CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
ELEANOR SHARPSTON
presentate il 14 febbraio 2008 1(1)
Causa C‑414/06
Lidl Belgium GmbH & Co. KG
contro
Finanzamt Heilbronn
«Libertà di stabilimento – Tassazione delle società – Società stabilita in uno Stato membro con una stabile organizzazione in un altro Stato membro – Perdita subita da una stabile organizzazione»
1. Nel caso di specie il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale), Germania, ha chiesto alla Corte se sia compatibile con gli artt. 43 CE e 56 CE il fatto che un’impresa tedesca con redditi provenienti da un’attività industriale o commerciale non possa dedurre in sede di determinazione degli utili le perdite derivanti da una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, perché ai sensi della convenzione sulla doppia imposizione i corrispondenti redditi di una siffatta stabile organizzazione non sono soggetti alla tassazione tedesca.
Il contesto della causa principale
2. Ai sensi della convenzione sulla doppia imposizione tra Germania e Lussemburgo (in prosieguo: la «CDI») (2), gli utili realizzati in uno Stato da una stabile organizzazione di una società residente in un altro Stato sono soggetti a tassazione nel primo Stato. Qualora la società sia residente in Germania, i redditi soggetti a tassazione in Lussemburgo devono essere esclusi dal suo reddito imponibile in Germania. Il Bundesfinanzhof precisa di aver interpretato tale previsione nel senso che sia le perdite subite sia gli utili realizzati da una stabile organizzazione in Lussemburgo sono esclusi dal reddito imponibile della società tedesca. Farò riferimento alla CDI, così interpretata, come alla «misura controversa».
3. La Lidl Belgium GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Lidl»), stabilita in Germania, svolgeva la sua attività commerciale tramite, tra l’altro, una stabile organizzazione ubicata in Lussemburgo. Nell’esercizio controverso 1999, subiva perdite provenienti da tale unità per un ammontare pari a DM 163 382 (EUR 83 536), che essa deduceva in un primo momento in sede di quantificazione dei suoi redditi complessivi. Il Finanzamt (Ufficio delle imposte) negava la deduzione di tali perdite. La controversia veniva deferita al Bundesfinanzhof, che ha sottoposto la questione precedentemente formulata.
4. Hanno presentato osservazioni scritte la Lidl, i governi finlandese, francese, tedesco, ellenico e svedese, il Regno Unito e la Commissione. Fatta eccezione per il Regno Unito, tutte le parti menzionate così come il Finanzamt erano rappresentati in udienza.
Analisi
5. Tutti coloro che hanno presentato osservazioni concordano sul fatto che l’art. 43 CE (libertà di stabilimento) costituisce la disposizione pertinente, cosicché (in base alla consolidata giurisprudenza della Corte) l’art. 56 CE (libera circolazione dei capitali) è privo di rilevanza (3). Io concordo con tali considerazioni.
6. Concordo altresì con la Lidl e la Commissione sul fatto che risulta prima facie contrario all’art. 43 CE che una società stabilita in uno Stato membro non possa dedurre, in sede di determinazione degli utili, le perdite derivanti da una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, perché ai sensi della convenzione sulla doppia imposizione i corrispondenti redditi di una stabile organizzazione non sono soggetti a tassazione nel primo Stato membro.
7. Sebbene la Francia, la Germania, i Paesi Bassi e la Svezia sostengano che non si configura alcuna violazione dell’art. 43 CE, non posso condividere tale punto di vista. Una società tedesca avente una stabile organizzazione in Lussemburgo che abbia subìto perdite è oggetto di un trattamento manifestamente meno favorevole rispetto a una società tedesca con una stabile organizzazione, situata all’interno del paese, che abbia subìto perdite: in quest’ultimo caso, le perdite sono prese in considerazione nella quantificazione degli utili della società, mentre questo non avviene nel primo caso. Questo è sufficiente per far operare l’art. 43 CE (4). Il problema sottoposto all’esame della Corte è se la misura controversa possa comunque essere giustificata, e in particolare i) se i motivi di giustificazione accolti dalla Corte nella causa Marks & Spencer (5) nel contesto della deduzione di perdite subite da società controllate siano applicabili nel contesto della deduzione di perdite subite da una stabile organizzazione e ii), in caso affermativo, se la misura controversa sia proporzionata.
8. Nel caso Marks & Spencer la Corte ha riconosciuto che una normativa nazionale che esclude la possibilità, per una società residente, di dedurre dal suo reddito imponibile perdite occorse ad una controllata registrata sul territorio di un altro Stato membro, sebbene accordi tale possibilità per perdite subite da una controllata residente, equivale a una restrizione della libertà di stabilimento contraria agli artt. 43 CE e 48 CE. Tuttavia, la Corte ha continuato considerando che una restrizione era giustificata a motivo i) della finalità di tutelare la ripartizione del potere impositivo, ii) del rischio di un duplice uso delle perdite e iii) del rischio di evasione fiscale, purché naturalmente la restrizione non eccedesse quanto necessario per il conseguimento di tali scopi.
9. La Lidl, la Germania e la Commissione sostengono (6) che tali elementi di giustificazione sono inapplicabili alla normativa che comporta la restrizione della deducibilità di perdite subite da una stabile organizzazione. La Finlandia, la Francia, la Grecia, i Paesi Bassi (in subordine) e il Regno Unito rilevano, in sostanza, che la situazione delle stabili organizzazioni è analoga a quella delle controllate estere; non vi è pertanto motivo per distinguere la presente fattispecie da quella relativa alla sentenza Marks & Spencer.
10. In quella sentenza la Corte, nell’ambito della sua argomentazione relativa ai tre elementi di giustificazione, ha in primo luogo affermato che, al fine di valutare se una limitazione dello sgravio di gruppo alle perdite subite dalle società residenti fosse giustificata, «occorre[va] esaminare le conseguenze di un’estensione incondizionata di un vantaggio come [lo sgravio di gruppo]» (7). È in tale contesto che la Corte ha preso in considerazione, e accolto (purché fossero rispettate le due condizioni che rispecchiano l’esigenza di proporzionalità), i tre elementi di giustificazione invocati dal Regno Unito e dagli altri Stati membri che hanno presentato osservazioni. Non vedo alcun motivo per cui non debba essere adottato lo stesso approccio nel determinare se una misura che limita lo sgravio per perdite subite da una stabile organizzazione di una società residente a quelle subite dalle sue stabili organizzazioni residenti sia compatibile con il Trattato. Dal punto di vista della società, la facoltà di dedurre perdite di una controllata estera mediante uno sgravio di gruppo è chiaramente analoga alla facoltà di dedurre perdite di una stabile organizzazione estera. Invero, lo scopo di questo sistema di sgravio di gruppo è quello di non penalizzare le imprese che, anziché creare succursali, decidano di sviluppare la loro attività costituendo filiali (8).
11. Questione diversa è se alcuni o tutti (9) i tre elementi di giustificazione siano applicabili in una determinata situazione relativa a una stabile organizzazione anziché a una controllata.
12. Quanto al primo elemento di giustificazione, sono dell’avviso che la tutela della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri potrebbe far sì che le attività economiche della stabile organizzazione presente in uno Stato membro di una società residente in un altro debbano essere soggette alle sole norme tributarie del primo Stato, per quanto riguarda tanto i profitti quanto le perdite (10). Lo Stato membro interessato dalla causa Marks & Spencer (il Regno Unito) non ha fatto menzione di diritti d’esazione fiscale su controllate estere di società residenti. Nel caso di specie, lo Stato membro interessato, in mancanza della CDI, sarebbe legittimato a tassare una stabile organizzazione transfrontaliera, ma ha rinunciato a tale diritto esonerando dalla tassazione gli utili di quest’ultima. L’effetto è identico. Come la Corte ha dichiarato nella causa Marks & Spencer, «concedere alle società la possibilità di optare per la presa in considerazione delle loro perdite nello Stato membro in cui sono registrate o in un altro Stato membro comprometterebbe sensibilmente un’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, dato che la base imponibile si troverebbe aumentata per il primo Stato e ridotta nel secondo, considerate le perdite trasferite» (11). Analogamente, nella presente fattispecie, l’eventualità che alla Germania debba essere accordato lo sgravio per perdite subite da una stabile organizzazione, situata in Lussemburgo, di una società tedesca, laddove al contempo aveva rinunciato al diritto di tassare gli utili realizzati da una tale stabile organizzazione, implicherebbe la violazione del diritto alla simmetria tra l’esazione fiscale e gli sgravi concordati tra la Germania e il Lussemburgo e rispecchiati nella CDI.
13. Per quanto riguarda il secondo elemento di giustificazione, la Corte nella causa Marks & Spencer ha dichiarato che gli Stati membri devono potersi opporre al rischio del duplice uso delle perdite, che tale rischio potrebbe effettivamente presentarsi qualora lo sgravio di gruppo fosse esteso alle perdite di controllate non residenti e che è evitato da una regola che esclude uno sgravio per tali perdite (12).
14. Anche a questo riguardo, non vedo perché tale principio non dovrebbe applicarsi alla fattispecie in esame. È indubbiamente possibile che si verifichi un duplice uso delle stesse perdite. Semmai, tale rischio è maggiore in caso di perdite effettuate da una stabile organizzazione che continui ad operare rispetto a uno scenario (come in Marks & Spencer) caratterizzato da perdite subite da controllate che siano state vendute a terzi o che abbiano cessato qualsiasi attività commerciale. Nel primo caso, se le perdite potessero essere utilizzate nello Stato membro di residenza della società, si rischierebbe che siano nuovamente fatte valere nello Stato membro della stabile organizzazione una volta che quest’ultima sia ritornata in attivo, senza che lo Stato membro di residenza della società sia in grado di recuperare il beneficio concesso. Emerge infatti dalla risposta del rappresentante della Lidl al quesito sottoposto dal giudice relatore all’udienza nel caso di specie che le perdite che hanno dato luogo al rinvio pregiudiziale sono state nel frattempo destinate a compensare gli utili conseguiti in Lussemburgo (13). Come la Corte ha dichiarato nella sentenza Marks & Spencer, gli Stati membri devono essere in grado di far fronte al rischio del duplice uso delle perdite e tale rischio è evitato grazie a una norma che vieta lo sgravio su quelle perdite (14).
15. Quanto, infine, al terzo elemento di giustificazione, relativo al rischio di evasione fiscale, la Corte ha dichiarato nel caso Marks & Spencer che la possibilità di trasferire le perdite di una controllata non residente a una società residente comporta il rischio che all’interno di un gruppo di società vengano organizzati trasferimenti di perdite in direzione delle società registrate negli Stati membri che applicano i tassi di imposizione più elevati ed in cui, di conseguenza, è maggiore il valore fiscale delle perdite. A differenza della situazione riguardante le controllate, in cui è concepibile che il trasferimento di perdite sia sistematicamente effettuato all’interno di gruppi societari e che le perdite siano destinate esclusivamente a società del gruppo registrate negli Stati membri con le più elevate aliquote d’imposta (15), nel caso della stabile organizzazione è evidente che il suo obiettivo non è un siffatto «forum shopping» se a una società residente nell’ambito di uno Stato membro è consentito di dedurre perdite subite da una stabile organizzazione residente in un altro Stato membro. Questo è dovuto al fatto che, come sostiene la Commissione, misure che consentano il «trasferimento» delle perdite di una stabile organizzazione, contrapposta a una controllata, non sono né necessarie né teoricamente concepibili: le perdite di una stabile organizzazione sono perdite della società «madre» assoggettata a imposta. Le perdite di una stabile organizzazione nazionale sono di fatto direttamente e immediatamente deducibili. L’unica differenza tra la situazione nazionale e il caso di specie risiede nella ripartizione del potere impositivo: se la stabile organizzazione è residente in un altro Stato membro con il quale è stata stipulata una convenzione sulla doppia imposizione come quella di cui trattasi nella presente fattispecie, quello Stato avrà il diritto esclusivo di assoggettare ad imposta i redditi della stabile organizzazione in parola. Ciò non pregiudica il fatto che una perdita si riferisce alla società assoggettata a imposta e quindi ne riduce direttamente il reddito imponibile nel suo Stato di residenza. La competenza impositiva dell’altro Stato crea semplicemente un secondo criterio di collegamento per la stessa imposta e, pertanto, la possibilità di una duplice deduzione. In fattispecie come quella in esame, quindi, mi sembra che il terzo elemento giustificativo di cui alla sentenza Marks & Spencer nulla aggiunga al primo e al secondo motivo.
16. Condivido pertanto la tesi, formulata, con una serie di affermazioni eterogenee, dalla Finlandia, dalla Francia, dalla Germania, dalla Grecia, dai Paesi Bassi, dalla Svezia, dal Regno Unito e dalla Commissione, secondo la quale la normativa nazionale che limita le possibilità per una società di dedurre le perdite subite da una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro può essere giustificata, in primo luogo, dall’esigenza di salvaguardare l’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra i diversi Stati membri interessati e, in secondo luogo, dal rischio di una duplice presa in considerazione delle perdite.
17. Il Bundesfinanzhof osserva nell’ordinanza di rinvio che è controverso se la Corte abbia considerato i tre elementi di giustificazione indicati nella sentenza Marks & Spencer come cumulativi, nel senso che devono ricorrere tutti e tre.
18. Vero è che la Corte nella sentenza Marks & Spencer ha fatto riferimento ai «tre elementi di giustificazione, considerati nel loro insieme», la qual cosa suffraga tale analisi. Tuttavia, nella sentenza N, essa ha dichiarato che «il mantenimento della ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri è un obiettivo legittimo» senza fare riferimento ad altri motivi (16). Nella sentenza Oy AA la Corte ha riconosciuto che la legislazione di uno Stato membro che preclude a una consociata residente in quello Stato membro di dedurre dai redditi imponibili un trasferimento finanziario alla sua società madre, a meno che quest’ultima non abbia sede nel medesimo Stato membro, in linea di principio può essere giustificata sul fondamento di due dei tre motivi di cui alla sentenza Marks & Spencer, in particolare il primo e il terzo (17). E nella causa Amurta la Corte, dopo aver constatato che il secondo e il terzo elemento di giustificazione indicati nella sentenza Marks & Spencer non erano stati fatti valere, ha tuttavia successivamente esaminato (e respinto) un argomento fondato sull’esigenza di salvaguardare la ripartizione equilibrata del potere impositivo tra gli Stati membri (18). Sembra quindi che i tre elementi di giustificazione non debbano essere necessariamente tutti applicabili nella singola fattispecie. A mio avviso, la legislazione in questione nel caso di specie, in linea di principio, può essere giustificata dal primo e dal secondo motivo di cui alla sentenza Marks & Spencer, in particolare le finalità di tutelare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri e di evitare il rischio di un duplice uso delle perdite.
19. Affinché una misura restrittiva sia giustificata, occorre non di meno che essa rispetti il principio di proporzionalità, nel senso che dev’essere intesa a garantire la realizzazione dell’obiettivo che essa persegue e non deve andare al di là di quanto è necessario per conseguirlo.
20. Nella presente fattispecie nessun indizio fa ritenere che la misura controversa non sia intesa a garantire la realizzazione degli obiettivi sopra menzionati. Per contro, non ritengo che essa non vada al di là di quanto è necessario per conseguirli o, in altri termini, che non sarebbe stato possibile raggiungere il medesimo risultato ricorrendo a misure meno rigorose.
21. La Corte ha dichiarato che il rispetto del principio di proporzionalità è particolarmente rilevante quando una disciplina nazionale esclude dal trattamento nazionale, in maniera assoluta, le operazioni transfrontaliere (19). In una situazione in cui la legislazione nazionale in questione è per definizione gravemente restrittiva, è tanto più importante valutare attentamente se tale obiettivo non possa essere conseguito con provvedimenti meno restrittivi.
22. Nella presente fattispecie la misura controversa vieta a una società di compensare con i propri utili le perdite subite da una stabile organizzazione in un altro Stato membro. La conseguenza è che, in talune circostanze, una società verrà tassata su un importo superiore al suo utile netto complessivo. Questo, a mio parere, costituisce un mezzo manifestamente sproporzionato rispetto alle finalità di tutelare la ripartizione del potere impositivo e di evitare il rischio di un duplice uso delle perdite.
23. È inoltre giocoforza constatare che sono possibili misure meno restrittive. È pacifico che, precedentemente al 1999, la normativa tedesca (20) prevedeva espressamente che una società potesse dedurre una perdita di una stabile organizzazione in un altro Stato membro nei limiti in cui eccedesse gli utili realizzati dalla stabile organizzazione e salvo un recupero della deduzione negli esercizi successivi in cui la stabile organizzazione avesse realizzato utili.
24. Una tale disposizione, che ha consentito la deduzione di perdite pur prevedendo al contempo il recupero dello sgravio per queste ultime in futuri periodi di utili, sarebbe manifestamente una misura meno restrittiva per evitare il rischio di un duplice uso delle perdite rispetto a una norma che esclude del tutto lo sgravio per perdite di questo tipo. Sebbene una norma sulla deduzione e il recupero implichi una perdita in termini di simmetria e quindi non raggiunga completamente l’obiettivo di un’equilibrata ripartizione del potere impositivo, tale asimmetria ha carattere esclusivamente temporaneo qualora la stabile organizzazione ritorni successivamente in attivo. Inoltre si può prevedere una reintegrazione d’ufficio di importi previamente dedotti qualora la reintegrazione non sia stata ancora effettuata dopo, ad esempio, cinque anni o qualora la stabile organizzazione abbia cessato di esistere sotto tale forma (21).
25. Una tale norma sulla deduzione e il recupero comporta indiscutibilmente una minore restrizione del fondamentale diritto di stabilimento del contribuente rispetto a un divieto puro e semplice di dedurre dagli utili di una società perdite subite da una stabile organizzazione in un altro Stato membro. Al contempo è ancora intesa a salvaguardare l’obiettivo di un’equilibrata ripartizione del potere impositivo e quello di evitare il rischio di un duplice uso delle perdite. Secondo me, essa quindi rispecchia l’esigenza di proporzionalità in maniera manifestamente migliore della soluzione adottata dalla Corte nella sentenza Marks & Spencer.
26. La Corte ha dichiarato nella stessa sentenza Marks & Spencer che la misura restrittiva (dato il rifiuto di estendere alle controllate estere le disposizioni sullo sgravio di gruppo per perdite) eccedeva quanto necessario per il conseguimento sostanziale degli scopi perseguiti in una situazione in cui si è verificato l’esaurimento delle possibilità di una presa in considerazione delle perdite esistenti nello Stato di residenza della controllata (22). Si può pertanto presumere (sebbene la sentenza sia estremamente laconica su tale aspetto) che la Corte abbia considerato che in altre circostanze la misura restrittiva sarebbe stata proporzionata.
27. Si deve tuttavia tenere presente che la causa che ha dato origine alla sentenza Marks & Spencer riguardava perdite subite dalle controllate che erano state liquidate o vendute. Di conseguenza non sussisteva la possibilità (quantomeno nel primo caso) di recuperare nel futuro qualsivoglia specifico sgravio di perdite (23). Date le circostanze, è forse comprensibile che la Corte abbia elaborato in tali termini la sua risposta e che non abbia completato la sua analisi procedendo a un esame circostanziato della questione se lo svantaggio in termini di flusso di cassa, connesso al fatto di dover riportare le perdite anziché usarle immediatamente, non costituisse un modo eccessivamente restrittivo per raggiungere gli obiettivi perseguiti.
28. In casi come quelli di cui trattasi, relativi a una stabile organizzazione in attività, non si può sostenere che la possibilità di riportare perdite nello Stato della stabile organizzazione sia un accettabile sostituto della concessione dello sgravio nello Stato di residenza della società. Anche qualora una perdita riportata sia successivamente compensata, la società nel frattempo, per definizione, avrà subìto uno svantaggio in termini di flusso di cassa.
29. La Corte è perfettamente consapevole di quale importanza rivesta per le imprese il flusso di cassa. Essa ha ripetutamente dichiarato che l’esclusione di un vantaggio di cassa in un contesto transfrontaliero in cui è consentita costituisce in un equivalente contesto nazionale una restrizione della libertà di stabilimento (24). Invero la Corte ha fatto riferimento a tale aspetto con particolare vigore proprio nella sentenza Marks & Spencer. In quella sede essa constatava espressamente che, accelerando lo smaltimento delle perdite di società in deficit mediante la loro imputazione immediata ai redditi di un’altra società del gruppo, lo sgravio delle perdite di gruppo in questione conferiva un vantaggio di cassa al gruppo stesso. L’esclusione di un tale vantaggio per quanto riguardava perdite subite da una controllata registrata in un altro Stato membro poteva ostacolare l’esercizio della libertà di stabilimento da parte della controllante, dissuadendola dalla creazione di controllate in altri Stati membri. Essa rappresentava quindi una restrizione alla libertà di stabilimento (25).
30. Tale dichiarazione è stata resa nel contesto (preliminare dal punto di vista dell’analisi) della questione se l’impossibilità di dedurre perdite transfrontaliere costituisse una restrizione contraria all’art. 43 CE. Appare anomalo che, avendo chiaramente riconosciuto il significato potenziale del diniego di un vantaggio di cassa e qualificato ciò (correttamente) come una violazione prima facie dell’art. 43 CE, la Corte non abbia quindi esaminato espressamente se, nei casi in cui la restrizione sia prima facie giustificata, il diniego di un vantaggio di cassa, che ne costituisce un’inevitabile conseguenza, sia sproporzionato.
31. La Germania, la Svezia e il Regno Unito sostengono che rilevanti difficoltà di carattere pratico ostano all’adozione di un sistema che consenta la deduzione di perdite in combinazione con il recupero di uno sgravio di perdite. Tuttavia, come sopra indicato, sembra che la normativa tedesca prevedesse precedentemente un sistema di questo tipo; infatti la Lidl e la Commissione hanno dichiarato, senza essere contraddette, che una normativa avente sostanzialmente gli stessi effetti era in vigore in Germania dal 1969 (26) fino alla sua abrogazione nel 1999 (27). Inoltre, secondo una recente comunicazione della Commissione (28), attualmente cinque Stati membri ammettono la deduzione delle perdite subite dalle sedi stabili situate in un altro Stato membro, mentre i profitti sono esonerati ai sensi di una convenzione sulla doppia imposizione. In tale contesto è difficile considerare seriamente l’argomento secondo il quale rilevanti difficoltà di carattere pratico ostano a un tale sistema (29). In ogni caso, difficoltà di tale natura non possono giustificare una violazione di una libertà prevista dal Trattato (30).
32. Concordo di conseguenza con la Lidl, il governo finlandese e la Commissione sul fatto che la normativa nazionale va al di là di quanto è necessario per conseguire l’obiettivo di tutelare l’equilibrata ripartizione del potere impositivo e di evitare il rischio costituito da un duplice uso delle perdite.
33. La Germania, infine, sostiene in via di (ulteriore) subordine che la Corte, se intendesse dichiarare che la libertà di stabilimento è stata violata, dovrebbe limitare gli effetti della sentenza nel tempo.
34. Emerge chiaramente dalla giurisprudenza della Corte che le conseguenze finanziarie che potrebbero derivare per uno Stato membro da una sentenza pronunciata in via pregiudiziale non giustificano, di per sé, la limitazione dell’efficacia nel tempo di tale sentenza e che tale limitazione verrà imposta soltanto in presenza di circostanze ben precise, in particolare a) quando vi è un rischio di gravi ripercussioni economiche dovute, in particolare, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa ritenuta validamente vigente, e b) quando risulta che i singoli e le autorità nazionali sono stati indotti ad un comportamento non conforme alla normativa comunitaria in ragione di un’obiettiva e rilevante incertezza circa la portata delle disposizioni comunitarie, incertezza alla quale avevano eventualmente contribuito gli stessi comportamenti tenuti da altri Stati membri o dalla Commissione (31).
35. Nel caso di specie concordo con la Lidl che la seconda di tali condizioni cumulative non è soddisfatta. Non ritengo possa essere plausibilmente asserito che, quando la Germania ha abrogato la precedente normativa e quindi, in concreto, ha ripristinato la misura controversa, sia stata indotta ad adottare tale comportamento in ragione di un’obiettiva e rilevante incertezza circa la portata dell’art. 43 CE. Già nel 1999 la Corte aveva dichiarato che la normativa nazionale che sostanzialmente negava lo sgravio di gruppo qualora la maggior parte delle controllate fosse residente in altri Stati membri era contraria all’art. 43 CE (32) e che la libertà delle società che esercitano il proprio diritto di stabilimento di scegliere se usufruirne mediante una filiale o una succursale (stabile organizzazione) non deve essere limitata da disposizioni fiscali discriminatorie (33). Inoltre la Proposta di direttiva del Consiglio relativa alla contabilizzazione, da parte delle imprese, delle perdite subite dalle sedi stabili e dalle filiali situate in altri Stati membri (34), emanata nel 1991, chiarisce il punto di vista della Commissione: una legislazione nazionale che non consenta alle imprese di computare le perdite delle loro stabili organizzazioni situate in altri Stati membri è incompatibile con il mercato interno (35).
36. Di conseguenza, non sono convinta che nella presente fattispecie sia giustificata la limitazione dell’efficacia nel tempo della sentenza.
Conclusione
37. Per le ragioni sopra esposte propongo alla Corte di risolvere la questione pregiudiziale sottopostale dal Bundesfinanzhof come segue:
Non è compatibile con l’art. 43 CE il fatto che uno Stato membro vieti a un’impresa di dedurre in sede di determinazione degli utili imponibili le perdite derivanti da una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, perché ai sensi della convenzione sulla doppia imposizione i corrispondenti redditi di una siffatta stabile organizzazione non sono soggetti alla tassazione nel primo Stato membro.