Language of document : ECLI:EU:C:2009:440

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 9 luglio 2009 1(1)

Causa C‑226/08

Stadt Papenburg

contro

Bundesrepublik Deutschland

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgericht Oldenburg)

«Conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche – Decisione di uno Stato membro di prestare il proprio consenso a un progetto di elenco di siti di importanza comunitaria redatto dalla Commissione – Interessi da prendere in considerazione – Legittimo affidamento»





1.        Il Comune di Papenburg (in prosieguo: la «Stadt Papenburg») è una città portuale sul fiume Ems in Bassa Sassonia, Germania. Essa è nota per il suo grande cantiere navale, il Meyer-Werft, fondato nel 1795 e attualmente specializzato nella costruzione di navi da crociera (2).

2.        Prima del transito di una nave avente un pescaggio rilevante dal cantiere navale fino al Mare del Nord devono essere effettuati i necessari dragaggi speciali. Con una pianificazione decisa dalla Wasser- und Schiffahrtsdirektion Nordwest (direzione della navigazione fluviale per la zona nord‑occidentale) il 31 maggio 1994 è stato consentito alla Stadt Papenburg, al Landkreis Emsland (circoscrizione di Emsland) e alla Wasser- und Schiffahrtsamt Emden (Ufficio delle acque e della navigazione di Emden), in caso di necessità, di dragare l’Ems. Il fiume è riassettato solo per navi aventi un pescaggio massimo di 6,3 m. Il dragaggio è inteso a rendere possibile il transito verso il mare di navi con un pescaggio di 7,3 m.

3.        La decisione di pianificazione sostituisce tutte le ulteriori necessarie autorizzazioni previste dall’ordinamento tedesco e non è soggetta a impugnazioni (3). Gli effettivi lavori di dragaggio non richiedono quindi in ogni singolo caso un’ulteriore autorizzazione o concessione.

4.        Il 17 febbraio 2006 alcune parti del fiume situate a valle del territorio comunale della Stadt Papenburg sono state indicate dalla Germania alla Commissione europea, con la denominazione «Ems inferiore e Ems superiore (DE 2507-331)», quale possibile sito di importanza comunitaria ai sensi della direttiva 92/43/CEE (in prosieguo: la «direttiva habitat») (4).

5.        La Commissione ha inserito il sito nel suo progetto di un elenco di siti di importanza comunitaria nella regione atlantica e ha invitato il governo federale a fornire il suo consenso al riguardo ai sensi dell’art. 4, n. 2, primo comma, della direttiva habitat. La Germania desidera dare il suo consenso. La Stadt Papenburg teme che, qualora l’Ems inferiore e superiore venissero inseriti nell’elenco dei siti di importanza comunitaria, in futuro sarebbe necessaria in ogni singolo caso una valutazione ai sensi dell’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat, il cui esito sarebbe assolutamente incerto, e lo sforzo e i costi aumenterebbero in modo notevole.

6.        Il 20 febbraio 2008 la Stadt Papenburg ha adito il Verwaltungsgericht Oldenburg (Tribunale amministrativo di Oldenburg), chiedendo che alla Bundesrepublik Deutschland (in prosieguo: il «governo federale») fosse inibita la prestazione del consenso. Con il presente rinvio pregiudiziale il Verwaltungsgericht Oldenburg chiede chiarimenti alla Corte in merito all’interpretazione degli artt. 2, n. 3, 4, n. 2, e 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat (5).

 Contesto normativo

 La direttiva habitat

7.        Il terzo ‘considerando’ della direttiva habitat enuncia quanto segue:

«(…) la presente direttiva, il cui scopo principale è promuovere il mantenimento della biodiversità, tenendo conto al tempo stesso delle esigenze economiche, sociali, culturali e regionali, contribuisce all’obiettivo generale di uno sviluppo durevole; (…) il mantenimento di detta biodiversità può in taluni casi richiedere il mantenimento e la promozione di attività umane».

8.        L’art. 1 contiene varie definizioni:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(…)

k)      Sito di importanza comunitaria [in prosieguo: il “SIC”]: un sito che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene, contribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale di cui all’allegato I o una specie di cui all’allegato II in uno stato di conservazione soddisfacente e che può inoltre contribuire in modo significativo alla coerenza di Natura 2000 di cui all’articolo 3, e/o che contribuisce in modo significativo al mantenimento della diversità biologica nella regione biogeografica o nelle regioni biogeografiche in questione.

(…);

l)      Zona speciale di conservazione [in prosieguo: la “ZSC”]: un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato;

(…)».

9.        L’art. 2, n. 3, così recita:

«Le misure adottate a norma della presente direttiva tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali».

10.      L’art. 3 dispone quanto segue:

«1.   È costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II, deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale.

La rete “Natura 2000” comprende anche le zone di protezione speciale classificate dagli Stati membri a norma della direttiva 79/409/CEE.

2.     Ogni Stato membro contribuisce alla costituzione di Natura 2000 in funzione della rappresentazione sul proprio territorio dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie di cui al paragrafo 1. A tal fine, conformemente all’articolo 4, esso designa siti quali zone speciali di conservazione, tenendo conto degli obiettivi di cui al paragrafo 1.

(…)».

11.      L’art. 4 così recita:

«1.   In base ai criteri di cui all’allegato III (fase 1) e alle informazioni scientifiche pertinenti, ogni Stato membro propone un elenco di siti, indicante quali tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e quali specie locali di cui all’allegato II si riscontrano in detti siti.

(…)

L’elenco viene trasmesso alla Commissione entro il triennio successivo alla notifica della presente direttiva, contemporaneamente alle informazioni su ogni sito.

(…)

2.     In base ai criteri di cui all’allegato III (fase 2) e nell’ambito di ognuna delle cinque regioni biogeografiche di cui all’articolo 1, lettera c), punto iii) e dell’insieme del territorio di cui all’articolo 2, paragrafo 1, la Commissione elabora, d’accordo con ognuno degli Stati membri, un progetto di elenco dei [SIC], sulla base degli elenchi degli Stati membri, in cui sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie.

Gli Stati membri i cui siti con tipi di habitat naturali e specie prioritari rappresentano oltre il 5% del territorio nazionale, possono, d’accordo con la Commissione, chiedere che i criteri elencati nell’allegato III (fase 2) siano applicati in maniera più flessibile per la selezione dell’insieme dei [SIC] nel loro territorio.

L’elenco dei siti selezionati come [SIC] in cui sono evidenziati i siti in cui si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie è fissato dalla Commissione secondo la procedura di cui all’articolo 21 (6).

(…)

4.     Quando un sito di importanza comunitaria è stato scelto a norma della procedura di cui al paragrafo 2, lo Stato membro interessato designa tale sito come [ZSC] il più rapidamente possibile e entro un termine massimo di sei anni, stabilendo le priorità in funzione dell’importanza dei siti per il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, di uno o più tipi di habitat naturali di cui all’allegato I o di una o più specie di cui all’allegato II e per la coerenza di Natura 2000, nonché alla luce dei rischi di degrado e di distruzione che incombono su detti siti.

5.     Non appena un sito è iscritto nell’elenco di cui al paragrafo 2, terzo comma, esso è soggetto alle disposizioni dell’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4».

12.      L’art. 6 dispone quanto segue:

«1.   Per le [ZSC], gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II presenti nei siti.

2.     Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle [ZSC] il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3.     Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

4.     Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

13.      L’allegato III, fase 2, intitolato «Valutazione dell’importanza comunitaria dei siti inclusi negli elenchi nazionali», dispone quanto segue:

«1.      Tutti i siti individuati dagli Stati membri nella fase 1, che ospitano tipi di habitat naturali e/o specie prioritari, sono considerati [SIC].

2.      La valutazione dell’importanza comunitaria degli altri siti inclusi negli elenchi degli Stati membri, e cioè del loro contributo al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione favorevole, di un habitat naturale di cui all’allegato I o di una specie di cui all’allegato II e/o alla coerenza di Natura 2000, terrà conto dei seguenti criteri:

a)      il valore relativo del sito a livello nazionale;

b)      la localizzazione geografica del sito rispetto alle vie migratorie di specie dell’allegato II, nonché la sua eventuale appartenenza ad un ecosistema coerente situato a cavallo di una o più frontiere interne della Comunità;

c)      la superficie totale del sito;

d)      il numero di tipi di habitat naturali dell’allegato I e di specie dell’allegato II presenti sul sito;

e)      il valore ecologico globale del sito per la o le regioni biogeografiche interessate e/o per l’insieme del territorio di cui all’articolo 2 sia per l’aspetto caratteristico o unico degli elementi che lo compongono sia per la loro combinazione».

 Costituzione tedesca

14.      L’art. 28, n. 2, del Grundgesetz (Legge fondamentale tedesca, o «GG») così recita (7):

«Entro i limiti stabiliti dalla legge, ai Comuni dev’essere garantito il diritto di regolare tutti gli affari locali sotto la propria responsabilità. Nei limiti delle funzioni loro attribuite (…) dalla legge, anche le associazioni intercomunali hanno diritto [all’autonomia amministrativa] conformemente alla legge. La garanzia [di autonomia amministrativa] si estende agli [elementi essenziali] dell’autonomia finanziaria; tali [elementi essenziali] includono il diritto dei comuni di avere una fonte di entrate tributarie basate sulla capacità contributiva e di stabilire le aliquote delle imposte prelevate da tali fonti».

15.      Il diritto delle autonomie locali garantito da detta disposizione, quale interpretato dal giudice del rinvio, include anche il diritto dei comuni a che i loro interessi vengano presi in considerazione laddove misure di portata non solo locale influiscano durevolmente sullo sviluppo del comune ovvero perturbino durevolmente un progetto sufficientemente concreto e consolidato del comune. Ciò vale anche per le misure poste in essere al di fuori del territorio comunale, laddove sia evidente che il comune, nonostante la lontananza geografica, risulti particolarmente coinvolto.

 Causa principale e questioni pregiudiziali

16.      Dinanzi al giudice del rinvio, la Stadt Papenburg ha sostenuto che la sua autonomia, tutelata dall’art. 28, n. 2, del GG, verrebbe violata qualora la Germania prestasse il proprio consenso, ai sensi dell’art. 4, n. 2, primo comma, della direttiva habitat, al progetto di elenco dei SIC della regione atlantica redatto dalla Commissione.

17.      Essa ha fatto valere che, in quanto località caratterizzata da un porto e da cantieri navali, i suoi progetti e investimenti nonché il suo sviluppo economico dipendono dal mantenimento della possibilità di navigare l’Ems con grandi navi d’altura.

18.      Il governo federale chiede il rigetto della domanda. A suo parere, prendere in considerazione gli interessi dedotti dalla ricorrente in sede di decisione sul consenso al progetto di elenco dei SIC violerebbe il diritto comunitario. Infatti, ai sensi dell’art. 4, n. 2, primo comma, della direttiva habitat, uno Stato membro potrebbe decidere di prestare il proprio consenso solo in base a motivi di tutela dell’ambiente. Il governo federale sostiene in subordine che, se la direttiva habitat dovesse comunque permettere di prendere in considerazione interessi locali, la ricorrente potrebbe far valere in giudizio la loro mancata considerazione anche dopo l’approvazione dell’elenco. Non vi sarebbe dunque alcun bisogno di un’inibizione «preventiva» del consenso del governo federale al progetto di elenco.

19.      Il Verwaltungsgericht Oldenburg ha concesso tutela provvisoria alla Stadt Papenburg con ordinanza 31 marzo 2008. Il governo federale non può quindi prestare il proprio consenso fino alla decisione sulla domanda oggetto della causa principale.

20.      Il Verwaltungsgericht Oldenburg ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)   Se l’art. 4, n. 2, secondo comma, della [direttiva habitat] consenta ad uno Stato membro di non approvare il progetto di un elenco elaborato dalla Commissione in relazione a uno o più [SIC] per motivi diversi da quello di tutela dell’ambiente.

2)     In caso di soluzione affermativa della prima questione: se fra tali motivi rientrino anche le esigenze dei comuni e delle associazioni intercomunali, e in particolare i loro piani, i progetti di piani e altri interessi connessi all’ulteriore sviluppo del proprio territorio.

3)     In caso di soluzione affermativa della prima e della seconda questione: se il terzo ‘considerando’ della direttiva 92/43/CEE o l’art. 2, n. 3, di tale direttiva o altri precetti di diritto comunitario esigano addirittura che siffatti motivi vengano presi in considerazione dagli Stati membri e dalla Commissione in sede di approvazione e di elaborazione dell’elenco dei [SIC].

4)     In caso di soluzione affermativa della terza questione: se dal punto di vista del diritto comunitario un comune interessato dall’inserimento di un determinato territorio nell’elenco possa, dopo la compilazione definitiva di tale elenco, far valere in via giudiziaria la violazione, da parte dell’elenco stesso, del diritto comunitario, poiché le proprie esigenze non sono state prese in considerazione o non lo sono state sufficientemente.

5)     Se continue misure di manutenzione nel canale di estuari, approvate in via definitiva sulla base del diritto nazionale già prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva 92/43/CEE, debbano essere assoggettate ad una valutazione dell’impatto ambientale ai sensi dell’art. 6, nn. 3 o 4, nel caso di loro prosecuzione dopo l’inserimento del territorio nell’elenco dei [SIC]».

21.      Hanno presentato osservazioni scritte la Stadt Papenburg e la Commissione.

22.      La Stadt Papenburg, il governo federale e la Commissione hanno presentato osservazioni orali all’udienza tenutasi il 26 marzo 2009.

 Analisi

 Sulla prima questione

23.      L’art. 4 della direttiva habitat istituisce un procedimento per la classificazione dei siti naturali in ZSC articolato in più fasi, alle quali sono ricollegati taluni effetti giuridici. Tale procedura, come emerge dall’art. 3, n. 2, della medesima direttiva, deve, in particolare, consentire la realizzazione della menzionata rete «Natura 2000» (8).

24.      Nella fase 1 di detta procedura, in base ai criteri di cui all’allegato III della direttiva habitat e alle informazioni scientifiche pertinenti, ogni Stato membro propone e trasmette alla Commissione un elenco di siti, indicante quali tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e quali specie locali di cui all’allegato II si riscontrano in detti siti (art. 4, n. 1). Nella fase 2 la Commissione deve elaborare, in base ai criteri applicabili di cui all’allegato III e d’accordo con ognuno degli Stati membri, un progetto di elenco dei SIC, sulla base degli elenchi degli Stati membri. L’elenco dei siti selezionati come SIC in cui sono evidenziati i siti nei quali si riscontrano uno o più tipi di habitat naturali prioritari o una o più specie prioritarie è fissato dalla Commissione (art. 4, n. 2). Quando un SIC è stato scelto, lo Stato membro interessato deve designare tale sito come ZSC (art. 4, n. 4). Non appena un sito è iscritto nell’elenco di cui all’art. 4, n. 2, terzo comma, esso è soggetto alle disposizioni dell’art. 6, nn. 2, 3 e 4 (art. 4, n. 5).

25.      La prima questione è diretta ad accertare se nella fase 2 di tale procedura la Germania possa far valere motivi diversi da quelli di tutela dell’ambiente per negare il consenso al progetto di elenco dei SIC redatto dalla Commissione.

26.      Nella causa First Corporate Shipping (9) si chiedeva alla Corte se uno Stato membro potesse o dovesse tenere conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali, nel decidere quali siti proporre alla Commissione nell’ambito della fase I. La Corte ha rilevato che i criteri concernenti la fase I stabiliti nell’allegato III sono stati definiti «esclusivamente in funzione dell’obiettivo di conservazione degli habitat naturali o della fauna e della flora selvatiche figuranti nell’allegato I o, rispettivamente, nell’allegato II. Ne consegue che l’art. 4, n. 1, della direttiva habitat, in quanto tale, non prevede che vengano prese in considerazione esigenze diverse da quelle relative alla conservazione degli habitat naturali nonché della flora e della fauna selvatiche, nella scelta e delimitazione dei siti da proporre alla Commissione in quanto identificabili come [SIC]» (10).

27.      La Corte ha inoltre dichiarato che, per elaborare un progetto di elenco di SIC idoneo a portare alla costituzione di una rete ecologica europea coerente di ZSC, la Commissione deve disporre «di un elenco completo di siti aventi, a livello nazionale, un interesse ecologico pertinente con riguardo all’obiettivo della conservazione degli habitat naturali nonché della fauna e della flora selvatiche contemplato dalla direttiva sugli habitat. A questo fine il detto inventario è redatto sulla base dei criteri posti nell’allegato III (prima tappa) di tale direttiva». La Corte ha sottolineato che solo in questo modo «è possibile realizzare l’obiettivo contemplato dall’art. 3, n. 1, primo comma, della direttiva sugli habitat, cioè il mantenimento o il ripristino in uno stato di conservazione soddisfacente dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale, la quale può essere ubicata da una parte e dall’altra di una o più frontiere interne». Uno Stato membro, allorché redige l’elenco nazionale dei siti, non può avere una conoscenza precisa e circostanziata della situazione degli habitat negli altri Stati membri. Esso pertanto non può, «di propria iniziativa, sia pure in ragione di esigenze economiche, sociali e culturali o delle specificità regionali e locali, escludere siti aventi, a livello nazionale, un interesse ecologico in linea con l’obiettivo della conservazione, senza mettere a repentaglio la realizzazione di questo stesso obiettivo a livello comunitario». Se gli Stati membri potessero agire in tal senso, «la Commissione non potrebbe essere sicura di disporre di un elenco completo dei siti dichiarabili come ZSC e l’obiettivo della costituzione di tali zone in una rete ecologica europea coerente rischierebbe di non essere conseguito» (11).

28.      La Corte ha quindi concluso che «l’art. 4, n. 1, della direttiva sugli habitat va interpretato nel senso che uno Stato membro non può prendere in considerazione esigenze economiche, sociali e culturali nonché particolarità regionali e locali, come quelle menzionate all’art. 2, n. 3, della detta direttiva, nella scelta e delimitazione dei siti da proporre alla Commissione come identificabili di importanza comunitaria» (12).

29.      Vale lo stesso ragionamento per la fase 2 della procedura?

30.      Nelle conclusioni relative alla sentenza First Corporate Shipping, l’avvocato generale Léger ha ritenuto «che non sia da escludersi che, nel corso della seconda tappa, cioè al momento della concertazione tra gli Stati membri e la Commissione sulla scelta dei SIC, le esigenze economiche e sociali possano giustificare che un sito che ospita uno dei tipi di habitat naturali dell’allegato I o specie indigene dell’allegato II non sia selezionato come SIC e di conseguenza non sia designato come ZSC» (13).

31.      Contrariamente a quanto sostiene la Stadt Papenburg, ritengo che la sentenza First Corporate Shipping non abbia accolto tale parere (14). In ogni caso, rimane aperta la questione se ciò che la Corte ha dichiarato in relazione alla fase 1 valga anche per la fase 2.

32.      Ritengo di sì.

33.      Per quanto concerne la fase 2 della procedura, l’art. 4, n. 2, della direttiva habitat prevede che la Commissione elabori, d’accordo con ognuno degli Stati membri, un progetto di elenco dei SIC, in base ai criteri di cui all’allegato III (fase 2). I criteri di valutazione elaborati per la fase 2, al pari di quelli per la fase I, sono stati definiti esclusivamente in funzione dell’obiettivo di conservazione degli habitat naturali o della fauna e della flora selvatiche figuranti nell’allegato I o, rispettivamente, nell’allegato II (15). L’unica eccezione prevista dalla direttiva habitat riguarda gli Stati membri i cui siti con tipi di habitat naturali e specie prioritari rappresentino oltre il 5% del territorio nazionale, i quali possono, d’accordo con la Commissione, chiedere che i criteri elencati nell’allegato III (fase 2) siano applicati in maniera più flessibile per la selezione dell’insieme dei SIC nel loro territorio (art. 4, n. 2, secondo comma). Tale eccezione non viene invocata nel caso in esame. Inoltre, quand’anche uno Stato membro rientrasse in tale categoria, in ogni caso la direttiva habitat non contempla altri criteri (ad esempio, economici e sociali) applicabili in questa fase. Essa si limita a disporre che i criteri meramente ecologici di cui all’allegato III possono essere applicati in maniera più flessibile.

34.      Si può inoltre tracciare un parallelo con la direttiva 79/409/CEE (in prosieguo: la «direttiva sugli uccelli») (16). L’art. 4, nn. 1 e 2, di tale direttiva impone agli Stati membri di adottare misure speciali di conservazione per talune specie, e in particolare designare quali zone di protezione speciale (in prosieguo: «ZPS») i territori più idonei alla loro conservazione. L’art. 3, n. 1, della direttiva habitat prevede la costituzione di una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata «Natura 2000», che comprende anche le ZPS classificate dagli Stati membri a norma della direttiva sugli uccelli. Esiste quindi uno stretto collegamento tra le due direttive (17).

35.      Nella causa Royal Society for the Protection of Birds (18) si chiedeva alla Corte se le suddette disposizioni dovessero essere interpretate nel senso che uno Stato membro può, all’atto della scelta e della delimitazione di una ZPS, tenere conto delle esigenze economiche che rispecchiano i motivi imperativi di rilevante interesse pubblico del tipo menzionato all’art. 6, n. 4, della direttiva habitat. La Corte ha dichiarato che i motivi imperativi di rilevante interesse pubblico che possono, ai sensi dell’art. 6, n. 4, della direttiva habitat, giustificare un piano o un progetto atto ad avere incidenze significative su una ZPS, possono eventualmente comprendere motivi di ordine sociale o economico. La Corte ha però osservato che l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat, nella parte in cui ha modificato l’art. 4, n. 4, prima frase, della direttiva sugli uccelli, anche se ha istituito una procedura che consente agli Stati membri di adottare, per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico e a talune condizioni, un piano o un progetto che possa avere incidenza su una ZPS e, quindi, di riformare in tal modo una decisione di classificazione di una tale zona riducendone la superficie, non ha tuttavia introdotto alcun cambiamento per quanto riguarda la fase iniziale della classificazione di una zona come ZPS, contemplata dall’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva sugli uccelli. Ne consegue che, anche in base alla direttiva habitat, la classificazione delle zone in ZPS deve comunque essere effettuata secondo i criteri ammessi a norma dei nn. 1 e 2 dell’art. 4 della direttiva sugli uccelli e che le esigenze economiche, in quanto motivo imperativo di rilevante interesse pubblico che consente di derogare all’obbligo di classificare una zona secondo il suo valore ecologico, non possono essere prese in considerazione in questa fase (19).

36.      La direttiva habitat e la direttiva sugli uccelli fanno parte del sistema istituito per contribuire alla formazione di Natura 2000. Ritengo che sarebbe tanto incoerente quanto incompatibile con gli obiettivi della direttiva habitat consentire agli Stati membri di far valere criteri economici per negare il loro assenso al progetto di elenco dei SIC in forza della medesima direttiva habitat, dato che la Corte ha chiarito che tali criteri non possono entrare in linea di conto nella selezione dei siti a norma dell’art. 4, nn. 1 e 2, della direttiva sugli uccelli, come modificata dalla direttiva habitat.

37.      Inoltre, come ha dichiarato la Corte nella sentenza Royal Society for the Protection of Birds, l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat non prevede che tali interessi vengano presi in considerazione in una fase successiva (20). Invero, ciò è quanto annuncia l’art. 2, n. 3, della direttiva habitat, laddove dispone che le misure adottate a norma della medesima direttiva devono tenere conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali.

38.      Tuttavia, come osserva giustamente la Commissione, l’art. 2, n. 3, non costituisce una deroga generale alle disposizioni della direttiva habitat. Si può rilevare una formulazione analoga nell’art. 2 della direttiva sugli uccelli (21). La Corte ha dichiarato che tale disposizione non costituisce una deroga autonoma al regime generale di protezione istituito dalla direttiva sugli uccelli, ma nondimeno è la conferma che la direttiva prende in considerazione sia la necessità di un’efficace protezione degli uccelli sia, tra l’altro, le esigenze dell’economia (22). Tale affermazione mi pare applicabile, mutatis mutandis, anche all’art. 2, n. 3, della direttiva habitat.

39.      In sostanza, la disposizione della direttiva habitat che consente di tenere conto degli interessi economici è quindi l’art. 6, n. 4.

40.      L’art. 6 della direttiva habitat impone agli Stati membri di stabilire le misure di conservazione necessarie per le ZSC (art. 6, n. 1), onde evitare, nelle ZSC, il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie elencate (art. 6, n. 2) e di sottoporre «qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito» a una valutazione ex ante del suo probabile impatto sulla ZSC (art. 6, n. 3). L’art  6, n. 4, concede agli Stati membri la possibilità (entro certi limiti) di ignorare una valutazione ex ante negativa e autorizzare il piano o il progetto in questione per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica. In tal caso, tuttavia, lo Stato membro deve adottare ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata e informare la Commissione di tali misure (23).

41.      L’art. 6, n. 4, della direttiva habitat prevede quindi, espressamente, una fase della procedura in cui si possono prendere in considerazione gli interessi economici. A mio parere, per non mettere a rischio l’obiettivo della direttiva habitat occorre che nella scelta dei SIC si tenga conto solo di criteri di tutela dell’ambiente. Una volta stabilito l’elenco completo dei SIC conformemente a tali criteri, si può tenere conto di interessi economici come quelli in discussione nella causa principale. In via eccezionale, tali motivi possono comportare la prosecuzione di un piano o di un progetto anche nel caso in cui esso possa avere un impatto negativo sul sito.

42.      Concludo pertanto che l’art. 4, n. 2, primo comma, della direttiva habitat non consente a uno Stato membro di negare il consenso al progetto di elenco di SIC redatto dalla Commissione per motivi diversi da quello di tutela dell’ambiente.

43.      La seconda, la terza e la quarta questione poste dal giudice nazionale si fondano tutte sul presupposto che la prima questione venga risolta in senso affermativo. Data la soluzione da me proposta alla Corte per la prima questione, non occorre esaminare la seconda, la terza e la quarta questione.

 Sulla quinta questione

44.      Con la quinta questione il giudice del rinvio chiede se continue misure di manutenzione nel canale di estuari, approvate in via definitiva sulla base del diritto nazionale già prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva habitat (24), debbano essere assoggettate ad una valutazione dell’impatto ambientale ai sensi dell’art. 6, nn. 3 o 4, nel caso di loro prosecuzione dopo l’inserimento nell’elenco dei SIC del territorio che esse potrebbero danneggiare.

45.      La soluzione di tale questione dipende dalla circostanza se i dragaggi in discussione nella causa principale costituiscano un «piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito». A tale riguardo, due precedenti potrebbero fornire indicazioni utili.

46.      Nella causa Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (25) si chiedeva alla Corte se la pesca meccanica di cuori eduli, esercitata da molti anni, ma per la quale veniva rilasciata, ogni anno, una licenza per un periodo limitato che implicava ogni volta una nuova valutazione sia della possibilità di esercitare tale attività sia del sito in cui essa poteva essere esercitata, rientrasse nella nozione di «piano» o di «progetto» figuranti all’art. 6, n. 3, della direttiva habitat. Dopo avere osservato che la direttiva habitat non definisce i termini «piano» e «progetto», la Corte ha richiamato la definizione di «progetto» di cui all’art. 1, n. 2, della direttiva sulla valutazione d’impatto ambientale (26) e ha dichiarato che la pesca meccanica di cuori eduli rientrava nel suo ambito di applicazione. La Corte ha affermato che la definizione di «progetto» contenuta nella direttiva sulla valutazione d’impatto ambientale è rilevante al fine di trarne la nozione di piano o di progetto ai sensi della direttiva habitat, in quanto tali direttive mirano ad evitare che attività che possano pregiudicare l’ambiente siano autorizzate senza preventiva valutazione delle loro incidenze sullo stesso. Un’attività come la pesca meccanica di cuori eduli era quindi coperta dalla nozione di piano o di progetto figurante all’art. 6, n. 3, della direttiva habitat.

47.      La Corte ha proseguito dichiarando che il fatto che l’attività fosse praticata periodicamente da molti anni nel sito interessato e che il suo esercizio richiedesse ogni anno l’ottenimento di una licenza, il cui rilascio esigeva ogni volta una nuova valutazione sia della possibilità di esercitare detta attività sia del sito in cui questa poteva essere esercitata, non ostava di per sé a che, al momento di ciascuna domanda, questa potesse essere considerata un piano o un progetto distinto ai sensi della direttiva habitat (27).

48.      In una procedura di infrazione contro l’Irlanda, la Commissione faceva valere che tale Stato, contrariamente a quanto previsto dall’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat, aveva consentito un progetto di drenaggio atto a produrre effetti significativi sulla ZPS di Glen Lough senza aver effettuato una previa idonea valutazione di tale progetto, né aver applicato un’idonea procedura decisionale (28). Nelle conclusioni relative a detta causa, l’avvocato generale Kokott ha rammentato che, per quanto riguarda la definizione di progetto, la Corte si era già fondata sulla definizione data dall’art. 1, n. 2, della direttiva sulla valutazione d’impatto ambientale nella sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (29). L’avvocato generale ha quindi rilevato che anche le opere di manutenzione possono costituire interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, in particolare se comportano il deterioramento di un habitat che rientra tra i più idonei alla protezione degli uccelli (30). Tale approccio è stato accolto dalla Corte (31).

49.      Alla luce della richiamata giurisprudenza, mi sembra evidente che i dragaggi in discussione nella causa principale rientrino nella definizione di «piano o progetto» ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva habitat. L’approccio della Corte sembra essere quello di mantenere molto ampio l’ambito di applicazione dell’art. 6, n. 3, della direttiva habitat (32).

50.      Tuttavia, l’ordinanza di rinvio precisa che i dragaggi sono stati approvati in via definitiva dalle autorità locali prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva habitat senza che occorrano in futuro ulteriori permessi. Ciò implica che tutti i dragaggi sull’Ems (passati e futuri) dovrebbero essere considerati come un unico «piano o progetto», che è stato autorizzato in via definitiva prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva habitat ed esula quindi dall’ambito di applicazione dell’art. 6, n. 3?

51.      È evidente che, secondo logica, l’art. 6, nn. 3 e 4, della direttiva habitat non è applicabile retroattivamente. Pertanto, in relazione a dragaggi già autorizzati e realizzati prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva habitat, non si sarebbe potuta pretendere alcuna valutazione ex ante (33).

52.      Tuttavia, come ho suggerito nelle mie conclusioni relative alla causa Valloni e steppe pedegarganiche, ritengo che, «[s]e e nella misura in cui esistessero ulteriori progetti, o ulteriori stadi dello stesso progetto complessivo che potessero essere distinti non artificiosamente da stadi precedenti, essi ricadrebbero nell’obbligo di cui all’art. 6, n. 3. Essi potrebbero inoltre (almeno potenzialmente) beneficiare delle disposizioni prevalenti dell’art. 6, n. 4» (34).

53.      Ritengo quindi che ogni ulteriore opera di dragaggio o di manutenzione sul fiume Ems debba essere sottoposta alla valutazione ex ante ai sensi dell’art. 6, n. 3, della direttiva habitat.

54.      Nelle conclusioni relative alla causa Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging l’avvocato generale Kokott ha rilevato che un’efficace prevenzione di danni involontari ai siti di Natura 2000 presupponeva che possibilmente tutte le misure potenzialmente dannose fossero sottoposte alla procedura di cui all’art. 6, n. 3, della direttiva habitat e che pertanto le nozioni di piano e di progetto dovessero essere interpretate in maniera estensiva. L’avvocato generale ha tenuto conto del fatto che la pesca dei cuori eduli veniva praticata già da molti anni nella forma attuale, ma ha ritenuto che né la nozione di piano, né quella di progetto, impedissero di considerare una misura, ripetuta ex novo a scadenze regolari, ogni volta quale piano o progetto a sé stante. L’avvocato generale Kokott ha significativamente rilevato che, proprio perché le misure in questione vengono attuate ripetutamente, questa concezione delle nozioni di piano e progetto non comporta nemmeno oneri sproporzionati. Se gli effetti di una misura rimangono immutati di anno in anno, nel successivo stadio dell’esame è possibile accertare agevolmente, con riferimento alle valutazioni effettuate in precedenza, che non vi sono incidenze significative da temere. Qualora le circostanze cambino, allora non può escludersi e anzi è giustificata la necessità di effettuare ex novo valutazioni più approfondite (35).

55.      Tale approccio è ragionevole.

56.      Aggiungo che, a mio parere, la definizione di «piano o progetto» di cui all’art. 6, n. 3, della direttiva habitat deve costituire una definizione autonoma di diritto comunitario. Essa non può dipendere dalla natura della decisione amministrativa che autorizza un’attività in forza del diritto nazionale, senza che ciò metta a rischio lo scopo della direttiva. Si supponga, ad esempio, che molto prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva habitat, uno Stato membro avesse adottato una decisione amministrativa definitiva con cui autorizzava i propri cittadini ad abbattere i lupi senza limitazioni (36). Tale autorizzazione generalizzata non sarebbe esente, esclusivamente in ragione del carattere definitivo della decisione amministrativa nazionale, da una valutazione alla luce della direttiva habitat.

57.      La Commissione fa valere che la tutela del legittimo affidamento e dei diritti quesiti osta all’applicazione di norme procedurali a situazioni già autorizzate e che la Stadt Papenburg e la Meyer‑Werft nutrono un legittimo affidamento sulla navigabilità del fiume Ems. La Commissione conclude quindi che le valutazioni ex ante di cui all’art. 6, n. 3, della direttiva habitat non sono applicabili alle operazioni di dragaggio ancora rientranti nell’ambito della prima autorizzazione concessa in base alla legge amministrativa tedesca. La Commissione suggerisce che l’art. 6, n. 2, della direttiva habitat, che impone agli Stati membri di adottare le opportune misure per evitare nelle ZSC il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie, nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, garantisce un’adeguata tutela dell’ambiente.

58.      Analogamente, la Stadt Papenburg richiama la sentenza Kühne & Heitz (37), in cui la Corte ha dichiarato che (a determinate condizioni) (38) il principio di cooperazione derivante dall’art. 10 CE impone ad un organo amministrativo, investito di una richiesta in tal senso, di riesaminare una decisione amministrativa definitiva per tener conto dell’interpretazione della disposizione pertinente nel frattempo accolta dalla Corte.

59.      Non mi sembra un approccio corretto.

60.      Nella specie, è indubbio che l’organo amministrativo da cui promana il provvedimento che ha autorizzato il dragaggio debba riesaminare tale decisione. Si pone semmai la questione se un atto normativo comunitario – in questo caso una direttiva – sia atto a modificare una situazione giuridica determinata da un provvedimento amministrativo che è stato adottato in forza del diritto nazionale prima della scadenza del termine di recepimento e continua a produrre effetti giuridici.

61.      Come ha sottolineato la Corte nella sentenza VEMW e a., il principio della tutela del legittimo affidamento è uno dei principi fondamentali della Comunità e la possibilità di farlo valere è prevista per l’operatore economico nel quale un’istituzione abbia fatto sorgere fondate aspettative (39). Nella specie, tuttavia, le istituzioni comunitarie non hanno fatto nulla che inducesse a ritenere che la situazione normativa vigente prima dell’adozione della direttiva habitat sarebbe durata indefinitamente.

62.      È vero che le autorità locali tedesche hanno effettivamente adottato un provvedimento che autorizza le future operazioni di dragaggio dell’Ems. Tuttavia, tale provvedimento è stato adottato il 31 maggio 1994 (40), poco più di due anni dopo l’adozione della direttiva habitat (avvenuta il 21 maggio 1992), ancorché 10 giorni prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva (10 giugno 1994) (41). La Corte ha chiarito che l’operatore economico prudente ed accorto, qualora sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento comunitario idoneo a ledere i suoi interessi, non può invocare il principio della tutela del legittimo affidamento nel caso in cui il provvedimento venga adottato. Nella specie la misura controversa era già stata adottata. Inoltre, uno Stato membro non può vincolare la Comunità in modo tale che essa non possa avviare o proseguire la propria politica ambientale e svolgere il suo compito, enunciato all’art. 2 CE, di promuovere un elevato livello di protezione dell’ambiente ed il miglioramento della qualità di quest’ultimo (42).

63.      Il principio della certezza del diritto esige, in particolare, che una normativa che comporta conseguenze svantaggiose per i privati sia chiara e precisa e che la sua applicazione sia prevedibile per gli amministrati. Tuttavia, non si può basare il proprio affidamento sull’assenza totale di modifiche legislative, ma si possono solamente mettere in discussione le modalità di applicazione di tali modifiche. Del pari, il principio di certezza del diritto non esige l’assenza di modifiche legislative. Esso richiede piuttosto che il legislatore tenga conto delle situazioni particolari degli operatori economici e preveda, eventualmente, adattamenti all’applicazione delle nuove norme giuridiche (43).

64.      Inoltre, secondo consolidata giurisprudenza, in mancanza di norme transitorie, la norma nuova si applica immediatamente agli effetti futuri di una situazione creatasi quando era in vigore la norma precedente (44) e l’ambito applicativo del principio della tutela del legittimo affidamento non può essere esteso fino al punto di vietare, in via generale, una nuova normativa che si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte in vigenza della normativa antecedente (45).

65.      Naturalmente sono sensibile al legittimo interesse della Stadt Papenburg e dei suoi cantieri navali che il fiume Ems sia navigabile e le navi da questi costruite possano raggiungere il mare. Tuttavia, è importante sottolineare che la direttiva habitat contiene disposizioni che consentono di prendere in considerazione la situazione particolare di città quali la Stadt Papenburg, grazie alla deroga di cui all’art. 6, n. 4 (46).

66.      Gli interessi di Papenburg e dei suoi cantieri navali possono quindi essere tutelati senza interpretare l’art. 6, n. 3, della direttiva habitat in maniera eccessivamente restrittiva e tale da mettere a repentaglio il suo obiettivo di protezione dell’ambiente.

67.      Se il dragaggio dell’Ems comporta in sostanza la ripetizione nel tempo delle stesse operazioni con le stesse modalità, è ragionevole presumere che la valutazione ex ante di cui all’art. 6, n. 3, non risulti eccessivamente onerosa. Se, in un caso particolare, i dragaggi necessari superassero i limiti di tali operazioni ripetute, si dovrebbe effettuare una valutazione più approfondita (47). Qualora, nonostante una valutazione negativa dell’incidenza sul sito, le operazioni di dragaggio dovessero comunque essere realizzate (48), l’art. 6, n. 4, consentirebbe alla Germania di ignorare tale valutazione ex ante negativa e autorizzare i dragaggi. In tal caso, tuttavia, la Germania dovrebbe adottare ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata e informare la Commissione delle misure adottate.

68.      La Commissione sostiene che sia applicabile solo l’art. 6, n. 2. Rammento tuttavia che i nn. 2 e 3 dell’art. 6 hanno funzioni diverse nell’ambito della direttiva habitat. Come ha dichiarato la Corte nella sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging (49), il fatto che un piano o un progetto sia stato autorizzato secondo l’art. 6, n. 3, della direttiva habitat rende superflua un’applicazione concomitante della norma di protezione generale di cui al n. 2 del medesimo articolo. Ciò in quanto l’autorizzazione di un piano o progetto ai sensi dell’art. 6, n. 3, comporta necessariamente che esso sia ritenuto inidoneo a pregiudicare l’integrità del sito in questione e, di conseguenza, inidoneo a determinare deterioramenti o perturbazioni significative ai sensi dell’art. 6, n. 2.

69.      La Corte ha aggiunto, tuttavia, che «[n]on si può (…) escludere che, con il tempo, un piano o progetto di questo genere, anche in assenza di qualsiasi errore imputabile alle autorità nazionali competenti, si riveli idoneo a comportare deterioramenti o perturbazioni di questo tipo». Ciò premesso, l’applicazione dell’art. 6, n. 2, consente di rispondere all’obiettivo essenziale della preservazione e della protezione della qualità dell’ambiente, compresa la conservazione degli habitat naturali nonché della fauna o della flora selvatiche (50).

70.      Ritengo pertanto che i futuri dragaggi del fiume Ems dovranno essere assoggettati a valutazione ex ante conformemente all’art. 6, n. 3, della direttiva habitat. L’art. 6, n. 2, svolge una funzione limitata, anche se complementare e, in ultima analisi, importante.

71.      Di conseguenza, concludo che continue misure di manutenzione nel canale di estuari, approvate in via definitiva sulla base del diritto nazionale già prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva habitat, devono essere assoggettate ad una valutazione dell’impatto ambientale ai sensi dell’art. 6, nn. 3 o 4, della direttiva nel caso di loro prosecuzione dopo l’inserimento del territorio nell’elenco dei SIC.

 Conclusione

72.      Alla luce di quanto sopra, ritengo che le questioni poste dal Verwaltungsgericht Oldenburg debbano essere risolte come segue:

–        L’art. 4, n. 2, primo comma, della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, non consente a uno Stato membro di negare il consenso al progetto di elenco dei siti di importanza comunitaria, redatto dalla Commissione, per motivi diversi da quello di tutela dell’ambiente.

–        Continue misure di manutenzione nel canale di estuari, approvate in via definitiva sulla base del diritto nazionale già prima della scadenza del termine di recepimento della direttiva 92/43/CEE, devono essere assoggettate ad una valutazione dell’impatto ambientale ai sensi dell’art. 6, nn. 3 o 4, della direttiva nel caso di loro prosecuzione dopo l’inserimento del territorio nell’elenco dei siti di importanza comunitaria.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – V. http://www.meyerwerft.de.


3 – V art. 75, n. 1, del VwVfG (Verwaltungsverfahrensgesetz – Legge sul procedimento amministrativo).


4 – Direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7).


5 Per le questioni sottoposte v. infra, punto 20.


6 – L’art. 21 fa riferimento a una procedura del comitato di regolamentazione ai sensi degli artt. 5 e 7 della decisione del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/468/CE, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU L 184, pag. 23).


7 – Nota riguardante la versione inglese delle conclusioni.


8 – Sentenza 7 novembre 2000, causa C‑371/98, First Corporate Shipping (Racc. pag. I‑9235, punto 20).


9 – Cit. alla nota 8.


10 – Sentenza First Corporate Shipping, cit. alla nota 8 (punti 14‑16).


11 – Sentenza First Corporate Shipping, cit. alla nota 8 (punti 22‑24).


12 – Sentenza First Corporate Shipping, cit. alla nota 8 (punto 25).


13 – Paragrafo 51.


14 – La Stadt Papenburg richiama in particolare il punto 20 della sentenza: «Si deve altresì ricordare che l’art. 4 della direttiva habitat istituisce un procedimento per la classificazione dei siti naturali in ZSC articolata in più fasi, alle quali sono ricollegati taluni effetti giuridici. Tale procedura, come emerge dall’art. 3, n. 2, della medesima direttiva, deve, in particolare, consentire la realizzazione della menzionata rete “Natura 2000”». Non vedo come tale punto possa essere interpretato nel senso che si esprime in merito alla posizione dell’avvocato generale.


15 – V., per quanto riguarda la fase 1, sentenza First Corporate Shipping, cit. alla nota 7 (punto 15). I criteri relativi alla fase 2 sono descritti supra, al paragrafo 13.


16 – Direttiva del Consiglio 2 aprile 1979, 79/409/CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 103, pag. 1).


17 – V. anche l’art. 7 della direttiva habitat, che stabilisce un collegamento tra detta direttiva e la direttiva sugli uccelli disponendo che gli obblighi derivanti dall’art. 6, nn. 2, 3 e 4, sostituiscono quelli derivanti dall’art. 4, n. 4, della direttiva sugli uccelli per quanto riguarda le zone classificate come ZPS a norma dell’art. 4, n. 1, o analogamente riconosciute a norma dell’art. 4, n. 2, della direttiva sugli uccelli. V. anche le mie conclusioni nella causa C‑388/05, Commissione/Italia (Valloni e steppe pedegarganiche) (Racc. pag. I‑7555, paragrafo 40).


18 – Sentenza 11 luglio 1996, causa C‑44/95 (Racc. pag. I‑3805).


19 – Sentenza Royal Society for the Protection of Birds, cit. alla nota 18 (punti 38‑41).


20 – Sentenza Royal Society for the Protection of Birds, cit. alla nota 18 (punto 41).


21 – «Gli Stati membri adottano le misure necessarie per mantenere o adeguare la popolazione di tutte le specie di uccelli di cui all’articolo 1 ad un livello che corrisponde in particolare alle esigenze ecologiche, scientifiche e culturali, pur tenendo conto delle esigenze economiche e ricreative».


22 – Sentenza 8 luglio 1987, causa 247/85, Commissione/Belgio (Racc. pag. 3029, punto 8).


23 – V. le mie conclusioni nella causa Valloni e steppe pedegarganiche, cit. alla nota 17 (paragrafi 44 e 45).


24 – Come ho rilevato nelle mie conclusioni relative alla causa Valloni e steppe pedegarganiche, cit. alla nota 17, punto 16, (nota 7), stabilire la data esatta non è così semplice come potrebbe sembrare. La Corte ha ora stabilito che la data corretta è quella del 10 giugno 1994: v. sentenza 13 dicembre 2007, causa C‑418/04, Commissione/Irlanda (Racc. pag. I‑10947, punto 32).


25 – Sentenza 7 settembre 2004, causa C‑127/02 (Racc. pag. I‑7405).


26 – Direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40). L’art. 1, n. 2, dispone che «la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere» e «altri interventi sull’ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo» devono essere considerati «progetti».


27 – Sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit. alla nota 25 (punti 21‑28).


28 – Sentenza Commissione/Irlanda, cit. alla nota 24 (punto 248).


29 – Sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit. alla nota 25 (punto 24).


30 – Conclusioni nella causa Commissione/Irlanda, cit. alla nota 24 (paragrafo 175).


31 – Sentenza Commissione/Irlanda, cit. alla nota 24 (punti 248‑257).


32 – Si può forse tracciare un paragone con l’art. 28 CE, al quale analogamente la Corte attribuisce un campo d’applicazione molto ampio. V., ad esempio, sentenza 4 giugno 2009, causa C‑142/05, Mickelsson e Roos (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).


33 – V., per analogia, le mie conclusioni nella causa Valloni e steppe pedegarganiche, cit. alla nota 17 (paragrafo 51).


34 – Cit. alla nota 17 (paragrafo 52).


35 – Conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit. alla nota 25 (paragrafi 30‑38).


36 – La caccia ai lupi costituiva l’oggetto della sentenza 14 giugno 2007, causa C‑342/05, Commissione/Finlandia (Racc. pag. I‑4713).


37 – Sentenza 13 gennaio 2004, causa C‑453/00 (Racc. pag. I‑837).


38 – Vale a dire, «qualora disponga, secondo il diritto nazionale, del potere di ritornare su tale decisione; la decisione in questione sia divenuta definitiva in seguito ad una sentenza di un giudice nazionale che statuisce in ultima istanza; tale sentenza, alla luce di una giurisprudenza della Corte successiva alla medesima, risulti fondata su un’interpretazione errata del diritto comunitario adottata senza che la Corte fosse adita in via pregiudiziale alle condizioni previste all’art. 234, n. 3, CE, e l’interessato si sia rivolto all’organo amministrativo immediatamente dopo essere stato informato della detta giurisprudenza» (sentenza Kühne & Heitz, cit. alla nota 37, punto 28).


39 – Sentenza 7 giugno 2005, causa C‑17/03, (Racc. pag. I‑4983, punti 73 e 74 e giurisprudenza ivi citata).


40 – V. supra, paragrafo 2.


41 – V. supra, nota 24.


42 – V. anche artt. 3, n. 1, lett. l), CE, 6 CE e 174‑176 CE. V., per analogia, sentenza VEMW e a., cit. alla nota 39 (punti 74, 75 e 79 e giurisprudenza ivi citata).


43 – Sentenza VEMW e a., cit. alla nota 39 (punti 80 e 81).


44 – V., inter alia, sentenze 29 gennaio 2002, causa C‑162/00, Pokrzeptowicz‑Meyer (Racc. pag. I‑1049, punto 50), e 21 gennaio 2003, causa C‑512/99, Germania/Commissione (Racc. pag. I‑845, punto 46).


45 – V., inter alia, sentenze 14 gennaio 1987, causa 278/84, Germania/Commissione (Racc. pag. 1, punto 36); 29 giugno 1999, causa C‑60/98, Butterfly Music (Racc. pag. I‑3939, punto 25), e Pokrzeptowicz‑Meyer, cit. alla nota 44 (punto 55).


46 – V., per analogia, sentenza VEMW e a., cit. alla nota 39 (punto 82).


47 – V. anche conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit. alla nota 25 (paragrafo 38).


48 – Quasi certamente non esistono «soluzioni alternative» al transito delle navi dal cantiere al mare, e i «motivi imperativi di rilevante interesse pubblico» includono quelli di natura sociale o economica.


49 – Cit. alla nota 25 (punti 35 e 36).


50 – Sentenza Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, cit. alla nota 25 (punto 37).