SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
9 novembre 2006 (*)
«Marchi – Direttiva 89/104/CEE – Diritto del titolare di un marchio di vietare il transito di merci recanti un segno identico nel territorio di uno Stato membro in cui il marchio gode di tutela – Fabbricazione illegale – Stato associato»
Nel procedimento C‑281/05,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Bundesgerichtshof (Germania), con decisione 2 giugno 2005, pervenuta in cancelleria il 13 luglio 2005, nella causa
Montex Holdings Ltd
contro
Diesel SpA,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta dal sig. C.W.A. Timmermans, presidente di sezione, e dai sigg. R. Schintgen, P. Kūris (relatore), J. Makarczyk e G. Arestis, giudici,
avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro
cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 4 maggio 2006,
viste le osservazioni presentate:
– per la Montex Holdings Ltd, dalla sig.ra. T. Raab, Rechtsanwalt;
– per la Diesel SpA, dalla sig.ra. N. Gross, Rechtsanwalt;
– per il governo tedesco, dai sigg. M. Lumma e A. Dittrich, in qualità di agenti;
– per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. G. Braun e W. Wils, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 luglio 2006,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 5, nn. 1 e 3, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, n. 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi di impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), nonché degli artt. 28 CE e 30 CE.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Diesel SpA (in prosieguo: la «Diesel») e la società Montex Holdings Ltd (in prosieguo: la «Montex») in merito ad un’istanza intesa a vietare il transito nel territorio tedesco di merci di proprietà di quest’ultima società e sulle quali figura un segno identico al marchio registrato di cui la Diesel è titolare in Germania.
Il quadro giuridico
3 L’art. 5, della direttiva 89/104, intitolato «Diritti conferiti dal marchio di impresa», ai nn. 1 e 3 è così formulato:
«1. Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. II titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:
a) un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;
b) un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza di detto segno col marchio di impresa e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio di impresa;
(…)
3. Si può in particolare vietare, se le condizioni menzionate ai paragrafi 1 e 2 sono soddisfatte:
a) di apporre il segno sui prodotti o sul loro condizionamento;
b) di offrire i prodotti, di immetterli in commercio o di detenerli a tali fini, oppure di offrire o fornire servizi contraddistinti dal segno;
c) di importare o esportare prodotti contraddistinti dal segno;
d) di utilizzare il segno nella corrispondenza commerciale e nella pubblicità».
4 Il regolamento CEE del Consiglio 22 dicembre 1994, n. 3295, che fissa misure intese a vietare l’immissione in libera pratica, l’esportazione, la riesportazione, e il vincolo ad un regime sospensivo di merci contraffatte e di merci usurpative (GU L 341, pag. 8), come modificato dal regolamento (CE) del Consiglio 25 gennaio 1999, n. 241 (GU L 27, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 3295/94»), in vigore alla data dei fatti, al secondo e terzo ‘considerando’ recita:
«Considerando che la commercializzazione di merci contraffatte, come pure la commercializzazione di merci usurpative, reca notevole pregiudizio ai fabbricanti e commercianti che rispettano le leggi, nonché ai titolari di diritti d’autore o diritti connessi e inganna i consumatori; che occorre impedire, per quanto possibile, l’immissione sul mercato della Comunità di tali merci e adottare a tal fine misure volte a contrastare efficacemente tale attività illegale, pur senza ostacolare la libertà del commercio legittimo; che tale obiettivo è peraltro conforme agli interventi nello stesso senso sul piano internazionale;
considerando che, qualora le merci contraffatte o usurpative e merci assimilate siano importate da paesi terzi, occorre vietarne l’immissione in libera pratica nella Comunità o il vincolo ad un regime sospensivo, ed istituire una procedura adeguata che consenta l’intervento dell’autorità doganale per assicurare il rispetto di tale divieto nei migliori modi».
5 L’art. 1, n. 1, del regolamento n. 3295/94 così dispose:
«1. Il presente regolamento stabilisce:
a) le condizioni d’intervento delle autorità doganali qualora merci sospettate di essere merci di cui al paragrafo 2, lett. a):
─ siano dichiarate per l’immissione in libera pratica, l’esportazione o la riesportazione a norma dell’art. 61 del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario [GU L 302, in prosieguo: il “codice doganale”];
─ siano scoperte, in occasione di un controllo effettuato su merci sotto vigilanza doganale a norma dell’art. 37 del regolamento (CEE) n. 2913/92, vincolate ad un regime sospensivo ai sensi dell’articolo 84, paragrafo 1, lett. a), dello stesso codice, riesportate previa notifica o poste in zona franca o deposito franco ai sensi dell’articolo 166 dello stesso codice;
e
b) le misure che le autorità competenti devono prendere nei riguardi delle merci anzidette qualora si accerti che sono effettivamente merci di cui al paragrafo 2, lett. a)».
6 Il n. 2 dello stesso art. 1 così dispone:
«Ai sensi del presente regolamento si intende per:
a) “merci che violano un diritto di proprietà intellettuale”:
– le “merci contraffatte” vale a dire:
– le merci, compreso il loro imballaggio, su cui sia stato apposto senza autorizzazione un marchio di fabbrica o di commercio identico a quello validamente registrato per gli stessi tipi di merci, o che non possa essere distinto nei suoi aspetti essenziali da tale marchio di fabbrica o di commercio e che pertanto violi i diritti del titolare del marchio in questione ai sensi della legislazione comunitaria o della legislazione dello Stato membro in cui è presentata la domanda per l’intervento delle autorità doganali;
(…)».
7 L’art. 84, n. 1, lett. a), del codice doganale dispone:
«Quando viene utilizzata la formulazione “regime sospensivo” si intende che essa si applica, nel caso di merci non comunitarie, ai seguenti regimi:
– transito esterno,
(…)».
8 L’art. 91, n. 1, del codice doganale così dispone:
«Il regime di transito esterno consente la circolazione da una località all’altra del territorio doganale della Comunità:
a) di merci non comunitarie senza che tali merci siano soggette ai dazi all’importazione e ad altre imposte, né alle misure di politica commerciale;
(…)».
9 A tenore dell’art. 92 del medesimo codice:
«Il regime di transito esterno ha fine quando le merci e il documento corrispondente sono presentati in dogana all’ufficio doganale di destinazione conformemente alle disposizioni del regime in questione».
La controversia di cui alla causa a qua e le questioni pregiudiziali
10 La Montex fabbrica pantaloni jeans esportando le singole componenti, ivi compresi i segni distintivi, mediante trasporto doganale sigillato, in Polonia, ove i pantaloni vengono cuciti, e portando successivamente i pantaloni finiti in Irlanda. La Diesel non gode di alcuna tutela per il segno nel territorio di quest’ultimo Stato membro.
11 Il 31 dicembre 2000, l’Hauptzollamt Löbau – Zollamt Zittau (ufficio principale delle dogane di Löbau – ufficio di Zittau) tratteneva una fornitura destinata alla Montex, di 5 076 pantaloni da donna, muniti del segno DIESEL, che un’impresa di trasporti ungherese avrebbe dovuto trasportare su autocarro dallo stabilimento di produzione polacco fino alla detta società attraversando il territorio tedesco. I pantaloni dovevano essere trasportati, in transito senza soluzione di continuità, dall’ufficio doganale polacco a quello di Dublino, ed erano stati protetti da eventuali furti durante il transito mediante l’apposizione, effettuata dall’amministrazione polacca, di sigilli al veicolo di trasporto.
12 La Montex proponeva un reclamo contro l’ordine di sequestro delle merci in questione affermando che il mero transito dei prodotti sul territorio tedesco non lede alcun diritto di marchio.
13 La Diesel, dal canto suo, sostiene che il transito costituisce un atto lesivo del proprio diritto di marchio, dato il rischio che le merci vengano immesse sul mercato nello Stato membro di transito. La Diesel chiedeva pertanto che fosse vietato alla Montex di far transitare o consentire il transito delle merci di questa nel territorio tedesco. Chiedeva inoltre che la Montex fosse condannata a dare il proprio consenso alla distruzione dei pantaloni sequestrati ovvero, a sua scelta, a provvedere alla rimozione e alla distruzione di tutte le etichette e degli altri segni distintivi recanti l’indicazione Diesel e che le fosse fatto obbligo di sopportare le spese di distruzione.
14 Dopo essere stata condannata in primo e in secondo grado, la Montex proponeva un ricorso per cassazione «Revision» dinanzi al Bundesgerichtshof. Quest’ultimo ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se il marchio di impresa registrato conferisca al suo titolare il diritto di vietare il transito di merci recanti il relativo segno.
2) In caso di soluzione affermativa, se profili particolari di valutazione della questione possono risultare nell’ipotesi in cui il segno sia privo di tutela nel paese di destinazione.
3) Nell’ipotesi di soluzione affermativa della prima questione, e indipendentemente dalla soluzione della seconda questione, se debba operarsi una distinzione a seconda che le merci destinate ad uno Stato membro provengano da un altro Stato membro, da uno Stato associato ovvero da uno Stato terzo; se rilevi, al riguardo, il fatto che le merci siano state prodotte nel paese di origine legalmente ovvero in violazione del diritto di contrassegno, ivi esistente, spettante al titolare del relativo marchio».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulle prime due questioni pregiudiziali:
15 Con le due prime questioni pregiudiziali, che vanno esaminate congiuntamente, il giudice a quo vuole in sostanza sapere se l’art. 5, nn. 1 e 3, della direttiva 89/104 debba essere interpretato nel senso che il marchio conferisce al titolare il diritto di vietare il transito di merci, recanti un segno identico e fabbricate in uno Stato terzo, sul territorio di uno Stato membro dove il detto marchio gode di tutela, quando le merci abbiano come destinazione finale uno Stato membro dove possono essere messe in commercio liberamente in ragione del fatto che il detto marchio non gode ivi di una siffatta tutela.
16 Dalla decisione del giudice a quo risulta, in primo luogo, che al momento in cui erano state trattenute dall’Hauptzollamt Löbau il 31 dicembre 2000, le merci di cui trattasi si trovavano sotto il regime doganale sospensivo di transito esterno ai sensi dell’art. 84, n. 1, lett. a) del codice doganale; in secondo luogo, che tali merci provenivano dalla Repubblica di Polonia, Stato associato all’Unione europea, in applicazione dell’accordo europeo tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Polonia, dall’altra, concluso e approvato in nome della Comunità con decisione Euratom, CECA, CE del Consiglio e della Commissione 13 dicembre 1993, n. 93/743 (GU L 348, pag. 1), e, in terzo luogo, che le dette merci alla data in cui erano state trattenute non si trovavano in libera pratica nella Comunità, poiché i sigilli doganali dovevano essere tolti in Irlanda, Stato membro, ove dovevano essere poste in libera pratica.
17 La Corte, da un lato, ha giudicato che il transito esterno di merci non comunitarie si basa su una finzione giuridica. Le merci vincolate a questo regime non sono infatti assoggettate ai dazi all’importazione corrispondenti né alle altre misure di politica commerciale, come se non fossero mai entrate nel territorio comunitario (v. sentenza 6 aprile 2000, causa C‑383/98, Polo/Lauren, Racc. pag. I‑2519, punto 34).
18 Da ciò consegue che, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 16 delle sue conclusioni, tutto è come se le merci prima della loro immissione in libera pratica, che dovrebbe aver luogo in Irlanda, non fossero mai entrate nel territorio comunitario.
19 Dall’altro lato, la Corte ha altresì giudicato che il transito, che consiste nel trasporto di merci legalmente fabbricate in uno Stato membro verso uno Stato terzo attraverso il territorio di uno o più Stati membri, non implica alcuna immissione in commercio delle merci in questione e non è quindi idoneo a pregiudicare l’oggetto specifico del diritto di marchio (v. a proposito di un transito attraverso la Francia di merci provenienti dalla Spagna con destinazione Polonia, sentenza 23 ottobre 2003, C‑115/02, Rioglass et Transremar, Racc. pag. I‑12705, punto 27).
20 La Corte ha inoltre precisato che il titolare di un marchio non può opporsi alla mera introduzione nella Comunità, sotto il regime doganale del transito esterno o quello del deposito doganale, di prodotti originali, contrassegnati dal detto marchio e che, precedentemente, non siano stati già immessi in commercio nella Comunità dal detto titolare o con il suo consenso [v. sentenza 18 ottobre 2005, causa C‑405/03, Class International (Racc. pag. I‑8735, punto 50)].
21 Nel settore dei marchi, l’assoggettamento di merci non comunitarie recanti un marchio a un regime doganale sospensivo, come quello del transito esterno, non costituisce, di per sé, lesione del diritto del titolare del marchio stesso di controllare la prima immissione in commercio nella Comunità (v., in questo senso, sentenza Class international, cit., punto 47).
22 Per contro, la Corte ha giudicato che il titolare del marchio può opporsi all’offerta e alla vendita di prodotti originali contrassegnati da un marchio e aventi la posizione doganale di merci non comunitarie, allorché l’offerta sia effettuata e/o la vendita realizzata mentre le merci sono assoggettate al regime del transito esterno o a quello del deposito doganale, quando ciò implichi necessariamente l’immissione in commercio delle merci stesse nella Comunità (v., in questo senso, sentenza Class international, cit., punto 61).
23 Da ciò consegue che il titolare di un marchio può vietare il transito in uno Stato membro dove tale marchio è tutelato, nella specie la Repubblica federale di Germania, di prodotti recanti il marchio e posti sotto il regime del transito esterno con destinazione verso un altro Stato membro dove una siffatta tutela non esiste, nella specie l’Irlanda, solo qualora tali prodotti costituiscano oggetto di un atto di un terzo, effettuato mentre sono collocati sotto il regime del transito esterno, che ne implica necessariamente l’immissione in commercio di siffatti prodotti nel detto Stato membro di transito.
24 A questo proposito, non può condividersi la tesi sostenuta dalla Diesel, secondo la quale il semplice rischio che le merci non giungano alla loro destinazione, cioè l’Irlanda, Stato membro dove non esiste alcuna tutela del marchio, e che possano teoricamente costituire, in Germania, oggetto di commercializzazione frodolenta, sarebbe sufficiente per considerare che il transito leda le funzioni essenziali del marchio in Germania.
25 Infatti, come anche rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 29 delle sue conclusioni, una siffatta tesi implicherebbe che qualsiasi transito esterno di merci recanti il segno dovrebbe essere considerato un uso del marchio nel commercio ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104. Orbene, come è stato ricordato ai punti 17‑22 della presente sentenza, la giurisprudenza della Corte considera, al contrario, che un siffatto transito esterno, in ragione del fatto che non implica alcuna commercializzazione delle merci di cui trattasi, non costituisce un uso del marchio tale da ledere il diritto del suo titolare di controllare l’immissione in commercio nella Comunità.
26 Per quanto riguarda l’onere della prova su tale punto, dai punti 74 e 75 della citata sentenza Class international risulta che, in una fattispecie quale quella oggetto della causa a qua, sul titolare del marchio grava l’onere di fornire la prova delle circostanze che consentono l’esercizio del diritto di divieto previsto dall’art. 5, nn. 1 e 3, della direttiva 89/104, dimostrando, sia un’immissione in libera pratica delle merci non comunitarie recanti il suo marchio in uno Stato membro dove il marchio è tutelato, sia un altro atto che ne implica necessariamente l’immissione in commercio in un siffatto Stato membro.
27 Alla luce di quanto precede, le prime due questioni vanno risolte dichiarando che l’art. 5, nn. 1 e 3, della direttiva 89/104 deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio può vietare il transito in uno Stato membro dove tale marchio è tutelato, nella specie la Repubblica federale di Germania, di prodotti recanti il marchio e posti sotto il regime del transito esterno con destinazione verso un altro Stato membro dove una siffatta tutela non esiste, nella specie l’Irlanda, solo qualora i detti prodotti costituiscano oggetto di un atto di un terzo effettuato mentre sono posti sotto il regime del transito esterno, che ne implica necessariamente l’immissione in commercio nel detto Stato membro di transito.
Sulla terza questione pregiudiziale:
28 Con la prima parte della terza questione, il giudice a quo vuole sapere se sia rilevante ai fini della soluzione della prima questione che all’epoca dei fatti cui alla causa a qua, si trattava di prodotti originari di uno Stato associato, cioè la Repubblica di Polonia prima della sua adesione all’Unione europea, e non di prodotti originari di Stati terzi non associati, cioè di prodotti comunitari.
29 A questo proposito, la giurisprudenza menzionata al punto 19 della presente sentenza riguardava merci di origine comunitaria, che costituivano oggetto di un transito a destinazione di uno Stato terzo con attraversamento del territorio di uno o più Stati membri, che però non ne implicava la commercializzazione nella Comunità con la conseguenza che l’oggetto specifico del marchio non era tale da essere leso.
30 Orbene, lo status di associato della Repubblica di Polonia, all’epoca dei fatti di cui alla causa a qua, non implicava assolutamente che i prodotti originari di tale paese dovevano essere considerati come provenienti da uno Stato membro. Pertanto, l’ipotesi di prodotti comunitari non è in discussione nella causa a qua e non va esaminata.
31 In quanto merci non comunitarie, i detti prodotti potevano essere posti sotto il regime del transito esterno. A tal fine, è privo di rilevanza il fatto che tali prodotti provenivano da uno Stato associato quale era la Repubblica di Polonia prima della sua adesione all’Unione europea piuttosto che da uno Stato terzo non associato.
32 Da ciò consegue che è irrilevante ai fini della soluzione della prima questione se all’epoca dei fatti di cui alla causa a qua si trattava di prodotti originari di uno Stato associato, cioè la Repubblica di Polonia prima della sua adesione all’Unione europea, e non di prodotti originari di Stati terzi non associati.
33 Per quanto riguarda la seconda parte della terza questione, relativa alla rilevanza ai fini della soluzione della prima questione della natura legale o illegale della fabbricazione delle merci di cui trattasi in Polonia, la Diesel, il governo tedesco e la Commissione delle Comunità europee sostengono che la fabbricazione di un prodotto in uno Stato terzo in violazione dei diritti che il marchio conferisce in questo Stato al suo titolare, consentirebbe a quest’ultimo di opporsi a qualsiasi transito, ivi compreso quello esterno.
34 Una siffatta tesi non può essere accolta. È stato infatti già giudicato al punto 27 della presente sentenza che il titolare di un marchio può vietare il transito in uno Stato membro dove tale marchio è tutelato, nella specie la Repubblica federale di Germania, di prodotti contrassegnati con il marchio e vincolati al regime del transito esterno con destinazione verso un altro Stato membro dove una siffatta tutela non esiste, nella specie l’Irlanda, solo qualora tali prodotti costituiscano oggetto di un atto di un terzo, effettuato mentre sono vincolati al regime del transito esterno, che ne implica necessariamente l’immissione in commercio di siffatti prodotti nel detto Stato membro di transito. La natura legale o illegale della fabbricazione dei prodotti di cui trattasi è, sotto questo profilo, priva di rilievo.
35 Contrariamente a quanto sostenuto dalla Diesel, una siffatta interpretazione dell’art. 5, della direttiva 89/104, non può essere rimessa in discussione dalla sentenza 7 gennaio 2004, causa C‑60/02, X, (Racc. pag. I‑651), avente, in particolare, ad oggetto l’interpretazione degli artt. 2 e 11 del regolamento n. 3295/94.
36 Al punto 54 della detta sentenza la Corte ha ricordato che l’art. 1, del regolamento n. 3295/94 va interpretato nel senso che si applica qualora merci importate da uno Stato terzo, durante il loro transito verso un altro paese terzo, sono provvisoriamente bloccate in uno Stato membro dalle autorità doganali di quest’ultimo Stato in forza del detto regolamento e su domanda della società titolare dei diritti di cui viene asserita la violazione (v. altresì, sentenza Polo/Lauren, cit., punti 26 e 27).
37 Si deve a questo proposito ricordare che l’art. 1 del regolamento n. 3295/94 stabilisce, in primo luogo, le condizioni di intervento delle autorità doganali qualora merci sospettate di essere merci contraffatte vengano, in particolare, scoperte in occasione di un controllo effettuato su merci sottoposte a vigilanza doganale conformemente all’art. 37 del codice doganale, vincolate al regime sospensivo ai sensi dell’art. 84, n. 1, lett. a), del medesimo codice, o ancora riesportate mediante notifica o collocate in zona franca o in depositi franchi ai sensi dell’art. 166 del detto codice.
38 In secondo luogo, questo stesso articolo precisa i provvedimenti che le competenti autorità doganali possono adottare nei confronti delle dette merci.
39 In terzo luogo, il secondo e terzo considerando del regolamento n. 3295/94, riprodotti al punto 4 della presente sentenza, fanno espressamente riferimento alla commercializzazione di merci contraffatte o alla loro immissione in commercio o ancora alla necessità di vietarne l’immissione in libera pratica nella Comunità.
40 Da ciò consegue che nessuna delle disposizioni del regolamento n. 3295/94 istituisce un nuovo criterio ai fini della verifica dell’esistenza di una violazione del diritto dei marchi o per stabilire se si tratti di un uso del marchio tale da essere vietato in quanto lesivo di tale diritto.
41 Tenuto conto di quanto precede, la terza questione va risolta nel senso che, ai fini della soluzione da dare alle due prime questioni, è in linea di principio privo di rilevanza il fatto che le merci destinate ad uno Stato membro provengano da uno Stato associato o da uno Stato terzo o ancora che queste siano state fabbricate nel paese di origine legalmente o in violazione di un diritto di marchio del titolare vigente nel detto paese.
Sulle spese
42 Nei confronti delle parti della causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:
1) L’art. 5, nn. 1 e 3, della direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, n. 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio può vietare il transito in uno Stato membro, dove tale marchio è tutelato, nella specie la Repubblica federale di Germania, di prodotti recanti il marchio e vincolati al regime del transito esterno con destinazione verso un altro Stato membro dove una siffatta tutela non esiste, nella specie l’Irlanda, solo qualora i detti prodotti costituiscano oggetto di un atto di un terzo effettuato mentre sono vincolati al regime del transito esterno, che implica necessariamente l’immissione in commercio di siffatti prodotti nel detto Stato membro di transito.
2) È a questo proposito privo di rilevanza che le merci destinate ad uno Stato membro provengano da uno Stato associato o da uno Stato terzo o ancora che queste siano state fabbricate nel paese di origine legalmente o in violazione di un diritto di marchio del titolare vigente nel detto paese.
Firme