Language of document : ECLI:EU:C:2007:678

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

15 novembre 2007 (*)

«Ricorso per inadempimento – Artt. 28 CE e 30 CE –Direttiva 2001/83/CE – Preparato di aglio in forma di capsule – Preparato legalmente commercializzato quale integratore alimentare in taluni Stati membri – Preparato classificato come medicinale nello Stato membro di importazione – Nozione di “medicinale” – Ostacolo – Giustificazione – Sanità pubblica – Proporzionalità»

Nella causa C‑319/05,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 19 agosto 2005,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. B. Stromsky e B. Schima, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica federale di Germania, rappresentata dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra C. Schulze-Bahr, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dai sigg. R. Schintgen, A. Borg Barthet (relatore), M. Ilešič e E. Levits, giudici,

avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 aprile 2007,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 giugno 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che, avendo classificato come medicinale un preparato di aglio in forma di capsule che non corrisponde alla definizione di medicinale per presentazione, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli artt. 28 CE e 30 CE.

 Contesto normativo

 La direttiva 2001/83/CE

2        I ‘considerando’ 2-5 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU L 311, pag. 67), recitano:

«(2) Lo scopo principale delle norme relative alla produzione, alla distribuzione e all’uso di medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della sanità pubblica.

(3) Tuttavia questo scopo deve essere raggiunto avvalendosi di mezzi che non ostacolino lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi dei medicinali nella Comunità.

(4) Le disparità fra talune disposizioni nazionali e, in particolare, fra le disposizioni relative ai medicinali, eccettuate le sostanze o composizioni che sono derrate alimentari, alimenti destinati agli animali o prodotti d’igiene hanno per effetto di ostacolare gli scambi dei medicinali nella Comunità, e esse hanno, pertanto, un’incidenza diretta sul funzionamento del mercato interno.

(5) Occorre, di conseguenza, eliminare questi ostacoli e per conseguire tale obiettivo si rende necessario un ravvicinamento delle suddette disposizioni».

3        Ai sensi dell’art. 1, punto 2, della direttiva 2001/83, per «medicinale» si deve intendere:

«ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane.

Ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche dell’uomo (…)».

4        L’art. 2 di tale direttiva dispone:

«Le disposizioni della presente direttiva riguardano i medicinali per uso umano prodotti industrialmente e destinati ad essere immessi in commercio negli Stati membri».

5        Ai sensi dell’art. 6, n. 1, della direttiva citata:

«Nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione all’immissione in commercio delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un’autorizzazione a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93».

 La direttiva 2002/46/CE

6        Ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 10 giugno 2002, 2002/46/CE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli integratori alimentari (GU L 183, pag. 51), per «integratori alimentari» si intendono:

«(...) i prodotti alimentari destinati ad integrare la dieta normale e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, sia monocomposti che pluricomposti, in forme di dosaggio, vale a dire in forme di commercializzazione quali capsule, pastiglie, compresse, pillole e simili, polveri in bustina, liquidi contenuti in fiale, flaconi a contagocce e altre forme simili, di liquidi e polveri destinati ad essere assunti in piccoli quantitativi unitari».

7        Ai sensi dell’art. 2, lett. b), di tale direttiva, devono intendersi per «sostanze nutritive» o «nutrienti» le seguenti sostanze:

«i) le vitamine;

ii) i minerali».

8        L’art. 11 di tale direttiva dispone:

«1. Fatto salvo l’articolo 4, paragrafo 7, gli Stati membri si astengono dal vietare o dall’introdurre restrizioni, per ragioni connesse a composizione, specifiche di fabbricazione, presentazione o etichettatura, agli scambi di prodotti di cui all’articolo 1 che siano conformi alla presente direttiva e, se del caso, alle disposizioni comunitarie di esecuzione della stessa.

2. Ferme restando le disposizioni del Trattato che istituisce la Comunità europea, e in particolare gli articoli 28 e 30, il paragrafo 1 lascia impregiudicate le normative nazionali applicabili in assenza di disposizioni comunitarie di esecuzione della presente direttiva».

 Il regolamento (CE) n. 178/2002

9        Ai sensi dell’art. 2 del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002, n. 178, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31, pag. 1), si intende per «alimento» (o «prodotto alimentare»):

«(…) qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani».

10      L’art. 14, nn. 7-9, di tale regolamento così dispone:

«7. Gli alimenti conformi a specifiche disposizioni comunitarie riguardanti la sicurezza alimentare sono considerati sicuri in relazione agli aspetti disciplinati dalle medesime.

8. Il fatto che un alimento sia conforme alle specifiche disposizioni ad esso applicabili non impedisce alle autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati per imporre restrizioni alla sua immissione sul mercato o per disporne il ritiro dal mercato qualora vi siano motivi di sospettare che, nonostante detta conformità, l’alimento è a rischio.

9. In assenza di specifiche disposizioni comunitarie, un alimento è considerato sicuro se è conforme alle specifiche disposizioni della legislazione alimentare nazionale dello Stato membro sul cui territorio è immesso sul mercato, purché tali disposizioni siano formulate e applicate nel rispetto del Trattato, in particolare degli articoli 28 e 30 del medesimo».

 Procedimento precontenzioso

11      La Commissione ha ricevuto la denuncia di un’impresa la cui richiesta di autorizzazione ai fini dell’importazione e della commercializzazione di un preparato di aglio in capsule è stata respinta dal Ministero federale della Sanità con la motivazione che tale prodotto non rappresentava un alimento, bensì un medicinale.

12      Il prodotto controverso è commercializzato con la denominazione di «capsula di polvere d’estratto d’aglio». Alla luce delle indicazioni fornite dalle parti, si tratta di un estratto ottenuto mediante etanolo e mescolato ad un eccipiente (lattosio) per rispondere all’obiettivo tecnologico della liofilizzazione. Ciascuna capsula conterrebbe 370 mg di polvere d’estratto d’aglio, il cui contenuto di allicina sarebbe compreso tra lo 0,95% e l’1,05%, vale a dire l’equivalente di 7,4 g d’aglio crudo fresco.

13      In seguito ad un protratto scambio informale, la Commissione ha inviato alla Repubblica federale di Germania una lettera di diffida datata 24 luglio 2001, nella quale essa concludeva che la classificazione del preparato di aglio controverso tra i medicinali, in base ad una motivazione quale quella addotta nel corso dell’istruzione della denuncia, non era compatibile col principio di libera circolazione delle merci, quale risultante dagli artt. 28 CE e 30 CE nonché dalla relativa giurisprudenza. Tale Stato membro ha risposto alla lettera di diffida il 5 ottobre 2001.

14      Nel suo parere motivato del 17 dicembre 2002 la Commissione ha invitato la Repubblica Federale di Germania a cessare, entro un termine di due mesi a decorrere dalla ricezione di tale parere motivato, le prassi amministrative che assimilano a medicinali i prodotti composti da aglio liofilizzato che non sono chiaramente segnalati o designati come medicinali.

15      Poiché nella sua risposta al detto parere motivato tale Stato membro ha affermato che la classificazione del prodotto in questione come medicinale era stata riesaminata e doveva essere mantenuta, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.

 Sul ricorso

 Argomenti delle parti

16      La Commissione osserva anzitutto che le disposizioni comunitarie relative ai medicinali devono garantire, oltre alla tutela della salute umana, la libera circolazione delle merci, cosicché l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2001/83 in generale e della nozione di medicinale in particolare non può comportare ostacoli alla libera circolazione delle merci che siano sproporzionati rispetto all’obiettivo perseguito di tutela della salute.

17      La Commissione sostiene poi che, per decidere in merito alla classificazione del prodotto di cui trattasi come medicinale per funzione, occorre tener conto, oltre che degli effetti farmacologici, delle sue modalità d’uso, dell’ampiezza della sua diffusione, della conoscenza che ne hanno i consumatori nonché dei rischi eventualmente connessi al suo impiego (sentenza 21 marzo 1991, causa C‑60/89, Monteil e Samanni, Racc. pag. I‑1547, punto 29).

18      Con riferimento agli effetti farmacologici, la Commissione non contesta il fatto che il prodotto controverso possa avere un’azione profilattica contro l’arteriosclerosi, ma rileva che tale effetto può essere ottenuto con l’ingestione quotidiana di una dose equivalente a 4 g di aglio crudo. Pertanto, quando gli effetti di un prodotto che si sostiene essere un medicinale non sono diversi da quelli di un alimento tradizionale, ne discenderebbe che le proprietà farmacologiche di tale prodotto sono insufficienti per riconoscergli la qualità di medicinale. A parere della Commissione, un prodotto che abbia sull’organismo solo un effetto corrispondente a quello di un prodotto alimentare non ha superato la soglia oltre la quale esso deve essere considerato come un medicinale per funzione. In altri termini, le sostanze che non hanno effetti significativi sull’organismo e che non modificano in senso proprio le condizioni del suo funzionamento non potrebbero essere assimilate a medicinali.

19      La Commissione ritiene che il prodotto controverso potrebbe essere considerato, a rigore, un integratore alimentare ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva 2002/46, vale a dire un prodotto alimentare che costituisce una fonte concentrata di sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, sia monocomposto che pluricomposto, e commercializzato in forme di dosaggio. Essa precisa tuttavia che il tentativo di negare il carattere alimentare del prodotto controverso non giustifica in alcun caso la sua assimilazione a un medicinale.

20      Con riguardo alla classificazione di un prodotto come medicinale per presentazione, la Commissione sostiene che essa deve essere effettuata caso per caso, in relazione alle specifiche caratteristiche del prodotto stesso. Un prodotto potrebbe essere considerato un medicinale per presentazione qualora la sua forma e il suo confezionamento lo rendano abbastanza somigliante ad un medicinale e, in particolare, la confezione e le avvertenze di cui è munito menzionino ricerche di laboratori farmaceutici, metodi o sostanze messi a punto da medici o anche testimonianze di medici a favore delle qualità di tale prodotto (sentenza 21 marzo 1991, causa C‑369/88, Delattre, Racc. pag. I‑1487, punto 41).

21      La Commissione osserva che, nella fattispecie, il preparato non è presentato né raccomandato come un prodotto avente proprietà curative o profilattiche, e ciò né sull’etichetta né nelle informazioni contenute sulla confezione o in qualsiasi altro modo. Neppure il confezionamento del prodotto sarebbe caratteristico di un medicinale. La presentazione in forma di capsule sarebbe l’unica caratteristica specifica del prodotto, ancorché la forma esterna non possa rappresentare un indizio esclusivo e determinante. Nessun altro elemento indicherebbe, nella fattispecie, che il prodotto è un medicinale per presentazione. La Commissione ritiene che il consumatore sappia esattamente quale sia il contenuto delle capsule, cioè aglio, a lui noto quale alimento. Il consumatore riconoscerebbe altresì che il prodotto non mette in luce alcun effetto terapeutico.

22      Infine, la Commissione rileva che non è escluso che gli Stati membri assoggettino, nel diritto nazionale, un prodotto che non è un medicinale ai sensi della direttiva 2001/83 al regime dei medicinali, purché tuttavia le misure intese a tutelare la sanità pubblica siano proporzionate (v. sentenza 29 aprile 2004, causa C‑387/99, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑3751, punto 72). Orbene, nella fattispecie, la Repubblica federale di Germania non avrebbe fornito la prova che il divieto di immettere in commercio il prodotto di cui trattasi quale integratore alimentare, nonché l’obbligo di ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio quale medicinale risultino effettivamente necessari ai fini della tutela della sanità pubblica.

23      Da parte sua, la Repubblica federale di Germania rileva che ad un prodotto che soddisfi sia i requisiti per essere un alimento o un integratore alimentare, sia quelli per essere un medicinale si applicano le sole disposizioni di diritto comunitario specificamente concernenti i medicinali (sentenza 9 giugno 2005, cause riunite C‑211/03, C‑299/03 e da C‑316/03 a C‑318/03, HLH Warenvertrieb e Orthica, Racc. pag. I‑5141, punto 43). Essa sostiene che, secondo la giurisprudenza della Corte, la priorità del regime dei medicinali emerge dall’art. 2, terzo comma, lett. d), del regolamento n. 178/2002, nonché dall’art. 1, n. 2, della direttiva 2002/46, i quali escludono concordemente i medicinali dal campo di applicazione delle disposizioni relative agli alimenti e agli integratori alimentari. Tale interpretazione sarebbe altresì corroborata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/27/CE, che modifica la direttiva 2001/83/CE (GU L 136, pag. 34), la quale introduce in quest’ultima direttiva una nuova versione dell’art. 2, il cui n. 2 dispone che, in caso di dubbio, se un prodotto rientra altresì nell’ambito di applicazione di altre normative comunitarie, come, in particolare, quelle relative ai prodotti alimentari, sarebbero sempre applicabili le disposizioni della direttiva 2001/83.

24      La Repubblica federale di Germania sostiene che il preparato di aglio controverso è un medicinale per funzione, in primo luogo in quanto possiede proprietà farmacologiche che rivestono un’importanza decisiva. Per valutare tali proprietà farmacologiche il detto Stato membro rileva che hanno importanza non solo gli effetti di tale preparato sulla salute in generale, bensì, del pari, la sua efficacia sul piano farmacologico (sentenza 16 aprile 1991, causa C‑112/89, Upjohn, Racc. pag. I‑1703, punto 17). Nella fattispecie, il prodotto controverso avrebbe effetti terapeutici che esercitano un’azione profilattica sulle lesioni che intervengono nell’organismo umano e più in particolare esso avrebbe un effetto antiarteriosclerotico. A sostegno della propria tesi, la Repubblica federale di Germania invoca numerosi studi e relazioni di carattere scientifico.

25      In replica all’argomento della Commissione secondo cui gli effetti del preparato controverso sull’arteriosclerosi sarebbero limitati, tale Stato membro osserva che né la direttiva 2001/83 né la giurisprudenza della Corte permettono di desumere l’esistenza di una «soglia di rilevanza», secondo cui debba essere dimostrato un determinato grado di efficacia farmacologica. Così, se è riconosciuta nella fattispecie l’efficacia farmacologica, poco importerebbe sapere se il rischio di arteriosclerosi sia ridotto in maniera esigua o in maniera significativa.

26      La Repubblica federale di Germania sostiene altresì che l’origine delle sostanze non può essere determinante per definire un medicinale e rileva che la Corte ha dichiarato che le vitamine, in una forma determinata e in forti dosi, potevano essere qualificate come medicinali (v. sentenze 30 novembre 1983, causa 227/82, van Bennekom, Racc. pag. 3883, punto 27, e Commissione/Germania, cit., punto 56). Il fatto che le vitamine si ritrovino altresì in numerosi alimenti non osterebbe quindi alla loro classificazione come medicinali. Lo stesso dovrebbe valere per l’aglio e l’allicina, vale a dire il principio attivo che esso contiene. Pertanto, sarebbe in definitiva indifferente il fatto che un principio attivo dotato di proprietà farmacologiche sia o meno presente anche in un alimento.

27      Il preparato controverso avrebbe proprietà farmacologiche anche in quanto la sua ingestione potrebbe comportare rischi per la salute (v. sentenza Commissione/Germania, cit., punto 82). Il fatto che anche il consumo di altri alimenti determinati potrebbe avere conseguenze negative per la salute non avrebbe l’effetto di rimettere in discussione tale qualità di medicinale. La Repubblica federale di Germania precisa tuttavia che sono soprattutto gli effetti farmacologici e/o terapeutici a svolgere un ruolo determinante.

28      Quanto alle modalità di impiego, tale Stato membro rileva che anche il fatto che il prodotto controverso sia proposto in forma di capsule depone in favore della sua classificazione come medicinale per funzione.

29      In merito alla nozione di medicinale per presentazione, la Repubblica federale di Germania fa valere che un prodotto può essere considerato tale allorquando la sua forma e il suo confezionamento lo facciano sufficientemente assomigliare ad un medicinale.

30      Nella fattispecie, la forma di capsula utilizzata deporrebbe a favore di un’intenzione di commercializzare tale prodotto come medicinale, ancorché il detto Stato membro riconosca che la forma esterna non può da sola costituire un indizio determinante per classificare una sostanza come medicinale (v. sentenza Delattre, cit., punto 38).

31      Inoltre, la Repubblica federale di Germania rileva che sul mercato tedesco si trova un gran numero di medicinali contenenti principi attivi quali la polvere o l’olio di bulbo d’aglio e confezionati in maniera analoga al preparato controverso. Il fatto che essi siano tutti classificati come medicinali deporrebbe, conformemente agli usi commerciali e alle aspettative dei consumatori, a favore della classificazione del prodotto di cui trattasi come medicinale per presentazione.

32      Tale Stato membro deduce altresì dalla giurisprudenza della Corte che le autorità nazionali dispongono di un margine discrezionale quando adottano una decisione di classificazione (v. sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica, cit., punto 56). Orbene, la Commissione non avrebbe adempiuto all’onere della prova a suo carico in quanto non avrebbe dimostrato che classificando il preparato controverso come medicinale le autorità tedesche avrebbero esercitato erroneamente il loro potere discrezionale.

33      In subordine, la Repubblica federale di Germania afferma che, qualora la Corte ritenesse applicabile il principio della libera circolazione delle merci e riconoscesse nella decisione di classificazione come medicinale del prodotto di cui trattasi una restrizione a tale principio, tale decisione sarebbe in ogni caso giustificata dalla tutela di un’esigenza imperativa di interesse generale, vale a dire la tutela della sanità pubblica.

 Giudizio della Corte

34      Dagli artt. 2 e 6, n. 1, della direttiva 2001/83 risulta che nessun medicinale prodotto industrialmente può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza che sia stata rilasciata un’autorizzazione all’immissione in commercio ai sensi del regolamento (CEE) del Consiglio 22 luglio 1993, n. 2309, che stabilisce le procedure comunitarie per l’autorizzazione e la vigilanza dei medicinali per uso umano e veterinario e che istituisce un’Agenzia europea di valutazione dei medicinali (GU L 214, pag. 1).

35      Ne consegue che, se un prodotto fabbricato industrialmente ricade nella definizione di medicinale di cui all’art. 1, punto 2, della direttiva 2001/83, l’obbligo imposto all’importatore di tale prodotto di ottenere, preventivamente alla commercializzazione nello Stato membro d’importazione, un’autorizzazione all’immissione in commercio ai sensi della detta direttiva non può, in alcun caso, costituire una restrizione agli scambi intracomunitari vietata dall’art. 28 CE (v., in tal senso, sentenza 29 aprile 2004, causa C‑150/00, Commissione/Austria, Racc. pag. I‑3887, punto 57).

36      Si deve peraltro ricordare che la direttiva 2001/83, pur avendo per finalità essenziale quella di eliminare gli ostacoli agli scambi dei medicinali in seno alla Comunità e pur fornendo a tal fine, all’art. 1, una definizione di medicinale, costituisce tuttavia solo la prima tappa dell’armonizzazione delle normative nazionali in materia di produzione e di distribuzione dei medicinali (v., in tal senso, sentenza Commissione/Austria, cit., punto 58).

37      Di conseguenza è difficile evitare, finché l’armonizzazione dei provvedimenti necessari a garantire la tutela della salute non sarà più completa, che sussistano differenze fra gli Stati membri nella qualificazione dei prodotti come medicinali ovvero come alimenti. Quindi, la circostanza che un prodotto sia qualificato come alimento in un altro Stato membro non può impedire di riconoscergli, nello Stato membro di importazione, la qualità di medicinale, qualora esso ne presenti le caratteristiche (v. sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica, cit., punto 56).

38      Non è meno vero che un prodotto che risponda alla definizione della nozione di «medicinale» ai sensi della direttiva 2001/83 deve essere considerato un medicinale ed assoggettato alla relativa disciplina ancorché rientri nella sfera di applicazione di un’altra normativa comunitaria meno rigorosa (v., in tal senso, sentenza 28 ottobre 1992, causa C‑219/91, Ter Voort, Racc. pag. I‑5485, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

39      Si deve di conseguenza verificare, innanzi tutto, se il prodotto controverso rappresenti un medicinale ai sensi della direttiva 2001/83.

40      Ai sensi dell’art. 1, punto 2, primo comma, della direttiva 2001/83, si intende per medicinale «ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane» e, ai sensi del punto 2, secondo comma, di tale articolo, è del pari considerata come medicinale «ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche dell’uomo».

41      Tale direttiva fornisce così due definizioni di medicinale, vale a dire una definizione «per presentazione» e una definizione «per funzione». Un prodotto è un medicinale se rientra nell’una o nell’altra di tali definizioni (sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica, cit., punto 49).

42      Occorre in proposito rilevare che, se la Commissione considera esplicitamente la nozione di medicinale per presentazione nelle sue conclusioni, essa non vi fa alcun riferimento a quella di medicinale per funzione. Nei motivi del suo ricorso, invece, come nel corso del procedimento precontenzioso, la Commissione ha sviluppato argomenti relativi a entrambe le nozioni. Nelle sue difese, sia nell’ambito del procedimento precontenzioso sia nell’ambito del presente ricorso, la Repubblica federale di Germania si è del pari espressa in merito a tali due nozioni. Si deve pertanto interpretare il ricorso della Commissione nel senso che esso nega al prodotto controverso la qualità di medicinale per presentazione nonché quella di medicinale per funzione.

 Sulla definizione di medicinale per presentazione

43      Secondo una giurisprudenza costante, la nozione di «presentazione» di un prodotto deve essere interpretata estensivamente. Si deve ricordare a tal proposito che, basandosi sul criterio della presentazione del prodotto, la direttiva 2001/83 tende ad includere non solo i medicinali che hanno veri e propri effetti terapeutici e medicinali, ma anche i prodotti non abbastanza efficaci o che non sortirebbero gli effetti che i consumatori hanno il diritto di aspettarsi data la loro presentazione. La direttiva è volta quindi a preservare i consumatori non solo dai medicinali dannosi o tossici come tali, ma anche dai vari prodotti usati in luogo dei rimedi adeguati (sentenza van Bennekom, cit., punto 17).

44      In tale contesto, si deve rilevare che un prodotto è «presentato come avente proprietà curative o profilattiche» ai sensi della direttiva 2001/83 quando è espressamente «descritto» o «raccomandato» come tale, eventualmente tramite etichette, foglietti illustrativi o presentazioni orali (v., in tal senso, citate sentenze van Bennekom, punto 18, nonché Monteil e Samanni, punto 23).

45      Orbene, nella fattispecie emerge dal fascicolo che il preparato controverso non è descritto né raccomandato come un prodotto avente proprietà curative o profilattiche delle malattie, e ciò né sull’etichetta, né nelle informazioni riportate sulla confezione, né in qualsiasi altro modo.

46      Un prodotto è altresì «presentato come avente proprietà curative o profilattiche» ogniqualvolta appaia, anche implicitamente, ma con certezza, agli occhi di un consumatore mediamente accorto, che tale prodotto, stando alla sua presentazione, dovrebbe avere le proprietà di cui trattasi (v., in tal senso, citate sentenze van Bennekom, punto 18, nonché Monteil e Samanni, punto 23).

47      A tal proposito, occorre tener conto dell’atteggiamento del consumatore mediamente avveduto, al quale la forma data ad un prodotto potrebbe ispirare una particolare fiducia, del tipo di quella che ispirano normalmente i medicinali alla luce delle garanzie che circondano la loro fabbricazione così come la loro commercializzazione. Anche se la forma esterna data al detto prodotto può costituire un indizio serio in favore della sua qualificazione come medicinale per presentazione, tale forma deve intendersi non soltanto come propria del prodotto stesso, ma anche della sua confezione, che può mirare, per ragioni di politica commerciale, a farlo somigliare ad un medicinale (v., in tal senso, citate sentenze van Bennekom, punto 19, nonché Monteil e Samanni, punto 24).

48      Secondo le informazioni fornite alla Corte, il prodotto controverso è una polvere d’estratto d’aglio commercializzata in forma di capsule. Sulla confezione del prodotto in questione comparirebbe, segnatamente, la fotografia di una testa d’aglio, a fianco della quale si troverebbero due capsule.

49      A tal proposito, la circostanza fatta valere dalla Repubblica federale di Germania, secondo cui sul mercato tedesco vi sarebbe un gran numero di prodotti contenenti principi attivi quali la polvere o l’olio di bulbo d’aglio, confezionati in maniera analoga al prodotto controverso e classificati come medicinali, non può essere sufficiente a conferire a tale prodotto la qualità di medicinale per presentazione. Infatti, la Repubblica federale di Germania non ha fornito alcun elemento preciso a sostegno di questo argomento.

50      Di conseguenza, tenuto conto degli elementi di cui dispone la Corte, è giocoforza rilevare che nessun aspetto relativo al suo confezionamento tende a far sì che il prodotto di cui trattasi assomigli ad un medicinale, se non la presenza, sulla confezione, della fotografia di una testa d’aglio, come avverrebbe altresì per taluni prodotti commercializzati come medicinali in Germania. La presenza della fotografia di una pianta sulla confezione di un prodotto non può essere tuttavia sufficiente ad ispirare a un consumatore mediamente avveduto una fiducia del tipo di quella che ispirano normalmente i medicinali.

51      Pertanto, la presentazione in forma di capsule è l’unico aspetto che può deporre in senso favorevole alla classificazione del prodotto quale medicinale per presentazione.

52      Si deve tuttavia ricordare che, secondo una costante giurisprudenza, la forma esterna data ad un prodotto, pur rappresentando un indizio attendibile dell’intenzione del venditore o del fabbricante di metterlo in commercio come medicinale, non può costituire un indizio esclusivo e determinante, se non si vogliono comprendere taluni prodotti alimentari tradizionalmente presentati in forme analoghe a quelle dei medicinali (v., in tal senso, citate sentenze van Bennekom, punto 19, e Delattre, punto 38).

53      Come ricordato dall’avvocato generale al paragrafo 51 delle sue conclusioni, la forma di capsula non è peculiare dei medicinali. Un gran numero di prodotti alimentari è infatti proposto in tale forma per rendere più agevole la loro assunzione da parte dei consumatori. A tal proposito, occorre rilevare che l’art. 2, lett. a), della direttiva 2002/46 fa espressamente riferimento, tra i criteri utilizzati per definire la nozione di «integratore alimentare», alla presentazione in forma di capsule. Di conseguenza, tale indizio, da solo, non può essere sufficiente ad attribuire al prodotto controverso la qualità di medicinale per presentazione.

54      Di conseguenza, occorre concludere nel senso che il prodotto controverso non soddisfa i criteri previsti dall’art. 1, punto 2, primo comma, della direttiva 2001/83. Pertanto, quest’ultimo non può essere qualificato come medicinale per presentazione ai sensi della citata direttiva.

 Sulla definizione di medicinale per funzione

55      Per stabilire se un prodotto sia ricompreso nella definizione di medicinale per funzione ai sensi della direttiva 2001/83, le autorità nazionali, che agiscono sotto il controllo del giudice, devono decidere caso per caso, tenendo conto di tutte le caratteristiche del prodotto, tra le quali, in particolare, la composizione, le proprietà farmacologiche – quali possono essere stabilite allo stato attuale delle conoscenze scientifiche –, le modalità d’uso, l’ampiezza della sua diffusione, la conoscenza del preparato stesso da parte dei consumatori e i rischi che possono eventualmente derivare dalla sua utilizzazione (sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica, cit., punto 51).

56      Nella fattispecie, per giustificare la classificazione del prodotto controverso come medicinale per funzione, la Repubblica federale di Germania invoca essenzialmente il suo contenuto di allicina, i suoi effetti sulla pressione sanguigna e sul tasso di lipidi, la forma in capsule utilizzata nonché i rischi connessi alla sua ingestione.

57      Emerge dal fascicolo che il prodotto controverso è una polvere di estratto d’aglio il cui contenuto di allicina sarebbe compreso tra lo 0,95% e l’1,05%, mentre ciascuna capsula contiene l’equivalente di 7,4 g di aglio crudo fresco. L’allicina, principale componente volatile che emana dall’aglio pestato, è il risultato della trasformazione dell’alliina, un amminoacido naturalmente presente nell’aglio, quando essa si mescola all’enzima naturale che è l’alliinasi.

58      Occorre pertanto rilevare che, fatta eccezione per l’eccipiente cui è stato mescolato l’estratto d’aglio prima di essere liofilizzato, il prodotto controverso non contiene alcuna sostanza che non sia essa stessa contenuta nell’aglio allo stato naturale.

59      Le proprietà farmacologiche di un prodotto costituiscono il fattore sulla base del quale si deve valutare, basandosi sulle capacità potenziali del prodotto medesimo, se esso possa essere somministrato all’uomo, ai sensi dell’art. 1, n. 2, secondo comma, della direttiva 2001/83, allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche dell’uomo (sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica, cit., punto 52).

60      Se, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle sue conclusioni, tale definizione è sufficientemente ampia da consentire di includervi i prodotti che, pur essendo idonei ad incidere sulle funzioni organiche, hanno in realtà un altro obiettivo, tale criterio non deve condurre a qualificare come medicinale per funzione le sostanze che, nonostante abbiano un’influenza sul corpo umano, non hanno effetti significativi sul metabolismo e non modificano quindi, propriamente parlando, le condizioni del suo funzionamento (sentenza Upjohn, cit., punto 22).

61      Infatti, contrariamente alla nozione di medicinale per presentazione, la cui interpretazione estensiva mira a tutelare i consumatori dai prodotti che non abbiano l’efficacia che essi potrebbero legittimamente attendersi, la nozione di medicinale per funzione mira a comprendere i prodotti le cui proprietà farmacologiche sono state accertate scientificamente e che sono realmente destinati a stabilire una diagnosi medica o a ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche.

62      Una tale interpretazione è conforme agli obiettivi della direttiva 2001/83 che, come emerge dai suoi ‘considerando’ 2-5, mira a conciliare l’obiettivo di tutela della sanità pubblica col principio della libera circolazione delle merci.

63      Peraltro, se è vero che ad un prodotto che soddisfi i requisiti per essere un medicinale si applicano le sole disposizioni di diritto comunitario specificamente concernenti i medicinali, anche qualora esso rientri nella sfera di applicazione di un’altra normativa comunitaria meno rigorosa (v., in tal senso, citate sentenze Delattre, punto 22; Monteil e Samanni, punto 17; Ter Voort, punto 19, nonché HLH Warenvertrieb e Orthica, punto 43), è giocoforza rilevare, come emerge da una combinata lettura dell’art. 1, punto 2, della direttiva 2001/83 con l’art. 2 della direttiva 2002/46, che l’effetto fisiologico non è peculiare dei medicinali, ma fa altresì parte dei criteri utilizzati per la definizione di integratore alimentare.

64      Di conseguenza, e al fine di preservare l’effetto utile di detto criterio, non è sufficiente che un prodotto abbia proprietà benefiche per la salute in generale, bensì deve, propriamente parlando, avere una funzione di profilassi o di cura.

65      Tale affermazione risulta ancor più pertinente nel caso dei prodotti che, oltre ad essere alimenti, sono riconosciuti come aventi un effetto benefico sulla salute. Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, esiste infatti un gran numero di prodotti generalmente riconosciuti come alimenti e che possono essere oggettivamente utilizzati a fini terapeutici. Tale circostanza non può tuttavia essere sufficiente a conferire loro la qualità di medicinale ai sensi della direttiva 2001/83.

66      Nella fattispecie, la Repubblica federale di Germania non contesta il fatto che gli effetti fisiologici da essa invocati, riguardanti essenzialmente la prevenzione dell’arteriosclerosi, possono del pari essere ottenuti mediante l’ingestione di 7,4 g d’aglio allo stato di alimento. A tal proposito, è significativo il fatto che gli studi su cui si fonda tale Stato membro si riferiscono sia agli effetti potenziali dell’ingestione di preparati d’aglio in forma di capsule, di polveri o di soluzioni, che a quelli del consumo d’aglio allo stato naturale.

67      È altresì pacifico che il prodotto controverso non ha effetti ulteriori rispetto a quelli che derivano dal consumo d’aglio allo stato naturale e, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 62 delle sue conclusioni, tali effetti non sono, senza dubbio, molto superiori a quelli di altri prodotti vegetali o animali che fanno parte dell’alimentazione quotidiana, né molto diversi rispetto a questi ultimi.

68      Di conseguenza, si deve necessariamente constatare che il prodotto di cui trattasi, la cui incidenza sulle funzioni fisiologiche non supera gli effetti che un alimento consumato in quantità ragionevole può avere su tali funzioni, non ha alcun effetto significativo sul metabolismo e non può pertanto essere qualificato come prodotto idoneo a ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche ai sensi dell’art. 1, punto 2, secondo comma, della direttiva 2001/83.

69      Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalla Repubblica federale di Germania, il fatto che l’ingestione del prodotto controverso presenti un rischio per la salute non è un elemento che consente di riconoscere allo stesso un’efficacia farmacologica. Risulta infatti dalla giurisprudenza che, se è vero che il rischio per la salute deve essere preso in considerazione ai fini della classificazione di un prodotto come medicinale per funzione, esso è nondimeno un fattore autonomo (v. sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica, cit., punto 53).

70      La valutazione degli eventuali rischi connessi all’utilizzo del prodotto di cui trattasi deve essere svolta nell’ambito della direttiva 2001/83 e, in generale, alla luce dei principi del diritto comunitario.

71      Come rilevato dalla Commissione, le disposizioni comunitarie relative ai medicinali devono garantire, oltre alla tutela della salute umana, la libera circolazione delle merci, cosicché l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2001/83 in generale e della nozione di medicinale in particolare non può comportare ostacoli alla libera circolazione delle merci che siano sproporzionati rispetto all’obiettivo perseguito in termini di tutela della salute.

72      Nella fattispecie, la Repubblica federale di Germania si richiama a casi di emorragia spontanea e di emorragia postoperatoria sopravvenuti dopo un eccessivo consumo d’aglio allo stato di alimento o in forma di preparato, ma anche all’inibizione degli effetti di taluni antiretrovirali nonché ad un’interazione con taluni anticoagulanti.

73      Occorre a tal proposito rilevare, innanzi tutto, che detti rischi derivano dall’assunzione di aglio in generale e non, specificamente, dall’ingestione del preparato controverso.

74      Peraltro, dagli esempi citati dalla Repubblica federale di Germania emerge che potrebbero insorgere rischi per la salute solamente a seguito dell’interazione con taluni medicinali, ovvero di un’eccessiva ingestione d’aglio o di un preparato d’aglio nell’ambito di circostanze particolari, quali un intervento chirurgico.

75      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 65 delle sue conclusioni, dagli esempi citati risulta che i rischi e le controindicazioni indicati con riferimento al consumo di preparati d’aglio sono limitati e, soprattutto, non sono diversi da quelli collegati al consumo d’aglio allo stato di alimento.

76      Quanto al criterio delle modalità d’impiego del prodotto controverso, esso non può essere determinante nel caso in esame per le ragioni indicate al punto 53 della presente sentenza.

77      Occorre pertanto rilevare che, considerate tutte le sue caratteristiche, il prodotto controverso non può essere qualificato come medicinale per funzione ai sensi dell’art. 1, punto 2, secondo comma, della direttiva 2001/83.

78      Risulta dall’insieme delle considerazioni che precedono che il prodotto controverso non rientra né nella definizione di medicinale per presentazione né in quella di medicinale per funzione. Di conseguenza, quest’ultimo non può essere qualificato come medicinale ai sensi della direttiva 2001/83.

 Sulla violazione degli artt. 28 CE e 30 CE

79      È necessario inoltre verificare se, come sostenuto dalla Commissione, l’obbligo di ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio come medicinale, quale risultante dalla decisione adottata dalla Repubblica federale di Germania, rappresenti una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa all’importazione, vietata dall’art. 28 CE.

80      Il divieto di misure d’effetto equivalente a restrizioni quantitative, sancito all’art. 28 CE, riguarda tutte le misure idonee ad ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari (v., in particolare, sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville, Racc. pag. 837, punto 5, e Commissione/Austria, cit., punto 81).

81      Nella fattispecie, la decisione della Repubblica federale di Germania crea un ostacolo agli scambi intracomunitari in quanto il prodotto controverso, legalmente commercializzato in altri Stati membri quale prodotto alimentare, può essere commercializzato in Germania solamente dopo essere stato sottoposto alla procedura d’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale.

82      A tal proposito, la Repubblica federale di Germania sostiene che la sua decisione è giustificata da ragioni attinenti alla protezione della sanità pubblica, conformemente all’art. 30 CE.

83      Se è vero che l’art. 30 CE consente di mantenere restrizioni alla libera circolazione delle merci giustificate da motivi di tutela della salute e della vita delle persone, che costituiscono esigenze fondamentali riconosciute dal diritto comunitario, occorre tuttavia ricordare che l’applicazione di tale disposizione deve essere esclusa laddove direttive comunitarie prevedano l’armonizzazione delle misure necessarie alla realizzazione dello specifico obiettivo perseguito mediante il ricorso all’art. 30 CE (v., in tal senso, sentenza 12 novembre 1998, causa C‑102/96, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑6871, punto 21).

84      Nella fattispecie, non è necessario stabilire se il prodotto in questione possa essere qualificato come integratore alimentare ai sensi dell’art. 2 della direttiva 2002/46 ovvero come alimento ai sensi dell’art. 2 del regolamento n. 178/2002. È infatti sufficiente constatare che, ai sensi dell’art. 11, n. 2, della citata direttiva e dell’art. 14, n. 9, di tale regolamento, in assenza della disciplina comunitaria specifica prevista dagli atti normativi, le norme nazionali possono essere applicate, ferme restando le disposizioni del Trattato.

85      Di conseguenza, occorre verificare se la prassi tedesca di cui trattasi possa essere giustificata in base all’art. 30 CE.

86      A tal proposito, occorre ricordare che, in mancanza di armonizzazione e laddove sussistano incertezze allo stato attuale della ricerca scientifica, spetta agli Stati membri decidere in merito al livello al quale essi intendono garantire la tutela della salute e della vita delle persone ed al requisito di una previa autorizzazione all’immissione in commercio di prodotti alimentari, tenendo conto anche delle esigenze della libera circolazione delle merci nell’ambito della Comunità (sentenze 14 luglio 1983, causa 174/82, Sandoz, Racc. pag. 2445, punto 16; van Bennekom, cit., punto 37, nonché 14 settembre 2006, cause riunite C‑158/04 e C‑159/04, Alfa Vita Vassilopoulos e Carrefour‑Marinopoulos, Racc. pag. I‑8135, punto 21).

87      Tuttavia, nell’esercizio del loro potere discrezionale in materia di tutela della sanità pubblica, gli Stati membri devono rispettare il principio di proporzionalità. I mezzi che essi scelgono devono essere pertanto limitati a quanto effettivamente necessario per garantire la tutela della sanità pubblica; essi devono essere proporzionati all’obiettivo così perseguito, il quale non avrebbe potuto essere raggiunto con misure meno restrittive per gli scambi intracomunitari (sentenze Sandoz, cit., punto 18; van Bennekom, cit., punto 39; 23 settembre 2003, causa C‑192/01, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I‑9693, punto 45, e 5 febbraio 2004, causa C‑24/00, Commissione/Francia, Racc. pag. I‑1277, punto 52).

88      Inoltre, poiché l’art. 30 CE contiene una deroga, che va interpretata restrittivamente, al principio della libera circolazione delle merci nell’ambito della Comunità, spetta alle autorità nazionali che ad essa si richiamano dimostrare in ciascun caso, alla luce delle abitudini alimentari nazionali e tenuto conto dei risultati della ricerca scientifica internazionale, che la loro normativa è necessaria per tutelare effettivamente gli interessi considerati da tale articolo e, segnatamente, che la commercializzazione del prodotto di cui trattasi presenta un rischio reale per la salute (v. citate sentenze Sandoz, punto 22; van Bennekom, punto 40; Commissione/Danimarca, punto 46, e Commissione/Francia, punto 53).

89      Anche se, come rammentato al punto 86 della presente sentenza, il diritto comunitario non osta, in linea di principio, ad un regime di previa autorizzazione, si deve tuttavia rilevare che il rilascio un’autorizzazione all’immissione in commercio ai sensi dell’art. 8 della direttiva 2001/83 è soggetto a requisiti particolarmente severi.

90      Pertanto, l’obbligo di ottenere un’autorizzazione all’immissione in commercio come medicinale prima di poter commercializzare il prodotto controverso sul territorio tedesco potrà essere considerato conforme al principio di proporzionalità solamente qualora esso sia effettivamente necessario a garantire la tutela della sanità pubblica.

91      Una tale restrizione alla libera circolazione delle merci deve quindi necessariamente basarsi su una valutazione approfondita del rischio temuto dallo Stato membro che invoca l’art. 30 CE (v., in tal senso, citate sentenze Commissione/Danimarca, punto 47, e Commissione/Francia, punto 54).

92      Nella fattispecie, per giustificare la restrizione alla libera circolazione delle merci, la Repubblica federale di Germania si limita a rinviare alle sue considerazioni in merito ai rischi per la salute che deriverebbero dal preparato controverso.

93      Come rilevato ai punti 73-75 della presente sentenza, occorre ricordare, da un lato, che tali considerazioni si riferiscono principalmente agli effetti dell’aglio assunto come alimento e non specificamente a quelli del prodotto controverso e, dall’altro, che rischi siffatti intervengono in circostanze assai peculiari.

94      Orbene, il generico riferimento operato dalla Repubblica federale di Germania ai rischi per la salute che possono derivare dal consumo d’aglio in circostanze molto specifiche non può essere sufficiente, come rilevato dall’avvocato generale al punto 79 delle sue conclusioni, a giustificare una misura quale la sottoposizione alla procedura particolarmente rigorosa dell’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale.

95      Per giunta, tale Stato membro, anziché sottoporre il prodotto in questione ad una procedura siffatta, avrebbe potuto prevedere una etichettatura appropriata, che avvertisse i consumatori dei rischi potenziali connessi al consumo di tale prodotto. Questa soluzione, pur essendo conforme all’obiettivo di tutela della sanità pubblica, avrebbe comportato restrizioni meno gravi per la libera circolazione delle merci (v., in tal senso, sentenza 14 luglio 1994, causa C‑17/93, van der Veldt, Racc. pag. I‑3537, punto 19).

96      Discende da tali considerazioni che la Repubblica federale di Germania non ha dimostrato che la sottoposizione del prodotto controverso al regime dei medicinali sia necessaria ai fini della tutela della salute dei consumatori e non ecceda i limiti di quanto è necessario per conseguire tale obiettivo. La decisione di tale Stato membro non rispetta quindi il principio di proporzionalità.

97      Tenuto conto di tutte le considerazioni che precedono, bisogna constatare che, avendo classificato come medicinale un preparato di aglio in forma di capsule non corrispondente alla definizione di medicinale ai sensi dell’art. 1, punto 2, della direttiva 2001/83, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 28 CE e 30 CE.

 Sulle spese

98      Ai termini dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica federale di Germania, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Avendo classificato come medicinale un preparato d’aglio in forma di capsule non corrispondente alla definizione di medicinale ai sensi dell’art. 1, punto 2, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, la Repubblica federale di Germania è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 28 CE e 30 CE.

2)      La Repubblica federale di Germania è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.