Language of document : ECLI:EU:C:2007:408

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

5 luglio 2007 (*)

«Direttiva 90/434/CEE – Regime fiscale comune applicabile alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti di attivo ed agli scambi di azioni – Decisione nazionale che tassa uno scambio di quote sociali – Scambio di quote sociali – Distribuzione di un dividendo poco dopo – Abuso del diritto»

Nel procedimento C-321/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell'art. 234 CE, dall’Østre Landsret (Danimarca), con decisione 3 agosto 2004, pervenuta in cancelleria il 23 agosto 2005, nella causa

Hans Markus Kofoed

contro

Skatteministeriet,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann (relatore), presidente di sezione, dai sigg. A. Tizzano, A. Borg Barthet, M. Ilešič e E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 18 gennaio 2007,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Hans Markus Kofoed, dall'avv. L. Melchior Kjeldsen, advokat;

–        per il governo danese, dal sig. J. Molde, in qualità di agente, assistito dall’avv. K. Lundgaard Hansen, advokat;

–        per il governo del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, dalla sig.ra C. Gibbs, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra J. Stratford, barrister;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dai sigg. H. Støvlbæk e R. Lyal, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza dell’8 febbraio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 2, lett. d), 8 e 11 della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/434/CEE, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d'attivo ed agli scambi d'azioni concernenti società di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Kofoed e lo Skatteministeriet (Ministero delle imposte e accise), in ordine all’assoggettamento all’imposta sul reddito di uno scambio di quote sociali.

 Contesto normativo

 Normativa comunitaria

3        La direttiva 90/434 mira, secondo il suo primo ‘considerando’, a garantire che le operazioni di ristrutturazione di società di vari Stati membri, come fusioni, scissioni, conferimenti d’attivo e scambi di azioni, non siano intralciate da restrizioni, svantaggi e distorsioni particolari derivanti dalle disposizioni fiscali degli Stati membri.

4        A tal fine, la detta direttiva istituisce un regime in base al quale le dette operazioni non possono, di per sé, dar luogo ad imposizione fiscale. Eventuali plusvalenze relative a tali operazioni possono, in linea di principio, essere sottoposte a tassazione, ma solo al momento in cui esse sono effettivamente realizzate.

5        L’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434 definisce lo «scambio di azioni» come «l’operazione mediante la quale una società acquista nel capitale sociale di un’altra società una partecipazione il cui effetto sia quello di conferirle la maggioranza dei diritti di voto di questa società, mediante l’attribuzione ai soci dell’altra società, in cambio dei loro titoli, di titoli rappresentativi del capitale sociale della prima società ed eventualmente di un saldo in contanti che non superi il 10% del valore nominale o, in mancanza di valore nominale, della parità contabile dei titoli consegnati in cambio».

6        Ai sensi dell’art. 2, lett. g) e h), della direttiva 90/434, si deve intendere per «società acquistata» «la società in cui un’altra società acquista una partecipazione mediante scambio di titoli» e per «società acquirente» «la società che acquista una partecipazione mediante scambio di titoli».

7        L’art. 8, nn. 1 e 4, della detta direttiva è così formulato:

«1. L'assegnazione, in occasione di una fusione, scissione o scambio di azioni, di titoli rappresentativi del capitale sociale della società beneficiaria o acquirente ad un socio della società conferente o acquistata, in cambio di titoli rappresentativi del capitale sociale di quest'ultima società, non deve di per se stessa comportare alcuna imposizione sul reddito, gli utili o le plusvalenze di questo socio.

(…)

4. I paragrafi 1, 2 e 3 non ostano a che, per la tassazione del socio, venga preso in considerazione il saldo in contanti eventualmente versatogli in occasione della fusione, della scissione o dello scambio di azioni».

8        L’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434 dispone che uno Stato membro può rifiutare di applicare in tutto o in parte le disposizioni dei titoli II, III e IV di tale direttiva o revocarne il beneficio qualora risulti che l'operazione di scambio di azioni ha come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l'evasione fiscale.

 Normativa nazionale

9        Nell’ordinamento danese, il trattamento fiscale degli scambi di azioni rientra, da una parte, nell’ambito di applicazione della legge relativa alla tassazione delle plusvalenze sulla cessione di valori mobiliari (aktieavancebeskatningsloven), del 15 settembre 1993 (Lovtidende 1993, pag. 4171; in prosieguo: l’«aktieavancebeskatningsloven»), e, dall’altra, in quello della legge sul regime fiscale applicabile alle fusioni (fusionsskatteloven), del 27 agosto 1992 (Lovtidende 1992, pag. 3374; in prosieguo: la «fusionsskatteloven»).

10      L’art. 13 dell’aktieavancebeskatningsloven prevede:

«1. In caso di scambio di azioni, gli azionisti della società acquisita sono tassati in applicazione degli artt. 9 e 11 della fusionsskatteloven se la società acquirente e la società acquisita sono società di uno Stato membro ai sensi dell’art. 3 della direttiva 90/434/CEE. La data della fusione è quella della data dello scambio delle azioni. Lo scambio di azioni dev’essere realizzato al più tardi sei mesi dopo il primo giorno dello scambio.

2. Per “scambio di azioni”, ai sensi del n. 1, si deve intendere l’operazione con cui una società acquisisce, nel capitale sociale di un’altra società, una partecipazione avente l’effetto di conferirgli la maggioranza dei diritti di voto, attraverso l’attribuzione ai soci dell’altra società, in cambio delle azioni conferite, di titoli rappresentativi del capitale sociale della prima società e eventualmente di un conguaglio in contanti che non superi il 10% del valore nominale o, in mancanza di valore nominale, della parità contabile dei titoli consegnati in cambio.

(…)»

11      L’art. 9 della fusionsskatteloven, al quale rinvia l’art. 13, n. 1, dell’aktieavancebeskatningsloven, è così formulato:

«1. Le azioni della società conferente [società acquisita] si considerano cedute dall’azionista ad un terzo se sono remunerate in forma diversa da quella corrispondente ad azioni della società beneficiaria del conferimento [società acquirente]. (…)

(…)»

12      L’art. 11 della fusionsskatteloven dispone:

«1. Per la determinazione dei redditi generali o speciali, le azioni emesse dalla società beneficiaria [società acquirente] e ricevute dagli azionisti della società conferente [società acquisita] come corrispettivo dei titoli conferiti sono trattate come se fossero state acquistate lo stesso giorno e per lo stesso prezzo delle azioni conferite. (…)

(…)»

13      È pacifico che, alla data dei fatti della causa principale, nell’ordinamento danese non esisteva alcuna disposizione specifica che trasponesse l’art. 11 della direttiva 90/434.

 La controversia nella causa principale e la questione pregiudiziale

14      I sigg. Kofoed e Toft detenevano, in parti uguali, la totalità del capitale sociale della Cosmopolit Holding ApS (in prosieguo: la «Cosmopolit»), società a responsabilità limitata di diritto danese che disponeva di un capitale sociale di DKK 240 000.

15      Il 26 ottobre 1993 essi acquistavano ciascuno una delle due azioni, dell’ammontare di IEP 1, che componevano il capitale sociale della società a responsabilità limitata di diritto irlandese Dooralong Ltd (in prosieguo: la «Dooralong»).

16      La Dooralong aumentava successivamente il suo capitale sociale, emettendo 21 000 nuove azioni dell’ammontare di IEP 1.

17      Il 29 ottobre 1993 i sigg. Kofoed e Toft scambiavano tutte le quote sociali da essi detenute nella Cosmopolit contro tutte le nuove azioni detenute nella Dooralong. A seguito di tale scambio, essi possedevano dunque 10 501 azioni della Dooralong ciascuno. Quest’ultima disponeva dal canto suo dell’intero capitale sociale della Cosmopolit.

18      Il 1° novembre 1993, la Dooralong incassava un dividendo di IEP 2 742 616 (DKK 26 000 000 circa), versato dalla sua consociata Cosmopolit da poco acquisita, i cui capitali propri furono così ridotti a DKK 1 709 806.

19      Il 3 novembre 1993, l’assemblea generale della Dooralong decideva di distribuire un dividendo dell’ammontare di IEP 2 742 116 ai suoi due soci, i sigg. Kofoed e Toft.

20      Nel contesto della sua tassazione in base all’imposta sul reddito per l’anno 1993, il sig. Kofoed precisava nella sua dichiarazione dei redditi che lo scambio di quote sociali nella Cosmopolit contro nuove azioni nella Dooralong doveva essere esentato dall’imposta. L’amministrazione fiscale danese respingeva tale dichiarazione ritenendo che la distribuzione del dividendo dovesse essere considerata come facente parte dell’operazione di scambio di quote sociali, di modo che il massimale del 10% del valore nominale dei titoli consegnati in cambio, previsto dalla direttiva 90/434 per un eventuale saldo in contanti, era superato. A parere di tale amministrazione, il detto scambio di quote sociali non poteva quindi beneficiare dell’esenzione in base a tale direttiva.

21      Il sig. Kofoed contestava allora, dinanzi al Landsskatteretten, la decisione dell’amministrazione fiscale secondo cui lo scambio di quote sociali di cui trattasi non doveva essere esentato in forza della direttiva 90/434. Essendo stata confermata tale decisione, il sig. Kofoed proponeva ricorso dinanzi all’Østre Landsret.

22      Alla luce di quanto sopra, l’Østre Landsret ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434/CEE (…) debba essere interpretato nel senso che non ha luogo alcuno “scambio di azioni” ai sensi di tale direttiva qualora i partecipanti all’operazione di scambio, contemporaneamente all’accordo sullo scambio, manifestino, pur senza vincolarsi giuridicamente, la comune intenzione di deliberare, nella prima assemblea generale della società acquirente successiva allo scambio, una distribuzione di utili in misura superiore al 10% del valore nominale dei titoli ceduti in occasione di tale scambio, e tali utili vengano poi anche effettivamente distribuiti».

 Sulla questione pregiudiziale

23      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, in circostanze come quelle della causa principale, l’art. 8, n. 1, della direttiva 90/434 osti alla tassazione di uno scambio di quote sociali come quello di cui trattasi.

In tale contesto, il giudice del rinvio chiede, in primo luogo, se un siffatto scambio di quote sociali costituisca uno «scambio di azioni» ai sensi dell’art. 2, lett. d), di tale direttiva e, più in particolare, se un dividendo come quello versato debba o non debba essere incluso nel calcolo del saldo in contanti previsto in quest’ultimo articolo.

In secondo luogo, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’amministrazione fiscale potesse reagire ad un eventuale abuso del diritto, benché il legislatore nazionale non abbia adottato provvedimenti specifici per trasporre l’art. 11 della direttiva 90/434.

 Sulla qualificazione di «scambio di azioni» ai sensi della direttiva 90/434

24      In via preliminare, occorre ricordare che l’art. 8, n. 1, della direttiva 90/434 vieta la tassazione, nei confronti dei soci della società acquisita, dell’attribuzione di titoli in occasione di uno scambio di azioni.

25      Secondo la definizione contenuta all’art. 2, lett. d), di questa stessa direttiva, costituisce uno «scambio di azioni» un’«operazione mediante la quale una società acquista, nel capitale sociale di un’altra società, una partecipazione il cui effetto sia quello di conferirle la maggioranza dei diritti di voto di questa società, mediante l’attribuzione ai soci dell’altra società, in cambio dei loro titoli, di titoli rappresentativi del capitale sociale della prima società ed eventualmente di un saldo in contanti che non superi il 10% del valore nominale o, in mancanza di valore nominale, della parità contabile dei titoli consegnati in cambio».

26      Nella causa principale, è pacifico che lo scambio di quote sociali di cui trattasi sia stato effettuato, in linea di massima, nel contesto di un’operazione di acquisizione ai sensi di quest’ultima disposizione.

27      Tuttavia, le parti divergono sulla questione se il dividendo versato dalla Dooralong ai sigg. Kofoed e Toft, poco dopo tale scambio di quote sociali, debba o meno essere considerato come facente parte di tale operazione di acquisizione. In caso affermativo, il limite del 10% previsto all’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434 per un saldo in contanti sarebbe superato, comportando la tassazione del detto scambio di quote sociali.

28      A questo proposito occorre constatare, come ha rilevato la sig.ra avvocato generale ai paragrafi 44-47 nonché 52 e 53 delle sue conclusioni, che la nozione di «saldo in contanti» ai sensi dell’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434 riguarda le prestazioni pecuniarie che hanno il carattere di vera e propria contropartita dell’operazione di acquisizione, e cioè le prestazioni convenute a titolo obbligatorio come complemento dell’attribuzione di titoli rappresentativi del capitale sociale della società acquirente, e ciò indipendentemente dagli eventuali motivi alla base dell’operazione.

29      Risulta infatti dall’economia e dal sistema della direttiva 90/434 che il saldo in contanti e l’operazione di acquisizione fanno parte di una stessa transazione. Infatti, il saldo forma parte integrante della contropartita che la società acquirente paga ai soci della società acquisita al fine di ottenere la partecipazione maggioritaria in quest’ultima.

30      Analogamente, la Corte ha già avuto occasione di precisare che risulta dall’art. 2, lett. d), nonché dalla struttura generale della direttiva 90/434 che il regime tributario comune che essa istituisce, comprendente diverse agevolazioni fiscali, si applica indistintamente a tutte le operazioni di fusione, scissione, conferimento di attivo e scambio di azioni, a prescindere dai loro motivi, siano essi finanziari, economici o puramente fiscali (v. sentenza 17 luglio 1997, causa C‑28/95, Leur-Bloem, Racc. pag. I‑4161, punto 36).

31      Pertanto, non può essere qualificata come «saldo in contanti», ai sensi dell’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434, una prestazione pecuniaria attribuita da una società acquirente ai soci della società acquisita per il semplice fatto di un certo nesso temporale o altro con l’operazione di acquisizione, o di un’eventuale motivazione fraudolenta. È invece necessario verificare in ciascun caso di specie, alla luce di tutte le circostanze, se la prestazione di cui trattasi presenta il carattere di una contropartita obbligatoria all’operazione di acquisizione.

32      Questa interpretazione è corroborata dall’obiettivo della direttiva 90/434, che consiste nell’eliminare ostacoli fiscali alle ristrutturazioni transfrontaliere di imprese, da una parte, garantendo che eventuali aumenti di valore di quote sociali non vengano tassati prima della loro realizzazione effettiva e, dall’altra, evitando che operazioni comportanti plusvalenze molto elevate realizzate in occasione di uno scambio di quote sociali siano sottratte all’imposta semplicemente perché rientrano nell’ambito di una ristrutturazione.

33      Nella causa principale occorre constatare che non esiste agli atti alcun indizio che dimostri che il dividendo di cui trattasi abbia formato parte integrante della contropartita da pagare da parte della Dooralong per l’acquisizione della Cosmopolit, il che sarebbe la condizione necessaria per poterlo qualificare come «saldo in contanti» ai sensi dell’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434. Al contrario, secondo il giudice del rinvio, è pacifico che non è stato mai concluso un accordo tra i sigg. Kofoed e Toft nonché la Dooralong che impegnasse quest’ultima a distribuire tale dividendo.

34      Di conseguenza, il dividendo di cui trattasi nella causa principale non può essere incluso nel calcolo del «saldo in contanti» di cui all’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434.

35      Pertanto, lo scambio di quote sociali di cui trattasi rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 8, n. 1, della direttiva 90/434, il che implica che la sua tassazione è, in linea di principio, vietata.

36      Tuttavia, poiché il giudice del rinvio e il governo danese sottolineano ripetutamente che il detto scambio di quote sociali è stato effettuato senza alcuna ragione commerciale e al solo scopo di realizzare economie di natura fiscale, ci si deve altresì porre la questione dell’applicazione del detto art. 8, n. 1, nell’ipotesi di un eventuale abuso del diritto.

 Sulla possibilità di tener conto di un eventuale abuso del diritto

37      In forza dell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434, gli Stati membri possono rifiutare di applicare, in via eccezionale e in casi particolari, in tutto o in parte le disposizioni di tale direttiva o revocarne il beneficio qualora l’operazione di scambio di azioni abbia, in particolare, come obiettivo principale o come uno degli obiettivi principali la frode o l’evasione fiscale. La stessa disposizione precisa inoltre che il fatto che l’operazione non sia effettuata per valide ragioni economiche, quali la ristrutturazione o la razionalizzazione delle attività delle società partecipanti all’operazione, può comportare una presunzione nel senso che la detta operazione abbia tale obiettivo (v., in tal senso, sentenza Leur-Bloem, cit., punti 38 e 39).

38      Così, l’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434 riflette il principio generale di diritto comunitario secondo il quale l’abuso del diritto è vietato. I singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme di diritto comunitario. L’applicazione di queste ultime non può essere estesa sino a comprendere pratiche abusive, ossia operazioni effettuate non nell’ambito di normali transazioni commerciali, ma unicamente allo scopo di beneficiare abusivamente dei vantaggi previsti dal diritto comunitario (v., in questo senso, sentenze 9 marzo 1999, causa C‑212/97, Centros, Racc. pag. I‑1459, punto 24; 21 febbraio 2006, causa C‑255/02, Halifax e a., Racc. pag. I‑1609, punti 68 e 69; 6 aprile 2006, causa C‑456/04, Agip Petroli, Racc. pag. I‑3395, punti 19 e 20, nonché 12 settembre 2006, causa C‑196/04, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas, Racc. pag. I‑7995, punto 35).

39      Nella causa principale è vero che, come ha rilevato l’avvocato generale al punto 59 delle sue conclusioni, esistono taluni indizi che potrebbero eventualmente giustificare un’applicazione dell’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434.

40      Tuttavia, in via preliminare, occorre chiedersi se, in mancanza di una specifica disposizione nazionale che trasponga l’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434 nell’ordinamento danese, quest’ultima disposizione possa tuttavia trovare applicazione nella causa principale.

41      A questo proposito occorre ricordare che, ai sensi degli artt. 10 CE e 249 CE, ciascuno degli Stati membri destinatari di una direttiva ha l'obbligo di adottare, nell'ambito del proprio ordinamento giuridico, tutti i provvedimenti necessari a garantire la piena efficacia della direttiva, conformemente allo scopo che essa persegue (v., in particolare, sentenze 10 marzo 2005, causa C‑531/03, Commissione/Germania, non pubblicata nella Raccolta, punto 16, e 16 giugno 2005, causa C‑456/03, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑5335, punto 50).

42      Inoltre, il principio della certezza del diritto osta a che le direttive possano, di per se stesse, creare obblighi in capo ai singoli. Le direttive non possono quindi essere fatte valere in quanto tali dallo Stato membro contro singoli (v., in particolare, sentenze 11 giugno 1987, causa 14/86, Pretore di Salò/X, Racc. pag. 2545, punti 19 e 20; 8 ottobre 1987, causa 80/86, Kolpinghuis Nijmegen, Racc. pag. 3969, punti 9 e 13; 26 settembre 1996, causa C‑168/95, Arcaro, Racc. pag. I‑4705, punti 36 e 37, nonché 3 maggio 2005, cause riunite C‑387/02, C‑391/02 e C‑403/02, Berlusconi e a., Racc. pag. I‑3565, punti 73 e 74).

43      Occorre tuttavia sottolineare, in primo luogo, che, secondo la formulazione stessa dell’art. 249, terzo comma, CE, gli Stati membri hanno la scelta della forma e dei mezzi di attuazione delle direttive che meglio permettono di garantire il risultato a cui mirano queste ultime (v., in questo senso, sentenza 16 giugno 2005, causa C‑456/03, Commissione/Italia, cit., punto 51).

44      Pertanto, purché la situazione giuridica derivante dai provvedimenti nazionali di trasposizione sia sufficientemente precisa e chiara per consentire ai singoli interessati di conoscere la portata dei loro diritti e obblighi, la trasposizione di una direttiva nel diritto interno non esige necessariamente un’azione legislativa in ciascuno Stato membro. Allo stesso modo, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 62 delle sue conclusioni, per la trasposizione di una direttiva può essere sufficiente, in taluni casi, a seconda del contenuto di quest’ultima, un contesto normativo generale di modo che non è necessaria una formale ed esplicita riproduzione delle disposizioni nazionali (v. sentenze 16 giugno 2005, Commissione/Italia, cit., punto 51, e 6 aprile 2006, causa C‑428/04, Commissione/Austria, Racc. pag. I‑3325, punto 99).

45      In secondo luogo, occorre ricordare che tutte le autorità di uno Stato membro, quando applicano il diritto nazionale, sono tenute ad interpretarlo per quanto possibile alla luce della lettera e dello scopo delle direttive comunitarie, al fine di conseguire il risultato perseguito da queste ultime. Orbene, se è vero che tale obbligo di interpretazione conforme non può giungere sino al punto che una direttiva, di per se stessa e indipendentemente da una legge nazionale di trasposizione, crei obblighi per i singoli ovvero determini o aggravi la responsabilità penale di coloro che trasgrediscono le sue disposizioni, è tuttavia riconosciuto che lo Stato può, in linea di principio, opporre un’interpretazione conforme della legge nazionale nei confronti di singoli (v., in questo senso, citate sentenze Kolpinghuis Nijmegen, punti 12-14, e Arcaro, punti 41 e 42).

46      Nella causa principale, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 63 delle sue conclusioni, spetta dunque al giudice del rinvio esaminare se nel diritto danese esiste una disposizione o un principio generale sulla cui base l’abuso del diritto è vietato ovvero se esistono altre disposizioni sulla frode o sull’evasione fiscale che possano essere interpretate conformemente all’art. 11, n. 1, lett. a), della direttiva 90/434 e, pertanto, giustificare la tassazione dello scambio di quote sociali di cui trattasi (v., altresì, sentenza 19 gennaio 1982, causa 8/81, Becker, Racc. pag. 53, punto 34).

47      Se del caso, spetta al giudice del rinvio verificare se, nella causa principale, ricorrano le condizioni per l’applicazione di tali disposizioni nazionali.

48      Alla luce di tutto quanto precede, occorre dunque risolvere la questione sollevata nel senso che, in circostanze come quelle della causa principale, un dividendo come quello versato non dev’essere incluso nel calcolo del «saldo in contanti» di cui all’art. 2, lett. d), della direttiva 90/434 e che, pertanto, uno scambio di quote sociali come quello in esame costituisce uno «scambio di azioni» ai sensi dell’art. 2, lett. d), di tale direttiva.

Pertanto l’art. 8, n. 1, della direttiva 90/434 osta, in linea di principio, alla tassazione di un siffatto scambio di quote sociali, a meno che norme di diritto nazionale sull’abuso del diritto, sulla frode o sull’evasione fiscale non possano essere interpretate conformemente all’art. 11, n. 1, lett. a), della detta direttiva giustificando quindi la tassazione dello scambio stesso.

 Sulle spese

49      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara

In circostanze come quelle della causa principale, un dividendo come quello versato non dev’essere incluso nel calcolo del «saldo in contanti» di cui all’art. 2, lett. d), della direttiva del Consiglio 23 luglio 1990, 90/434/CEE, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d'attivo e agli scambi d'azioni concernenti società di Stati membri diversi, e, pertanto, uno scambio di quote sociali come quello in esame costituisce uno «scambio di azioni» ai sensi dell’art. 2, lett. d), di tale direttiva.

Di conseguenza, l’art. 8, n. 1, della direttiva 90/434 osta in linea di principio alla tassazione di un siffatto scambio di quote sociali, a meno che norme di diritto nazionale sull’abuso del diritto, sulla frode o sull’evasione fiscale non possano essere interpretate conformemente all’art. 11, n. 1, lett. a), della detta direttiva giustificando quindi la tassazione dello scambio stesso.

Firme


* Lingua processuale: il danese.