Language of document : ECLI:EU:T:2012:505

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

27 settembre 2012 (*)

«Aiuti di Stato – Insediamento di un’impresa in taluni paesi terzi – Prestiti a tasso agevolato – Decisione che dichiara gli aiuti in parte incompatibili col mercato comune e ordina il loro recupero – Decisione adottata in seguito all’annullamento da parte del Tribunale della decisione iniziale riguardante lo stesso procedimento – Esecuzione di una sentenza del Tribunale – Obbligo di motivazione – Principio di buona amministrazione – Dovere di diligenza – Dovere di sollecitudine»

Nella causa T‑303/10,

Wam Industriale SpA, con sede in Modena, rappresentata da G.M. Roberti e I. Perego, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da V. Di Bucci e D. Grespan, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda di annullamento della decisione 2011/134/UE della Commissione, del 24 marzo 2010, relativa all’aiuto di Stato C 4/03 (ex NN 102/02) al quale l’Italia ha dato esecuzione in favore di Wam SpA (GU 2011, L 57, pag. 29),

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione),

composto dai sigg. S. Papasavvas (relatore), presidente, V. Vadapalas e K. O’Higgins, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 marzo 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente, Wam Industriale SpA, già Wam SpA, è una società italiana che progetta, produce e vende mescolatrici industriali usate principalmente nell’industria alimentare, chimica, farmaceutica e ambientale.

 Le misure in questione

2        L’articolo 2 della legge n. 394, del 29 luglio 1981 (GURI n. 206, del 29 luglio 1981; in prosieguo: la «legge n. 394»), concernente misure a sostegno delle esportazioni italiane, costituisce il fondamento normativo in virtù del quale le autorità italiane possono concedere finanziamenti agevolati a favore delle imprese esportatrici nel contesto di programmi di penetrazione commerciale negli Stati terzi.

3        Il 24 novembre 1995 le autorità italiane hanno deciso di concedere alla ricorrente un primo aiuto consistente in un prestito a tasso agevolato di ITL 2 281 485 000 (circa EUR 1,18 milioni) ai fini dell’attuazione di programmi di penetrazione commerciale in Giappone, in Corea del Sud e a Taiwan (in prosieguo: il «primo prestito»). A causa della crisi economica che ha colpito la Corea e Taiwan, i progetti non sono stati attuati in tali paesi. La ricorrente ha effettivamente ricevuto soltanto un prestito di ITL 1 358 505 421 (circa EUR 700 000) per sostenere i costi relativi alle strutture permanenti e le spese per la promozione commerciale in Estremo Oriente.

4        Il 9 novembre 2000 le stesse autorità hanno deciso di concedere alla ricorrente un secondo aiuto consistente in un altro prestito a tasso agevolato di ITL 3 603 574 689 (circa EUR 1,8 milioni) (in prosieguo: il «secondo prestito»). Il programma finanziato da tale prestito doveva essere attuato in Cina congiuntamente dalla ricorrente e dalla Wam Bulk Handling Machinery Shangai Co. Ltd, un’impresa locale controllata al 100% dalla ricorrente.

 La decisione del 2004

5        A seguito di una denuncia pervenuta nel 1999, relativa a presunti aiuti a favore della ricorrente, e di scambi di corrispondenza in proposito con le autorità italiane, la Commissione delle Comunità europee ha deciso, il 21 gennaio 2003, di avviare il procedimento d’indagine formale previsto dall’articolo 88, paragrafo 2, CE.

6        All’esito di tale procedimento, il 19 maggio 2004, la Commissione ha adottato la decisione 2006/177/CE, relativa all’aiuto di Stato C 4/03 (ex NN 102/02), al quale l’Italia ha dato esecuzione in favore di Wam SpA (GU 2006, L 63, pag. 11; in prosieguo: la «decisione del 2004»). In tale decisione, la Commissione ha ritenuto che il primo prestito ed il secondo prestito (in prosieguo, congiuntamente: i «prestiti in questione» o gli «aiuti in questione») costituissero aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, e che, non essendo stati previamente notificati, tali aiuti fossero illegittimi. La decisione del 2004 ordinava il recupero della parte di detti aiuti considerata incompatibile con il mercato comune.

 Le sentenze Wam I e Wam II

7        Con atti introduttivi depositati nella cancelleria del Tribunale rispettivamente il 22 luglio ed il 2 agosto 2004, la Repubblica italiana e la ricorrente hanno proposto ricorsi diretti, segnatamente, all’annullamento della decisione del 2004.

8        Con la sentenza del 6 settembre 2006, Italia e Wam/Commissione (T‑304/04 e T‑316/04, non pubblicata nella Raccolta; in prosieguo: la sentenza «Wam I»), il Tribunale ha accolto il motivo, sollevato in entrambi i ricorsi, attinente all’insufficienza di motivazione della decisione impugnata con riferimento ai requisiti per l’applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE e, per l’effetto, ha annullato la decisione del 2004. Quanto al resto, i ricorsi sono stati invece respinti.

9        Con ricorso depositato nella cancelleria della Corte il 30 novembre 2006, la Commissione ha proposto impugnazione, diretta, segnatamente, all’annullamento della sentenza Wam I.

10      Con la sentenza del 30 aprile 2009, Commissione/Italia e Wam (C‑494/06 P, Racc. pag. I‑3639; in prosieguo: la sentenza «Wam II»), la Corte ha respinto l’impugnazione della Commissione.

 La decisione impugnata

11      Il 24 marzo 2010 la Commissione ha adottato la decisione 2011/134/UE, relativa all’aiuto di Stato C 4/03 (ex NN 102/02) al quale l’Italia ha dato esecuzione in favore di Wam SpA (GU 2011, L 57, pag. 29; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

12      La decisione impugnata è stata notificata alla ricorrente dalle autorità italiane il 7 maggio 2010.

13      Gli articoli 1 e 2 della decisione impugnata hanno il seguente tenore:

«Articolo 1

Gli aiuti concessi [alla ricorrente] a norma della legge [n. 394] rientrano nel campo d’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, del TFUE.

Detti aiuti non sono stati preventivamente notificati alla Commissione, in violazione dell’articolo (…) 108, paragrafo 3, del TFUE e costituiscono pertanto aiuti illegittimi, fatta eccezione per la parte di aiuto esentato in base ad un’esenzione per categoria.

Articolo 2

1. L’aiuto di importo pari a 108 165,10 EUR che l[a Repubblica italiana] ha concesso [alla ricorrente] il 24 novembre 1995 sotto forma di misura di aiuto sui tassi d’interesse costituisce un aiuto di Stato. La parte di tale aiuto corrispondente ai costi ammissibili relativi a servizi di consulenza, partecipazione a fiere ed esposizioni e studi di mercato, equivalente a 6 489,906 EUR costituisce un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno.

[La Repubblica italiana] adotta tutti i provvedimenti necessari per recuperare dal beneficiario, [la ricorrente], l’importo di aiuto incompatibile, equivalente a 101 675,194 EUR.

2. L’aiuto di importo pari a 176 329 EUR che [la Repubblica italiana] ha concesso [alla ricorrente] il 9 novembre 2000 sotto forma di misura di aiuto sui tassi di interesse costituisce un aiuto di Stato. La parte di tale aiuto corrispondente ai costi ammissibili relativi a misure di formazione, equivalente a 2 380,44 EUR, costituisce un aiuto di Stato compatibile con il mercato interno.

[La Repubblica italiana] adotta tutti i provvedimenti necessari per recuperare dal beneficiario, [la ricorrente], l’importo di aiuto incompatibile, equivalente a 173 948,56 EUR.

3. Gli interessi sugli importi da recuperare in base alla presente decisione sono calcolati dalla data in cui gli aiuti di Stato incompatibili sono stati messi a disposizione del beneficiario, [la ricorrente], fino all’effettivo recupero.

(…)».

 Procedimento e conclusioni delle parti

14      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 luglio 2010, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

15      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Quinta Sezione) ha deciso di aprire la fase orale e, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento di cui all’articolo 64 del regolamento di procedura del Tribunale, ha posto per iscritto un quesito alle parti, al quale queste ultime hanno risposto nel termine impartito.

16      All’udienza del 28 marzo 2012, le parti sono state ascoltate nelle loro difese e nelle loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale.

17      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare, in tutto o in parte, la decisione impugnata, nella parte in cui:

–        dichiara che essa ha beneficiato di un aiuto di Stato illegittimo, a motivo dei prestiti in questione;

–        dichiara che detti aiuti sono incompatibili con il mercato comune;

–        dispone il recupero di detti aiuti incompatibili;

–        condannare la Commissione alle spese.

18      Nella sua replica, la ricorrente chiede che il Tribunale voglia inoltre adottare alcuni mezzi istruttori.

19      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

20      A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente solleva sette motivi, vertenti:

–        su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, e dell’articolo 266 TFUE, su un errore manifesto di valutazione e su un difetto di motivazione;

–        su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, dell’articolo 108, paragrafo 1, TFUE, e dell’articolo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU L 83, pag. 1), su un’erronea valutazione dei fatti e su un’insufficienza della motivazione;

–        su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 3, dell’articolo 108, paragrafo 1, TFUE, dei regolamenti (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli [107 TFUE] e [108 TFUE] (GU L 214, pag. 3), (CE) n. 1998/2006 della Commissione, del 15 dicembre 2006, relativo all’applicazione degli articoli [107 TFUE] e [108 TFUE] agli aiuti d’importanza minore (de minimis) (GU L 379, pag. 5), (CE) n. 69/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, relativo all’applicazione degli articoli [107 TFUE] e [108 TFUE] agli aiuti d’importanza minore («de minimis») (GU L 10, pag. 30) e (CE) n. 70/2001 della Commissione, del 12 gennaio 2001, relativo all’applicazione degli articoli [107 TFUE] e [108 TFUE] agli aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese (GU L 10, pag. 33), e su un’insufficienza di motivazione;

–        su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e su un’errata valutazione dell’equivalente sovvenzione;

–        su una violazione dell’articolo 14 del regolamento n. 659/99 e dei princìpi della tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità;

–        su una violazione dell’articolo 108, paragrafo 2, e dell’articolo 266 TFUE, del regolamento n. 659/1999, del principio di buona amministrazione e dei diritti della difesa;

–        su una violazione dei princìpi di buona amministrazione, nonché dei doveri di diligenza e di sollecitudine.

 Sul primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, e dell’articolo 266 TFUE, su un errore manifesto di valutazione e su un difetto di motivazione

21      Con tale motivo, la ricorrente sostiene che la motivazione della decisione impugnata è, in sostanza, una riformulazione di argomenti delineati nella decisione del 2004 e nelle cause che hanno avuto esito nelle sentenze Wam I e Wam II, i quali sono stati considerati insufficienti. La Commissione non accorderebbe, in particolare, alcuna importanza alla circostanza che le misure in questione riguardino un programma di penetrazione commerciale in paesi terzi e concentrerebbe la sua motivazione sul requisito del pregiudizio alla concorrenza, senza compiere alcuna analisi quanto agli effetti di dette misure sugli scambi tra Stati membri. Pertanto, la Commissione avrebbe violato l’articolo 266 TFUE, omettendo di adottare i provvedimenti necessari per eliminare gli effetti dell’illegittimità accertata e non avrebbe né interpretato né applicato correttamente l’articolo 107 TFUE, reiterando una decisione non sufficientemente provata e motivata.

22      Il Tribunale ritiene opportuno analizzare separatamente i tre capi che compongono, in sostanza, tale motivo, i quali vertono, il primo, su un difetto di motivazione, il secondo, su una violazione dell’articolo 266 TFUE e, il terzo, su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e su un errore manifesto di valutazione.

 Sul primo capo, vertente su un difetto di motivazione

23      Si deve rammentare che, secondo costante giurisprudenza, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto in questione e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui l’atto controverso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice dell’Unione europea di esercitare il proprio controllo. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto l’accertamento se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (v. sentenza Wam II, punto 48, e giurisprudenza ivi citata).

24      Applicato alla qualificazione di una misura di aiuto, tale principio richiede che siano indicate le ragioni in base alle quali la Commissione ritiene che la misura di cui trattasi rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. A tal riguardo, anche qualora emerga dalle circostanze in cui l’aiuto è stato concesso che esso è atto ad incidere sugli scambi fra Stati membri e a falsare o a minacciare di falsare la concorrenza, la Commissione è tenuta quanto meno ad indicare tali circostanze nella motivazione della propria decisione (v. sentenza Wam II, punto 49, e giurisprudenza ivi citata).

25      In tale contesto, occorre precisare che, secondo giurisprudenza parimenti costante, per qualificare una misura nazionale come aiuto di Stato non è necessario dimostrare una reale incidenza dell’aiuto sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma basta esaminare se l’aiuto sia idoneo a incidere su tali scambi e a falsare la concorrenza (v. sentenza Wam II, punto 50, e giurisprudenza ivi citata).

26      Per quanto riguarda, più precisamente, il requisito dell’influenza sugli scambi tra Stati membri, dalla giurisprudenza risulta che quando l’aiuto concesso da uno Stato membro rafforza la posizione di un’impresa rispetto ad altre imprese concorrenti nell’ambito degli scambi tra Stati membri, questi ultimi devono ritenersi influenzati dall’aiuto (v. sentenza Wam II, punto 52, e giurisprudenza ivi citata).

27      Quanto al requisito della distorsione della concorrenza, occorre ricordare che gli aiuti diretti a sgravare un’impresa dai costi cui avrebbe dovuto normalmente far fronte nell’ambito della propria gestione corrente o delle proprie normali attività falsano in linea di principio le condizioni di concorrenza (v. sentenza Wam II, punto 54, e giurisprudenza ivi citata).

28      Nel caso di specie, si deve osservare che la Commissione ha esposto, ai punti 75‑100 della decisione impugnata, i motivi per cui ha ritenuto che i provvedimenti di cui trattasi costituissero aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

29      Nella decisione impugnata, infatti, dopo aver richiamato il testo di tale articolo e i requisiti che devono essere soddisfatti, ai sensi del medesimo, per qualificare una misura come aiuto di Stato (punti 75 e 76), la Commissione ha esaminato i requisiti relativi alle risorse pubbliche e all’imputabilità allo Stato (punti 77‑80), quello relativo alla sussistenza di un vantaggio selettivo (punti 81‑83) e, infine, quelli relativi agli effetti sugli scambi tra Stati membri e alla distorsione della concorrenza (punti 84‑100).

30      La ricorrente lamenta, più in particolare, un’insufficienza di motivazione della decisione impugnata rispetto a questi due ultimi requisiti.

31      Al riguardo, si deve rilevare che, nella decisione impugnata, dopo aver ricordato alcuni princìpi giurisprudenziali richiamati nella sentenza Wam II (punto 84), la Commissione ha in sostanza affermato che la ricorrente operava sui mercati europei ed internazionali, ne deteneva una quota cospicua e si trovava, effettivamente o potenzialmente, in concorrenza con altre società dell’Unione su tali mercati (punti 85 e 86). Essa ha quindi considerato che, grazie agli aiuti ricevuti, la ricorrente aveva rafforzato o era stata in grado di rafforzare la propria posizione complessiva sul mercato rispetto alle imprese di altri Stati membri che erano sue concorrenti, non soltanto effettive, ma anche potenziali (punto 87). A tal proposito, la Commissione si è richiamata alla giurisprudenza secondo la quale gli aiuti diretti ad alleviare a un’impresa le spese ch’essa stessa avrebbe dovuto normalmente sostenere nell’ambito della sua gestione corrente o delle sue normali attività falsano in linea di principio le condizioni di concorrenza.

32      La Commissione ha inoltre affermato che tre argomenti ulteriori suffragavano del pari la medesima conclusione (punto 88). In primo luogo essa ha sottolineato che era prevedibile che i prestiti in questione alterassero la normale situazione della concorrenza sul mercato, agevolando la ricorrente nell’esportazione dei propri prodotti verso i mercati esteri, in quanto i suoi concorrenti dell’Unione, effettivi o potenziali, avrebbero dovuto finanziare con fondi propri il loro programma di penetrazione su tali mercati (punto 89). In secondo luogo, essa ha rilevato che la ricorrente aveva ricevuto un aiuto per la realizzazione di un programma di penetrazione commerciale, aiuto che le aveva permesso di risparmiare risorse. Poiché la ricorrente ha investito nella penetrazione dei mercati esteri nell’intento di esportarvi la propria produzione, la Commissione ha considerato che tali risparmi potevano consentirle di esportare prodotti fabbricati nell’Unione verso i paesi terzi ad un prezzo inferiore o con la possibilità di realizzare un margine maggiore (punto 90). In terzo luogo, essa ha indicato che, poiché il denaro è fungibile, i ricavi di tale attività potevano essere reinvestiti nell’Unione. Essa ha del pari rilevato che l’aiuto sgravava la ricorrente dall’onere delle spese legate alla penetrazione dei mercati esteri, consentendole di utilizzare le risorse così risparmiate per consolidare la propria posizione sul mercato dell’Unione per altri scopi. Inoltre, essa ha sottolineato che, una volta avvenuta l’esportazione verso mercati terzi, i ricavi di tali esportazioni potevano essere reinvestiti nell’Unione (punto 91).

33      La Commissione ha quindi ritenuto che l’aiuto in questione avesse prodotto un impatto sul mercato dell’Unione e un effetto distorsivo rispetto ai concorrenti della ricorrente nell’Unione (punto 92).

34      Per quanto attiene all’influenza sugli scambi, la Corte ha rammentato che, secondo la giurisprudenza, allorché un aiuto finanziario concesso da uno Stato membro rafforza la posizione di un’impresa nei confronti di altre imprese concorrenti negli scambi tra Stati membri, questi sono da considerarsi influenzati dall’aiuto. Essa ha ritenuto che, nel caso di specie, dal momento che l’aiuto aveva rafforzato la posizione della ricorrente rispetto a quella dei suoi concorrenti dell’Unione, sia effettivi che potenziali, detto aiuto aveva avuto del pari un’incidenza sugli scambi all’interno dell’Unione (punto 93).

35      Riguardo all’ammontare dell’aiuto, dopo aver richiamato la giurisprudenza pertinente in materia (punto 94), la Commissione ha rilevato che, nel caso di specie, l’entità relativamente esigua degli aiuti non contraddiceva la sua conclusione secondo la quale essi avevano potuto incidere sugli scambi e sulla concorrenza. Secondo la Commissione, infatti, per quanto l’importo dell’aiuto sia piuttosto esiguo, in considerazione dell’intensa concorrenza, sia effettiva che potenziale, presente nel settore di attività della ricorrente, era perlomeno probabile che tali aiuti rischiassero di falsare la concorrenza e di alterare gli scambi all’interno dell’Unione (punti 94 e 95).

36      La Commissione ha pertanto concluso che era quantomeno probabile che l’aiuto concesso alla ricorrente dalla Repubblica italiana incidesse sugli scambi e provocasse una distorsione della concorrenza nel mercato interno (punto 96).

37      È giocoforza constatare, alla luce delle considerazioni che precedono, che la Commissione ha adeguatamente motivato la sua conclusione secondo la quale i provvedimenti in questione costituivano un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Essa ha, infatti, sufficientemente indicato le ragioni per le quali riteneva che tali misure rientrassero nell’ambito di applicazione di tale disposizione. In particolare, risulta che la Commissione ha addotto i motivi necessari per suffragare la sua posizione secondo la quale gli aiuti in questione incidevano sugli scambi tra Stati membri e falsavano o rischiavano di falsare la concorrenza.

38      Nessuno degli argomenti addotti dalla ricorrente può contraddire tale conclusione.

39      Anzitutto, si deve respingere l’argomento della ricorrente con il quale essa sostiene che la motivazione della decisione impugnata è, in sostanza, una mera riformulazione di argomenti delineati nella decisione del 2004 e nelle cause che hanno avuto esito nelle sentenze Wam I e Wam II.

40      Alcuni dei motivi esposti nella decisione impugnata erano certamente già presenti, in sostanza, nella decisione del 2004, che il Tribunale ha ritenuto, nella sentenza Wam I, non contenesse elementi sufficienti che permettessero di concludere che tutti i requisiti per l’applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, fossero soddisfatti.

41      Tuttavia, in primo luogo si deve rilevare che se tali elementi dei motivi dedotti nella decisione del 2004 sono stati considerati insufficienti per suffragare detta decisione, ciò non implica peraltro che i medesimi, di per sé, non siano pertinenti. Nelle sentenze Wam I e Wam II, infatti, il giudice dell’Unione si è limitato a dichiarare che la Commissione non aveva rispettato l’obbligo di indicare nella decisione del 2004 gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giustificazione giuridica di tale decisione e le considerazioni che avevano condotto l’istituzione ad adottare quest’ultima, senza per ciò stesso considerare che gli elementi presi in considerazione in tale decisione fossero inconferenti o erronei.

42      In secondo luogo si deve necessariamente constatare che, nella decisione impugnata, tali elementi sono stati precisati e corroborati da considerazioni specifiche e concrete. Diversamente da quanto afferma in sostanza la ricorrente, quindi, gli elementi relativi al fatto che essa operi nell’Unione e sui mercati internazionali, in cui si trova in concorrenza con altre imprese dell’Unione, e che essa abbia beneficiato di aiuti per poter penetrare nei mercati del Giappone e della Cina, sono pertinenti. Dal momento che essi sono stati sviluppati rispetto alla decisione del 2004, infatti, tali elementi consentono, nel contesto di una lettura d’insieme della decisione impugnata e, in particolare, tenuto conto degli elementi relativi alla posizione concorrenziale della ricorrente e al suo fatturato realizzato all’interno ed all’esterno dell’Unione, di comprendere l’affermazione della Commissione secondo la quale se le imprese concorrenti della ricorrente avessero deciso di esportare a loro volta i loro prodotti verso tali paesi, esse sarebbero state svantaggiate rispetto alla ricorrente che, per poter penetrare in tali mercati, ha beneficiato di aiuti. Essi consentono altresì di suffragare la conclusione della Commissione secondo la quale, grazie agli aiuti che la ricorrente ha ricevuto, quest’ultima ha rafforzato o è stata in grado di rafforzare la sua posizione sul mercato rispetto alle imprese di altri Stati membri che sono sue concorrenti, non soltanto effettive, ma altresì potenziali. Peraltro, siffatta considerazione sul rafforzamento della posizione della ricorrente rispetto a quella delle sue concorrenti non figurava nella decisione del 2004, come risulta dal punto 73 della sentenza Wam I.

43      In terzo luogo si deve sottolineare che, come si evince dal punto 32 supra, tali elementi sono stati completati da altri argomenti, contenuti, segnatamente, nei punti 88‑92, 94 e 95 della decisione impugnata.

44      A tal proposito, si deve rilevare che, per quanto riguarda gli argomenti esposti ai punti 88‑92 della decisione impugnata, è a motivo di una lettura erronea delle sentenze Wam I e Wam II che la ricorrente sostiene che essi sarebbero già stati esaminati e respinti.

45      Innanzitutto, infatti, l’argomento della ricorrente secondo il quale l’affermazione contenuta al punto 89 della decisione impugnata (v. punto 32 supra) costituisce una riformulazione della considerazione secondo la quale essa è presente negli scambi internazionali nell’ambito dei quali operano altre imprese concorrenti, dev’essere respinto. Detta affermazione costituisce in realtà un elemento concreto volto a chiarire che la ragione per la quale era prevedibile che i prestiti in questione alterassero la normale situazione della concorrenza sul mercato, agevolando le esportazioni della ricorrente verso i mercati esteri, risiede nel fatto che i suoi concorrenti dell’Unione, effettivi o potenziali, hanno dovuto finanziare con fondi propri i loro programmi di penetrazione dei mercati. Essa non verte pertanto sulla sola circostanza che la ricorrente partecipa agli scambi internazionali ove si trova in concorrenza con altre imprese. Si deve inoltre rilevare che la decisione del 2004 non contiene alcuna affermazione simile a quella esposta al punto citato. Occorre peraltro sottolineare che, nella sentenza Wam I, il Tribunale si è limitato a constatare, al punto 70, che la circostanza secondo la quale gli aiuti in questione erano idonei ad incidere sulla concorrenza, segnatamente a motivo della presenza di imprese dell’Unione che potevano trovarsi a concorrere sui mercati dei paesi terzi in cui la ricorrente intendeva stabilirsi, non trovava alcun riscontro nella decisione del 2004. Esso non ha escluso, al contrario, che tale circostanza potesse essere pertinente.

46      Inoltre, non si può ritenere, diversamente da quanto sostiene la ricorrente, che, mediante l’elemento esposto al punto 90 della decisione impugnata (v. punto 32 supra), la Commissione abbia rilevato che la ricorrente avesse ricevuto un vantaggio economico, circostanza che sarebbe già stata ritenuta insufficiente. Infatti, non soltanto le affermazioni contenute in detto punto non erano espressamente presenti nella decisione del 2004, ma esse consentono in ogni caso di comprendere concretamente e specificamente la ragione per la quale la Commissione ha ritenuto che la ricorrente avesse beneficiato di un vantaggio rispetto alle sue concorrenti e di precisare in quale misura la sua posizione è migliorata rispetto alla loro, elementi, questi, pertinenti per la qualificazione delle misure in questione come aiuti di Stati ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

47      Infine, per quanto riguarda le conseguenze del carattere fungibile del denaro, richiamate al punto 91 della decisione impugnata (v. punto 32 supra), si deve rilevare che esse sono state invocate, prima dell’adozione della citata decisione, unicamente nell’ambito delle argomentazioni della Commissione nel corso della causa che ha avuto esito nella sentenza Wam II. La Corte non si è per contro pronunciata in relazione alla loro pertinenza nell’ambito dell’esame della motivazione della decisione del 2004, relativa alla qualificazione degli aiuti in questione come aiuti di Stato. Peraltro, dal momento che un’argomentazione siffatta non figurava nella citata decisione, né il Tribunale, né la Corte avrebbero potuto statuire sulla sua pertinenza per valutare la sufficienza della motivazione di detta decisione. È pertanto a torto che la ricorrente sostiene che tale aspetto sarebbe già stato «dibattuto». In ogni caso, contrariamente a quanto asserito in sostanza dalla ricorrente, la Commissione non afferma, con le sue considerazioni, che qualsiasi aiuto alla penetrazione nei paesi terzi comporti per definizione un’alterazione della concorrenza nell’Unione. Infatti, gli elementi esposti al punto 91 della decisione impugnata corroborano specificamente e concretamente la conclusione della Commissione secondo la quale, nel caso di specie, gli aiuti in questione sono in grado di incidere sulla concorrenza nell’Unione. Ne risulta, in particolare, da un lato, che la Commissione ha considerato che l’aiuto percepito dalla ricorrente aveva sgravato quest’ultima dall’onere delle spese legate alla penetrazione dei mercati esteri, consentendole di utilizzare le risorse così risparmiate per consolidare la propria posizione sul mercato dell’Unione per altri scopi e, dall’altro, che, una volta avvenuta l’esportazione dei prodotti verso mercati terzi, i ricavi di tali esportazioni potevano essere reinvestiti nell’Unione.

48      Si deve poi rilevare che la ricorrente a torto sostiene che la Commissione non accorda alcuna importanza alla circostanza che le misure in questione riguardano un programma di penetrazione commerciale in paesi terzi e incentra la sua motivazione sul requisito del pregiudizio alla concorrenza, senza riservare alcuna specifica analisi al tema degli effetti di dette misure sugli scambi tra Stati membri.

49      Per quanto riguarda, in primo luogo, la circostanza che le misure in questione riguardano un programma di penetrazione commerciale, infatti, si deve ricordare che risulta dal punto 62 della sentenza Wam II che gli aiuti controversi non sono direttamente connessi all’attività del beneficiario sul mercato europeo, ma riguardano il finanziamento delle spese di penetrazione commerciale in Stati terzi. Ciò premesso, e a fortiori dal momento che si tratta di aiuti rispetto ai quali l’equivalente sovvenzione è di importo relativamente scarso, l’incidenza di tali aiuti sugli scambi e sulla concorrenza nell’Unione è meno immediata e più difficilmente percepibile, il che richiede che la Commissione motivi la propria decisione in maniera più approfondita.

50      Orbene, nel caso di specie, si deve necessariamente constatare che la motivazione della decisione impugnata soddisfa tale requisito.

51      Infatti, al di là degli elementi esposti ai punti 85‑87 della decisione impugnata, i suoi punti 89‑91 consentono parimenti di comprendere le ragioni per le quali la Commissione ha ritenuto che gli aiuti controversi fossero in grado di incidere sulla concorrenza nell’Unione, benché essi abbiano riguardato il finanziamento delle spese di penetrazione commerciale in Stati terzi. In tale contesto, si deve respingere l’argomento della ricorrente fondato sulla sentenza della Corte del 21 marzo 1990, Belgio/Commissione (C‑142/87, Racc. pag. I‑959). L’obbligo di motivazione, infatti, dev’essere valutato in funzione delle circostanze del caso di specie e nulla permette di considerare che gli elementi, esposti nella decisione in questione nella causa che ha avuto esito in tale sentenza e che la Corte ha considerato sufficienti per suffragare detta decisione, avrebbero dovuto necessariamente figurare nella decisione impugnata affinché essa soddisfacesse i requisiti dell’articolo 296 TFUE. Per i medesimi motivi si deve respingere l’argomento della ricorrente fondato sulla decisione 2003/595/CE della Commissione, del 5 marzo 2003, relativa all’erogazione di sovvenzioni intese a favorire la vendita e l’esportazione di prodotti del Land Meclemburgo-Pomerania anteriore (GU L 202, pag. 15), dal momento che gli elementi di motivazione di quest’ultima sono propri alle circostanze della causa che ha condotto alla sua adozione.

52      Quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale, nella decisione impugnata, non è stata esaminata la situazione del mercato europeo e internazionale nel quale essa opera, né l’eventuale interdipendenza fra il mercato dell’estremo oriente e il mercato europeo oppure i flussi delle importazioni e delle esportazioni, esso deve essere respinto in quanto inconferente. Infatti, dal momento che, come risulta dalle considerazioni che precedono, la Commissione ha sufficientemente esposto, in detta decisione, in quale misura gli aiuti in questione erano in grado di incidere sugli scambi tra gli Stati membri e falsavano o minacciavano di falsare la concorrenza, non le spettava procedere ad un’analisi economica della situazione effettiva del mercato di cui trattasi, della quota di mercato delle imprese beneficiarie degli aiuti, della posizione delle imprese concorrenti e delle correnti di scambi in oggetto tra Stati membri (v., in tal senso, sentenza Wam I, punto 64). Inoltre risulta dalla sentenza Wam I (punto 74) che la Commissione non deve necessariamente procedere ad un esame di tale interdipendenza tra il mercato europeo e quello dell’estremo oriente, ai fini dell’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Tuttavia risulta parimenti da tale sentenza che la mera constatazione della partecipazione della ricorrente agli scambi nell’Unione non basta a dimostrare l’incidenza sugli scambi medesimi o una distorsione della concorrenza e, pertanto, richiede un’analisi approfondita degli effetti degli aiuti, tenendo conto, segnatamente, della circostanza che essi finanziano spese sul mercato dell’estremo oriente nonché, eventualmente, dell’interdipendenza tra tale mercato e quello europeo (sentenza Wam I, punto 74). Orbene, nel caso di specie, come è già stato rilevato, la decisione impugnata consente di comprendere i motivi per i quali la Commissione ha ritenuto che, sebbene gli aiuti in questione fossero diretti a finanziare spese di penetrazione commerciale in paesi terzi, essi erano in grado di avere ripercussioni sugli scambi e sulla concorrenza in seno all’Unione. Tanto premesso, non era necessario che la Commissione apportasse precisazioni ulteriori quanto all’interdipendenza tra il mercato europeo e il mercato dell’estremo oriente.

53      In secondo luogo, per quanto riguarda l’incidenza sugli scambi tra Stati membri, la ricorrente sostiene a torto che la Commissione non ha fornito alcuna dimostrazione a tal proposito. Si deve necessariamente constatare, infatti, che la motivazione contenuta ai punti 93‑95 della decisione impugnata, letta unitamente a quella di cui ai punti 84‑91 di detta decisione, è sufficiente per comprendere l’iter logico della Commissione relativo all’incidenza degli aiuti controversi sugli scambi tra Stati membri, il quale tiene conto, peraltro, dell’entità relativamente esigua degli aiuti in questione. Essa fornisce, in particolare, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, le indicazioni pertinenti inerenti agli effetti prevedibili di detti aiuti. In ogni caso, la condizione dell’incidenza sugli scambi tra Stati membri e quella della distorsione della concorrenza sono strettamente connesse (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Capotorti in relazione alla sentenza della Corte del 17 settembre 1980, Philip Morris/Commissione, 730/79, Racc. pag. 2671, 2693) e non richiedono necessariamente analisi diversificate, purché la motivazione della Commissione faccia apparire in modo chiaro ed intelligibile in quale misura queste due condizioni sono soddisfatte, come avviene nel caso di specie.

54      Da tutto quanto precede risulta che il primo capo dev’essere respinto.

 Sul secondo capo, vertente su una violazione dell’articolo 266 TFUE

55      Nell’ambito del capo ora in esame, la ricorrente sostiene, in sostanza, che la Commissione ha omesso di adottare i provvedimenti necessari per eliminare gli effetti delle illegittimità accertate nella sentenza Wam I.

56      Al riguardo si deve ricordare che, in applicazione dell’articolo 266 TFUE, l’istituzione da cui promana l’atto annullato è tenuta a prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza di annullamento comporta.

57      Al fine di conformarsi ad una sentenza di annullamento e dare ad essa piena esecuzione, le istituzioni sono tenute a rispettare non solo il dispositivo della sentenza, ma anche la motivazione da cui quest’ultima discende e che ne costituisce il sostegno necessario, nel senso che è indispensabile per determinare il senso esatto di quanto è stato dichiarato nel dispositivo. Infatti, è tale motivazione che, da un lato, identifica la disposizione esatta considerata come illegittima e, dall’altro, evidenzia le ragioni esatte dell’illegittimità accertata nel dispositivo e che le istituzioni interessate devono prendere in considerazione nel sostituire l’atto annullato (sentenza della Corte del 26 aprile 1988, Asteris e a./Commissione, 97/86, 99/86, 193/86 e 215/86, Racc. pag. 2181, punto 27).

58      Nel caso di specie, la sentenza Wam I ha annullato la decisione del 2004 per insufficienza di motivazione in quanto essa non conteneva sufficienti elementi che consentissero di concludere nel senso che erano soddisfatti tutti i requisiti per l’applicazione dell’articolo 87, paragrafo 1, CE, conclusione confermata dalla sentenza Wam II.

59      Ne consegue che, al fine di conformarsi alle sentenze Wam I e Wam II, la Commissione, ai sensi dell’articolo 266 TFUE, doveva adottare una nuova decisione, adeguatamente motivata.

60      Poiché, come risulta dall’esame del primo capo, le censure della ricorrente inerenti alla motivazione della decisione impugnata relativa all’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE sono state respinte, si deve constatare che la Commissione ha preso, a tale proposito, i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza Wam I comportava.

61      Si deve dunque respingere il secondo capo.

 Sul terzo capo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e su un errore manifesto di valutazione

62      Occorre ricordare che, in forza dell’articolo 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale conformemente all’articolo 53, primo comma, del medesimo Statuto, nonché dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura, ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Secondo costante giurisprudenza, affinché un ricorso sia ricevibile, occorre che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, per lo meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto di ricorso stesso (v. sentenza del Tribunale del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, Racc. pag. II‑3601, punto 94 e giurisprudenza ivi citata).

63      Nel caso di specie, nel ricorso, la ricorrente non ha dedotto alcun elemento di fatto o di diritto a sostegno della sua censura vertente sulla violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Al riguardo, essa si è, infatti, limitata a sostenere che la Commissione non aveva correttamente interpretato ed applicato tale disposizione, reiterando una decisione non sufficientemente provata e motivata. Orbene, l’obbligo di motivazione costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente alla legittimità nel merito dell’atto controverso (sentenze della Corte del 2 aprile 1998, Commissione/Sytraval e Brink’s France, C‑367/95 P, Racc. pag. I‑1719, punto 67, e del 22 marzo 2001, Francia/Commissione, C‑17/99, Racc. pag. I‑2481, punto 35).

64      Analogamente, nel ricorso, la ricorrente non ha invocato alcun elemento atto a dimostrare l’esistenza di un qualunque errore manifesto di valutazione, limitandosi, di fatto, ad invocare il medesimo nel titolo del suo primo motivo.

65      Inoltre, si deve rilevare che, nella memoria di replica, la ricorrente non deduce alcun ulteriore elemento che consenta di corroborare a sufficienza l’asserita violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e l’asserito errore manifesto di valutazione. Essa si limita, infatti, ad affermare che l’errore manifesto di valutazione rileva ai fini dell’esame della fondatezza della motivazione e della correttezza dei suoi contenuti e che sempre in tale prospettiva essa ha dimostrato nel ricorso che la Commissione non aveva correttamente applicato l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

66      Sulla scorta di quanto precede, il terzo capo dev’essere respinto in quanto irricevibile.

67      Il primo motivo dev’essere pertanto interamente respinto.

 Sul secondo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, dell’articolo 108, paragrafo 1, TFUE, e dell’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 659/1999, su un’erronea valutazione dei fatti e su un’insufficienza di motivazione

 Sulla ricevibilità di taluni mezzi di prova in sede di replica

68      La ricorrente produce per la prima volta dinanzi al Tribunale, nella replica (allegati C 4‑C 13), alcuni documenti a sostegno del presente motivo.

69      Al riguardo, si deve rammentare che, a tenore dell’articolo 48, paragrafo 1, del regolamento di procedura, nella replica e nella controreplica le parti possono proporre nuovi mezzi di prova a sostegno delle loro argomentazioni, ma devono allora motivare il ritardo nella presentazione dei mezzi suddetti. Tuttavia, tale disposizione riguarda i mezzi di prova nuovi e dev’essere letta alla luce dell’articolo 66, paragrafo 2, di detto regolamento, che prevede espressamente che la prova contraria e l’ampliamento dei mezzi di prova restino riservati (sentenza della Corte del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, Racc. pag. I‑8417, punto 72, e sentenza del Tribunale del 12 settembre 2007, Commissione/Trends, T‑448/04, non pubblicata nella Raccolta, punto 52).

70      Nel caso di specie la ricorrente non ha apportato alcuna motivazione per giustificare specificamente il ritardo nella presentazione dei documenti prodotti negli allegati C 4‑C 13 alla replica. Si deve inoltre rilevare, in tale contesto, che tali documenti sono precedenti alla data di presentazione del ricorso in esame, e pure all’adozione della decisione del 2004, e nulla consente di dimostrare che la ricorrente non sarebbe stata in grado di produrli in sede di atto introduttivo. A tal proposito, in udienza la ricorrente ha indicato di aver sottolineato, nella replica, che tali documenti erano stati ottenuti in seguito ad una domanda di accesso al fascicolo detenuto dalle autorità italiane. Orbene, da un lato, tale circostanza è invocata, nella replica, soltanto in modo evasivo e senza alcun riferimento particolare alla produzione degli allegati di cui trattasi. Dall’altro, essa non può costituire una valida giustificazione della produzione tardiva, in quanto la ricorrente non ha sostenuto che non poteva presentare detta domanda di accesso in tempo utile per produrre i documenti in questione in sede di presentazione del ricorso.

71      Si deve peraltro constatare che i documenti di cui trattasi non costituiscono né un ampliamento di prova, in quanto la ricorrente non ha prodotto, nel suo atto introduttivo, alcun elemento di prova a sostegno del suo secondo motivo, né prove contrarie, giacché la Commissione non ha dedotto alcun elemento di prova a sostegno di detto motivo nel suo controricorso e si è, di fatto, limitata a rilevare che la ricorrente non ha suffragato le sue affermazioni.

72      Da quanto precede consegue che gli allegati C 4‑C 13 alla replica devono essere respinti in quanto irricevibili.

 Nel merito

73      Tale motivo si compone, in sostanza, di tre capi, vertenti, il primo, su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, e dell’articolo 108, paragrafo 1, TFUE, il secondo, su un’insufficienza di motivazione e, il terzo, su una violazione dell’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 659/1999 e su un’insufficienza di motivazione.

74      Prima di procedere nell’esame di tali capi, si deve immediatamente constatare che l’affermazione della ricorrente relativa ad una presunta valutazione erronea dei fatti è invocata soltanto nel titolo del presente motivo e che, nell’atto introduttivo, la ricorrente non sviluppa alcun argomento diretto a corroborarla specificamente ed indipendentemente dalle altre censure. Tale affermazione deve, pertanto, essere respinta.

–       Sul primo capo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, e dell’articolo 108, paragrafo 1, TFUE

75      Nell’ambito del capo ora in esame, la ricorrente afferma che le misure di sostegno alle esportazioni verso paesi terzi non ricadono nel campo di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e non possono essere assoggettate ad un controllo ai sensi dell’articolo 108 TFUE, il che troverebbe conferma nella prassi della Commissione.

76      A tal proposito, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, il concetto di aiuto corrisponde ad una situazione oggettiva, che dipende soltanto dalla questione se una misura statale conferisca o meno un vantaggio ad una o a talune imprese (sentenza del Tribunale del 4 marzo 2009, Associazione italiana del risparmio gestito e Fineco Asset Management/Commissione, T‑445/05, Racc. pag. II‑289, punto 145).

77      Nel caso di specie, come risulta dalla sentenza Wam I (punto 63) e dalla sentenza Wam II (punto 56), gli aiuti in questione sono volti a finanziare, mediante prestiti a tasso agevolato, spese di penetrazione commerciale in paesi terzi relative all’installazione di strutture permanenti ovvero al supporto promozionale.

78      Orbene, dal momento che l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non distingue gli interventi dello Stato a seconda delle loro cause o delle loro finalità, ma li definisce in funzione dei loro effetti, non può escludersi a priori che aiuti siffatti incidano sugli scambi tra Stati membri ovvero falsino o minaccino di falsare la concorrenza (v. sentenza Wam I, punto 63, e giurisprudenza ivi citata).

79      Ne consegue che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, non può escludersi che le misure di cui trattasi nel caso di specie ricadano nel campo di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e possano essere assoggettate ad un controllo ai sensi dell’articolo 108 TFUE.

80      Al riguardo si deve respingere l’affermazione della ricorrente secondo la quale aiuti alle esportazioni verso paesi terzi hanno storicamente trovato disciplina nell’articolo 112 CEE e, coerentemente, la Commissione si è astenuta da interventi in materia ai sensi delle norme sugli aiuti di Stato, salvo in talune ipotesi. La Corte ha già statuito, infatti, che, non essendo escluso che un aiuto all’esportazione incida sugli scambi tra gli Stati membri, l’articolo 112 CEE, che riguardava l’armonizzazione degli aiuti nazionali all’esportazione nell’ambito della politica commerciale comune, non precludeva l’applicazione degli articoli 92‑94 CEE (v., in tal senso, sentenza Belgio/Commissione, punto 51 supra, punto 32). Per gli stessi motivi, lo stesso è a dirsi dell’articolo 207 TFUE rispetto agli articoli 107‑109 TFUE.

81      Inoltre, dal fatto che la Commissione non sia intervenuta in forza delle norme in materia di aiuti di Stato su aiuti all’esportazione verso paesi terzi, non può desumersi che misure siffatte non costituissero aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107 TFUE, o che le medesime fossero autorizzate. Allo stesso modo, dalla circostanza che la Commissione abbia sollecitato gli Stati membri a porre fine ai regimi di aiuti all’esportazione all’interno dell’Unione non si può inferire che l’istituzione incoraggiasse, incondizionatamente, i regimi di aiuti all’esportazione verso paesi terzi o che essi non fossero assoggettati alle disposizioni in materia di aiuti di Stato.

82      Si deve del pari respingere l’argomento della ricorrente relativo ad una prassi decisionale anteriore della Commissione. Senza che sia necessario accertare se sussista la prassi invocata, si deve rilevare che essa non può incidere sulla validità della decisione impugnata, che può essere valutata solo alla luce delle norme oggettive del Trattato (v., in tal senso, sentenza della Corte del 20 maggio 2010, Todaro Nunziatina & C., C‑138/09, Racc. pag. I‑4561, punto 21). Infatti, la nozione di aiuto di Stato, poiché presenta carattere giuridico e dev’essere interpretata sulla base di elementi obiettivi (v., in tal senso, sentenza della Corte del 1° luglio 2008, Chronopost/UFEX e a., C‑341/06 P e C‑342/06 P, Racc. pag. I‑4777, punto 141), non può dipendere da una valutazione soggettiva della Commissione e dev’essere determinata indipendentemente da qualunque prassi anteriore di tale istituzione.

83      Per analoghi motivi, si deve respingere l’argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione ha sempre considerato incompatibili gli aiuti all’esportazione verso Stati membri, ma ha sempre ritenuto che gli aiuti all’esportazione verso paesi terzi non fossero assoggettati alle disposizioni in materia di aiuti di Stato.

84      Per giunta, nessun elemento consente di corroborare l’affermazione della ricorrente secondo la quale la Commissione ha sempre richiamato gli Stati membri a circoscrivere i regimi di aiuti all’esportazione ai flussi commerciali con i paesi terzi. Del pari la ricorrente non fornisce alcuna prova della sua asserzione secondo la quale la Repubblica italiana ha mantenuto in vigore gli aiuti all’esportazione verso i paesi terzi «con la piena condivisione della Commissione» né di quella secondo la quale la legge n. 394 è stata elaborata sulla base di chiare indicazioni formulate dalla Commissione. Nessun elemento avvalora ulteriormente l’allegazione, introdotta in sede di replica nell’ambito del terzo motivo, secondo la quale detta legge è sempre stata ritenuta coerente con le previsioni del Trattato in materia di aiuti di Stato.

85      Da quanto precede consegue che il primo capo dev’essere respinto.

–       Sul secondo capo, vertente su un’insufficienza di motivazione

86      Nell’ambito del capo ora in esame, la ricorrente sostiene che, ove la Commissione avesse voluto discostarsi dalla sua prassi, essa avrebbe dovuto fornire una motivazione precisa ed adeguata, assente nella fattispecie.

87      A tal proposito, è sufficiente ricordare che, poiché l’argomento della ricorrente relativo all’asserita prassi di cui trattasi è stato respinto nell’ambito dell’esame del primo capo, giacché essa non può incidere sulla validità della decisione impugnata, il capo ora in esame dev’essere respinto in quanto inconferente, poiché la Commissione non doveva fornire una motivazione in relazione a tale aspetto non pertinente. La Commissione non è, infatti, tenuta a prendere posizione su elementi che sono manifestamente irrilevanti, privi di senso o chiaramente secondari (v. sentenza Chronopost/UFEX e a., punto 83 supra, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).

88      In ogni caso, si deve rammentare che la Commissione non è tenuta ad indicare le ragioni per le quali essa ha compiuto, nelle proprie decisioni precedenti, una diversa valutazione di uno stesso regime (v., in tal senso, sentenza della Corte del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a., C‑89/08 P, Racc. pag. I‑11245, punto 73). Ne consegue che, a fortiori, non si può imporre alla Commissione di indicare i motivi per i quali essa ha valutato diversamente non già la stessa misura, bensì misure che hanno unicamente la medesima natura, come nel caso di specie.

89      Il secondo capo dev’essere pertanto del pari respinto.

–       Sul terzo capo, vertente su una violazione dell’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 659/1999 e su un’insufficienza di motivazione

90      Nell’ambito del capo ora in esame, la ricorrente deduce che, anche ammettendo che la Commissione abbia modificato la sua posizione, essa avrebbe dovuto, al massimo, ritenere che la legge n. 394 avesse natura di aiuto esistente, formulando una motivazione adeguata sul punto.

91      A tal proposito, è sufficiente rilevare che la ricorrente non fornisce, negli argomenti dell’atto introduttivo relativi al motivo ora in esame, alcun elemento di fatto o di diritto atto a dimostrare che la Commissione avrebbe dovuto ritenere che la legge n. 394 dovesse essere considerata come un regime di aiuti esistente ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 1, TFUE e dell’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 659/1999 e avrebbe dovuto illustrare, nella decisione impugnata, motivi specifici a riguardo. La ricorrente non ha peraltro indicato, nell’atto introduttivo, quale fra le cinque situazioni delineate dalla disposizione in parola e che consentirebbe di qualificare una misura d’aiuto come esistente sarebbe applicabile nel caso di specie.

92      Quanto agli argomenti sollevati dalla ricorrente, in sede di replica, a sostegno della sua censura secondo la quale la Commissione avrebbe dovuto considerare la legge n. 394 come un regime di aiuti esistente, essi saranno esaminati nell’ambito del primo capo del terzo motivo (v. punti 103‑105 infra), nel contesto del quale la ricorrente espone la sua allegazione relativa al carattere esistente del regime istituito da detta legge.

93      Salva tale riserva, pertanto, il capo ora in esame dev’essere parimenti respinto, nonché, per l’effetto, il secondo motivo nella sua interezza.

 Sul terzo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 3, e dell’articolo 108, paragrafo 1, TFUE, dei regolamenti nn. 800/2008, 1998/2006, 69/2001 e 70/2001, e su un’insufficienza della motivazione

94      Tale motivo si compone, in sostanza, di tre capi, relativi, il primo, alla legge n. 394, il secondo, al primo prestito e, il terzo, al secondo prestito.

 Sul primo capo, vertente sulla legge n. 394

95      Nell’ambito del capo ora in esame, la ricorrente sostiene che, ammesso che la legge n. 394 costituisca un regime di aiuti, la Commissione avrebbe dovuto considerare detta legge come un regime di aiuti esistente, in quanto essa ne era a conoscenza e non aveva mai sollevato obiezioni nei suoi confronti.

96      In subordine, la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe dovuto comunque procedere ad un esame della compatibilità della legge n. 394 alla luce delle disposizioni applicabili al momento della sua istituzione nel 1981, il che non è avvenuto nel caso di specie. Su questo punto, peraltro, la decisione impugnata non sarebbe motivata, se non in modo sommario.

–       Sulla censura vertente sul fatto che la Commissione avrebbe dovuto considerare la legge n. 394 come un regime di aiuti esistente

97      Si deve ricordare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha rilevato, al punto 101, che le autorità italiane avevano dichiarato che la legge n. 394 le era stata notificata, così come all’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Essa ha precisato, al punto 102, che le autorità italiane si riferivano, a tal proposito, alla comunicazione di alcuni dati, estremamente sintetici, relativi al regime di cui trattasi, in una tabella che le era stata trasmessa, indirizzati al comitato sovvenzioni dell’OMC o nel quadro della relazione annuale sugli aiuti di Stato nell’Unione, a partire almeno dalla sesta relazione, nel 1996. Detto regime, secondo il medesimo punto, è stato portato a conoscenza della Commissione nell’ambito della sua indagine sui regimi nazionali di sostegno agli investimenti diretti all’estero in vigore negli Stati membri. La Commissione ha considerato, peraltro, al punto 103, che tali tipi di comunicazione non potevano essere ritenuti conformi all’articolo 108, paragrafo 3, del TFUE. Essa ha concluso, al punto 104, che, non essendole stato notificato preventivamente affinché essa potesse valutarne la compatibilità con le regole in materia di aiuti di Stato, il regime di aiuti in questione era entrato in vigore in violazione di tale articolo ed era di conseguenza illegittimo.

98      Si deve necessariamente constatare, in primo luogo, che la ricorrente non ha sollevato alcun argomento atto a rimettere in discussione specificamente tale valutazione. Essa, infatti, non ha contestato esplicitamente la valutazione della Commissione secondo la quale le comunicazioni che essa avrebbe ricevuto del regime di cui trattasi, menzionate al punto 102 della decisione impugnata, non possono essere considerate conformi all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. Essa si è, infatti, limitata ad affermare, nell’ambito del presente motivo, che la Commissione ne era a conoscenza e non aveva sollevato obiezioni a tal riguardo, e, nell’ambito del secondo motivo, che detto regime era stato «notificato».

99      In secondo luogo, si deve ricordare che l’oggetto della disposizione introdotta dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE non costituisce un semplice obbligo di notifica, bensì un obbligo di previa notifica che, in quanto tale, comporta ed implica l’effetto sospensivo sancito dall’ultima frase di tale paragrafo (v., in tal senso, sentenza della Corte del 22 giugno 2000, Francia/Commissione, C‑332/98, Racc. pag. I‑4833, punto 32). Orbene, nel caso di specie, nessun elemento consente di considerare che la legge n. 394 è stata oggetto di una comunicazione previa alla sua attuazione, come prescritto dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, né la ricorrente sostiene che ciò sia avvenuto. In udienza, peraltro, la ricorrente ha preso atto del fatto che la Repubblica italiana ha riconosciuto, nell’ambito della causa T‑257/10, Italia/Commissione, che la legge n. 394 non era stata notificata alla Commissione prima della sua attuazione. Ciò premesso, si deve considerare che la Commissione ha correttamente ritenuto che il regime istituito dalla legge n. 394 fosse entrato in vigore in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE e fosse conseguentemente illegittimo, senza che sia necessario esaminare se il contenuto delle successive comunicazioni di tale legge di cui la Commissione aveva potuto venire a conoscenza permettesse di qualificarle come notifiche. Infatti, pur ammettendo che tali comunicazioni possano essere considerate sufficientemente precise e rispondenti ai requisiti formali imposti dalla giurisprudenza [v., a tal proposito, sentenze del Tribunale del 15 settembre 1998, BMF e EFIM/Commissione, T‑126/96 e T‑127/96, Racc. pag. II‑3437, punto 47, e del 5 agosto 2003, P & O European Ferries (Vizcaya) e Diputación Foral de Vizcaya/Commissione, T‑116/01 e T‑118/01, Racc. pag. II‑2957, punto 64], il che è contestato nel caso di specie, resta comunque il fatto che esse sono successive all’entrata in vigore della legge n. 394 e che esse non soddisfano quindi il requisito della previa notifica derivante dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE. A tal proposito, si deve constatare che una presa di conoscenza da parte della Commissione successiva all’entrata in vigore di tale legge non può ovviare all’assenza di previa notifica, dal momento che quest’ultima è l’unica in grado di assicurare il rispetto dell’effetto sospensivo derivante dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

100    Ne consegue che il regime istituito dalla legge n. 394 non è stato validamente notificato alla Commissione ed è pertanto illegittimo.

101    Orbene, si deve ricordare, da un lato, che qualsiasi apparente inerzia della Commissione rispetto ad una misura che potrebbe costituire un aiuto di Stato è priva di significato nel caso in cui un regime di aiuti non le sia stato notificato (v., in tal senso, sentenza della Corte dell’11 novembre 2004, Demesa e Territorio Histórico de Álava/Commissione, C‑183/02 P e C‑187/02 P, Racc. pag. I‑10609, punto 52), e, dall’altro, che il semplice fatto che la Commissione non abbia avviato, per un periodo di tempo relativamente lungo, alcuna indagine su una misura statale determinata non può di per sé conferire a tale misura il carattere oggettivo di aiuto esistente, se si tratta di un aiuto illegittimo (v. sentenza del Tribunale del 30 aprile 2002, Government of Gibraltar/Commissione, T‑195/01 e T‑207/01, Racc. pag. II‑2309, punto 129 e giurisprudenza ivi citata).

102    La ricorrente asserisce pertanto a torto che la Commissione, la quale era a conoscenza della legge n. 394 e non ha mai sollevato obiezioni nei suoi confronti, avrebbe dovuto considerare tale legge come un regime di aiuti esistente.

103    Per gli stessi motivi devono essere respinte le allegazioni, presentate dalla ricorrente in fase di replica nell’ambito del secondo motivo, secondo le quali, in sostanza, la Commissione era informata dei contenuti e della portata della legge n. 394 sin dal 1989 e disponeva regolarmente di informazioni sugli importi annualmente erogati e il regime di cui trattasi era stato incluso negli inventari degli aiuti esistenti. Si deve ritenere, infatti, che circostanze siffatte non consentano, alla luce della giurisprudenza citata al punto 101 supra, di concludere che il regime istituito da tale legge debba essere considerato come un regime di aiuti esistente. Ciò premesso, si deve del pari ricordare che la nozione di aiuto, esistente o nuovo, corrisponde ad una situazione oggettiva e non può dipendere dalla condotta o dalle dichiarazioni delle istituzioni (v. sentenza Commissione/Irlanda, punto 88 supra, punto 72), sicché, in caso di mancata decisione esplicita della Commissione in tal senso, il regime istituito dalla legge n. 394 non può, sulla base delle circostanze invocate dalla ricorrente, essere considerato come un regime di aiuti esistente.

104    Inoltre, anche supponendo che la ricorrente intenda fondare la sua argomentazione relativa al carattere esistente del regime di cui trattasi sull’articolo 1, lettera b), ii), del regolamento n. 659/1999, a tenore del quale per aiuto esistente s’intendono «gli aiuti autorizzati, ossia i regimi di aiuti e gli aiuti individuali che sono stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio», detto argomento dovrebbe essere respinto. Tale disposizione, infatti, contempla le misure di aiuto oggetto di una decisione di dichiarazione di compatibilità da parte della Commissione, decisione che è necessariamente esplicita (sentenza del Tribunale del 9 settembre 2009, Diputación Foral de Álava/Commissione, da T‑30/01 a T‑32/01 e da T‑86/02 a T‑88/02, Racc. pag. II‑2919, punti 195 e 196). Orbene, non è dimostrato che la Commissione abbia adottato una decisione esplicita relativa al regime istituito dalla legge n. 394. Per giunta, come già constatato al punto 83 supra, l’affermazione della ricorrente, contenuta nella replica, secondo la quale tale legge era da sempre ritenuta coerente con le previsioni del Trattato in materia di aiuti di Stato, non è validamente comprovata.

105    Si devono infine respingere le asserzioni, parimenti avanzate dalla ricorrente in sede di replica nell’ambito del secondo motivo, secondo le quali il regime istituito dalla legge n. 394 e gli aiuti in questione non erano aiuti di Stato al momento della loro erogazione, ma lo sono divenuti a causa di un’evoluzione del mercato comune, il che integra l’ipotesi che consente di considerare che un aiuto costituisca un aiuto esistente di cui all’articolo 1, lettera b), v), del regolamento n. 659/99. Nel caso di specie, infatti, da un lato, nessun elemento consente di considerare che gli aiuti in questione non fossero aiuti al momento della loro erogazione. Dall’altro, la ricorrente non ha dimostrato l’esistenza di un’evoluzione del mercato comune, in quanto, a tal proposito, essa si riferisce unicamente ad un’asserita evoluzione della prassi della Commissione.

–       Sulla censura, sollevata in subordine, secondo la quale la Commissione avrebbe dovuto procedere ad un esame della compatibilità della legge n. 394 alla luce delle disposizioni applicabili al momento della sua istituzione

106    Si deve innanzitutto rilevare che la ricorrente non invoca alcuna disposizione né alcun principio che avrebbero imposto alla Commissione di esaminare il regime di aiuti istituito dalla legge n. 394 e di valutare la compatibilità di quest’ultimo prima di analizzare gli aiuti erogati nell’ambito di detto regime.

107    Nel caso di specie, del resto, la Commissione ha ricevuto una denuncia riguardante non già il regime istituito dalla legge n. 394 in quanto tale, bensì aiuti che sarebbero stati accordati alla ricorrente. Orbene, l’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 prevede che, qualora la Commissione sia in possesso di informazioni relative ad un presunto aiuto illegale, da qualunque fonte esse provengano, essa esamina tali informazioni senza indugio. Per applicare correttamente le norme fondamentali del Trattato relative agli aiuti di Stato, la Commissione era pertanto tenuta a procedere a un esame diligente ed imparziale di tale denuncia (sentenza Commissione/Sytraval e Brink’s France, punto 63 supra, punto 62) e delle misure che essa riguarda.

108    Inoltre, dal momento che non è stato dimostrato che sulla Commissione gravasse un obbligo di procedere al preventivo esame della compatibilità della legge n. 394, essa, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 87 supra, non era tenuta ad indicare le ragioni che l’avevano condotta ad esaminare i prestiti in questione senza analizzare, preventivamente, la legge n. 394. In tali condizioni, le asserzioni della ricorrente relative al fatto che la motivazione fornita al punto 144 della decisione impugnata rappresenterebbe soltanto un «generico cenno» e che la giurisprudenza ivi richiamata non sarebbe trasponibile al caso di specie, devono pertanto essere respinte.

109    In ogni caso, tale motivazione, con la quale la Commissione indica, in sostanza, che la decisione impugnata non pregiudica la compatibilità della legge n. 394, in relazione alla quale essa, conformemente alla giurisprudenza, non ha ritenuto necessario avviare un procedimento, senza escluderne la possibilità, deve, nel caso di specie, essere considerata sufficiente. Quanto all’argomento secondo il quale la giurisprudenza invocata dalla Commissione a sostegno di tale motivazione non sarebbe trasponibile, la ricorrente si limita ad una mera affermazione e non indica le ragioni per le quali detta giurisprudenza non possa essere applicata.

110    Sulla scorta di quanto precede risulta che la Commissione non ha errato nel non effettuare un esame della compatibilità della legge n. 394 alla luce delle disposizioni applicabili al momento della sua emanazione, dato che, peraltro, la decisione impugnata non è inficiata da alcun difetto di motivazione a tal riguardo.

111    Dal momento che nessuna delle censure avanzate a sostegno del primo capo è fondata, quest’ultimo dev’essere respinto.

 Sul secondo capo, vertente sul primo prestito

112    Nell’ambito del capo ora in esame, la ricorrente sostiene, innanzitutto, che il primo prestito non può essere qualificato come un aiuto all’esportazione in senso stretto, come sostenuto dalla Commissione. Tale circostanza risulterebbe dalle sentenze Wam I e Wam II che, pertanto, con riferimento a questo profilo non sarebbero state correttamente eseguite. Tale prestito non sarebbe infatti subordinato ai flussi di esportazioni di prodotti da un paese verso un altro paese, caratteristica degli aiuti all’esportazione, ma sarebbe volto a concedere un’esigua agevolazione per l’avviamento di un’iniziativa. Inoltre, dal momento che il primo prestito produce un effetto di incentivazione sullo sviluppo delle imprese dell’Unione e che esso è di esiguo ammontare, sicché esso non pregiudica gli scambi tra Stati membri, la Commissione avrebbe dovuto riconoscere che esso era compatibile con il mercato comune ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE, conformemente alla sua prassi decisionale. La decisione impugnata sarebbe pertanto erronea sia perché si fonda su un apprezzamento errato della compatibilità dell’aiuto, sia perché non fornisce un’appropriata motivazione al riguardo. Infine, tale decisione sarebbe altresì erronea con riguardo alle valutazioni relative, in primo luogo, al regolamento n. 1998/2006, dal momento che il primo prestito non costituisce un aiuto all’esportazione escluso dall’ambito di applicazione di quest’ultimo, in secondo luogo, al regolamento n. 800/2008, dal momento che l’effetto di incentivazione che esso richiede è soddisfatto dalle modalità di esame da parte delle autorità nazionali competenti delle domande di prestito previste dalla legge n. 394 e in terzo luogo, in subordine, al regolamento n. 70/2001, dal momento che la sua inapplicabilità non è giustificata da alcuna motivazione particolare e che il primo prestito rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 4 di tale regolamento.

113    A tal proposito si deve constatare, in primo luogo, che è in ragione di una lettura manifestamente artificiosa della decisione impugnata che la ricorrente lascia intendere che la Commissione avrebbe qualificato il primo prestito come aiuto all’esportazione in senso stretto.

114    Infatti si deve ricordare che la Commissione ha sottolineato, al punto 109 della decisione impugnata, che, tenuto conto del fatto che il primo prestito aveva l’obiettivo di sovvenzionare un programma di penetrazione commerciale da realizzare al di fuori dell’Unione, esso doveva essere classificato come aiuto all’esportazione, cioè come un aiuto a favore di attività connesse all’esportazione, nel senso che esso era direttamente legato alla costituzione e al funzionamento di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse all’attività di esportazione. Lo stesso dicasi per il secondo prestito, giacché la Commissione ha considerato, come emerge dal punto 121 della decisione impugnata, che esso perseguiva lo stesso obiettivo del primo prestito ed era stato inoltre contratto per penetrare i mercati esteri ed esportare su tali mercati.

115    Ne consegue che la Commissione non ha ritenuto che i prestiti in questione costituissero aiuti all’esportazione in senso stretto o che essi fossero direttamente connessi ai quantitativi esportati, caratteristiche, queste, di detti aiuti, né, del resto, nessun elemento della decisione impugnata induce a ritenere che così sia. Essa ha per contro considerato si trattasse di aiuti in favore di attività connesse all’esportazione. Per pervenire a tale conclusione, la cui fondatezza sarà esaminata ai punti 128‑131 infra, risulta dalla decisione impugnata che la Commissione si è fondata sulla circostanza secondo la quale si tratta di aiuti a favore di un programma di penetrazione commerciale nei paesi terzi. Orbene, si deve necessariamente constatare che tale considerazione è conforme a quelle contenute ai punti 63 della sentenza Wam I e 56 della sentenza Wam II, a tenore delle quali gli aiuti in questione nel caso di specie sono volti a finanziare, mediante prestiti a tasso agevolato, spese di penetrazione commerciale in paesi terzi relative all’installazione di strutture permanenti ovvero al supporto promozionale. Sulla scorta di quanto precede, si deve respingere l’asserzione della ricorrente secondo la quale tali sentenze non sono state correttamente attuate dalla Commissione per quanto riguarda tali aspetti.

116    In secondo luogo, per quanto attiene all’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE, si deve rilevare che, in virtù di tale articolo, la Commissione dispone di un potere discrezionale il cui esercizio implica valutazioni di ordine economico e sociale (v. sentenza del Tribunale del 20 settembre 2007, Fachvereinigung Mineralfaserindustrie/Commissione, T‑375/03, non pubblicata nella Raccolta, punto 138 e giurisprudenza ivi citata).

117    Anche se la Commissione può stabilire norme generali di esecuzione che disciplinino l’esercizio di tale potere, essa non può totalmente privarsi, nel valutare un caso specifico, di detto potere discrezionale, in particolare quanto ai casi che non ha espressamente considerato o addirittura ha omesso di disciplinare nelle dette norme generali di esecuzione. Tale potere discrezionale, pertanto, non si esaurisce con l’adozione di siffatte norme generali e non esiste, in linea di principio, alcun ostacolo ad un’eventuale valutazione individuale al di fuori dell’ambito di dette norme, a condizione, tuttavia, che la Commissione rispetti le regole superiori di diritto, come le norme del Trattato nonché i princìpi generali di diritto dell’Unione (sentenza Fachvereinigung Mineralfaserindustrie/Commissione, punto 116 supra, punto 141).

118    Tuttavia, secondo costante giurisprudenza, quando la Commissione decide di avviare il procedimento previsto dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, spetta allo Stato membro e al potenziale beneficiario dell’aiuto di Stato far valere i propri argomenti per dimostrare che il progetto di aiuto corrisponde alle eccezioni previste in applicazione del Trattato, in quanto lo scopo del procedimento d’indagine formale è proprio quello di informare la Commissione su tutti gli elementi del caso di specie. Anche se è la Commissione a dover formulare chiaramente i propri dubbi sulla compatibilità dell’aiuto nel momento in cui dà avvio a un procedimento formale, al fine di consentire allo Stato membro e agli interessati di replicarvi nel migliore dei modi, resta il fatto che spetta in particolare a chi richiede l’aiuto fugare tali dubbi e dimostrare che il suo progetto di aiuto soddisfa le condizioni per la concessione (v. sentenza del Tribunale del 3 febbraio 2011, Italia/Commissione, T‑3/09, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

119    Sempre secondo tale giurisprudenza, l’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, pur imponendo alla Commissione di raccogliere i pareri degli interessati prima di adottare la propria decisione, non le vieta di concludere, in mancanza di tali osservazioni, che un aiuto è incompatibile con il mercato comune. In particolare, non può essere addebitato alla Commissione di non aver tenuto conto di eventuali elementi di fatto o di diritto che potevano esserle presentati nel corso del procedimento amministrativo, ma che non lo sono stati, non avendo la Commissione l’obbligo di esaminare d’ufficio o in via presuntiva quali elementi avrebbero potuto esserle sottoposti (v. sentenza Italia/Commissione, punto 118 supra, punto 84 e giurisprudenza ivi citata).

120    Poiché la legittimità di una decisione in materia di aiuti di Stato dev’essere valutata alla luce delle informazioni di cui la Commissione poteva disporre quando l’ha adottata, nessuno può valersi dinanzi al giudice dell’Unione di elementi che non sono stati dedotti durante il procedimento precontenzioso previsto dall’articolo 108 TFUE (v. sentenza Italia/Commissione, punto 118 supra, punto 85 e giurisprudenza ivi citata).

121    Nel caso di specie, nessun elemento consente di ritenere che, nel corso del procedimento d’indagine formale, le autorità italiane od anche la ricorrente abbiano sostenuto che le misure di cui trattasi dovessero essere considerate compatibili con il mercato comune in virtù dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE, né che esse abbiano apportato alla Commissione gli elementi necessari al riguardo. In particolare, nessun elemento indica che sia stato sostenuto o dimostrato che tali aiuti erano necessari per conseguire l’obiettivo di cui all’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE, come richiesto per l’applicazione di tale disposizione (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 7 giugno 2001, Agrana Zucker e Stärke/Commissione, T‑187/99, Racc. pag. II‑1587, punto 74, e dell’8 luglio 2010, Freistaat Sachsen e Land Sachsen‑Anhalt/Commissione, T‑396/08, non pubblicata nella Raccolta, punto 46).

122    Peraltro, interrogata al riguardo in udienza, la ricorrente non è stata in grado di indicare al Tribunale se essa avesse sostenuto che gli aiuti in questione ricadessero nell’ambito di applicazione dell’articolo 87, paragrafo 3, lettera c), CE. Quanto alle autorità italiane, risulta dal punto 74 della decisione impugnata che queste ultime hanno affermato, nel corso del procedimento d’indagine formale, che esse ritenevano che gli incentivi destinati al finanziamento di programmi da attuarsi al di fuori dell’Unione non rientrassero nell’ambito di applicazione di tale articolo, né tale constatazione è stata messa in discussione nel caso di specie dalla ricorrente.

123    Tanto premesso, la Commissione non era tenuta a fornire alcuna motivazione specifica relativa all’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE e non ha errato nel non esaminare la compatibilità del primo prestito direttamente rispetto a tale disposizione.

124    Quanto all’argomento secondo il quale, nella sua prassi decisionale, la Commissione aveva valutato positivamente misure analoghe, esso deve essere del pari respinto. Infatti, la legittimità di una decisione della Commissione che dichiara l’incompatibilità di un aiuto non può essere esaminata in base a una prassi decisionale precedente della Commissione, anche ammettendo che quest’ultima sia dimostrata (v., in tal senso, sentenza della Corte del 30 settembre 2003, Freistaat Sachsen e a./Commissione, C‑57/00 P e C‑61/00 P, Racc. pag. I‑9975, punti 52 e 53; sentenze del Tribunale del 15 giugno 2005, Regione autonoma della Sardegna/Commissione, T‑171/02, Racc. pag. II‑2123, punto 177, e del 4 marzo 2009, Italia/Commissione, T‑424/05, non pubblicata nella Raccolta, punto 174).

125    Ne consegue che l’argomento della ricorrente relativo all’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE, dev’essere respinto, senza che sia necessario pronunciarsi sull’asserito effetto di incentivazione dei prestiti controversi.

126    In terzo luogo, per quanto riguarda l’applicazione dei regolamenti nn. 70/2001, 1998/2006 e 800/2008, si deve rilevare che i loro articoli 1, paragrafo 2, lettera b), 1, paragrafo 1, lettera d), e 1, paragrafo 2, lettera a), rispettivamente, escludono dagli ambiti di applicazione dei medesimi regolamenti gli aiuti a favore di attività connesse all’esportazione, vale a dire gli aiuti direttamente connessi ai quantitativi esportati, alla costituzione e alla gestione di una rete di distribuzione o ad altre spese correnti connesse all’attività d’esportazione. Lo stesso dicasi per il regolamento n. 69/2001, al suo articolo 1, lettera c).

127    Orbene, è pacifico, come è stato rilevato e come sostenuto dalla ricorrente, che il primo prestito non è subordinato alle conseguenze dei flussi di esportazione e non è pertanto direttamente connesso ai quantitativi esportati.

128    Tuttavia, il finanziamento di spese quali quelle di cui trattasi nel caso di specie, ovvero spese di penetrazione commerciale in paesi terzi, relative alla realizzazione di strutture permanenti o al supporto promozionale, dà luogo ad aiuti a favore della costituzione e della gestione di una rete di distribuzione e di altre spese correnti connesse all’attività d’esportazione, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 70/2001, dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1998/2006 e dell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 800/2008.

129    Infatti, tenuto conto della loro natura, spese di penetrazione commerciale in paesi terzi quali quelle di cui trattasi nel caso di specie, che non riguardano attività produttive, devono essere considerate come spese correnti connesse all’attività di esportazione, o anche, per talune, quali quelle connesse all’ufficio di direttore delle vendite, come recanti un contributo alla costituzione di una rete di distribuzione.

130    Tale circostanza è peraltro confermata dal titolo della legge n. 394, sulla base della quale gli aiuti in questione sono stati erogati, nel quale si legge che essa concerne «misure a sostegno delle esportazioni italiane». Del pari, la ricorrente stessa ha affermato che l’incentivazione generata dai prestiti controversi era destinata all’avviamento di un’attività di commercializzazione in loco dei prodotti interessati, senz’alcuna delocalizzazione di attività produttive.

131    Ne consegue che il primo prestito era escluso dall’ambito di applicazione dei regolamenti nn. 70/2001, 1998/2006 e 800/2008.

132    La Commissione ha pertanto correttamente escluso l’applicabilità nel caso di specie del regolamento n. 1998/2006. Quanto ai regolamenti nn. 70/2001 e 800/2008, anche ammettendo che i motivi indicati dalla Commissione al punto 115 della decisione impugnata per escludere la loro applicabilità siano erronei o insufficienti, come asserito in sostanza dalla ricorrente, tale circostanza sarebbe priva di conseguenze sulla legittimità della citata decisione, dal momento che, in ogni caso, gli aiuti in questione non rientrano nel loro ambito di applicazione, come risulta dai punti 128‑131 supra.

133    Sulla scorta di tutto quanto precede, risulta che il terzo motivo, nel suo secondo capo, dev’essere respinto.

 Sul terzo capo, vertente sul secondo prestito

134    Nell’ambito del capo ora in esame, la ricorrente indica che le considerazioni suesposte relative al primo prestito varrebbero parimenti per il secondo prestito. Essa aggiunge che, sebbene nel 2000 essa fosse un’impresa di grandi dimensioni, la prassi della Commissione in tema di aiuti agli investimenti in paesi terzi, basata sull’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE, valutava comunque positivamente tali aiuti, anche ove erogati in favore di imprese siffatte. Infine, l’affermazione contenuta nella decisione impugnata secondo la quale essa aveva una filiale cinese interessata dal programma di penetrazione di cui al secondo prestito, non terrebbe conto del fatto che l’aiuto era stato richiesto in ragione dell’esigenza di promuovere e sviluppare sul mercato locale le attività del sito di produzione cinese.

135    Al riguardo, si deve innanzitutto respingere l’argomento della ricorrente relativo alla compatibilità del secondo prestito, nella parte in cui si basa su considerazioni analoghe a quelle proposte nell’ambito del secondo capo, per gli stessi motivi per cui quest’ultimo è stato respinto.

136    Successivamente, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente vertente sulla prassi decisionale della Commissione in materia di investimenti in paesi terzi, esso è inconferente per i motivi esposti al punto 124 supra.

137    Infine, si deve respingere l’asserzione della ricorrente per cui l’affermazione secondo la quale essa aveva una filiale sul mercato cinese interessata dal programma di cui al secondo prestito non tiene conto del fatto che tale prestito era stato richiesto in ragione dell’esigenza di promuovere e sviluppare sul mercato locale le attività del sito di produzione cinese. Infatti, tale asserzione è contraddetta dall’affermazione della ricorrente secondo la quale il secondo prestito era unicamente destinato a sostenere la penetrazione commerciale, rispettivamente in Giappone e Cina, nonché da una lettera indirizzata alla Commissione dalle autorità italiane, il 15 febbraio 2002, la quale indica che l’obiettivo della legge n. 394 è incoraggiare le imprese italiane ad investire in loco in strutture permanenti non produttive.

138    Pertanto, occorre respingere il terzo capo e, per ciò stesso, il terzo motivo nel suo complesso.

 Sul quarto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e su un’errata valutazione dell’equivalente sovvenzione

139    Il presente motivo si compone in sostanza di tre capi, vertenti, il primo, sulla mancata deduzione dall’equivalente sovvenzione del primo prestito dell’importo corrispondente alla soglia de minimis istituita dalla Commissione nella sua comunicazione relativa alla disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore delle piccole e medie imprese (GU 1992, C 213, pag. 2; in prosieguo: la «disciplina del 1992»), il secondo sull’omessa considerazione dell’estinzione anticipata del secondo prestito e, il terzo, sull’errata valutazione dell’equivalente sovvenzione dei prestiti in questione.

 Sul primo capo, vertente sulla mancata deduzione dell’importo corrispondente alla soglia de minimis istituita dalla disciplina del 1992 dall’equivalente sovvenzione del primo prestito

140    Nell’ambito del capo ora in esame la ricorrente fa osservare che, fondandosi sulla sua prassi anteriore e discostandosi dalla decisione del 2004, la Commissione non ha dedotto dall’equivalente sovvenzione del primo prestito l’importo ricadente nella soglia de minimis stabilita dalla disciplina del 1992, e che detta prassi non sarebbe univoca.

141    A tal proposito, si deve ricordare che l’istituzione, da parte della disciplina del 1992, di una regola, detta de minimis, era diretta, come risulta dal punto 3.2 di tale disciplina, a semplificare i procedimenti amministrativi a favore delle piccole e medie imprese, considerando che un aiuto che raggiunge un certo importo assoluto, al di sotto del quale l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE può essere ritenuto inapplicabile, non è più assoggettato all’obbligo della previa notifica alla Commissione in virtù dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

142    L’obiettivo perseguito mediante la predisposizione di tale regola era pertanto quello di semplificare i procedimenti amministrativi sia nell’interesse dei beneficiari degli aiuti di importanza relativamente esigua e quindi non idonei a falsare la concorrenza, sia di quello della Commissione, la quale deve poter concentrare le sue risorse sui casi di effettiva importanza a livello dell’Unione (v., in tal senso, sentenza della Corte del 7 marzo 2002, Italia/Commissione, C‑310/99, Racc. pag. I‑2289, punto 94).

143    Non si trattava, invece, di stabilire, per le misure che superano tale soglia, un importo da considerare come non rientrante nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e da dedurre dall’importo dell’aiuto di Stato di cui trattasi. In altre parole, l’istituzione della regola de minimis non intendeva stabilire una «franchigia» o una «deduzione» di EUR 50 000 per gli aiuti di Stato di importo superiore. Tale circostanza è peraltro confermata dal punto 3.2 della disciplina del 1992 che prevede che la soglia de minimis di EUR 50 000 prevista da tale disposizione si applichi a condizione che, in sostanza, l’importo totale dell’aiuto di cui l’impresa beneficia non sia superiore a tale somma.

144    Si deve del pari rilevare che il fatto di ammettere il frazionamento di un aiuto al fine di far beneficiare della regola de minimis una parte di esso non contribuirebbe al perseguimento dell’obiettivo di cui al punto 142 supra. Infatti, il semplice fatto di dedurre dall’importo di un aiuto previsto a favore di un’impresa l’importo corrispondente alla soglia de minimis non esime né la Commissione dal compito di dover esaminare la compatibilità con il mercato comune dell’aiuto in questione per l’importo che supera tale soglia, né l’impresa di cui è causa dall’onere di attendere l’esito di tale esame prima di poterne beneficiare o, nell’ipotesi di un aiuto illegittimo, di doverlo, eventualmente, restituire.

145    Per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo il quale la prassi della Commissione non consentirebbe di giustificare la sua conclusione, dal momento che esistono precedenti in senso opposto, esso dev’essere respinto poiché, anche ad ammetterne la fondatezza, resta tuttavia il fatto che non sarebbe possibile, nel caso di specie, applicare una deduzione dall’equivalente sovvenzione del primo prestito dell’importo corrispondente alla soglia de minimis prevista dalla disciplina del 1992, per i motivi esposti ai punti 141‑144 supra.

146    Quanto all’allegazione, presentata in sede di replica, secondo la quale la decisione impugnata non contiene alcuna motivazione del rialzo dell’importo dell’aiuto rispetto alla decisione del 2004 in ragione della mancata deduzione dell’importo corrispondente alla soglia de minimis istituita dalla disciplina del 1992, si deve necessariamente constatare che la Commissione non era tenuta a fornire alcuna motivazione quanto alla modifica della sua valutazione rispetto a quella contenuta nella decisione del 2004, dal momento che essa è stata annullata dalla sentenza Wam I e, di conseguenza, è stata espunta retroattivamente dall’ordinamento giuridico dell’Unione e dev’essere considerata nulla e non avvenuta (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 13 dicembre 1995, Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, T‑481/93 e T‑484/93, Racc. pag. II‑2941, punto 46). Si deve inoltre sottolineare che risulta dal punto 112 e dalla nota a piè di pagina n. 39 della decisione impugnata che è a motivo del fatto che una parte dell’aiuto supera la soglia de minimis che l’intero aiuto è ritenuto non rientrante nell’esenzione de minimis e per questo motivo considerato aiuto di Stato, conformemente alla prassi della Commissione.

147    Tutto ciò considerato, occorre respingere il primo capo del quarto motivo.

 Sul secondo capo, vertente sull’omessa considerazione dell’estinzione anticipata del secondo prestito

148    Nell’ambito del capo ora in esame, la Wam sostiene che, per quanto riguarda il calcolo dell’equivalente sovvenzione del secondo prestito, la decisione impugnata non considera l’estinzione anticipata di detto prestito.

149    A tal riguardo, da un lato, si deve rilevare che risulta espressamente dal punto 139 della decisione impugnata che l’equivalente sovvenzione del secondo prestito è stato determinato considerando l’ipotesi che i rimborsi siano stati eseguiti conformemente al calendario del rimborso.

150    Dall’altro, si deve constatare che nessun elemento consente di ritenere che prove atte a dimostrare che il rimborso anticipato del secondo prestito aveva avuto luogo siano state comunicate dalle autorità italiane alla Commissione prima dell’adozione della decisione impugnata. In particolare, senza che sia nemmeno necessario pronunciarsi sulla loro ricevibilità, nulla indica che gli ordini di bonifico del 10 agosto 2005, allegati alla replica, siano stati inviati alla Commissione prima di detta adozione. Lo stesso dicasi per le lettere del 27 luglio e del 5 agosto 2005, allegate al ricorso, che, inoltre, dimostrano soltanto che la ricorrente ha espresso, nel 2005, l’intenzione di anticipare il rimborso del secondo prestito, senza provare che ciò sia avvenuto. Quanto alla circostanza secondo la quale la ricorrente ha indicato, nell’ambito di una risposta ad un quesito del Tribunale nella causa T‑316/04, Wam/Commissione, che essa aveva deciso di estinguere anticipatamente il prestito, rimborsando il capitale, maggiorato degli interessi, si deve necessariamente rilevare che tale affermazione esprimeva soltanto un’intenzione.

151    In tali condizioni, la ricorrente non può validamente addebitare alla Commissione di aver commesso un errore non prendendo in considerazione il rimborso anticipato del secondo prestito in occasione dell’adozione della decisione impugnata. Per i medesimi motivi, la censura vertente sulla violazione del principio di buona amministrazione e del dovere di sollecitudine, dedotta per la prima volta in sede di replica, dev’essere respinta in quanto infondata, senza che sia nemmeno necessario pronunciarsi sulla sua ricevibilità.

152    Da ciò consegue che il capo ora esaminato dev’essere respinto.

153    In ogni caso si deve sottolineare, ad abundantiam, che in sede di replica la ricorrente ha prodotto alcuni elementi, nella specie gli ordini di bonifico del 10 agosto 2005, i quali dimostrano che l’estinzione anticipata si era effettivamente verificata. Inoltre, nella controreplica, la Commissione ha sottolineato che le autorità italiane l’avevano informata, il 29 settembre 2010, del nuovo calcolo dell’importo dell’aiuto da restituire a causa dell’estinzione anticipata del secondo prestito, che essa si era dichiarata pronta, il 20 dicembre 2010, ad accettare. Interpellata per iscritto in proposito dal Tribunale, la Commissione ha confermato di avere cooperato con le autorità italiane al fine di determinare l’importo dell’aiuto da restituire, comprensivo d’interessi. Essa ha inoltre indicato di aver espresso il suo accordo sul metodo di calcolo e l’importo dell’aiuto da restituire, il quale è stato stabilito ricorrendo al metodo fornito dalla Commissione nella decisione impugnata e tiene conto degli elementi presentati nel corso della fase di esecuzione di detta decisione, in particolare, del rimborso anticipato del secondo prestito e del periodo in cui le somme relative all’aiuto sono state trasferite su un conto bloccato. In udienza, la Commissione ha indicato che, se la decisione impugnata fosse confermata, essa applicherebbe, in sede di recupero, il metodo di calcolo e l’importo convenuti con le autorità italiane. Dal momento che tale metodo e tale importo tengono conto dell’estinzione anticipata del secondo prestito, le pretese della ricorrente derivanti dal capo in esame dovrebbero, in ogni caso, essere soddisfatte.

 Sul terzo capo, vertente sull’errata valutazione dell’equivalente sovvenzione dei prestiti in questione

154    Nell’ambito del capo ora in esame, la ricorrente sostiene che l’equivalente sovvenzione dei prestiti in questione avrebbe dovuto essere determinato in base alla differenza tra il tasso d’interesse di mercato praticato al momento della concessione delle singole rate di tali prestiti e l’interesse praticato in base a detti prestiti. Anche a voler impiegare il tasso d’interesse vigente alla data di erogazione della prima rata, il calcolo della Commissione sarebbe errato, dal momento che detto tasso sarebbe stato pari al 9,652% per il primo prestito (e non all’11,35%) e al 4,75% per il secondo prestito (e non al 5,70%). Peraltro, la questione era già stata sollevata dinanzi al Tribunale e la Commissione aveva indicato che il tasso di riferimento medio era pari al 7,61% per il primo prestito e al 5,51% per il secondo prestito. Di conseguenza, nella decisione impugnata l’equivalente sovvenzione sarebbe stato determinato erroneamente, incidendo sulla valutazione dei requisiti per l’applicazione dell’articolo 107, paragrafi 1 e 3, TFUE, sull’applicazione della soglia de minimis e sulla determinazione dell’importo soggetto a recupero.

155    Al riguardo, si deve ricordare che, come risulta dai punti 134 e 139 della decisione impugnata, la Commissione ha calcolato l’equivalente sovvenzione dei prestiti in questione sulla base della differenza tra il tasso d’interesse stabilito nei contratti di prestito e il tasso di riferimento in vigore alla data di concessione dei prestiti in questione, detraendo le parti di aiuti considerate compatibili con il mercato comune.

156    Tale metodo di valutazione dev’essere condiviso.

157    Infatti, in presenza di aiuto di Stato che rivesta la forma di prestito senza interesse o di prestito a tasso agevolato, l’aiuto è costituito dalla differenza tra gli interessi che sarebbero stati pagati se il tasso d’interesse corrispondente alle condizioni normali di mercato fosse stato applicato e quelli che sono stati effettivamente versati (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 30 aprile 1998, Cityflyer Express/Commissione, T‑16/96, Racc. pag. II‑757, punto 53). Qualora, quindi, come nel caso di specie, il vantaggio concorrenziale risieda nel tasso preferenziale accordato, la Commissione può legittimamente imporre l’applicazione del tasso che sarebbe stato pattuito in condizioni normali di mercato e la restituzione della differenza tra gli interessi che sarebbero stati pagati in tali condizioni e quelli effettivamente versati in base al tasso preferenziale accordato (v., in tal senso, sentenza Cityflyer Express/Commissione, cit., punto 56).

158    Dal momento che, in un’economia di mercato, i tassi sono idonei a fluttuare sia al rialzo sia al ribasso, in modo largamente imprevedibile per gli operatori interessati, in base al principio dell’investitore privato operante in un’economia di mercato un prestito dev’essere valutato dal punto di vista del creditore nel momento in cui tale prestito è stato accordato (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Jacobs nella causa che ha dato luogo alla sentenza della Corte del 3 luglio 2003, Belgio/Commissione, C‑457/00, Racc. pag. I‑6931, 6934, punto 91).

159    Sulla scorta di quanto precede risulta che, per calcolare il vantaggio effettivamente concesso al beneficiario di un aiuto di Stato in forma di prestito a tasso fisso agevolato, la Commissione può legittimamente comparare il tasso d’interesse praticato sul mercato al momento della concessione di detto prestito e quello effettivamente applicato nell’ambito del medesimo.

160    La ricorrente ha quindi errato nel sostenere che la Commissione avrebbe dovuto considerare il tasso d’interesse praticato sul mercato al momento del versamento della prima rata di ciascun prestito, quello praticato sul mercato al momento del versamento delle singole rate di ciascun prestito o un tasso di riferimento medio. In relazione a quest’ultimo punto, si deve ancora precisare che dalla circostanza che il Tribunale, nell’ambito della causa che ha avuto esito nella sentenza Wam I, ha chiesto alla Commissione di fornirgli il tasso di riferimento medio nell’arco della durata dei prestiti in questione, non può essere dedotto che l’equivalente sovvenzione di questi ultimi avrebbe dovuto essere calcolato sulla loro base o che la Commissione avrebbe dovuto procedere ad un esame specifico di tale aspetto.

161    Si deve pertanto respingere il capo ora esaminato e, di conseguenza, il quarto motivo nel suo complesso.

 Sul quinto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 14 del regolamento n. 659/1999 e dei princìpi della tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità

162    Con tale motivo, la ricorrente asserisce che la Commissione era da lungo tempo a conoscenza del regime di cui alla legge n. 394, ma che mai aveva sollevato obiezioni nei suoi confronti, né in relazione ad uno dei suoi casi di applicazione, in quanto i provvedimenti oggetto di tale regime erano coerenti con il suo orientamento. La Commissione avrebbe inoltre dato prova di una prolungata inerzia. Tali circostanze avrebbero ingenerato un legittimo affidamento circa la legittimità degli aiuti in questione, il che avrebbe dovuto indurre l’istituzione a non ordinare il recupero di detti aiuti, dato che, peraltro, ad esso osta anche il principio di proporzionalità.

163    A tal proposito si deve rammentare che, secondo quanto disposto dall’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999, nel caso di decisione negativa relativa ad un aiuto illegittimo, la Commissione emana una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario. Ai sensi della medesima disposizione, la Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione.

164    Nel caso di specie, la ricorrente invoca una violazione dei princìpi della tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità.

165    Quanto al principio della tutela del legittimo affidamento, si deve ricordare che, tenuto conto del carattere imperativo della vigilanza sugli aiuti statali operata dalla Commissione ai sensi dell’articolo 108 TFUE, le imprese beneficiarie di un aiuto possono fare legittimo affidamento, in linea di principio, sulla regolarità dell’aiuto solamente qualora quest’ultimo sia stato concesso nel rispetto della procedura prevista dal menzionato articolo. Un operatore economico diligente, infatti, deve normalmente essere in grado di accertarsi che tale procedura sia stata rispettata (v. sentenza della Corte del 23 febbraio 2006, Atzeni e a., C‑346/03 e C‑529/03, Racc. pag. I‑1875, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

166    Quando un aiuto è stato versato senza previa notifica alla Commissione ed è pertanto illegittimo in forza dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, il beneficiario dell’aiuto in questione non può riporre, a quel punto, alcun legittimo affidamento nella regolarità della concessione dello stesso (v. sentenza Atzeni e a., punto 165 supra, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

167    Nel caso di specie, come risulta dall’esame del terzo motivo, il regime istituito dalla legge n. 394 è entrato in vigore in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE ed è pertanto illegittimo.

168    Ne consegue che gli aiuti in questione, concessi sulla base di tale regime e che non sono stati regolarmente notificati prima della loro erogazione, come rilevato dalla Commissione al punto 132 della decisione impugnata, senza essere contraddetta dalla ricorrente, e come riconosciuto dalla Repubblica italiana in udienza nella causa T‑257/10 in risposta ad un quesito del Tribunale, circostanza della quale la ricorrente ha preso atto in udienza nella presente causa, sono del pari illegittimi, come rilevato dalla Commissione al punto 104 della decisione impugnata.

169    Orbene, diversamente da quanto vale per gli Stati membri, non può escludersi la possibilità per il beneficiario di un aiuto illegittimamente concesso di invocare circostanze eccezionali sulle quali egli abbia potuto fondare il proprio affidamento nella regolarità di tale aiuto, e di opporsi, di conseguenza, alla sua restituzione (sentenze della Corte del 24 novembre 1987, RSV/Commissione, 223/85, Racc. pag. 4617, punto 17; del 10 giugno 1993, Commissione/Grecia, C‑183/91, Racc. pag. I‑3131, punto 18; Italia/Commissione, punto 142 supra, punto 103, e Demesa e Territorio Histórico de Álava/Commissione, punto 101 supra, punto 51; sentenza BFM e EFIM/Commissione, punto 99 supra, punto 69).

170    Tuttavia, nel caso di specie, nessuno degli elementi dedotti dalla ricorrente dimostra l’esistenza di circostanze eccezionali in grado di fondare un legittimo affidamento nella regolarità dell’aiuto risultante dai prestiti in questione.

171    La circostanza che la Commissione fosse da tempo a conoscenza della legge n. 394 e non avesse mai sollevato obiezioni nei suoi confronti, né in relazione ad uno dei suoi casi di applicazione, è irrilevante dal momento che, in forza della giurisprudenza citata al punto 101 supra, una circostanza siffatta è priva di significato e non può dunque ingenerare un legittimo affidamento nella regolarità degli aiuti in questione. Quanto alle asserzioni secondo le quali, da un lato, la legge n. 394 è stata adottata sulla base dell’orientamento della Commissione e, dall’altro, le misure oggetto di tale regime sono coerenti con quest’ultimo, si deve ricordare che esse sono state respinte nell’ambito del secondo motivo. Per quanto riguarda l’asserito cambiamento di approccio della Commissione rispetto agli aiuti all’internazionalizzazione, nessun elemento consente di ritenere che esso possa costituire una circostanza eccezionale come sostiene la ricorrente nella replica, e ciò a fortiori dal momento che, come sottolineato al punto 82 supra, l’asserita prassi anteriore della Commissione non è un elemento che consente di inficiare la validità della decisione impugnata. Infine, per quanto riguarda l’argomento vertente sull’asserita inerzia prolungata della Commissione nel corso del procedimento di valutazione dei prestiti in questione, comportante la violazione del principio di buona amministrazione e del dovere di sollecitudine, la ricorrente rinvia alle deduzioni sviluppate nell’ambito del settimo motivo. Orbene, risulta dall’esame di tale motivo (punti 192‑204 infra) che la Commissione non ha dimostrato un’inerzia prolungata, né nella fase dell’esame preliminare né della procedura di indagine formale, e che la durata del procedimento non può essere considerata eccessiva rispetto alle circostanze del caso di specie.

172    Non è stata pertanto dimostrata alcuna circostanza eccezionale idonea a fondare un affidamento legittimo nella regolarità dei prestiti in questione.

173    Per quanto riguarda, in secondo luogo, il principio di proporzionalità, si deve necessariamente constatare che la ricorrente non sviluppa, nel ricorso, alcun argomento ad esso riferibile. Di conseguenza, nella parte in cui richiama tale principio, il motivo in esame è irricevibile.

174    In ogni caso, anche supponendoli ricevibili, gli argomenti dedotti dalla ricorrente nella replica e che potrebbero essere considerati come afferenti alla violazione di tale principio non sono fondati. Infatti la ricorrente sostiene che il recupero appare illegittimo e sproporzionato rispetto all’annullamento della decisione del 2004 e che non si può ritenere che, durante il contenzioso relativo a tale decisione, essa abbia continuato a beneficiare di un vantaggio non dovuto. Essa sostiene, infatti, di aver depositato gli importi da restituire su un conto bloccato. Inoltre la Commissione, che era all’origine dell’impugnazione, avrebbe potuto, sin dalla pronuncia della sentenza Wam I, adottare una nuova decisione.

175    Orbene, al riguardo si deve necessariamente constatare che risulta dal punto 142 della decisione impugnata che la Commissione ordina il recupero di interessi, conformemente all’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 659/1999, soltanto per il periodo in cui l’aiuto è rimasto a disposizione dell’impresa. Ne consegue che, se la ricorrente non ha avuto a disposizione gli aiuti per un certo periodo, la decisione impugnata non le impone di restituire gli interessi relativi allo stesso, sicché detta decisione non viola il principio di proporzionalità.

176    A tal riguardo, si deve rilevare che risulta dal fascicolo che la Commissione ha accettato che l’importo da recuperare non generi interessi per il periodo dal 20 gennaio 2005 al 21 settembre 2006, dato il deposito della somma della quale la decisione del 2004 disponeva la restituzione su un conto bloccato. Al contrario, in udienza la ricorrente ha indicato che, in seguito alla sentenza Wam I, gli importi di cui trattasi non erano rimasti bloccati e le erano stati restituiti, con la conseguenza che, nel corso di tale periodo, essa ne aveva beneficiato. Inoltre, non può essere addebitato alla Commissione di non aver adottato una nuova decisione sin dalla pronuncia della sentenza Wam I, dal momento che essa si è avvalsa della possibilità, offerta dall’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE e dall’articolo 56 dello Statuto della Corte, di proporre impugnazione avverso tale sentenza, non essendo quest’ultima definitiva, nonostante la carenza di efficacia sospensiva di detta impugnazione.

177    Da tutte le suesposte considerazioni emerge che il quinto motivo dev’essere respinto.

 Sul sesto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 108, paragrafo 2, e dell’articolo 266 TFUE, del regolamento n. 659/1999, del principio di buona amministrazione e dei diritti della difesa

178    Con tale motivo, la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe dovuto condurre, a seguito delle sentenze Wam I e Wam II, un supplemento di istruttoria ed un riesame dei prestiti in questione nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, prendendo segnatamente in considerazione gli elementi specifici e concreti che caratterizzano la fattispecie. A suo avviso, se la Commissione avesse svolto il riesame ed il supplemento di istruttoria suddetti, il procedimento avrebbe condotto ad un risultato differente.

179    In limine, si deve rilevare che, nella parte in cui il motivo ora in esame si fonda su una violazione dei diritti della difesa, esso deve essere esaminato prendendo in considerazione il diritto di cui dispongono gli interessati, in forza dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, di presentare osservazioni durante la fase di esame prevista da tale disposizione e non i diritti della difesa, che spettano solo agli Stati quali parti ai procedimenti di esame di aiuti di Stato (v., in tal senso, sentenza della Corte del 24 settembre 2002, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, C‑74/00 P e C‑75/00 P, Racc. pag. I‑7869, punti 80‑83).

180    Si deve inoltre ricordare che il procedimento diretto a sostituire un atto illegittimo che è stato annullato può essere ricominciato dal punto preciso in cui l’illegittimità si è verificata (v. sentenza della Corte del 3 ottobre 2000, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, C‑458/98 P, Racc. pag. I‑8147, punto 82, e giurisprudenza ivi citata, e sentenza del Tribunale del 9 luglio 2008, Alitalia/Commissione, T‑301/01, Racc. pag. II‑1753, punti 99 e 142).

181    Secondo costante giurisprudenza, l’annullamento di un atto dell’Unione non incide necessariamente sugli atti preparatori (sentenza della Corte del 12 novembre 1998, Spagna/Commissione, C‑415/96, Racc. pag. I‑6993, punto 32; v. parimenti, in tal senso, sentenza della Corte del 13 novembre 1990, Fedesa e a., C‑331/88, Racc. pag. I‑4023, punto 34). In particolare, l’annullamento di un atto che pone fine ad un procedimento amministrativo comprendente varie fasi non comporta necessariamente l’annullamento di tutto il procedimento precedente l’adozione dell’atto impugnato indipendentemente dai motivi, di merito o procedurali, della sentenza di annullamento (sentenze del Tribunale del 15 ottobre 1998, Industrie des poudres sphériques/Consiglio, T‑2/95, Racc. pag. II‑3939, punto 91, e Alitalia/Commissione, punto 180 supra, punto 100).

182    Pertanto, qualora, pur in presenza di atti istruttori che consentono un’analisi esauriente della compatibilità dell’aiuto, l’analisi operata dalla Commissione si riveli incompleta e comporti quindi l’illegittimità della decisione, il procedimento diretto a sostituire tale decisione può essere riassunto a questo punto procedendo a una nuova analisi degli atti istruttori (v., in tal senso, sentenza Spagna/Commissione, punto 181 supra, punto 34).

183    Nel caso di specie, come già rilevato, l’illegittimità della decisione del 2004, dichiarata dal Tribunale nella sentenza Wam I e comportante l’annullamento di detta decisione, riguardava l’insufficienza di motivazione della medesima. In tale sentenza, il Tribunale si è, infatti, limitato a dichiarare che tale decisione non conteneva sufficienti elementi che consentissero di concludere nel senso che erano soddisfatti tutti i requisiti per l’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, il che è stato confermato dalla Corte nella sua sentenza Wam II. La ricorrente pertanto non ha ragione di asserire che le sentenze Wam I e Wam II abbiano influenzato la sostanza della decisione del 2004, in particolare la qualificazione delle misure in questione come aiuti di Stato.

184    L’illegittimità della decisione del 2004 è pertanto intervenuta al momento dell’adozione di quest’ultima e non riguarda il procedimento ad essa precedente, in relazione al quale nessun elemento consente di concludere che esso sia stato, di per sé, inficiato da una qualsiasi illegittimità.

185    L’esecuzione delle sentenze Wam I e Wam II non imponeva pertanto alla Commissione di riassumere integralmente il procedimento previsto all’articolo 108 TFUE (v., in tal senso e per analogia, sentenza Spagna/Commissione, punto 181 supra, punto 34).

186    In tali condizioni, contrariamente a quanto asserito dalla ricorrente, la Commissione non ha errato, a seguito delle sentenze Wam I e Wam II, nel non avviare un nuovo procedimento d’indagine formale al fine di condurre un supplemento di istruttoria ed un riesame degli aiuti in questione.

187    Quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione avrebbe dovuto assicurare ad essa ed alle autorità italiane il beneficio del principio del contraddittorio sul mutato quadro normativo di valutazione della compatibilità degli aiuti in questione, si deve ricordare che gli interessati, lungi dal potersi valere dei diritti della difesa spettanti a coloro nei cui confronti è aperto un procedimento, dispongono soltanto del diritto di essere associati al procedimento amministrativo in misura adeguata, tenuto conto delle circostanze del caso di specie (sentenze del Tribunale del 25 giugno 1998, British Airways e a./Commissione, T‑371/94 e T‑394/94, Racc. pag. II‑2405, punti 59 e 60, e del 6 marzo 2003, Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein-Westfalen/Commissione, T‑228/99 e T‑233/99, Racc. pag. II‑435, punto 125). La ricorrente non può quindi invocare una violazione del principio di buona amministrazione o dei suoi diritti della difesa in quanto la Commissione non avrebbe assicurato il principio del contraddittorio relativamente all’applicazione della richiamata normativa.

188    In ogni caso, affinché una siffatta violazione dei diritti della difesa comporti un annullamento, occorre che, in assenza di tale irregolarità, il procedimento potesse concludersi con un risultato differente (sentenze della Corte dell’11 novembre 1987, Francia/Commissione, 259/85, Racc. pag. 4393, punti 12 e 13, e del 14 febbraio 1990, Francia/Commissione, C‑301/87, Racc. pag. I‑307, punti 30 e 31). Orbene, ciò non accade nel caso di specie, dal momento che, come risulta dall’esame del terzo motivo, la Commissione ha correttamente considerato che i regolamenti nn. 1998/2006 e 800/2008 non potevano giustificare la compatibilità degli aiuti in questione. Anche se la ricorrente avesse presentato le sue osservazioni relativamente all’applicazione di tali regolamenti, la decisione impugnata non si sarebbe pertanto conclusa con un diverso risultato.

189    Anche ammettendo, infine, che con tale motivo la ricorrente intenda dedurre una censura vertente sulla violazione dei diritti della difesa della Repubblica italiana, si deve dichiarare che gli unici atti successivi alla decisione del 2004 dei quali la Commissione ha considerato l’applicazione nella decisione impugnata sono il regolamento n. 1998/2006 ed il regolamento n. 800/2008. Orbene, detti regolamenti si basano su princìpi sostanzialmente identici a quelli dei regolamenti nn. 69/2001 e 70/2001, sulla cui applicazione la Repubblica italiana ha potuto presentare le sue osservazioni nel corso del procedimento d’indagine formale, in particolare nella parte in cui essi escludono dal loro ambito di applicazione gli aiuti a favore delle attività di esportazione. Di conseguenza, i diritti della difesa della Repubblica italiana non sono stati violati dalla Commissione (v., in tal senso, sentenza del Tribunale del 18 novembre 2004, Ferriere Nord/Commissione, T‑176/01, Racc. pag. II‑3931, punto 80, confermata dalla sentenza della Corte dell’8 maggio 2008, Ferriere Nord/Commissione, C‑49/05 P, non pubblicata nella Raccolta, punti 66‑84), sicché l’argomento della ricorrente è, in ogni caso, infondato.

190    Dal complesso delle considerazioni che precedono discende che il motivo ora esaminato dev’essere respinto.

 Sul settimo motivo, vertente su una violazione del principio di buona amministrazione, nonché dei doveri di diligenza e sollecitudine

191    Con tale motivo, la ricorrente sostiene che la durata complessiva del procedimento, nonché delle singole fasi del medesimo, è eccessiva. Tale eccessiva durata avrebbe conseguenze pregiudizievoli per essa, dal momento che comporta un aumento degli interessi che essa deve corrispondere, i quali sono calcolati dalla data in cui gli aiuti sono stati messi a sua disposizione fino all’effettivo recupero. Ciò dovrebbe portare all’annullamento della decisione impugnata o, quantomeno, ad una revisione della somma oggetto dell’ordine di restituzione.

192    A tal proposito, va ricordato che il rispetto, da parte della Commissione, di un termine ragionevole nell’adozione di decisioni a conclusione di procedimenti amministrativi in materia di politica della concorrenza rappresenta un principio di buona amministrazione. La durata ragionevole di un tale procedimento amministrativo si deve valutare sulla scorta delle circostanze specifiche di ciascun caso, e in particolare del contesto dello stesso, delle varie fasi procedurali che la Commissione deve espletare, della complessità del caso nonché degli interessi delle diverse parti nella contesa (v. sentenza del Tribunale del 27 novembre 2003, Regione Siciliana/Commissione, T‑190/00, Racc. pag. II‑5015, punto 136 e giurisprudenza ivi citata).

193    Nel caso di specie, per quanto riguarda, in primo luogo, la durata del procedimento che ha condotto all’adozione della decisione del 2004, si deve distinguere fra la durata della fase preliminare d’indagine e quella del procedimento d’indagine formale.

194    Anzitutto, la fase preliminare d’indagine, ovvero quella intercorrente fra il ricevimento della denuncia che ha informato la Commissione dell’esistenza di un asserito aiuto, il 26 luglio 1999, e l’avvio del procedimento d’indagine formale, il 24 gennaio 2003, è durata, come risulta dai punti 6‑13 della sentenza Wam I, meno di 42 mesi. A tal proposito, si deve notare che, sin dal ricevimento della denuncia e delle informazioni complementari, la Commissione ha chiesto informazioni alle autorità italiane, le quali hanno risposto l’11 ottobre 1999, risposta che è stata comunicata al denunciante il 13 dicembre 1999. Quanto all’asserita inerzia, invocata dalla ricorrente, concernente il fatto che la Commissione è rimasta inerte, dopo quest’ultima data, per 24 mesi circa, nonostante il ricevimento di due lettere del denunciante il 23 marzo e l’11 ottobre 2000, si deve rilevare che tale situazione si spiega con il fatto che, come risulta dal punto 3 della decisione impugnata, all’epoca la Commissione conduceva altresì un’indagine relativa ai regimi nazionali a sostegno degli investimenti diretti nei paesi terzi, al termine della quale essa avrebbe dovuto pubblicare una comunicazione. Tuttavia, a seguito delle lettere del denunciante del 2000 e del rinvio di tale indagine, la Commissione ha chiesto informazioni complementari alle autorità italiane il 18 dicembre 2001. Peraltro, tra tale data e l’avvio del procedimento d’indagine formale, il 24 gennaio 2003, la Commissione ha inoltrato svariate richieste di informazioni alle autorità italiane. Essa ha loro chiesto, in particolare, informazioni supplementari nell’aprile del 2002. Dal momento che la risposta offerta era stata ritenuta incompleta, la Commissione ha loro richiesto, nel giugno del 2002, di fornire le informazioni mancanti ed informazioni ulteriori. Le autorità italiane non hanno dato risposta a tale richiesta, mentre la Commissione aveva, su loro richiesta, prorogato il termine che era stato loro impartito. La Commissione era stata quindi costretta ad adottare una decisione d’ingiunzione di fornire informazioni, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, del regolamento n. 659/1999. Le autorità italiane vi hanno dato risposta il 16 ed il 24 ottobre 2002.

195    Tenuto conto di tutte queste circostanze e, in particolare, del comportamento delle autorità italiane, si deve necessariamente dichiarare che la durata della fase preliminare d’indagine non appare eccessiva e che la Commissione non ha dato prova di un’inerzia prolungata nel corso della stessa.

196    Sotto un secondo profilo, il procedimento d’indagine formale, ovvero quello intercorrente tra l’avvio di tale procedimento, il 24 gennaio 2003, e l’adozione della decisione del 2004, il 5 maggio 2004, ha avuto una durata, come risulta dai punti 13‑22 della sentenza Wam I, di meno di 16 mesi. Al riguardo, si deve innanzitutto rilevare che, diversamente da quanto avviene per gli aiuti notificati, il regolamento n. 659/1999 non impartisce alcun termine, neppure indicativo, entro il quale, in presenza di aiuti illegittimi come quelli del caso di specie, la Commissione deve sforzarsi nella misura del possibile di adottare una decisione. La Commissione è comunque assoggettata agli obblighi derivanti dalla giurisprudenza richiamata al punto 192 supra. A tal proposito, si deve respingere l’argomento della Commissione secondo il quale, nell’ambito delineato dal regolamento n. 659/1999, non vi sarebbe più alcuno spazio per la creazione giurisprudenziale di limiti alla sua azione rispetto ad aiuti illegittimi. Infatti, la giurisprudenza sulla quale si fonda a tal proposito la Commissione riguarda la fissazione di un termine prescrizionale e non il termine ragionevole entro il quale essa è tenuta ad agire.

197    Inoltre, si deve sottolineare che, dopo essere state informate della decisione di avviare il procedimento d’indagine formale il 24 gennaio 2003, le autorità italiane hanno chiesto alla Commissione di prorogare il termine di quindici giorni che era stato loro impartito per presentare le loro osservazioni sulla confidenzialità e successivamente di astenersi dal pubblicare detta decisione, dal momento che la ricorrente era disposta a restituire l’aiuto. Tale proposta è stata respinta il 22 maggio 2003, in seguito a scambi di corrispondenza tra le autorità italiane e la Commissione, dal momento che quest’ultima riteneva che l’importo della proposta restituzione non soddisfacesse i suoi criteri e indicava che la pubblicazione della decisione di avvio del procedimento d’indagine formale doveva pertanto avere luogo. In seguito a detta pubblicazione, intervenuta il 18 giugno 2003, la Commissione, nel luglio e nell’agosto del 2003, ha ricevuto una domanda di accesso al fascicolo da parte della ricorrente, osservazioni di terzi interessati e, in due riprese, informazioni supplementari delle autorità italiane. Si è inoltre svolta una riunione, il 23 luglio 2003, tra dette autorità e la Commissione. Le autorità italiane hanno infine presentato le loro osservazioni relative all’avvio del procedimento il 19 settembre 2003 e le hanno completate il 9 gennaio 2004, fornendo gli elementi mancanti.

198    In tali circostanze, la durata del procedimento d’indagine formale non è irragionevole e non può imputarsi alla Commissione alcuna inerzia prolungata.

199    Per quanto riguarda, in secondo luogo, la durata del periodo successivo all’adozione della decisione del 2004 fino alla sentenza Wam II, essa è irrilevante, dal momento che non si tratta di un periodo dedicato all’esame delle misure in questione da parte della Commissione, bensì al procedimento dinanzi al Tribunale, e successivamente dinanzi alla Corte. A tal proposito, si deve rilevare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente nella replica, la Commissione poteva non adottare la decisione impugnata sin dalla pronuncia della sentenza Wam I, dal momento che, infatti, essa aveva il diritto di proporre impugnazione avverso la sentenza Wam I (v. punto 176 supra).

200    Per quanto riguarda, in terzo luogo, la durata del periodo che separa la sentenza Wam II dall’adozione della decisione impugnata, si deve necessariamente constatare che essa è stata inferiore ad undici mesi. Nel caso di specie, nulla permette di concludere che tale durata sia eccessiva. A tal proposito, si deve rilevare che l’argomento della ricorrente secondo il quale la Commissione non ha avviato alcuna indagine o istruttoria tra la pronuncia della sentenza Wam II e l’adozione della decisione impugnata è irrilevante, dal momento che, in seguito a tale sentenza, la Commissione era unicamente tenuta ad adottare una decisione sufficientemente motivata. Si deve altresì precisare che, anche aggiungendo la durata del periodo che intercorre tra la sentenza Wam II e l’adozione della decisione impugnata a quella del procedimento d’indagine formale iniziale, il che rappresenta una durata complessiva inferiore a 25 mesi, la durata del procedimento non è eccessiva.

201    In tali condizioni, si deve necessariamente concludere, alla luce delle circostanze proprie della causa in esame, che né la durata complessiva del procedimento, ovvero meno di 69 mesi, né quella delle diverse tappe che esso ha comportato, sono eccessive. Non è inoltre nemmeno dimostrato che la Commissione abbia dato prova di prolungata inerzia.

202    L’asserita violazione del principio di buona amministrazione, nonché dei doveri di diligenza e di sollecitudine deve pertanto essere respinta.

203    Quanto all’asserzione secondo la quale la durata del procedimento danneggerebbe la ricorrente, in quanto comporterebbe un aumento degli interessi che la ricorrente è tenuta a corrispondere, si deve rilevare che, come risulta dal considerando 13 del regolamento n. 659/1999, è al fine di ripristinare una concorrenza effettiva che un aiuto illegittimo incompatibile con il mercato comune deve essere recuperato senza indugio, compresi gli interessi. A tal fine, l’articolo 14, paragrafo 2, del regolamento n. 659/1999 dispone che all’aiuto da recuperare si aggiungono gli interessi che decorrono dalla data in cui l’aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data di recupero. Si deve inoltre sottolineare che gli interessi in parola non sono interessi di mora, cioè interessi dovuti al ritardo nell’esecuzione dell’obbligo di restituzione, ma rappresentano l’equivalente del vantaggio finanziario proveniente dalla messa a disposizione dell’aiuto illegittimo incompatibile (v., in tal senso, sentenza del Tribunale dell’8 giugno 1995, Siemens/Commissione, T‑459/93, Racc. pag. II‑1675, punto 101). Il fatto di non reclamare, in occasione del recupero, gli interessi sulle somme illegittimamente erogate equivarrebbe a conservare, a favore dell’impresa beneficiaria, vantaggi finanziari derivanti dalla concessione dell’aiuto illegittimo, vantaggi che consistono nella concessione di un prestito a tasso agevolato (v., in tal senso, sentenza Siemens/Commissione, cit., punto 98). Ne consegue che il pregiudizio lamentato dalla ricorrente deriva dalla concessione di un aiuto illegittimo incompatibile e dalla necessità di ripristinare la concorrenza effettiva e non dalla durata del procedimento.

204    Sulla scorta delle considerazioni che precedono risulta che il settimo motivo dev’essere respinto, così come, per l’effetto, il ricorso nel suo complesso.

205    Quanto alla domanda di provvedimenti istruttori presentata dalla ricorrente in sede di replica, essa dev’essere respinta dal momento che il Tribunale ha potuto proficuamente statuire in base alle conclusioni, ai motivi e agli argomenti esposti in corso di giudizio nonché alla luce dei documenti depositati dalle parti.

 Sulle spese

206    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, essendo rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese, conformemente alla domanda formulata in tal senso dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Wam Industriale SpA è condannata alle spese.

Papasavvas

Vadapalas

O’Higgins

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 27 settembre 2012.

Firme

Indice


Fatti

Le misure in questione

La decisione del 2004

Le sentenze Wam I e Wam II

La decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

Sul primo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, e dell’articolo 266 TFUE, su un errore manifesto di valutazione e su un difetto di motivazione

Sul primo capo, vertente su un difetto di motivazione

Sul secondo capo, vertente su una violazione dell’articolo 266 TFUE

Sul terzo capo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e su un errore manifesto di valutazione

Sul secondo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, dell’articolo 108, paragrafo 1, TFUE, e dell’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 659/1999, su un’erronea valutazione dei fatti e su un’insufficienza di motivazione

Sulla ricevibilità di taluni mezzi di prova in sede di replica

Nel merito

– Sul primo capo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, e dell’articolo 108, paragrafo 1, TFUE

– Sul secondo capo, vertente su un’insufficienza di motivazione

– Sul terzo capo, vertente su una violazione dell’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 659/1999 e su un’insufficienza di motivazione

Sul terzo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 3, e dell’articolo 108, paragrafo 1, TFUE, dei regolamenti nn. 800/2008, 1998/2006, 69/2001 e 70/2001, e su un’insufficienza della motivazione

Sul primo capo, vertente sulla legge n. 394

– Sulla censura vertente sul fatto che la Commissione avrebbe dovuto considerare la legge n. 394 come un regime di aiuti esistente

– Sulla censura, sollevata in subordine, secondo la quale la Commissione avrebbe dovuto procedere ad un esame della compatibilità della legge n. 394 alla luce delle disposizioni applicabili al momento della sua istituzione

Sul secondo capo, vertente sul primo prestito

Sul terzo capo, vertente sul secondo prestito

Sul quarto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e su un’errata valutazione dell’equivalente sovvenzione

Sul primo capo, vertente sulla mancata deduzione dell’importo corrispondente alla soglia de minimis istituita dalla disciplina del 1992 dall’equivalente sovvenzione del primo prestito

Sul secondo capo, vertente sull’omessa considerazione dell’estinzione anticipata del secondo prestito

Sul terzo capo, vertente sull’errata valutazione dell’equivalente sovvenzione dei prestiti in questione

Sul quinto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 14 del regolamento n. 659/1999 e dei princìpi della tutela del legittimo affidamento e di proporzionalità

Sul sesto motivo, vertente su una violazione dell’articolo 108, paragrafo 2, e dell’articolo 266 TFUE, del regolamento n. 659/1999, del principio di buona amministrazione e dei diritti della difesa

Sul settimo motivo, vertente su una violazione del principio di buona amministrazione, nonché dei doveri di diligenza e sollecitudine

Sulle spese


* Lingua processuale: l’italiano.