Language of document : ECLI:EU:T:2011:108

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

24 marzo 2011 (*)

«Concorrenza – Intese – Settore dei raccordi in rame e in lega di rame – Decisione che accerta un’infrazione all’art. 81 CE – Durata della partecipazione all’infrazione – Ammende – Fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda – Proporzionalità»

Nella causa T‑377/06,

Comap SA, con sede in Parigi (Francia), rappresentata inizialmente dagli avv.ti A. Wachsmann e C. Pommiès, successivamente dagli avv.ti Wachsmann e D. Nourissier, ed infine dagli avv.ti Wachsmann e S. de Guigné,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata dai sigg. A. Nijenhuis e V. Bottka, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. N. Coutrelis,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento parziale della decisione della Commissione 20 settembre 2006, C (2006) 4180, relativa ad un procedimento ai sensi dell’art. 81 [CE] e dell’art. 53 dell’accordo SEE (caso COMP/F‑1/38.121 – Raccordi), nonché la domanda di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente in detta decisione,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto dalla sig.ra M. E. Martins Ribeiro, presidente, dai sigg. N. Wahl (relatore) e A. Dittrich, giudici,

cancelliere: sig.ra T. Weiler, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 febbraio 2010,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti e decisione impugnata

1        Con la decisione 20 settembre 2006, C (2006) 4180, relativa a un procedimento ai sensi dell’art. 81 [CE] e dell’art. 53 dell’accordo SEE (caso COMP/F‑1/38.121 – Raccordi) (riassunto in GU 2007, L 283, pag. 63; in prosieguo: la «decisione impugnata»), la Commissione delle Comunità europee ha accertato che varie imprese avevano violato l’art. 81, n. 1, CE e l’art. 53 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) partecipando, nel corso di vari periodi compresi tra il 31 dicembre 1988 ed il 1° aprile 2004, ad un’infrazione unica, complessa e continuata delle norme comunitarie in materia di concorrenza sotto forma di una serie di accordi anticoncorrenziali e di pratiche concordate nel mercato dei raccordi in rame ed in lega di rame, che coprivano il territorio del SEE. L’infrazione consisteva nel fissare i prezzi, nel concordare listini prezzi, sconti e riduzioni, in meccanismi per introdurre aumenti di prezzi, nella spartizione di mercati nazionali e clienti e nello scambio di altre informazioni commerciali nonché nella partecipazione a riunioni regolari e in altri contatti diretti a facilitare l’infrazione.

2        La ricorrente, Comap SA, un produttore di raccordi in rame, e la sua società controllante all’epoca dei fatti, la holding Legris Industries SA, figurano tra i destinatari della decisione impugnata.

3        Il 9 gennaio 2001 la Mueller Industries Inc., un altro produttore di raccordi in rame, ha informato la Commissione dell’esistenza di un cartello nel settore dei raccordi, e in altri settori correlati nel mercato dei tubi in rame, ed ha espresso il desiderio di collaborare ai sensi della comunicazione della Commissione sulla non imposizione o sulla riduzione delle ammende nei casi di intesa tra imprese (GU 1996, C 207, pag. 4; in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione del 1996») (punto 114 della decisione impugnata).

4        Il 22 e il 23 marzo 2001, nel contesto di un’indagine sui tubi e i raccordi in rame, la Commissione ha effettuato, ai sensi del art. 14, n. 3, del regolamento (CEE) del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81] CE e 82 [CE] (GU 1962, 13, pag. 204), ispezioni non preannunciate presso i locali di diverse imprese (punto 119 della decisione impugnata).

5        In seguito a queste prime ispezioni, nell’aprile 2001 la Commissione ha suddiviso la sua indagine sui tubi in rame in tre distinti procedimenti, ossia il procedimento relativo al caso COMP/E-1/38.069 (Tubi idrotermosanitari in rame), quello relativo al caso COMP/F‑1/38.121 (Raccordi) e quello relativo al caso COMP/E‑1/38.240 (Tubi industriali) (punto 120 della decisione impugnata).

6        Il 24 e il 25 aprile 2001 la Commissione ha effettuato ulteriori ispezioni non preannunciate presso i locali della Delta plc, società a capo di un gruppo di ingegneria internazionale il cui dipartimento «Ingegneria» riuniva diversi produttori di raccordi. Tali ispezioni vertevano unicamente sui raccordi (punto 121 della decisione impugnata).

7        A partire da febbraio/marzo 2002, la Commissione ha rivolto alle parti coinvolte diverse richieste di informazioni in applicazione dell’art. 11 del regolamento n. 17 e poi dell’art. 18 del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1) (punto 122 della decisione impugnata).

8        Nel settembre 2003 la IMI plc ha presentato una domanda diretta a beneficiare della comunicazione sulla cooperazione del 1996. Tale domanda è stata seguita da quelle del gruppo Delta (marzo 2004) e della FRA.BO SpA (luglio 2004). L’ultima domanda di trattamento favorevole è stata presentata nel maggio 2005 dalla Advanced Fluid Connections plc (punti 115‑118 della decisione impugnata).

9        Il 22 settembre 2005 la Commissione, nel contesto del caso COMP/F‑1/38.121 (Raccordi), ha avviato una procedura di infrazione e ha emanato una comunicazione degli addebiti che è stata notificata anche alla ricorrente (punti 123 e 124 della decisione impugnata).

10      Il 20 settembre 2006 la Commissione ha emanato la decisione impugnata.

11      All’art. 1 della decisione impugnata la Commissione ha dichiarato che la ricorrente aveva violato l’art. 81 CE e l’art. 53 dell’accordo SEE tra il 31 gennaio 1991 ed il 1° aprile 2004.

12      Per tale infrazione, all’art. 2, lett. g), della decisione impugnata, la Commissione ha inflitto alla Legris Industries un’ammenda d’importo pari a 46,8 milioni di euro, per il cui pagamento la ricorrente è considerata responsabile in solido per un importo pari a 18,56 milioni di euro.

13      Per fissare l’importo dell’ammenda inflitta a ciascuna impresa, nella decisione impugnata la Commissione ha applicato il metodo definito negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’art. 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»).

14      Per quanto concerne, anzitutto, la fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda in funzione della gravità dell’infrazione, la Commissione ha qualificato l’infrazione come molto grave a causa della sua stessa natura e della sua estensione geografica (punto 755 della decisione impugnata).

15      Reputando poi che esistesse una considerevole disparità tra le imprese coinvolte, la Commissione ha proceduto ad un trattamento differenziato, basandosi a tal fine sulla loro importanza relativa nel mercato in questione, determinata dalle loro quote di mercato. Su tale fondamento essa ha ripartito le imprese interessate in sei categorie (punto 758 della decisione impugnata).

16      La ricorrente è stata classificata nella quarta categoria, per la quale l’importo di partenza dell’ammenda è stato fissato in 14,25 milioni di euro (punto 765 della decisione impugnata).

17      Considerata la durata della partecipazione della ricorrente all’infrazione (tredici anni e due mesi), la Commissione ha successivamente maggiorato l’importo dell’ammenda del 130% (punto 775 della decisione impugnata), con la conseguenza che l’importo di base dell’ammenda ha raggiunto i 32,7 milioni di euro (punto 777 della decisione impugnata).

18      Inoltre, la prosecuzione della partecipazione all’infrazione dopo le ispezioni della Commissione è stata considerata una circostanza aggravante tale da giustificare una maggiorazione del 60% dell’importo di base dell’ammenda inflitta alla ricorrente (punto 785 della decisione impugnata).

19      In applicazione del limite del 10% alle ammende inflitte in conformità all’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, la Commissione ha ridotto l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente a 18,56 milioni di euro.

 Procedimento e conclusioni delle parti

20      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 14 dicembre 2006, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

21      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito delle misure di organizzazione della procedura previste dall’art. 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha invitato la ricorrente e la Commissione a rispondere a taluni quesiti scritti. Esse hanno ottemperato, rispettivamente, il 19 novembre 2009 ed il 26 novembre 2009.

22      Le parti hanno svolto le proprie difese orali ed hanno risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 4 febbraio 2010.

23      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata, nella parte in cui la Commissione l’ha condannata per periodi diversi da quello compreso tra dicembre 1997 e marzo 2001;

–        riformare gli artt. 1 e 2 della decisione impugnata, riducendo l’importo dell’ammenda inflittale;

–        condannare la Commissione alle spese.

24      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–         condannare la ricorrente alle spese.

25      All’udienza, in seguito ad un quesito posto dal Tribunale, la ricorrente ha spiegato di non contestare la sua partecipazione all’intesa per il periodo 1995-1997.

 In diritto

26      La ricorrente adduce due serie di motivi, ossia, da un lato, motivi inerenti alla durata della sua partecipazione all’infrazione e, dall’altro, motivi relativi al calcolo dell’importo dell’ammenda.

 Sulla durata della partecipazione della ricorrente all’infrazione

 Argomenti delle parti

27      La ricorrente contesta l’accusa di aver partecipato all’intesa per quanto riguarda il periodo successivo alle ispezioni in loco della Commissione del marzo 2001. Essa afferma inoltre che l’infrazione fatta valere è cessata nel periodo compreso tra il settembre 1992 ed il dicembre 1994 (ossia 27 mesi) e che, di conseguenza, i fatti precedenti al dicembre 1994 sono prescritti.

–       Sul periodo successivo al marzo 2001

28      Dopo aver ricordato la giurisprudenza relativa all’onere della prova e al livello di prova richiesto, la ricorrente afferma che, per quanto attiene alla presunta continuazione dell’infrazione successivamente alle ispezioni effettuate presso taluni concorrenti nel marzo 2001, la Commissione si è contraddetta. A questo proposito, essa fa riferimento al punto 590 della decisione impugnata, in cui la Commissione ha sostenuto che, dopo il marzo 2001 (e almeno fino al giugno 2003), l’intesa avrebbe subìto un «periodo di ridotta intensità, con contatti limitati», pur dichiarando, al punto 600 della decisione impugnata, che, fino all’aprile 2004, «i partecipanti non hanno dovuto istituire un nuovo sistema o una nuova forma di coordinamento», e ciò nonostante ogni riferimento all’European Fittings Manufacturers Association (EFMA, Associazione europea dei produttori di raccordi), che costituisce il «pivot» intorno al quale sarebbero state organizzate le pratiche anticoncorrenziali messe in discussione della Commissione, sia sparito dalla decisione impugnata a partire dall’aprile 2001.

29      Secondo la ricorrente, il complesso dei contatti intercorsi tra i concorrenti in causa per questo periodo si sono svolti in modo bilaterale, ad eccezione dei contatti allacciati in occasione delle riunioni del comitato logistico della Fédération française des négociants en appareils sanitaires, chauffage, climatisation et canalisations [Federazione francese dei commercianti di apparecchi sanitari, per riscaldamento, per climatizzazione e per canalizzazione] (FNAS), che costituivano eventi del tutto legittimi o sporadici riguardanti zone geografiche prive di rapporto con quella che implicherebbero gli accordi paneuropei considerati nel periodo precedente. Tali contatti avrebbero inoltre avuto come protagonisti individui non considerati nel corso del periodo precedente e, soprattutto, la loro esistenza sarebbe stata fondata solamente sulle presunte prove fornite dalla FRA.BO nonché sui resoconti resi ufficiali di riunioni organizzate e presiedute dalla FNAS.

30      Nella decisione impugnata, infatti, la Commissione avrebbe tracciato una distinzione tra tre serie di fatti, ossia i contatti bilaterali con la FRA.BO, l’episodio della fiera di Essen (Germania) e le riunioni del comitato logistico della FNAS, che, secondo la ricorrente, non presentano alcun nesso di continuità tra di loro.

31      Per quanto riguarda contatti bilaterali con la FRA.BO, la ricorrente afferma innanzitutto che le affermazioni contenute nella domanda di trattamento favorevole della FRA.BO non sono fondate. Sarebbero imprecise e non corroborate e/o non sarebbero credibili rispetto alla reale situazione così com’è stata esposta dalla ricorrente e nei documenti forniti nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti e nelle osservazioni del 20 febbraio e del 15 marzo 2006.

32      In seguito, in primo luogo, la ricorrente sostiene che detti contatti bilaterali sono legittimi per considerazioni di ordine industriale e commerciale. In proposito, essa fa riferimento alle forniture incrociate che giustificavano siffatti contatti nonché ai precisi dati numerici per il periodo 2001-2005 ad esse relativi menzionati nella risposta alla comunicazione degli addebiti.

33      In secondo luogo, ci sarebbero stati anche dei contatti con la FRA.BO in merito ad una possibile collaborazione industriale, dato che la FRA.BO intendeva vendere una parte delle sue eccedenze di raccordi in rame e di cassette per gas della sua fabbrica Meteor, situata nella regione di Lione (Francia), il che avrebbe dato origine ad una serie di contatti sia telefonici che diretti.

34      In terzo luogo, sarebbero altresì intercorsi ripetuti contatti dovuti all’intenzione della FRA.BO di lanciare un nuovo tipo di raccordo sul mercato europeo, il «raccordo misto acqua-gas». Sebbene tale nuovo tipo di raccordo fosse già stato omologato in Italia, il Comitato europeo di normazione (CEN) si sarebbe rifiutato, per motivi di sicurezza, di approvare l’estensione della sua omologazione «all’intera Europa». Per questo motivo, la FRA.BO avrebbe contattato i suoi concorrenti per cercare di costruire un dossier congiunto a favore di detto tipo di raccordo e di esercitare un’azione di lobby a Bruxelles. Essa non sarebbe riuscita nel suo intento, ma questo avrebbe comportato dei contatti. I contatti del 4 e 5 giugno 2003 tra la sig.ra. P. (FRA.BO) ed il sig. Le. (membro del personale della ricorrente) dovrebbero essere valutati sotto questo punto di vista.

35      Infine, le affermazioni della FRA.BO, come riportate dalla Commissione, non sarebbero corroborate. A questo proposito, in primo luogo, la ricorrente contesta l’affermazione della FRA.BO secondo cui essa l’avrebbe avvertita anticipatamente, in occasione di un colloquio telefonico tra il sig. Le. e la sig.ra P. del 5 febbraio 2004, delle sue decisioni in materia di prezzi per il 2004 per quanto riguarda la Francia e la Spagna, nonché la sua società controllata greca. La ricorrente sottolinea che l’annuncio dell’aumento dei suoi prezzi da parte della sua controllata greca è stato fatto il 12 gennaio 2004 e che pertanto tale aumento era già pubblico al momento di detta conversazione telefonica. In Francia l’aumento dei prezzi dei raccordi in rame sarebbe stato del 14% nel 2004, e non dell’8% come afferma la FRA.BO. Peraltro, contrariamente a quanto sostiene la FRA.BO, secondo cui essa avrebbe spiegato di non avere intenzione di annunciare aumenti di prezzo per quanto riguarda la Spagna, essa avrebbe proceduto ad un aumento del 2,5% nel 2004.

36      In secondo luogo, la ricorrente afferma che la Commissione, al punto 514 della decisione impugnata, ha a sua volta fatto propri gli elementi più vaghi delle dichiarazioni della FRA.BO, alludendo a «incontri presso le fiere industriali e gli aeroporti». Essa critica il fatto che la FRA.BO non fornisca alcun esempio preciso di scambi anticoncorrenziali. L’unico incontro tra rappresentanti della FRA.BO e della ricorrente avrebbe avuto luogo in occasione di una fiera a Padova nell’aprile 2003, durante la quale la situazione sul mercato italiano sarebbe stata trattata solo in modo generico. La ricorrente ritiene che le dichiarazioni della FRA.BO, in assenza di prove e considerato il loro carattere estremamente vago, non possano essere considerate ed utilizzate dalla Commissione quali prove ammissibili nei suoi confronti.

37      Quanto alla fiera di Essen, la ricorrente afferma che, quale incontro fortuito, la Commissione si fonda anche su un contatto che si sarebbe verificato tra i sigg. K. (membro del personale della ricorrente) e H. (IBP Ltd) in occasione di tale fiera il 18 marzo 2004, per dimostrare la continuità dell’infrazione dopo il 2001 e la sua portata geografica. La ricorrente fa valere che si trattava di un incontro privo di carattere anticoncorrenziale, che non potrebbe essere ricollegato agli avvenimenti precedenti al marzo 2001, e che essa, al momento di tale incontro, era ben cosciente delle sue responsabilità in termini di diritto della concorrenza.

38      La ricorrente ricorda che, in base alla dichiarazione dell’IBP, il sig. K. avrebbe chiesto al sig. H. di fornirgli indicazioni in merito allo sviluppo della politica tariffaria dell’IBP in Germania. In realtà, secondo la ricorrente, la discussione rientrava nel contesto del controllo sulla concorrenza che essa esercitava, in quanto aveva sentito parlare i suoi clienti di un imminente rialzo delle tariffe dell’IBP. Essa aggiunge che il sig. H. ha fornito solo una risposta alquanto vaga alla domanda del sig. K., priva di una qualsiasi indicazione della percentuale del rialzo, e senza indicare la data del suo annuncio che, tuttavia, era alquanto imminente. A questo riguardo, la ricorrente spiega che il nuovo listino prezzi dell’IBP è stato pubblicato poco più di dieci giorni dopo detta conversazione. Inoltre non si sarebbero verificati scambi bilaterali tra i sigg. H. e K. Dalla dichiarazione dell’IBP non trasparirebbe alcuna indicazione sul fatto che il sig. K abbia comunicato qualche informazione al sig. H.

39      La ricorrente sottolinea che tale incontro in occasione della fiera di Essen costituisce un contatto bilaterale e occasionale che non presenta natura anticoncorrenziale. Dato che, secondo la ricorrente, l’esistenza di contatti bilaterali in un contesto globalmente concorrenziale non è sufficiente per dimostrare giuridicamente la continuità di un’intesa, la Commissione avrebbe dovuto eliminare l’incontro fortuito di Essen dal suo fascicolo. A detta della ricorrente, comunque, dai comportamenti suoi e della IBP sul mercato non si evince alcun indizio di una volontà di creare una concertazione, né dell’esistenza di una concordanza di volontà ai fini di tenere un determinato comportamento sul mercato tedesco nel marzo 2004. Inoltre, ad avviso della ricorrente, oltre al fatto che le dichiarazioni di un’impresa nel contesto della sua domanda di trattamento favorevole costituiscono una prova con valore probatorio assai limitato, la ricorrente rileva che dal fascicolo della Commissione non risultano altri elementi che forniscano la prova di un’infrazione delle regole di concorrenza sul mercato tedesco nel marzo 2004.

40      La ricorrente richiama inoltre l’attenzione sul fatto che la conversazione menzionata nella dichiarazione dell’IBP è priva di rapporto diretto con l’intesa condannata dalla Commissione. Afferma che dopo le ispezioni in loco della Commissione nel marzo 2001 non ha avuto luogo alcuno scambio anticoncorrenziale. Sarebbe quindi artificioso voler stabilire un «nesso tra il nucleo della decisione impugnata ed un breve colloquio nei corridoi di una fiera». Tale colloquio, peraltro, non presenterebbe alcun collegamento con l’EFMA e la struttura dei prezzi in Europa e si sarebbe svolto tra due persone che non sono state accusate di aver partecipato alle pratiche controverse anteriori. Inoltre, esso sarebbe avvenuto almeno tre anni dopo la cessazione di tali pratiche dovuta all’indagine della Commissione. La ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in un errore di diritto avendo ravvisato, in tale evento del tutto secondario, la continuità con l’infrazione anteriore.

41      La ricorrente asserisce inoltre che il suo amministratore delegato, il sig. B., il 16 marzo 2004 ha inviato una lettera alla FNAS per dissociarsi da taluni «eccessi verbali» commessi alla riunione del 20 gennaio 2004 e alla conferenza telefonica del 16 febbraio 2004 del comitato logistico della FNAS. Tale dissociazione dimostrerebbe che essa non aveva alcuna intenzione di partecipare a scambi anticoncorrenziali.

42      Per quanto riguarda il comitato logistico della FNAS, la ricorrente addebita alla Commissione di aver commesso errori di diritto, di fatto e di valutazione considerando che le riunioni del comitato logistico della FNAS, menzionate ai punti 522‑526 della decisione impugnata, avessero un fine anticoncorrenziale che permette di collegarle agli avvenimenti precedenti le ispezioni in loco della Commissione del marzo 2001. A questo proposito, essa rileva che i temi trattati durante tali riunioni erano alquanto distanti dal contesto di una presunta «intesa paneuropea», organizzata in seno alle riunioni dell’EFMA, che costituisce il nucleo della decisione impugnata. In subordine, essa osserva che la decisione impugnata è viziata da una motivazione contraddittoria, in quanto in essa la Commissione esclude la responsabilità della FNAS e dei suoi membri (i grossisti), alcuni dei quali erano membri del comitato logistico, pur dichiarandovi la responsabilità della ricorrente. La ricorrente precisa che la FNAS era l’organizzatrice delle riunioni e ne preparava i resoconti. Atteso che la FNAS non è stata condannata quale forum per i partecipanti alla presunta intesa, secondo la ricorrente proprio tale circostanza rappresenterebbe la prova che non esiste alcun elemento sufficiente che giustifica l’infrazione ascrittale.

43      Dopo aver illustrato il fine e l’organizzazione della FNAS, la ricorrente precisa innanzitutto che, diversamente da quanto accadeva per gli eventi precedenti le indagini del marzo 2001, le riunioni del comitato logistico della FNAS si sono tenute in totale trasparenza, circostanza che non collima quindi con l’osservazione formulata dalla Commissione al punto 548 della decisione impugnata, secondo cui, di norma, le attività di un’intesa come quella oggetto di questa fattispecie si svolgono clandestinamente, le riunioni si tengono in segreto e la relativa documentazione è ridotta al minimo.

44      La ricorrente contesta poi l’argomento della Commissione secondo cui le riunioni del comitato logistico della FNAS avrebbero presentato una portata geografica europea. Da nessuno dei resoconti di tali riunioni emergerebbe che queste ultime abbiano potuto perseguire un obiettivo diverso dall’esame della questione dell’imballaggio dei raccordi in rame in Francia. A suo avviso, se sono stati tracciati dei paralleli con la situazione in altri paesi, ciò è stato fatto solo a titolo di esempio e non per modificare l’imballaggio dei raccordi in tali altri paesi.

45      Per quanto concerne le riunioni in oggetto, la ricorrente precisa che dal resoconto della prima riunione del comitato logistico della FNAS, del 25 giugno 2003, risulta che sia i grossisti sia i produttori hanno espresso la loro preoccupazione in ordine al ribasso del mercato, e che i grossisti hanno chiesto ai produttori di adattare l’imballaggio al fine di essere più concorrenziali rispetto alle altre reti di distribuzione, come la vendita per corrispondenza. In risposta, i produttori si sarebbero preoccupati dell’impatto sul prezzo di costo che la realizzazione di questo nuovo tipo di imballaggio comporterebbe. In nessun caso le relative discussioni avrebbero presentato carattere anticoncorrenziale.

46      Lo stesso sarebbe a dirsi per la seconda riunione, che si è tenuta il 15 ottobre 2003.

47      Per quanto attiene alla riunione del 3 novembre 2003, essa avrebbe principalmente riguardato la negoziazione tra i grossisti e i produttori francesi dell’elenco dei prodotti il cui imballaggio doveva essere modificato. Secondo la ricorrente, diversamente da quanto afferma l’Oystertec plc, le cui dichiarazioni sono riprese dalla Commissione, i produttori non volevano affatto organizzare una fissazione in comune dei prezzi dei raccordi in rame nel territorio dell’Unione europea.

48      Riguardo alla riunione del 20 gennaio 2004 e alla conferenza telefonica del 16 febbraio 2004, la ricorrente evidenzia la sua ferma reazione ai due «eccessi» del sig. La. (rappresentante della ricorrente presso il comitato logistico della FNAS), il primo in occasione della riunione del 20 gennaio 2004, allorché egli ha menzionato un «sovrapprezzo del 13% (invece del 10% previsto inizialmente)» e il secondo rilevato nel resoconto della conferenza telefonica del 16 febbraio 2004 per quanto riguarda il richiamo ad un aumento del 5% dei prezzi dei fornitori nell’aprile 2004. Essa si sarebbe dissociata da questo genere di scambi innanzitutto nel corso di un incontro con il presidente della FNAS, il 3 marzo 2004, poi con una lettera inviata alla FNAS. Secondo la ricorrente, conformemente alla giurisprudenza, tale lettera costituisce una pubblica dissociazione. Inoltre, contrariamente a quanto afferma la Commissione, i termini di tale lettera non sarebbero vaghi ed essa sarebbe stata rapidamente diffusa a tutti i membri della FNAS.

49      Nella replica la ricorrente mette in discussione talune date figuranti nella tabella cronologica preparata dalla Commissione nel contesto del suo controricorso, che, a suo avviso, non la riguardano e, di conseguenza, non dovrebbero essere considerate.

–       Sul periodo compreso tra il 1992 ed il 1994

50      La ricorrente afferma che, per il periodo compreso almeno tra il 10 settembre 1992 e il 13 dicembre 1994, ossia un periodo di 27 mesi, non sussiste alcun elemento probatorio relativo a comportamenti anticoncorrenziali a suo carico. Pertanto, tale interruzione di 27 mesi avrebbe prodotto la conseguenza giuridica della prescrizione.

51      Per quel che riguarda il telefax del 14 giugno 1993 relativo al suo listino prezzi per il periodo iniziato il 1° luglio 1993, richiamato al punto 218 della decisione impugnata, la ricorrente sostiene che non sussistono elementi che consentono di trarre la conclusione che tale listino sia stato ottenuto dall’IMI prima della diffusione ai suoi clienti. Infatti, in primo luogo, esso sarebbe stato stampato già prima di tale data e, in secondo luogo, sarebbe stato anche diffuso ai clienti prima della sua applicazione.

52      La ricorrente rileva inoltre che nel corso di detto periodo si sono svolte quattro sessioni dell’EFMA, senza che la Commissione abbia affermato che in occasione delle riunioni ufficiali si siano svolte riunioni anticoncorrenziali o riunioni dette «Super EFMA».

53      La ricorrente ritiene peraltro che da tale decisione impugnata emerga che, nel corso del periodo in oggetto, essa ha agito come concorrente autonoma sul mercato, senza seguire in alcun modo le direttive risultanti da una qualsivoglia concertazione con concorrenti. Rifacendosi ai punti 71‑77 della sentenza del Tribunale 14 ottobre 2004, causa T‑56/02, Bayerische Hypo- und Vereinsbank/Commissione (Racc. pag. II‑3495), la ricorrente asserisce che l’affermazione formulata in tale causa è applicabile alla causa in esame per il periodo in oggetto. Per suffragare tale tesi, essa afferma che il telefax della Mueller Industries alla Viega GmbH & Co. KG, di data 12 maggio 1992, richiamato dalla Commissione al punto 217 della decisione impugnata, la nota del sig. P. (IMI Italia), menzionata al punto 221 di detta decisione, nonché il telefax del distributore greco dell’IMI del 6 settembre 1994, citato al punto 229 di detta decisione, dimostrano il suo comportamento concorrenziale e autonomo.

54      Atteso che non le può essere contestato alcun comportamento anticoncorrenziale per il periodo compreso tra il 10 settembre 1992 ed il 13 dicembre 1994, la ricorrente lamenta che la Commissione non ha rispettato le regole applicabili in materia di interruzione dell’infrazione e di prescrizione. Essa rammenta in proposito la giurisprudenza in base alla quale, per dimostrare la continuità dell’infrazione contestata, la Commissione deve fornire «elementi probatori relativi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo». Un lasso di tempo di 27 mesi tra due riunioni cui ha partecipato non potrebbe essere considerato «ravvicinato nel tempo» ai sensi della sentenza del Tribunale 7 luglio 1994, causa T‑43/92, Dunlop Slazenger/Commissione (Racc. pag. II‑441). In considerazione dell’interruzione dell’infrazione fatta valere, la Commissione avrebbe dovuto constatare, perlomeno, che era trascorso un periodo superiore a cinque anni tra la cessazione del primo periodo, il 10 settembre 1992, e l’inizio dell’indagine della Commissione nel 2001, in seguito alla prima domanda di trattamento favorevole depositata dalla Mueller Industries il 9 gennaio 2001.

55      La Commissione chiede il rigetto di tale motivo.

 Giudizio del Tribunale

56      In via preliminare il Tribunale ricorda, per quanto riguarda la produzione della prova di un’infrazione all’art. 81, n. 1, CE, che la Commissione deve fornire elementi probatori precisi e concordanti che corroborino la ferma convinzione che l’infrazione fatta valere sia stata commessa (v., in questo senso, sentenza della Corte 28 marzo 1984, cause riunite 29/83 e 30/83, CRAM e Rheinzink/Commissione, Racc. pag. 1679, punto 20). L’esistenza di un dubbio nella mente del giudice deve andare a vantaggio dell’impresa destinataria della decisione con cui si constata un’infrazione. Il giudice, pertanto, non può concludere che la Commissione ha dimostrato sufficientemente l’esistenza dell’infrazione di cui è causa se nutre ancora dubbi al riguardo, soprattutto nel contesto di un ricorso volto all’annullamento di una decisione con cui viene inflitta un’ammenda (sentenza del Tribunale 25 ottobre 2005, causa T‑38/02, Groupe Danone/Commissione (Racc. pag. II‑4407, punto 215).

57      Sempre per costante giurisprudenza, non tutte le prove prodotte dalla Commissione devono necessariamente rispondere a tali criteri con riferimento ad ogni elemento dell’infrazione. È sufficiente che il complesso degli indizi invocato dall’istituzione, valutato globalmente, risponda a tale requisito (v. sentenza del Tribunale 8 luglio 2004, cause riunite T‑67/00, causa T‑68/00, causa T‑71/00 e T‑78/00, JFE Engineering e a./Commissione, Racc. pag. II‑2501, punto 180, e la giurisprudenza citata).

58      Peraltro, di norma le attività derivanti dagli accordi anticoncorrenziali si svolgono in modo clandestino, le riunioni sono segrete e la documentazione ad esse relativa è ridotta al minimo. Ne consegue che, anche qualora la Commissione scopra documenti attestanti in modo esplicito un contatto illegittimo tra operatori, quali i resoconti di riunioni, tali documenti saranno di regola solo frammentari e sporadici, di modo che si rivela spesso necessario ricostruire taluni dettagli per via di deduzioni. Nella maggior parte dei casi, pertanto, l’esistenza di una pratica o di un accordo anticoncorrenziale dev’essere dedotta da un certo numero di coincidenze e di indizi i quali, considerati nel loro insieme, possono rappresentare, in mancanza di un’altra spiegazione coerente, la prova di una violazione delle regole sulla concorrenza (sentenze della Corte 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, causa C‑205/00 P, causa C‑211/00 P, causa C‑213/00 P, causa C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punti 55‑57, e 25 gennaio 2007, cause riunite C‑403/04 P e C‑405/04 P, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, Racc. pag. I‑729, punto 51).

59      Al riguardo, occorre rilevare che le dichiarazioni rilasciate nel contesto della politica di trattamento favorevole rivestono un ruolo significativo. Tali dichiarazioni, fatte a nome di imprese, possiedono un valore probatorio non trascurabile, in quanto inducono rischi giuridici ed economici considerevoli (v., in questo senso, sentenze JFE Engineering e a./Commissione, punto 57 supra, punti 205 e 211, e Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione, punto 58 supra, punto 103). Tuttavia, la dichiarazione di un’impresa accusata di aver partecipato ad un’intesa, la cui esattezza viene contestata da varie altre imprese accusate, non può essere considerata una prova sufficiente dell’esistenza di un’infrazione commessa da queste ultime senza essere suffragata da altri elementi di prova (v. sentenza JFE Engineering e a./Commissione, punto 57 supra, punto 219, e la giurisprudenza citata).

60      Per quanto attiene alla durata dell’infrazione, essendo questa un elemento costitutivo della nozione d’infrazione ai sensi dell’art. 81, n. 1, CE, incombe parimenti alla Commissione di dimostrarla. A questo proposito sono applicabili i principi menzionati sopra (v., in questo senso, sentenza della Corte 21 settembre 2006, causa C‑105/04 P, Nederlandse Federatieve Vereniging voor de Groothandel op Elektrotechnisch Gebied/Commissione, Racc. pag. I‑8725, punti 94‑96). Inoltre, la giurisprudenza esige che, in mancanza di elementi di prova tali da dimostrare direttamente la durata dell’infrazione, la Commissione si fondi quantomeno su elementi di prova riferentisi a fatti sufficientemente ravvicinati nel tempo, in modo tale che si possa ragionevolmente ammettere che l’infrazione sia durata ininterrottamente entro due date precise (v. sentenza del Tribunale 16 novembre 2006, causa T‑120/04, Peróxidos Orgánicos/Commissione, Racc. pag. II‑4441, punto 51, e la giurisprudenza citata).

–       Sul periodo successivo al marzo 2001

61      Occorre rilevare che la ricorrente non contesta il fatto di aver partecipato all’intesa prima delle ispezioni effettuate dalla Commissione nel marzo 2001.

62      Occorre inoltre osservare che la ricorrente non contesta, di per sé, gli avvenimenti che le sono ascritti dalla Commissione, ossia la partecipazione alle riunioni della FNAS, i contatti tra la ricorrente e la FRA.BO nonché i contatti stabiliti in occasione della fiera di Essen. Essa contesta invece il carattere anticoncorrenziale di tali avvenimenti e il fatto che essi rientrino nel contesto dell’infrazione unica, complessa e continua dichiarata per il periodo antecedente al mese di marzo 2001.

63      Infine, la ricorrente mette in dubbio l’affidabilità delle dichiarazioni della FRA.BO.

64      È pertanto necessario verificare se i comportamenti accertati dopo le ispezioni della Commissione nel marzo 2001 devono essere qualificati come contatti anticoncorrenziali e se essi consentano di giungere alla conclusione che si tratta del prolungamento di una medesima infrazione.

65      Per quanto riguarda, in primo luogo, contatti bilaterali, dalla dichiarazione resa dalla FRA.BO nel contesto della sua domanda di trattamento favorevole e da qualche prova documentale che essa ha prodotto nel corso della procedura amministrativa si evince che taluni scambi di informazioni riservate tra i concorrenti sono proseguiti successivamente alle ispezioni della Commissione.

66      Gli elementi probatori addotti a carico della ricorrente consistono in tabulati telefonici della FRA.BO e in qualche nota scritta contenuta nell’agenda della sig.ra P. (FRA.BO).

67      Gli argomenti della ricorrente secondo cui si tratterebbe di contatti legittimi, vertenti in particolare su forniture incrociate, su un progetto di collaborazione industriale o su una strategia comune voluta dalla FRA.BO nei confronti del CEN relativamente alla questione dell’omologazione di un tipo di raccordo, non rimettono in discussione la circostanza che siano avvenuti scambi di informazioni riservate, azioni di coordinamento di prezzi e aumenti di prezzo. Inoltre, detti argomenti non sono suffragati da alcuna prova, come fatture o buoni d’ordine attinenti al periodo in esame. Infatti, a parte la circostanza che la ricorrente ha allegato per la prima volta solo in fase di replica, e quindi tardivamente, qualche fattura relativa a forniture incrociate, occorre rilevare che tali documenti coprono unicamente il periodo successivo al 2004.

68      Occorre peraltro rilevare che la Commissione non si è fondata solamente sulle dichiarazioni della FRA.BO. Dalle note scritte dalla sig.ra P. (FRA.BO) si evince infatti che, in occasione del colloquio del 5 giugno 2003, la ricorrente e la FRA.BO hanno discusso dei prezzi praticati dalla IBP in Francia, il che non presenta alcun nesso con la questione dell’omologazione di un nuovo tipo di raccordo. Inoltre, dalle note scritte contenute nell’agenda della sig.ra P. e relative ad una conversazione telefonica del 5 febbraio 2004 risulta che si è discusso delle previsioni di aumenti di prezzo in Francia e in Grecia. Peraltro, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, la circostanza che gli effettivi aumenti siano stati diversi da quelli menzionati nell’agenda della sig.ra P. non rimette affatto in discussione il fatto che tali due imprese si siano scambiate informazioni sui loro prezzi.

69      Per quanto attiene, in secondo luogo, all’incontro tra il sig. H. (IBP) ed il rappresentante della ricorrente alla fiera di Essen il 18 marzo 2004, dalla dichiarazione del sig. H. emerge che egli ha risposto a una domanda relativa ai prezzi e che l’IBP aveva previsto un aumento dei prezzi alla fine del mese di marzo 2004. Dato che la ricorrente non ha dimostrato che tale informazione fosse già pubblica e che la lettera ufficiale dell’IBP concernente tale aumento è stata trasmessa solo il 30 marzo 2004, occorre constatare che si trattava di un contatto, isolato o meno, legato alla politica tariffaria sul mercato tedesco.

70      Non appare peraltro pertinente l’argomento secondo cui tale scambio sarebbe privo di carattere anticoncorrenziale perché manca la reciprocità o perché la ricorrente aveva già autonomamente deciso un aumento di prezzi. La giurisprudenza non richiede che uno scambio di informazioni, per poter essere considerato lesivo del principio del comportamento autonomo sul mercato, sia reciproco. A questo proposito, dalla giurisprudenza risulta che la divulgazione di informazioni riservate elimina l’incertezza relativa al futuro comportamento di un concorrente e, in tal modo, incide, direttamente o indirettamente, sulla strategia del destinatario delle informazioni (v., in questo senso, sentenza della Corte 23 novembre 2006, causa C‑238/05, Asnef-Equifax e Administración del Estado, Racc. pag. I‑11125, punto 51, e la giurisprudenza citata).

71      Per quanto riguarda, in terzo luogo, la partecipazione della ricorrente alle riunioni della FNAS, dai verbali di tali riunioni emerge, tra l’altro, che, in occasione delle riunioni del comitato logistico della FNAS, sono state discusse questioni relative ai prezzi, quali i margini sulle vendite e gli aumenti di prezzo dei raccordi.

72      Al riguardo occorre rilevare che il verbale del 25 giugno 2003 si riferisce al proposito dei concorrenti secondo cui «l’obiettivo da raggiungere sarebbe quello di garantire perlomeno che i prezzi si stabilizzino». Dal verbale del 15 ottobre 2003 risulta che l’Aquatis France SAS, la IBP e la ricorrente hanno fornito agli altri fabbricanti informazioni in merito alla ripartizione delle loro vendite tra talune categorie di prodotti, nonché informazioni sui loro margini. In occasione della riunione del 3 novembre 2003 è avvenuto uno scambio di informazioni relative ai futuri aumenti di prezzo. Parimenti, dal verbale del 20 gennaio 2004 si evince che, dopo alcuni scambi di opinione, il sig. La. ha proposto che «i produttori informino i loro clienti dell’eventualità di un aumento del 6% collegato a quello dei costi per il materiale per testare la reazione del mercato e migliorare contestualmente il costo degli imballaggi». Secondo tale verbale «questo aumento dei costi per il materiale doveva applicarsi all’insieme della gamma» e «il prezzo unitario dei nuovi imballaggi doveva pertanto risultare maggiorato del 5,3 o del 5,4%». Infine, in seguito a tale riunione, il 16 febbraio 2004 si è svolta una conferenza telefonica nel corso della quale ciascun produttore ha esposto il suo parere in merito all’aumento di prezzi previsto.

73      Sebbene le discussioni con i fornitori relative alla loro domanda di adeguamento dell’imballaggio siano prive di conseguenze per quanto riguarda il diritto della concorrenza e siffatta domanda ingeneri costi di produzione supplementari, resta il fatto che una concertazione vertente sulla percentuale che si ripercuoterebbe sui fornitori o sulla parte dei costi assorbita dai produttori, di per sé, non è priva di incidenza sul mercato. Si tratta di una questione che un’impresa deve risolvere autonomamente. Lo stesso vale per quanto riguarda i margini sulle vendite e gli aumenti di prezzo dei raccordi.

74      Per quanto attiene alla portata geografica delle discussioni condotte nel contesto delle riunioni della FNAS, occorre rilevare che, diversamente da quanto affermato dalla Commissione ai punti 575 e 584 della decisione impugnata, tali discussioni vertevano unicamente sul mercato francese. Infatti, dai resoconti di tali riunioni non risulta affatto che esse riguardassero anche «la Spagna, l’Italia, il Regno Unito, la Germania e il mercato europeo in generale». Pertanto, occorre dichiarare che la collusione nel contesto delle riunioni della FNAS non aveva portata paneuropea. Il fatto che le riunioni della FNAS si svolgessero tra i rappresentanti di imprese di dimensioni europee, come ha fatto notare la Commissione, non inficia questa conclusione.

75      Quanto alla lettera del 16 marzo 2004 dell’amministratore delegato della ricorrente al presidente della FNAS, che, secondo la ricorrente, avrebbe costituito una pubblica dissociazione dalle infrazioni commesse durante la riunione del 20 gennaio 2004 e la conferenza telefonica del 16 febbraio successivo del comitato logistico della FNAS, alle quali aveva partecipato in particolare il sig. La., occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la nozione di pubblica dissociazione in quanto elemento che esclude la responsabilità deve essere interpretata in modo restrittivo (v. sentenza del Tribunale 5 dicembre 2006, causa T‑303/02, Westfalen Gassen Nederland/Commissione, Racc. pag. II‑4567, punto 103, e la giurisprudenza citata).

76      Dalla giurisprudenza risulta che la comunicazione intesa a dissociarsi pubblicamente da una pratica anticoncorrenziale deve essere espressa in modo fermo e chiaro, di modo che gli altri partecipanti all’intesa comprendano bene le intenzioni dell’impresa interessata (sentenza della Corte 19 marzo 2009, causa C‑510/06 P, Archer Daniels Midland/Commissione, Racc. pag. I‑1843, punto 120).

77      Nel caso di specie occorre dichiarare che la formulazione di cui si è avvalso l’amministratore delegato della ricorrente nella lettera al presidente della FNAS ha natura eccessivamente generica per poter essere ritenuta una pubblica dissociazione. Tale lettera, infatti, si limita a esprimere la preoccupazione sulle discussioni relative ai prezzi che avrebbero potuto aver luogo tra i partecipanti, a effettuare un richiamo alla politica interna della ricorrente in materia di diritto della concorrenza nonché, in tale contesto, a menzionare la domanda rivolta al presidente della FNAS di prendere provvedimenti onde evitare una siffatta pratica anticoncorrenziale, senza neppure indicare che essa era stata effettivamente attuata e che tale lettera era legata al fatto che il suo rappresentante aveva avviato concertazioni sui prezzi.

78      Occorre inoltre constatare che, in primo luogo, detta lettera è stata inviata unicamente al presidente della FNAS e che nessuna «copia conforme» di tale missiva è stata inviata dalla ricorrente agli altri partecipanti.

79      In secondo luogo, detta lettera non contiene neppure una richiesta rivolta alla FNAS in tal senso. Pertanto, il fatto che essa sia stata diffusa, il 7 aprile 2004, ai membri del comitato logistico della FNAS, su iniziativa di quest’ultima, corredata della risposta del presidente della FNAS a tale lettera, del 31 marzo 2004, che ricorda il fine del gruppo di lavoro istituito nel contesto del comitato logistico della FNAS, non è pertinente per concludere che la ricorrente si sia dissociata dall’intesa.

80      Infine, quand’anche si ritenesse che la lettera dell’amministratore delegato della ricorrente al presidente della FNAS possa essere considerata una pubblica dissociazione, occorre rilevare, come ha giustamente fatto la Commissione, che tale lettera è giunta solo verso la fine del periodo per il quale è stata dichiarata l’infrazione e non consente pertanto di rimettere in discussione le conclusioni della Commissione relative alla partecipazione della ricorrente all’intesa prima del 16 febbraio 2004, data dell’ultima riunione.

81      A questo punto occorre pertanto considerare che i comportamenti ascritti dopo le ispezioni della Commissione nel marzo 2001 avevano carattere anticoncorrenziale. Inoltre, essi sono stati dimostrati a sufficienza.

82      Per chiarire se si tratta della continuazione dell’infrazione accertata prima del marzo 2001 occorre rilevare che quest’ultima consisteva nell’organizzazione regolare, per diversi anni, di contatti multilaterali e bilaterali tra produttori concorrenti il cui fine era l’attuazione di pratiche illecite destinate ad organizzare artificiosamente il funzionamento del mercato dei raccordi, in particolare a livello dei prezzi.

83      Detti contatti erano allacciati in occasione di riunioni organizzate nel contesto di organizzazione professionali, in particolare nell’ambito dell’EFMA (alle riunioni dette «Super EFMA»), di fiere commerciali, di riunioni ad hoc e di scambi di opinioni bilaterali. Generalmente, le iniziative dirette a discutere su un aumento di prezzi venivano adottate a livello europeo e il risultato veniva attuato a livello nazionale, dato che i produttori seguivano un processo di coordinamento dei prezzi specifico per ogni paese e accordi locali che andavano a completare gli accordi presi a livello europeo.

84      Anche i comportamenti ascritti dopo il marzo 2001 consistevano in contatti allacciati nel contesto di associazioni professionali (riunioni della FNAS), in contatti bilaterali relativi ai parametri della concorrenza e in contatti presi alle fiere commerciali (fiera di Essen).

85      Atteso che l’obiettivo delle pratiche anticoncorrenziali, ossia la concertazione sui prezzi, non è mutato, il fatto che talune caratteristiche o che l’intensità di tali pratiche siano cambiate non è rilevante per quanto riguarda la continuazione dell’intesa in questione. Al riguardo occorre osservare che è plausibile che, dopo le ispezioni della Commissione, l’intesa abbia assunto una forma meno strutturata e la sua attività un’intensità più variabile. Tuttavia, la circostanza che l’intesa possa vivere periodi di attività con intensità variabile non implica che se ne possa dedurre che essa è cessata.

86      A questo proposito occorre constatare che sebbene, dopo le ispezioni del marzo 2001, il numero dei partecipanti all’intesa sia passato da nove a quattro, i partecipanti principali all’intesa prima di tali ispezioni (ossia la ricorrente, l’IBP e le ex società controllate dell’IMI), come emerge dalla decisione impugnata, erano ancora coinvolti nell’intesa. Parimenti, alcune delle persone già implicate nell’intesa prima del marzo 2001 lo erano anche nei comportamenti oggetto di contestazione dopo tale data.

87      Per quanto riguarda la portata geografica dell’infrazione unica e continua, sebbene le riunioni della FNAS vertessero unicamente sul mercato francese (v. punto 74 supra), risulta che anche altri mercati nazionali, quali i mercati tedesco, greco, spagnolo e italiano, fossero oggetto dei contatti anticoncorrenziali tra concorrenti dopo il marzo 2001, come emerge dai contatti telefonici tra la ricorrente e la FRA.BO o dal contatto allacciato in occasione della fiera di Essen tra la ricorrente e la IBP.

88      Dato che il comportamento di ciascun partecipante, compreso quello della ricorrente, mirava a perseguire il medesimo obiettivo anticoncorrenziale, ossia quello di controllare e restringere il gioco della concorrenza sul mercato dei raccordi tramite il coordinamento dei prezzi e degli aumenti di prezzo e lo scambio di informazioni riservate, la Commissione ha correttamente giudicato che si trattava della prosecuzione di un’infrazione anteriore.

89      Infine, gli altri argomenti sollevati dalla ricorrente nel contesto di questo motivo, ossia quelli vertenti sul fatto che la FNAS era l’organizzatrice delle riunioni e ne preparava i resoconti, che essa stessa non era destinataria della decisione impugnata, o ancora che le riunioni si tenevano in totale trasparenza, non possono inficiare questa conclusione.

90      In primo luogo, l’argomento secondo cui i resoconti delle riunioni sarebbero stati preparati dalla FNAS è irrilevante, dato che è pacifico che la ricorrente, in occasione di tali riunioni, era rappresentata. Pertanto, atteso che detti resoconti le venivano distribuiti, essa disponeva della possibilità, per iscritto o in occasione della successiva riunione, di correggerli o di segnalare i punti sui quali non concordava.

91      In secondo luogo, anche l’argomento secondo cui la stessa FNAS non è destinataria della decisione impugnata è privo di pertinenza. Al riguardo occorre rilevare che dal punto 606 della decisione impugnata emerge che la Commissione ha ritenuto che «se non è dubbia l’esistenza di elementi probatori che dimostrano che i produttori hanno raggiunto e, stando alle dichiarazioni di Advanced Fluid Connections, posto in atto un accordo, non vi sono prove che la FNAS avrebbe concretamente accettato il compito affidatole dai produttori e avrebbe quindi effettivamente agevolato la realizzazione dell’accordo». Pertanto, la Commissione ha correttamente ritenuto, al punto 607 della decisione impugnata, che la FNAS non avesse partecipato all’accordo in esame e non fosse quindi annoverata tra i destinatari della decisione impugnata.

92      Da tutto quanto precede risulta che il motivo relativo all’assenza di partecipazione della ricorrente all’intesa dopo il marzo 2001 deve essere respinto.

–       Sul periodo compreso tra il 1992 ed il 1994

93      In via preliminare, occorre rilevare che la ricorrente non contesta i fatti accertati per quanto riguarda la sua partecipazione all’intesa per il periodo compreso tra il 31 dicembre 1991 e il 10 settembre 1992, né per il periodo compreso tra il dicembre 1997 e il marzo 2001. Inoltre, occorre ricordare che, in sede di udienza, la ricorrente ha affermato di non contestare la sua partecipazione all’intesa per il periodo 1995-1997. Pertanto, rimane da esaminare unicamente la decisione impugnata nella parte in cui la Commissione ha ascritto alla ricorrente la partecipazione all’infrazione per il periodo compreso tra il 10 settembre 1992 e il 13 dicembre 1994.

94      A questo riguardo occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 25, n. 1, del regolamento n. 1/2003, il potere della Commissione di infliggere ammende per infrazioni alle disposizioni del diritto della concorrenza è soggetto, in linea di principio, ad un termine di prescrizione quinquennale. A norma dell’art. 25, n. 2, del regolamento n. 1/2003, «per quanto concerne le infrazioni continuate o ripetute, la prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata l’infrazione». Ai sensi dell’art. 25, nn. 3 e 5, del regolamento n. 1/2003, la prescrizione si interrompe con qualsiasi atto della Commissione destinato all’accertamento o alla repressione dell’infrazione e decorre nuovamente a partire da ciascuna interruzione.

95      Nel caso di specie, la Commissione ha cominciato le sue indagini con le ispezioni del 22 marzo 2001. Ne risulta che nessuna ammenda può essere inflitta per un comportamento che integra un’infrazione che sia cessata prima del 22 marzo 1996. Di conseguenza, occorre chiarire se i vari fatti addotti nella decisione impugnata dimostrano che la partecipazione della ricorrente all’intesa è continuata o è cessata nel corso del periodo dal 10 settembre 1992 al 13 dicembre 1994.

96      Al riguardo occorre osservare che il complesso degli elementi probatori addotti a sostegno dei fatti menzionati ai punti 214, 217, 218, 221, 224, 225, 229 e 232 della decisione impugnata era sufficiente per trarre la conclusione che la ricorrente non avesse cessato di partecipare all’intesa nel suddetto periodo.

97      Occorre in particolare rilevare che, al punto 214 della decisione impugnata, la Commissione ha richiamato talune note scritte risalenti alla metà o alla fine del 1992 e contenenti il nome della ricorrente, in cui figura un listino prezzi, la cui entrata in vigore era fissata per il gennaio 1993 (per tutti i paesi fatta eccezione per la Francia) e per il mese di aprile 1993 (per la Francia). Parimenti, al punto 217 si allude ad un telefax del 12 maggio 1993 inviato dalla Mueller Industries alla Viega, in cui si rimprovera alla ricorrente di non rispettare sistematicamente i termini dell’accordo di cui è parte. Se ne può pertanto dedurre che la ricorrente non si fosse ritirata dall’accordo. Lo stesso è a dirsi per il telefax del 6 settembre 1994 inviato da un importatore e distributore al sig. W. (IMI) (punto 229 della decisione impugnata), nel quale si afferma che la ricorrente non dava il giusto seguito agli «accordi».

98      Per quanto riguarda quest’ultimo punto, occorre rilevare che la circostanza di non rispettare un’intesa non incide affatto sulla sua stessa esistenza. Nella fattispecie, non si può pertanto ritenere che la partecipazione della ricorrente all’infrazione fosse cessata nel corso del periodo esaminato per il semplice fatto che la ricorrente ha utilizzato l’intesa a suo vantaggio senza osservare integralmente i prezzi concordati.

99      I partecipanti all’intesa, infatti, rimangono concorrenti, ciascuno dei quali può essere tentato, in ogni momento, di approfittare della disciplina degli altri in materia di prezzi fissati in base al cartello per abbassare i propri prezzi onde aumentare la sua quota di mercato, pur mantenendo un livello generale dei prezzi relativamente elevato. In ogni caso, la circostanza che la ricorrente non abbia interamente applicato i prezzi convenuti non implica che, così facendo, essa abbia applicato prezzi che avrebbe potuto fatturare in assenza dell’intesa (v., in questo senso, sentenza del Tribunale 15 giugno 2005, cause riunite T‑71/03, causa T‑74/03, causa T‑87/03 e T‑91/03, Tokai Carbon e a./Commissione, punti 74 e 75).

100    Infine, dalla nota del sig. P. del 15 marzo 1994, richiamata al punto 221 della decisione impugnata, risulta inoltre che la ricorrente era presente alle discussioni svoltesi l’11 ed il 13 marzo 1994 relative al mercato italiano.

101    Sebbene la ricorrente non abbia partecipato ad alcune delle riunioni che si sarebbero tenute tra il 10 settembre 1992 e il 13 dicembre 1994 nel contesto dell’intesa, o addirittura a nessuna di esse, non si può affermare che essa, nel frattempo, si sia ritirata dall’intesa, tenuto conto delle particolarità di quest’ultima, che è caratterizzata da contatti multilaterali, contatti bilaterali, con una frequenza di almeno una o due volte all’anno, contatti ad hoc, e dal fatto che non era eccezionale che un membro dell’intesa non partecipasse sistematicamente a ciascuna riunione.

102    Inoltre, occorre anche considerare che la ricorrente non si è pubblicamente dissociata dall’intesa. Orbene, per costante giurisprudenza, in assenza di un’esplicita dissociazione, la Commissione può ritenere che non si sia posta fine all’infrazione (v., in questo senso, sentenza Archer Daniels Midland/Commissione, punto 76 supra, punti 119 e ss., e la giurisprudenza citata).

103    Di conseguenza, l’argomento relativo all’interruzione della partecipazione della ricorrente all’infrazione nel corso del periodo dal 10 settembre 1992 al 13 dicembre 1994 deve essere respinto.

104    Da quanto precede risulta che questo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sul calcolo dell’importo dell’ammenda

 Argomenti delle parti

105    In subordine, la ricorrente lamenta che la Commissione ha violato le regole relative al calcolo dell’importo delle ammende. A suo avviso, né gli orientamenti del 1998 né la comunicazione sulla cooperazione del 1996 sarebbero stati rispettati. In primo luogo, l’importo di partenza dell’ammenda inflittale sarebbe sproporzionato rispetto a quello delle ammende irrogate alle altre imprese. In secondo luogo, essa non avrebbe svolto un ruolo di leadership. In terzo luogo, la Commissione avrebbe dovuto modulare l’importo dell’ammenda in funzione della portata geografica e dell’intensità del coordinamento. Infine, la Commissione avrebbe erroneamente negato il beneficio di una riduzione dell’importo dell’ammenda per mancata contestazione di una parte sostanziale delle censure.

106    La Commissione conclude per il rigetto del motivo.

 Giudizio del Tribunale

107    Per quanto attiene al primo motivo, relativo al carattere sproporzionato dell’importo di partenza dell’ammenda, occorre ricordare che la Commissione è autorizzata a ripartire i membri d’un intesa in categorie in funzione, tra l’altro, delle quote di mercato detenute da ciascuna impresa. A questo proposito, occorre osservare che nel controricorso la Commissione ha spiegato come il fatturato e la quota di mercato del gruppo Legris Industries per quanto riguarda i raccordi rappresentassero nel 2000 circa il triplo del fatturato e della quota di mercato della FRA.BO e della Mueller Industries, due volte mezzo quelli della Flowflex Holding Ltd e più del doppio di quelli della Sanha Kaimer GmbH & Co. KG. In questo contesto, la Commissione ha giustamente fissato un importo di partenza dell’ammenda inflitta alla ricorrente (14,25 milioni di euro) tra le due e le tre volte più elevato di quello delle predette imprese (5,5 milioni di euro). Sebbene la tabella allegata alla decisione impugnata, per motivi di riservatezza, contenga solo ampie forbici indicative delle dimensioni e della relativa importanza delle imprese, dalla versione riservata di tale tabella e dai dati ad essa soggiacenti emerge che la Commissione ha ripartito in categorie i membri dell’intesa in un modo coerente ed oggettivamente giustificato.

108    L’argomento della ricorrente secondo cui l’importo di partenza dell’ammenda inflittale, in ogni caso, sarebbe sproporzionato, poiché rappresenta il 77% dell’importo massimo dell’ammenda che poteva esserle irrogata ai sensi dell’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, deve essere respinto.

109    In primo luogo occorre ricordare che all’epoca dei fatti la ricorrente e la sua società controllante rappresentavano un’impresa unica che aveva commesso, in qualità di autore, l’infrazione ascrittale nella decisione impugnata. Pertanto, la Commissione era autorizzata a basarsi sui dati di tale impresa in sede di calcolo dell’importo di partenza dell’ammenda.

110    In secondo luogo, l’importo di partenza dell’ammenda deve essere proporzionato all’infrazione valutata nel suo complesso, tenendo conto, tra l’altro, della sua gravità. In proposito, occorre rilevare che, nel contesto della fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda, il fatturato realizzato dall’impresa non è un criterio determinante per valutare la gravità dell’infrazione. Inoltre, l’infrazione in esame, per sua stessa natura, figura tra le violazioni più gravi contemplate dall’art. 81 CE, il che può comportare, secondo gli orientamenti del 1998, un importo di partenza dell’ammenda superiore a 20 milioni di euro.

111    In terzo luogo, occorre rilevare che il massimale del 10% del fatturato, previsto dall’art. 23, n. 2, del regolamento n. 1/2003, si applica in una delle ultime fasi del calcolo dell’importo dell’ammenda, ossia dopo il calcolo dell’ammenda in funzione della gravità e della durata dell’infrazione e dopo aver applicato eventuali circostanze attenuanti o aggravanti. A questo proposito va ricordato che se vari destinatari costituiscono «l’impresa» all’epoca in cui la decisione è adottata, il massimale può essere calcolato sulla base del fatturato complessivo di detta impresa. Al contrario, se, come in questa fattispecie, siffatto soggetto economico si è suddiviso per costituire due soggetti distinti al momento dell’adozione della decisione, ciascun destinatario di quest’ultima avrà diritto all’applicazione individuale di detto massimale. Orbene, tale diritto prescinde dall’applicazione del criterio di proporzionalità nel contesto della determinazione dell’importo di partenza dell’ammenda. Infine, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, solo l’importo finale dell’ammenda non può superare il massimale del 10% del fatturato complessivo. Per contro, non è vietato che l’importo intermedio, al momento del calcolo dell’ammenda, superi tale stesso massimale (sentenza della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, causa C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punti 277 e 278).

112    Quanto alla seconda censura, per cui la ricorrente non avrebbe avuto il ruolo di leadership nell’intesa, ma vi avrebbe ricoperto un ruolo passivo o pedissequo tale da giustificare una riduzione dell’importo dell’ammenda, basta constatare che in occasione delle 160 riunioni con fine collusivo svoltesi nel periodo 1991-2001, la ricorrente era presente una volta su due, come essa stessa ha riconosciuto. Sebbene dalla giurisprudenza risulti che tra gli elementi idonei a caratterizzare il ruolo passivo dell’impresa può essere preso in considerazione il carattere notevolmente più sporadico della sua partecipazione alle riunioni rispetto ai suoi concorrenti, la ricorrente non può pretendere che la frequenza della sua partecipazione alle riunioni, otto volte all’anno, sia qualificata come «notevolmente più sporadica» di quella degli altri partecipanti e che, pertanto, essa corrisponda ad un ruolo esclusivamente passivo o pedissequo.

113    Per rispondere alla terza censura, secondo cui la Commissione avrebbe dovuto modulare l’importo dell’ammenda in funzione della portata geografica e dell’intensità del coordinamento, basta rilevare che la circostanza che l’intensità dell’intesa sia diminuita dopo le ispezioni della Commissione non sortisce alcun effetto sulla qualifica di detta intesa come molto grave e di lunga durata la quale, come precisato negli orientamenti del 1998, giustifica una maggiorazione del 10% per anno di infrazione. Inoltre, sebbene all’inizio detta intesa presentasse una dimensione territoriale limitata, essa ha in seguito assunto una dimensione paneuropea, cosicché non sussiste alcun motivo per differenziare le percentuali di maggiorazione applicate per la durata secondo la dimensione geografica.

114    Per concludere, anche la quarta censura dev’essere respinta: dalla giurisprudenza risulta infatti che una riduzione dell’importo dell’ammenda a titolo di cooperazione durante il procedimento amministrativo è giustificata solo se il comportamento dell’impresa di cui trattasi ha consentito alla Commissione di accertare l’esistenza di un’infrazione con meno difficoltà e, se del caso, di porvi fine (sentenza della Corte 16 novembre 2000, causa C‑297/98 P, Holding/Commissione, Racc. pag. I‑10101, punto 36). Dalla giurisprudenza si evince inoltre che una riduzione dell’importo dell’ammenda sulla base della comunicazione sulla cooperazione del 1996 è giustificabile solo ove le informazioni fornite e, più in generale, il comportamento dell’impresa interessata possano essere considerati, al riguardo, una prova di un’effettiva cooperazione da parte della stessa (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 111 supra, punti 388‑403, in particolare punto 395). Orbene, dal fascicolo si evince che, in realtà, la mancata contestazione della sostanza dei fatti riguarda unicamente il periodo compreso tra il dicembre 1997 e il marzo 2001, vale dire tre anni su una durata totale di partecipazione all’infrazione di più di tredici anni. In questo contesto occorre ricordare che gli argomenti diretti a contestare la partecipazione della ricorrente all’infrazione dopo le ispezioni e per il periodo 1992-1994 sono stati respinti. Di conseguenza, la Commissione non è incorsa in un manifesto errore di valutazione rifiutandosi di tener conto della parziale assenza di contestazione dei fatti da parte della ricorrente ai sensi delle disposizioni contenute nel Titolo D della comunicazione sulla cooperazione del 1996.

115    Ne consegue che il presente motivo deve essere respinto.

116    Da tutte le considerazioni che precedono discende che il ricorso deve essere respinto in toto.

 Sulle spese

117    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Comap SA è condannata alle spese.

Martins Ribeiro

Wahl

Dittrich

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 24 marzo 2011.

Firme


* Lingua processuale: il francese.