CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
NIILO JÄÄSKINEN
presentate il 12 settembre 2013 (1)
Causa C‑270/12
Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord
contro
Parlamento europeo e Consiglio dell’Unione europea
«Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Aesfem) – Validità dell’articolo 28 del regolamento (UE) n. 236/2012 relativo alle vendite allo scoperto e a taluni aspetti dei contratti derivati aventi ad oggetto la copertura del rischio di inadempimento dell’emittente (credit default swap) – Fondamento giuridico – Articoli 114 TFUE e 352 TFUE – Equilibrio istituzionale e ripartizione delle competenze – Condizioni per l’attribuzione di competenze alle agenzie UE – Delega a norma dell’articolo 290 TFUE e attuazione degli atti a norma dell’articolo 291 TFUE – Giurisprudenza Meroni – Giurisprudenza Romano – Interazione con le disposizioni del Trattato di Lisbona sul sindacato giurisdizionale degli atti delle agenzie aventi effetti vincolanti»
I – Introduzione
1. Con il ricorso proposto dal Regno Unito contro il Parlamento europeo ed il Consiglio si chiede l’annullamento dell’articolo 28 del regolamento (UE) n. 236/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 marzo 2012, relativo alle vendite allo scoperto e a taluni aspetti dei contratti derivati aventi ad oggetto la copertura del rischio di inadempimento dell’emittente (credit default swap) (2). Tale disposizione attribuisce all’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (Aesfem) determinati poteri per intervenire con atti giuridicamente vincolanti sui mercati finanziari di uno Stato membro nel caso in cui esista una «minaccia all’ordinato funzionamento e all’integrità dei mercati finanziari o alla stabilità di tutto o di parte del sistema finanziario dell’Unione». Tali circostanze sono, a loro volta, definite dall’articolo 24, paragrafo 3, del regolamento delegato (UE) n. 918/2012 della Commissione (3). L’azione che l’Aesfem può intraprendere in virtù dell’articolo 28, paragrafo 1, del regolamento n. 236/2012 include l’imposizione alle persone fisiche o giuridiche di obblighi di notifica o di comunicazione e il divieto di realizzare determinate operazioni o l’imposizione di determinate condizioni per la realizzazione di dette operazioni.
2. L’Aesfem è stata istituita il 1° gennaio 2011 (4), nella stessa data in cui sono state istituite l’Autorità bancaria europea (5) e l’Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (6). Questi tre organismi sono noti come le «autorità europee di vigilanza» ovvero, come si indica nel considerando 10 del regolamento n. 1095/2010, le «AEV». L’Aesfem è anche uno dei risultati del programma di riforme avviato dalla Commissione alla luce della crisi finanziaria del 2008 e della relazione stilata dal gruppo ad alto livello presieduto da Jacques de Larosière, che ha adottato alcune raccomandazioni al fine di indicare in che modo può essere rafforzata la vigilanza sui mercati finanziari dell’Unione (7) e che, infine, è sfociata in un programma di attuazione di ampio respiro (8). Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 1095/2010, l’Aesfem è un «organismo» dell’Unione dotato di personalità giuridica.
3. Alla luce della necessità avvertita di armonizzare la risposta dell’Unione alle vendite allo scoperto (9), il 25 marzo 2012 è entrato in vigore il regolamento n. 236/2012. Quella delle vendite allo scoperto è una pratica che implica la vendita di beni, e generalmente di titoli, che non sono di proprietà del venditore all’atto della vendita, con l’intenzione di ottenere guadagni dal calo dei prezzi dei beni prima della chiusura dell’operazione. Come ha rilevato il Parlamento nelle osservazioni scritte, la creazione dell’Aesfem si deve al desiderio dell’Unione europea di istituire un organismo con competenze specifiche per vigilare sui titoli e sui mercati europei, integrando gli interventi delle autorità di vigilanza nazionali (10). Di conseguenza, il regolamento n. 236/2012 ha attribuito all’Aesfem ampi poteri di consultazione, notificazione e regolamentazione relativamente alle vendite allo scoperto.
4. A sostegno del suo ricorso il Regno Unito deduce quattro motivi di annullamento. In primo luogo, tale Stato membro deduce che il potere conferito all’Aesfem in virtù dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 ha ecceduto i limiti stabiliti dalla Corte nella sentenza Meroni per la delega di poteri da parte delle istituzioni (11). In secondo luogo, asserisce che l’articolo 28 mira a conferire all’Aesfem il potere di imporre misure di portata generale aventi forza di legge, contrariamente a quanto deciso dalla Corte nella sentenza Romano (12). In terzo luogo, sostiene che l’articolo 28 intende conferire all’Aesfem il potere di adottare atti non legislativi di portata generale, in violazione degli articoli 290 TFUE e 291 TFUE. In quarto luogo, il Regno Unito sostiene che, nei limiti in cui l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 conferisce all’Aesfem il potere di adottare misure individuali vincolanti per i terzi nei casi in cui risulti inadeguato o insufficiente l’intervento delle autorità nazionali competenti, l’articolo 114 TFUE costituisce un fondamento giuridico erroneo per l’adozione di tali misure.
5. Al ricorso per annullamento del Regno Unito si sono fermamente opposti il Parlamento ed il Consiglio, con il sostegno della Commissione e del Regno di Spagna, della Repubblica francese e della Repubblica italiana. Il Parlamento ed il Consiglio formulano le loro osservazioni scritte sia rispondendo puntualmente ai motivi dedotti dal Regno Unito, sia invitando la Corte ad esaminare la giurisprudenza invocata dal Regno Unito non in astratto, ma alla luce degli sviluppi della disciplina delle agenzie dell’Unione europea per effetto del Trattato di Lisbona, con particolare riferimento al controllo giurisdizionale degli atti delle agenzie aventi effetti giuridici. Il Parlamento ed il Consiglio, sostenuti dalla Commissione, asseriscono inoltre che l’articolo 114 TFUE costituisce il fondamento giuridico appropriato per i poteri conferiti all’Aesfem dall’articolo 28 del regolamento n. 236/2012, poiché equivale ad una misura di armonizzazione ai sensi del diritto del mercato interno dell’Unione.
6. Secondo il mio parere, al centro della presente causa c’è il problema che l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 non implica una delega di poteri ad un’agenzia, da parte delle istituzioni esecutive dell’Unione, ossia da parte della Commissione, o, in via eccezionale, del Consiglio, ma riguarda piuttosto il conferimento diretto di una competenza da parte del legislatore ad un’agenzia, in forza di un atto legislativo a norma dell’articolo 289, paragrafo 3, TFUE. Ritengo che, alla luce delle modifiche apportate dal Trattato di Lisbona (13) e, in particolare, con la conferma nel diritto primario che gli atti delle agenzie sono soggetti a controllo giurisdizionale nel diritto dell’Unione (14), i principi stabiliti con la giurisprudenza Romano e Meroni non corroborano le conclusioni che il Regno Unito ha tratto da tali pronunce (15). Tuttavia, secondo me, il ricorso del Regno Unito deve nondimeno essere accolto, ma sulla base del quarto motivo di annullamento, e ciò in quanto l’articolo 114 TFUE non costituisce un fondamento giuridico appropriato per l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012.
II – Contesto normativo
A – Disposizioni del Trattato riguardanti le Agenzie
7. Ai sensi degli articoli 15 TFUE, 16 TFUE e 228 TFUE, «le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione» sono tenuti a rispettare il principio di buona amministrazione (16), mentre gli articoli 287 TFUE e 325 TFUE assoggettano le agenzie al sistema di controllo finanziario e di audit dell’Unione.
8. Ai sensi dell’articolo 263 TFUE, gli organi dell’Unione sui quali la Corte esercita un controllo giurisdizionale comprendono le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione, e la regola relativa alla «carenza» si applica a questi ultimi in virtù dell’articolo 265 TFUE. Ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le questioni relative alla validità e all’interpretazione degli atti delle istituzioni, degli organi o degli organismi dell’Unione possono essere sottoposte alla Corte dai giudici degli Stati membri, mentre avverso i medesimi atti può essere dedotta anche un’eccezione di illegittimità si sensi dell’articolo 277 TFUE (17).
B – Normativa dell’Unione rilevante
1. Regolamento n. 1095/2010
9. L’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1095/2010 autorizza l’Aesfem a proibire o limitare temporaneamente talune attività finanziarie che mettono a repentaglio il corretto funzionamento e l’integrità dei mercati finanziari o la stabilità generale o parziale del sistema finanziario dell’Unione in due modi. L’Aesfem possiede tale facoltà nei casi specificati e alle condizioni stabilite negli atti legislativi di cui all’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 1095/2010 (18) oppure, se così richiesto, in caso di necessità dovuta a situazioni di emergenza in conformità e a norma delle condizioni di cui all’articolo 18 del regolamento n. 1095/2010.
2. Regolamento n. 236/2012
10. L’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 236/2012 prevede quanto segue:
«"vendita allo scoperto" con riferimento a un titolo azionario o a uno strumento di debito, una vendita del titolo azionario o dello strumento di debito che il venditore non possiede al momento della conclusione del contratto di vendita, incluso il caso in cui al momento della conclusione del contratto di vendita il venditore ha preso a prestito o si è accordato per prendere a prestito il titolo azionario o lo strumento di debito per consegnarlo al momento del regolamento, ad esclusione:
(...)».
11. L’articolo 28 del regolamento n. 236/2012, dal titolo «Poteri di intervento dell’Aesfem in circostanze eccezionali», è del seguente tenore:
«1. A norma dell’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento (UE) n. 1095/2010, l’Aesfem, fatto salvo il paragrafo 2 del presente articolo:
a) impone alle persone fisiche o giuridiche con posizioni corte nette in uno specifico strumento finanziario o in una categoria di strumenti finanziari di notificare ad un’autorità competente o di comunicare al pubblico i dettagli di tali posizioni; o
b) vieta o impone determinate condizioni alla realizzazione da parte di persone fisiche o giuridiche di una vendita allo scoperto o di un’operazione, laddove questa crea o si riferisce a uno strumento finanziario diverso da quelli di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera c), se l’effetto o uno degli effetti dell’operazione consiste nel conferire un vantaggio finanziario alla persona fisica o giuridica in caso di diminuzione del prezzo o del valore di un altro strumento finanziario.
Una misura può essere applicata in circostanze particolari o essere soggetta a deroghe specificate dall’Aesfem. In particolare possono essere specificate deroghe da applicare alle attività di supporto agli scambi e alle operazioni di mercato primario.
2. L’Aesfem adotta una decisione a norma del paragrafo 1 solo se:
a) le misure elencate al paragrafo 1, lettere a) e b), affrontano una minaccia all’ordinato funzionamento e all’integrità dei mercati finanziari o alla stabilità di tutto o di parte del sistema finanziario dell’Unione e sussistono implicazioni transfrontaliere; e
b) nessuna autorità competente ha adottato misure per affrontare la minaccia ovvero una o più autorità competenti hanno adottato misure non adeguate a far fronte alla minaccia in questione
3. Quando adotta le misure di cui al paragrafo 1, l’Aesfem tiene conto del grado in cui la misura:
a) affronta in modo significativo la minaccia all’ordinato funzionamento e all’integrità dei mercati finanziari o alla stabilità di tutto o di parte del sistema finanziario dell’Unione o migliora in modo significativo la capacità delle autorità competenti di monitorare la minaccia;
b) non crea un rischio di arbitraggio normativo;
c) non produce effetti negativi sull’efficienza dei mercati finanziari, come la riduzione della liquidità su detti mercati o la creazione di incertezza per i partecipanti al mercato, che risultino sproporzionati rispetto ai benefici.
Quando una o più autorità competenti hanno adottato una misura a norma degli articoli 18, 19, 20 o 21, l’Aesfem può adottare una delle misure di cui al paragrafo 1 del presente articolo senza emettere il parere previsto all’articolo 27.
4. Prima di decidere di imporre o prorogare una misura di cui al paragrafo 1, l’Aesfem si consulta con il CERS e, se opportuno, con altre autorità competenti.
5. Prima di decidere di imporre o prorogare una misura di cui al paragrafo 1, l’Aesfem trasmette alle autorità competenti interessate la misura di cui propone l’adozione. La notifica comprende i dettagli delle misure proposte, la categoria di strumenti finanziari e le operazioni a cui esse si applicheranno, la documentazione delle motivazioni a sostegno di tali misure e la data prevista dell’entrata in vigore delle misure.
6. La notifica è effettuata almeno ventiquattro ore prima dell’entrata in vigore o della proroga della misura. In circostanze eccezionali, l’Aesfem può effettuare la notifica meno di ventiquattro ore prima della data prevista di entrata in vigore della misura quando non sia possibile rispettare il termine di ventiquattro ore.
7. L’Aesfem pubblica sul suo sito Internet l’avviso di una decisione di imporre o prorogare una misura di cui al paragrafo 1. L’avviso specifica almeno:
a) le misure imposte indicando gli strumenti e le categorie di operazioni a cui tali misure si applicano e la loro durata; e
b) i motivi per cui l’Aesfem ritiene che sia necessario imporre le misure e la documentazione a sostegno di tali motivi.
8. Dopo aver deciso di imporre o prorogare le misure di cui al paragrafo 1, l’Aesfem trasmette immediatamente alle autorità competenti le misure adottate.
9. Una misura entra in vigore quando l’avviso è pubblicato sul sito Internet dell’Aesfem o al momento precisato nell’avviso, vale a dire dopo la sua pubblicazione e si applica solo in relazione alle operazioni effettuate dopo l’entrata in vigore della misura.
10. L’Aesfem riesamina le misure di cui al paragrafo 1 a intervalli regolari e almeno ogni tre mesi. La misura decade automaticamente se non viene prorogata entro la fine di tale periodo di tre mesi. I paragrafi da 2 a 9 si applicano alla proroga delle misure.
11. Una misura adottata dall’Aesfem a norma del presente articolo prevale su qualsiasi misura precedentemente adottata da un’autorità competente a norma della sezione 1».
12. L’articolo 30, in combinato disposto con l’articolo 42 del regolamento n. 236/2012, conferisce alla Commissione il potere di adottare, tra l’altro, atti delegati, al fine di precisare i criteri e i fattori di cui le autorità competenti e l’Aesfem devono tener conto nello stabilire in quali casi insorgano le minacce di cui all’articolo 28, paragrafo 2, lettera a).
13. L’articolo 44 del regolamento n. 236/2012, inserito nel capo VIII, dedicato agli «Atti di esecuzione», contiene norme regolanti la procedura di Comitato che si applica nel contesto dell’adozione di atti di esecuzione da parte della Commissione (19).
14. L’articolo 24, paragrafo 3, del regolamento delegato della Commissione n. 918/2012, dispone quanto segue:
«Ai fini dell’articolo 28, paragrafo 2, lettera a), per minaccia all’ordinato funzionamento e all’integrità dei mercati finanziari o alla stabilità di tutto o di parte del sistema finanziario dell’Unione si intende:
a) ogni minaccia di grave instabilità finanziaria, monetaria o di bilancio di uno Stato membro o del sistema finanziario di uno Stato membro che possa gravemente minacciare l’ordinato funzionamento e l’integrità dei mercati finanziari o la stabilità di tutto o di parte del sistema finanziario dell’Unione;
b) la possibilità che uno Stato membro o un emittente sovranazionale divenga inadempiente;
c) ogni danno grave alle strutture fisiche di importanti emittenti finanziari, alle infrastrutture del mercato, ai sistemi di compensazione e di regolamento e alle autorità di vigilanza, che possano incidere negativamente sui mercati transfrontalieri, in particolare qualora i danni derivino da calamità naturale o attacco terroristico, quando tali danni possono gravemente minacciare l’ordinato funzionamento e l’integrità dei mercati finanziari o la stabilità di tutto o di parte del sistema finanziario dell’Unione;
d) eventuali perturbazioni gravi dei sistemi di pagamento o dei processi di regolamento, in particolare di quelli relativi alle operazioni interbancarie, che causano o potrebbero causare gravi perturbazioni o ritardi dei pagamenti o dei regolamenti nei sistemi di pagamento transfrontalieri dell’Unione, in particolare quando questi possono condurre alla propagazione di stress finanziario o economico in tutto o in parte del sistema finanziario dell’Unione».
C – Procedimento dinanzi alla Corte
15. Con atto introduttivo del 31 maggio 2012, pervenuto nella cancelleria della Corte il 4 giugno 2012, il Regno Unito ha proposto ricorso contro il Parlamento europeo ed il Consiglio dell’Unione europea a norma dell’articolo 263 TFUE, chiedendo alla Corte di annullare l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 e di condannare i convenuti alle spese del procedimento.
16. Il Parlamento europeo ed il Consiglio dell’Unione europea sostengono che la Corte dovrebbe respingere l’intero ricorso nel merito e condannare il Regno Unito alle spese.
17. La Commissione europea, il Regno di Spagna, la Repubblica francese e la Repubblica italiana sono intervenuti a sostegno del Parlamento e del Consiglio.
18. Il Regno Unito, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno partecipato all’udienza svoltasi l’11 giugno 2013, insieme ai rappresentanti della Spagna, della Francia e dell’Italia.
III – Analisi
A – Le agenzie nell’Unione europea
19. La Commissione ha definito un’agenzia europea di regolazione come «un’entità giuridica autonoma creata dal legislatore per partecipare alla regolamentazione di un dato settore a livello europeo e all’attuazione di una politica comunitaria» (20). Esistono attualmente oltre trenta agenzie decentralizzate all’interno dell’Unione europea (21), già operative o in fase di apertura, molte delle quali hanno il potere di emanare decisioni vincolanti. Come è noto l’«agenzificazione» dell’Unione europea è un processo che si è notevolmente intensificato dall’inizio del nuovo millennio. Come osserva un commentatore, la sfida attuale è ed è sempre stata riuscire a bilanciare i vantaggi funzionali e l’indipendenza delle agenzie per evitare il rischio che le agenzie si trasformino in «centri di potere arbitrario sottratti ad ogni forma di controllo» (22).
20. Le agenzie dell’Unione europea, tuttavia, si differenziano tra loro quanto al fondamento giuridico in base al quale sono state istituite, alla loro organizzazione e ai poteri che sono stati loro conferiti. L’Aesfem non fa parte di quel gruppo di agenzie istituite direttamente dalle disposizioni del Trattato (23). D’altra parte, l’Aesfem non rientra neppure tra le agenzie cui sono state attribuite funzioni puramente consultive, sebbene i poteri consultivi rappresentino una parte importante della sua missione (24).
21. L’Aesfem può essere definita come un’agenzia di regolazione che assiste nel compito della regolazione a livello europeo relativamente all’espansione del mercato interno. Le differenze principali tra le agenzie di esecuzione e le agenzie di regolazione consistono nel fatto che le prime attuano programmi di spesa e dipendono direttamente dalla Commissione e sono responsabili unicamente nei confronti di quest’ultima, mentre le agenzie di regolazione forniscono principalmente norme e servizi comuni e operano sotto un consiglio di amministrazione o di sorveglianza composto da rappresentanti degli Stati membri e da alcuni rappresentanti della Commissione (25).
22. L’Aesfem non è un’agenzia esecutiva istituita dalla Commissione ai sensi dell’articolo 6 del regolamento (CE) n. 58/2003, del 19 dicembre 2002, che definisce lo statuto delle agenzie esecutive incaricate dello svolgimento di alcuni compiti relativi alla gestione dei programmi comunitari (26). Le agenzie esecutive sono organismi che operano sulla base di poteri subdelegati dalla Commissione (27).
23. Tuttavia, l’Aesfem è un’agenzia dotata di poteri decisionali come l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno (UAMI) (28), l’Ufficio comunitario delle varietà vegetali (CPVO) (29), l’Agenzia europea per la sicurezza aerea (EASA) (30), l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) (31), l’Agenzia europea per i medicinali (EMA) (32), e l’Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell’energia (ACER) (33), nel senso che è la stessa Aesfem ad adottare parte delle sue decisioni, comprese quelle emanate ai sensi dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012, senza l’intervento della Commissione (34).
24. Tuttavia, c’è una differenza importante tra l’Aesfem e le agenzie di regolazione operanti in settori diversi dai mercati finanziari, che risulta cruciale per la soluzione della presente causa. Se, da un lato, alcuni tra gli organismi istituiti recentemente come l’Aesfem o l’ECHA sono stati dotati di competenze di regolamentazione più ampie rispetto a quelle attribuite alle agenzie più vecchie, la tortuosità del processo di attribuzione di tali competenze e i numerosi controlli cui tali poteri sono assoggettati dimostrano che non si è inteso conferire a tali agenzie un potere gerarchico chiaramente superiore rispetto alle omologhe sul piano nazionale (35). Come ha ammesso la Commissione all’udienza, altre agenzie di regolazione non possono emanare decisioni legalmente vincolanti nei confronti di singole persone giuridiche in sostituzione di una decisione o dell’inattività da parte dell’autorità nazionale competente, e che potrebbe trovarsi in disaccordo con una decisione adottata dall’Aesfem. Ma questo è precisamente il potere che l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 conferisce all’Aesfem (36). Ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 11, del regolamento n. 236/2012, una misura adottata dall’Aesfem deve prevalere sulle misure adottate in precedenza da un’autorità nazionale competente.
25. Nelle sue osservazioni scritte il Parlamento ha osservato che, oltre alle tre AEV, soltanto l’Agenzia europea per le sostanze chimiche è stata istituita sul solo fondamento giuridico dell’articolo 114 TFUE. Tuttavia, essa non gode di poteri di intervento analoghi a quelli di cui all’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 (37). Mi sembra opportuno rilevare che l’Agenzia europea per i medicinali è stata istituita in base al combinato disposto degli articoli 114 TFUE e 168 TFUE (38), l’UAMI e il CPVO sono stati istituiti sulla base dell’articolo 352 TFUE, mentre l’EASA è stata posta in essere sulla base dell’articolo 100 TFUE (39).
26. A mio avviso, il quarto motivo di annullamento dedotto dal Regno Unito nel suo ricorso e riferito all’adeguatezza dell’articolo 114 TFUE come fondamento giuridico per l’adozione dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012, precede logicamente la questione della compatibilità dei poteri conferiti all’Aesfem da tale diposizione con il diritto costituzionale dell’Unione e, più in particolare, con gli insegnamenti delle sentenze Romano e Meroni. Dal punto di vista del diritto costituzionale, la valutazione del fondamento giuridico dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012, ossia un atto normativo adottato ai sensi dell’articolo 289, paragrafo 3, TFUE, precede le questioni giuridiche subordinate relative al suo contenuto. Perciò, come primo punto analizzerò anzitutto il quarto motivo di annullamento dedotto dal Regno Unito, per poi esaminare congiuntamente gli altri tre motivi di annullamento.
B – L’articolo 114 TFUE e le questioni relative al fondamento giuridico
1. L’articolo 114 TFUE come fondamento giuridico per istituire l’Aesfem
27. Come ha osservato recentemente un commentatore, fino a dieci anni fa, le agenzie venivano istituite, per la maggior parte, sulla base dell’articolo 352 TFUE (40). Alla luce di tale osservazione, e considerato il potere dell’Aesfem di «imporre decisioni vincolanti sulle autorità nazionali di vigilanza locali e sugli operatori del mercato», non ci deve sorprendere il fatto che l’adeguatezza dell’articolo 114 TFUE come fondamento giuridico di tali poteri sia stata messa in questione (41). Secondo me, è particolarmente importante mantenere un controllo giurisdizionale rigoroso sull’applicazione dell’articolo 114 TFUE, considerata la tendenza del legislatore dell’Unione, negli ultimi otto anni o giù di lí, nell’istituire le agenzie, a fondarsi «sempre più frequentemente, su specifiche competenze settoriali» e sempre meno sull’articolo 352 TFUE (42). Tuttavia, si deve operare una distinzione, al riguardo, tra il fondamento giuridico utilizzato per istituire un’agenzia e quello applicabile per conferire particolari poteri all’agenzia medesima.
28. La giurisprudenza della Corte sull’applicazione dell’articolo 114 TFUE come base per l’istituzione delle agenzie e del loro coinvolgimento nella promulgazione dei provvedimenti dell’Unione si è evoluta abbondantemente nell’ultimo decennio. I passaggi rilevanti in tale processo sono i seguenti.
29. Nella sentenza Regno Unito/Parlamento e Consiglio, detta «Aromatizzanti di affumicatura» (43), la Corte ha affermato che l’articolo 114 TFUE costituiva una base giuridica idonea per l’adozione di provvedimenti da parte della Commissione in stretta collaborazione con l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, poiché tale procedimento costituiva «un mezzo adeguato» al fine di pervenire al «risultato auspicato sul ravvicinamento» delle legislazioni degli Stati membri(44). In tale occasione la Corte ha approvato un modello legislativo multi-fase quale misura di ravvicinamento ai sensi dell’articolo 114 TFUE, in cui il regolamento in parola disciplinava «al massimo una tappa del processo di ravvicinamento delle legislazioni nazionali» (45), e la Commissione lavorava per conseguire tale obiettivo insieme all’Autorità europea per la sicurezza alimentare.
30. La portata dell’articolo 114 TFUE come base giuridica per l’istituzione di agenzie è stata ulteriormente ampliata in occasione della sentenza ENISA (46). La Corte ha statuito che l’istituzione di un’agenzia destinata a fornire consulenza tecnica alla Commissione poteva costituire una misura di ravvicinamento ai sensi dell’articolo 114 TFUE, sia a causa della necessità di ricevere una consulenza tecnica (47) sia per il fatto che «il legislatore comunitario ha ritenuto che l’istituzione di un organismo comunitario quale l’Agenzia fosse un mezzo adeguato per prevenire l’insorgere di disparità potenzialmente idonee a creare ostacoli al buon funzionamento del mercato interno in materia»(48).
31. Nella sentenza ENISA la Corte ha altresì osservato che l’articolo 114 TFUE può essere utilizzato come fondamento normativo solo quando risulti obiettivamente ed effettivamente dall’atto giuridico che quest’ultimo ha come fine il miglioramento delle condizioni di attuazione e di funzionamento del mercato interno (49). Con l’uso dell’espressione «misure relative al ravvicinamento» in detta disposizione, gli autori del Trattato hanno voluto attribuire al legislatore comunitario, in funzione del contesto generale e delle circostanze specifiche della materia da armonizzare, un margine di discrezionalità in merito alla tecnica di ravvicinamento più appropriata per ottenere il risultato auspicato, segnatamente in settori caratterizzati da particolarità tecniche complesse (50).
32. Sulla scorta di tali considerazioni la Corte è giunta ad una conclusione importante in merito al potere generale delle agenzie di adottare misure giuridicamente vincolanti per i terzi. Poiché nulla nel tenore testuale dell’articolo 114 TFUE permette di concludere che i destinatari delle misure adottate sul fondamento di tale articolo possono essere solo i singoli Stati membri, il legislatore poteva a ragion veduta ritenere necessario prevedere l’istituzione di un organismo dell’Unione incaricato di contribuire all’attuazione di un processo di armonizzazione (51). Di conseguenza, l’articolo 114 TFUE costituiva un fondamento giuridico adeguato per l’adozione del regolamento n. 460/2004, in forza del quale è stata istituita l’ENISA.
33. Sembra che preoccupazioni simili a quelle espresse dalla Corte nella sentenza ENISA siano state avvertite dal legislatore allorché ha scelto di adottare misure specifiche riguardanti le vendite allo scoperto e, più in particolare, quando ha deciso di attribuire all’Aesfem svariati compiti e responsabilità in questo campo. Tale circostanza è riassunta nel considerando 1 del regolamento n. 236/2012, in cui si indica che i provvedimenti adottati dagli Stati membri in relazione alle vendite allo scoperto, alla luce della crisi finanziaria del settembre 2008 «sono diversi tra loro in quanto l’Unione manca di uno specifico quadro normativo comune che si occupi delle questioni collegate alle vendite allo scoperto». Una analoga preoccupazione è avvertita nel considerando 2 del regolamento n. 236/2012 (52), che indica la necessità di armonizzare le norme relative alle vendite allo scoperto e a taluni aspetti dei credit default swap, per impedire la creazione di ostacoli al buon funzionamento del mercato interno in quanto, diversamente, è probabile che gli Stati membri continuino ad adottare misure divergenti.
34. Di conseguenza, sono dell’avviso che non si possa contestare, in linea di principio, l’istituzione dell’Aesfem e la regolamentazione delle sue funzioni e dei suoi poteri sul fondamento giuridico dell’articolo 114 TFUE. In termini generali, e dalla prospettiva delle sue funzioni più ampie (53), il ruolo dell’Aesfem nel contesto del ravvicinamento delle disposizioni degli Stati membri sulle vendite allo scoperto soddisfa le condizioni stabilite dalla Corte nella sentenza ENISA. Tuttavia, i poteri speciali conferiti all’Aesfem dall’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 richiedono una valutazione più approfondita.
2. L’articolo 114 TFUE come fondamento giuridico dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012
35. Le censure formulate dal Regno Unito con il quarto motivo di annullamento sono meno ambiziose di un attacco globale al fondamento giuridico per l’istituzione dell’Aesfem. Esse riguardano piuttosto i poteri conferiti all’Aesfem dall’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 (54). Il Regno Unito ha formulato la sua censura ai sensi dell’articolo 114 TFUE basandosi sull’argomento che tale disposizione del Trattato non può autorizzare l’adozione di misure individuali indirizzate ad una persona fisica o giuridica particolare, e di conseguenza, l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 nei limiti in cui consente di adottare tali misure, eccede i poteri che gli sono conferiti dall’articolo 114 TFUE (55).
36. Come ho già ricordato, non si può contestare, in linea di principio, l’utilizzo dell’articolo 114 TFUE come fondamento giuridico per l’attribuzione alle agenzie di poteri che consentono loro di adottare decisioni giuridicamente vincolanti per i terzi. Tuttavia, il criterio di riferimento per valutare se l’attribuzione di detti poteri ad un’agenzia rientri nell’articolo 114 TFUE consiste nella questione se dette decisioni dell’agenzia contribuiscano o equivalgano all’armonizzazione del mercato interno, nell’accezione utilizzata dal diritto dell’Unione.
37. Tuttavia, il ricorso all’articolo 114 TFUE come unico fondamento giuridico dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 non è supportato dalla giurisprudenza della Corte, poiché l’attribuzione di poteri decisionali all’Aesfem ai sensi di tale disposizione, in sostituzione della valutazione da parte delle autorità nazionali competenti, non può essere considerata una misura «volta al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che abbiano un’incidenza diretta sull’instaurazione o sul funzionamento del mercato interno», ai sensi dell’articolo 114 TFUE (56).
38. I poteri attribuiti all’Aesfem in virtù dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 vanno oltre l’armonizzazione del mercato interno, e ciò per le ragioni di seguito esposte.
a) Analisi del contenuto dei poteri attribuiti all’Aesfem in virtù dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012
39. L’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 ha l’effetto di trasferire sul piano dell’Unione, e più precisamente al livello dell’Aesfem, un potere di intervento che opera in circostanze equivalenti a quelle che determinano i poteri di intervento delle autorità nazionali competenti degli Stati membri in forza degli articoli 18, 20 e 22, del regolamento n. 236/2012. Inoltre, i poteri conferiti ai sensi dell’articolo 28 possono sorgere solo qualora le suddette autorità competenti si astengano dall’intervenire al fine di affrontare adeguatamente «una minaccia all’ordinato funzionamento e all’integrità dei mercati finanziari o alla stabilità di tutto o di parte del sistema finanziario dell’Unione» (v. articolo 28, paragrafo 2, lettere a) e b), del regolamento n. 236/2012).
40. Come è stato sottolineato dal Regno Unito in udienza, l’Aesfem, per definizione, darà un giudizio su una questione in relazione alla quale l’autorità competente nazionale si è formata un giudizio diverso. Inoltre, ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 4, ed il considerando 33 del regolamento n. 236/2012, l’unico organismo che l’Aesfem è obbligata a consultare prima di imporre tali misure è il Comitato europeo per il rischio sistemico (CERS) (57), mentre né la Commissione né il Consiglio sono coinvolti nel processo decisionale in quanto istituzioni. Come ho già ricordato, a norma dell’articolo 28, paragrafo 11, del regolamento n. 236/2012, una misura adottata dall’Aesfem deve prevalere su qualsiasi misura anteriore adottata da un’autorità nazionale competente.
41. Ciò detto, non si potrebbe validamente affermare che i poteri conferiti all’Aesfem dall’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 siano completamente indeterminati. Come ho già avuto modo di osservare, la nozione contenuta nell’articolo 28, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 236/2012 è stata definita con maggior precisione dall’articolo 24, paragrafo 3, del regolamento delegato n. 918/2012 della Commissione (58).
42. Le condizioni e le limitazioni di seguito esposte riguardano l’esercizio dei poteri attribuiti all’Aesfem dall’articolo 28 del regolamento n. 236/2012. L’Aesfem è tenuta a valutare in che misura un provvedimento «affronta in modo significativo la minaccia all’ordinato funzionamento e all’integrità dei mercati finanziari o alla stabilità di tutto o di parte del sistema finanziario dell’Unione o migliora in modo significativo la capacità delle autorità competenti di monitorare la minaccia» [v. articolo 28, paragrafo 3, lettera a)]; «non crea un rischio di arbitraggio normativo» [articolo 28, paragrafo 3, lettera b)]; «non produce effetti negativi sull’efficienza dei mercati finanziari, come la riduzione della liquidità su detti mercati o la creazione di incertezza per i partecipanti al mercato, che risultino sproporzionati rispetto ai benefici» [articolo 28, paragrafo 3, lettera c)].
43. Inoltre, l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 prevede le seguenti garanzie procedurali. Come ho già ricordato, l’Aesfem è tenuta a consultare il CERS. Se del caso, anche altre autorità competenti possono essere consultate, ma non esiste un obbligo di farlo (articolo 28, paragrafo 4). L’Aesfem deve trasmettere alle autorità competenti la misura che propone di adottare o di prorogare; tale notifica è effettuata almeno 24 ore prima che la misura entri in vigore o sia prorogata, a meno che non vi siano «circostanze eccezionali» (articolo 28, paragrafi 5 e 6), e le misure, una volta adottate, devono essere immediatamente trasmesse alle autorità competenti (articolo 28, paragrafo 8). L’Aesfem è tenuta infine a pubblicare sul suo sito Internet ogni decisione di imporre o prorogare una misura, e specifica i motivi alla base di tali decisioni (articolo 28, paragrafo 7); l’Aesfem è inoltre tenuta a riesaminare le misure adottate ogni tre mesi, altrimenti decadono (articolo 28, paragrafo 10). Tornerò sulle garanzie imposte all’esercizio, da parte dell’Aesfem, dei poteri che le sono conferiti dall’articolo 28 del regolamento n. 236/2012, al momento di esaminare la rilevanza della giurisprudenza Meroni per la soluzione della controversia che ci occupa.
44. Tuttavia, si deve tenere presente la portata dei poteri attribuiti all’Aesfem nei confronti dei terzi. Come ho ricordato in precedenza, l’intervento dell’Aesfem ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 236/2012 può comportare l’imposizione alle persone fisiche o giuridiche dell’obbligo di comunicare le loro posizioni corte nette rispetto a specifici strumenti finanziari o ad una categoria di strumenti finanziari. Inoltre, l’Aesfem può imporre divieti o condizioni in relazione alle vendite allo scoperto e ad operazioni simili, ai sensi dell’articolo 28, paragrafo1, lettera b), del regolamento n. 236/2012.
45. A mio avviso, e in contrasto con gli argomenti svolti dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, tali poteri vanno ben oltre il potere di «prescrivere i provvedimenti relativi ad un determinato prodotto o a una determinata categoria di prodotti e, se necessario, provvedimenti individuali riguardanti questi prodotti»(59). Difatti, in tale contesto, l’Aesfem non sta elaborando disposizioni specifiche e più dettagliate applicabili a un determinato prodotto o servizio finanziario, come per esempio quando la Commissione esercita i propri poteri di uniformare l’approccio degli Stati membri verso determinati prodotti pericolosi ai sensi dell’articolo 13 della direttiva 2001/95/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001, relativa alla sicurezza generale dei prodotti, adottata sulla base dell’articolo 114 TFUE (60). L’Aesfem interviene piuttosto sulle condizioni di concorrenza in un particolare mercato finanziario, che rientra nella sfera dei poteri delle autorità nazionali competenti, quando deve affrontare determinate circostanze eccezionali. Secondo me, l’analogia più forte, nel diritto dell’Unione, con i poteri conferiti all’Aesfem dall’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 è fornita dai poteri di intervento della Commissione nell’ambito dell’agricoltura e dell’anti-dumping, vale a dire aree in cui la Commissione attua una politica comune dell’Unione.
46. Perciò, una misura adottata sulla base dell’articolo 114 TFUE deve essere realmente intesa a migliorare le condizioni di instaurazione e di funzionamento del mercato interno. Se la semplice constatazione di disparità tra le normative nazionali e il rischio astratto di ostacoli alle libertà fondamentali o di distorsioni della concorrenza fossero sufficienti a giustificare la scelta dell’articolo 114 TFUE come fondamento giuridico, il controllo giurisdizionale del rispetto del fondamento giuridico potrebbe essere privato di ogni efficacia. Alla Corte sarebbe allora impedito di svolgere la funzione, che le spetta ai sensi dell’articolo 19 TUE, di assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del Trattato (61). Così, nel controllare se l’articolo 114 TFUE costituisca il corretto fondamento giuridico per un determinato atto dell’Unione, la Corte deve verificare se l’atto la cui validità è controversa persegua effettivamente gli obiettivi originari di migliorare le condizioni di instaurazione e di funzionamento del mercato interno (62).
47. Inoltre, l’insorgenza di futuri ostacoli agli scambi, potenzialmente derivanti dalle divergenze tra le normative degli Stati membri non è sufficiente. L’insorgere di tali ostacoli dev’essere probabile e la misura di cui trattasi deve avere per oggetto la loro prevenzione (63).
b) L’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 nel contesto della giurisprudenza della Corte in relazione all’uso dell’articolo 114 TFUE come fondamento giuridico
48. Nella sentenza ENISA la Corte ha sostenuto che il legislatore dell’Unione può ritenere necessario prevedere, per l’istituzione di un organismo comunitario incaricato di contribuire alla realizzazione di un processo di armonizzazione «nelle situazioni in cui, per agevolare l’attuazione e l’applicazione uniformi di atti fondati su tale norma, appaia appropriata l’adozione di misure di accompagnamento e di inquadramento non vincolanti» (64).
49. La Corte ha inoltre sottolineato che le mansioni affidate a un organismo del genere devono riconnettersi strettamente alle materie che costituiscono oggetto degli atti di ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri. È quanto avviene, in particolare, qualora l’organismo comunitario così istituito fornisca prestazioni alle autorità nazionali e/o agli operatori idonee ad incidere sull’attuazione omogenea degli strumenti di armonizzazione e ad agevolarne l’applicazione (65).
50. Tuttavia, i poteri decisionali dell’Aesfem ai sensi dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 presentano scarse analogie con le misure descritte dalla Corte negli importanti passi della sentenza ENISA, appena menzionati. Anzitutto, le decisioni adottate ai sensi dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 sono giuridicamente vincolanti, mentre nella sentenza ENISA, la Corte ha esaminato i provvedimenti non vincolanti. Se da un lato ciò non è censurabile in sé e per sé, è difficile prevedere in che modo l’esercizio di un potere ai sensi dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 possa contribuire ad un processo di armonizzazione come quello descritto dalla Corte nella sentenza ENISA. La sua funzione è piuttosto quella di spostare i poteri di attuazione di cui agli articoli 18, 20 e 22, del regolamento n. 236/2012, dal piano nazionale al piano dell’Unione, qualora esista un contrasto tra l’Aesfem e l’autorità nazionale competente ovvero tra le autorità nazionali competenti.
51. Infatti l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 crea un meccanismo decisionale di emergenza che diventa operativo quando le autorità competenti non concordano sull’azione da intraprendere. A causa delle regole di voto dell’Aesfem, tale intervento deve essere deciso a maggioranza qualificata del consiglio delle autorità di vigilanza (66).
52. Quindi, il risultato dell’attivazione dei poteri attribuiti all’Aesfem dall’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 non è l’armonizzazione o l’adozione di una prassi uniforme degli Stati membri, ma la sostituzione del sistema decisionale nazionale ai sensi degli articoli 18, 20 e 22 del regolamento n. 236/2012 con un sistema decisionale a livello dell’Unione.
53. Pertanto, se nelle osservazioni scritte del Parlamento si indica correttamente che, ai sensi della giurisprudenza della Corte, l’istituzione delle agenzie e l’attribuzione di una determinata funzione a queste ultime possono avvenire sulla base dell’articolo 114 TFUE, sempreché esse facciano parte di un contesto normativo che ravvicina le disposizioni rilevanti del mercato interno (67), l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 va oltre tali limiti.
3. L’articolo 352 TFUE come fondamento giuridico adeguato per l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012.
54. Ad abundantiam, ritengo opportuno aggiungere che, secondo la mia opinione, l’articolo 352 TFUE avrebbe costituito un fondamento giuridico adeguato per l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012. E ciò perché si avverte chiaramente la necessità di un intervento a livello dell’Unione, in quanto, in un mercato integrato di strumenti finanziari, un’omissione o un intervento inadeguato da parte di un’autorità nazionale competente in relazione alle vendite allo scoperto può produrre effetti transfrontalieri importanti. Tali effetti possono provocare distorsioni nei sistemi bancari di Stati membri diversi da quello del mercato finanziario in cui avviene la vendita allo scoperto. Quindi, nelle situazioni che comportano una minaccia all’ordinato funzionamento e all’integrità dei mercati finanziari o alla stabilità di tutto o di parte del sistema finanziario dell’Unione, una procedura decisionale centralizzata che permetta di realizzare un’applicazione uniforme delle disposizioni dell’Unione sulle vendite allo scoperto sembrerebbe tanto necessaria quanto proporzionata. Ma per le ragioni che ho esposto nei precedenti paragrafi, un processo decisionale centralizzato per situazioni di emergenza che sostituisce la decisione dell’autorità nazionale competente, senza il consenso di quest’ultima, o che si sostituisce a quest’ultima in sua assenza, non può essere considerata compresa nella nozione di «ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri» ai sensi dell’articolo 144 TFUE.
55. Ciò premesso, secondo me l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 è «necessario», nel senso indicato dall’articolo 352 TFUE, per «realizzare uno degli obiettivi» dei trattati. Mi riferisco qui alla sentenza Massey-Ferguson(68), in cui la Corte ha sostenuto che il funzionamento di un’unione doganale presupponeva «necessariamente» la determinazione uniforme del valore in dogana delle merci importate da paesi terzi, affinché la protezione attuata mediante la tariffa doganale comune fosse la stessa per l’intera Comunità (69). Per il motivo che ho esposto in precedenza, i poteri d’intervento dell’Aesfem ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 1, del regolamento n. 236/2012 si presentano altrettanto «necessari» per realizzare gli obiettivi del mercato interno, a causa delle implicazioni transfrontaliere di un’azione inadeguata da parte degli Stati membri in relazione alle vendite allo scoperto.
56. Parallelamente mi sembra opportuno rilevare come il fatto che le vendite allo scoperto «incidano» sul funzionamento del mercato comune è insufficiente per sostenere la validità dell’articolo 114 TFUE come fondamento giuridico dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 (70). In altri termini, l’articolo 114 TFUE non costituisce un fondamento giuridico alternativo disponibile e valido che escluderebbe l’applicazione dell’articolo 352 TFUE (71). Gli interventi che l’Aesfem può intraprendere a norma dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 vanno oltre l’armonizzazione prevista dall’articolo 114 TFUE. Tuttavia, detti interventi sono necessari per il funzionamento del mercato interno dell’Unione, a causa delle perturbazioni che possono derivare dall’omissione, da parte di qualsiasi singolo Stato membro, di affrontare le conseguenze delle vendite allo scoperto in circostanze eccezionali (72). Peraltro, il ricorso all’articolo 352 TFUE «non può costituire il fondamento per ampliare la sfera dei poteri» dell’Unione «al di là dell’ambito generale risultante dal complesso delle disposizioni» del Trattato UE e, «in particolare di quelle che definiscono i compiti e le azioni» dell’Unione (73).
57. Inoltre, la Corte ha espressamente approvato il ricorso all’articolo 352 TFUE per i provvedimenti «che riguardano specificamente individui»(74), quando i provvedimenti interessati rientrano negli obiettivi dell’Unione ai sensi dell’articolo 352 TFUE (75). Secondo me, a causa dell’impatto sul funzionamento del mercato interno che potrebbe prodursi nel caso in cui le autorità nazionali competenti si astenessero dall’intraprendere un’azione adeguata per fronteggiare le vendite allo scoperto, gli obiettivi dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 coincidono con quelli dell’Unione agli effetti dell’articolo 352 TFUE (76).
58. Dato che l’articolo 352 TFUE richiede l’unanimità tra gli Stati membri, l’adeguatezza del fondamento giuridico per l’adozione del regolamento n. 236/2012, dal punto di vista dell’intensità del consenso che ha appoggiato l’approvazione dell’articolo 28 di tale regolamento, non è una questione irrilevante. Il Regno Unito si è opposto all’approvazione dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 in base al processo legislativo dell’articolo 114 TFUE, che richiede solamente la maggioranza qualificata dei voti in seno al Consiglio (77). Come ho osservato in precedenza, non esiste un diritto di veto che possa essere fatto valere quando il consiglio delle autorità di vigilanza dell’Aesfem esercita i propri poteri ai sensi del summenzionato articolo 28 del regolamento n. 236/2012. Fin dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona esiste un obbligo della Commissione, ai sensi dell’articolo 352, paragrafo 2, TFUE, di sottoporre le proposte basate su tale articolo all’attenzione dei parlamenti nazionali (78). L’applicazione dell’articolo 352 TFUE come fondamento giuridico dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 aprirebbe quindi un canale importante per un aumento della partecipazione democratica (79).
59. Per tali ragioni, sono pertanto incline a concludere che la Corte dovrebbe annullare l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 per incompetenza, dato che l’articolo 114 TFUE non costituiva un fondamento giuridico adeguato per l’adozione di tale disposizione (80).
C- I motivi dedotti dal Regno Unito sulla base della giurisprudenza Meroni e Romano alla luce degli articoli 290 TFUE e 291 TFUE
Osservazioni preliminari
60. Alla luce delle conclusioni cui sono pervenuto circa il quarto motivo di ricorso del Regno Unito, la mia analisi relativa ai primi tre motivi d’impugnazione viene fornita unicamente per il caso in cui la Corte ritenesse che l’articolo 114 TFUE costituisca un fondamento giuridico adeguato per l’adozione dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012. A mio avviso, le modifiche introdotte dal Trattato di Lisbona, sia rispetto al chiarimento sulla distinzione tra misure (normative) delegate e poteri (esecutivi) di attuazione (81), sia con gli emendamenti che inseriscono il controllo giurisdizionale degli atti delle agenzie dell’Unione nell’architettura giudiziaria dell’Unione, significano che la giurisprudenza Romano e Meroni deve essere riposizionata all’interno del tessuto costituzionale attuale dell’Unione.
a) La sentenza della Corte nella causa Meroni
61. Nella causa Meroni del 1958 veniva contestato il sistema di perequazione del rottame importato da paesi terzi, stabilito ai sensi del Trattato CECA, con particolare riferimento ad un importo prelevato dall’Alta Autorità in forza di due decisioni adottate dall’Ufficio comune dei consumatori di rottame e dalla Cassa di perequazione del rottame importato dai paesi terzi (in prosieguo: gli «organismi di Bruxelles»), che erano stati entrambi incaricati dall’Alta Autorità della CECA dell’attuazione di tale sistema. Gli organismi di Bruxelles erano enti di diritto privato belga.
62. Nella causa Meroni, la Corte ha statuito che l’Alta Autorità era autorizzata a delegare i suoi poteri ad uno o più organismi esterni. Tuttavia, tale delega era soggetta alle limitazioni imposte dal Trattato CECA. La Corte ha ritenuto che l’Alta Autorità non potesse conferire ad un organismo delegato poteri diversi da quelli attribuiti all’Alta Autorità dal Trattato CECA (82). Per esempio, le decisioni degli organismi di Bruxelles non erano soggette al sindacato giurisdizionale della Corte di giustizia ai sensi dell’articolo 33 CECA, mentre tale condizione si applicava agli atti giuridici dell’Alta Autorità (83). Inoltre, la Corte ha sottolineato che la delega di poteri era legittima solo qualora fosse risultata necessaria per la realizzazione dei compiti dell’Alta Autorità. Qualsiasi delega di poteri poteva riferirsi soltanto a poteri esecutivi chiaramente definiti, l’esercizio dei quali doveva rimanere soggetto interamente alla vigilanza dell’Alta Autorità (84).
63. È questo il contesto in cui la Corte è pervenuta alla nota conclusione secondo cui «la delega di poteri fatta agli organismi di Bruxelles con la decisione n. 14/55 consente loro una libertà d’apprezzamento tale da concretarsi in un vero potere discrezionale e non può quindi ritenersi compatibile con quanto il Trattato prescrive»(85).
64. È chiaro quindi, secondo me, dal contesto in cui la Corte ha maturato la sua decisione nella causa Meroni, che le sue preoccupazioni erano di duplice natura; in primo luogo, essa era preoccupata per l’assenza di qualsiasi controllo giurisdizionale degli atti degli organismi di Bruxelles; in secondo luogo, ha tentato di impedire all’Alta Autorità di delegare poteri più ampi di quelli ad essa attribuiti, e che erano definiti in maniera talmente generica da risultare arbitrari. Secondo me, in tale occasione, la Corte stava pertanto rispettando gli imperativi costituzionali di un controllo giurisdizionale effettivo e dell’equilibrio istituzionale.
b) Le conclusioni della Corte nella sentenza Romano
65. Preoccupazioni analoghe si intuiscono nella sentenza della Corte nella causa Romano. In tale causa la Corte ha esaminato la domanda di pronuncia pregiudiziale di un giudice del lavoro belga, che verteva sull’interpretazione e sulla validità della decisione n. 101 della Commissione amministrativa delle Comunità europee per la previdenza sociale dei lavoratori migranti (in prosieguo: la «Commissione amministrativa») (86), nonché sull’interpretazione del regolamento n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (87). La Commissione amministrativa era stata istituita in base a tale ultimo regolamento e aveva adottato una decisione che incideva negativamente sull’importo liquidabile al sig. Romano a titolo di diritti pensionistici.
66. Nello statuire sui poteri della Commissione amministrativa, la Corte è pervenuta alla nota conclusione secondo cui:
«(…) risulta tanto dall’art. 155 del Trattato quanto dal sistema giurisdizionale istituito dal Trattato stesso, ed in particolare dagli artt. 173 e 177, che il Consiglio non può conferire ad un organo come la Commissione amministrativa il potere di adottare atti di carattere normativo» (88).
67. Come è stato evidenziato all’udienza, le versioni in lingua francese, olandese, tedesca e spagnola della sentenza Romano dimostrano che la portata di tale pronuncia era limitata all’adozione di provvedimenti normativi da parte delle agenzie. Per esempio, l’espressione «atti di carattere normativo» di cui al punto 20 della sentenza della Corte nella causa Romano, nella versione francese della sentenza è indicata con i termini «acts revêtant un caractère normatif». La traduzione in lingua inglese «acts having the force of law» deve pertanto essere interpretata alla luce delle altre versioni linguistiche.
2. La giurisprudenza Meroni e Romano nel presente contesto del diritto dell’Unione sulle agenzie di regolazione
68. È stato detto che la Corte dovrebbe ancora applicare i precetti della sentenza Meroni a tutte le attuali agenzie dell’Unione (89). In sostanza, il problema consiste nel riconciliare la proliferazione delle agenzie con il divieto di delegare alle agenzie ed agli altri organismi l’esercizio di poteri discrezionali eccessivamente ampi e/o piuttosto indefiniti, stabilito nella sentenza Meroni (90), e con il divieto per le agenzie di adottare provvedimenti «normativi», ai sensi della giurisprudenza Romano.
69. Le differenze fondamentali nel contesto di fatto e di diritto tra gli organismi esaminati dalla Corte nella causa Meroni del 1958 ed il modo in cui operano le agenzie oggigiorno meritano di essere approfondite. Esse sono state descritte dalla dottrina nei seguenti termini:
«Gli organismi di Bruxelles [esaminati nella causa Meroni] erano enti di diritto privato, mentre le agenzie dell’Unione europea sono organismi di diritto pubblico istituiti dal diritto dell’Unione. Se ha assolutamente senso classificare i primi come “organismi esterni”, ciò non vale nel caso dei secondi. Gli organismi di Bruxelles hanno ricevuto poteri dall’Alta Autorità, mentre le agenzie dell’Unione sono organismi che sono stati istituiti e dotati di poteri dal legislatore dell’Unione. Inoltre, la sentenza Meroni è stata pronunciata ai sensi del Trattato CECA, mentre le attuali agenzie dell’Unione agiscono in forza dei Trattati UE»(91).
70. I limiti della rilevanza della sentenza Romano per il diritto contemporaneo delle agenzie sono illustrati nella sentenza stessa. Secondo me, è chiaro che, quando ha vietato la delega di poteri normativi all’organismo interessato, la Corte aveva in mente il fatto che il Trattato CEE, come strutturato a quei tempi, non prevedeva la possibilità di sottoporre detti provvedimenti al controllo di legittimità. Tuttavia, il Trattato di Lisbona ha colmato tale lacuna, ha riconfigurato la delega dei poteri legislativi ai sensi dell’articolo 290 TFUE, e ha chiarito la portata ed il funzionamento dei poteri di attuazione ai sensi dell’articolo 291 TFUE.
71. Come avveniva nella sentenza Meroni, le preoccupazioni della Corte in merito all’equilibrio istituzionale ed alla necessità di proibire le deleghe di poteri eccessivamente ampie e/o arbitrarie sono attuali oggi come lo erano nel 1958. Tuttavia, anche tali preoccupazioni devono essere affrontate tenendo presenti gli sviluppi del diritto primario dell’Unione, come riflessi dagli articoli 290 TFUE e 291 TFUE.
72. Come esporrò nella prossima sezione, l’evoluzione del diritto costituzionale dell’Unione conseguente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha indubbiamente fugato le serie preoccupazioni che la Corte ha dovuto arginare nelle sentenze Meroni e Romano; segnatamente, l’assenza di criteri basati sul diritto primario per il conferimento e la delega di poteri, in modo tale da assicurare il rispetto dell’equilibrio istituzionale, e la mancata previsione di controllo giurisdizionale degli atti normativi delle agenzie.
3. Le modifiche apportate dal Trattato di Lisbona
73. Come ho osservato in precedenza, il potere della Corte di esercitare un controllo di legittimità sugli atti «degli organi o organismi dell’Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi», è attualmente sancito dall’articolo 263, primo comma, TFUE, mentre ai sensi dell’articolo 263, secondo comma, TFUE, la Corte, nel riesaminare gli atti delle agenzie, può pronunciarsi sui motivi di ricorso tradizionalmente riconosciuti dal diritto dell’UE (92). A norma dell’articolo 265, primo comma, TFUE, il ricorso in carenza può essere esperito anche per contestare il comportamento delle agenzie e l’articolo 267, primo comma, lettera b), TFUE, garantisce che anche il controllo di legittimità esercitato attraverso i giudici nazionali sia applicabile alle agenzie. Le agenzie sono state inserite nell’ultimo pilastro dell’architettura giurisdizionale dell’Unione europea attraverso la menzione che ne fa l’articolo 277 TFUE sull’eccezione di illegittimità, che può essere sollevata in relazione agli atti di portata generale. Per contro, non vengono menzionate le agenzie nelle disposizioni riguardanti le azioni di risarcimento per danni e la responsabilità extracontrattuale delle istituzioni dell’Unione, segnatamente, gli articoli 268 TFUE e 340 TFUE, ma secondo la giurisprudenza, richieste di risarcimento danni possono essere presentate con riferimento ai provvedimenti adottati dalle agenzie (93).
74. Dalle summenzionate disposizioni del Trattato, emerge chiaramente che alle agenzie può essere attribuito il potere di adottare decisioni giuridicamente vincolanti e destinate a produrre un effetto giuridico nei confronti dei terzi. In caso contrario, le suddette modifiche del Trattato sarebbero prive di senso. Pertanto, secondo me, se è indubbio che non si può contestare di per sé l’adozione, da parte di un’agenzia come l’Aesfem, di provvedimenti che producono effetti giuridici nei confronti di terzi, come gli investitori e gli operatori finanziari, allo stesso modo non si potrebbe contestare l’adozione di tali provvedimenti in quanto tali sulla base della giurisprudenza Meroni o Romano.
75. Ciò premesso, sarei incline ad ammettere che, se il Trattato di Lisbona delinea chiaramente un meccanismo per il controllo di legittimità delle disposizioni normative e delle decisioni adottate dalle agenzie, il Trattato diventa più enigmatico quando si tratta di delimitare i poteri delle agenzie (94). E ciò perché le agenzie non vengono menzionate né nell’articolo 290 TFUE, che permette di delegare alla Commissione il potere decisionale con atto legislativo, o l’articolo 291 TFUE, che conferisce poteri di attuazione agli Stati membri, alla Commissione ed in alcune circostanze limitate, al Consiglio. Prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, l’espressione «competenze di esecuzione» si riferiva a due poteri, nonostante la loro diversa natura. Si trattava, da un lato, del potere di adottare un atto normativo che modificava o completava un atto legislativo di base e, dall’altro, del potere di attuare o di eseguire a livello dell’Unione un atto legislativo dell’Unione o alcune delle sue disposizioni (95). Una netta demarcazione tra i detti due poteri è stata proposta dalla Convenzione europea (96), ed è stata inclusa nel Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa (97). Tale modifica è stata da ultimo incorporata nel Trattato di Lisbona, negli articoli 290 TFUE e 291 TFUE (98).
76. Fondamentalmente, l’articolo 290 TFUE consente di delegare i poteri per l’adozione di norme che completano o modificano determinate parti non essenziali di un atto legislativo (99). Tali poteri possono essere delegati unicamente alla Commissione. In altri termini, un atto delegato ai sensi dell’articolo 290 TFUE trasferisce alla Commissione il potere di apportare modifiche non sostanziali ad atti legislativi specifici e/o la facoltà di completare tali atti. Tuttavia, allo stesso tempo, l’articolo 290 TFUE assoggetta la delega a rigorose condizioni, al fine di garantire la responsabilità democratica nel processo legislativo europeo. A norma dell’articolo 290, paragrafo 1, TFUE gli atti legislativi di cui trattasi «delimitano esplicitamente gli obiettivi, il contenuto, la portata e la durata della delega di potere» (100).
77. L’articolo 291 TFUE sulle competenze di esecuzione persegue un diverso obiettivo. Anzitutto, stabilisce la regola fondamentale secondo cui il potere di adottare misure di attuazione rientra tra le competenze degli Stati membri. In secondo luogo, allorché sono necessarie condizioni di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione che presentino un grado di uniformità maggiore rispetto a quello che si potrebbe altrimenti conseguire, le competenze di esecuzione possono essere trasferite alla Commissione o, a determinate condizioni restrittive, al Consiglio. Di conseguenza, le competenze di esecuzione possono essere esercitate a livello dell’Unione invece che a livello nazionale. Concordo pertanto con quella parte della dottrina che ritiene che l’obiettivo delle competenze di esecuzione di cui all’articolo 291 TFUE sia di permettere una definizione più dettagliata del contenuto normativo dell’atto da eseguire, al fine di facilitarne l’applicazione. Ciò è abbastanza diverso dall’obiettivo delle misure adottate in virtù di un atto delegato ai sensi dell’articolo 290 TFUE, che consiste nel sollevare il legislatore dell’Unione dalla necessità di modificare o completare elementi non essenziali di un atto normativo, riservando, al contempo, il potere decisionale del legislatore rispetto agli elementi essenziali dell’area in questione (101).
78. Certamente, non è sempre facile tracciare il confine tra il completamento di un atto legislativo con elementi non essenziali e l’adozione di norme di attuazione più dettagliate (102). Tuttavia, come ha rilevato un filosofo, «l’esistenza di casi-limite non implica l’assenza di casi chiaramente positivi o negativi» (103).
79. Tuttavia, contrariamente agli argomenti utilizzati dal Regno Unito nel suo ricorso di annullamento, ciò non significa che le misure di esecuzione ai sensi dell’articolo 291 TFUE non possano avere portata generale. Quando lo sono, equivalgono ad un atto regolamentare ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE (104). Tale conclusione deriva necessariamente dal fatto che il Trattato di Lisbona ha introdotto un riferimento alle agenzie all’articolo 277 TFUE che, come rileva il Parlamento europeo nelle sue osservazioni, introduce l’eccezione di illegittimità per gli atti di «portata generale». Aggiungerei il riferimento alle agenzie nell’articolo 267 TFUE sul controllo di legittimità, che tradizionalmente riguarda gli atti normativi.
80. Inoltre, le misure di esecuzione ai sensi dell’articolo 291 TFUE possono essere emanate sotto forma di atti amministrativi di portata individuale (105). Ma evidentemente gli atti amministrativi di portata individuale sono interamente esclusi dall’articolo 290 TFUE. Perciò, l’articolo 290 TFUE e l’articolo 291 TFUE si sovrappongono solo nel senso che gli atti che siano sostanzialmente regolamentari ai sensi dell’articolo 263, paragrafo 4, TFUE e che abbiano la forma di un regolamento o di una decisione di portata generale possono essere adottati in base ad entrambe le suddette disposizioni.
81. Da ciò deriva che il Trattato FUE, a differenza dei precedenti Trattati, ha introdotto una netta distinzione concettuale tra atti delegati e atti di esecuzione. Gli atti delegati ai sensi dell’articolo 290 TFUE sono atti (regolamentari) non legislativi di portata generale adottati dalla Commissione, al fine di modificare o completare elementi non essenziali di un atto normativo. Gli atti di esecuzione ai sensi dell’articolo 291 TFUE possono essere atti regolamentari o decisioni amministrative individuali. Tali atti possono essere adottati dalla Commissione o dal Consiglio al fine di garantire l’esecuzione uniforme di provvedimenti dell’Unione europea giuridicamente vincolanti. Inoltre, a causa della dovuta menzione dei termini «delegati» o «esecutivi» nel titolo, entrambi i tipi di atti esecutivi sono adesso formalmente distinguibili dagli strumenti usati per l’adozione di atti normativi (106).
82. Indubbiamente, tale distinzione è rispecchiata dallo stesso regolamento n. 236/2012, all’interno del quale i poteri delegati e i poteri di esecuzione sono inseriti in capi diversi. I poteri di esecuzione sono attribuiti alla Commissione dall’articolo 44 (che si trova all’interno del capo VIII) del regolamento n. 236/2012, mentre il potere di adottare atti delegati è attribuito alla Commissione dall’articolo 42 (capo VII) del regolamento n. 236/2012 (107).
4. Conseguenze dal punto di vista costituzionale
83. La preoccupazione maggiore, dal punto di vista costituzionale, in relazione agli atti delegati di cui all’articolo 290 TFUE, riguarda la responsabilità democratica (108). In altri termini, si tratta di stabilire in che misura il potere legislativo può essere delegato ed in che misura l’esercizio di tali poteri delegati può essere controllato dal legislatore. Per contro, l’aspetto costituzionale fondamentale da considerare in relazione agli atti di esecuzione ai sensi dell’articolo 291 TFUE riguarda il rispetto della competenza primaria degli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione e l’equilibrio istituzionale tra il Consiglio e la Commissione quando assumono funzioni di esecuzione.
84. Secondo me, come è stato evidenziato nelle osservazioni scritte della Commissione, solo quest’ultima può costituire il destinatario dei poteri delegati di cui all’articolo 290 TFUE. Ciò significa che, in tale contesto, il divieto stabilito nella sentenza Romano di attribuire alle agenzie poteri normativi o quasi normativi, rimane valido sia nel senso che il legislatore dell’Unione non può delegare i suoi poteri normativi ad un’agenzia, sia nel senso che, un’ulteriore delega, da parte della Commissione e favore di un’agenzia, delle competenze che le vengono delegate in forza dell’articolo 290 TFUE, sarebbe illegittima (109).
85. Le agenzie devono essere escluse dai poteri delegati di cui all’articolo 290 TFUE poiché l’esercizio di tali poteri modifica il contenuto di atti legislativi, anche se nei loro elementi non essenziali. L’esclusione delle agenzie e di tutti gli altri organismi esterni alla Commissione discende anche dal tenore letterale dell’articolo 290 TFUE. Inoltre, il meccanismo relativo alle condizioni alle quali il legislatore può subordinare la delega ai sensi dell’articolo 290, paragrafo 2, TFUE, esclude chiaramente le agenzie, poiché esse non possono partecipare al sistema dei controlli e degli equilibri interistituzionali. Il principio di democrazia, consacrato dagli articoli 2 TUE e 10 TUE, implica necessariamente che qualsiasi potere di adottare un provvedimento dell’Unione che possa alterare gli elementi non essenziali di un atto normativo dell’Unione deve essere esercitato da un’istituzione dell’Unione che è democraticamente responsabile, in altri termini, dalla Commissione, che è il responsabile ultimo dinanzi al Parlamento europeo (110).
86. Per contro, una simile restrizione non si applica nel caso dei poteri di esecuzione di cui all’articolo 291 TFUE. È certamente vero che l’articolo 291 TFUE, del pari all’articolo 290 TFUE, non menziona le agenzie tra gli organismi ai quali possono essere trasferite competenze di esecuzione a livello dell’Unione, tuttavia, dato che le competenze di esecuzione non si estendono fino a comprendere la modifica o l’integrazione di atti normativi con nuovi elementi, secondo la mia opinione, i principi fondamentali costituzionali non impediscono al legislatore di conferire tali competenze alle agenzie, a titolo di soluzione intermedia tra l’attribuzione delle competenze di esecuzione alla Commissione o al Consiglio, da un lato, e lasciare tali competenze agli Stati membri, dall’altro.
87. Tale modus procedendi può risultare particolarmente appropriato quando siano necessarie valutazioni tecniche complesse, al fine di attuare un provvedimento dell’Unione. Come si rileva nelle osservazioni scritte del Parlamento europeo, il conferimento di tali competenze alle agenzie ha sempre rappresentato una deroga ai principi generali di attuazione del Trattato. Si tratta di un’area in cui le agenzie hanno a lungo svolto una funzione importante, ed un esplicito riferimento del Trattato di Lisbona alla sua abolizione avrebbe richiesto una modifica in tal senso. Inoltre, come ho già spiegato, varie disposizioni del Trattato oggigiorno riconoscono implicitamente la facoltà delle agenzie di adottare decisioni giuridicamente vincolanti opponibili ai terzi. Per esempio, è difficile prevedere quali potrebbero essere le decisioni delle istituzioni, degli organi o degli organismi dell’Unione ai sensi dell’articolo 267, TFUE, qualora il legislatore non attribuisse loro competenze di esecuzione.
88. Perciò, come è stato evidenziato nelle osservazioni scritte della Commissione, la giurisprudenza Meroni continua ad essere rilevante nel contesto della delega delle competenze di esecuzione ad un’agenzia. Più specificamente, la giurisprudenza Meroni rimane rilevante per i seguenti aspetti: i) non possono essere delegati ad un’agenzia poteri diversi dalle competenze di esecuzione che il legislatore dell’Unione ha conferito all’autorità delegante, che sia la Commissione oppure il Consiglio; ii) i poteri delegati devono essere definiti in misura tale da escludere l’esercizio arbitrario di potere. In altri termini, l’atto di delega deve indicare criteri sufficientemente chiari talché la competenza di esecuzione possa costituire oggetto di sindacato giurisdizionale. L’autorità delegante «deve adottare una decisione esplicita con la quale trasferisce i detti poteri e la delega può avere ad oggetto soltanto poteri esecutivi, esattamente definiti»(111).
5. Applicazione di tali principi generali al caso di specie
89. Naturalmente, il principio costituzionale fondamentale attualmente sancito dall’articolo 290, paragrafo 1, TFUE, che riserva la definizione di determinati elementi essenziali di una materia ad un atto legislativo, limita non soltanto la portata degli atti delegati ma anche quella degli atti di esecuzione. Tale principio è stato chiaramente rispettato nell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012. Se così non fosse, l’articolo 290 TFUE sarebbe irrilevante al fine di valutare la compatibilità dei poteri conferiti all’Aesfem dall’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 con il diritto costituzionale dell’Unione. Come ha rilevato la Commissione nelle sue osservazioni scritte, l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 non autorizza l’Aesfem a integrare o a modificare le disposizioni ivi stabilite. Ma se lo facesse, per le ragioni che ho spiegato poc’anzi, l’attribuzione di poteri di tal genere all’Aesfem, in quanto agenzia, sarebbe necessariamente illegittima.
90. Tuttavia, l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 non implica neppure la subdelega ad un’agenzia delle competenze di esecuzione di cui all’articolo 291 TFUE che siano stati precedentemente attribuite alla Commissione o al Consiglio. In altri termini, i poteri di cui l’Aesfem gode ai sensi dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 non le sono stati attribuiti da un atto «di esecuzione» adottato dalla Commissione o dal Consiglio a norma dell’articolo 291, paragrafo 4, TFUE, ma le sono stati conferiti direttamente dal legislatore dell’Unione mediante un atto legislativo ai sensi dell’articolo 289, paragrafo 3, TFUE.
91. Siffatta distinzione è importante perché l’attribuzione di poteri da parte del legislatore non può di per se stessa essere soggetta alle limitazioni stabilite dalla giurisprudenza Meroni. Indubbiamente, il legislatore dell’Unione agisce non in qualità di «autorità delegante» ai sensi della giurisprudenza Meroni, allorché attribuisce poteri alle istituzioni, agli organi o agli altri organismi dell’Unione, ma nelle vesti di un attore costituzionale che esercita la propria competenza legislativa, quale gli viene conferita dalla più alta carta costituzionale, ossia dal Trattato di Lisbona. I poteri esecutivi e giurisdizionali che il legislatore dell’Unione può attribuire alle istituzioni o agli organi sono qualitativamente diversi dai propri. Per esempio, il Parlamento europeo ed il Consiglio possono istituire tribunali specializzati in forza dell’articolo 257, paragrafo 1, TFUE. Tuttavia, è superfluo ricordare che in nessun caso si potrebbe ritenere che essi godano di poteri giurisdizionali autonomi, che possono essere successivamente delegati ad altri organismi. L’unica condizione richiesta è che i tribunali specializzati siano istituiti in base ad un fondamento giuridico adeguato, come prevede il Trattato di Lisbona.
92. Tuttavia, secondo la mia opinione, il principio che è stato inizialmente elaborato con la sentenza Meroni relativamente al divieto di conferire poteri eccessivamente ampi e/o arbitrari, continua ad essere rilevante al fine di valutare la legalità dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 alla luce del diritto costituzionale dell’Unione. Il legislatore dell’Unione non può attribuire all’Aesfem il potere di adottare provvedimenti esecutivi che potrebbero violare tale principio poiché una competenza esecutiva sarà conferita validamente solo ove sia sufficientemente specifica, ovvero dovrebbe specificare chiaramente i limiti dei poteri conferiti (112). Non verrebbero altrimenti salvaguardati l’equilibrio istituzionale e la possibilità di un effettivo controllo giurisdizionale dell’uso delle competenze di esecuzione
93. Per di più, l’Aesfem non può essere autorizzata ad adottare decisioni politiche (113). Per esempio, una disposizione legislativa che autorizzi un’autorità esecutiva a livello dell’Unione a vietare le vendite allo scoperto «ove necessario», costituirebbe, su tale base, un’attribuzione incostituzionale di competenze esecutive eccessive, a prescindere dalla circostanza che tale attribuzione sia a favore della Commissione o di un’agenzia (114). Ciò riflette il principio generale del ruolo primario del legislatore democratico, riconosciuto dalle costituzioni di svariati Stati membri nonché dall’articolo 290 TFUE, con il risultato che la normativa non può essere tanto vaga o indefinita da lasciare che le scelte politiche essenziali o i giudizi di valore vengano rimandati alla fase di esecuzione.
94. Concordo con gli argomenti svolti dal governo francese all’udienza secondo cui l’intervento che l’Aesfem può e deve intraprendere ai sensi dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 è di tipo attuativo (esecutivo). Tale conclusione non è inficiata dalla circostanza che, applicando l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012, l’Aesfem possa essere costretta a compiere complesse valutazioni dei fatti o ad applicare termini semanticamente generici come «gravemente», «regolarmente» e «integrità dei mercati finanziari», come indica l’articolo 24, paragrafo 3, del regolamento delegato della Commissione n. 918/2012. La questione da stabilire è se l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 attribuisca poteri esecutivi sufficientemente precisi. Come ho prefigurato nei precedenti paragrafi da 41 a 43, l’esercizio di tali poteri è stato attribuito con la dovuta precisione e definizione sotto vari aspetti.
95. L’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 pone in capo all’Aesfem l’obbligo di adottare determinate misure a determinate condizioni che sono elencate in tale disposizione, e il cui significato è stato precisato ulteriormente nell’articolo 24, paragrafo 3, del regolamento delegato n. 918/2012 della Commissione. Inoltre, l’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 definisce esplicitamente il contenuto delle misure, la procedura per la loro adozione nonché il loro effetto temporale. I destinatari di tali misure sono persone fisiche o giuridiche con posizioni corte nette in uno specifico strumento finanziario o in una categoria di strumenti finanziari, o che intendano effettuare vendite allo scoperto di uno strumento finanziario.
96. Di conseguenza, in forza dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 l’Aesfem è tenuta a intervenire, in circostanze limitate, in relazione a determinati strumenti finanziari o, se del caso, a categorie di strumenti finanziari. Le misure adottate in forza dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 riguarderebbero normalmente una categoria astratta di persone e quindi, una volta adottate, equivarrebbero ad una decisione amministrativa di portata generale.
97. Il regolamento n. 236/2012, e più in particolare, il suo articolo 28, sono il frutto di una scelta politica di base effettuata dal legislatore, nel senso che in condizioni normali le vendite allo scoperto sono utili ma, in circostanze eccezionali e ben definite tali operazioni possono mettere in pericolo il corretto funzionamento del mercato interno. L’ulteriore scelta politica consiste nel fatto che tale minaccia deve essere affrontata, se necessario, con un intervento a livello dell’Unione. Quindi, i giudizi di valore fondamentali alla base dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 provengono dal legislatore dell’Unione e non sono lasciati a discrezione dell’Aesfem.
98. Inoltre, quando sopraggiunge una circostanza eccezionale, ai sensi dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 e dell’articolo 24, paragrafo 3, del regolamento delegato n. 918/2012 della Commissione, l’Aesfem non ha il potere discrezionale di agire o di non agire, ma è obbligata ad intervenire.
99. Infine, se da un lato l’applicazione dei criteri e delle condizioni di cui all’articolo 28 del regolamento n. 236/2102 implica una complessa valutazione dei fatti, l’Aesfem è stata istituita precisamente a tale scopo. Si tratta di una struttura composita che riunisce le autorità specializzate nazionali che sono obbligate a consultare il CESR. Secondo il mio parere, la necessità di compiere valutazioni tecniche così difficili su basi oggettive e non politiche è un aspetto che depone a favore del conferimento dei poteri in questione ad un’agenzia specializzata piuttosto che alla Commissione.
100. Contrariamente a quanto ha sostenuto il Regno Unito all’udienza, la possibilità che tra gli esperti esistano opinioni divergenti su un determinato argomento non implica necessariamente l’esistenza di giudizi soggettivi o arbitrari in un qualsiasi senso giuridicamente rilevante. Non è raro che gli esperti, e indubbiamente i giudici, si trovino in disaccordo. L’obiettività dipende infatti da una serie di garanzie procedurali volte ad assicurare che i soggetti responsabili formulino i loro giudizi su un’ampia base fattuale e utilizzando una solida metodologia, dopo aver consultato i soggetti rilevanti. Tali condizioni figurano nell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012.
101. Secondo la mia opinione, se la Corte considerasse necessario pronunciarsi sul rispetto dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 con le norme di diritto costituzionale sul conferimento diretto di poteri dal legislatore UE ad un’agenzia (e, nel caso presente, all’Aesfem), dovrebbe concludere nel senso che le condizioni di cui all’articolo 291 TFUE ed i principi costituzionali generali applicabili al conferimento di poteri di attuazione sono stati interamente rispettati.
IV – Conclusione
102. Pertanto, se, da un lato, propongo che la prima pretesa del Regno Unito debba essere accolta, e che quindi l’articolo 28 de regolamento n. 236/2012 debba essere annullato, in quanto l’articolo 114 TFUE non costituiva un fondamento giuridico adeguato, dall’altro ritengo che la seconda pretesa del Regno Unito, riguardante le spese, debba essere respinta. Il Regno Unito è rimasto soccombente per i primi tre motivi di ricorso, in quanto sosteneva che i poteri conferiti all’Aesfem ai sensi dell’articolo 28 del regolamento n. 236/2012 violavano la giurisprudenza Romano e Meroni. Perciò, conformemente all’articolo 138, terzo comma, del regolamento di procedura della Corte, ciascuna parte dovrà sopportare le proprie spese.
103. Propongo pertanto alla Corte di annullare l’articolo 28 del regolamento (UE) n. 236/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 marzo 2012, relativo alle vendite allo scoperto e a taluni aspetti dei contratti derivati aventi ad oggetto la copertura del rischio di inadempimento dell’emittente (credit default swap), e di ordinare che ciascuna parte sopporti le proprie spese.