Language of document : ECLI:EU:C:2013:746

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 14 novembre 2013 (1)

Causa C‑609/12

Ehrmann AG

contro

Zentrale zur Bekämpfung unlauteren Wettbewerbs e.V.

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Bundesgerichtshof (Germania)]

«Tutela dei consumatori – Indicazioni sulla salute fornite sui prodotti alimentari – Condizioni specifiche – Ambito di applicazione ratione temporis»





I –    Introduzione

1.        Con il presente rinvio pregiudiziale, il Bundesgerichtshof (Germania), chiede alla Corte di interpretare gli articoli 10, paragrafi 1 e 2, 28, paragrafo 5, e 29 del regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari (2), come modificato dal regolamento (UE) n. 116/2010 della Commissione, del 9 febbraio 2010 (3) (in prosieguo: il «regolamento n. 1924/2006» oppure il «regolamento»).

2.        Tale domanda è stata presentata nel contesto di un procedimento che oppone la Ehrmann AG (in prosieguo: la «Ehrmann») alla Zentrale zur Bekämpfung unlauteren Wettbewerbs e.V. (associazione per la lotta contro la concorrenza sleale; in prosieguo: la «ZBW») con riguardo all’applicazione nel tempo degli obblighi previsti dall’articolo 10 del regolamento n. 1924/2006.

II – Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

3.        L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 1924/2006 dispone quanto segue:

«1.      Il presente regolamento armonizza le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri concernenti le indicazioni nutrizionali e sulla salute, al fine di garantire l’efficace funzionamento del mercato interno e al tempo stesso un elevato livello di tutela dei consumatori.

2.      Il presente regolamento si applica alle indicazioni nutrizionali e sulla salute figuranti in comunicazioni commerciali, sia nell’etichettatura sia nella presentazione o nella pubblicità dei prodotti alimentari forniti al consumatore finale».

4.        L’articolo 2, paragrafo 2, di tale regolamento definisce, da parte sua, ai punti 1 e 5, le nozioni di «indicazione» e di «indicazioni sulla salute»:

«1)      “indicazione”: qualunque messaggio o rappresentazione non obbligatorio in base alla legislazione comunitaria o nazionale, comprese le rappresentazioni figurative, grafiche o simboliche in qualsiasi forma, che affermi, suggerisca o sottintenda che un alimento abbia particolari caratteristiche;

(…)

5)      “indicazioni sulla salute”: qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda l’esistenza di un rapporto tra un[a] categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e la salute».

5.        L’articolo 3 di detto regolamento, intitolato «Principi generali per tutte le indicazioni», così recita:

«Le indicazioni nutrizionali e sulla salute possono essere impiegate nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità dei prodotti alimentari immessi sul mercato comunitario solo se conformi alle disposizioni del presente regolamento.

Fatte salve le direttive 2000/13/CE e 84/450/CEE, l’impiego delle indicazioni nutrizionali e sulla salute non può:

a)      essere falso, ambiguo o fuorviante;

(...)».

6.        L’articolo 10 del medesimo regolamento così dispone:

«1.      Le indicazioni sulla salute sono vietate, a meno che non siano conformi ai requisiti generali del capo II e ai requisiti specifici del presente capo e non siano autorizzate a norma del presente regolamento e incluse nell’elenco delle indicazioni autorizzate di cui agli articoli 13 e 14.

2.      Le indicazioni sulla salute sono consentite solo se sull’etichettatura o, in mancanza di etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità sono comprese le seguenti informazioni:

a)      una dicitura relativa all’importanza di una dieta varia ed equilibrata e di uno stile di vita sano;

b)      la quantità dell’alimento e le modalità di consumo necessarie per ottenere l’effetto benefico indicato;

c)      se del caso, una dicitura rivolta alle persone che dovrebbero evitare di consumare l’alimento, e

d)      un’appropriata avvertenza per i prodotti che potrebbero presentare un rischio per la salute se consumati in quantità eccessive.

3.      Il riferimento a benefici generali e non specifici della sostanza nutritiva o dell’alimento per la buona salute complessiva o per il benessere derivante dallo stato di salute è consentito soltanto se accompagnato da un’indicazione specifica sulla salute inclusa negli elenchi di cui agli articoli 13 o 14.

(...)».

7.        L’articolo 13 del regolamento n. 1924/2006, intitolato «Indicazioni sulla salute diverse da quelle che si riferiscono alla riduzione del rischio di malattia e allo sviluppo e alla salute dei bambini», dispone quanto segue:

«1.      Le indicazioni sulla salute che descrivono o fanno riferimento ai seguenti elementi:

a)      il ruolo di una sostanza nutritiva o di altro tipo per la crescita, lo sviluppo e le funzioni dell’organismo, o

b)      funzioni psicologiche e comportamentali, o

c)      fatta salva la direttiva 96/8/CE, il dimagrimento o il controllo del peso oppure la riduzione dello stimolo della fame o un maggiore senso di sazietà o la riduzione dell’energia apportata dal regime alimentare,

che sono indicate nell’elenco di cui al paragrafo 3 possono essere fornite senza essere oggetto delle procedure di cui agli articoli da 15 a 19, purché siano:

i)      basate su prove scientifiche generalmente accettate e

ii)      ben comprese dal consumatore medio.

2.      Gli Stati membri forniscono alla Commissione gli elenchi delle indicazioni di cui al paragrafo 1 entro il 31 gennaio 2008, corredati delle relative condizioni applicabili e dei riferimenti alla fondatezza scientifica pertinente.

3.      Previa consultazione dell’Autorità, entro il 31 gennaio 2010 la Commissione adotta, secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 25, paragrafo 3, un elenco comunitario, inteso a modificare elementi non essenziali del presente regolamento, integrandolo, delle indicazioni consentite di cui al paragrafo 1 e tutte le condizioni necessarie per il loro impiego.

(...)».

8.        Ai sensi dell’articolo 28 di tale regolamento, dedicato alle misure transitorie:

«1.      Gli alimenti immessi sul mercato o etichettati prima della data di applicazione del presente regolamento e non conformi al presente regolamento possono essere commercializzati fino alla data di scadenza, ma non oltre il 31 luglio 2009. Per quanto riguarda le disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, gli alimenti possono essere commercializzati fino a ventiquattro mesi dall’adozione dei pertinenti profili nutrizionali e delle rispettive condizioni d’uso.

2.      I prodotti recanti denominazioni commerciali o marchi di fabbrica esistenti anteriormente al 1° gennaio 2005 e non conformi al presente regolamento possono continuare ad essere commercializzati fino al 19 gennaio 2022. Trascorso tale periodo, si applicano le disposizioni del presente regolamento.

3.      Le indicazioni nutrizionali che sono state utilizzate in uno Stato membro anteriormente al 1° gennaio 2006 in conformità con le disposizioni nazionali ad esse applicabili e che non sono incluse nell’allegato possono continuare ad essere impiegate fino al 19 gennaio 2010 sotto la responsabilità degli operatori economici del settore alimentare e fatta salva l’adozione delle misure di salvaguardia di cui all’articolo 24.

4.      Le indicazioni nutrizionali sotto forma di rappresentazione pittorica, grafica o simbolica conforme ai principi generali del presente regolamento che non siano incluse nell’allegato e siano impiegate secondo condizioni specifiche e criteri elaborati da una normativa nazionale sono soggette alle seguenti modalità:

a)      gli Stati membri comunicano alla Commissione, entro il 31 gennaio 2008, dette indicazioni e le norme nazionali applicabili, unitamente ai dati scientifici a sostegno di tali norme;

b)      la Commissione adotta, secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 25, paragrafo 3, una decisione relativa all’impiego di dette indicazioni e intesa a modificare elementi non essenziali del presente regolamento.

Le indicazioni nutrizionali non autorizzate secondo tale procedura possono continuare ad essere impiegate per dodici mesi dopo l’adozione della decisione.

5.      Le indicazioni sulla salute di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a) possono essere fornite dalla data di entrata in vigore del presente regolamento fino all’adozione dell’elenco di cui all’articolo 13, paragrafo 3, sotto la responsabilità degli operatori economici del settore alimentare, purché siano conformi al presente regolamento e alle vigenti disposizioni nazionali applicabili e fatta salva l’adozione delle misure di salvaguardia di cui all’articolo 24.

(...)».

9.        Infine, l’articolo 29 del medesimo regolamento così recita:

«Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Esso si applica a decorrere dal 1° luglio 2007.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri».

B –    La normativa tedesca

10.      Il codice in materia di alimenti, generi di consumo e mangimi (Lebensmittel-, Bedarfsgegenstände- und Futtermittelgesetzbuch; in prosieguo: il «LFGB»), al suo articolo 11, rubricato «Disposizioni per la tutela dalla frode», nella versione applicabile alla presente controversia, prevede quanto segue:

«1)      È vietato immettere in commercio prodotti alimentari recanti una denominazione, un’indicazione o una presentazione ingannevole oppure pubblicizzare, in generale o specificamente, prodotti alimentari mediante presentazioni o altre affermazioni di carattere ingannevole. Vi è frode, in particolare, quando

1.      vengono utilizzate per un prodotto alimentare denominazioni, indicazioni, presentazioni, descrizioni o altre affermazioni che possono indurre in errore in merito alle sue caratteristiche, in particolare in merito al tipo, alle qualità, alla composizione, alla quantità, alla data di scadenza, all’origine, alla provenienza o alle modalità di produzione o di ottenimento del prodotto stesso;

(...)»

III – Fatti, procedimento e questione pregiudiziale

11.      Si evince dalla decisione di rinvio che la Ehrmann produce e distribuisce latticini, fra i quali figura un formaggio bianco alla frutta («Monsterbacke») proposto in commercio in confezioni da sei vasetti da 50 grammi (in prosieguo: il «prodotto il questione»).

12.      In base alla tabella dei valori nutrizionali riportata sul lato della confezione, 100 g di tale prodotto hanno un valore energetico di 105 kcal, un tenore di zuccheri di 13 g, una quantità di grassi di 2,9 g e un tenore di calcio di 130 mg. In 100 g di latte di mucca il tenore di calcio è ugualmente di 130 mg, mentre il tenore di zuccheri è di soli 4,7 g.

13.      Nel corso del 2010 è stato apposto sulla confezione del prodotto in questione lo slogan pubblicitario «Importante quanto il bicchiere quotidiano di latte!» (in prosieguo: lo «slogan controverso»). La confezione non conteneva alcuna delle indicazioni richieste dall’articolo 10, paragrafo 2, lettere da a) a d), del regolamento n. 1924/2006 ai fini dell’utilizzazione di indicazioni sulla salute sull’etichettatura o nella presentazione degli alimenti.

14.      La ZBW ha ritenuto che lo slogan controverso fosse ingannevole, in quanto non indicava che il tenore di zuccheri del prodotto in questione era nettamente superiore rispetto a quello del latte. Inoltre, tale slogan, contenendo indicazioni nutrizionali e sulla salute, avrebbe violato gli articoli 9 e 10 del regolamento n. 1924/2006. Al riguardo, il riferimento al latte indicherebbe, quantomeno indirettamente, che il prodotto in questione contiene anch’esso una grande quantità di calcio, cosicché tale riferimento non costituisce una mera indicazione di qualità, ma promette altresì al consumatore un vantaggio per la salute.

15.      Di conseguenza, la ZBW ha investito il Landgericht Stuttgart di un ricorso con cui chiedeva l’inibizione di tale pratica e il rimborso delle spese di diffida.

16.      La Ehrmann ha chiesto il rigetto di detto ricorso, facendo valere che il prodotto in questione era un alimento alternativo paragonabile al latte e che la differenza di tenore di zuccheri rispetto al latte era troppo esigua per essere rilevante. Inoltre, lo slogan controverso non esprimerebbe alcuna qualità nutrizionale specifica del prodotto e rappresenterebbe pertanto solo un’indicazione di qualità non contemplata dal regolamento n. 1924/2006. La Ehrmann sosteneva inoltre che, in ogni caso, l’articolo 10, paragrafo 2, di tale regolamento non era applicabile al momento dei fatti del procedimento principale in forza dell’articolo 28, paragrafo 5, del medesimo regolamento.

17.      Il Landgericht Stuttgart ha respinto il ricorso presentato dalla ZBW. Adito in appello, l’Oberlandesgericht Stuttgart ha invece accolto con sentenza datata 3 febbraio 2011 la domanda inibitoria e quella diretta al rimborso delle spese di diffida.

18.      Secondo tale giudice, lo slogan controverso non costituiva né un’indicazione nutrizionale né un’indicazione sulla salute ai sensi del regolamento n. 1924/2006. Esso non ricadeva pertanto nell’ambito di applicazione di tale regolamento. Il giudice d’appello ha tuttavia ritenuto che detto slogan fosse ingannevole ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, seconda frase, punto 1, del LFGB, in quanto il prodotto in questione conteneva, a pari quantità, un tenore di zuccheri molto più elevato rispetto al latte intero.

19.      La Ehrmann ha impugnato la sentenza dell’Oberlandesgericht Stuttgart dinanzi al giudice del rinvio mediante un ricorso per «Revision». Detto giudice è dell’avviso che lo slogan controverso non sia ingannevole ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del LFGB. Esso non costituirebbe neppure un’indicazione nutrizionale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 4, del regolamento n. 1924/2006, bensì un’indicazione sulla salute ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 5, di tale regolamento, in conformità della sentenza Deutsches Weintor (4). Infatti, tale slogan suggerirebbe un rapporto tra il prodotto in questione e la salute del consumatore, sufficiente a costituire un’indicazione «sulla salute».

20.      Il giudice del rinvio rileva, al riguardo, che nel 2010, data rilevante nell’ambito della controversia principale, nessuna delle informazioni menzionate dall’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento n. 1924/2006 figurava sull’etichettatura del prodotto in questione. Di conseguenza, il Bundesgerichtshof, dovendo prendere in considerazione diverse interpretazioni possibili quanto all’applicabilità di tale articolo al momento dei fatti, ha deciso di sospendere il procedimento e di investire la Corte della seguente questione pregiudiziale: «Se gli obblighi di informazione previsti dall’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento n. 1924/2006 dovevano essere rispettati già nel 2010».

21.      La Ehrmann e la Commissione europea hanno presentato entrambe osservazioni scritte. Il 10 ottobre 2013 ha avuto luogo un’udienza di discussione in presenza di queste due parti.

IV – Analisi

A –    Osservazioni preliminari sul ruolo della Corte nell’applicazione ai fatti della norma di diritto dell’Unione

22.      La domanda di pronuncia pregiudiziale contiene un’unica questione, redatta in maniera chiara, precisa e circoscritta: se, ai sensi degli articoli 28 e 29 del regolamento n. 1924/2006, gli obblighi previsti dall’articolo 10, paragrafo 2, di detto regolamento fossero applicabili nel 2010.

23.      È evidente che tale questione ha un senso solo nel momento in cui lo slogan controverso corrisponde ad un’indicazione sulla salute ai sensi di tale regolamento. Orbene, si evince dalla domanda di pronuncia pregiudiziale che il giudice del rinvio si è già pronunciato al riguardo. Infatti, esso «ritiene che lo slogan pubblicitario non sia ingannevole ai sensi [della normativa nazionale]. Ad avviso del [Bundesgerichtshof], lo slogan non costituisce neppure un’indicazione nutrizionale ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 4, del regolamento n. 1924/2006, ma piuttosto un’indicazione sulla salute ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 5, di detto regolamento» (5).

24.      Il Bundesgerichtshof prosegue precisando che esso «desume detta conclusione dalla [citata] sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 6 settembre 2012 nella causa “Deutsches Weintor”» (6).

25.      Tuttavia, la questione della definizione stessa delle «indicazioni sulla salute» è stata sollevata dalle parti del procedimento principale, sia nelle loro osservazioni scritte che in udienza. La Ehrmann ritiene che la premessa del giudice del rinvio – secondo la quale lo slogan controverso è un’indicazione sulla salute – sia errata. Spetterebbe alla Corte indicare tale definizione al giudice del rinvio, affinché quest’ultimo, alla luce di un’interpretazione corretta del regolamento n. 1924/2006, modifichi la sua qualificazione dello slogan controverso.

26.      Ritengo, al contrario, che nella specie non spetti alla Corte ritornare sull’apprezzamento del giudice del rinvio, il quale ha circoscritto l’ambito giuridico e fattuale della controversia della quale è stato investito e non ha incluso tale aspetto del problema nella sua questione.

27.      Infatti, la Corte ha sempre dichiarato:

«20.      (…) nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali quale prevista dall’articolo [267 TFUE], spetta unicamente al giudice nazionale, il quale è investito della controversia e deve assumersi la responsabilità della futura pronuncia giurisdizionale, valutare, alla luce delle peculiarità della causa dinanzi ad esso pendente, sia la necessità di una decisione in via pregiudiziale ai fini della pronuncia della propria sentenza sia la rilevanza delle questioni che esso propone alla Corte (…).

21.      La facoltà di determinare le questioni da sottoporre alla Corte è quindi riservata al giudice nazionale e le parti non possono modificarne il tenore (…).

22.      Peraltro, una modifica delle questioni pregiudiziali sotto il profilo sostanziale [su richiesta di una delle parti] o una risposta alle questioni complementari citate dalle [parti] nella causa principale nelle loro osservazioni sarebbe incompatibile con il ruolo assegnato alla Corte dall’articolo [267 TFUE] e con l’obbligo della Corte di dare ai governi degli Stati membri e alle parti interessate la possibilità di presentare osservazioni ai sensi dell’articolo 23 del suo Statuto, tenuto conto del fatto che, in base alla suddetta disposizione, alle parti interessate vengono notificate solo le decisioni di rinvio (...)» (7).

28.      Ora, sposare la tesi della Ehrmann obbligherebbe la Corte ad interpretare la nozione di indicazioni sulla salute, ossia l’articolo 2, paragrafo 2, punto 5, del regolamento n. 1924/2006, mentre tale questione non è stata sollevata dal Bundesgerichtshof, il quale non ha espresso dubbi, nella sua decisione di rinvio, in merito al fatto che la dicitura «Importante quanto il bicchiere quotidiano di latte!» fosse un’indicazione sulla salute. Di conseguenza, come la Corte ha già avuto occasione di decidere in circostanze simili, ritengo che essa non sia tenuta a pronunciarsi su tale questione nell’ambito del presente procedimento pregiudiziale.

29.      Tale situazione, infatti, è esattamente identica a quella incontrata nella causa Felicitas Rickmers-Linie (8), nella quale la ricorrente riteneva che occorresse anzitutto risolvere la questione che aveva dato origine a quella sollevata dal Finanzgericht di Amburgo, e cioè se un’operazione come quella di cui era causa potesse essere considerata un’operazione imponibile ai sensi della direttiva 69/335 del Consiglio, del 17 luglio 1969, riguardante le imposte indirette sulla raccolta di capitali (GU L 249, pag. 25), pur trattandosi di semplice finzione ai fini dell’imposta sui conferimenti che non incideva sull’esistenza e non modificava la struttura giuridica ed economica generale della società.

30.      Ebbene, a fronte di tale domanda, la Corte ha dichiarato che «[t]ale questione, che presuppone l’interpretazione degli articoli 3, [paragrafo] 2, e 4 della direttiva, non è stata tuttavia sollevata dal Finanzgericht di Amburgo, il quale non ha formulato dubbi nell’ordinanza di rinvio sul fatto che un’operazione come quella in esame sia soggetta ad imposta sui conferimenti. Non occorre quindi pronunciarsi su tale questione nell’ambito del presente procedimento pregiudiziale» (9).

31.      È vero che la Corte ha precisato che, pur se «(...) [essa], nell’ambito dell’[articolo 267 TFUE], non è competente ad applicare le norme di diritto comunitario ad una fattispecie determinata (...)» (10), la stessa può eventualmente «(…) fornire al giudice nazionale tutti gli elementi di interpretazione del diritto comunitario che potrebbero essergli utili nel valutare gli effetti delle disposizioni di quest’ultimo» (11).

32.      Nelle conclusioni presentate nella causa Winner Wetten, l’avvocato generale Bot scriveva parimenti che, qualora la fondatezza di una valutazione del giudice del rinvio potesse essere messa in dubbio, a suo avviso, «(...) conformemente allo spirito di cooperazione sotteso al procedimento pregiudiziale e al fine di fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi relativi all’interpretazione del diritto comunitario utili per la soluzione della controversia, la Corte fornisca a detto giudice indicazioni che gli consentano di riesaminare la fondatezza della sua premessa» (12).

33.      Tuttavia, tale possibilità non mi sembra dover essere applicata nella specie, in quanto, contrariamente alla Ehrmann, ritengo che il Bundesgerichtshof abbia correttamente applicato, sulla base della giurisprudenza attuale della Corte, la nozione di indicazioni sulla salute, come definita dall’articolo 2, paragrafo 2, punto 5, del regolamento n. 1924/2006.

34.      Di conseguenza, non mi sembra necessario fornire delucidazioni al Bundesgerichtshof in merito alla nozione di indicazioni sulla salute.

35.      Per contro, nonostante la questione sia stata illustrata solo brevemente dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, la scelta della disposizione applicabile potrebbe essere rimessa in discussione.

36.      Infatti, come rilevato dalla Commissione, lo slogan controverso potrebbe riferirsi a benefici generali e non specifici di un alimento (il latte) per la buona salute complessiva. Ebbene, uno slogan di tal genere è vietato dall’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento n. 1924/2006, a meno che esso non sia accompagnato da un’indicazione specifica sulla salute inclusa negli elenchi di cui agli articoli 13 o 14 di detto regolamento, circostanza che non sembra ricorrere nel caso di specie. Si porrebbe pertanto il problema dell’applicabilità ratione temporis dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento.

37.      Tuttavia, poiché tale questione, come quella sollevata sullo stesso argomento dal giudice del rinvio in relazione all’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento, si porrà solo se la Corte ritiene che il Bundesgerichtshof abbia applicato correttamente la nozione di indicazioni sulla salute, esaminerò in primo luogo, in via sussidiaria e preliminare (in quanto ritengo, in via principale, che la Corte non dovrebbe esprimersi su tale questione), il problema della definizione delle indicazioni sulla salute. In secondo luogo, una volta persuaso, al termine della mia analisi, che lo slogan controverso sia un’indicazione sulla salute ai sensi del regolamento n. 1924/2006, affronterò la questione dell’applicabilità ratione temporis dell’articolo 10 del regolamento.

B –    A titolo sussidiario e preliminare: sulla nozione di «indicazioni sulla salute»

1.      Interpretazione ampia della nozione di «indicazioni sulla salute»

38.      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 5, del regolamento n. 1924/2006, per «indicazioni sulla salute» si intende «qualunque indicazione che affermi, suggerisca o sottintenda l’esistenza di un rapporto tra un[a] categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti e la salute».

39.      Tale nozione è stata interpretata dalla Corte per la prima volta nella citata sentenza Deutsches Weintor. Così, «(...) dal tenore letterale dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 5, del regolamento n. 1924/2006 discende che le “indicazioni sulla salute”, a norma del suddetto regolamento, vengono definite in base al rapporto che deve esistere tra un alimento o uno dei suoi componenti, da una parte, e la salute, dall’altra» (13).

40.      In assenza di elementi di valutazione più precisi nel regolamento, la Corte constata che «siffatta definizione non fornisce alcuna precisazione né in ordine al carattere diretto o indiretto che tale rapporto deve avere, né in ordine alla sua intensità o alla sua durata [e che], [a]tteso quanto precede, il termine “rapporto” va inteso in senso ampio» (14).

41.      Prima di prendere in esame l’applicazione di tale definizione allo slogan controverso, farò ancora due osservazioni.

42.      Da un lato, la dottrina non sembra aver rimesso in discussione tale interpretazione, se non estensiva, quanto meno ampia, della nozione di indicazioni sulla salute (15).

43.      Dall’altro, la Corte ha recentemente confermato tale accezione della nozione di indicazioni sulla salute nella sua sentenza Green – Swan Pharmaceuticals CR (16).

44.      In tale causa, la Corte era chiamata ad interpretare la nozione di «indicazioni relative alla riduzione di un rischio di malattia», la quale è da intendersi, secondo l’articolo 2, paragrafo 2, punto 6, del regolamento n. 1924/2006, come «qualunque indicazione sulla salute che affermi, suggerisca o sottintenda che il consumo di una categoria di alimenti, di un alimento o di uno dei suoi componenti riduce significativamente un fattore di rischio di sviluppo di una malattia umana».

45.      Malgrado la presenza della parola «significativamente» nella definizione, la Corte ha ritenuto che «[d]all’uso dei verbi “suggerisca o sottintenda” discende che la qualificazione di “indicazione relativa alla riduzione di un rischio di una malattia”, ai sensi di detta disposizione, non esige che tale indicazione specifichi esplicitamente che il consumo di un prodotto alimentare riduce significativamente un fattore di rischio di sviluppo di una malattia umana. È sufficiente che tale indicazione possa produrre, nel consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, l’impressione che tale riduzione sia significativa» (17).

2.      Applicazione della definizione allo slogan controverso

46.      Si evince dalla domanda di pronuncia pregiudiziale che la Ehrmann commercializza un formaggio bianco alla frutta con la denominazione «Monsterbacke». Il prodotto viene venduto in confezioni da sei vasetti da 50 grammi. Lo slogan pubblicitario «Importante quanto il bicchiere quotidiano di latte!» è apposto sulla parte superiore di ciascuna confezione.

47.      Questo slogan esprime pertanto l’idea che il prodotto in questione abbia la stessa importanza di un bicchiere di latte per l’alimentazione quotidiana.

48.      Anzitutto, condivido, al riguardo, l’idea accolta dal giudice del rinvio, secondo la quale esiste nel consumatore medio una presunzione – confermata dalla comunità scientifica (18) – attinente all’effetto benefico del latte per la salute, in particolare nei bambini. La stessa Unione europea ha attuato un programma «Latte alle scuole», il quale, dal 1977, offre sovvenzioni per la distribuzione a prezzi ridotti di prodotti lattiero-caseari nelle scuole (19). Questo programma, come il programma «Frutta nelle scuole», persegue il duplice obiettivo di contribuire alla stabilizzazione del mercato e ad un’alimentazione sana. Nel suo rapporto speciale n. 10/2011, dedicato alla valutazione di detti programmi, la Corte dei conti sottolinea che «[i]n particolare, il programma “Latte alle scuole”, concepito inizialmente come una misura di smaltimento delle eccedenze, ha a poco a poco visto la propria dimensione nutrizionale essere presentata dalla Commissione come proprio obiettivo principale» (20).

49.      Se non ci fosse una tale presunzione, ci si potrebbe peraltro interrogare sull’utilità, per il produttore, di apporre un siffatto slogan su ciascuno dei vasetti di formaggio bianco messi in commercio.

50.      Inoltre, l’impiego dei termini «importante quanto» implica necessariamente la sussistenza di un rapporto fra il prodotto sul quale lo slogan è apposto e il messaggio scritto sul prodotto in questione, ossia il consumo quotidiano di un bicchiere di latte.

51.      Lo slogan controverso ha pertanto l’effetto, per usare le parole della citata sentenza Green – Swan Pharmaceuticals CR, «[di] produrre, nel consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, l’impressione» (21) che il consumo di tale formaggio bianco alla frutta presenti, come il latte, un vantaggio per la salute. In altri termini, esso suggerisce l’esistenza di un rapporto fra l’alimento promosso e la salute dei consumatori, in particolare dei bambini.

52.      Poiché, secondo la definizione delle indicazioni sulla salute di cui all’articolo 2, paragrafo 2, punto 5, del regolamento, come interpretata dalla Corte nella citata sentenza Deutsches Weintor, ogni rapporto – sia esso diretto o indiretto, debole o intenso, breve o lungo – il quale implichi un miglioramento dello stato di salute riconducibile al consumo di un alimento rientra nell’ambito di applicazione del regolamento (22), ritengo che lo slogan controverso ricada nell’ambito di applicazione ratione materiae di quest’ultimo, a titolo di indicazione sulla salute.

53.      Diversamente nel caso di uno slogan del tipo «un piacere che fa bene» apposto su una scatola di bustine di tè verde o «il meglio del latte e dei cereali» su una barra di cioccolato. Infatti, siffatti slogan – a parte il fatto che il primo ricorre ad un pleonasmo, in quanto la caratteristica intrinseca del piacere è quella di procurare un beneficio – non contengono alcun riferimento alla salute. Il primo rimanda ad un’impressione di benessere generale, mentre il secondo implica che il prodotto in questione sia ricorso, per la sua produzione, al meglio dei due ingredienti che lo compongono (il latte e i cereali).

54.      Tale posizione è peraltro corroborata dall’interpretazione data dalla Corte ai termini «suggerire» e «sottintendere» contenuti nella definizione delle indicazioni relative alla riduzione di un rischio di malattia.

55.      Infatti, come già indicato in precedenza, la Corte ha ritenuto che «[d]all’uso dei verbi “suggerisca o sottintenda” discende che la qualificazione di “indicazione relativa alla riduzione di un rischio di una malattia”, ai sensi [dell’articolo 2, paragrafo 2, punto 6, del regolamento n. 1924/2006], non esige che tale indicazione specifichi esplicitamente che il consumo di un prodotto alimentare riduce significativamente un fattore di rischio di sviluppo di una malattia umana. È sufficiente che tale indicazione possa produrre, nel consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, l’impressione che tale riduzione sia significativa» (23).

56.      Orbene, il regolamento impiega parimenti i verbi «suggerire» e «sottintendere» per definire le indicazioni sulla salute. Di conseguenza, se si traspone l’interpretazione data dalla Corte a questi due termini nella citata sentenza Green – Swan Pharmaceuticals CR, ciò significa che è sufficiente che un’indicazione susciti nel consumatore medio l’impressione dell’esistenza di un rapporto fra una categoria di alimenti, un alimento o uno dei suoi componenti, da un lato, e la salute, dall’altro, per poter costituire un’indicazione sulla salute ai sensi del regolamento.

57.      Qualora risulti, come spiegato in precedenza, che lo slogan controverso sia tale da produrre, nel consumatore medio, l’impressione che il consumo del formaggio bianco sul quale è apposto tale slogan sia benefico per la salute, essendo importante quanto il bicchiere di latte quotidiano, esso corrisponde alla definizione di indicazioni sulla salute di cui all’articolo 2, paragrafo 2, punto 5, del regolamento.

58.      Infine, nel corso dell’udienza del 10 ottobre 2013 è stata richiamata la possibilità che una siffatta definizione delle indicazioni sulla salute possa comportare una frammentazione del mercato a scapito dell’economia europea. Non ritengo che ciò possa avvenire.

59.      In primo luogo, il fatto che uno slogan sia qualificato come indicazione sulla salute ai sensi del regolamento n. 1924/2006 non comporta il divieto dello stesso. Un siffatto slogan può continuare ad essere impiegato su tutto il territorio dell’Unione se l’etichettatura del prodotto soddisfa i requisiti fissati dal regolamento, segnatamente dall’articolo 10.

60.      In secondo luogo, anche se possono emergere delle differenze di valutazione a seconda del luogo di consumo del prodotto, esse sono inerenti alla decisione del legislatore di scegliere come criterio di valutazione, «[c]onformemente al principio di proporzionalità, e per consentire l’effettiva applicazione delle misure di tutela in esso previste, (…) il consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, (…) tenuti presenti i fattori sociali, culturali e linguistici (...)» (24). Alla luce di tale scelta, non può trattarsi necessariamente di un consumatore medio unico per tutta l’Unione. Per questo motivo, poiché «[i]l criterio del consumatore medio non è un criterio statistico» (25), «[g]li organi giurisdizionali e le autorità nazionali dovranno esercitare la loro facoltà di giudizio tenendo conto della giurisprudenza della Corte di giustizia, per determinare la reazione tipica del consumatore medio nel caso specifico» (26).

61.      In terzo luogo, è possibile che un prodotto, o uno dei suoi componenti, non possieda una connotazione positiva universale per la salute. In tal caso, se il suo produttore desidera commercializzarlo su tutto il territorio dell’Unione, farà esso stesso la scelta di privilegiare un packaging diverso a seconda dei paesi o di abbandonare lo slogan in questione, senza che ciò sia imputabile al regolamento n. 1924/2006 o alla definizione dell’indicazione sulla salute in esso contenuta.

62.      Pertanto, a mio avviso, lo slogan controverso costituisce certamente un’indicazione sulla salute ai sensi del regolamento n. 1924/2006. Di conseguenza, la mia analisi mi porta ad esaminare la questione pregiudiziale sollevata dal giudice del rinvio. Qualora la Corte non condivida la mia opinione e ritenga che lo slogan controverso non rientri nell’ambito di applicazione del regolamento n. 1924/2006, la questione pregiudiziale assumerebbe carattere ipotetico e non dovrebbe essere risolta dalla Corte.

C –    L’applicazione ratione temporis dell’articolo 10 del regolamento n. 1924/2006

1.      Sull’applicabilità dell’articolo 10, paragrafo 3 del regolamento n. 1924/2006

63.      In via preliminare, occorre risolvere la questione se, come rilevato dalla Commissione, la disposizione applicabile al caso in cui lo slogan controverso costituisca un’indicazione sulla salute sia il paragrafo 3 dell’articolo 10 del regolamento, invece del paragrafo 2.

64.      Incombe manifestamente al giudice del rinvio valutare se lo slogan controverso si riferisca, stando all’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento, «ai benefici generali e non specifici della sostanza nutritiva o dell’alimento per la buona salute complessiva o per il benessere derivante dallo stato di salute» (27).

65.      In caso di soluzione affermativa, lo slogan si rivelerebbe contrario al regolamento n. 1924/2006, in quanto l’articolo 10, paragrafo 3, di detto regolamento è in vigore dal 1° luglio 2007 ed esige che gli elenchi di cui agli articoli 13 e 14 siano stati pubblicati, il che non si era verificato al momento dei fatti controversi.

66.      In caso contrario, la soluzione della questione pregiudiziale sarebbe utile al giudice del rinvio.

2.      Condizioni dell’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento n. 1924/2006 e tesi a confronto

67.      L’articolo 10 del regolamento n. 1924/2006 stabilisce che le indicazioni sulla salute sono vietate. Per essere legittime, esse devono soddisfare tre condizioni:

–        essere conformi ai requisiti generali del capo II (articoli da 3 a 7) del regolamento n. 1924/2006,

–        osservare i requisiti specifici del capo IV (articoli da 10 a 19) del regolamento n. 1924/2006,

–        essere autorizzate a norma del regolamento n. 1924/2006 ed essere incluse nell’elenco delle indicazioni autorizzate di cui agli articoli 13 e 14 del medesimo regolamento.

68.      Secondo il giudice del rinvio, la prima delle tre condizioni relative alla legittimità delle indicazioni sulla salute è soddisfatta. Esso ritiene, per contro, che la terza condizione non avrebbe potuto esserlo, in quanto gli elenchi di cui agli articoli 13 e 14 del regolamento n. 1924/2006 non erano ancora stati adottati all’epoca dei fatti. Infine, quanto alla seconda condizione, esso solleva la questione preliminare se la disposizione di cui all’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento n. 1924/2006 fosse già applicabile nel 2010, data rilevante ai fini della soluzione della controversia.

69.      Al riguardo, ad avviso del giudice del rinvio, tre tesi si contrappongono:

–        secondo la prima tesi, sostenuta dalla Commissione, l’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento n. 1924/2006 è applicabile, come il regolamento nel suo complesso, dal 1° luglio 2007, data fissata dall’articolo 29, paragrafo 2, di detto regolamento;

–        secondo la seconda tesi, sostenuta dalla Ehrmann, gli obblighi di informazione di cui all’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento n. 1924/2006 si applicano solo a partire dall’adozione, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento, dell’elenco stesso delle indicazioni sulla salute autorizzate, in quanto tali elenchi sono menzionati al paragrafo 1 del citato articolo 10;

–        secondo la terza tesi, le disposizioni dell’articolo 10, paragrafo 2, lettere a), c) e d), del regolamento n. 1924/2006 sono applicabili dal 1° luglio 2007, mentre quelle di cui all’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), lo sono solo a partire dal momento in cui esiste un elenco delle indicazioni sulla salute autorizzate.

3.      Valutazione

70.      Condivido la posizione della Commissione a favore della prima tesi.

71.      In primo luogo, se mi limito ad esaminare il testo del regolamento, rilevo che, a termini dell’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento n. 1924/2006, quest’ultimo è entrato in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, e che, ai sensi del paragrafo 2 di detto articolo, lo stesso si applica a decorrere dal 1° luglio 2007.

72.      Come sottolineato dalla Commissione, questa data di applicabilità vale per il regolamento nel suo complesso; non è prevista alcuna deroga.

73.      Osservo poi che nessuna delle disposizioni transitorie previste dall’articolo 28 del regolamento prevede una deroga all’articolo 10, paragrafo 2, di tale regolamento.

74.      I paragrafi 1 e 2 dell’articolo 28 riguardano, da un lato, gli alimenti immessi sul mercato o etichettati prima del 1° luglio 2007 e, dall’altro, i prodotti recanti marchi di fabbrica o denominazioni commerciali esistenti anteriormente al 1° gennaio 2005. Nessuna di queste due situazioni ricorrerebbe nel caso di specie.

75.      Neppure i paragrafi 3 e 4 trovano applicazione, in quanto essi riguardano esclusivamente le indicazioni nutrizionali.

76.      I paragrafi 5 e 6 si riferiscono alle indicazioni sulla salute, ma solo il paragrafo 5 si applica allo slogan controverso, dal momento che esso prende in considerazione le indicazioni di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), ossia le indicazioni sulla salute che descrivono o fanno riferimento al ruolo di una sostanza nutritiva o di altro tipo per la crescita, lo sviluppo e le funzioni dell’organismo (28).

77.      Ora, secondo tale disposizione, tali indicazioni sulla salute possono essere fornite a partire dalla data di entrata in vigore del regolamento fino all’adozione dell’elenco di cui all’articolo 13, paragrafo 3, sotto la responsabilità degli operatori economici del settore alimentare, purché siano conformi al regolamento.

78.      Non condivido l’analisi della Ehrmann, secondo la quale l’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006 avrebbe l’effetto di sospendere temporaneamente la condizione dell’autorizzazione prevista dall’articolo 10, paragrafo 1, e, di conseguenza, l’insieme degli obblighi da esso previsti, incluse le informazioni specifiche dettagliate di cui al paragrafo 2.

79.      Al contrario, poiché l’articolo 28, paragrafo 5, del regolamento n. 1924/2006, da un lato, contempla esplicitamente il periodo anteriore all’adozione dell’elenco delle indicazioni autorizzate e, dall’altro, rammenta espressamente che l’indicazione sulla salute impiegata durante tale periodo transitorio dovrà rispettare il regolamento nel suo complesso, non mi sono chiare le ragioni che potrebbero escludere gli obblighi previsti dall’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento, né a fortiori uno di tali obblighi [come l’articolo 10, paragrafo 2, lettera b), del regolamento nella terza tesi menzionata dal giudice del rinvio].

80.      Non mi sembra convincente neppure l’argomento connesso all’obbligo di modificare, a seguito dell’adozione di uno degli elenchi contemplati dall’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1924/2006, l’etichettatura così come prevista dall’articolo 10, paragrafo 2, durante il periodo transitorio.

81.      Infatti, se l’applicazione dell’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento dovesse essere sospesa, una modifica dell’etichetta sarebbe in ogni caso necessaria al termine del periodo transitorio, in quanto o l’indicazione figurerebbe a partire da quel momento sull’elenco delle indicazioni autorizzate, e il produttore dovrebbe allora aggiungere le informazioni di cui all’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento n. 1924/2006, o l’indicazione non è autorizzata, e il produttore dovrebbe ritirare l’etichettatura impiegata durante il periodo transitorio. In entrambe le ipotesi, avrebbe necessariamente luogo una modifica. Di conseguenza, l’applicabilità dell’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento, a partire dal 1° luglio 2007, non fa che anticipare nel tempo un’iscrizione ineluttabile, in caso di autorizzazione, delle informazioni in esso contenute.

82.      In secondo luogo, secondo il considerando 1 del regolamento, quest’ultimo mira a garantire un elevato livello di tutela del consumatore e a facilitare le sue scelte in materia di alimenti.

83.      La presenza di informazioni obbligatorie sull’etichettatura contribuisce alla realizzazione di tali obiettivi. Come giustamente menzionato dalla Commissione, tali informazioni rivestono un interesse fondamentale per il consumatore non solo allorché l’alimento forma l’oggetto di una pubblicità che impiega un’indicazione sulla salute già inclusa negli elenchi delle indicazioni autorizzate di cui agli articoli 13 e 14 del regolamento, ma anche, se non di più, allorché un’indicazione sulla salute è utilizzata sulla base delle disposizioni transitorie di cui all’articolo 28, paragrafi 5 e 6, del regolamento, prima della sua eventuale autorizzazione futura per tutto il territorio dell’Unione europea.

84.      Oltre a rispettare la lettera del regolamento, l’interpretazione dell’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento, secondo la quale gli obblighi di informazione in esso contenuti erano applicabili a partire dal 1° luglio 2007, è dunque parimenti conforme agli obiettivi del legislatore.

85.      In terzo luogo, l’interpretazione sistematica del testo conferma anch’essa la tesi di un’applicazione dell’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento nel 2010.

86.      Secondo l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento, la regola è costituita dal divieto delle indicazioni sulla salute. Per derogare a tale regola, esse devono anzitutto essere conformi ai requisiti generali del capo II del regolamento, quindi ai requisiti specifici del capo IV e, infine, essere autorizzate a norma del regolamento ed incluse negli elenchi delle indicazioni autorizzate di cui agli articoli 13 e 14.

87.      L’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento enuncia pertanto una serie di requisiti che, in assenza di una precisazione in senso contrario, sembrano essere cumulativi e rivestire pari importanza.

88.      Ciò trova conferma nelle linee guida allegate alla decisione di esecuzione 2013/63/UE della Commissione, del 24 gennaio 2013, che adotta linee guida sull’attuazione delle condizioni specifiche per le indicazioni sulla salute di cui all’articolo 10 del regolamento, nella misura in cui tali linee guida precisano, in relazione all’applicazione dell’articolo 10 del regolamento, che «anche le indicazioni sulla salute autorizzate possono essere utilizzate unicamente se il loro uso è pienamente conforme a tutte le prescrizioni del regolamento. Di conseguenza, anche nel caso di un’indicazione autorizzata e inserita negli elenchi delle indicazioni sulla salute consentite, le autorità nazionali sono tenute a intervenire qualora il suo utilizzo non sia conforme a tutte le prescrizioni del regolamento» (29).

89.      Dalla terza condizione posta dall’articolo 10, paragrafo 1, ossia che le indicazioni siano autorizzate e «incluse nell’elenco delle indicazioni autorizzate di cui agli articoli 13 e 14», non si può desumere che l’articolo 10, paragrafo 2, si applica solo qualora tali elenchi esistano.

90.      L’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento precisa, infatti, i requisiti che devono essere soddisfatti nel caso dell’utilizzazione concreta di un’indicazione sulla salute. Orbene, talune indicazioni sulla salute possono essere utilizzate sulla base delle disposizioni transitorie di cui all’articolo 28, paragrafi 5 e 6, del regolamento, prima di qualsiasi autorizzazione a livello dell’Unione, e pertanto non solo successivamente alla loro autorizzazione ed iscrizione negli elenchi delle indicazioni autorizzate.

91.      Concordo pertanto con la Commissione allorché essa illustra, nelle sue osservazioni scritte, che con tali disposizioni il regolamento tiene conto del fatto che indicazioni sulla salute erano già impiegate nell’etichettatura di alimenti negli Stati membri al momento dell’entrata in vigore del regolamento, e che esso prevede opportune misure transitorie «per consentire agli operatori del settore alimentare di adeguarsi ai requisiti del (…) regolamento» (30), nel rispetto dell’interesse del consumatore.

92.      Trattasi, segnatamente, delle indicazioni ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), del regolamento che, in virtù dell’articolo 28, paragrafo 5, possono essere utilizzate dalla data di entrata in vigore del regolamento fino all’adozione dell’elenco di cui all’articolo 13, paragrafo 3, qualora esse siano conformi ai requisiti del regolamento, del quale fa parte l’articolo 10, paragrafo 2.

93.      Nell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1924/2006, poiché la regola è il divieto delle indicazioni sulla salute e l’eccezione la loro autorizzazione, una disposizione transitoria che consente la loro utilizzazione, nonostante l’insieme delle condizioni fissate dall’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento non siano soddisfatte, può essere interpretata solo restrittivamente. Di conseguenza, poiché l’articolo 28, paragrafo 5, del medesimo regolamento prende in considerazione solo l’esistenza dell’elenco di cui all’articolo 13, esso non può essere esteso alle condizioni specifiche di cui all’articolo 10, paragrafo 2, neppure parzialmente (come nella terza tesi illustrata dal giudice del rinvio). Il fatto che il produttore non sia a conoscenza dei requisiti di utilizzazione che saranno fissati nell’elenco di cui all’articolo 13 del regolamento non mi sembra ostare alla determinazione della «quantità dell’alimento e [del]le modalità di consumo necessarie per ottenere l’effetto benefico indicato», unico requisito previsto dall’articolo 10, paragrafo 2, lettera b) (disposizione che la terza tesi illustrata dal giudice del rinvio non rende applicabile a partire dal 1° luglio 2007).

94.      Nell’ambito di un’interpretazione sistematica del regolamento, non si può pertanto esaminare isolatamente il rapporto fra i paragrafi 1 e 2 dell’articolo 10. Al contrario, occorre prendere in considerazione il fatto che l’impiego di indicazioni sulla salute – che l’articolo 10, paragrafo 2, assoggetta ad obblighi di informazione specifici – è consentito in virtù di altre disposizioni del regolamento.

95.      Inoltre, l’articolo 19 del regolamento prevede che il richiedente o l’utilizzatore di un’indicazione inclusa in uno degli elenchi di cui agli articoli 13 e 14 possa richiedere una modifica dell’elenco pertinente.

96.      Risulta da tale disposizione che gli elenchi presi in considerazione dall’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento non sono fissati in maniera definitiva una volta adottati, ma possono, al contrario, evolvere.

97.      In una visione globale del regolamento, tale possibilità di evoluzione degli elenchi delle indicazioni autorizzate depone parimenti per un’applicazione ratione temporis dell’articolo 10, paragrafo 2, indipendente dall’adozione degli elenchi di cui al paragrafo 1. Sarebbe infatti incoerente e contrario all’obiettivo di protezione del consumatore perseguito dal regolamento n. 1924/2006 sospendere gli obblighi di informazioni specifici di cui all’articolo 10, paragrafo 2, del regolamento in attesa dell’adozione degli elenchi delle indicazioni autorizzate, mentre tali elenchi saranno essi stessi destinati ad evolvere.

4.      Sintesi

98.      Alla luce delle considerazioni che precedono, e in conformità dell’interpretazione testuale, teleologica e sistematica degli articoli 10, paragrafi 1 e 2, 28, paragrafo 5, e 29 del regolamento n. 1924/2006, ritengo che gli articoli 10, paragrafo 2, e 28, paragrafo 5, debbano essere interpretati nel senso che gli obblighi di informazione contenuti nell’articolo 10, paragrafo 2, devono essere rispettati a partire dal 1° luglio 2007.

V –    Conclusione

99.      Di conseguenza, suggerisco alla Corte di risolvere nel modo seguente la questione pregiudiziale sollevata dal Bundesgerichtshof:

«Gli articoli 10, paragrafo 2, e 28, paragrafo 5, del regolamento (CE) n. 1924/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, relativo alle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari, come modificato dal regolamento (UE) n. 116/2010 della Commissione, del 9 febbraio 2010, devono essere interpretati nel senso che gli obblighi di informazione contenuti nell’articolo 10, paragrafo 2, devono essere rispettati a partire dal 1° luglio 2007».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU L 404, pag. 9, e rettifica GU 2007, L 12, pag. 3.


3 – GU L 37, pag. 16.


4 – Sentenza del 6 settembre 2012 (C‑544/10, punto 34).


5 – Punto 9 della domanda di pronuncia pregiudiziale, il corsivo è mio.


6 – Ibidem (punto 9).


7 –      Sentenza del 15 ottobre 2009, Hochtief e Linde-Kca-Dresden (C‑138/08, Racc. pag. I‑9889, punti da 20 a 22). V., parimenti, sentenza del 14 aprile 2011, Vlaamse Dierenartsenvereniging e Janssens (C‑42/10, C‑45/10 e C‑57/10, Racc. pag. I‑2975, punti da 42 a 44).


8 – Sentenza del 15 luglio 1982 (270/81, Racc. pag. 2771).


9 – Ibidem (punto 9).


10 – Sentenza del 18 dicembre 2007, Asociación Profesional de Empresas de Reparto y Manipulado de Correspondencia (C‑220/06, Racc. pag. I‑12175, punto 36).


11 – Ibidem (punto 36).


12 – Paragrafo 35 delle sue conclusioni presentate il 26 gennaio 2010 nella causa sfociata nella sentenza dell’8 settembre 2010, Winner Wetten (C‑409/06, Racc. pag. I‑8015).


13 – Sentenza citata (punto 34).


14 – Ibidem (punto 34); il corsivo è mio.


15 – A proposito di tale nozione di «indicazioni sulla salute», Sébastien Roset richiama anche un «bell’esempio di tali nozioni aperte o “catch all” dal contenuto giuridico più che impreciso e destinato a coprire il maggior numero possibile di situazioni di fatto che possono pregiudicare la tutela dei consumatori». Secondo questo autore, la Corte ha dunque privilegiato una «concezione ampia della nozione, come l’invitava a fare la lettera dell’articolo 2 [del regolamento]» (il corsivo è mio, Roset, S., «Santé publique: publicité et étiquetage des alcools et protection des consommateurs», Europe, 2012, novembre, comm. 430). V., parimenti, Prouteau, J., «Santé publique et libertés économiques: une nouvelle illustration d’une conciliation favorable à la santé publique», Revue Lamy Droit des affaires, 2012, n. 77, pagg. da 66 a 68; Van der Meulen, B., e van der Zee, E., «‘Through the Wine Gate’ First Steps towards Human Rights Awareness in EU Food (Labelling) Law», European food and feed law review, 2013, n. 1, pagg. da 41 a 52, in particolare pag. 44.


16 – Sentenza del 18 luglio 2013 (C‑299/12, punto 22).


17 – Ibidem (punto 24); il corsivo è mio.


18 – V., segnatamente, in tal senso, il comunicato dell’Académie nationale de médecine (Francia) relativo ai prodotti lattiero-caseari, adottato il 1° aprile 2008 (Bull. Acad. Méd. 2008, tomo 192, n. 4, pagg. da 723 a 730) e le Linee guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità per l’alimentazione dei bambini di età compresa fra i 6 e i 24 mesi che non sono allattati al seno.


19 – V. il regolamento (CE) n. 657/2008 della Commissione, del 10 luglio 2008, recante modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1234/2007 del Consiglio relativamente alla concessione di un aiuto comunitario per la distribuzione di latte e di taluni prodotti lattiero-caseari agli allievi delle scuole (GU L 183, pag. 17).


20 – Relazione speciale n. 10/2011 della Corte dei conti, «I programmi “Latte alle scuole” e “Frutta nelle scuole” sono efficaci?», pag. 5.


21 – Punto 24 della sentenza.


22 – Punto 34 della sentenza.


23 – Sentenza Green – Swan Pharmaceuticals CR, cit., punto 24; il corsivo è mio.


24 – Considerando 16 del regolamento n. 1924/2006.


25 – Ibidem.


26 – Ibidem.


27 – «Infatti, anche se, allo stato degli atti, la suddetta premessa è discutibile, essa potrebbe comunque essere confermata dal giudice nazionale» (conclusioni presentate dall’avvocato generale Bot nella causa sfociata nella sentenza Winner Wetten, cit., paragrafo 36).


28 – Quanto all’articolo 28, paragrafo 6, del regolamento, esso fa riferimento, da parte sua, alle indicazioni sulla salute diverse da quelle di cui agli articoli 13, paragrafo 1, lettera a), e 14.


29 – GU L 22, pag. 25. V., in particolare, introduzione delle linee guida, secondo comma, ultima frase.


30 – Considerando 35 del regolamento n. 1924/2006.