Language of document : ECLI:EU:C:2013:333

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 29 maggio 2013 (1)

Causa C‑95/12

Commissione europea

contro

Repubblica federale di Germania

«Ricorso ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE – Sentenza della Corte che dichiara un inadempimento di obblighi – Significato e portata della sentenza – Sanzioni pecuniarie – Pagamento di una penalità – Pagamento di una somma forfettaria − Asserita ambiguità della sentenza – Periodo decorso tra la fine del procedimento precontenzioso e l’avvio del procedimento dinanzi alla Corte – Domanda di interpretazione»





1.        Il presente ricorso è stato proposto dalla Commissione europea avverso la Repubblica federale di Germania, a norma dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, in ragione dell’asserita mancata esecuzione della sentenza pronunciata dalla Corte il 23 ottobre 2007 nella causa Commissione/Germania, C‑112/05 (2) (in prosieguo: la «sentenza del 2007»).

2.        In detta sentenza, la Corte dichiarava che, mantenendo in vigore l’articolo 4, paragrafo 1, nonché l’articolo 2, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, della legge del 21 luglio 1960, relativa al trasferimento al settore privato delle quote della società a responsabilità limitata Volkswagenwerk GmbH (3) (in prosieguo: la «legge VW»), la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 56, paragrafo 1, CE. Posto che la Repubblica federale di Germania ha di fatto adottato una nuova legge che abroga gli articoli 2, paragrafo 1, e 4, paragrafo 1, della legge VW, la presente causa concerne unicamente l’adempimento relativo all’articolo 4, paragrafo 3, di detta legge.

3.        Posto che le parti sostengono punti di vista contrastanti sulla sentenza del 2007 a questo riguardo, la fattispecie in esame solleva una questione preliminare relativa alla circostanza se la Corte abbia accertato una violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW – che conferisce a qualsiasi azionista che detenga il 20% del capitale sociale la possibilità di disporre di una minoranza di blocco – considerato di per sé, oppure se essa abbia invece dichiarato che detta disposizione costituiva una violazione della libera circolazione dei capitali, ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, CE, solo in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 1, della legge VW. Ai sensi di quest’ultima disposizione, il limite massimo ai diritti di voto di ogni singolo azionista era stato stabilito nel 20% del capitale azionario della Volkswagenwerk GmbH (in prosieguo: la «Volkswagen»).

4.        Se la Corte accoglie il ricorso della Commissione relativo alla mancata esecuzione della sentenza del 2007, la presente causa solleverà anche complesse questioni relative al metodo corretto di calcolare l’ammontare di sanzioni finanziarie. L’essenza della questione è, da un lato, quale rilievo si debba attribuire all’asserita ambiguità della sentenza del 2007 per quanto riguarda l’imposizione di sanzioni pecuniarie e, dall’altro lato, se, ai fini del calcolo delle sanzioni pecuniarie, si debba tenere conto – ed eventualmente in che modo – della durata insolitamente lunga del periodo decorso tra la risposta della Repubblica federale di Germania al parere motivato e il ricorso dinanzi alla Corte di giustizia.

I –    Procedimento precontenzioso

5.        Con lettera del 24 dicembre 2007 la Commissione chiedeva al governo tedesco di notificare le misure da esso adottate alla luce della sentenza del 2007.

6.        Le autorità tedesche rispondevano con lettera del 6 marzo 2008, dichiarando che erano stati previsti gli emendamenti necessari nella normativa esistente al fine di dare esecuzione alla sentenza del 2007.

7.        Dato che la lettera non conteneva tuttavia alcuna indicazione sullo schema temporale o sul contenuto della bozza menzionata, la Commissione, il 5 giugno 2008, inviava un invito formale alla Repubblica federale di Germania a presentare osservazioni entro un termine di due mesi.

8.        Il governo tedesco rispondeva lo stesso giorno, informando la Commissione sui progressi del progetto di normativa. Esso dichiarava che il testo del progetto di legge di emendamento della legge VW era stato approvato dal governo federale e che l’iter legislativo avrebbe avuto inizio a breve.

9.        Il 1° agosto 2008 il governo tedesco specificava lo schema temporale per l’adozione del testo di legge e informava la Commissione circa il contenuto del progetto di legge.

10.      Non ancora soddisfatta delle risposte ricevute dal governo tedesco, il 1° dicembre 2008 la Commissione inviava un parere motivato nel quale chiedeva alla Repubblica federale di Germania di adottare le misure necessarie per conformarsi, entro un termine di due mesi, ai suoi obblighi enunciati nella sentenza del 2007. Per quanto concerne il progetto di legge, essa dichiarava che il testo in questione non modificava il diritto di blocco di minoranza, previsto all’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW. La Commissione osservava inoltre di non aver ricevuto informazioni concernenti le intenzioni del governo tedesco riguardo all’emendamento dello Statuto della Volkswagen, il quale dava esecuzione alle disposizioni illecite della legge VW, ed, infine, che doveva ancora esserle notificato l’emendamento medesimo della legge VW.

11.      Il 10 dicembre 2008, è stata emanata la legge dell’8 dicembre 2008 che modifica la legge VW (4) (in prosieguo: la «legge di modifica della legge VW»), che è rimasta di fatto identica al progetto di legge. Detta legge, che è entrata in vigore l’11 dicembre 2008, abrogava gli articoli 4, paragrafo 1, e 2, paragrafo 1, della legge VW, nonché l’articolo 101, paragrafo 5, della legge sulle società per azioni (5). Tuttavia, essa non apportava alcuna modifica all’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW.

12.      Atteso che le parti continuavano ad avere opinioni diverse riguardo alla sentenza del 2007, il governo tedesco, con lettera del 17 dicembre 2008, proponeva di presentare congiuntamente alla Corte una domanda di interpretazione della sentenza controversa, ai sensi dell’articolo 43 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 102 del suo regolamento di procedura (6). La Commissione rispondeva con lettera del 15 gennaio 2009, dichiarando di non avere alcun dubbio circa il significato o la portata della sentenza del 2007 e pertanto di non avere l’intenzione di presentare una domanda di interpretazione alla Corte.

13.      Il governo tedesco rispondeva al parere motivato con lettera del 29 gennaio 2009, nella quale sosteneva che, con l’adozione della legge che modifica la legge VW, aveva dato completa esecuzione alla sentenza del 2007.

14.      Considerando che la Repubblica federale di Germania avesse dato esecuzione solo in parte alla sentenza del 2007, il 21 febbraio 2012 la Commissione proponeva il presente ricorso.

II – Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

15.      Nel suo ricorso, la Commissione chiede che la Corte voglia:

–        dichiarare che la Repubblica federale di Germania, non adottando  tutte le misure necessarie per dare esecuzione alla sentenza del 2007, relativa alla mancata conformità al diritto dell’Unione europea della legge VW, ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE;

–        condannare la Repubblica federale di Germania a pagare una penalità giornaliera di EUR 282 725,10 nonché un importo forfettario giornaliero di EUR 31 114,72, pagabile sul conto risorse proprie dell’Unione europea;

–        condannare la Repubblica federale di Germania alle spese.

16.      La Repubblica federale di Germania conclude che la Corte voglia:

–        respingere la domanda o, in alternativa, ridurre, a discrezione della Corte, il pagamento della penalità e dell’importo forfettario giornaliero chiesto dalla Commissione e fissare, nella sentenza relativa alla presente causa, una data a decorrere dalla quale dovrebbe avere effetto il possibile obbligo di pagamento;

–        condannare la Commissione alle spese.

17.      All’udienza, tenutasi il 12 marzo 2013, sono comparsi per svolgere osservazioni orali il governo tedesco e la Commissione. Le parti hanno anche risposto alle questioni loro inviate su mia richiesta in preparazione dell’udienza (7).

III – Analisi

A –    Se la Repubblica federale di Germania abbia omesso di adempiere i suoi obblighi

1.      Il meccanismo di esecuzione di cui all’articolo 260 TFUE

18.      Il procedimento previsto all’articolo 260, paragrafo 2, TFUE può essere descritto come il rimedio estremo per la Commissione nel suo ruolo di «guardiano dei trattati» al fine di assicurare l’attuazione del diritto dell’Unione. Esso opera come uno speciale procedimento giurisdizionale di esecuzione delle sentenze o, in altri termini, come un metodo coercitivo per assicurarne il rispetto (8).

19.      Nel presente ricorso la Commissione ha dedotto censure non solo in relazione all’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW, ma anche allo Statuto della Volkswagen. In risposta a dette censure, il governo tedesco osserva che siffatto Statuto non è stato esaminato dalla Corte nella sentenza del 2007. Di conseguenza, tali censure devono, a suo parere, essere respinte in quanto irricevibili.

20.      A questo riguardo, basti notare che – in considerazione delle caratteristiche particolari della procedura di esecuzione di cui all’articolo 260, paragrafo 2, TFUE – la Corte ha dichiarato che nel contesto di tale procedimento possono essere trattati solo gli inadempimenti che la Corte, sulla base dell’articolo 258 TFUE, ha giudicato fondati (9). Atteso che lo Statuto non è stato oggetto dell’esame della Corte nella sentenza del 2007, dichiaro la censura sopra menzionata irricevibile (10).

21.      Ciò premesso, l’obiettivo della presente causa non è quello di stabilire se l’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW, che richiede una maggioranza superiore all’80% delle azioni rappresentate per le decisioni dell’assemblea generale della Volkswagen, violi il diritto dell’Unione. Il presente ricorso verte invece sulla questione se la Repubblica federale di Germania abbia o meno mancato di conformarsi alla sentenza del 2007.

22.      Dopo una sentenza di accertamento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, si chiede allo Stato membro interessato di prendere tutti i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza della Corte, come previsto all’articolo 260, paragrafo 1, TFUE. In caso di inadempimento post-contenzioso, la Commissione svolge un ruolo centrale al fine di stabilire, prima di presentare un ricorso alla Corte ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, in che misura uno Stato membro abbia adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza iniziale della Corte che ha accertato un inadempimento.

23.      Nella fattispecie in esame, prima di dichiarare se siano state prese tutte le misure necessarie, la Corte deve tuttavia anzitutto stabilire se sia stato effettivamente accertato, relativamente all’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW, un inadempimento atto a determinare un obbligo di adottare misure dirette a garantire l’osservanza.

24.      È deplorevole che le parti traggano conclusioni contrastanti dalla sentenza del 2007. Sebbene il disaccordo sul significato e sulla portata delle sentenze sia un aspetto giuridico inevitabile, mi sembra che, nel contesto del procedimento per inadempimento a norma dell’articolo 258 TFUE, la Corte possa aiutare ad evitare siffatta incertezza assicurando la trasparenza del suo ragionamento e formulando con precisione il dispositivo delle sue sentenze. Infatti, mentre spetta alla Commissione valutare, nella fase post-contenziosa, se possa essere considerato sufficiente l’adempimento ad opera dello Stato membro, l’attuazione di detta valutazione presuppone effettivamente una chiara presa di posizione della Corte riguardo all’esistenza di un inadempimento.

25.      Ciò premesso, ritengo che la sentenza del 2007 non sia particolarmente ambigua. Ciononostante, come dimostra la fattispecie in esame, il linguaggio impiegato nella sentenza sembra lasciare un margine di discussione relativamente all’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW.

26.      Occorre sottolineare sin d’ora che non cercherò di accertare quale sia il «significato soggettivo» della sentenza del 2007, o cosa la Corte possa o non possa avere inteso. Al contrario, il presente esercizio interpretativo mira a determinare il significato del dispositivo di detta sentenza alla luce della motivazione della medesima. Atteso che lo Stato membro inadempiente deve essere in grado di determinare cosa configuri un comportamento illecito sulla base della sentenza di cui trattasi, nel presente contesto sono rilevanti solo informazioni che possono risultare dalla sentenza stessa. In altri termini, in considerazione delle sanzioni pecuniarie coinvolte, un’interpretazione estensiva della sentenza del 2007 non può essere accolta.

27.      Per i motivi di seguito illustrati, considero che la lettura della sentenza del 2007 proposta dalla Repubblica federale di Germania debba prevalere su quella sostenuta dalla Commissione.

2.      Interpretazione del significato e della portata della sentenza del 2007

28.      Nel dispositivo della sentenza del 2007, la Corte ha dichiarato che, mantenendo in vigore l’articolo 4, paragrafo 1, nonché l’articolo 2, paragrafo 1, «in combinato disposto con» (11) l’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 56, paragrafo 1, CE.

29.      Di conseguenza, la conclusione che la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE dipenderà dalla circostanza se la sentenza del 2007 sia interpretata o (i) nel senso che dichiara l’illiceità di ciascuna delle tre disposizioni individualmente o (ii) nel senso che accerta due inadempimenti distinti: il primo relativo all’articolo 4, paragrafo 1, della legge VW, e il secondo relativo all’articolo 2, paragrafo 1, della legge VW in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 3, della legge medesima. Quest’ultima chiave di lettura (ii) è fondata sull’interazione tra le disposizioni in esame. L’illiceità deriverebbe dunque dall’effetto combinato di dette disposizioni.

30.      La Commissione sostiene che il fatto che la parte rilevante del dispositivo della sentenza del 2007 contenga i termini «in combinato disposto con» non esclude l’illiceità di ciascuna delle disposizioni contestate di per sé. Infatti, l’illiceità di queste norme, a giudizio della Commissione, sarebbe confermata dalla motivazione della sentenza.

31.      Il governo tedesco sostiene il contrario. Esso afferma che il dispositivo della sentenza del 2007 non può essere inteso nel senso che si riferisce a tre disposizioni illecite considerate separatamente. Detto governo sostiene che la Corte ha rinvenuto due violazioni dell’articolo 56, paragrafo 1, CE: la prima relativa all’articolo 4, paragrafo 1, della legge VW e la seconda relativa agli articoli 2, paragrafo 1, e 4, paragrafo 3, della legge VW, letti in combinazione tra loro. Pertanto, il governo tedesco sostiene che, abrogando gli articoli 4, paragrafo 1, e 2, paragrafo 1, della legge VW, essa ha adempiuto i suoi obblighi derivanti dall’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.

32.      A mio parere, l’uso dei termini «in combinato disposto con», nel dispositivo della sentenza, esclude, di per sé, la lettura suggerita dalla Commissione (12). Tuttavia, data l’importanza dell’analisi del dispositivo di una sentenza alla luce della motivazione (13), sembra opportuno analizzare il dispositivo della sentenza del 2007 alla luce dei motivi avanzati dalla Corte per giustificare la sua decisione.

a)      Un’unica restrizione relativa agli articoli 2, paragrafo 1, e 4, paragrafo 3, della legge VW

33.      Occorre anzitutto sottolineare che la motivazione della sentenza del 2007 – in particolare i punti da 31 a 56 – a mio avviso non depone a favore della tesi sostenuta dalla Commissione.

34.      In primo luogo, alla luce degli argomenti dedotti dalle parti per quanto riguarda le singole censure avanzate dalla Commissione relativamente agli articoli 2, paragrafo 1, e 4, paragrafo 3, della legge VW, e dell’effetto cumulativo di queste disposizioni, la Corte ha considerato opportuno analizzare le censure congiuntamente(14). A questo riguardo, a mio avviso occorre mettere in evidenza il fatto che la Corte abbia esplicitamente fatto riferimento agli effetti cumulativi delle disposizioni di cui trattasi (15).

35.      In secondo luogo, la Commissione invoca alcuni punti della sentenza del 2007 (16), che – letti separatamente – potrebbero essere interpretati a sostegno della sua tesi. Devo tuttavia sottolineare l’importanza di adottare un approccio globale delle conclusioni della Corte per quanto riguarda le disposizioni di cui trattasi.

36.      Nella mia lettura della sentenza del 2007, l’effetto combinato delle disposizioni rilevanti è alla base della decisione della Corte di esaminare congiuntamente le censure relative agli articoli 2, paragrafo 1, e 4, paragrafo 3, della legge VW. Infatti, ne è la riprova la circostanza che la Corte abbia scelto di considerare gli effetti del limite massimo ai diritti di voto con riferimento al diritto di blocco della minoranza, previsto dall’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW (17).

37.      Al punto 50 della sentenza del 2007, la Corte ha dichiarato che l’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW equivaleva a uno strumento che consente agli operatori pubblici di garantirsi una minoranza di blocco, posto che il Land della Bassa Sassonia manteneva ancora una partecipazione nel capitale della VW pari al 20%, che consentiva loro di opporsi a rilevanti decisioni in forza di un investimento inferiore rispetto a quanto sarebbe richiesto dal diritto societario comune tedesco.

38.      La Commissione interpreta tale punto della sentenza del 2007 come una conferma dell’esistenza di una restrizione relativamente all’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW, considerato di per sé. Mi sembra tuttavia opportuno non attribuire un’importanza eccessiva a detto punto in sé.

39.      A mio giudizio, il punto 50 della sentenza in esame deve essere letto in combinato disposto con il punto 51, dove la Corte osserva che, nell’introdurre un limite massimo ai diritti di voto, anch’esso pari al 20%, l’articolo 2, paragrafo 1, della legge VW completa un contesto giuridico che fornisce agli operatori pubblici la possibilità di esercitare un’influenza sostanziale con un tale investimento di più modesta portata. È appunto detto contesto giuridico – risultante dall’interazione tra le disposizioni controverse – a costituire l’essenza dell’analisi fatta dalla Corte relativamente all’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali e, segnatamente, degli investimenti diretti.

40.      Occorre ricordare sin da ora che la circolazione dei capitali, ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, CE, comprende gli investimenti diretti, ossia gli investimenti aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti fra il finanziatore e l’impresa cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica (18). L’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti presuppone che le azioni detenute dall’azionista conferiscano a quest’ultimo la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione di tale società o al suo controllo (19).

41.      Con riguardo agli investimenti diretti, devono essere considerate restrizioni ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, CE, le misure nazionali che siano idonee ad impedire o a limitare l’acquisizione di azioni nelle imprese interessate o che possano dissuadere gli investitori degli altri Stati membri dall’investire nel capitale di queste ultime (20).

42.      Inoltre, la Commissione invoca la prima frase del punto 54 della sentenza del 2007. Segnatamente, essa sostiene che l’uso del termine «restrizioni», al plurale, conferma in detto contesto l’accertamento dell’esistenza di due violazioni distinte relativamente agli articoli 2, paragrafo 1, e 4, paragrafo 3, della legge VW.

43.      Devo sottolineare che in quel punto la Corte ha dichiarato, da un lato, che le «restrizioni alla libera circolazione dei capitali di cui trattasi nel ricorso hanno ad oggetto gli investimenti diretti nel capitale della Volkswagen, anziché gli investimenti di portafoglio, che […] non sono considerati nel ricorso» (21). D’altro canto, la Corte ha concluso, riguardo agli investimenti diretti – i quali, ai sensi della prima frase, erano considerati l’oggetto del ricorso – che, «poiché introducono uno strumento idoneo a limitare la [possibilità degli investitori diretti] di partecipare alla società con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con quest’ultima, che consentano una partecipazione effettiva alla sua gestione o al suo controllo, [gli articoli 2, paragrafo 1, e 4, paragrafo 3, della legge VW] riducono l’interesse all’acquisto di una partecipazione nel capitale della Volkswagen» (22).

44.      A mio giudizio, sia l’uso del termine «restrizioni», al plurale, sia l’assenza delle parole «in combinato disposto con» in detto punto non sono determinanti. A questo riguardo, la prima frase si limita a restringere la valutazione delle asserite restrizioni agli investimenti diretti ed esclude l’analisi degli investimenti di portafoglio, per il motivo che questi sono irrilevanti. La seconda frase applica alla fattispecie ad essa sottoposta la giurisprudenza della Corte relativa agli investimenti diretti. A giudizio della Corte, gli articoli 2, paragrafo 1, e 4, paragrafo 3, della legge VW, congiuntamente, riducono l’interesse degli investitori ad acquistare partecipazioni nella Volkswagen, perché creano un contesto – o uno strumento – idoneo a limitare la possibilità degli investitori diretti di partecipare nella società con l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli con la medesima (23). In altri termini, l’interazione di detti articoli costituisce l’essenza di questa restrizione.

45.      Infatti, qualsiasi altra interpretazione a mio avviso non terrebbe nel debito conto il punto 56 della sentenza del 2007, nel quale la Corte ha dichiarato che il combinato disposto degli articoli 2, paragrafo 1, e 4, paragrafo 3, della legge VW costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali, ai sensi dell’articolo 56, paragrafo 1, CE.

46.      Di conseguenza, una volta abrogato l’articolo 2, paragrafo 1, della legge VW, sembrerebbe che cessi di esistere il contesto giuridico rilevante, mettendo così fine all’effetto indesiderato dell’interazione tra gli articoli 2, paragrafo 1, e 4, paragrafo 3, della legge VW, ovvero alla restrizione degli investimenti diretti nella Volkswagen, che – come emerge dalla sentenza del 2007 – costituiva l’essenza delle censure della Commissione. Sebbene non sia convinto che il medesimo risultato avrebbe potuto essere ottenuto abrogando l’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW invece del suo articolo 2, paragrafo 1, sia la motivazione, sia il dispositivo della sentenza del 2007 sembrerebbero consentire anche siffatta soluzione.

47.      Inoltre, non ritengo che la valutazione della Corte relativa alle disposizioni controverse della legge VW quanto al resto possa essere interpretata nel senso che respinge siffatta analisi.

b)      Altre considerazioni relative alla sentenza del 2007

48.      Dopo aver stabilito l’esistenza di una restrizione, la Corte è passata a considerare se le disposizioni controverse fossero giustificate da motivi imperativi di interesse pubblico. Ritenendo che gli interessi invocati dalla Repubblica federale di Germania, ovvero la tutela dei lavoratori e degli azionisti di minoranza, non fossero idonei a giustificare le restrizioni in oggetto, la Corte ha dichiarato che «le censure sollevate dalla Commissione e basate su una violazione dell’art. 56, n. 1, CE devono essere accolte» (24).

49.      Ancora una volta, considerato in sé, detto punto potrebbe essere interpretato nel senso che conferma la lettura data dalla Commissione alla sentenza del 2007. Tenendo conto della conclusione interlocutoria della Corte, formulata al punto 56 della sentenza del 2007, concernente l’esistenza di una restrizione, il punto 81 sembra formulato in termini poco felici (25). Tuttavia, la contraddizione tra i due articoli è ridimensionata atteso che, al punto 82, la Corte conclude la sua analisi affermando nuovamente che «mantenendo in vigore l’art. 4, n. 1, nonché l’art. 2, n. 1, in combinato disposto con l’art. 4, n. 3, della legge VW, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’art. 56, n. 1, CE».

50.      Con riguardo al fatto che la Corte ha intimato alla Repubblica federale di Germania di pagare le spese, ai sensi della domanda formulata dalla Commissione, in quanto la Germania «era rimasta soccombente nella parte sostanziale dei suoi motivi» (26), questo non contraddice la mia lettura della sentenza del 2007. È infatti irrilevante sotto questo profilo il fatto che la Repubblica federale di Germania sia o meno rimasta soccombente in relazione a tutte le censure avanzate dalla Commissione contro la legge VW nel contesto dell’articolo 56, paragrafo 1, CE, o solo in relazione a due terzi di dette censure (27).

51.      Infine, non mi paiono convincenti gli argomenti dedotti dalla Commissione relativamente alla rilevanza della «giurisprudenza della golden share»(28) ai fini dell’interpretazione della sentenza del 2007. È vero che detta giurisprudenza forma la base per l’analisi dell’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali e di una sua eventuale giustificazione, come emerge dalla motivazione della Corte (29). Essa non può tuttavia essere invocata per interpretare estensivamente la sentenza del 2007.

52.      A questo riguardo, occorre attribuire particolare rilevanza al contesto. Come ho già osservato, la sentenza del 2007 è stata pronunciata nel contesto fornito dall’articolo 258 TFUE (già articolo 226 CE). Sebbene la Commissione disponga di un rilevante potere discrezionale nel valutare in che limiti le misure adottate da uno Stato membro diano esecuzione a una sentenza, non ritengo che essa abbia la facoltà di estendere unilateralmente la portata di una sentenza di accertamento della Corte ex post, sulla base di altre fattispecie analoghe, ma non identiche (30).

53.      A mio giudizio, la medesima prudenza è di rigore in relazione all’argomento della Commissione secondo il quale la sentenza del 2007 deve essere letta alla luce delle conclusioni presentate dall’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer in tale causa (31). Occorre ricordare che l’avvocato generale, dopo aver respinto gli argomenti del governo tedesco, ha suggerito che la Corte dichiarasse illecite le tre disposizioni contestate. Sebbene le conclusioni dell’avvocato generale offrano certamente un’analisi approfondita delle questioni giuridiche e politiche che sottendono la sentenza della Corte, occorre tenere nella debita considerazione le formule diverse usate nel dispositivo della sentenza e nelle conclusioni in merito all’esistenza di restrizioni illecite.

54.      Ciò premesso, e atteso che l’obiettivo della presente causa non è quello di stabilire se l’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW, considerato di per sé, costituisca una violazione del diritto dell’Unione, non occorre esaminare ulteriormente se il diritto di blocco della minoranza in esso previsto costituisca una violazione del diritto dell’Unione. Questa questione, a mio avviso, dovrebbe essere risolta in un procedimento a norma dell’articolo 258 TFUE (32).

55.      Pertanto, ritengo che il ricorso della Commissione debba essere respinto e che la Commissione debba essere condannata alla spese.      

56.      Nell’eventualità, tuttavia, in cui la Corte non accogliesse la lettura da me suggerita della sentenza del 2007, approfondirò la questione delle sanzioni pecuniarie.

B –    Sanzioni pecuniarie

1.      Questioni preliminari

57.      Se concludesse che la Repubblica federale di Germania non ha dato esecuzione alla sentenza del 2007, la Corte potrebbe imporre il pagamento di un penalità e/o di un importo forfettario, ai sensi del secondo comma dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE (33). Secondo una giurisprudenza consolidata, la Corte non è vincolata dai suggerimenti formulati dalla Commissione sulle sanzioni finanziarie, sebbene questi costituiscano un utile parametro di riferimento. Di conseguenza spetta alla Corte, in ciascuna causa, valutare alla luce delle circostanze del caso di specie le sanzioni pecuniarie da adottare (34).

58.      Fondandosi sul metodo di calcolo di sanzioni finanziarie esposto nella sua «Comunicazione sull’applicazione dell’articolo 228 del Trattato CE» (35), la Commissione suggerisce che la Corte infligga alla Repubblica federale di Germania il pagamento di una penalità di EUR 282 725,10 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza del 2007. Essa fonda questo suggerimento su una combinazione di un importo fisso di base di EUR 630 moltiplicato per un coefficiente di gravità di 7, un coefficiente di durata di 3 e un fattore speciale «n» di 21,37 (36).

59.      Riguardo all’importo forfettario, in considerazione di tutte le circostanze di diritto e di fatto relative all’inadempimento di cui si tratta, la Commissione propone di moltiplicare un importo giornaliero di EUR 31 114,72 (ossia il prodotto di un importo fisso di base di EUR 208, un coefficiente di gravità di 7 e un fattore speciale «n» di 21,37) per il numero di giorni che intercorrono tra la pronuncia della sentenza del 2007 e la data alla quale la Repubblica federale di Germania adempie i suoi obblighi o, in mancanza, la data della sentenza nella fattispecie in esame.

60.      Prendendo le mosse dalle direttive della Commissione, la Corte considera sistematicamente tre criteri di base, ossia, il grado di gravità dell’infrazione, la sua durata, e la capacità finanziaria dello Stato membro (37). In particolare, la Corte valuta le conseguenze della mancata esecuzione sugli interessi privati e pubblici e dell’urgenza di indurre lo Stato membro interessato a conformarsi ai suoi obblighi (38). A questo riguardo, la Corte ha ripetutamente dichiarato che le sanzioni finanziarie applicate devono essere fissate ad un livello che sia adeguato alle circostanze e commisurato all’inadempimento accertato, nonché alla capacità finanziaria dello Stato membro interessato (39).

61.      Sottolineo sin da ora che i dati economici sui quali la Corte fonda i suoi suggerimenti sono stati aggiornati dopo la presentazione della causa alla Corte. A questo proposito, sembra opportuno tenere conto delle modifiche eventualmente intervenute in tali dati. In particolare, è necessario valutare la capacità finanziaria dello Stato membro alla luce delle tendenze recenti dell’inflazione e del PIL dello Stato membro di cui trattasi al momento in cui la Corte esamina i fatti (40).

62.      A mio avviso, ricorrere a dati economici aggiornati riflette debitamente i principi di idoneità e di proporzionalità applicabili in materia di sanzioni pecuniarie (41). Di conseguenza, intendo utilizzare i dati disponibili più recenti, ossia quelli forniti dalla Commissione nella sua Comunicazione del 2012 (42). In detta Comunicazione, l’importo fisso di base per calcolare il pagamento della penalità è stabilito in EUR 640 al giorno, l’importo fisso di base per il pagamento dell’importo forfettario in EUR 210, e il fattore speciale «n» per la Repubblica federale di Germania a 21,12 (43).

2.      Circostanze particolari della fattispecie in esame

63.      La fattispecie in esame solleva diverse questioni di principio. Segnatamente, la questione è se – e, in tal caso, in che modo – l’asserita ambiguità della sentenza del 2007, il periodo di tre anni decorso tra la chiusura della fase precontenziosa e l’inizio del procedimento dinanzi alla Corte e, infine, la proposta della Repubblica federale di Germania di presentare una domanda congiunta di interpretazione alla Corte, debbano essere presi in considerazione al fine di calcolare l’ammontare delle sanzioni pecuniarie applicabili.

64.      Questi fattori saranno valutati prima di esaminare approfonditamente il calcolo delle sanzioni.

a)      Se l’asserita ambiguità della sentenza del 2007 debba influenzare l’applicazione di sanzioni pecuniarie

65.      Il governo tedesco ha fatto valere nelle sue allegazioni che, in mancanza di un fondamento giuridico chiaro e inequivocabile per gli obblighi derivanti dalla sentenza del 2007, la Corte dovrebbe astenersi dall’imposizione di sanzioni finanziarie.

66.      Non condivido tale argomento. In caso contrario, ritengo che non verrebbe rispettato l’obiettivo dell’articolo 260 TFUE, ossia quello di garantire l’effettiva applicazione del diritto dell’Unione.

67.      Occorre ricordare che il sistema particolare introdotto dai complementari articoli 258 e 260 TFUE, inteso a garantire il rispetto del diritto dell’Unione, è stato progettato dagli stessi Stati membri. Come procedura sui generis tipica del diritto dell’Unione, che offre il meccanismo primario per imporre sanzioni agli Stati membri inadempienti, il procedimento per inadempimento di cui all’articolo 260 TFUE deve essere distinto da un procedimento civile (44).

68.      Di conseguenza, i diritti da riconoscere allo Stato membro inadempiente per quanto riguarda le sanzioni pecuniarie considerate sono stati coerentemente interpretati restrittivamente nella giurisprudenza della Corte. In particolare, essi devono essere intesi alla luce della finalità perseguita dall’articolo 260 TFUE, ossia quella di garantire il ripristino del rispetto della legalità (45). In questo contesto, spetta allo Stato membro interessato trarre le conseguenze che ritiene derivino dalla sentenza che ha accertato un inadempimento e giustificare, se necessario, la fondatezza delle stesse dinanzi alla Corte nel procedimento previsto all’articolo 260 TFUE (46).

69.      Al fine di soddisfare i requisiti minimi relativamente a siffatti diritti, è sufficiente che lo Stato membro sia stato in grado di presentare le sue osservazioni su tutti gli elementi di diritto e di fatto necessari per determinare la persistenza e la gravità dell’inadempimento ad esso contestato, nonché le misure che possono essere adottate per porvi fine (47). Se detta opportunità è stata offerta, la Corte può imporre le sanzioni pecuniarie che considera adeguate per garantire l’esecuzione più rapida possibile della sentenza iniziale e impedire la ripetizione di infrazioni analoghe al diritto dell’Unione (48).

70.      In altri termini, se contro la necessità di imporre sanzioni pecuniarie si potesse invocare con successo un argomento concernente l’asserita ambiguità di una sentenza della Corte, il meccanismo di esecuzione previsto dall’articolo 260 TFUE perderebbe il suo effetto dissuasivo. Inoltre, siffatta soluzione esigerebbe che la Corte esaminasse sistematicamente le sue sentenze di accertamento a norma dell’articolo 258 TFUE per rinvenirvi ambiguità idonee ad esentare gli Stati membri dal pagamento di sanzioni pecuniarie. Ciò sarebbe in aperta contraddizione con l’obiettivo dell’articolo 260 TFUE, ossia quello di porre fine il più rapidamente possibile all’inadempimento del diritto dell’Unione europea. Sotto questo aspetto, il rischio di sanzioni pecuniarie costituisce un potente incentivo affinché gli Stati membri pongano rimedio all’inadempimento senza indugio.

71.      Ciononostante, si potrebbe sostenere che l’asserita ambiguità della sentenza del 2007 deve essere considerata come un fattore di mitigazione ai fini della determinazione della gravità dell’inadempimento. Ciò sarebbe giustificato in quanto il contenuto degli obblighi di uno Stato membro viene stabilito in modo definitivo soltanto nella medesima sentenza che commina la penalità (49).

72.      Anche se la Corte ha piena competenza di prendere in considerazione tutte le circostanze che ritiene pertinenti, siffatto approccio non mi sembra opportuno. Nel procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, la Corte è unicamente tenuta a constatare che una disposizione di diritto dell’Unione è stata violata (50). Essa, tuttavia, non prende posizione sui provvedimenti che devono essere adottati dallo Stato membro di cui trattasi per porre fine all’inadempimento. A questo riguardo, non è inusuale che una sentenza di accertamento di un inadempimento lasci spazio a discussioni relative alle misure che devono essere adottate.

73.      Inoltre, l’inadempimento che è alla base della sentenza iniziale a norma dell’articolo 258 TFUE deriva dall’inosservanza di obblighi imposti agli Stati membri dai Trattati. Di fatto, le disposizioni rilevanti da cui derivano siffatti obblighi non sono di per sé pregiudicate dalla formulazione della sentenza che accerta l’inadempimento. Pertanto, mi sembra che la chiarezza della normativa europea rilevante in talune circostanze possa costituire un parametro più idoneo per l’analisi della gravità che la chiarezza delle sentenze che accertano l’inadempimento (51).

74.      Per i motivi sopra citati, ritengo che la Repubblica federale di Germania non possa invocare con successo l’ambiguità della sentenza del 2007 per opporsi all’applicazione di sanzioni pecuniarie.

b)      Chi debba intervenire in caso di persistente disaccordo sull’adempimento

75.      In udienza, le parti sono state invitate ad esprimere le proprie opinioni sulla questione se, nelle circostanze della fattispecie in esame, una delle parti fosse tenuta ad agire entro un termine specifico e, in tal caso, in che limiti si debba tenere conto di un mancato intervento nel calcolo delle sanzioni pecuniarie. Essenzialmente il problema è stabilire chi debba sopportare il rischio di un mancato intervento, una volta accertato che le parti mantengono opinioni inconciliabili riguardo all’esecuzione della sentenza iniziale.

76.      Innanzitutto, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, la Commissione gode di ampio potere discrezionale per decidere se avviare un procedimento e per stabilire il contesto temporale idoneo a presentare il ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte (52). Tuttavia, nel contesto dell’articolo 260 TFUE, la portata precisa di detto potere discrezionale deve essere determinata dalla Corte.

77.      Tra queste due disposizioni si possono riscontrare parallelismi. Analogamente all’articolo 258, paragrafo 2, TFUE, l’articolo 260, paragrafo 2, TFUE non prescrive alcun limite temporale per investire la Corte di un ricorso. Infatti, queste disposizioni sembrano concedere alla Commissione un’ampia discrezionalità al riguardo (53). A mio avviso, l’assenza di un linguaggio imperativo, comune ad entrambe le disposizioni, sembra giustificare l’applicazione per analogia della giurisprudenza della Corte nel contesto dell’articolo 258 TFUE riguardo, segnatamente, alla discrezionalità conferita alla Commissione relativamente al momento adatto per presentare un ricorso alla Corte (54).

78.      A questo riguardo, la discrezionalità della Commissione di presentare un ricorso per inadempimento è limitata soltanto nella misura in cui il suo comportamento violi i diritti della difesa degli Stati membri interessati (55). Se la durata inusuale del procedimento ha avuto incidenza sulla difesa dello Stato membro, ciò può determinare l’irricevibilità del ricorso presentato a norma dell’articolo 258 TFUE (56).

79.      Nella fattispecie in esame, nulla induce a credere che il comportamento della Commissione e la durata del periodo intercorso dopo la conclusione del procedimento precontenzioso abbiano avuto effetto sulle modalità con cui la Repubblica federale di Germania ha svolto la propria difesa.

80.      Di fatto, mi sembra che, ai sensi dell’articolo 260 TFUE, l’effetto vincolante dei diritti della difesa sia rilevante unicamente in circostanze estremamente eccezionali e che la Commissione, in linea di principio, non abbia alcun obbligo di presentare ricorso alla Corte entro un periodo specifico (57). Tuttavia, occorre allora chiedersi se, ammesso che il ritardo nel presentare ricorso dinanzi alla Corte non pregiudichi la ricevibilità del medesimo, esso abbia tuttavia effetto sull’imposizione di sanzioni pecuniarie.

81.      A prima vista, sembrerebbe ragionevole tenere conto del comportamento della Commissione in un modo o nell’altro, posto che maggiore è il ritardo nella presentazione del ricorso dinanzi alla Corte, maggiore è la durata dell’inadempimento. Pertanto, il ritardo nella presentazione di un ricorso alla Corte dopo la conclusione del procedimento precontenzioso, in taluni casi, potrebbe rivelarsi dannoso per garantire l’adempimento «quanto prima»(58), e, in ultima analisi, per assicurare l’effettiva osservanza del diritto dell’Unione europea.

82.      Questa anomalia, tuttavia, non può essere considerata sufficiente per interpretare l’articolo 260 TFUE nel senso che questo prevede che un ricorso debba essere presentato dinanzi alla Corte entro un termine specifico.

83.      Chiedere alla Commissione di presentare il ricorso dinanzi alla Corte entro un periodo specifico – e penalizzarla per non aver agito entro detto periodo, o esentando lo Stato membro da sanzioni finanziarie, o riducendone l’ammontare – contrasterebbe a mio avviso con l’obiettivo che sottende il meccanismo di esecuzione (59). Ciò in quanto siffatto requisito priverebbe la Commissione dei suoi strumenti per persuadere lo Stato membro interessato ad adottare misure di adempimento il prima possibile, compresa la pressione economica di sanzioni pecuniarie.

84.      Ciò premesso, il fatto che nella presente fattispecie sia decorso un periodo di tre anni tra la conclusione del procedimento precontenzioso e la presentazione del ricorso alla Corte non sembra pienamente coerente con l’obiettivo di risolvere rapidamente e efficacemente il problema dell’inadempimento (60). Sotto questo profilo, il comportamento della Commissione non è esente da critiche.

85.      Nonostante il comportamento della Commissione, resta il fatto che allo Stato membro interessato è stato chiesto di adottare tutte le misure necessarie al fine di rispettare il diritto dell’Unione. Sebbene l’articolo 260 TFUE non precisi il termine entro il quale occorre dare esecuzione ad una sentenza che accerta l’inadempimento di uno Stato membro, la Corte ha ripetutamente dichiarato che l’esigenza di un’immediata e uniforme applicazione del diritto dell’Unione impone che «tale esecuzione sia iniziata immediatamente e conclusa entro termini il più possibile ristretti» (61).

86.      Infatti, porre rimedio alla violazione resta di esclusiva competenza dello Stato membro interessato. Posto che l’articolo 260 TFUE prevede un metodo coercitivo di esecuzione e che la possibilità di applicare sanzioni pecuniarie è volta a dissuadere gli Stati membri dal persistere nell’inadempimento, non considero opportuno esentare la Repubblica federale di Germania da sanzioni pecuniarie o, eventualmente, ridurre l’ammontare delle medesime a causa del comportamento della Commissione nella fattispecie. In generale, un siffatto approccio indebolirebbe in pratica il potere coercitivo dell’articolo 260 TFUE e renderebbe l’adempimento un’alternativa meno attraente (62).

87.      Infine, alla luce dell’obbligo di adottare i necessari provvedimenti per dare attuazione ad una sentenza, esplicitamente prescritto all’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, non vedo alcun motivo per il quale la Repubblica federale di Germania non avrebbe potuto presentare una domanda di interpretazione alla Corte di propria iniziativa, al fine di ridurre il relativo rischio finanziario (63). Tuttavia, dato che la presentazione di una siffatta domanda non è richiesta in forza del procedimento di esecuzione, il fatto che essa abbia scelto di non seguire questa opzione non dovrebbe avere alcun effetto sulla valutazione delle sanzioni pecuniarie appropriate (64).

88.      Passerò adesso ad esaminare il calcolo delle sanzioni pecuniarie, a cominciare dal pagamento della penalità.

3.      Il pagamento della penalità

89.      Il pagamento della penalità è inteso a indurre lo Stato membro inadempiente a porre fine ad un inadempimento persistente (65). Per stabilire se debba essere imposta una penalità, il fattore decisivo è la persistenza di un inadempimento quando la causa è all’esame della Corte.

90.      Nell’eventualità in cui la Corte accogliesse il ricorso per inadempimento della Commissione, sembra che le parti concordino sul fatto che detto inadempimento persiste soltanto perché la Repubblica federale di Germania ha mantenuto in vigore l’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW.

91.      Ciò premesso, e nel caso in cui la Corte non accogliesse la mia lettura della sentenza del 2007, sono del parere che alla Repubblica federale di Germania debba essere inflitto il pagamento di una penalità.

a)      Gravità dell’asserito inadempimento

92.      Riguardo alla gravità dell’inadempimento, occorre osservare che l’articolo 56 CE fissa un principio fondamentale che costituisce una delle pietre angolari del mercato interno. Per assicurare il funzionamento di detto mercato, è imperativo che siano abolite tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri e tra gli Stati membri e paesi terzi (66).

93.      Nell’analisi della Commissione, l’asserito inadempimento risulta in una situazione nella quale le autorità conservano la possibilità di esercitare in un’impresa un’influenza superiore al livello del loro investimento. In particolare, l’azione intrapresa dagli operatori pubblici in un’impresa privata con gli strumenti previsti dalla normativa (ossia, imponendo il diritto di blocco della minoranza, previsto all’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW) sarebbe idonea a limitare la possibilità per gli altri investitori di partecipare in detta società al fine di creare o mantenere legami economici durevoli e diretti con la medesima.

94.      Sebbene la violazione di principi fondamentali del Trattato debba essere considerata particolarmente grave (67), occorre osservare che la Repubblica federale di Germania ha assicurato una parziale esecuzione della sentenza del 2007 abrogando gli articoli 2, paragrafo 1, e 4, paragrafo 1, della legge VW. Questo fattore, a mio giudizio, dovrebbe mitigare la gravità dell’inadempimento di cui trattasi.

95.      Inoltre, sarei propenso ad affermare che, senza la cornice fornita dal limite massimo ai diritti di voto di cui all’articolo 2, paragrafo 1, della legge VW, il diritto di blocco della minoranza, previsto all’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW, ha un impatto solo estremamente limitato sulla circolazione dei capitali. È certamente pacifico che il diritto di blocco della minoranza è diverso dalla soglia generale del 25%, prevista dalla legge sulle società per azioni, e che esso determina un obbligo specifico imposto sugli azionisti mediante la normativa. Ciononostante, per valutare la gravità dell’asserito inadempimento, è significativo che detto diritto di blocco favorisca tutti gli azionisti, grandi e piccoli, senza distinzione. Non sono dunque convinto che siffatto diritto di blocco – anche se considerato alla luce dell’interesse esistente di circa il 20% conservato dagli operatori pubblici (segnatamente, il Land della Bassa Sassonia) nel capitale della Volkswagen – sia idoneo ad ostacolare significativamente la circolazione dei capitali.

96.      In considerazione di quanto precede, sono dell’opinione che un coefficiente di 2 rifletterebbe adeguatamente la gravità dell’inadempimento.

b)      Durata e capacità finanziaria dello Stato membro

97.      La durata dell’inadempimento di cui all’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, che deve essere calcolata a partire dalla data in cui la Corte ha emesso la sentenza del 2007, è attualmente pari a cinque anni e sette mesi. Il Trattato non specifica il termine entro il quale l’esecuzione di una sentenza deve avere luogo, ma, conformemente alla giurisprudenza, tale esecuzione dev’essere iniziata immediatamente e conclusa nel più breve tempo possibile (68).

98.      Se la Corte dichiara che la Repubblica federale di Germania continua a non conformarsi alla sentenza del 2007, siffatto inadempimento è particolarmente criticabile in quanto le misure necessarie a dare esecuzione a detta sentenza possono essere definite come dirette. Infatti, come illustra l’adozione della legge che modifica la legge VW, la completa esecuzione della sentenza del 2007 non dovrebbe aver dato luogo a particolari problemi.

99.      Ciò considerato, un coefficiente di 3 appare adeguato a tenere conto della durata dell’infrazione.

100. Riguardo alla capacità finanziaria dello Stato membro, la Corte ha dichiarato che moltiplicare l’importo di base per un coefficiente specifico applicabile allo Stato membro in questione costituisce un mezzo adeguato per tener conto della capacità finanziaria di quest’ultimo, mantenendo al contempo un divario ragionevole tra i diversi Stati membri (69). Da ciò consegue che, nella presente fattispecie, è corretto applicare alla Repubblica federale di Germania un fattore «n» di 21,12 (70).

101. Infine, non concordo con la richiesta del governo tedesco di un periodo supplementare per consentirle di adempiere i suoi obblighi. Essa giustifica la sua richiesta con la mancanza di un fondamento giuridico chiaro e inequivocabile da cui discendono i suoi obblighi (71).

102. Come ho cercato di spiegare sopra, l’asserita ambiguità di una sentenza non dovrebbe essere considerata un fattore rilevante per la valutazione della gravità. Posto che la sentenza del 2007 non ha modificato in alcun modo il contenuto degli obblighi degli Stati membri derivanti dall’articolo 56 CE, non occorre concedere alla Repubblica federale di Germania un’ulteriore proroga.

103. Per i motivi di cui sopra, sono del parere che alla Repubblica federale di Germania debba essere inflitto il pagamento di una penalità giornaliera di EUR 81 100,80 (= 640x2x3x21,12) dalla data della sentenza nella fattispecie in esame sino alla completa esecuzione della sentenza del 2007.

4.      Il pagamento di un importo forfettario

104. Per esercitare una pressione finanziaria sufficiente sullo Stato membro inadempiente affinché ponga fine all’infrazione accertata nella sentenza iniziale ai sensi dell’articolo 258 TFUE, la Corte può decidere di condannarlo al pagamento di una somma forfettaria, in aggiunta alla penalità (72).

105. Una penalità serve a indurre uno Stato membro a porre rimedio a un’infrazione nel più breve tempo possibile dopo che la Corte ha emesso una sentenza in un procedimento ai sensi dell’articolo 260 TFUE. Per contro, la possibilità di imporre una somma forfettaria costituisce un mezzo per evitare che gli Stati membri preferiscano attendere l’inizio e l’esito di un procedimento di questa natura prima di adottare i provvedimenti necessari per porre rimedio ad una violazione accertata dalla Corte nell’ambito di un procedimento per inadempimento, ai sensi dell’articolo 258 TFUE (73).

106. Secondo una giurisprudenza costante, l’articolo 260 TFUE conferisce alla Corte un ampio potere discrezionale al fine di decidere se si debba o meno imporre il pagamento di una somma forfettaria, tenuto conto dell’insieme degli elementi pertinenti che si riferiscono sia alle caratteristiche dell’inadempimento constatato che al comportamento proprio dello Stato membro interessato (74). Tra i fattori pertinenti al riguardo figurano in particolare elementi come la durata della persistenza dell’inadempimento, a partire dalla sentenza che lo ha constatato, e la gravità dell’infrazione (75).

107. Nella presente causa, è la durata della violazione che a mio avviso giustifica l’imposizione del pagamento di un importo forfettario. In particolare, il periodo di tempo decorso è considerevole, essendo passati più di cinque anni dalla pronuncia della sentenza del 2007. L’inadempimento di cui trattasi persiste nonostante l’adozione della legge che modifica la legge VW vi abbia posto parzialmente rimedio.

108. In particolare, riguardo al pagamento dell’importo forfettario, la Corte chiarisce raramente i criteri adottati per calcolare l’importo che ritiene appropriato nelle circostanze della fattispecie. Per ottenere maggiore trasparenza e, pertanto, per aumentare l’effetto deterrente del pagamento dell’importo forfettario sotto questo profilo, considero particolarmente importante esporre chiaramente i criteri applicabili (76).

109. Nella fattispecie in esame, non vedo alcun motivo per cui non potrebbero essere utilizzate come parametro le direttive della Commissione (77). Tenendo conto dell’analisi di cui sopra circa la gravità e la capacità finanziaria dello Stato membro, sembra appropriato applicare un pagamento forfettario giornaliero di EUR 8 870,40 – che è il prodotto di un importo fisso di base di EUR 210, un coefficiente di gravità di 2 e un fattore speciale «n» di 21,12 – per ogni giorno in cui l’inadempimento persiste.

110. Alla data della presentazione di queste conclusioni, la violazione era rimasta in essere per 2 045 giorni. Moltiplicando l’importo giornaliero di EUR 8 870,40 per 2 045 giorni si ottiene un totale di EUR 18 139 968. Atteso che detto ammontare supera il minimo fissato dalla Commissione per la Repubblica federale di Germania (EUR 11 192 000), (78) il pagamento forfettario suggerito a mio avviso riflette correttamente anche il carattere dissuasivo e sanzionatorio di questa sanzione pecuniaria.

111. Pertanto, ritengo che alla Repubblica federale di Germania debba essere imposto un pagamento forfettario giornaliero di EUR 8 870,40, moltiplicato per il numero di giorni decorsi tra la pronuncia della sentenza del 2007 e la data della sentenza relativa alla presente causa.

IV – Conclusione

112. Sulla scorta delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire come segue:

–        respingere il ricorso della Commissione;

–        condannare la Commissione alle spese.

In alternativa, se la Corte dichiara che la Repubblica federale di Germania ha violato gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, suggerisco alla Corte:

–        di condannare la Repubblica federale di Germania ad una penalità giornaliera di EUR 81 100,80 dalla data della pronuncia della sentenza relativa alla presente causa sino alla completa esecuzione della sentenza del 2007 e alla somma forfettaria di EUR 8 870,40 moltiplicato per il numero di giorni decorrenti tra la pronuncia della sentenza del 2007 e la data della sentenza nella fattispecie in esame;

–        di condannare la Repubblica federale di Germania alle spese.


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 –      Sentenza del 23 ottobre 2007, Commissione/Repubblica federale di Germania, C‑112/05, Racc. pag. I‑8995.


3 –      Gesetz über die Überführung der Anteilsrechte an der Volkswagenwerk Gesellschaft mit beschränkter Haftung in private Hand (legge del 21 luglio 1960, relativa al trasferimento al settore privato delle quote della società a responsabilità limitata Volkswagenwerk), BGBl. 1960 I n. 39, pag. 585, e BGBl. 1960 III, pag. 641-1-1.


4 –      Gesetz zur Änderung des Gesetzes über die Überführung der Anteilsrechte an der Volkswagenwerk Gesellschaft mit beschränkter Haftung in private Hand (legge che modifica la legge relativa al trasferimento al settore privato delle quote della società a responsabilità limitata Volkswagenwerk), BGBl 2008 I n. 56, pag. 2369.


5 –      Aktiengesetz (Legge sulle società per azioni), BGBl. 1965 I n. 48, pag. 1089.


6 – Dopo la modifica del regolamento di procedura, detta disposizione figura adesso al suo articolo 158.


7 –      V. infra paragrafi 75 e segg.


8 –      V., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2004, Commissione/Francia, C‑304/02, Racc. pag. I‑6263, punto 92.


9 –      Sentenza del 10 settembre 2009, Commissione/Portogallo, C‑457/07, Racc. pag. I‑8091, punto 47. V. anche, in merito all’imperativo della coerenza e precisione del ricorso della Commissione che introduce un procedimento per inadempimento, sentenza del 19 dicembre 2012, Commissione/Italia, C‑68/11, punti 50 e 51 e giurisprudenza ivi citata.


10 – In udienza, è stato chiesto alla Commissione di chiarire la sua posizione al riguardo. In considerazione della vaghezza della sua risposta, devo presumere che la Commissione non intendeva limitare le sue censure unicamente all’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW. In altri termini, sembra che i suoi argomenti concernenti lo Statuto non siano stati sollevati unicamente per chiarire il contesto della discussione.


11 – La versione autentica in lingua tedesca della sentenza del 2007 usa l’espressione «in Verbindung mit» in questo contesto.


12 – Infatti, come correttamente osservato dalla Repubblica federale di Germania nelle sue osservazioni orali, la Corte avrebbe potuto specificare, come ha fatto, tra l’altro, nella sentenza del 6 dicembre 2007, Federconsumatori e a., C‑463/04 e C‑464/04, Racc. pag. I‑10419, punto 43, che le disposizioni controverse costituiscono restrizioni vietate sia di per sé, sia in combinato disposto tra loro.


13 –      Sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Lussemburgo, C‑526/08, Racc. pag. I‑6151, punto 29; v. anche sentenza del 16 marzo 1978, Bosch, C‑135/77, Racc. pag. 855, punto 4.


14 –      Punto 30 della sentenza del 2007.


15–      Contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, il contenuto del ricorso nella causa C‑112/05 a mio avviso deve rimanere irrilevante ai fini dell’interpretazione della sentenza del 2007, nella misura in cui i dettagli di detto contenuto non possono essere distinti dalla sentenza stessa.


16–      V., in particolare, i punti 40, 50 e 81 della sentenza del 2007.


17 –      Punto 43 della sentenza del 2007.


18 –      Sentenza del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund, C‑194/06, Racc. pag. I‑3747, punto 100 e giurisprudenza ivi citata.


19 –      Ibidem, punto 101. V. anche punto 18 della sentenza del 2007 e giurisprudenza ivi citata.


20 –      Sentenza dell’11 novembre 2010, Commissione/Portogallo, C‑543/08, Racc. pag. I‑11241, punto 47 e giurisprudenza ivi citata.


21 –      Prima frase del punto 54 della sentenza del 2007.


22 –      Seconda frase del punto 54 della sentenza del 2007.


23 –      V., in particolare, punti 52 e 54 alla fine, della sentenza del 2007.


24 –      Punto 81 della sentenza del 2007.


25–      V. il precedente paragrafo 45.


26 –      Punto 83 della sentenza del 2007.


27 –      Ciò resta valido nonostante il fatto che la Corte abbia respinto il ricorso della Commissione nella misura in cui esso invocava una violazione dell’articolo 43 CE, dato che due delle tre disposizioni contestate sono state dichiarate illecite a seguito di quel procedimento.


28 –      V. le conclusioni dell’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer nella causa del 2007, paragrafi 40 e segg.


29 –      V., in particolare, i punti 18, 72 e 73 della sentenza del 2007.


30 –      Riguardo alle differenze tra le circostanze che hanno dato origine alla sentenza del 2007 e quelle poste alla base della giurisprudenza della Corte sulla golden share, v. le conclusioni presentate dall’avvocato generale Ruiz‑Jarabo Colomer nella causa C‑112/05.


31 –      V. in particolare i paragrafi 103 e 107 delle conclusioni.


32 –      In questo contesto, occorre tenere conto del principio della res judicata, che è applicabile anche ai procedimenti per inadempimento. Tuttavia, l’autorità di cosa giudicata riguarda unicamente i punti di fatto e di diritto che sono stati effettivamente o necessariamente decisi da una sentenza di accertamento, a norma dell’articolo 258 TFUE. Pertanto, gli Stati membri non possono validamente opporre la res judicata alla luce di una sentenza precedente, salvo nell’ipotesi in cui i casi rilevanti siano essenzialmente identici in fatto e in diritto riguardo al contenuto delle censure avanzate dalla Commissione. V. sentenza Commissione/Lussemburgo, cit. alla nota 13, punti 27 e 34 e giurisprudenza ivi citata.


33 –      V. sentenza Commissione/Francia, cit. alla nota 8, punto 86.


34 –      Sentenza del 10 gennaio 2008, Commissione/Portogallo, C‑70/06, (Racc. pag. I‑1), punti 34 e 38 e giurisprudenza ivi citata.


35 –      SEC(2005) 1658.


36 –      Nel suo ricorso, la Commissione si basa su dati fondati sulla Comunicazione della Commissione «Updating of data used to calculate lump sum and penalty payments in infringement proceedings», SEC(2011)1024.


37 –      Sentenza dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, C‑610/10, punto 119 e giurisprudenza ivi citata. V. anche sentenze del 4 luglio 2000, Commissione/Grecia, C‑387/97, Racc. pag. I‑5047, punto 92, e del 25 novembre 2003, Commissione/Spagna, C‑278/01, Racc. pag. I‑14141, punto 52.


38 –      Sentenza Commissione/Francia, cit. alla nota 8, punto 104. V. anche sentenza Commissione/Grecia, cit. alla nota 37, punto 92.


39 –      Riguardo al pagamento della penalità, v. sentenza Commissione/Spagna, cit. alla nota 37, punto 118 e giurisprudenza ivi citata. Lo stesso principio si applica nel contesto del pagamento dell’importo forfettario. V., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2009, Commissione/Grecia, C‑568/07, Racc. pag. I‑4505, punto 47 e giurisprudenza ivi citata.


40 –      V. sentenza del 31 marzo 2011, Commissione/Grecia, C‑407/09, Racc. pag. I‑2467, punto 42; sentenza Commissione/Spagna, cit. alla nota 37, punto 131, e sentenza del 19 dicembre 2012, Commissione/Irlanda, C‑279/11, punti 78 e 79.


41 –      V., per analogia, le conclusioni presentate dall’avvocato generale Jääskinen nella causa Commissione/Repubblica ceca, C‑241/11, punto 86.


42 –      La Comunicazione della Commissione «Updating of data used to calculate lump sum and penalty payments to be proposed by the Commission to the Court of Justice in infringement proceedings», C(2012) 6106 def.


43 –      Ibidem, pagg. 3 e 4.


44 –      V., segnatamente, sentenza Commissione/Francia, cit. alla nota 8, punto 91.


45 – Con riguardo al principio della certezza del diritto e ai diritti della difesa, v. sentenza Commissione/Francia, cit. alla nota 8, punti da 85 a 97.


46 –      V. sentenza del 18 luglio 2007, Commissione/Germania, C‑503/04, Racc. pag. I‑6153, punto 16.


47 –      Sentenza Commissione/Francia, cit. alla nota 8, punto 97.


48 –      Ibidem.


49 –      Conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed nella causa Commissione/Francia (sentenza del 14 marzo 2006, C‑177/04, Racc. pag. I‑2461), paragrafo 70. In tale causa, tuttavia, la Corte non ha seguito il suggerimento dell’avvocato generale. V. punto 78 della sentenza.


50 –      Sentenza Commissione/Germania, C-503/04, cit., punto 15. Infatti, se si applica l’articolo 260 TFUE, l’infrazione non è semplicemente la violazione originaria degli obblighi del Trattato, ai sensi dell’articolo 258 TFUE, ma è considerata come un’«infrazione complessa», che integra in sé l’infrazione originaria e la violazione di obblighi derivanti dall’articolo 260, paragrafo 1, TFUE. V. le conclusioni presentate dall’avvocato generale Fenelly nella sentenza del 6 ottobre 2000, Commissione/Grecia, C‑197/98, Racc. pag. I‑8609, punto 19.


51 –      Infatti, nella sua valutazione, la Corte ha preso in considerazione il grado di chiarezza con cui gli obblighi dello Stato membro erano definiti nelle disposizioni in questione. V., a questo riguardo, sentenza Commissione/Francia, cit. alla nota 49, punto 72.


52 –      V., in particolare, sentenza del 21 gennaio 2010, Commissione/Germania, C‑546/07, Racc. pag. I‑439, punti 21 e 22, e giurisprudenza ivi citata. Le norme di cui all’articolo 258 TFUE devono essere applicate senza che la Commissione sia tenuta ad osservare un termine prestabilito, salvo i casi in cui la durata eccessiva del procedimento precontenzioso previsto da tale disposizione possa aumentare, per lo Stato coinvolto, la difficoltà di confutare gli argomenti della Commissione e violare, pertanto, i diritti della difesa.


53 –      Ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, prima frase: «Se ritiene che lo Stato membro in questione non abbia preso le misure che l’esecuzione della sentenza della Corte comporta‚ la Commissione, dopo aver posto tale Stato in condizione di presentare osservazioni, può adire la Corte». V. anche le conclusioni presentate dall’avvocato generale Fenelly nella causa Commissione/Grecia, cit. alla nota 50, paragrafo 19.


54 – Ciò sembra riflettere anche la posizione prevalente nella dottrina: v., tra l’altro, Bonnie, A., «Commission discretion under Art. 171(2) EC», European Law Review, 1998, 23(6), pag. 544 e Masson, B., «L’obscure clarté de l’article 228, par. 2, CE», Revue trimestrielle du droit européen, 2004, 4(4), pagg. da 639 a 668.


55 –      V. paragrafo 76 supra.


56 –      Sentenza del 24 aprile 2007, Commissione/Paesi Bassi, C‑523/04, Racc. pag. I‑3267, punto 27. V. anche sentenza del 16 maggio 1991, Commissione/Paesi Bassi, C‑96/89, Racc. pag. I‑2461, punto 16.


57 –      Per i criteri applicabili alla valutazione relativa ai diritti della difesa, v. sentenza Commissione/Francia, cit. alla nota 8, punto 97.


58 –      V., in particolare, sentenza del 19 dicembre 2012, Commissione/Irlanda, C‑374/11, punto 21, e giurisprudenza ivi citata.


59 – Siffatto requisito implicherebbe una valutazione complessa e dettagliata di cosa costituisca un contesto temporale ragionevole in ogni singola fattispecie.


60 –      L’obiettivo è particolarmente significativo alla luce dell’emendamento apportato all’articolo 260 TFUE dal Trattato di Lisbona, che consente alla Commissione di chiamare lo Stato membro dinanzi alla Corte senza emettere un parere motivato. Sebbene nella fattispecie in esame il procedimento precontenzioso sia stato concluso prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, di modo che in essa è stato emesso un parere motivato, l’emendamento mette ancora in rilievo che l’obiettivo del procedimento è quello di garantire che ad una violazione sia posto rimedio rapidamente ed in modo efficace. Si veda anche: Segreteria della Convenzione europea, «Final report of the discussion circle on the Court of Justice», documento CONV 636/03, punto 28.


61 –      V., in tal senso, sentenza Commissione/Irlanda, cit. alla nota 58, punto 21 e giurisprudenza ivi citata.


62 – Ciò avviene, segnatamente, perché gli Stati membri possono ritardare il ricorso alla Corte prolungando le trattative con la Commissione, In questi casi, il ritardo a presentare un ricorso favorirebbe ingiustificatamente lo Stato membro inadempiente.


63 – V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen, presentate il 21 marzo 2013 nella causa Commissione/Repubblica ceca, C‑241/11, paragrafo 70.


64 – Per contro, la conclusione sarebbe necessariamente diversa se la Repubblica federale di Germania avesse presentato una domanda in tal senso e la Corte avesse dichiarato che la sentenza del 2007 accertava in effetti una violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, della legge VW. Stando a questa ipotesi, il comportamento dello Stato membro illustrerebbe chiaramente la sua intenzione di porre fine all’inadempimento il prima possibile.


65 –      V. sentenza Commissione/Francia, cit. alla nota 8, punto 103.


66 –      Articolo 56, paragrafo 1, CE .


67 –      V. in particolare sentenze del 4 giugno 2009, Commissione/Grecia, C‑109/08, Racc. pag. I‑4657, punto 33, e Commissione/Francia, cit. alla nota 8, punti 105 e 107.


68 –      Sentenza Commissione/Spagna, cit. alla nota 37, punto 27 e giurisprudenza ivi citata.


69 –      Sentenza del 17 novembre 2011, Commissione/Italia, C‑496/09, Racc. pag. I‑11483, punto 65, e giurisprudenza ivi citata.


70 – Comunicazione della Commissione C(2012) 6106 def., pag. 5.


71 – V. mutatis mutandis, sentenza del 2 luglio 1996, Commissione/Lussemburgo, C‑473/93, Racc. pag. I‑3207, punti 51 e 52.


72 –      Conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Commissione/Italia, (sentenza del 18 luglio 2006, C‑119/04, Racc. pag. I‑6885), paragrafo 46. Per il ruolo del pagamento dell’importo forfettario, v. anche la sentenza del 7 luglio 2009, Commissione/Grecia, C‑369/07, Racc. pag. I‑5703, punto 140, e giurisprudenza ivi citata.


73 –      Sentenza del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia, C‑121/07, Racc. pag. I‑9159, punto 58, e conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Commissione/Italia, cit. alla nota 72, paragrafo 46. V. anche, sul carattere sanzionatorio del pagamento dell’importo forfettario, conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Commissione/Repubblica ceca C‑241/11, paragrafi 34 e 35.


74 –      V., segnatamente, sentenza Commissione/Irlanda, cit. alla nota 40, punto 67 e giurisprudenza ivi citata.


75 –      Sentenza Commissione/Spagna, C‑610/10, cit., punto 144 e giurisprudenza ivi citata.


76 – Infatti, una mancanza di trasparenza può a mio avviso aumentare l’effetto deterrente solo se l’importo di una penalità è sopravvalutato dagli interessati. Ciò non sembra essere il caso ai sensi dell’articolo 260 TFUE, in quanto non è inusuale che la Corte riduca a propria discrezione l’importo proposto dalla Commissione, senza necessariamente esporre i criteri che l’hanno indotta a ciò.


77 –      Comunicazione della Commissione COM(2012) 6106.


78 – Comunicazione della Commissione COM(2012) 6106 def., pag. 5.