Language of document : ECLI:EU:C:2011:840

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 15 dicembre 2011 (1)

Causa C‑368/10

Commissione europea

contro

Regno dei Paesi Bassi

«Appalti pubblici di forniture – Prodotti biologici – Commercio equo e solidale – Sostenibilità ecologica e sociale dei prodotti – Economie sostenibili – Marchi di qualità “Max Havelaar” e “EKO” – Principi di attribuzione – Specifiche tecniche – Caratteristiche ambientali – Idoneità e scelta dei partecipanti – Capacità tecniche e professionali – Criteri di aggiudicazione – Offerta economicamente più vantaggiosa – Artt. 2, 23, 26, 44, 48 e 53 della direttiva 2004/18/CE»






Indice


I – Introduzione

II – Contesto normativo

III – Fatti e procedimento precontenzioso

A – La procedura di aggiudicazione

1. Bando di gara

2. Il capitolato d’oneri

3. La nota informativa

4. Aggiudicazione dell’appalto

B – I marchi di qualità menzionati nelle condizioni di appalto

C – Il procedimento precontenzioso

IV – Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

V – Valutazione

A – Prima censura: riferimento ai marchi di qualità «Max Havelaar» e «EKO» nelle specifiche tecniche per il caffè e il tè da fornire

1. Prima parte della prima censura: riferimento al marchio di qualità «EKO» per il caffè e per il tè da fornire (art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18)

a) Applicabilità dell’art. 23 della direttiva 2004/18

b) Inesistenza di un divieto generale di fare riferimento a marchi di qualità ambientale nell’ambito della fissazione delle caratteristiche ambientali di un prodotto

c) Divieto di prescrivere in maniera vincolante un determinato marchio di qualità ambientale

d) Conclusione provvisoria

2. Seconda parte della prima censura: riferimento al marchio di qualità «Max Havelaar» per il caffè e il tè da fornire (art. 23, n. 8, della direttiva 2004/18)

a) Sull’applicabilità dell’art. 23, n. 8, della direttiva 2004/18

b) In subordine: sulla compatibilità del riferimento al marchio di qualità «Max Havelaar» con la direttiva 2004/18

i) Disposizione applicabile: art. 26 della direttiva 2004/18

ii) Esame del riferimento al marchio di qualità «Max Havelaar» alla luce dell’art. 26 della direttiva 2004/18

3. Sintesi relativa alla prima censura

B – Terza censura: riferimento, nei criteri di aggiudicazione, ai marchi di qualità «Max Havelaar» e «EKO» con riguardo agli ingredienti da fornire

1. Osservazione preliminare

2. Primo argomento nell’ambito della terza censura: presunta assenza di un collegamento fra l’oggetto dell’appalto e i due marchi di qualità

3. Secondo argomento nell’ambito della terza censura: rinvio ai marchi di qualità invece che ai criteri su cui tali marchi si fondano

C – Seconda censura: presunto riferimento ad acquisti sostenibili e ad un comportamento socialmente responsabile quale criterio di selezione

1. Prima parte della seconda censura: presunta inammissibilità dei requisiti attinenti alla dimostrazione della capacità tecnica degli offerenti (art. 48, n. 1, in combinato disposto con il n. 2 della direttiva 2004/18)

2. Seconda parte della seconda censura: presunta mancanza di un collegamento dei requisiti concernenti l’idoneità degli offerenti all’oggetto dell’appalto (art. 44, n. 2, della direttiva 2004/18)

3. Terza parte della seconda censura: presunta violazione del principio generale di trasparenza (art. 2 della direttiva 2004/18)

D – Riepilogo

VI – Sulle spese

VII – Conclusione


I –    Introduzione

1.        Non solo il consumatore, bensì anche le imprese e le autorità pubbliche attribuiscono un’importanza sempre maggiore alla sostenibilità delle loro abitudini di consumo. Il fulcro del presente procedimento per inadempimento è costituito dalla questione della misura in cui le amministrazioni pubbliche aggiudicatrici possano, nella procedura di aggiudicazione, assumere a condizione per l’attribuzione dell’appalto la sostenibilità ecologica e sociale dei prodotti da fornire.

2.        Nel 2008 un ente locale olandese, nell’ambito di un procedimento di aggiudicazione di un appalto pubblico avente ad oggetto la fornitura e la manutenzione di macchine automatiche per il caffè, aveva fatto riferimento ai marchi di qualità «Max Havelaar» e «EKO». Si intendeva garantire, in tal modo, che l’offerente, in caso di aggiudicazione, avrebbe fornito prodotti «sostenibili», i quali si contraddistinguono in particolare per la loro tollerabilità dal punto di vista ecologico e sociale. La Commissione europea contesta adesso al Regno dei Paesi Bassi che l’impiego dei due marchi di qualità e diverse formulazioni nella documentazione di gara avrebbero violato i precetti del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici.

3.        Se, e in che misura, sia consentita, nelle procedure di aggiudicazione, la considerazione di esigenze di natura ecologica e sociale, e, in particolare, un riferimento a marchi di qualità provenienti dal settore ambientale e del commercio equo e solidale, è una questione di importanza fondamentale per l’ulteriore sviluppo del diritto degli appalti pubblici. Nella soluzione di detta questione, la Corte è chiamata a trovare un equilibrio equo fra le esigenze del mercato interno ed esigenze di natura ambientale e di politica sociale, senza tuttavia trascurare le esigenze pratiche delle procedure di aggiudicazione. Da un lato, non si può pervenire ad una discriminazione di potenziali offerenti o ad una compartimentazione del mercato. Dall’altro, le amministrazioni aggiudicatrici devono potersi procurare, con un onere amministrativo accettabile, prodotti rispettosi dell’ambiente, biologici e del commercio equo e solidale.

II – Contesto normativo

4.        L’ambito normativo del caso in esame è determinato dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 31 marzo 2004, 2004/18/CE, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (2).

5.        Nel titolo I di tale direttiva, intitolato «Definizioni e principi generali», l’art. 2 sancisce i seguenti «[p]rincipi di aggiudicazione degli appalti»:

«Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità, in modo non discriminatorio e agiscono con trasparenza».

6.        Nel titolo II della direttiva 2004/18, intitolato «Disposizioni relative agli appalti pubblici», il capitolo IV contiene una serie di «[d]isposizioni specifiche sul capitolato d’oneri e sui documenti dell’appalto», delle quali rivestono interesse per il caso in oggetto, da un lato, l’art. 23 in combinato disposto con l’allegato VI, nonché, dall’altro lato, l’art. 26.

7.        Come si evince dall’art. 23 in combinato disposto con l’allegato VI, n. 1, lett. b), della direttiva 2004/18, l’espressione «specifiche tecniche» indica, nel caso di appalti pubblici di forniture

«le specifiche contenute in un documento, che definiscono le caratteristiche richieste di un prodotto (...), quali i livelli di qualità, i livelli della prestazione ambientale, la concezione che tenga conto di tutte le esigenze (…), la valutazione della conformità, la proprietà d’uso, l’uso del prodotto, la sua sicurezza o le sue dimensioni, ivi compresi le prescrizioni applicabili al prodotto per quanto riguarda la denominazione di vendita, la terminologia, i simboli, le prove e i metodi di prova, l’imballaggio, la marcatura e l’etichettatura, le istruzioni per l’uso, i processi e i metodi di produzione, nonché le procedure di valutazione della conformità».

8.        Sulla scia di tale nozione, all’art. 23 della direttiva 2004/18 è ravvisabile una disposizione sulle specifiche tecniche che così recita per estratto:

«1.      Le specifiche tecniche definite al punto 1 dell’allegato VI figurano nei documenti dell’appalto quali i bandi di gara, il capitolato d’oneri o i documenti complementari. (…)

2.      Le specifiche tecniche devono consentire pari accesso agli offerenti e non devono comportare la creazione di ostacoli ingiustificati all’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza.

3.      Fatte salve le regole tecniche nazionali obbligatorie, nella misura in cui sono compatibili con la normativa comunitaria le specifiche tecniche sono formulate secondo una delle modalità seguenti:

a)      mediante riferimento a specifiche tecniche definite nell’allegato VI (…). Ciascun riferimento contiene la menzione “o equivalente”;

b)      in termini di prestazioni o di requisiti funzionali, che possono includere caratteristiche ambientali. Devono tuttavia essere sufficientemente precisi da consentire agli offerenti di determinare l’oggetto dell’appalto e alle amministrazioni aggiudicatrici di aggiudicare l’appalto;

c)      in termini di prestazioni o di requisiti funzionali di cui alla lettera b), con riferimento alle specifiche citate nella lettera a) quale mezzo per presumere la conformità a dette prestazioni o a detti requisiti;

d)      mediante riferimento alle specifiche di cui alla lettera a) per talune caratteristiche e alle prestazioni o ai requisiti funzionali di cui alla lettera b) per le altre caratteristiche.

(…)

6.      Le amministrazioni aggiudicatrici, quando prescrivono caratteristiche ambientali in termini di prestazioni o di requisiti funzionali, quali sono contemplate al paragrafo 3, lettera b), possono utilizzare le specifiche dettagliate o, all’occorrenza, parti di queste, quali sono definite dalle ecoetichettature europee (multi)nazionali o da qualsiasi altra ecoetichettatura, purché:

–        esse siano appropriate alla definizione delle caratteristiche delle forniture o delle prestazioni oggetto dell’appalto;

–        i requisiti del marchio siano elaborati in base a informazioni scientifiche;

–        le ecoetichettature siano adottate mediante un processo al quale possano partecipare tutte le parti interessate, quali gli enti governativi, i consumatori, i produttori, i distributori e le organizzazioni ambientali, e

–        siano accessibili a tutte le parti interessate.

Le amministrazioni aggiudicatrici possono precisare che i prodotti o servizi muniti di ecoetichettatura sono presunti conformi alle specifiche tecniche definite nel capitolato d’oneri; essi devono accettare qualsiasi altro mezzo di prova appropriato, quale una documentazione tecnica del fabbricante o una relazione di prova di un organismo riconosciuto.

(…)

8.      A meno di non essere giustificate dall’oggetto dell’appalto, le specifiche tecniche non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare né fare riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un’origine o a una produzione specifica, che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti. Tale menzione o riferimento sono autorizzati, in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell’oggetto dell’appalto non sia possibile applicando i paragrafi 3 e 4; una siffatta menzione o un siffatto riferimento sono accompagnati dall’espressione “o equivalente”».

9.        Inoltre, all’art. 26 della direttiva 2004/18, concernente le «[c]ondizioni di esecuzione dell’appalto», viene stabilito:

«Le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere condizioni particolari in merito all’esecuzione dell’appalto purché siano compatibili con il diritto comunitario e siano precisate nel bando di gara o nel capitolato d’oneri. Le condizioni di esecuzione di un appalto possono basarsi in particolare su considerazioni sociali e ambientali».

10.      Al suo titolo II, capitolo VII, la direttiva 2004/18 contiene disposizioni concernenti lo «[s]volgimento della procedura»; fra queste, rilevano gli artt. 44, 48 e 53.

11.      L’art. 44 della direttiva 2004/18, rubricato «Accertamento dell’idoneità e scelta dei partecipanti, aggiudicazione», fa parte delle disposizioni generali concernenti lo svolgimento della procedura, e stabilisce, inter alia, quanto segue:

«1.      L’aggiudicazione degli appalti avviene (…) previo accertamento dell’idoneità degli operatori economici (…), effettuato dalle amministrazioni aggiudicatrici conformemente ai criteri relativi alla capacità economica e finanziaria, alle conoscenze od alle capacità professionali e tecniche di cui agli articoli da 47 a 52 (…).

2.      Le amministrazioni aggiudicatrici possono richiedere livelli minimi di capacità, conformemente agli articoli 47 e 48, che i candidati e gli offerenti devono possedere.

La portata delle informazioni di cui agli articoli 47 e 48 e i livelli minimi di capacità richiesti per un determinato appalto devono essere connessi e proporzionati all’oggetto dell’appalto.

Detti livelli minimi sono indicati nel bando di gara.

(…)».

12.      L’art. 48 della direttiva 2004/18 contiene delle disposizioni concernenti le «[c]apacità tecniche e professionali» degli operatori economici, le quali così recitano per estratto:

«1.      Le capacità tecniche e professionali degli operatori economici sono valutate e verificate secondo i paragrafi 2 e 3.

2.      Le capacità tecniche degli operatori economici possono essere provate in uno o più dei seguenti modi, a seconda della natura, della quantità o dell’importanza e dell’uso dei lavori, delle forniture o dei servizi:

(…)

c)      descrizione dell’attrezzatura tecnica, delle misure adottate dal fornitore o dal prestatore di servizi per garantire la qualità, nonché degli strumenti di studio e di ricerca di cui dispone;

(…)

6.      L’amministrazione aggiudicatrice precisa nel bando di gara o nell’invito a presentare offerte le referenze, fra quelle previste al paragrafo 2, di cui richiede la presentazione».

13.      Infine, l’art. 53, n. 1, della direttiva 2004/18, rubricato «Criteri di aggiudicazione dell’appalto», stabilisce quanto segue:

«Fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali relative alla rimunerazione di servizi specifici, i criteri sui quali si basano le amministrazioni aggiudicatrici per aggiudicare gli appalti pubblici sono

a)      o, quando l’appalto è aggiudicato all’offerta economicamente più vantaggiosa dal punto di vista dell’amministrazione aggiudicatrice, diversi criteri collegati all’oggetto dell’appalto pubblico in questione, quali, ad esempio, la qualità, il prezzo, il pregio tecnico, le caratteristiche estetiche e funzionali, le caratteristiche ambientali, il costo d’utilizzazione, la redditività, il servizio successivo alla vendita e l’assistenza tecnica, la data di consegna e il termine di consegna o di esecuzione; oppure

b)      unicamente il prezzo più basso».

III – Fatti e procedimento precontenzioso

A –    La procedura di aggiudicazione

14.      Nel 2008 la provincia olandese Noord-Holland indiceva una procedura di aggiudicazione di appalto per la fornitura e la manutenzione di macchine automatiche per il caffè. Il contratto prevedeva una durata di tre anni, rinnovabili per un ulteriore anno.

1.      Bando di gara

15.      Il bando di gara, pubblicato il 16 agosto 2008 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (3), conteneva, inter alia, il seguente testo, intitolato «Breve descrizione dell’appalto o degli acquisti»:

«La provincia Noord-Holland ha stipulato un contratto avente ad oggetto la manutenzione di macchine automatiche per il caffè. Tale contratto scade il 1° gennaio 2009. La provincia, mediante una gara pubblica europea, intende concludere un nuovo contratto che inizi a decorrere il 1° gennaio 2009. Un aspetto importante è il desiderio della provincia Noord-Holland di aumentare l’impiego di prodotti biologici e del commercio equo e solidale (Fair trade) nelle macchine automatiche per il caffè» (4).

16.      Nel bando di gara, alla rubrica «Condizioni speciali per l’esecuzione del contratto», figurava l’indicazione «no» (5). L’appalto doveva essere attribuito all’offerta economicamente più vantaggiosa (6).

2.      Il capitolato d’oneri

17.      Nel capitolato d’oneri (7), disponibile a richiesta di qualsiasi parte interessata, veniva esposto, inter alia, che in sede di valutazione delle offerte avrebbero rilevato non solo il prezzo, ma anche criteri qualitativi e ambientali. Al riguardo, veniva messo in evidenza l’intento della provincia Noord-Holland di impiegare, nelle sue macchine automatiche per il caffè, più prodotti biologici e del commercio equo e solidale.

18.      Il capitolato d’oneri conteneva sia i criteri di selezione che dovevano essere soddisfatti dagli offerenti, sia i criteri di aggiudicazione per la valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa. In esso veniva inoltre chiarito che solo le offerte che avessero soddisfatto i criteri di idoneità sarebbero state valutate sulla scorta dei criteri di aggiudicazione.

19.      Nella sezione 4.4 del capitolato d’oneri, intitolata «Requisiti di idoneità / Requisiti minimi», si trovava inter alia, nella rubrica 4.4.4, a sua volta intitolata «Requisiti di qualità», tale formulazione:

«Nell’ambito di acquisti sostenibili e di un comportamento socialmente responsabile, la provincia Noord‑Holland esige che il fornitore soddisfi i criteri relativi ad acquisti sostenibili e ad un comportamento socialmente responsabile e precisi in che modo esso soddisfi i criteri relativi ad acquisti sostenibili e ad un comportamento socialmente responsabile. Occorre inoltre indicare in che modo il fornitore contribuisce al miglioramento della sostenibilità del mercato del caffè e ad una produzione del caffè responsabile sotto il profilo ambientale, sociale ed economico».

Il medesimo requisito attinente alla qualità è stato inoltre collocato, quale «criterio Knock-Out», nella rubrica riassuntiva 4.4.6 del capitolato d’oneri, intitolata «Rassegna dei requisiti minimi».

20.      Al capitolato d’oneri era stato accluso, quale allegato A, un «profilo dei requisiti», al quale ciascun offerente doveva dare il proprio consenso. In esso erano contenuti sia i «requisiti» sia i «desiderata» espressi dall’amministrazione aggiudicatrice; i primi costituivano delle condizioni minime, che dovevano essere necessariamente soddisfatte per prevenire l’esclusione dell’offerente dalla procedura di aggiudicazione, mentre i secondi rappresentavano criteri di aggiudicazione, la cui osservanza da parte dei singoli offerenti doveva essere valutata sulla scorta di un punteggio.

21.      Al n. 31 di tale profilo, veniva annotato, in relazione al caffè e al tè da fornire, il seguente «requisito»:

«La provincia Noord-Holland impiega, nel consumo di caffè e tè, i marchi di qualità Max Havelaar e EKO».

22.      Inoltre, al n. 35 del profilo, figurava, in relazione agli «ingredienti» da fornire – segnatamente zucchero, latte in polvere e cacao – i seguenti «desiderata» dell’amministratrice aggiudicatrice, il cui esaudimento poteva essere premiato con un massimo di 15 punti:

«Gli ingredienti devono essere conformi, per quanto possibile, ai marchi di qualità EKO e/o Max Havelaar».

23.      La presentazione di offerte alternative era, secondo il capitolato d’oneri, inammissibile. Lo stesso valeva per le offerte soggette a condizione.

3.      La nota informativa

24.      I potenziali offerenti avevano la possibilità, stando al capitolato d’oneri, di indirizzare domande alla provincia, quale amministrazione aggiudicatrice, alle quali essi avrebbero ricevuto risposta sotto forma di una nota informativa. Detta nota, disponibile per via elettronica, doveva divenire una componente del capitolato d’oneri, e precedere altre parti del medesimo.

25.      Effettivamente, la provincia Noord-Holland pubblicava, il 9 settembre 2008, una siffatta nota informativa, nella quale figuravano, inter alia, due risposte a domande poste da potenziali offerenti in relazione ai marchi di qualità «Max Havelaar» e «EKO», impiegati nel capitolato d’oneri.

–        In relazione al n. 31 del profilo dei requisiti, la provincia, alla domanda «È possibile assumere che per i marchi di qualità prescritti valga la dicitura: “o equivalenti”?», forniva la seguente risposta: «a condizione che essi si fondino su criteri equiparabili o identici» (n. 11 della nota informativa).

–        In relazione al n. 35 del profilo, la provincia, alla domanda «È possibile assumere che per i marchi di qualità prescritti valga la dicitura: “o equivalenti”?», forniva la seguente risposta: «Gli ingredienti possono fregiarsi di un marchio di qualità che si fonda sugli stessi criteri» (n. 12 della nota informativa).

4.      Aggiudicazione dell’appalto

26.      Ai sensi dell’avviso di attribuzione 24 dicembre 2008, alla fine della procedura di aggiudicazione, l’impresa olandese Maas International B.V., avente la propria sede ad Eindhoven, si aggiudicava l’appalto (8).

B –    I marchi di qualità menzionati nelle condizioni di appalto

27.      Il marchio di qualità «Max Havelaar» (9) viene assegnato dal 1988 da una fondazione di diritto civile olandese, la fondazione Max Havelaar. I prodotti contrassegnati da tale marchio di qualità sono stati acquistati a prezzi equi e a condizioni di concorrenza leali presso organizzazioni costituite da piccoli gruppi di agricoltori in paesi in via di sviluppo. Per la concessione del marchio di qualità vengo applicati quattro criteri: prezzo minimo in grado di coprire i costi, maggiorazione sul prezzo applicato sul mercato mondiale, prefinanziamento e relazioni commerciali di lunga durata fra produttore e importatore. La fissazione delle norme, la revisione contabile e la certificazione vengono effettuate da un’organizzazione «ombrello» internazionale, la Fairtrade Labelling Organization (in prosieguo: la «FLO») (10), avente la propria sede a Bonn, in Germania.

28.      Anche il marchio di qualità «EKO» è un marchio di qualità olandese di diritto privato. Esso viene concesso dal 1985 da una fondazione di diritto civile olandese, la fondazione Skal, e segnatamente per prodotti composti per almeno il 95 % da ingredienti biologici. La Skal opera in consultazione con il Ministero olandese dell’Agricoltura, della Gestione dell’ambiente e della Pesca.

29.      Sia «Max Havelaar» che «EKO» sono registrati come marchi comunitari presso l’Ufficio per l’armonizzazione nel mercato interno.

C –    Il procedimento precontenzioso

30.      A seguito di denuncia, la Commissione ha avviato il presente procedimento per inadempimento. Sia nella sua lettera di diffida del 14 maggio 2009 sia nel suo parere motivato del 29 ottobre 2009, essa ha mosso sostanzialmente gli stessi addebiti sui quali fonda adesso il presente ricorso. Essa addebita ai Paesi Bassi di aver attuato la procedura di aggiudicazione in violazione della direttiva 2004/18.

31.      Sia nella loro risposta del 17 agosto 2009 alla lettera di diffida, sia nelle loro osservazioni scritte del 31 dicembre 2009 al parere motivato della Commissione, i Paesi Bassi negano l’esistenza di un inadempimento (11).

IV – Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

32.      Con atto introduttivo 20 luglio 2010, pervenuto presso la cancelleria della Corte il 22 luglio 2010, la Commissione ha presentato ricorso contro i Paesi Bassi ai sensi dell’art. 258, n. 2, TFUE.

33.      La Commissione chiede che la Corte voglia:

1)      dichiarare che il Regno dei Paesi Bassi è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dei seguenti articoli della direttiva 2004/18/CE, in quanto l’amministrazione aggiudicatrice, nell’ambito dell’attribuzione di un appalto pubblico per la fornitura e la manutenzione di macchine automatiche per il caffè, pubblicato con il n. 2008/S 158-213630,

–        in violazione dell’art. 23, nn. 6 e 8 della direttiva, ha prescritto nelle specifiche tecniche, i marchi di qualità «Max Havelaar» e «EKO», o comunque marchi di qualità basati su criteri equiparabili o identici;

–        in violazione dell’art. 48, nn. 1 e 2, dell’art. 44, n. 2 e, in ogni caso, dell’art. 2, della succitata direttiva, per la verifica della capacità delle imprese, ha adottato criteri e mezzi probatori relativi ad una politica di acquisti sostenibili e ad un comportamento socialmente responsabile, nonché

–        in violazione dell’art. 53, n. 1, della succitata direttiva, nel formulare i criteri di aggiudicazione, ha operato un richiamo ai marchi di qualità «Max Havelaar» e/o «EKO», e comunque a marchi di qualità basati sui medesimi criteri;

2)      condannare il Regno dei Paesi Bassi alle spese.

34.      I Paesi Bassi, da parte loro, chiedono che la Corte voglia:

1)      respingere il ricorso e

2)      condannare la Commissione al pagamento delle spese.

35.      Dinanzi alla Corte, il ricorso è stato trattato prima durante la fase scritta del procedimento e, successivamente, il 26 ottobre 2011, in udienza. Il Regno di Danimarca, ammesso ad intervenire nella causa a sostegno dei Paesi Bassi con ordinanza del Presidente della Corte 11 febbraio 2011, non partecipava ulteriormente al procedimento e, con atto 17 ottobre 2011, si ritirava dal medesimo.

V –    Valutazione

36.      Il perseguimento di obiettivi di politica ambientale e sociale è stato a lungo considerato, nel diritto in materia di appalti pubblici, un tabù, il che si è manifestato non da ultimo nell’impiego dello slogan «obiettivi estranei alla prestazione». Nel frattempo, è tuttavia ammesso, in linea di principio, che le autorità aggiudicatrici, in sede di concessione degli appalti, possano prendere in considerazione anche aspetti di politica ambientale e sociale (12), circostanza che neanche la Commissione, in linea di principio, contesta. Da un lato, ciò si evince in generale dai suoi pareri pubblicati su tale argomento (13). Dall’altro, la Commissione ha espressamente riconosciuto, nel presente procedimento, – non da ultimo in udienza – che le autorità aggiudicatrici possono far oggetto di appalti pubblici di forniture in particolare la fornitura di prodotti biologici e del commercio equo e solidale.

37.      Nei dettagli sono tuttavia estremamente controversi i requisiti e la forma in cui concezioni di politica ambientale e sociale dell’amministrazione aggiudicatrice possono confluire in una concreta procedura di aggiudicazione. La Commissione assume, nella specie, una violazione della direttiva 2004/18. Essa contesta il modus operandi della provincia Noord-Holland sotto tre profili, a ciascuno dei quali ha dedicato, nel suo ricorso, una censura separata. Al riguardo, occupa una posizione di primo piano il riferimento ai marchi di qualità «Max Havelaar» e «EKO» nella documentazione di gara.

38.      I Paesi Bassi non mettono in discussione l’applicabilità della direttiva 2004/18 all’appalto pubblico di forniture controverso, ma negano che la provincia Noord-Holland abbia violato tale direttiva.

A –    Prima censura: riferimento ai marchi di qualità «Max Havelaar» e «EKO» nelle specifiche tecniche per il caffè e il tè da fornire

39.      Con la sua prima censura, la Commissione contesta ai Paesi Bassi una violazione dell’art. 23, nn. 6 e 8, della direttiva 2004/18, dal quale si evince in che modo le amministrazioni aggiudicatrici possono definire le caratteristiche di un prodotto (cosiddette «specifiche tecniche»).

40.      Come chiarito dalla Commissione in udienza, essa ritiene che la decisione della provincia Noord-Holland di acquistare prodotti biologici e del commercio equo e solidale (14) non sia di per sé contraria al diritto dell’Unione. La censurata violazione dell’art. 23 della direttiva 2004/18 risiederebbe piuttosto nel fatto che la provincia Noord-Holland, nel fissare le specifiche tecniche per il caffè e il tè da fornirle, ha fatto riferimento ai marchi di qualità «Max Havelaar» e «EKO», e, comunque, a marchi di qualità basati su criteri equiparabili o identici.

41.      In concreto, tale censura si riferisce al n. 31 del profilo dei requisiti, nel quale agli offerenti era stato comunicato, sotto forma di «requisito», che la provincia Noord-Holland «impiega», nel consumo di caffè e di tè, i marchi di qualità «Max Havelaar» e «EKO». Occorre inoltre prendere in considerazione il n. 11 della nota informativa, in cui l’amministrazione aggiudicatrice chiariva che avrebbe accettato anche marchi di qualità «equivalenti», «a condizione che essi si [fossero fondati] su criteri equiparabili o identici».

42.      La prima parte della prima censura si occupa del marchio di qualità «EKO» (al riguardo, v. direttamente in prosieguo sezione 1), mentre la seconda parte è dedicata al marchio di qualità «Max Havelaar» (al riguardo, v. infra, sezione 2).

1.      Prima parte della prima censura: riferimento al marchio di qualità «EKO» per il caffè e per il tè da fornire (art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18)

43.      La prima parte della prima censura riguarda il marchio di qualità «EKO», il cui inserimento al n. 31 del profilo dei requisiti è contrario, secondo la Commissione, all’art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18.

44.      Occorre osservare, al riguardo, che le amministrazioni aggiudicatrici hanno la facoltà di stabilire esse stesse i prodotti che intendono procurarsi. Tuttavia, nel definire le caratteristiche dei prodotti, incluse le caratteristiche ambientali, esse devono rispettare alcune regole del diritto dell’Unione, intese a garantire che la rispettiva procedura di aggiudicazione si svolga in maniera trasparente, che non si verifichino discriminazioni fra i potenziali offerenti, e che l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza non venga ostacolata in maniera ingiustificata. Di queste regole fa parte l’art. 23 della direttiva 2004/18.

a)      Applicabilità dell’art. 23 della direttiva 2004/18

45.      L’art. 23 della direttiva 2004/18 contiene disposizioni dettagliate sull’impiego delle specifiche tecniche da parte delle amministrazioni aggiudicatrici nei documenti dell’appalto. Come si evince dall’allegato VI, n. 1, lett. b), di tale direttiva, si intendono per specifiche tecniche, nel caso di appalti pubblici di forniture, le specifiche contenute in un documento, che definiscono le caratteristiche richieste di un prodotto. A titolo di esempio, nell’allegato VI, n. 1, lett. b), vengono indicate come specifiche tecniche, inter alia, i livelli della prestazione ambientale, i simboli, l’imballaggio, la marcatura e l’etichettatura, nonché i processi e i metodi di produzione.

46.      In tale definizione delle specifiche tecniche è riconducibile senza problemi il rinvio di un’amministrazione aggiudicatrice ad un marchio di qualità ambientale come il marchio «EKO». Tale marchio, infatti, rappresenta un determinato metodo di produzione, e fornisce informazioni in merito a determinate caratteristiche ambientali di tali caffè e tè.

47.      L’impiego del marchio di qualità «EKO» nel profilo dei requisiti della provincia Noord-Holland deve essere dunque valutato alla luce dell’art. 23 della direttiva 2004/18.

b)      Inesistenza di un divieto generale di fare riferimento a marchi di qualità ambientale nell’ambito della fissazione delle caratteristiche ambientali di un prodotto

48.      Ai sensi dell’art. 23, n. 3, lett. b), della direttiva 2004/18, le amministrazioni aggiudicatrici possono prescrivere le caratteristiche ambientali per il prodotto da fornire in termini di prestazioni o di requisiti funzionali. A tal fine, esse, ai sensi dell’art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18, possono utilizzare le specifiche dettagliate o, all’occorrenza, parti di queste, quali sono definite dalle ecoetichettature europee (multi)nazionali o da qualsiasi altra ecoetichettatura.

49.      La Commissione sembra intendere tale disposizione nel senso che le amministrazioni aggiudicatrici, nel descrivere i loro requisiti ai potenziali offerenti, possono fare riferimento unicamente a specifiche concrete – per così dire alle «scritte in piccolo» –, mentre è loro vietato qualsivoglia riferimento diretto a marchi di qualità ambientale.

50.      Tuttavia, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, un siffatto categorico divieto di utilizzare marchi di qualità ambientale non può né essere desunto dal testo dell’art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18, né sembra giustificato alla luce dell’obiettivo di tale disposizione e del contesto in cui essa si colloca.

51.      Così, è vero che vengono evidenziate, all’art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18, le «specifiche dettagliate» che le amministrazioni aggiudicatrici devono impiegare per descrivere le caratteristiche ambientali dei prodotti.

52.      Tuttavia, ciò non significa necessariamente che le amministrazioni aggiudicatrici debbano elencare separatamente, nei loro documenti dell’appalto, ogni singola specifica appartenente ad un marchio di qualità ambientale. Piuttosto, le amministrazioni aggiudicatrici, limitandosi a fare riferimento ai marchi di qualità ambientale, sono libere di rinviare globalmente, nei loro documenti dell’appalto, a tutte le specifiche sulle quali i rispettivi marchi di qualità si fondano. In tal senso deve esser intesa la circostanza che l’art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18 consente alle amministrazioni aggiudicatrici, al fine di indicare le caratteristiche ambientali, di utilizzare le «specifiche dettagliate (…) quali sono definite dalle ecoetichettature».

53.      Stando alla chiara lettera della disposizione, un siffatto rinvio globale è consentito non solo in relazione ad ecoetichettature «europee» – ad esempio il cosiddetto «marchio di qualità ecologica dell’Unione europea» ai sensi del regolamento (CE) n. 1980/2000 (15) ovvero del regolamento (CE) n. 66/2010 (16) –, bensì anche in relazione a ecoetichettature «(multi)nazionali» e a «qualsiasi altra ecoetichettatura», sempreché esse soddisfino i criteri elencati ai quattro trattini dell’art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18 (17).

54.      Diversamente da quanto ritiene la Commissione, inoltre, il rinvio globale a tutte le specifiche sulle quali si fonda un marchio di qualità ambientale è di regola senz’altro compatibile con il principio di trasparenza, il quale fa parte dei principi fondamentali del diritto europeo in materia di appalti pubblici (18).

55.      Il principio di trasparenza esige, infatti, solo che le specifiche tecniche consentano pari accesso agli offerenti (art. 23, n. 2, della direttiva 2004/18) e che le caratteristiche ambientali del prodotto da fornire siano sufficientemente precise da consentire agli offerenti di determinare l’oggetto dell’appalto [art. 23, n. 3, lett. b), della direttiva 2004/18] (19).

56.      Al riguardo, un rinvio globale alle specifiche sulle quali si fonda un marchio di qualità ambientale è di regola assolutamente sufficiente. Da un offerente ragionevolmente informato e normalmente diligente (20), è infatti senz’altro legittimo aspettarsi che egli conosca i marchi di qualità ambientali impiegati sul mercato di cui trattasi o che in ogni caso si informi presso gli organismi di certificazione di siffatti marchi in merito ai criteri da essi imposti.

57.      A ciò si aggiunge che, nel fissare i requisiti per le amministrazioni aggiudicatrici, non si può trascurare l’onere amministrativo a ciò connesso. Tale onere dovrebbe essere sempre proporzionato agli obiettivi perseguiti nel diritto degli appalti pubblici. Qualora le caratteristiche ambientali di un prodotto possano essere descritte in maniera sufficientemente precisa dal punto di vista di un offerente ragionevolmente informato solo già mediante il rinvio globale alle specifiche alla base di un marchio di qualità ambientale, rappresenterebbe un approccio eccessivamente formalistico pretendere ciononostante dall’amministrazione aggiudicatrice l’elenco dettagliato di tutte tali specifiche.

58.      Anche uno sguardo all’ultimo comma dell’art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18 mostra, del resto, che un riferimento diretto alle ecoetichettature non è, in linea di principio, vietato. In tal sede viene espressamente consentito alle amministrazioni aggiudicatrici di introdurre una presunzione, in forza della quale i prodotti o servizi muniti di una determinata ecoetichettatura sono presunti conformi alle specifiche tecniche definite nel capitolato d’oneri. Siffatta disposizione sarebbe inutile se alle amministrazioni aggiudicatrici fosse consentita unicamente l’enunciazione individuale di singole specifiche, e non anche, invece, un riferimento alla relativa ecoetichettatura.

59.      Il fatto che, nel caso in oggetto, la provincia Noord-Holland abbia fatto riferimento, nei documenti dell’appalto, ad un marchio di qualità ambientale, senza elencare in dettaglio le specifiche tecniche alla base del medesimo, non costituisce dunque, di per sé, una violazione dell’art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18.

c)      Divieto di prescrivere in maniera vincolante un determinato marchio di qualità ambientale

60.      Resta peraltro da verificare se una violazione dell’art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18 risulti dal modo in cui la provincia Noord-Holland ha fatto riferimento nel caso in oggetto, al n. 31 del profilo dei requisiti, al marchio di qualità «EKO».

61.      Sul punto, le parti interpretano i fatti diversamente. Mentre la Commissione parte dal presupposto che per il caffè e per il tè da fornire era stato prescritto in maniera vincolante il marchio di qualità «EKO», i Paesi Bassi sostengono che la provincia Noord-Holland avesse inteso ordinare unicamente caffè e tè di produzione biologica, e che il riferimento al marchio di qualità «EKO» nel profilo sia servito solo ad illustrare a titolo esemplificativo siffatto requisito attinente al prodotto.

62.      Gli argomenti migliori depongono a favore della posizione della Commissione.

63.      È vero che la provincia Noord-Holland, sia nel bando di gara del suo progetto, pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, sia nel capitolato d’oneri, ha effettivamente sottolineato la sua intenzione di impiegare, nelle sue macchine automatiche per il caffè, più prodotti biologici e del commercio equo e solidale. Nel profilo richiesto, essa ha tuttavia affermato, nella rubrica «requisiti», che essa «impiega» caffè e tè muniti del marchio di qualità «EKO». Al contempo, essa ha definito la nozione di «requisito» nel senso che con essa si intendono i requisiti minimi obbligatori che dovevano essere soddisfatti per evitare l’esclusione di un offerente dalla procedura di aggiudicazione (21).

64.      I potenziali offerenti, la cui interpretazione in sede di lettura delle condizioni dell’appalto è determinante (22), hanno potuto interpretare quanto illustrato solo nel senso che ad essi era richiesta la fornitura di caffè e tè muniti del marchio di qualità «EKO», e che gli stessi sarebbero stati esclusi dalla procedura di aggiudicazione qualora i loro prodotti fossero risultati privi di tale marchio preciso.

65.      Un siffatto requisito è contrario al divieto di discriminazione e al principio dell’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza (art. 23, n. 2, in combinato disposto con l’art. 2 della direttiva 2004/18), i quali devono essere osservati anche nell’ambito dell’art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18. Da un lato, subiscono infatti un pregiudizio le imprese – in particolare quelle provenienti da altri Stati membri – il cui caffè e il cui tè sono muniti di un marchio di qualità diverso dal marchio di qualità «EKO», comune nei Paesi Bassi. Dall’altro, risultano svantaggiate le imprese del cui assortimento fanno parte caffè e tè di produzione biologica, ma privi di un marchio di qualità.

66.      Così facendo, la provincia Noord-Holland ha ecceduto quanto consentitole dall’art. 23, n. 6, in combinato disposto con il n. 3, lett. b), della direttiva 2004/18, in sede di definizione delle caratteristiche ambientali dei prodotti da fornire. Essa non ha rinviato genericamente alle «specifiche dettagliate» dietro al marchio di qualità «EKO» (art. 23, n. 6, primo comma), né si è limitata ad introdurre la presunzione che i prodotti muniti del marchio di qualità «EKO» soddisfacessero le condizioni dell’appalto (art. 23, n. 6, ultimo comma). Piuttosto, essa ha prescritto in maniera vincolante il marchio di qualità «EKO» in quanto tale, cosicché solo il caffè e il tè muniti di tale specifico marchio – con esclusione di tutti gli altri caffè e tè – potevano essere forniti.

67.      Tale conclusione non è modificata neppure dalla circostanza che successivamente, nella sua nota informativa, l’amministrazione aggiudicatrice, su richiesta, ha accettato, in relazione ad entrambi i marchi di qualità da essa impiegati per il caffè e per il tè, la menzione «o equivalenti».

68.      È vero che non sussistono perplessità sostanziali nei confronti dell’impiego della menzione «o equivalenti». In definitiva, lo stesso legislatore dell’Unione – in un altro contesto – l’ha prevista espressamente [v. art. 23, n. 3, lett. a), ultima frase, nonché n. 8 della direttiva 2004/18]. In particolare, la menzione «o equivalenti», contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, non può essere respinta richiamando l’incertezza giuridica ad essa asseritamente connessa. È tipico di ogni appalto pubblico che l’amministrazione aggiudicatrice sia tenuta a valutare la compatibilità delle offerte pervenutele con le condizioni dell’appalto e a procedere al riguardo, se del caso, ad una verifica dell’equivalenza (23).

69.      Come tuttavia correttamente osservato dalla Commissione, nel caso in esame, alla precisazione «o equivalenti» si era proceduto nella nota informativa solo molte settimane dopo la distribuzione del capitolato d’oneri agli interessati. Ciò premesso, non si può escludere che, nel frattempo, le formule più rigorose impiegate nel capitolato d’oneri, le quali sembravano prescrivere in maniera vincolante il marchio di qualità «EKO» senza qualsivoglia menzione dell’equivalenza, abbiano dissuaso l’uno o l’altro dei potenziali offerenti dal presentare un’offerta.

70.      I Paesi Bassi obiettano che la provincia Noord-Holland ha pubblicato la sua nota informativa, contenente la precisazione «o equivalenti», entro il termine prescritto dall’art. 39, n. 2, della direttiva 2004/18, ossia almeno sei giorni prima della scadenza del termine stabilito per la ricezione delle offerte.

71.      Tale obiezione non coglie tuttavia nel segno. Il termine di sei giorni previsto dall’art. 39, n. 2, della direttiva 2004/18 si applica unicamente alle «informazioni complementari sui capitolati d’oneri e sui documenti complementari» comunicati su richiesta dall’amministrazione aggiudicatrice ai potenziali offerenti. È ben possibile che con siffatte informazioni vengano effettuati taluni chiarimenti e vengano comunicati taluni dati. Non è tuttavia possibile sanare in tal modo vizi gravi presenti nelle condizioni dell’appalto. La documentazione di gara, infatti, deve soddisfare tutti i requisiti giuridici già dal momento in cui viene messa a disposizione dei potenziali offerenti, e non può essere migliorata in punti sostanziali pochi giorni prima della scadenza del termine stabilito per la ricezione delle offerte.

d)      Conclusione provvisoria

72.      Per tutti i suesposti motivi, è dunque ravvisabile una violazione dell’art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18, consistente nel fatto che la provincia Noord-Holland ha prescritto in maniera vincolante, per il caffè e il tè da fornire, un determinato marchio di qualità ambientale, e segnatamente il marchio di qualità «EKO». La prima parte della prima censura della Commissione è pertanto fondata.

2.      Seconda parte della prima censura: riferimento al marchio di qualità «Max Havelaar» per il caffè e il tè da fornire (art. 23, n. 8, della direttiva 2004/18)

73.      La seconda parte della prima censura della Commissione è dedicata al marchio di qualità «Max Havelaar», il cui impiego al n. 31 del profilo dei requisiti, integrato successivamente dal n. 11 della nota informativa, è contrario, secondo la Commissione, all’art. 23, n. 8, della direttiva 2004/18.

a)      Sull’applicabilità dell’art. 23, n. 8, della direttiva 2004/18

74.      In via preliminare, occorre stabilire se l’art. 23, n. 8, della direttiva 2004/18 sia in generale applicabile ad una fattispecie come quella in esame.

75.      La Commissione sembra volere risolvere affermativamente la questione già per il fatto che i Paesi Bassi, nel corso del procedimento, hanno presentato osservazioni in ordine al contenuto dell’art. 23, n. 8, della direttiva 2004/18. Al riguardo, la Commissione trascura tuttavia il fatto che i Paesi Bassi si sono pronunciati solo in subordine in merito all’art. 23, n. 8, continuando a negare veementemente la sua applicabilità al marchio di qualità «Max Havelaar». Tuttavia, persino qualora i Paesi Bassi si fossero prestati ad una discussione concernente l’art. 23, n. 8, senza sollevare alcuna obiezione, incomberebbe ciononostante alla Corte verificare l’applicabilità o meno di tale disposizione. Spetta infatti alla Corte accertare la sussistenza o meno dell’inadempimento fatto valere anche qualora esso non sia contestato, o non lo sia più (24). Di conseguenza, la Corte non può applicare consapevolmente una disposizione errata, anche qualora le parti concordino in merito alla sua applicabilità (25). Come correttamente formulato dall’avvocato generale Léger, il giudice non è affatto passivo nel suo ruolo e non si può ingiungergli di essere solo la «bocca delle parti» (26).

76.      Il controverso n. 8 dell’art. 23 della direttiva 2004/18 riguarda – come tutte le parti precedenti di tale disposizione – specifiche tecniche, con le quali l’amministrazione aggiudicatrice descrive l’oggetto dell’appalto. Occorre dunque verificare se la provincia Noord-Holland, riferendosi al marchio di qualità «Max Havelaar», abbia fissato una specifica tecnica per il caffè e il tè da fornire.

77.      Come menzionato in precedenza, per specifiche tecniche ai sensi della direttiva 2004/18, si intendono, ai sensi del suo allegato VI, n. 1, lett. b), le specifiche contenute in un documento, che definiscono le caratteristiche richieste di un prodotto. Si deve cioè trattare di informazioni intese a descrivere le proprietà di un prodotto. Tale valutazione viene confermata alla luce dell’elenco di cui all’allegato VI, n. 1, lett. b), della direttiva 2004/18: gli esempi di specifiche tecniche menzionati in tal sede riguardano tutti il prodotto stesso, la sua produzione, il suo imballaggio e il suo uso.

78.      Per contro, il marchio di qualità «Max Havelaar» non si occupa delle caratteristiche del prodotto, bensì delle condizioni di scambio accordate ai produttori di prodotti agricoli nei paesi in via di sviluppo. Il marchio di qualità non dice come è stato ottenuto un prodotto bensì se esso proviene dal commercio equo e solidale, in particolare avuto riguardo ai prezzi e alle condizioni di scambio accordate agli agricoltori di cui trattasi.

79.      Se si traspongono tali considerazioni al presente caso, ciò significa che il marchio di qualità «Max Havelaar» nulla dice sulle caratteristiche e le modalità di produzione del caffè o del tè da fornire – ad esempio sul suo gusto, sul suo contenuto di caffeina e sull’impiego di pesticidi – bensì consente unicamente di trarre delle conclusioni sulle condizioni alle quali detto caffè e detto tè sono stati acquistati dai rispettivi produttori. Ciò che rileva, come correttamente osservato da entrambe le parti, è la politica di acquisto dei potenziali offerenti.

80.      Richiamando il marchio di qualità «Max Havelaar», l’amministrazione aggiudicatrice non ha pertanto fissato specifiche tecniche ai sensi della direttiva 2004/18, ma ha piuttosto fatto confluire nella procedura di aggiudicazione considerazioni di natura sociale.

81.      Di conseguenza, l’art. 23, n. 8, della direttiva 2004/18 è inapplicabile al caso di specie. Come esporrò nel prosieguo (27), sarebbe stato più corretto valutare il riferimento di un’amministrazione aggiudicatrice ad un marchio di qualità Fair trade come quello «Max Havelaar» alla luce dell’art. 26 della direttiva 2004/18.

82.      Pertanto, la seconda parte della prima censura della Commissione deve essere dichiarata infondata.

83.      Diversamente da quanto sembra ritenere la Commissione, la sua censura fondata sull’art. 23 n. 8, della direttiva 2004/18 non può essere trasformata sic et simpliciter in una censura fondata sull’art. 26 della medesima direttiva. Secondo giurisprudenza costante (28), infatti, l’oggetto di un ricorso per inadempimento è circoscritto dal procedimento precontenzioso. In giudizio, la Commissione non può eccedere tale oggetto. Pertanto, qualora la stessa, nella fase precontenziosa, abbia censurato una violazione dell’art. 23, n. 8, della direttiva 2004/18, nel successivo procedimento giudiziario non può essere constatata una violazione dell’art. 26 della direttiva 2004/18. Del resto, una censura in tal senso sarebbe preclusa anche ai sensi dell’art. 42, n. 2, del regolamento di procedura della Corte, in quanto essa è stata fatta valere solo nella memoria di replica della Commissione, senza che risultino evidenti ragione valide per tale ritardo.

b)      In subordine: sulla compatibilità del riferimento al marchio di qualità «Max Havelaar» con la direttiva 2004/18

84.      Per ragioni di completezza, nel prosieguo mi soffermerò brevemente, in subordine, sulla questione della compatibilità con la direttiva 2004/18 del riferimento al marchio di qualità «Max Havelaar» effettuato dalla provincia Noord-Holland.

i)      Disposizione applicabile: art. 26 della direttiva 2004/18

85.      Come osservato correttamente dai Paesi Bassi, la legittimità dei riferimenti di un’amministrazione aggiudicatrice ad un marchio Fair trade deve essere valutata non alla luce dell’art. 23, n. 8, della direttiva 2004/18, bensì alla luce del suo art. 26. Ai sensi di quest’ultima disposizione, le amministrazioni aggiudicatrici possono «esigere condizioni particolari in merito all’esecuzione dell’appalto», le quali possono basarsi «in particolare su considerazioni sociali e ambientali».

86.      Una parte dell’esecuzione di un appalto pubblico di forniture consiste, non da ultimo, nell’ottenimento, da parte dell’aggiudicatario, dei prodotti da fornire all’amministrazione aggiudicatrice. La provenienza o meno dal commercio equo e solidale di un prodotto come il caffè o il tè, il quale deve essere fornito ad un’amministrazione aggiudicatrice, è una questione che attiene alla politica di acquisto ispirata a criteri sociali dell’aggiudicatario.

87.      In realtà, dunque, la provincia Noord-Holland, riferendosi al marchio di qualità «Max Havelaar» per l’esecuzione dell’appalto pubblico di forniture controverso, ha posto una condizione motivata da ragioni di politica sociale ai sensi dell’art. 26 della direttiva 2004/18, anche ammettendo che la provincia stessa sia partita dal presupposto che nei suoi documenti dell’appalto siffatte condizioni fossero assenti (29).

ii)    Esame del riferimento al marchio di qualità «Max Havelaar» alla luce dell’art. 26 della direttiva 2004/18

88.      Nel merito, occorre concordare con la Commissione che l’art. 26 della direttiva 2004/18 non consente un’interferenza illimitata dell’amministrazione aggiudicatrice nella politica di acquisto del suo futuro aggiudicatario. I suoi precetti per tale politica di acquisto devono riferirsi concretamente all’oggetto dell’appalto pubblico di forniture (30), e non possono, ad esempio, riguardare in generale la politica di acquisto dell’aggiudicatario. L’amministrazione aggiudicatrice non può dunque pretendere che i potenziali offerenti contengano, nel loro assortimento, unicamente prodotti provenienti dal commercio equo e solidale, bensì solo che i prodotti da fornire concretamente nell’ambito di un appalto pubblico provengano dal commercio equo e solidale. La provincia Noord‑Holland non ha tuttavia stabilito niente di diverso nel caso di specie.

89.      In relazione al principio di trasparenza, il quale va rispettato nell’ambito dell’art. 26 della direttiva 2004/18 (31), non vi sono parimenti obiezioni di principio a che un’amministrazione aggiudicatrice, al fine di precisare le condizioni di natura sociale per l’esecuzione dell’appalto da essa fissate, faccia riferimento ad un marchio di qualità Fair trade, rinunciando al contempo ad un elenco dettagliato dei criteri alla base di tale marchio. Infatti, come già esposto in precedenza in relazione ai marchi di qualità ambientale (32), è legittimo aspettarsi da un offerente ragionevolmente informato e normalmente diligente che egli sia a conoscenza dei marchi di qualità Fair trade impiegati nel mercato di cui trattasi, o che in ogni caso si informi presso gli organismi di certificazione di tali marchi in merito ai criteri da essi fissati.

90.      L’esecuzione della procedura di aggiudicazione, come anche la successiva esecuzione dell’appalto, può addirittura venire notevolmente facilitata se si consente alle imprese di cui trattasi di dimostrare il soddisfacimento delle condizioni di natura sociale fissate dall’amministrazione aggiudicatrice mediante il richiamo ai marchi di qualità Fair trade. Viene in tal modo limitato al minimo l’onere amministrativo sia per l’amministrazione aggiudicatrice sia anche per i potenziali offerenti e per il successivo aggiudicatario.

91.      Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione in udienza, non si può assolutamente pretendere dalle amministrazioni aggiudicatrici che esse enuncino, nelle condizioni dell’appalto, le proprie concezioni in ordine alla nozione di commercio equo e solidale. Al riguardo, la maggior parte delle medesime sarebbe probabilmente comunque priva delle necessarie competenze. Inoltre, concezioni diverse delle amministrazioni pubbliche quanto agli elementi essenziali del commercio equo e solidale (ad esempio sul livello dei prezzi, sulla durata ragionevole dei rapporti di fornitura fra i commercianti e i produttori nei paesi in via di sviluppo, nonché sul tipo e sulla portata del prefinanziamento della produzione (33)), comportano il serio rischio che si pervenga ad una frammentazione del mercato. Risponde pertanto all’interesse dei potenziali offerenti nonché a quello delle amministrazioni aggiudicatrici consentire, nell’aggiudicazione di appalti pubblici di forniture, un riferimento a marchi di qualità Fair trade.

92.      Peraltro, le condizioni di natura sociale, fissate dall’amministrazione aggiudicatrice per l’esecuzione di un appalto ai sensi dell’art. 26 della direttiva 2004/18, devono essere compatibili con il diritto dell’Unione. Ciò significa, in particolare, che non può pervenirsi ad alcuna discriminazione diretta o indiretta (34).

93.      Nel caso in esame, quest’ultimo requisito è stato violato. La provincia Noord-Holland, infatti, non ha utilizzato il marchio di qualità «Max Havelaar» solo per precisare le sue concezioni di politica sociale in ordine al commercio equo e solidale, né si è limitata a introdurre la presunzione che i prodotti muniti del marchio di qualità «Max Havelaar» soddisfacessero i suoi requisiti di politica sociale per l’esecuzione dell’appalto. Piuttosto, essa ha prescritto in maniera vincolante il marchio di qualità «Max Havelaar» in quanto tale, cosicché potevano essere forniti solo il caffè e il tè muniti di tale specifico marchio di qualità, mentre tutti gli altri caffè e tè restavano esclusi (35).

94.      Così facendo, essa, da un lato, ha arrecato un pregiudizio alle imprese – in particolare a quelle provenienti da altri Stati membri – il cui caffè e il cui tè sono muniti di un marchio di qualità diverso dal marchio di qualità «Max Havelaar», comune soprattutto nei Paesi Bassi e in Belgio. Dall’altro, la stessa ha svantaggiato le imprese del cui assortimento fanno parte caffè e tè provenienti dal commercio equo e solidale, ma privi di un marchio di qualità (36).

95.      Da tutte le considerazioni che precedono, si deduce che il modus operandi della provincia Noord-Holland, consistente nel prescrivere in maniera vincolante, per il caffè e per il tè da fornire, un determinato marchio di qualità Fair trade – il marchio di qualità «Max Havelaar» – non era compatibile con l’art. 26 della direttiva 2004/18.

96.      Come esposto in precedenza (37), tale valutazione non è inficiata neppure dalla successiva precisazione da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, contenuta al n. 11 della sua nota informativa, secondo la quale il riferimento al marchio di qualità «Max Havelaar» deve essere letto insieme alla menzione «o equivalenti».

97.      A margine, si osservi che le medesime riflessioni, svolte supra in relazione all’art. 26 della direttiva 2004/18, valgono anche per l’art. 23, n. 8, di tale direttiva, qualora la Corte, contrariamente alle considerazioni da me effettuate in precedenza (38), debba ritenere applicabile tale disposizione.

3.      Sintesi relativa alla prima censura

98.      La prima censura della Commissione è fondata solo in parte. Essa va accolta nella parte in cui in essa viene fatta valere una violazione dell’art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18, mentre va respinta nella parte in cui essa si fonda su una violazione dell’art. 23, n. 8, della direttiva.

B –    Terza censura: riferimento, nei criteri di aggiudicazione, ai marchi di qualità «Max Havelaar» e «EKO» con riguardo agli ingredienti da fornire

99.      È opportuno esaminare la terza censura della Commissione immediatamente dopo la prima censura, a causa della stretta vicinanza tematica a quest’ultima. Oggetto della terza censura è l’asserita violazione dell’art. 53, n. 1, lett. a), della direttiva 2004/18, dal quale si evincono i criteri di aggiudicazione che le amministrazioni aggiudicatrici possono utilizzare in relazione alla concessione dell’appalto. Tale disposizione risulterebbe violata per il fatto che la provincia Noord-Holland, nel formulare i suoi criteri di aggiudicazione, ha fatto riferimento ai marchi di qualità «Max Havelaar» «e/o» «EKO», e in ogni caso a marchi di qualità caratterizzati dagli stessi criteri.

100. Tale censura si riferisce in concreto al n. 35 del profilo dei requisiti, nel quale agli offerenti sono stati comunicati i «desiderata» della provincia Noord-Holland, per cui gli «ingredienti» forniti (segnatamente zucchero, latte in polvere e cacao) dovevano essere conformi, «per quanto possibile», ai marchi di qualità «EKO» e/o «Max Havelaar». L’esaudimento di tali «desiderata» poteva essere premiato, nell’ambito della procedura di aggiudicazione, con un massimo di 15 punti. Al n. 12 della nota informativa, l’amministrazione aggiudicatrice chiariva, inoltre, che essa avrebbe accettato anche marchi di qualità «equivalenti», aggiungendo che gli ingredienti potevano «fregiarsi di un marchio di qualità fondato sugli stessi criteri» dei marchi «EKO» e «Max Havelaar».

1.      Osservazione preliminare

101. L’art. 53, n. 1, lett. a), della direttiva 2004/18 si applica quando l’amministrazione aggiudicatrice – come nella specie – ha deciso di aggiudicare l’appalto all’offerta economicamente più vantaggiosa (39). Come emerge univocamente dal testo di tale disposizione, e in particolare dall’impiego dell’espressione «ad esempio», la direttiva stessa non prevede un elenco esaustivo dei criteri in base ai quali deve essere individuata l’offerta economicamente più vantaggiosa (40).

102. Tali criteri non devono necessariamente rivestire natura meramente economica. Sul valore di un’offerta per l’amministrazione aggiudicatrice possono influire, infatti, anche fattori che vanno oltre un approccio meramente economico. Ciò si evince già dal testo dell’art. 53, n. 1, lett. a), della direttiva 2004/18, ai sensi del quale, nell’individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa, possono rilevare, inter alia, le caratteristiche estetiche, funzionali e ambientali (41).

103. Ciò premesso, nulla osta a che un’amministrazione aggiudicatrice, nell’individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa, tenga conto anche di aspetti ecologici e sociali (42).

104. Tuttavia, tale constatazione non significa che l’amministrazione aggiudicatrice possa prendere in considerazione tutti i siffatti criteri. Piuttosto, secondo la giurisprudenza, vengono in considerazione soltanto i criteri volti ad individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa (43).

105. Al riguardo, l’amministrazione aggiudicatrice non dispone di un’incondizionata libertà decisionale (44). Infatti, come si evince dal testo dell’art. 53, n. 1, lett. a), della direttiva 2004/18, i criteri su cui essa si basa devono essere collegati all’oggetto dell’appalto (45). Essi devono essere idonei a consentire di individuare l’offerta che presenta il miglior rapporto qualità/prezzo (46). Deve inoltre trattarsi di criteri obiettivi, che garantiscano il rispetto dei principi di trasparenza, di non discriminazione e di parità di trattamento, e che assicurino una valutazione delle offerte in condizioni di effettiva concorrenza (47).

106. Secondo la Commissione, nel caso in esame tali principi sono stati violati sotto due profili: da un lato, difetterebbe qualsivoglia collegamento fra i marchi di qualità «Max Havelaar» e «EKO» e l’oggetto dell’appalto (v. al riguardo infra, sezione 2). Dall’altro, la provincia Noord-Holland avrebbe assunto a criterio di aggiudicazione i due marchi di qualità in quanto tali, invece di prendere in considerazione unicamente i requisiti sostanziali alla base dei medesimi (v. al riguardo infra, sezione 3). Occorre di seguito illustrare in dettaglio questi due argomenti sollevati dalla Commissione.

2.      Primo argomento nell’ambito della terza censura: presunta assenza di un collegamento fra l’oggetto dell’appalto e i due marchi di qualità

107. Anzitutto, la Commissione fa valere l’inesistenza di un collegamento fra l’oggetto dell’appalto e i due marchi di qualità «EKO» e «Max Havelaar», sui quali si basa la provincia Noord-Holland, in quanto tali marchi si riferirebbero unicamente alla politica generale di acquisto dei potenziali offerenti.

108. Tale argomento non persuade, e contrasta inoltre con quanto sostenuto dalla Commissione stessa nell’ambito della sua prima censura (48). Contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, entrambi i marchi di qualità in esame presentano un collegamento sufficiente con l’oggetto dell’appalto.

109. Così, il marchio di qualità «EKO» riguarda direttamente le caratteristiche del prodotto – e precisamente le caratteristiche ambientali – degli ingredienti da fornire. Ad un marchio di qualità classificato dalla stessa Commissione, nell’ambito dell’art. 23, n. 6, in combinato disposto con il n. 3, lett. b), della direttiva 2004/18, quale specifica tecnica per determinare le prestazioni e i requisiti funzionali dei beni da fornire, non può essere negato, nell’ambito dell’art. 53, n. 1, della direttiva 2004/18, un qualsivoglia collegamento con l’oggetto dell’appalto.

110. Quanto poi al marchio di qualità «Max Havelaar», è vero che esso non definisce le caratteristiche del prodotto in senso vero e proprio, nei termini in cui esse rilevano nell’ambito delle specifiche tecniche (art. 23 della direttiva 2004/18) (49). Tale marchio dice tuttavia se i prodotti da fornire provengano dal commercio equo e solidale. Un aspetto del genere può essere preso in considerazione nell’ambito delle condizioni per l’esecuzione dell’appalto (art. 26 della direttiva 2004/18) (50). Ad esso non può pertanto essere negato a priori il collegamento con l’oggetto dell’appalto (nella specie: fornitura di «ingredienti» come zucchero, latte in polvere e cacao). Infatti, per un’amministrazione aggiudicatrice che, stando alla documentazione di gara, attribuisce importanza ad un operato socialmente responsabile, può senza dubbio essere rilevante, in sede di individuazione del rapporto qualità/prezzo, se la merce da fornire sia stata acquistata a condizioni eque o meno dal suo produttore. È vero che, a rigore, lo zucchero non ha un sapore diverso a seconda che esso sia stato oggetto di uno scambio equo e solidale o meno. Tuttavia, un prodotto giunto sul mercato a condizioni inique lascia a un cliente socialmente responsabile un retrogusto amaro.

111. Sarebbe certamente eccessivo se un’amministrazione aggiudicatrice, nell’individuare l’offerta economicamente più vantaggiosa, intendesse valutare la politica generale di acquisto dei potenziali offerenti e considerare se tutti i prodotti nel loro rispettivo assortimento – siano essi oggetto dell’appalto o no – provengano dal commercio equo e solidale (51).

112. Una considerazione a tal punto estesa dell’aspetto del commercio equo e solidale non può tuttavia essere ravvisata nella specie. Come osservato correttamente dai Paesi Bassi, la provincia Noord-Holland, al n. 35 del suo profilo dei requisiti, si è limitata ad attribuire rilevanza al fatto che gli «ingredienti» che dovevano esserle forniti fossero muniti di un marchio di qualità idoneo ad attestare la loro provenienza dal commercio equo e solidale. L’impiego del marchio di qualità «Max Havelaar» nella documentazione di gara controversa presentava pertanto un collegamento univoco e specifico con l’oggetto dell’appalto.

113. Di conseguenza, il primo argomento fatto valere dalla Commissione nell’ambito della sua terza censura deve essere respinto.

3.      Secondo argomento nell’ambito della terza censura: rinvio ai marchi di qualità invece che ai criteri su cui tali marchi si fondano

114. Resta da verificare se una violazione dell’art. 53, n. 1, lett. a), della direttiva 2004/18 risulti dalle modalità con cui la provincia Noord-Holland ha fatto riferimento nel caso in esame, al n. 35 del profilo dei requisiti, ai marchi di qualità «EKO» e «Max Havelaar».

115. Al riguardo, le parti interpretano i fatti in maniera diversa. Mentre la Commissione parte dal presupposto che l’amministrazione aggiudicatrice abbia assunto a criterio di aggiudicazione, per gli «ingredienti» da fornire (segnatamente zucchero, latte in polvere e cacao), il marchio di qualità «EKO» e il marchio di qualità «Max Havelaar» in quanto tali, i Paesi Bassi sostengono che la provincia Noord-Holland abbia inteso riferirsi unicamente ai requisiti sostanziali alla base di entrambi i marchi.

116. Gli argomenti migliori depongono a favore della posizione della Commissione.

117. È vero che la provincia Noord-Holland, sia nel bando di gara del suo progetto nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, sia nel capitolato d’oneri, ha sottolineato, in termini generici, la sua intenzione di utilizzare, nelle sue macchine automatiche per il caffè, più prodotti biologici e provenienti dal commercio equo e solidale. Al n. 35 del profilo essa esprimeva tuttavia i suoi «desiderata», per cui gli ingredienti dovevano essere, «per quanto possibile», conformi al marchio di qualità «EKO» «e/o» al marchio di qualità «Max Havelaar». Tale affermazione veniva precisata al n. 12 della nota informativa nel senso che gli ingredienti potevano fregiarsi di un altro marchio di qualità, fondato sui medesimi criteri dei marchi di qualità «EKO» e «Max Havelaar». Ingredienti biologici e del commercio equo e solidale privi di marchio di qualità non erano tuttavia menzionati né nel profilo dei requisiti né nella nota informativa.

118. I potenziali offerenti, la cui interpretazione è determinante nella lettura delle condizioni dell’appalto (52), hanno potuto interpretare quanto illustrato solo nel senso che gli ingredienti che erano tenuti a fornire dovevano fregiarsi dei marchi di qualità «EKO» e/o «Max Havelaar», e in ogni caso di marchi di qualità equivalenti, per poter classificarsi al meglio nella procedura di aggiudicazione.

119. Un siffatto modus operandi dell’amministrazione aggiudicatrice non è conforme ai requisiti giuridici concernenti la formulazione dei criteri di aggiudicazione ai sensi dell’art. 53, n. 1, lett. a), della direttiva 2004/18.

120. Diversamente da quanto ritiene la Commissione, ciò non è dovuto ad una presunta mancanza di trasparenza (53) nel riferimento ai due marchi di qualità. Infatti, come esposto in precedenza (54), è senz’altro legittimo aspettarsi da un offerente ragionevolmente informato e normalmente diligente che egli conosca i marchi di qualità impiegati sul mercato di cui trattasi, o che in ogni caso si informi presso gli organismi di certificazione di tali marchi in merito ai criteri da essi fissati.

121. Era inoltre senz’altro possibile che potenziali offerenti offrissero prodotti muniti di marchi di qualità diversi, fondati sui medesimi criteri dei marchi di qualità «EKO» e «Max Havelaar». In base a quanto riferito dal governo olandese senza essere contraddetto sul punto, infatti, il marchio di qualità «EKO» (55) si basa unicamente sui criteri del cosiddetto regolamento (CE) sull’agricoltura biologica (56), e il marchio di qualità «Max Havelaar» è identico, sotto il profilo sostanziale, al marchio di qualità «Fairtrade», diffuso a livello internazionale, il quale viene rilasciato in numerosi Stati da organismi riuniti nella Fairtrade Labelling Organisation (57).

122. Tuttavia, ricorre una violazione del principio di non discriminazione e della parità di trattamento (58), nonché del principio dell’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza (59), i quali devono essere osservati nell’ambito dell’art. 53, n. 1, lett. a), della direttiva 2004/18 (60), qualora un’amministrazione aggiudicatrice – come nella specie la provincia Noord-Holland –, nell’ambito dei criteri di aggiudicazione, assegni punti supplementari quando i prodotti da fornire sono muniti di marchi di qualità provenienti dai settori della produzione biologica e del commercio equo e solidale. In tal modo vengono infatti svantaggiate le imprese che hanno nel loro assortimento beni di produzione biologica e del commercio equo e solidale, senza possedere per gli stessi un marchio di qualità. I potenziali offerenti devono avere la possibilità di dimostrare che i loro prodotti soddisfano in toto i criteri di aggiudicazione formulati dall’amministrazione aggiudicatrice, persino qualora essi si fregino di marchi di qualità diversi da quelli menzionati dall’amministrazione aggiudicatrice o ne siano del tutto privi.

123. In tale contesto, va respinta l’obiezione dei Paesi Bassi, secondo la quale i marchi di qualità «EKO» e «Max Havelaar» non costituivano, in relazione agli «ingredienti» da fornire, requisiti obbligatori, bensì unicamente «desiderata» non vincolanti dell’amministrazione aggiudicatrice, ricompensati con un numero di punti trascurabile. Infatti, da un lato, per il successo e l’insuccesso in una procedura di aggiudicazione caratterizzata da un sistema di valutazione a punti, già pochi punti possono fare eventualmente la differenza. Dall’altro lato, tutti i criteri di aggiudicazione – persino quelli ai quali l’amministrazione aggiudicatrice attribuisce un peso relativamente minore – devono interamente soddisfare i principi fondamentali della parità di trattamento e di non discriminazione propri del diritto in materia di appalti. I summenzionati principi devono essere osservati, secondo giurisprudenza costante, in ogni fase del procedimento di aggiudicazione (61).

124. In definitiva, è dunque ravvisabile una violazione dell’art. 53, n. 1, lett. a), della direttiva 2004/18. La terza censura della Commissione è fondata.

C –    Seconda censura: presunto riferimento ad acquisti sostenibili e ad un comportamento socialmente responsabile quale criterio di selezione

125. La seconda censura della Commissione è fondata sugli artt. 2, 44, n. 2, nonché 48, nn. 1 e 2, della direttiva 2004/18, i quali sanciscono, da un lato, il principio di trasparenza in materia di appalti (art. 2), e, dall’altro, le condizioni attinenti la verifica della capacità delle imprese da parte delle amministrazioni aggiudicatrici (artt. 44 e 48). Secondo la Commissione, la provincia Noord-Holland, formulando criteri ed esigendo prove concernenti in generale – in tal senso la Commissione – la politica di acquisti sostenibili e il comportamento socialmente responsabile dei potenziali offerenti, avrebbe violato tali disposizioni.

126. In dettaglio, tale censura si riferisce alla rubrica 4.4.4 del capitolato d’oneri, nella quale la provincia Noord-Holland esige dai potenziali offerenti il rispetto dei «criteri concernenti gli acquisti sostenibili e un comportamento socialmente responsabile». Inoltre, nella medesima rubrica, gli offerenti vengono invitati a illustrare in che modo essi soddisfano i «criteri concernenti gli acquisti sostenibili e un comportamento socialmente responsabile», nonché a indicare come essi intendano contribuire «al miglioramento della sostenibilità del mercato del caffè e ad una produzione del caffè responsabile sotto il profilo ambientale, sociale ed economico» (62).

1.      Prima parte della seconda censura: presunta inammissibilità dei requisiti attinenti alla dimostrazione della capacità tecnica degli offerenti (art. 48, n. 1, in combinato disposto con il n. 2 della direttiva 2004/18)

127. La prima parte della seconda censura è dedicata in particolare ai requisiti attinenti alla dimostrazione della capacità tecnica degli offerenti. Secondo la Commissione, la provincia Noord-Holland, nel capitolato d’oneri, con le sue affermazioni sulla politica di acquisti sostenibili e sul comportamento socialmente responsabile dei potenziali offerenti, ha oltrepassato il rigoroso confine tracciato dall’art. 48 della direttiva 2004/18 per la valutazione e la verifica delle capacità tecniche e professionali degli operatori economici.

128. Come tuttavia osservato correttamente dai Paesi Bassi, tale parte della seconda censura si fonda su una lettura erronea della rubrica 4.4.4 del capitolato d’oneri. I requisiti ivi imposti ai potenziali offerenti non si riferiscono, infatti, alle loro capacità tecniche o professionali. Piuttosto, siamo in presenza, come si evince già dal titolo della rubrica 4.4.4, di «requisiti di qualità» relativi alle prestazioni da effettuare.

129. Anche uno sguardo al contesto generale in cui si colloca la rubrica 4.4.4 del capitolato d’oneri conferma tale impressione. Così, la sezione 4.4 del capitolato d’oneri è intitolata «requisiti di idoneità/requisiti minimi», il che costituisce un indizio del fatto che essa verte non solo sull’idoneità dei potenziali offerenti (ovvero sulla loro capacità) – come ad esempio nella rubrica 4.4.3, dedicata all’esperienza degli offerenti –, bensì anche su altri aspetti. Di tali altri aspetti fa parte, ad esempio, la risposta alla domanda che qui interessa, e segnatamente come il rispettivo offerente pensi di soddisfare i requisiti attinenti alla sostenibilità e al comportamento socialmente responsabile (rubrica 4.4.4 del capitolato d’oneri).

130. In tal modo, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, la controversa rubrica 4.4.4 del capitolato d’oneri non rientra assolutamente nell’ambito di applicazione dell’art. 48, nn. 1 e 2, della direttiva 2004/18, e non può pertanto neanche essere valutata alla luce di tale disposizione.

131. Tuttavia, per il caso in cui la Corte intenda ciononostante applicare la succitata disposizione della direttiva, essa non osterebbe ad una condizione di appalto come la rubrica 4.4.4 del capitolato d’oneri.

132. È pacifico che, effettivamente, l’art. 48 della direttiva 2004/18 contiene un elenco esaustivo delle prove della capacità tecnica che le amministrazioni aggiudicatrici possono pretendere dagli operatori economici (63).

133. Con i suoi «requisiti di qualità» di cui alla rubrica 4.4.4 del capitolato d’oneri, la provincia Noord-Holland ha tuttavia potuto fondarsi su una delle clausole dell’art. 48, n. 2, della direttiva 2004/18, e segnatamente sulla lett. c), la quale prevede espressamente, per dimostrare la capacità tecnica di un fornitore, una «descrizione (…) delle misure adottate (…) per garantire la qualità». I Paesi Bassi hanno correttamente sottolineato tale circostanza.

134. L’addebito di una violazione dell’art. 48 della direttiva 2004/18 è pertanto infondato.

2.      Seconda parte della seconda censura: presunta mancanza di un collegamento dei requisiti concernenti l’idoneità degli offerenti all’oggetto dell’appalto (art. 44, n. 2, della direttiva 2004/18)

135. La seconda parte della seconda censura è fondata sull’art. 44, n. 2, della direttiva 2004/18. In sostanza, tale disposizione prevede che le amministrazioni aggiudicatrici possano richiedere livelli minimi di idoneità dei potenziali offerenti, sempreché essi siano connessi e proporzionati all’oggetto dell’appalto (64).

136. La Commissione riscontra una violazione dell’art. 44, n. 2, della direttiva 2004/18, in quanto le affermazioni contenute nel capitolato d’oneri in ordine alla politica di acquisti sostenibili e al comportamento socialmente responsabile dei potenziali offerenti non presentano, a suo parere, alcun collegamento con l’oggetto dell’appalto pubblico di forniture controverso nella specie, bensì sono dedicate piuttosto alla politica generale di acquisti degli operatori economici.

137. Siffatto addebito non può considerarsi fondato già per il fatto che i Paesi Bassi, nella fase precontenziosa, si sono difesi sul punto in maniera relativamente poco incisiva (65). Infatti, secondo giurisprudenza costante, nessuna regola di procedura obbliga lo Stato membro interessato a presentare già durante la fase precontenziosa di un procedimento per inadempimento ai sensi dell’art. 258 TFUE tutti gli argomenti in sua difesa (66). In giudizio, i Paesi Bassi si sono in ogni caso difesi vivamente a fronte dell’addebito di una violazione dell’art. 44, n. 2, della direttiva 2004/18.

138. La censura di una violazione dell’art. 44, n. 2, della direttiva 2004/18 non è tuttavia fondata neanche nel merito. Infatti, da un lato, la rubrica 4.4.4 del capitolato d’oneri, controversa nella specie, non costituisce, come menzionato in precedenza, un requisito attinente all’idoneità o alla capacità tecnica dei potenziali offerenti (67), cosicché l’art. 44 della direttiva 2004/18 non è assolutamente applicabile. Dall’altro lato, non può neanche ritenersi che la rubrica 4.4.4 del capitolato d’oneri difetti di un collegamento sufficiente con l’oggetto dell’appalto.

139. Oggetto dell’appalto era – nella parte che qui interessa – la fornitura di caffè, tè e altri «ingredienti» per macchine automatiche per il caffè; al riguardo, l’amministrazione aggiudicatrice ha espressamente attribuito valore ai prodotti «sostenibili», i quali, da un lato, dovevano essere di origine biologica, e, dall’altro, provenire dal commercio equo e solidale. Siffatti requisiti sono intesi, come già illustrato nell’ambito della prima censura, in parte a descrivere le caratteristiche del prodotto dei beni da fornire (caratteristiche ambientali ai sensi dell’art. 23 della direttiva 2004/18), in parte a descrivere altre condizioni di esecuzione dell’appalto (esigenze di ordine sociale ai sensi dell’art. 26 della direttiva 2004/18).

140. Poiché, in tal modo, la sostenibilità e la compatibilità ambientale hanno svolto un ruolo importante per l’esecuzione dell’appalto pubblico controverso, all’amministrazione aggiudicatrice non poteva essere impedito di domandare ai potenziali offerenti in che modo essi soddisfacessero «i criteri concernenti gli acquisti sostenibili e un comportamento socialmente responsabile», nonché di indicare come essi contribuissero «al miglioramento della sostenibilità del mercato del caffè e ad una produzione del caffè responsabile sotto il profilo ambientale, sociale ed economico».

141. È del tutto legittimo che un’amministrazione pubblica chieda ai potenziali offerenti di fornire informazioni sul modo in cui essi intendono realizzare gli obiettivi contrattuali da essa fissati. Diversamente da quanto ritiene la Commissione, al riguardo non rileva in prima linea la politica generale di acquisto dei potenziali offerenti, bensì piuttosto il loro comportamento di acquisto in relazione ai prodotti concretamente da fornire, ossia al caffè, al tè e agli altri «ingredienti» (68).

142. L’addebito di una violazione dell’art. 44, n. 2, della direttiva 2004/18 è dunque parimenti infondato.

3.      Terza parte della seconda censura: presunta violazione del principio generale di trasparenza (art. 2 della direttiva 2004/18)

143. Nella terza parte della sua seconda censura, la Commissione solleva infine, in subordine, una violazione del principio generale di trasparenza, come sancito dall’art. 2 della direttiva 2004/18 (69).

144. Tale fondamentale principio del diritto europeo degli appalti pubblici ha sostanzialmente lo scopo di eliminare i rischi di favoritismo e arbitrarietà da parte dell’autorità aggiudicatrice. Esso implica che tutte le condizioni e modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca nel bando di gara o nel capitolato d’oneri, in modo che, da un lato, si permetta a tutti gli offerenti ragionevolmente informati e normalmente diligenti di comprenderne l’esatta portata e d’interpretarle allo stesso modo e, dall’altro, all’autorità aggiudicatrice di essere in grado di verificare effettivamente se le offerte degli offerenti rispondano ai criteri che disciplinano l’appalto in questione (70).

145. La Commissione lamenta che i requisiti fissati nella rubrica 4.4.4 del capitolato d’oneri sono formulati in maniera troppo generale e troppo vaga.

146. Condivido questa tesi. Dal passaggio controverso del capitolato d’oneri non emerge in maniera sufficientemente chiara quale tipo di chiarimenti e quale tipo di prove l’amministrazione aggiudicatrice esiga dai potenziali offerenti. Le formulazioni scelte dalla provincia Noord-Holland non chiariscono inoltre cosa si intenda esattamente quando si parla di «acquisti sostenibili e comportamento socialmente responsabile» e di un contributo «al miglioramento della sostenibilità del mercato del caffè e ad una produzione del caffè responsabile sotto il profilo ambientale, sociale ed economico».

147. Nella specie, sarebbe stata necessaria una descrizione più precisa di cosa la provincia Noord-Holland si aspettava dai potenziali offerenti. Essa avrebbe ad esempio potuto porre domande in merito ad eventuali accordi contrattuali sul commercio equo e solidale e sulla produzione biologica, conclusi se del caso dai potenziali offerenti con i rispettivi fornitori. La provincia avrebbe anche potuto invitare i potenziali offerenti a comunicare i provvedimenti adottati al fine di sorvegliare il rispetto di siffatti accordi.

148. L’obiezione dei Paesi Bassi, secondo la quale più organizzazioni internazionali avrebbero definito il concetto di sostenibilità, non è stata in ogni caso provata in maniera sufficiente da poter contrastare la censura di difetto di trasparenza.

149. Di conseguenza, è ravvisabile una violazione dell’art. 2 della direttiva 2004/18. La terza parte della seconda censura è pertanto fondata.

D –    Riepilogo

150. Nel complesso, si può ritenere che, in forza della direttiva 2004/18, la considerazione nella procedura di aggiudicazione, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice, di esigenze di natura ecologica e sociale, è senz’altro ammessa, il che include espressamente un riferimento, nella documentazione di gara, a marchi di qualità provenienti dai settori ambientale e del commercio equo e solidale.

151. Tuttavia, l’amministrazione aggiudicatrice non può esigere che i prodotti che devono esserle forniti si fregino di un concreto marchio di qualità, bensì deve ammettere anche altri marchi di qualità, nonché prodotti sprovvisti di qualsiasi marchio, sempreché le loro caratteristiche ambientali e le condizioni alle quali essi sono realizzati e commercializzati siano equivalenti ai requisiti posti dall’amministrazione aggiudicatrice.

152. Inoltre, l’amministrazione aggiudicatrice, nel concedere l’appalto, non può prendere in considerazione la politica generale di acquisto degli offerenti, bensì solo il loro comportamento d’acquisto in relazione ai prodotti che devono essere concretamente forniti. Qualora l’amministrazione aggiudicatrice esiga dagli offerenti informazioni e prove sulla sostenibilità dei loro prodotti e sulla loro politica di acquisto, tale requisito deve presentare un collegamento sufficiente con l’oggetto dell’appalto ed essere formulato in termini concreti.

153. Nel caso in esame, la provincia Noord-Holland ha osservato tali precetti solo in parte. Nelle sue condizioni per l’attribuzione dell’appalto pubblico di forniture controverso, risalente al 2008, essa è incorsa nella violazione di tre disposizioni del diritto dell’Unione: l’art. 2, l’art. 23, n. 6, e l’art. 53, n. 1, lett. a), della direttiva 2004/18. Non è per contro ravvisabile una violazione delle restanti disposizioni censurate dalla Commissione, e segnatamente l’art. 23, n. 8, l’art. 44, n. 2, nonché l’art. 48, nn. 1 e 2, della direttiva 2004/18.

VI – Sulle spese

154. Ai sensi dell’art. 69, n. 3, del regolamento di procedura, la Corte può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie. Tale disposizione si applica, inter alia, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi.

155. Sulla base delle considerazioni svolte supra, nel caso presente, la Commissione risulta vittoriosa in relazione alla prima parte della sua prima censura, alla terza parte della sua seconda censura, e alla sua terza censura; per contro, essa risulta soccombente per quanto riguarda la seconda parte della sua prima censura, nonché la prima e la seconda parte della sua seconda censura.

156. Alla luce di tali premesse, mi sembra adeguato condannare ciascuna delle parti a sopportare le proprie spese (71).

VII – Conclusione

157. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di pronunciarsi nei seguenti termini:

1)      Il Regno dei Paesi Bassi è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi dei Trattati, in quanto nel 2008 la provincia Noord-Holland, nella procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico per la fornitura e la manutenzione di macchine automatiche per il caffè

–        in violazione dell’art. 23, n. 6, della direttiva 2004/18, ha prescritto in maniera vincolante che il caffè e il tè da fornire devono fregiarsi del marchio di qualità «EKO» o un marchio fondato su criteri equiparabili;

–        nella documentazione di gara, in violazione dell’art. 2 della direttiva 2004/18, ha formulato «requisiti di qualità» vaghi per i potenziali offerenti in relazione ad «una politica di acquisti sostenibili e ad un comportamento socialmente responsabile»;

–        nel formulare i criteri di aggiudicazione ha previsto, in violazione dell’art. 53, n. 1, lett. a), della direttiva 2004/18, punti supplementari nel caso in cui gli «ingredienti» fossero muniti dei marchi di qualità «EKO» e/o «Max Havelaar» o di marchi di qualità fondati sugli stessi criteri.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – GU L 134, pag. 114.


3 – GU 2008, S 158-213630.


4 –      Sezione II.1.5 del bando di gara.


5 – Sezione III.1.4 del bando di gara.


6 – Sezione IV.2.1 del bando di gara.


7 – «Offerteaanvraag “Koffieautomaten”» dell’11 agosto 2008 (riferimento: PNH-45096).


8 – Bando di gara, GU 2008, S 250-333033.


9 – Stando alle informazioni fornite dal governo olandese, il nome «Max Havelaar» deriva dal titolo di un noto libro della letteratura olandese: Max Havelaar of de koffieveilingen der Nederlandsche Handelsmaatschappij (Max Havelaar o le aste del caffè della società commerciale olandese). L’autore di questo libro del 1859 è Multatuli (pseudonimo di Eduard Douwes Dekker). Esso tratta del disagio sociale che caratterizzava la coltivazione del caffè nelle allora Indie olandesi (l’attuale Indonesia), quale conseguenza della politica coloniale olandese.


10 – V. al riguardo la pagina internet www.fairtrade.net (visitata da ultimo il 25 ottobre 2011).


11 – Nella sua risposta alla lettera di diffida, il governo olandese riconosceva perlomeno che le disposizioni di cui agli artt. 2, 23, n. 6, e 53 della direttiva 2004/18 «non erano state osservate completamente alla luce del loro tenore letterale». Una siffatta affermazione non è tuttavia più ravvisabile nella risposta al parere motivato.


12 – Sul punto v., fondamentalmente, sentenze 20 settembre 1988, causa 31/87, Beentjes (Racc. pag. 4635, punti 28‑30); 17 settembre 2002, causa C‑513/99, Concordia Bus Finland (Racc. pag. I‑7213, punti 53‑69), nonché primo, quinto, ventinovesimo, trentatreesimo, quarantaquattresimo e quarantaseiesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/18.


13 – Comunicazione interpretativa della Commissione 4 luglio 2001 sul diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare considerazioni di carattere ambientale negli appalti pubblici [COM(2001) 274 def., C 333, pag. 12]; comunicazione interpretativa della Commissione 15 ottobre 2001 sul diritto comunitario degli appalti pubblici e le possibilità di integrare aspetti sociali negli appalti pubblici [COM(2001) 566 def., C 333, pag. 27]; comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni 16 luglio 2008 – «Appalti pubblici per un ambiente migliore» [COM(2008) 400 def.]; comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo e al Comitato economico e sociale europeo 5 maggio 2009 – Contribuire allo sviluppo sostenibile: «Il ruolo del commercio equo e solidale e dei programmi non governativi in ambito commerciale a garanzia della sostenibilità», COM(2009) 215 def., pag. 10]; comunicazione della Commissione 3 marzo 2010 «EUROPA 2020 – Una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva» [COM(2010) 2020 def., pagg. 18 e 19].


14 – V. al riguardo la descrizione generale dell’appalto nel bando di gara e nel capitolato d’oneri (riportati per estratto ai paragrafi 15 e 17 delle presenti conclusioni).


15 – Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 17 luglio 2000, n. 1980, relativo al sistema comunitario, riesaminato, di assegnazione di un marchio di qualità ecologica (GU L 237, pag. 1).


16 – Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 25 novembre 2009, n. 66/2010, relativo al marchio di qualità ecologica dell’Unione europea (Ecolabel UE) (GU L 27, pag. 1). Tale regolamento ha sostituito il regolamento n. 1980/2000 con effetto a partire dal 19 febbraio 2010.


17 – V. al riguardo i chiarimenti della Commissione in relazione all’emendamento n. 45 nella proposta modificata di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture, servizi e lavori, COM(2002) 236 def. (GU C 203 E, pag. 210, 215, colonna di destra). A seguito di un quesito posto dalla Corte in udienza, emergeva che il punto era pacifico fra le parti.


18 – Art. 2 e secondo ‘considerando’ della direttiva 2004/18.


19 – V. anche l’ultima frase del ventinovesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/18; in senso analogo sentenza 29 aprile 2004, causa C‑496/99 P, Commissione/CAS Succhi di Frutta (Racc. pag. I-3801, punto 111).


20 – Sul criterio dell’offerente ragionevolmente informato e normalmente diligente, v. sentenze 4 dicembre 2003, causa C‑448/01, EVN e Wienstrom (Racc. pag. I‑14527, punto 57), nonché Commissione/CAS Succhi di Frutta, cit. alla nota 19 (punto 111).


21 – V. al riguardo supra, paragrafo 20 delle presenti conclusioni.


22 – In tal senso – riferita all’individuazione del valore di un appalto pubblico di lavori – la sentenza 18 gennaio 2007, causa C‑220/05, Auroux e a. (Racc. pag. I‑385, punto 53).


23 – V. in tal senso anche art. 23, n. 6, ultimo capoverso, nonché il ventinovesimo ‘considerando’ (in particolare alla quinta frase) della direttiva 2004/18.


24 – Sentenze 22 giugno 1993, causa C‑243/89, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I‑3353, punto 30), nonché 6 ottobre 2009, causa C‑438/07, Commissione/Svezia (Racc. pag. I‑9517, punto 53).


25 – In tal senso ordinanza 27 settembre 2004, causa C‑470/02 P, UER/M6 e a. (punto 69), nonché sentenza 21 settembre 2010, cause riunite C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, Svezia/API e Commissione (Racc. pag. I‑8533, punto 65).


26 – Conclusioni dell’avvocato generale Léger presentate il 2 aprile 1998 nella causa Parlamento/Gutiérrez de Quijano y Lloréns (sentenza 19 novembre 1998, causa C‑252/96 P, Racc. pag. I‑7421, paragrafo 36).


27 – V. infra, paragrafi 85‑87 delle presenti conclusioni.


28 – V., ex plurimis, sentenze 15 febbraio 2007, causa C‑34/04, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. I‑1387, punto 49), nonché 15 giugno 2010, causa C‑211/08, Commissione/Spagna (Racc. pag. I-5267, punto 33).


29 – V. al riguardo supra, paragrafo 16 delle presenti conclusioni.


30 – In tal senso già – pur se riferite a criteri di aggiudicazione attinenti alla politica ambientale – sentenze Concordia Bus Finland, cit. alla nota 12 (punti 59, ultima frase, e 64), nonché EVN e Wienstrom, cit. alla nota 20 (punto 66).


31 – V. art. 2, nonché il secondo e il trentatreesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/18.


32 – V. supra, paragrafo 56 delle presenti conclusioni.


33 – L’adeguatezza delle condizioni di scambio può inoltre variare estremamente da prodotto a prodotto e a seconda del paese di produzione. L’organismo di certificazione che assegna un marchio Fairtrade può, nel dubbio, effettuare la relativa valutazione in maniera migliore e più obiettiva rispetto ad un fornitore o ad un’amministrazione aggiudicatrice.


34 – Ventinovesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/18; nello stesso senso sentenza Beentjes, cit. alla nota 12 (punto 30).


35 – V. al riguardo anche supra, paragrafo 66 delle presenti conclusioni, in relazione al marchio di qualità «EKO».


36 – V. al riguardo anche supra, paragrafo 65 delle presenti conclusioni, in relazione al marchio di qualità «EKO».


37 – V. al riguardo supra, paragrafo 67 delle presenti conclusioni.


38 – V. supra, paragrafi 74‑81 delle presenti conclusioni.


39 – V. al riguardo supra, paragrafo 16 delle presenti conclusioni.


40 – In tal senso, in relazione alle disposizioni preconitrici dell’art. 53, n. 1, lett. a), della direttiva 2004/18, sentenze Concordia Bus Finland, cit. alla nota 12 (punto 54); 18 ottobre 2001, causa C‑19/00, SIAC Construction (Racc. pag. I‑7725, punto 35); 19 giugno 2003, causa C‑315/01, GAT (Racc. pag. I‑6351, punto 63), nonché 24 gennaio 2008, causa C‑532/06, Lianakis e a. (Racc. pag. I‑251, punto 29).


41 – In tal senso già la sentenza Concordia Bus Finland, cit. alla nota 12 (punto 55).


42 – V. anche il quarto comma del quarantaseiesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/18.


43 – Sentenze Beentjes, cit. alla nota 12 (punto 19); SIAC Construction, cit. alla nota 40 (punto 36); Concordia Bus Finland, cit. alla nota 12 (punto 59); GAT, cit. alla nota 40 (punto 64), nonché Lianakis e a., cit. alla nota 40 (punti 29 e 30).


44 – Sentenze Beentjes, cit. alla nota 12 (punto 26); SIAC Construction, cit. alla nota 40 (punto 37); Concordia Bus Finland, cit. alla nota 12 (punti 61 e 64), nonché 24 novembre 2005, causa C‑331/04, ATI EAC e Viaggi di Maio e a. (Racc. pag. I‑10109, punto 21; in prosieguo: «ATI EAC»).


45 – In senso analogo già le sentenze Concordia Bus Finland, cit. alla nota 12 (punti 59, ultima frase, e 64); EVN e Wienstrom, cit. alla nota 20 (punto 66), nonché ATI EAC, cit. alla nota 44 (punto 21).


46 – Terzo capoverso del quarantaseiesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/18; v. inoltre il quinto ‘considerando’ di tale direttiva.


47 – Primo capoverso del quarantaseiesimo ‘considerando’ e secondo ‘considerando’ della direttiva 2004/18; nello stesso senso sentenze Concordia Bus Finland, cit. alla nota 12, e ATI EAC, cit. alla nota 44 (punto 21).


48 – Nell’ambito della sua prima censura, la Commissione ha considerato specifiche tecniche sia il marchio di qualità «EKO» sia il marchio di qualità «Max Havelaar», e li ha valutati alla luce dell’art. 23, nn. 6 e 8, della direttiva 2004/18.


49 – V. al riguardo supra, paragrafi 74‑81 delle presenti conclusioni.


50 – V. al riguardo supra, paragrafi 85‑87 delle presenti conclusioni.


51 – Analogamente – seppure in un altro contesto – le sentenze Beentjes, cit. alla nota 12 (punto 28, sulla capacità generale degli offerenti di impiegare disoccupati di lunga durata), nonché EVN e Wienstrom, cit. alla nota 20 (punti 70‑72, sulla capacità degli offerenti di fornire il massimo quantitativo possibile di elettricità oltre il quantitativo richiesto nel bando di gara). V. inoltre supra, paragrafo 88 delle presenti conclusioni.


52 – V. al riguardo supra, paragrafo 64 delle presenti conclusioni.


53 – Primo e secondo capoverso del quarantaseiesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/18.


54 – V. al riguardo supra, paragrafo 56 delle presenti conclusioni.


55 – V. al riguardo supra, paragrafo 28 delle presenti conclusioni.


56 – Al momento dell’aggiudicazione dell’appalto pubblico di forniture, era applicabile il regolamento (CEE) del Consiglio 24 giugno 1991, n. 2092, relativo al metodo di produzione biologico di prodotti agricoli e alla indicazione di tale metodo sui prodotti agricoli e sulle derrate alimentari (GU L 198, pag. 1), sostituito successivamente dal regolamento (CE) del Consiglio 28 giugno 2007, n. 834, relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91 (GU L 189, pag. 1).


57 – V. supra, paragrafo 27 delle presenti conclusioni.


58 – Primo e quarto capoverso del quarantaseiesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/18.


59 – Secondo ‘considerando’ della direttiva 2004/18.


60 – In tal senso sentenze Beentjes, cit. alla nota 12 (punto 29); 26 settembre 2000, causa C‑225/98, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑7445, punto 50); Concordia Bus Finland, cit. alla nota 12 (punti 63 e 64), nonché EVN e Wienstrom, cit. alla nota 20 (punto 69).


61 – V. al riguardo, dai settori più diversi del diritto in materia di appalti, le sentenze 25 aprile 1996, causa C‑87/94, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑2043, punto 54); 12 dicembre 2002, causa C‑470/99, Universale-Bau e a. (Racc. pag. I‑11617, punto 93); EVN e Wienstrom, cit. alla nota 20 (punto 56), nonché ATI EAC, cit. alla nota 44 (punto 22).


62 – V. supra, paragrafo 19 delle presenti conclusioni.


63 – In tal senso anche sentenze 10 febbraio 1982, causa 76/81, Transporoute (Racc. pag. 417, punti 8, 9 e 15); 9 luglio 1987, cause riunite da 27/86 a 29/86, CEI (Racc. pag. 3347, punto 9), nonché 26 aprile 1994, causa C‑272/91, Commissione/Italia (Racc. pag. I‑1409, punto 35), ciascuna riferita a disposizioni equiparabili all’art. 48 della direttiva 2004/18.


64 – V. in particolare il secondo capoverso dell’art. 44, n. 2, della direttiva 2004/18.


65 – La Commissione riporta la pag. 6 della risposta dei Paesi Bassi alla lettera di diffida, nella quale risposta essi avrebbero ammesso che i requisiti di aggiudicazione controversi «non erano esclusivamente connessi all’oggetto dell’appalto».


66 – Sentenze 16 settembre 1999, causa C‑414/97, Commissione/Spagna (Racc. pag. I‑5585, punto 19), nonché Commissione/Paesi Bassi, cit. alla nota 28 (punto 49 in fine).


67 – V. in tal senso supra, paragrafi 128‑130 delle presenti conclusioni.


68 – V. al riguardo le considerazioni da me svolte in relazione alla prima e alla terza censura (in particolare paragrafi 88 e 109‑112 delle presenti conclusioni).


69 – V. anche il secondo e il trentanovesimo ‘considerando’ della direttiva 2004/18.


70 – Sentenza Commissione/CAS Succhi di Frutta, cit. alla nota 19 (punto 111); analogamente le sentenze 14 ottobre 2004, causa C‑340/02, Commissione/Francia (Racc. pag. I-9845, punto 34), nonché 10 dicembre 2009, causa C‑299/08, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑11587, punto 41), secondo le quali il principio di trasparenza richiede che l’oggetto di ciascun appalto nonché i criteri della sua aggiudicazione siano chiaramente definiti.


71 – Nello stesso senso, ad esempio, la sentenza 29 aprile 2010, causa C‑160/08, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3713, punto 133).