Language of document : ECLI:EU:C:2016:710

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 21 settembre 2016 (1)

Causa C‑342/15

Leopoldine Gertraud Piringer

[domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria)]

«Direttiva 77/249/CEE – Normativa di uno Stato membro che richiede che l’autenticità della firma apposta su una domanda di annotazione nel libro fondiario sia certificata da un notaio – Articolo 56 TFUE – Giustificazione – Corretto funzionamento del sistema del libro fondiario»





1.        Nella presente domanda di pronuncia pregiudiziale presentata dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria) nell’ambito di un ricorso in cassazione presentato dalla sig. ra Leopoldine Gertraud Piringer, cittadina austriaca, un tribunale distrettuale austriaco ha opposto un diniego all’annotazione nel libro fondiario austriaco di una prevista vendita di un immobile poiché l’autenticità della firma apposta su tale domanda non era stata certificata da un notaio, bensì da un avvocato ceco.

2.        Propongo alla Corte di dichiarare che tale causa deve essere valutata sotto il profilo della libera prestazione di servizi, sancita all’articolo 56 TFUE. In tale contesto, occorre fornire al giudice del rinvio elementi utili al fine di valutare la sussistenza della proporzionalità nell’ambito di un’eventuale giustificazione ad una restrizione non discriminatoria.

I –    Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

3.        Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati (2):

«La presente direttiva si applica, nei limiti e alle condizioni da essa previste, all’attività di avvocato esercitata a titolo di prestazione di servizi.

Nonostante le disposizioni della presente direttiva, gli Stati membri possono riservare a determinate categorie di avvocati la compilazione di atti autentici che abilitano all’amministrazione dei beni di persone defunte o che riguardano la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari».

4.        L’articolo 4 di tale direttiva dispone quanto segue:

«1. Le attività relative alla rappresentanza e alla difesa di un cliente in giudizio o dinanzi alle autorità pubbliche sono esercitate in ogni Stato membro ospitante alle condizioni previste per gli avvocati stabiliti in questo Stato, ad esclusione di ogni condizione di residenza o d’iscrizione ad un’organizzazione professionale nello stesso Stato.

(…)

4.      Per l’esercizio delle attività diverse da quelle di cui al paragrafo 1, l’avvocato resta sottoposto alle condizioni e alle regole professionali dello Stato membro di provenienza fatto salvo il rispetto delle norme, qualunque sia la loro fonte, che disciplinano la professione nello Stato membro ospitante, in particolare di quelle riguardanti l’incompatibilità fra l’esercizio delle attività di avvocato e quello di altre attività in detto Stato (…). Tali norme possono essere applicate soltanto se esse possono essere osservate da un avvocato non stabilito nello Stato membro ospitante e nella misura in cui la loro osservanza sia giustificata oggettivamente per garantire in tale Stato il corretto esercizio delle attività di avvocato, la dignità della professione e il rispetto delle incompatibilità».

5.        Ai sensi del considerando 10 della direttiva 98/5/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica (3):

«(…) [L]a presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni che, in ogni Stato membro, riservano alcune attività a professioni diverse da quella di avvocato (…)».

6.        L’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva, intitolato «Campo di attività», prevede quanto segue:

«Gli Stati membri che autorizzano una determinata categoria di avvocati a redigere sul loro territorio atti che conferiscono il potere di amministrare i beni dei defunti o riguardanti la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, che in altri Stati membri sono riservati a professioni diverse da quella dell’avvocato, possono escludere da queste attività l’avvocato che esercita con un titolo professionale di origine rilasciato in uno di questi ultimi Stati membri».

B –    Il diritto austriaco

7.        L’articolo 31 dell’Allgemeines Grundbuchsgesetz (legge federale sul libro fondiario), come da ultimo modificato (BGBl. 87/2015 I; in prosieguo: il «GBG»), così dispone:

«1.      L’intavolazione può avvenire (…) unicamente sulla base di un atto pubblico o di quegli atti privati le cui firme apposte dalle parti sono state oggetto di autenticazione giudiziale o notarile e il cui verbale di autenticazione contiene, nel caso delle persone fisiche, anche la data di nascita.

(…)

3.      L’autenticazione degli atti stranieri è disciplinata mediante trattati internazionali. Gli atti autenticati dall’autorità di rappresentanza austriaca competente per la redazione o autenticazione degli stessi o dall’autorità di rappresentanza nazionale dello Stato in cui sono stati redatti o autenticati non richiedono un’ulteriore autenticazione.

(…)».

8.        L’articolo 53 del GBG stabilisce quanto segue:

«1.      Il proprietario può richiedere l’annotazione tavolare di una prevista alienazione o costituzione di ipoteca al fine di assicurare ai diritti intavolati a seguito della suddetta alienazione o costituzione di ipoteca il grado tavolare assegnato al momento dell’istanza in parola.

(…)

3.      Le annotazioni di siffatte domande tuttavia possono essere autorizzate soltanto se l’intavolazione del diritto da registrare o la cancellazione del diritto esistente risulta ammissibile in base allo stato tavolare e se la firma apposta sull’istanza è stata autenticata da un giudice o da un notaio. Si applicano le disposizioni di cui all’articolo 31, paragrafi da 3 a 5.

(…)».

II – Fatti all’origine della controversia e questioni pregiudiziali

9.        La sig.ra Piringer è proprietaria di una quota pari a un mezzo di un immobile sito in Austria.

10.      Il 25 febbraio 2009 la ricorrente ha firmato a České Budějovice, (Repubblica ceca), una domanda di annotazione nel libro fondiario austriaco dell’ordine di grado di una prevista vendita della propria quota di tale immobile. La firma della richiedente apposta su tale domanda è stata autenticata da un avvocato ceco il quale, conformemente al proprio diritto nazionale, ha, a tal fine, apposto un’indicazione contenente, segnatamente, la data di nascita della richiedente e i documenti presentati da quest’ultima al fine di accertare la sua identità. L’avvocato firmatario ha ivi confermato che la sig.ra Piringer aveva sottoscritto di proprio pugno il documento, in singola copia, dinanzi a lui.

11.      Il 15 luglio 2014 la sig.ra Piringer ha presentato tale domanda tavolare presso il Bezirksgericht Freistadt (tribunale distrettuale di Freistadt, Austria), competente per il libro fondiario. Quest’ultimo ha respinto tale domanda, con decisione del 18 luglio 2014, in quanto la firma della richiedente non era stata autenticata da un tribunale o da un notaio, come richiesto dall’articolo 53, paragrafo 3, del GBG. Inoltre, secondo tale tribunale, l’autenticazione della firma da parte di un avvocato ceco non rientra nell’ambito di applicazione dell’accordo concluso dalla Repubblica d’Austria e la Repubblica cecoslovacca il 10 novembre 1961 sul reciproco scambio di atti in materia civile, sugli atti pubblici e sul rilascio di informazioni di carattere giuridico (BGBl. n. 309/1962), che è ancora applicabile nei rapporti bilaterali con la Repubblica ceca [BGBl. n. 123/1997 (in prosieguo: l’«accordo austro-ceco»)] e, in ogni caso, non reca l’apposizione di un timbro ufficiale, come richiesto dagli articoli 21 e 22 del suddetto accordo.

12.      Con ordinanza del 25 novembre 2015, il Landesgericht Linz (tribunale regionale di Linz, Austria) ha confermato tale decisione ritenendo, segnatamente, che, sebbene l’attestazione dell’autenticità della firma costituisse un atto pubblico ai sensi del diritto ceco, il suo riconoscimento in Austria rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 21, paragrafo 2, dell’accordo austro-ceco. Orbene, dal momento che tale disposizione limita il riconoscimento reciproco ai documenti privati redatti da «un giudice, un’autorità amministrativa o un pubblico notaio austriaco», l’estensione del suo ambito di applicazione a documenti redatti da avvocati cechi sarebbe contraria non solo al testo di tale articolo, ma anche alla stessa volontà delle parti contraenti.

13.      L’Oberster Gerichtshof (Corte suprema), adito con un ricorso in cassazione presentato dalla sig. ra Piringer, ritiene, in sostanza, che l’accordo austro-ceco non sia applicabile nel caso di specie e nutre dubbi in ordine alla compatibilità con il diritto dell’Unione del requisito di un’attestazione notarile previsto dall’articolo 53, paragrafo 3, del GBG.

14.      Alla luce di quanto sopra, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 1, paragrafo 1, secondo [comma], della direttiva 77/249, intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati, debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro può escludere la certificazione dell’autenticità delle firme apposte sugli atti necessari ai fini della costituzione o del trasferimento di diritti su beni immobili dalla libera prestazione di servizi da parte degli avvocati e riservare l’esercizio della suddetta attività ai pubblici notai.

2)      Se l’articolo 56 TFUE debba essere interpretato nel senso che non osta a una disposizione nazionale dello Stato in cui ha sede il registro (Austria) in base alla quale la certificazione dell’autenticità delle firme sugli atti necessari ai fini della costituzione o del trasferimento di diritti su beni immobili è riservata ai pubblici notai, con la conseguenza che la dichiarazione resa nel proprio paese da un avvocato residente nella Repubblica ceca circa l’autenticità di una firma non è riconosciuta nello Stato in cui ha sede il registro benché il diritto ceco attribuisca a tale dichiarazione il valore giuridico di un’autenticazione formale, in particolare poiché

      a)      la questione del riconoscimento, nello Stato in cui ha sede il registro, di una dichiarazione sull’autenticità di una firma apposta su una domanda tavolare, resa nella Repubblica ceca da un avvocato ivi residente riguarda la concreta erogazione di un servizio da parte di un avvocato che, nello Stato in cui ha sede il registro, è preclusa agli avvocati ivi residenti, e pertanto il diniego del riconoscimento di una dichiarazione siffatta non soggiace al divieto di restrizioni[;]

oppure

      b)      una tale riserva è giustificata al fine di garantire la legalità e la certezza del diritto degli atti (documenti riguardanti negozi giuridici) e soddisfa così esigenze imperative di interesse generale oltre ad essere necessaria per il conseguimento di tale obiettivo nello Stato in cui ha sede il registro».

15.      La sig.ra Piringer, i governi austriaco, ceco, tedesco, spagnolo, francese, lettone, lussemburghese, polacco e sloveno, nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni. La sig.ra Piringer, i governi austriaco, ceco, tedesco, spagnolo, francese, lettone, lussemburghese e polacco, nonché la Commissione hanno presentato osservazioni orali all’udienza tenutasi il 6 giugno 2016.

III – Analisi

A –    Sulla prima questione

16.      Con la sua prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio intende sapere, in sostanza, se le disposizioni della direttiva 77/249 ostino a che uno Stato membro riservi ai notai l’autenticazione delle firme apposte sugli atti necessari ai fini della costituzione o del trasferimento di diritti reali immobiliari.

1.      Sull’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 77/249

17.      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, primo periodo, della direttiva 77/249, quest’ultima si applica, nei limiti e alle condizioni da essa previste, all’attività di avvocato esercitata a titolo di prestazione di servizi.

a)      Assenza di spostamento del prestatore di servizi

18.      La maggior parte dei governi che hanno presentato osservazioni ritengono che la direttiva 77/249 non sia applicabile nel caso di specie, giacché non si sarebbe verificato uno spostamento fisico di un avvocato da uno Stato membro in cui è stabilito in un altro Stato membro.

19.      Non condivido una siffatta interpretazione delle disposizioni della direttiva 77/249.

20.      Il secondo considerando della direttiva 77/249 afferma che tale direttiva «riguarda soltanto le misure destinate a facilitare l’esercizio effettivo dell’attività di avvocato a titolo di prestazione di servizi». L’articolo 4 di tale direttiva disciplina le «attività relative alla rappresentanza e alla difesa di un cliente in giudizio o dinanzi alle autorità pubbliche» e stabilisce una distinzione chiara tra lo Stato di provenienza e lo Stato ospitante dell’avvocato.

21.      Da tale disposizione deduco, pertanto, che il legislatore dell’Unione, con la direttiva 77/249, perseguiva l’obiettivo di disciplinare lo spostamento di un avvocato in un altro Stato membro e intendeva, in particolare, agevolare la rappresentanza di un cliente dinanzi a un’autorità pubblica o a un tribunale che richieda la presenza fisica dell’avvocato, nel rispetto delle condizioni enunciate nella direttiva 77/249.

22.      Orbene, come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni, ciò non esclude che altre forme di servizi transfrontalieri prestati da un avvocato siano ricomprese nella direttiva 77/249. Sebbene fosse inevitabile che la direttiva 77/249, adottata nel 1977, non potesse disciplinare i rapporti che gli avvocati, i clienti, le autorità e i tribunali intrattengono oggi grazie alle comunicazioni elettroniche, non sussiste alcuna ragione per non includere tali modalità di prestazioni di servizi nell’ambito di applicazione della direttiva 77/249, nei limiti in cui l’obiettivo di protezione perseguito dalle sue disposizioni non sia compromesso.

23.      Un servizio può essere fornito anche quando non sia l’avvocato a spostarsi, ma il destinatario di tale servizio. Peraltro, sarebbe altresì possibile considerare una situazione nella quale sia il servizio a spostarsi, ad esempio nell’ipotesi di un parere giuridico reso telefonicamente o inviato tramite posta ordinaria o posta elettronica.

b)      Sulla nozione di «attività di avvocato»

24.      La medesima direttiva 77/249 non contiene alcuna definizione di «attività di avvocato» (4).

25.      L’articolo 1, paragrafo 2 di tale direttiva definisce, invece, dettagliatamente, ciò che essa intende per «avvocato» nei rispettivi Stati membri dell’Unione. Ciò potrebbe corroborare la tesi secondo la quale ogni attività affidata a un avvocato, ai sensi del suo diritto nazionale, costituisce un’attività di avvocato e che, in altri termini, si tratti di una nozione non autonoma al livello dell’Unione e decentralizzata. Ciò comporterebbe che un’attività come la «certificazione dell’autenticità della firma», ai sensi dell’articolo 25 bis, della legge ceca sull’avvocatura, costituisca un’attività di avvocato.

26.      Peraltro, la direttiva 77/249 si inserisce in una logica di riconoscimento reciproco, come emerge chiaramente dal suo articolo 2, ai sensi del quale ogni Stato membro riconosce come avvocato, per l’esercizio delle attività di cui all’articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva, le persone indicate al paragrafo 2 di tale articolo. «Riconoscimento reciproco» vuol dire, in linea di principio, che gli standard, le norme o le definizioni provengono dal diritto nazionale.

27.      Tuttavia, secondo una giurisprudenza costante, i termini di una disposizione del diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata devono di norma essere oggetto, nell’intera Unione, di un’interpretazione autonoma e uniforme (5).

28.      Non ritengo che tale giurisprudenza debba applicarsi al caso di specie, dal momento che la nozione di «avvocato» è definita mediante rinvio al diritto nazionale.

29.      Ritengo, piuttosto, che la nozione di «attività di avvocato» sia un concetto ibrido in quanto contiene alcuni elementi autonomi e alcuni elementi che devono essere definiti da ciascuno Stato membro.

30.      Per quanto concerne gli elementi autonomi, l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 77/249 fa riferimento alle «attività relative alla rappresentanza e alla difesa di un cliente in giudizio o dinanzi alle autorità pubbliche» (6).

31.      Inoltre, è possibile supporre che la nozione di «attività di avvocato» comprenda altresì la consulenza legale.

32.      Non mi sembra affatto che l’autenticazione di una firma, di per sé, risponda a un requisito siffatto, dal momento che non è richiesta alcuna conoscenza giuridica. Pertanto, nutrirei seri dubbi a qualificare, almeno rispetto alla legislazione nazionale in questione nel procedimento principale, una semplice autenticazione di firma come un’«attività di avvocato», giacché tale nozione contiene elementi autonomi tali per cui essa concerne attività connesse al possesso di conoscenze giuridiche.

2.      Sull’articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 77/249

33.      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 77/249, gli Stati membri possono riservare a determinate categorie di avvocati la compilazione di atti autentici che abilitano all’amministrazione dei beni di persone defunte o che riguardano la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari.

34.      Come sostenuto dal governo tedesco e dalla Commissione, tale disposizione è stata inserita a favore del Regno Unito e dell’Irlanda, al fine di tenere conto della particolare situazione giuridica dei suddetti Stati membri, nei quali talune categorie di avvocati esercitano la propria attività nell’ambito del diritto immobiliare. Tale disposizione mira dunque a evitare che avvocati di altri Stati membri possano esercitare le attività interessate nel Regno Unito o in Irlanda.

35.      Nel 1977 gli Stati membri diversi dal Regno Unito o dall’Irlanda non avevano bisogno di una siffatta normativa derogatoria, poiché essi riservavano già tale tipo di attività ai notai ed era pacifico che attività siffatte non rientrassero nell’ambito di applicazione della direttiva 77/249.

36.      Analogamente, l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 98/5 dispone che «[g]li Stati membri che autorizzano una determinata categoria di avvocati a redigere sul loro territorio atti che conferiscono il potere di amministrare i beni dei defunti o riguardanti la costituzione o il trasferimento di diritti reali immobiliari, che in altri Stati membri sono riservati a professioni diverse da quella dell’avvocato (7), possono escludere da queste attività l’avvocato che esercita con un titolo professionale di origine rilasciato in uno di questi ultimi Stati membri».

37.      Inoltre, anche il considerando 10 della direttiva 98/5, ai sensi del quale «occorre prevedere, come nella direttiva [77/249], la facoltà di escludere dalle attività degli avvocati che esercitano con il loro titolo professionale di origine nel Regno Unito ed in Irlanda determinati atti in materia immobiliare e successoria», conferma tale interpretazione.

38.      A mio avviso, se l’impianto sistematico e i termini delle disposizioni della direttiva 77/249 lo consentono, tale direttiva dovrebbe essere interpretata in modo coerente con le disposizioni di cui alla direttiva 98/5. Infatti, le direttive 77/249 e 98/5 perseguono il medesimo obiettivo e si inseriscono in una medesima logica, ossia la liberalizzazione delle attività professionali transfrontaliere degli avvocati, sia in via temporanea, come nel caso della direttiva 77/249, sia stabile, come nel caso della direttiva 98/5 (8).

39.      Conseguentemente, suggerisco di rispondere alla prima questione pregiudiziale nel senso che le disposizioni della direttiva 77/249 non ostano a che uno Stato membro riservi ai notai l’autenticazione delle firme apposte sugli atti necessari ai fini della costituzione o del trasferimento di diritti reali immobiliari.

B –    Sulla seconda questione

40.      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio intende sapere, in sostanza, se l’articolo 56 TFUE osta a che uno Stato membro riservi ai notai l’autenticazione delle firme apposte sugli atti necessari ai fini della costituzione o del trasferimento di diritti reali immobiliari.

41.      Innanzitutto occorre evidenziare che i requisiti di forma necessari per le annotazioni nel libro fondiario sono stabiliti nel diritto nazionale (9). Ne consegue che il diritto applicabile è quello dello Stato membro che tiene il registro. Nel procedimento principale, i requisiti di forma necessari per le annotazioni nel libro fondiario sono dunque prescritti dal diritto austriaco.

42.      Sebbene i requisiti di forma necessari per le annotazioni nel libro fondiario siano disciplinati dal diritto nazionale, essi, ovviamente, devono essere compatibili con il diritto dell’Unione e, nel caso di specie, in particolare con la libertà fondamentale della libera prestazione dei servizi, sancita all’articolo 56 TFUE.

1.      Sulla restrizione della libera prestazione dei servizi

43.      Ai sensi dell’articolo 56 TFUE, le «restrizioni» alla libera prestazione dei servizi sono vietate.

44.      Risulta da una giurisprudenza costante che la libera prestazione dei servizi prevista all’articolo 56 TFUE richiede non solo l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi stabilito in un altro Stato membro in base alla sua cittadinanza, ma anche la soppressione di qualsiasi restrizione, persino qualora essa si applichi indistintamente a prestatori nazionali e a quelli degli altri Stati membri, laddove essa possa vietare, ostacolare o rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisce legittimamente servizi analoghi (10).

45.      Inoltre, conformemente alla giurisprudenza della Corte, l’articolo 56 TFUE esige l’eliminazione di ogni restrizione a tale libertà fondamentale imposta per il fatto che il prestatore è stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui è fornita la prestazione (11).

46.      Come osserva correttamente la Commissione nelle sue osservazioni, la normativa in questione esclude la possibilità che chiunque non sia un notaio austriaco possa validamente autenticare una firma apposta su una domanda di annotazione nel libro fondiario. Una siffatta misura non dà luogo a discriminazione tra gli avvocati austriaci e cechi con riferimento all’origine del servizio. Essa tuttavia limita la libera prestazione dei servizi per gli avvocati cechi.

47.      Siamo dunque in presenza di una restrizione alla libera prestazione dei servizi che deriva dal fatto che, in talune situazioni, il prodotto ottenuto da un servizio prestato in uno Stato membro non è riconosciuto in un altro Stato membro. L’autenticazione di una firma, effettuata nella Repubblica ceca, non è utilizzabile in Austria ai fini di un’annotazione nel libro fondiario (12).

48.      Infine, occorre sottolineare che la Corte, nella sentenza del 24 maggio 2011, Commissione/Austria (13), ha già ampiamente evidenziato che l’attività di autenticazione affidata ai notai non comporta, di per sé, una partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri ai sensi l’articolo 51, primo comma, TFUE. Pertanto, l’eccezione relativa all’esercizio dei pubblici poteri, risultante dall’articolo 62 e dall’articolo 51, primo comma, TFUE, non può essere sollevata.

2.      Sulla giustificazione

49.      Ritengo che il fulcro della questione giuridica della presente causa riguardi un’eventuale giustificazione.

50.      Sebbene i loro argomenti differiscano per taluni dettagli, tutti gli Stati membri che hanno presentato osservazioni, ossia il governo austriaco, ceco, tedesco, spagnolo, francese, lettone, lussemburghese, polacco e sloveno, ritengono che la legislazione in questione sia giustificata, mentre la Commissione è di avviso contrario.

a)      Ragione imperativa di interesse generale: il corretto funzionamento del sistema del libro fondiario

51.      Nella sentenza del 24 maggio 2011, Commissione/Austria (14), la Corte ha ritenuto che «la circostanza che le attività notarili perseguano obiettivi di interesse generale, miranti in particolare a garantire la legalità e la certezza del diritto degli atti conclusi tra privati, costituisce una ragione imperativa di interesse generale che consente di giustificare eventuali restrizioni all’articolo [49 TFUE] derivanti dalle specificità proprie dell’attività notarile, quali l’inquadramento di cui sono oggetto i notai per effetto delle procedure di selezione che sono loro applicate, la limitazione del loro numero e delle loro competenze territoriali o ancora il regime loro applicato riguardo a remunerazione, indipendenza, incompatibilità e inamovibilità, purché dette restrizioni permettano di conseguire tali obiettivi e siano a ciò necessarie».

52.      In tale contesto, al pari del governo tedesco e polacco, ritengo che il corretto funzionamento del sistema del libro fondiario si ricolleghi alla garanzia della legalità e della certezza del diritto degli atti.

53.      Come sottolineato correttamente dal governo tedesco, il libro fondiario, in taluni Stati membri, come in Austria e in Germania, riveste, in generale, e in particolare per quanto riguarda le transazioni immobiliari, un’importanza decisiva. Infatti, l’annotazione nel libro fondiario ha un effetto costitutivo, nel senso che il diritto di proprietà nasce solamente a seguito di tale annotazione. La tutela del libro fondiario e dell’esattezza delle annotazioni che vi sono apposte contribuisce a garantire il corretto funzionamento della giustizia (15).

54.      Occorre adesso esaminare se il fatto di riservare ai notai l’autenticazione di una firma ai fini dell’annotazione nel libro fondiario nelle circostanze di cui al procedimento principale soddisfi il requisito di proporzionalità.

b)      Proporzionalità della legislazione austriaca

55.      Per soddisfare il requisito di proporzionalità, una misura deve, in primo luogo, essere idonea a (o atta o capace di) garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito.

56.      L’idoneità a garantire la realizzazione di detto obiettivo è riconosciuta solo se la misura in questione risponde realmente all’intento di raggiungerlo in modo coerente e sistematico (16).

57.      Come correttamente sottolineato dal governo polacco, non mi sembra che, nel caso di specie, sussistano dubbi riguardo all’idoneità della legislazione austriaca. Il fatto di riservare ai notai la competenza ad autenticare firme mira ad assicurare il corretto funzionamento del libro fondiario.

58.      In secondo luogo, la misura non deve eccedere quanto necessario per conseguire l’obiettivo. Laddove diverse misure permettano di raggiungere lo stesso obiettivo, si deve scegliere quella che restringe meno la libera prestazione dei servizi.

59.      Va constatato, innanzitutto, che né il giudice del rinvio nella propria domanda di pronuncia pregiudiziale né il governo austriaco nelle proprie osservazioni hanno affrontato tale questione, che tuttavia, a mio avviso, costituisce il fulcro del problema. In particolare, né il giudice del rinvio né il governo austriaco hanno indicato che i requisiti che devono soddisfare i notai austriaci e gli avvocati cechi siano tali, sul versante ceco, da compromettere il corretto funzionamento del sistema del libro fondiario in Austria.

60.      Un’autenticazione come quella oggetto del procedimento principale non postula conoscenze del diritto austriaco, né, d’altronde, del diritto in generale. Come sottolinea correttamente la Commissione, l’autenticazione non richiede la redazione di atti né la prestazione di consulenze giuridiche su questioni complesse, ma è volta semplicemente a constatare l’identità della persona presente e a confermare che essa ha effettivamente firmato un documento.

61.      Riservare sistematicamente la prestazione di un siffatto servizio a un notaio austriaco potrebbe sembrare, a prima vista, manifestamente eccessivo.

62.      Ritengo tuttavia, sulla base delle informazioni di cui dispone la Corte, che la normativa in questione, che riserva ai notai l’autenticazione delle firme apposte sugli atti necessari ai fini della costituzione o del trasferimento di diritti reali immobiliari, sia proporzionata.

63.      La Repubblica d’Austria riserva la competenza ai notai, poiché essa ripone una fiducia elevata nei giudici e nei notai ai fini della gestione del libro fondiario. In tale contesto, e in particolare per quanto riguarda i notai, non intendo mettere in discussione la scelta del legislatore austriaco di riservare l’autenticazione a un professionista del diritto, che è soggetto a un rigoroso controllo statale.

64.      Inoltre, mi sembra difficile che la Repubblica d’Austria possa esercitare un controllo sufficiente sull’attività degli avvocati stranieri nella redazione di dichiarazioni ai fini delle annotazioni nel libro fondiario e sanzionare le eventuali inadempienze con provvedimenti disciplinari. Uno Stato membro come la Repubblica d’Austria, che prevede un sistema di amministrazione preventiva della giustizia attraverso l’istituzione di un libro fondiario e le garanzie che esso comporta al fine di tutelare la proprietà immobiliare, difficilmente può rinunciare a funzioni di controllo statale e a una garanzia effettiva sul controllo delle annotazioni nel libro fondiario.

65.      Per quanto riguarda il procedimento principale, in ogni caso, il sistema di sorveglianza degli avvocati cechi, come esposto dal governo ceco, non apporta garanzie sufficienti (17).

66.      Sulla base delle informazioni di cui dispone la Corte, un siffatto sistema non è, a mio avviso, idoneo ad assicurare un controllo reale, efficiente ed efficace che sia equiparabile ai controlli dei notai dei paesi del notariato di ispirazione latina e che assicuri un grado elevato di fiducia.

67.      Suggerisco pertanto alla Corte di rispondere alla seconda questione che l’articolo 56 TFUE non osta a una normativa nazionale come quella di cui all’articolo 31 del GBG che riserva ai giudici e ai notai l’autenticazione delle firme apposte sugli atti necessari ai fini della costituzione o del trasferimento di diritti reali immobiliari.

IV – Conclusioni

68.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali presentate dall’Oberster Gerichtshof (Corte suprema, Austria) nel seguente modo:

Né le disposizioni della direttiva 77/249/CEE del Consiglio, del 22 marzo 1977, intesa a facilitare l’esercizio effettivo della libera prestazione di servizi da parte degli avvocati, né l’articolo 56 TFUE ostano a che uno Stato membro riservi ai notai l’autenticazione delle firme apposte sugli atti necessari ai fini della costituzione o del trasferimento di diritti reali immobiliari.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU 1977, L 78, pag. 17.


3 – GU 1998, L 77, pag. 36.


4 – Peraltro, tale direttiva non precisa se l’attività debba costituire un’attività di avvocato nello Stato di provenienza, ossia nella Repubblica ceca, nello Stato ospitante, ossia in Austria, oppure se si tratti di una nozione autonoma indipendente dalle attività esercitate in ciascuno di tali due Stati membri.


5 – V. sentenza del 16 luglio 2015, Abcur (C‑544/13 e C‑545/13, EU:C:2015:481, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).


6 – L’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva fa altresì riferimento all’«esercizio delle attività relative alla rappresentanza e alla difesa in giudizio di un cliente».


7 – Il corsivo è mio.


8 – V., altresì, Barnard, C., The substantive law of the EU. The four freedoms, Oxford University Press, 4° edizione, 2013, pag. 320, secondo la quale tali due direttive fanno parte dello stesso puzzle (jigsaw).


9 – Del resto, fermo restando il campo d’applicazione dell’articolo 81 TFUE, non esiste alcuno strumento giuridico dell’Unione che tratti tale problematica.


10 – V., in particolare, sentenza del 18 luglio 2013, Citroën Belux (C‑265/12, EU:C:2013:498, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).


11 – V. sentenza del 19 giugno 2014, Strojírny Prostějov e ACO Industries Tábor (C‑53/13 e C‑80/13, EU:C:2014:2011, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata).


12 – L’argomento del governo tedesco secondo il quale, in virtù del carattere formale della legislazione austriaca, non si verificherebbe alcun effetto limitativo sull’attività di avvocato non può dunque essere accolto.


13 – C‑53/08, EU:C:2011:338, punti da 91 a 95.


14 – C‑53/08, EU:C:2011:338, punto 96.


15 – Circostanza che, ai sensi della giurisprudenza della Corte, costituisce una ragione imperativa di interesse generale. V. sentenza del 12 dicembre 1996, Reisebüro Broede (C‑3/95, EU:C:1996:487, punto 36).


16 – V. sentenza del 16 dicembre 2010, Josemans (C‑137/09, EU:C:2010:774, punto 70), nonché, con riferimento alla libera circolazione delle merci, le mie conclusioni nella causa Deutsche Parkinson Vereinigung (C‑148/15, EU:C:2016:394, paragrafo 48 e seguenti).


17 – Il governo ceco ha spiegato, in udienza, che, per l’autenticazione delle firme, nella Repubblica ceca, i registri tenuti dai notai e dagli avvocati sono periodicamente controllati. I registri dei notai sono soggetti a un doppio controllo, tra cui quello del ministero della Giustizia, mentre quelli degli avvocati sono controllati unicamente dall’ordine professionale.