Language of document : ECLI:EU:T:2017:85

Edizione provvisoria

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Settima Sezione)

16 febbraio 2017 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Opposizione – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo De Giusti ORGOGLIO – Marchio dell’Unione europea denominativo anteriore ORGOGLIO – Impedimento relativo alla registrazione – Somiglianza dei segni – Articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009»

Nella causa T‑18/16,

DMC Srl, con sede in San Vendemiano (Italia), rappresentata da B. Osti, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO e interveniente dinanzi al Tribunale:

Etike’ International Srl, con sede in Baronissi (Italia), rappresentata da V. Fiorillo, avvocato,

avente ad oggetto un ricorso proposto contro la decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 5 novembre 2015 (procedimento R 1764/2013-5), relativa a un procedimento di opposizione tra la Etike’ International e la DMC,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione),

composto da V. Tomljenović (relatore), presidente, A. Marcoulli e A. Kornezov, giudici,

cancelliere: A. Lamote, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 18 gennaio 2016,

visto il controricorso dell’EUIPO depositato presso la cancelleria del Tribunale il 4 maggio 2016,

visto il controricorso dell’interveniente depositato presso la cancelleria del Tribunale il 6 maggio 2016,

in seguito all’udienza del 30 novembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 21 ottobre 2010, la DMC Srl, ricorrente, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1).

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il segno figurativo riprodotto di seguito:

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3        I prodotti e i servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi 32, 33 e 35 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957 sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 32: «Birre»;

–        classe 33: «Vini ed in particolare prosecco, bevande alcoliche (tranne le birre)»;

–        classe 35: «Servizi di vendita di birre, vini ed in particolare di prosecco, bevande alcoliche (tranne le birre), [vendita] al dettaglio, online, per corrispondenza, telefonici e per televendita, pubblicità, gestione di affari commerciali, amministrazione commerciale, lavori di ufficio».

4        La domanda di marchio dell’Unione europea è stata pubblicata nel Bollettino dei marchi comunitari n. 223/2010 del 26 novembre 2010.

5        Il 2 dicembre 2010, l’interveniente, Etike’ International Srl, ha proposto opposizione, ai sensi dell’articolo 41 del regolamento n. 207/2009, contro la registrazione del marchio richiesto per i prodotti rientranti nelle sole classi 32 e 33, di cui al precedente punto 3.

6        L’opposizione era basata sul marchio dell’Unione europea denominativo ORGOGLIO, registrato il 27 novembre 2010 con il numero 8359895.

7        Il marchio anteriore designa i prodotti rientranti nelle classi 21, 32 e 33, corrispondenti, per ciascuna di tali classi, alla descrizione seguente:

–        classe 21: «Utensili e recipienti per il governo della casa o la cucina; pettini e spugne; spazzole (ad eccezione dei pennelli); materiali per la fabbricazione di spazzole; materiale per pulizia; paglia di ferro; vetro grezzo o semilavorato (tranne il vetro da costruzione); vetreria, porcellana e maiolica non comprese in altre classi»;

–        classe 32: «Birre; acque minerali e gassose; bevande di frutta e succhi di frutta; sciroppi»;

–        classe 33: «Bevande alcoliche (tranne le birre)».

8        Gli impedimenti dedotti a sostegno dell’opposizione erano quelli di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettere a) e b), del regolamento n. 207/2009.

9        Con decisione del 12 luglio 2013, la divisione di opposizione ha rifiutato la registrazione del marchio richiesto, a causa della sussistenza di un rischio di confusione tra i marchi in questione.

10      Il 9 settembre 2013, la ricorrente ha proposto ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009, avverso la decisione della divisione di opposizione.

11      Con decisione del 5 novembre 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso. Nell’ambito dell’esame della sussistenza di un rischio di confusione ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in primo luogo, essa ha considerato che il pubblico di riferimento era costituito, in sostanza, dal grande pubblico sul territorio dell’Unione europea, che dimostra un livello di attenzione medio (punti da 19 a 24 della decisione impugnata). In secondo luogo, per quanto riguarda i prodotti designati dai marchi in questione, la commissione di ricorso ha considerato che essi erano identici (punti 25 e 26 della decisione impugnata). In terzo luogo, per quanto concerne il confronto tra i segni in questione, essa ha considerato che tra loro esistevano un moderato grado di somiglianza visiva, nonché una certa somiglianza fonetica e concettuale (punti 35, 37 e 39 della decisione impugnata). In quarto luogo, per quanto riguarda la valutazione globale dei segni in questione, essa ha considerato che sussistesse il rischio che il pubblico di riferimento, in particolare i consumatori italiani, potesse ritenere che i prodotti contraddistinti da tali segni appartenessero a una medesima linea di prodotti (punto 52 della decisione impugnata).

 Conclusioni delle parti

12      La ricorrente chiede, in sostanza, che il Tribunale voglia:

–        riformare la decisione impugnata in quanto infondata in diritto e in fatto;

–        accordarle le spese;

–        ordinare l’acquisizione dei fascicoli del procedimento di opposizione e del ricorso depositati dinanzi alla commissione di ricorso.

13      In risposta ai quesiti posti dal Tribunale in udienza, da un lato, la ricorrente ha precisato che il suo primo capo di conclusioni doveva essere inteso nel senso che con esso chiedeva l’annullamento della decisione impugnata. Dall’altro, la ricorrente ha indicato di rinunciare al suo terzo capo di conclusioni. È stato dato atto di tali risposte della ricorrente nel verbale d’udienza.

14      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

15      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

16      A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente deduce, come da essa confermato in udienza in risposta ai quesiti del Tribunale e come riportato nel verbale d’udienza, un motivo unico, vertente sulla violazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

17      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se, a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato. Il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

18      Secondo una giurisprudenza costante, costituisce un rischio di confusione la possibilità che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi in questione provengano dalla stessa impresa o da imprese economicamente legate tra loro. Secondo questa stessa giurisprudenza, il rischio di confusione dev’essere valutato globalmente, in base alla percezione dei segni e dei prodotti o servizi di cui trattasi da parte del pubblico di riferimento, e tenendo conto di tutti i fattori che caratterizzano il caso di specie, in particolare dell’interdipendenza tra la somiglianza dei segni e quella dei prodotti o dei servizi contrassegnati [v. sentenza del 9 luglio 2003, Laboratorios RTB/UAMI – Giorgio Beverly Hills (GIORGIO BEVERLY HILLS), T‑162/01, EU:T:2003:199, punti da 30 a 33 e giurisprudenza ivi citata].

19      Ai fini dell’applicazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, un rischio di confusione presuppone sia un’identità o una somiglianza tra i marchi in conflitto sia un’identità o una somiglianza tra i prodotti o servizi che essi designano. Si tratta di condizioni cumulative [v. sentenza del 22 gennaio 2009, Commercy/UAMI – easyGroup IP Licensing (easyHotel), T‑316/07, EU:T:2009:14, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

20      Inoltre, nell’ambito della valutazione globale del rischio di confusione, occorre prendere in considerazione il consumatore medio della categoria di prodotti o di servizi interessati, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto [v. sentenza del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, EU:T:2007:46, punto 42 e giurisprudenza ivi citata].

21      È alla luce della disposizione e della giurisprudenza che precedono che occorre esaminare se sussista, nel caso di specie, un rischio di confusione tra il marchio richiesto e il marchio anteriore.

 Sul pubblico di riferimento

22      Ai punti 20, 21 e 24 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha rilevato, in sostanza, che il pubblico di riferimento era costituito dal grande pubblico sul territorio dell’Unione, il cui livello di attenzione doveva essere considerato come medio.

23      La ricorrente contesta l’analisi della commissione di ricorso. Essa sostiene che il pubblico di riferimento è un pubblico circoscritto, poiché la vendita di alcolici è limitata alle persone che hanno almeno 16 anni e solo il 22 o il 23% della popolazione consuma vino o birra, e che tale pubblico dimostra un livello di attenzione elevato, in quanto si tratta di un pubblico «intermedio tra la categoria media e quella specializzata».

24      Occorre constatare, da un lato, che i vini, come peraltro le birre, sono destinati al grande pubblico dell’Unione, sono di norma oggetto di una distribuzione generalizzata, che va dal reparto alimentari dei grandi magazzini ai ristoranti e ai bar, e sono prodotti di consumo corrente, il cui pubblico di riferimento è il consumatore medio dei prodotti di largo consumo [v., in tal senso, sentenza del 14 maggio 2013, Masottina/UAMI – Bodegas Cooperativas de Alicante (CA’ MARINA), T‑393/11, non pubblicata, EU:T:2013:241, punto 24]. Dall’altro, conformemente a una giurisprudenza costante, poiché il consumatore di alcolici fa parte del grande pubblico, che si presume sia normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, egli dimostrerà un livello di attenzione medio [sentenze del 9 marzo 2012, Ella Valley Vineyards/UAMI – HFP (ELLA VALLEY VINEYARDS), T‑32/10, EU:T:2012:118, punto 25; del 14 maggio 2013, CA’ MARINA, T‑393/11, non pubblicata, EU:T:2013:241, punto 24, e del 21 maggio 2015, Wine in Black/UAMI – Quinta do Noval-Vinhos (Wine in Black), T‑420/14, non pubblicata, EU:T:2015:312, punto 16].

25      Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il fatto che solamente la parte del grande pubblico che ha più di 16 anni abbia diritto di consumare bevande alcoliche e che solo il 22 o il 23% della popolazione consumi vino o birra non rimette in discussione la constatazione, esposta supra al punto 24, secondo cui tale pubblico dimostrerà un grado di attenzione medio al momento del loro acquisto, tenuto conto del fatto che i prodotti designati dai marchi in questione sono oggetto di una distribuzione generalizzata e sono prodotti di largo consumo.

26      Si deve pertanto respingere l’argomento della ricorrente a tale riguardo, non avendo la commissione di ricorso commesso alcun errore nel concludere che il pubblico di riferimento, costituito dal grande pubblico sul territorio dell’Unione, dimostrava un livello di attenzione medio.

 Sul confronto tra i prodotti in causa

27      Al punto 26 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che i prodotti designati dai marchi in questione fossero identici.

28      La ricorrente contesta tale analisi della commissione di ricorso e ritiene che i prodotti in questione presentino un grado medio di somiglianza.

29      A tale riguardo, da un lato, occorre rilevare che la ricorrente non adduce alcun argomento a sostegno della sua affermazione secondo cui i prodotti designati dal marchio anteriore e rientranti nelle classi 32 e 33 presenterebbero un grado medio di somiglianza con quelli designati dal marchio richiesto. Dall’altro, è sufficiente constatare, al pari della commissione di ricorso e dell’EUIPO, che i prodotti designati dal marchio richiesto, vale a dire le «birre», i «vini e in particolare [il] prosecco» e le «bevande alcoliche», sono identiche alle «birre» e alle «bevande alcoliche» designate dal marchio anteriore, con la precisazione che le «bevande alcoliche» (classe 33) designate dal marchio anteriore ricomprendono anche i «vini» (classe 33) designati dal marchio richiesto.

30      In tali condizioni, occorre constatare che la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore nel concludere che i prodotti designati dai marchi in questione erano identici e, di conseguenza, si deve respingere l’argomento della ricorrente in quanto infondato.

 Sull’esistenza di un elemento dominante o trascurabile nel marchio richiesto

31      La ricorrente sostiene che, contrariamente a quanto considerato dalla commissione di ricorso, l’espressione «de giusti» contenuta nel marchio richiesto, che è un marchio complesso, ne costituisce l’elemento dominante e più distintivo, mentre l’elemento «orgoglio» risulta trascurabile.

32      Secondo la giurisprudenza, la valutazione della somiglianza tra due marchi non può limitarsi a prendere in considerazione solo una componente di un marchio complesso e a paragonarla con un altro marchio. Occorre invece operare il confronto esaminando i marchi in questione considerati ciascuno nel suo complesso, il che non esclude che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico pertinente da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti (v. sentenza del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 41 e giurisprudenza ivi citata). È solo quando tutte le altre componenti del marchio sono trascurabili che si può valutare la somiglianza sulla sola base dell’elemento dominante (sentenze del 12 giugno 2007, UAMI/Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, punto 42, e del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 43). Ciò potrebbe verificarsi segnatamente quando tale componente può, da sola, dominare l’immagine di tale marchio che il pubblico di riferimento conserva nella memoria, cosicché tutte le altre componenti del marchio risultino trascurabili nell’impressione complessiva da questo prodotta (sentenza del 20 settembre 2007, Nestlé/UAMI, C‑193/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:539, punto 43).

33      Nel caso di specie, è vero che l’espressione «de giusti» occupa un posto preponderante nel marchio richiesto, a causa, in particolare, da un lato, della dimensione considerevole che occupa in tale segno, come rilevato dalla ricorrente, e, dall’altro, del suo forte carattere distintivo, risultante, come rileva la commissione di ricorso al punto 33 della decisione impugnata, senza contestazione delle parti, dal fatto che sarà percepita come rinvio alla firma del patronimico «De Giusti». Rimane tuttavia impregiudicata la constatazione che l’elemento denominativo «orgoglio» non può essere considerato trascurabile in detto marchio.

34      Infatti, anzitutto, da un lato, benché il termine «orgoglio» figuri in caratteri più piccoli rispetto all’espressione «de giusti» nel marchio richiesto, esso occupa comunque una posizione centrale in detto marchio. Dall’altro, il termine «orgoglio» è riprodotto in lettere maiuscole bianche standard in un rettangolo nero, che lo evidenzia rispetto al fondo bianco che compone il resto del marchio richiesto.

35      Occorre inoltre sottolineare che, anche se, come sostenuto dalla ricorrente, l’espressione «de giusti» potrebbe essere percepita dal pubblico di riferimento come più distintiva del termine «orgoglio», resta il fatto che quest’ultimo termine non è comunque privo di carattere distintivo e potrà, per tale motivo, essere colto da tale pubblico. Infatti, da un lato, per la parte di pubblico di riferimento che non comprende l’italiano, il termine «orgoglio» non avrà alcun significato particolare, cosicché sarà percepito come distintivo. Dall’altro, per la parte di pubblico di riferimento che comprende l’italiano, il termine «orgoglio» sarà inteso nel suo significato letterale, come sinonimo di «fierezza». Tale termine, che non è descrittivo dei prodotti designati dai marchi in questione, sarà dunque anch’esso percepito da tale parte di pubblico di riferimento come avente carattere distintivo. A tale riguardo, nei limiti in cui la ricorrente sostiene che il termine «orgoglio» sarebbe descrittivo dei prodotti in questione in quanto tutti i viticoltori sarebbero fieri dei loro prodotti, un tale argomento deve essere respinto in quanto infondato. Infatti, come giustamente osservato dall’EUIPO, il termine «orgoglio» non presenta un nesso sufficientemente diretto e concreto con i prodotti designati dai marchi in questione tale da permettere al pubblico interessato di percepire immediatamente, e senza ulteriore riflessione, una descrizione di detti prodotti o di una delle loro caratteristiche.

36      Infine, si deve necessariamente osservare che, come rilevato dalla commissione di ricorso al punto 47 della decisione impugnata e come indicato dall’EUIPO in riposta ai quesiti orali del Tribunale, per quanto riguarda la parte di pubblico di riferimento che comprende l’italiano, anche ipotizzando che il termine «orgoglio» nel marchio richiesto sia percepito come riferito alla linea dei prodotti provenienti dal proprietario della cantina o dell’azienda vinicola «De Giusti», una tale constatazione confermerebbe che il termine «orgoglio» non sarà percepito come trascurabile, in quanto permette di identificare uno dei prodotti provenienti da tale cantina o da tale azienda.

37      Risulta dunque dalle constatazioni esposte supra ai punti da 33 a 36 che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, anche se è vero che l’espressione «de giusti» occupa un posto preponderante nel marchio richiesto, l’elemento «orgoglio» non può essere considerato trascurabile nella percezione che ne avrà il pubblico di riferimento.

38      Gli altri argomenti sollevati dalla ricorrente a tale riguardo non possono inficiare tale valutazione.

39      In primo luogo, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso avrebbe disatteso la giurisprudenza quale risulta dalla sentenza del 17 febbraio 2011, Annco/UAMI – Freche et fils (ANN TAYLOR LOFT) (T‑385/09, EU:T:2011:49). A tale riguardo, essa ritiene che, così come il Tribunale ha concluso in tale sentenza che l’elemento dominante del marchio ANN TAYLOR LOFT era il patronimico «Ann Taylor», che avrebbe dovuto essere preso in considerazione da solo nell’ambito del confronto con il marchio anteriore LOFT, la commissione di ricorso avrebbe dovuto considerare nella decisione impugnata che l’elemento dominante del marchio richiesto era il patronimico «De Giusti», che avrebbe dunque dovuto prendere in considerazione da solo nell’ambito del confronto con il marchio anteriore.

40      Questo argomento della ricorrente dev’essere dunque respinto in quanto infondato. Infatti, da un lato, occorre constatare, al pari dell’interveniente, che i marchi in questione nella sentenza del 17 febbraio 2011, ANN TAYLOR LOFT (T‑385/09, EU:T:2011:49), e quelli nella presente causa sono costituiti da elementi denominativi e grafici che non presentano alcuna somiglianza, cosicché non si può desumere da tale sentenza che il termine denominativo «orgoglio» che figura nel marchio richiesto dovrebbe essere considerato trascurabile. In tale contesto, è possibile rilevare segnatamente che, mentre l’espressione «ann taylor» contiene il doppio del numero di lettere del termine «loft», l’espressione «de giusti» comprende lo stesso numero di lettere del termine «orgoglio». Pertanto, nel marchio richiesto quest’ultimo termine occupa uno spazio molto più considerevole di quello che occupa il termine «loft» nel marchio ANN TAYLOR LOFT.

41      Dall’altro lato e in ogni caso, occorre rilevare che, ai punti 35 e 36 della sentenza del 17 febbraio 2011, ANN TAYLOR LOFT (T‑385/09, EU:T:2011:49), il Tribunale ha ritenuto che, anche ipotizzando che, nel marchio ANN TAYLOR LOFT, l’espressione «ann taylor» potesse essere considerata predominante, era pur sempre vero che il termine «loft» non era trascurabile. Pertanto, anche supponendo che si possa fare un confronto tra i marchi in questione in tale sentenza e quelli nel caso di specie, un tale confronto non consentirebbe di concludere che da detta sentenza discende che, nel caso di specie, l’elemento denominativo «orgoglio» figurante nel marchio richiesto dovrebbe essere considerato trascurabile.

42      In secondo luogo, l’argomento della ricorrente sollevato in udienza secondo cui un marchio complesso, quale il marchio richiesto, costituisce un insieme, che non può essere diviso ai fini del confronto tra i segni in questione, deve essere respinto in quanto infondato. Infatti, da un lato, occorre rilevare in proposito che, sollevando tale argomento in udienza, la ricorrente si contraddice rispetto a quello che ha sviluppato nell’atto introduttivo del ricorso, secondo cui soltanto l’espressione «de giusti», con esclusione dell’elemento «orgoglio», dovrebbe essere presa in considerazione nell’ambito del confronto dei segni in questione. Dall’altro lato e in ogni caso, come risulta dalla giurisprudenza illustrata supra al punto 32, sebbene occorra confrontare i marchi nel loro complesso, ciò non esclude tuttavia che l’impressione complessiva prodotta nella memoria del pubblico di riferimento da un marchio complesso possa, in determinate circostanze, essere dominata da una o più delle sue componenti. Orbene, nel caso di specie, come rilevato supra al punto 37, sebbene l’espressione «de giusti» occupi un posto preponderante nel marchio richiesto, non per questo l’elemento «orgoglio» può essere considerato trascurabile nella percezione che ne avrà il pubblico pertinente.

43      Occorre dunque respingere l’argomento della ricorrente secondo cui la commissione di ricorso ha commesso un errore di valutazione non considerando che, nel marchio richiesto, l’espressione «de giusti» era dominante e l’elemento «orgoglio» trascurabile.

 Sul confronto tra i marchi in questione

44      Dopo aver ritenuto che i marchi in questione presentassero un moderato grado di somiglianza visiva nonché una certa somiglianza fonetica e concettuale, la commissione di ricorso ha concluso, al punto 40 della decisione impugnata, che, presi nel loro insieme, essi erano in una certa misura simili.

45      La ricorrente contesta tale analisi della commissione di ricorso, ritenendo che i marchi in questione non siano simili.

 Sul confronto visivo tra i segni in questione

46      Al punto 35 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che i segni in questione presentassero un moderato grado di somiglianza visiva.

47      Secondo la ricorrente, non sussisterebbe alcuna somiglianza visiva tra i segni in questione. A tale riguardo, essa ha sostenuto in udienza che l’espressione «de giusti» attirerà particolarmente l’attenzione, poiché è riprodotta sotto forma di firma, con dimensioni molto più grandi dell’elemento «orgoglio» e con caratteri tipografici speciali.

48      A tale riguardo, l’argomento della ricorrente va respinto in quanto infondato. Infatti, occorre rilevare che gli elementi grafici del marchio richiesto, cioè, da un lato, la rappresentazione dell’espressione «de giusti» scritta in corsivo di grandi dimensioni e che ricorda una firma e, dall’altro, il rettangolo nero, in formato più piccolo, in cui è inscritto in lettere maiuscole bianche standard l’elemento «orgoglio», portano a constatare, al pari della commissione di ricorso, che sussiste una moderata somiglianza visiva tra i marchi in questione. Tale moderato grado di somiglianza risulta dal fatto che, anche se il segno richiesto contiene l’espressione «de giusti» a grandi lettere scritte in caratteri tipografici che ricordano una firma, resta il fatto che il marchio anteriore, costituito dal solo elemento «orgoglio», è interamente contenuto nel marchio richiesto e che il pubblico di riferimento percepirà immediatamente tale elemento come comune ai segni in questione, come osserva peraltro a giusto titolo l’interveniente.

 Sul confronto fonetico tra i segni in questione

49      Al punto 36 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che sussistesse una certa somiglianza fonetica tra i marchi in questione, poiché l’elemento denominativo che hanno in comune si pronuncia allo stesso modo.

50      Secondo la ricorrente, non sussisterebbe alcuna somiglianza fonetica tra i segni in questione. A tale riguardo, essa ha sostenuto in udienza che l’espressione «de giusti» rimarrà più impressa nella memoria del pubblico di riferimento, poiché sarà pronunciata per prima nel marchio richiesto.

51      Tale argomento della ricorrente dev’essere respinto in quanto infondato. Infatti, innanzitutto, è sufficiente constatare a tale riguardo che, anche se il marchio richiesto comprende tre sillabe in più di quelle che costituiscono il marchio anteriore, cioè «de», «gius» e «ti», e tali tre sillabe si trovano nella parte iniziale del marchio richiesto, ciò non toglie che le altre tre sillabe che costituiscono tale marchio, vale a dire «or», «go» e «glio», siano identiche a quelle che costituiscono il marchio anteriore e saranno pronunciate nello stesso ordine delle tre sillabe che costituiscono il marchio anteriore. Inoltre, nessun elemento nel fascicolo dinanzi alla commissione di ricorso e al Tribunale permette di concludere che l’elemento denominativo «orgoglio» che figura nel marchio richiesto sarebbe omesso quando quest’ultimo viene pronunciato. Al contrario, nei limiti in cui l’elemento denominativo «orgoglio» può essere percepito come riferito ad una certa linea di prodotti, il pubblico di riferimento pronuncerà tale elemento. In tali condizioni, è giocoforza constatare che i marchi in questione presentano una certa somiglianza sul piano fonetico.

52      Inoltre, nei limiti in cui la ricorrente ha sostenuto in udienza di non comprendere a quale grado di somiglianza faceva riferimento una «certa somiglianza», è sufficiente rilevare che tali termini rinviano alla constatazione che sussiste una somiglianza fonetica tra i marchi in questione senza che una tale somiglianza possa essere ritenuta forte. La commissione di ricorso non ha dunque commesso alcun errore a tale riguardo nella decisione impugnata.

 Sul confronto concettuale tra i segni in questione

53      Al punto 38 della decisone impugnata, la commissione di ricorso ha ritenuto che sussistesse una certa somiglianza concettuale tra i segni in questione, in quanto si riferiscono al concetto di orgoglio.

54      A tale riguardo, la ricorrente sostiene che non sussiste alcuna somiglianza concettuale tra i marchi in questione. Infatti, mentre nel marchio anteriore il termine «orgoglio» non assumerà alcun significato se non quello costituito dalla propria accezione astratta del sostantivo, il marchio richiesto sarà inteso come riferentesi al «sentimento di vanto di De Giusti nell’avere realizzato un tal prodotto».

55      Da un lato, occorre constatare che, per la parte di pubblico di riferimento che non comprende l’italiano, i marchi in questione non avranno alcun significato.

56      Dall’altro, invece, per la parte di pubblico di riferimento che parla l’italiano, si deve rilevare che, come l’EUIPO e la ricorrente osservano, il fatto che tale parte di pubblico di riferimento intenderà il segno De Giusti ORGOGLIO nel senso che il proprietario dell’azienda vinicola De Giusti nutre un sentimento di fierezza per aver realizzato i prodotti che tale marchio designa, conferma l’esistenza di una certa somiglianza concettuale di tale marchio con il marchio anteriore, che rinvia all’«orgoglio» o alla «fierezza». In tali condizioni, la commissione di ricorso non ha commesso alcun errore nel considerare che, per la parte di pubblico di riferimento che comprende l’italiano, i marchi in questione presentassero una certa somiglianza sul piano concettuale.

57      Emerge dal complesso delle considerazioni esposte supra ai punti da 46 a 56 che la commissione di ricorso correttamente è giunta alla conclusione che sussistevano un moderato grado di somiglianza visiva e una certa somiglianza fonetica e concettuale tra i marchi in questione. Pertanto, gli argomenti della ricorrente in proposito devono essere respinti in quanto infondati.

 Sulla valutazione globale del rischio di confusione

58      Al punto 52 della decisione impugnata, la commissione di ricorso ha concluso, in sostanza, per la sussistenza di un rischio di confusione tra i marchi in questione per i prodotti che ne sono oggetto.

59      La ricorrente contesta tale analisi della commissione di ricorso. Secondo la ricorrente, il pubblico di riferimento considererà che, nel marchio richiesto, il patronimico «De Giusti» rappresenta l’elemento dominante che attirerà e sui cui si concentrerà l’attenzione del pubblico di riferimento.

60      Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la valutazione globale del rischio di confusione implica una certa interdipendenza dei fattori che entrano in considerazione e, in particolare, tra la somiglianza dei marchi e quella dei prodotti o dei servizi designati. Così, un tenue grado di somiglianza tra i prodotti o i servizi designati può essere compensato da un elevato grado di somiglianza tra i marchi e viceversa [sentenze del 29 settembre 1998, Canon, C‑39/97, EU:C:1998:442, punto 17, e del 14 dicembre 2006, Mast-Jägermeister/UAMI – Licorera Zacapaneca (VENADO con riquadro e a.), T‑81/03, T‑82/03 e T‑103/03, EU:T:2006:397, punto 74].

61      Nel caso di specie, innanzitutto, si deve ricordare che i prodotti designati dai marchi in questione sono identici (v. supra punto 30). Inoltre, occorre rilevare che l’elemento denominativo «orgoglio», che non è trascurabile (v. supra, punto 33) nel marchio richiesto e che non è privo di carattere distintivo (v. supra, punto 35), è comune ai due marchi in questione (v. supra, punto 48) e che tali marchi presentano, al di là del loro moderato grado di somiglianza visiva, una certa somiglianza fonetica e concettuale (v. supra, punto 57). Inoltre, il pubblico di riferimento, che dimostra un livello di attenzione medio (v. supra, punto 26), attribuirà particolare importanza a tale somiglianza fonetica, in quanto i prodotti in questione sono spesso ordinati a voce nei ristoranti e nei bar [v., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2014, Aroa Bodegas/UAMI – Bodegas Muga (aroa), T‑536/12, non pubblicata, EU:T:2014:770, punto 56].

62      Tenuto conto del complesso dei suddetti elementi, occorre constatare che, conformemente alla giurisprudenza citata supra al punto 60, sussiste un rischio di confusione tra i marchi in questione per i prodotti di cui trattasi.

63      Peraltro, nei limiti in cui la ricorrente sostiene, in via preliminare nel ricorso, di aver registrato più marchi figurativi contenenti l’espressione «de giusti», tale argomento non ha alcuna influenza sulla conclusione, esposta supra al punto 62, secondo cui sussiste un rischio di confusione tra il marchio anteriore e il marchio richiesto per i prodotti in questione. Tale argomento dev’essere dunque respinto in quanto inoperante.

64      Da quanto precede risulta che il motivo unico sollevato dalla ricorrente e, pertanto, il ricorso in toto devono essere respinti.

 Sulle spese

65      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda.

66      La ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, in conformità alle conclusioni dell’EUIPO e dell’interveniente.



Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Settima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La DMC Srl è condannata alle spese.

Tomljenović

Marcoulli

Kornezov

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 febbraio 2017.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      V. Tomljenović


*      Lingua processuale: l’italiano.