «con el fin de obtener ingresos continuados en el tiempo».


26 – Sentenza Enkler, cit. alla nota 24, punto 20.


27 – Sentenza Enkler, cit. alla nota 24, punto 27.


28 – Sentenze 20 giugno 1996, causa C‑155/94, Wellcome Trust (Racc. pag. I‑3031, punti 32 e segg.) e EDM, cit. alla nota 23, punti 57 e segg.. V. inoltre, relativamente alla detenzione e acquisto di azioni: sentenze KapHag, cit. alla nota 23, punto 38, e 26 maggio 2005, causa C‑465/03, Kretztechnik (Racc. pag. I‑4357, punti 19 e segg.).


29 – V. avv. gen. Mischo, il quale illustra lucidamente che l'art. 4, n. 5, è per così dire costruito per stadi differenti e strutturato in eccezioni e controeccezioni (conclusioni 15 marzo 1989, cause 231/87 e 129/88 Comune di Carpaneto Piacentino e a., Racc. pag. 3233, paragrafo 8).


30 – Sentenza 17 ottobre 1989, cause 231/87 e 129/88 (Comune di Carpaneto Piacentino e a., Racc. pag. 3233, punto 22).


31 – V. le conclusioni dell'avvocato generale Alber 29 giugno 2000, causa C‑446/98, Fazenda Pública (Racc. pag. I‑11435, paragrafo 69).


32 – L'allegato D riporta complessivamente 13 tipi di attività, oltre alle telecomunicazioni, fra cui ad es. l'erogazione di acqua, gas, energia elettrica, il trasporto di persone e merci, la prestazione di servizi portuali e aeroportuali, la gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale, agenzie di pubblicità e viaggi, la gestione di mense e altri.


33 – Il governo del Regno Unito fa riferimento alla definizione di servizi di telecomunicazione ai sensi dell'art. 2, n. 4, della direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/387/CEE, sull'istituzione del mercato interno per i servizi delle telecomunicazioni mediante la realizzazione della fornitura di una rete aperta di telecomunicazioni (Open Network Provision – ONP) (GU L 192 pag. 1), nel frattempo abrogata, secondo cui «“servizi di telecomunicazioni” [sono] i servizi la cui fornitura consiste totalmente o parzialmente nella trasmissione e nell'instradamento di segnali su una rete di telecomunicazioni mediante procedimenti di telecomunicazioni, ad eccezione della radiodiffusione e della televisione».


34 – V. al riguardo le mie conclusioni 13 luglio 2006 per la causa C‑278/05, Robins e Burnett (Racc. pag. I‑0000, paragrafi 80 e 81).


35 – La disposizione è stata introdotta dalla direttiva del Consiglio 17 giugno 1999, 1999/59/CE che ha modificato la direttiva 77/388/CEE per quanto riguarda il regime di imposta sul valore aggiunto applicabile ai servizi di telecomunicazioni (GU L 162, pag. 63).


36 – Oltre alla versione tedesca, «einschließlich der damit in Zusammenhang stehenden Abtretung oder Einräumung von Nutzungrechten an Einrichtungen zu Übertragung, Ausstrahlung oder zum Empfang» v. in particolare le versioni italiana (riportata al punto 84), olandese (met inbegrip van de daarmee samenhangende overdracht en verlening van rechten op het gebruik van infrastructuur voor de transmissie, uitzending of ontvangst) e francese (y compris la cession et la concession y afférentes d'un droit d'utilisation de moyens pour une telle transmission, émission ou réception – il corsivo è mio).


37  – V. sentenze 27 marzo 1990, causa C‑372/88, Cricket St. Thomas (Racc. pag. I‑1345, punto 19); 5 giugno 1997, causa C‑2/95, SDC (Racc. pag. I‑3017, punto 22), nonché sentenza 14 settembre 2000, causa C‑384/98, D. (Racc. pag. I‑6795, punto 16).


38 – V. il quarto ‘considerando’ della direttiva 1999/59, cit. alla nota 35, che recita: «per quanto riguarda i servizi di telecomunicazioni, andrebbe assicurata in particolare l'imposizione, all'interno della Comunità, di tali servizi utilizzati da clienti in essa stabiliti».


39 – V., da ultimo, sentenza 4 maggio 2006, causa C‑169/04, Abbey National e a. (Racc. pag. I‑4027, punti 61 segg.) nonché i paragrafi 73 segg. delle mie conclusioni 8 settembre 2005 per detta causa.


40 – GU L 192 pag. 1. La direttiva 1990/387 è stata nel frattempo abrogata dalla direttiva 2002/21, cit. alla nota 10. La definizione di servizi elettronici di comunicazione contenuta nell'art. 2, lett. c), della nuova direttiva quadro comprende la telecomunicazione e, analogamente alla direttiva precedente, tiene conto del trasferimento di segnali attraverso reti elettroniche di comunicazione.


41 – Conclusioni per la causa Fazenda Pública, cit. alla nota 31, paragrafo 69.


42 – La Commissione sta peraltro riflettendo sulla possibilità di adottare un approccio maggiormente orientato al mercato per quanto attiene alla gestione delle frequenze [v. comunicazione della Commissione 14 settembre 2005, Un approccio basato sul mercato in materia di gestione dello spettro radio nell'Unione europea, COM (2005) 400 def.].


43 – V. al riguardo paragrafi 102 segg.


44 – V. le argomentazioni relative alla quarta questione pregiudiziale (paragrafi 121 segg.).


45 – Sentenze 25 luglio 1991, causa C‑202/90, Ayuntamiento de Sevilla (Racc. pag. I‑4247, punto 18), nonché sentenze Commissione/Grecia, cit. alla nota 15, punto 34, e Commissione/Regno Unito, cit. alla nota 15, punto 49.


46 – Sentenza 14 dicembre 2000, causa C‑446/98, Fazenda Pública (Racc. pag. I‑11435, punti 16 e 17).


47 –      Al riguardo la Corte opera un rinvio alle sentenze 17 ottobre 1989, Comune di Carpaneto Piacentino, cit. alla nota 30, punto 15, e 15 maggio 1990, causa C‑4/89, Comune di Carpaneto Piacentino e a. (Racc. pag. I‑1869, punto 10).


48 –      Al riguardo la Corte opera un rinvio alle sentenze citate alla nota 15, Commissione/Regno Unito, punto 50, e Commissione/Grecia (punto 35), nonché alle altre sentenze nel procedimento parallelo.


49 – Sentenza 17 ottobre 1989, Comune di Carpaneto Piacentino e a., cit. alla nota 30, punto 13 e sentenza Fazenda Pública, cit. alla nota 46, punto 19.


50 – V. articolo 4 del WTA 1998.


51 – Sentenze Commissione/Regno Unito, cit. alla nota 15, punto 51, e Commissione/Grecia, cit. alla nota 15, punto 36.


52 – Sentenza Fazenda Pública, cit. alla nota 46, punto 22.


53 – V. sentenza 15 maggio 1990, Comune di Carpaneto Piacentino, cit. alla nota 47, punto 11.


54 – Anche nella sentenza Fazenda Pública, cit. alla nota 46, punto 22, la Corte di giustizia non ha considerato isolatamente la locazione di un parcheggio, bensì l'amministrazione dei parcheggi pubblici nel suo complesso.


55 – Sentenza 4 ottobre 1995, causa C‑291/92, Armbrecht (Racc. pag. I‑2775). Sulla detrazione d'imposta nel caso di beni utilizzati nell'esercizio della pubblica autorità v., in particolare, sentenza 2 giugno 2005, causa C‑378/02, Waterschap Zeeuws Vlaanderen (Racc. pag. I‑4685).


56 – Sentenza 25 febbraio 1999, causa C‑349/96, CPP (Racc. pag. I‑973, punto 29). V. anche sentenza 27 ottobre 2005, causa C‑41/04, Levob (Racc. pag. I‑9433, punto 20).


57 – V. le mie conclusioni 4 maggio 2006 per la causa C‑251/05, Talacre Beach Caravan Sales (Racc. pag. I‑0000, paragrafi 32 segg.).


58 – V. sentenze 15 dicembre 1995, causa C‑415/93, Bosman (Racc. pag. I‑4921, punto 61); 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra (Racc. pag. I‑2099, punto 39).


59 –      Sentenza 17 ottobre 1989, Comune di Carpaneto Piacentino e a., cit. alla nota 30, punto 24. V. anche sentenza 8 giugno 2006, causa C‑430/04, Feuerbestattungsverein Halle (Racc. pag. I‑0000, punto 25).


60 – Sentenza 2 giugno 2005, causa C‑378/02, Waterschap Zeeuws Vlaanderen (Racc. pag. I‑4685, punto 32).


61 – Sentenza 20 novembre 2003, causa C‑8/01, Taksatorringen (Racc. pag. I‑13711).


62 – Sentenza Taksatorringen, cit. alla nota 61, punto 63.


63 – Ai sensi della decisione CEPT ECC (02) 06 a partire dal 1° gennaio 2008 dovrebbe essere messa a disposizione delle prime frequenze già autorizzate per i servizi 3G la banda di frequenza compresa fra 2500 MHz e 2690 MHz per la telefonia mobile IMT‑2000/UMTS.


64 – L'ipotesi avanzata dalle ricorrenti dell'acquisto di una frequenza da parte di ente non assoggettato all'imposta (ad esempio un organismo statale), che non è autorizzato a detrarla, appare poco verosimile. Quando un organismo statale utilizza la frequenza secondo la sua destinazione per fornire servizi di telecomunicazione a pagamento, esso è soggetto passivo ai sensi del combinato disposto dell'art. 4, n. 5, terzo comma e dell'allegato D della sesta direttiva. È piuttosto ipotetica anche la considerazione che la detrazione d'imposta potrebbe essere esclusa nel caso in cui le licenze non fossero utilizzate per attività soggette ad IVA.


65 – V. per maggiori dettagli supra, paragrafi 12 e 13.


66 – Cit. alla nota 46, punto 32.


67 – Sentenza 13 novembre 1990, causa C‑106/89, Marleasing (Racc. pag. I‑4135, punto 8). Cit. per la prima volta nella sentenza 10 aprile 1984, causa 14/83, Von Colson und Kamann (Racc. pag. 1891, punto 26). V. inoltre sentenze 14 luglio 1994, causa C‑91/92, Faccini Dori (Racc. pag. I‑3325, punto 26) e 5 ottobre 2004, cause da C‑397/01 a C‑403/01, Pfeiffer e a. (Racc. pag. I‑8835, punto 113).


68 – Sentenze Von Colson e Kamann, cit. alla nota 67, punto 26; Marleasing, cit. alla nota 67, punto 8; Faccini Dori, cit. alla nota 67, punto 26, nonché sentenza Pfeiffer e a., cit. alla nota 67, punto 113.


69 – V. le sentenze citate alla nota 67 (ad eccezione della sentenza Von Colson und Kamann).


70 – Sentenza 7 gennaio 2004, causa C‑201/02, Wells (Racc. pag. I‑723, punto 57).


71 – Sentenze 26 febbraio 1986, causa 152/84, Marshall (Racc. pag. 723, punto 48); Marleasing, cit. alla nota 67, punto 6; Faccini Dori, cit. alla nota 67, punto 20; Wells, cit. alla nota 70, punto 57, nonché sentenza Pfeiffer e a., cit. alla nota 67, punto 108.


72 – V. in tal senso sentenza 25 febbraio 1999, causa C‑131/97, Carbonari e a. (Racc. pag. I‑1103, punti 49 e 50) e sentenza Pfeiffer e a., cit. alla nota 67, punto 115.


73 – Sentenza Pfeiffer e a., cit. alla nota 67, punto 116.


74 – V. sentenza 16 giugno 2005, causa C‑105/03, Pupino (Racc. pag. I‑5285, punto 47). Questa sentenza riguardava una decisione quadro basata sul Trattato UE. Le considerazioni citate sono però valide anche per le direttive ai sensi del Trattato CE.