Language of document : ECLI:EU:C:2017:852

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 9 novembre 2017 (1)

Causa C233/16

Asociación Nacional de Grandes Empresas de Distribución (ANGED)

contro

Generalitat de Catalunya

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Libertà di stabilimento – Imposta regionale sui grandi stabilimenti commerciali individuali – Restrizione indiretta in quanto, dal punto di vista statistico, sono interessate prevalentemente le catene commerciali straniere – Esenzioni e sgravi fiscali a favore di terzi quale aiuto di Stato illegittimo – Effetti delle lettere della Commissione sulla valutazione del carattere di aiuto di Stato illegittimo»






I.      Introduzione

1.        La presente causa offre alla Corte l’opportunità di precisare la portata del divieto di aiuti di Stato sancito dal diritto dell’Unione. Infatti, nell’ambito del procedimento principale, l’Asociación Nacional de Grandes Empresas de Distribución (associazione nazionale spagnola delle grandi imprese di distribuzione; in prosieguo: la «ANGED») contesta una particolare imposta sui grandi stabilimenti commerciali (in prosieguo: l’«IGEC») in Catalogna.

2.        La ANGED e la Commissione vi ravvisano una restrizione alla libertà di stabilimento e un aiuto illegittimo, segnatamente, a favore dei piccoli stabilimenti commerciali in quanto non colpiti dall’imposta. Pertanto, nella specie e nell’ambito di altri due procedimenti (2), la Corte è chiamata nuovamente a prendere posizione sul conflitto tra la sovranità fiscale degli Stati membri, da una parte, e le libertà fondamentali e la disciplina in materia di aiuti di Stato, dall’altra.

3.        Già nel 2005, la Corte è giunta alla conclusione che un’analoga imposta francese gravante sui proprietari di una superficie di vendita superiore a 400 m² fosse irrilevante sotto il profilo della normativa in materia di aiuti (3). Tuttavia, da allora, la Corte ha sviluppato ulteriormente la nozione di aiuto di Stato. Pertanto, essa è di nuovo chiamata a stabilire se e in che misura si debba esaminare il mancato assoggettamento a imposta dei titolari di negozi più piccoli alla luce delle disposizioni in materia di aiuti di Stato.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

4.        Il contesto di diritto dell’Unione in cui si colloca il caso di specie è rappresentato dall’articolo 49 in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, dagli articoli 107 e segg. TFUE e dal regolamento (CE) n. 659/1999 (4) [in prosieguo: il «regolamento n. 659/1999»] [come modificato dal regolamento (UE) 2015/1589)] (5).

B.      Diritto spagnolo

5.        L’imposta controversa nel procedimento principale si fonda sulla Ley del Parlament de Catalunya 16/2000, de 29 de diciembre, del Impuesto sobre Grandes Establecimientos Comerciales (legge 16/2000 del Parlamento della Catalogna, del 29 dicembre 2000, relativa all’imposta sui grandi stabilimenti commerciali; in prosieguo: la «legge 16/2000»).

6.        In base al preambolo di tale legge, l’IGEC è introdotta su tutto il territorio della Catalogna quale imposta di natura non fiscale al fine di compensare l’impatto territoriale e ambientale che può derivare dalla concentrazione di grandi superfici commerciali e al fine di rispondere alle esigenze di modernizzazione e di sviluppo del commercio nell’agglomerato urbano. Tale imposta intende così anche riequilibrare la posizione competitiva di entrambi i tipi di imprese.

7.        In base all’oggetto dell’imposta (articolo 2 di detta legge), l’IGEC grava «sulla particolare capacità economica di cui dispongono determinati stabilimenti commerciali per effetto del loro insediamento su vaste superfici». Il fatto generatore dell’imposta (articolo 4) consiste nell’utilizzo di grandi superfici a fini commerciali. Per utilizzo di grandi superfici a fini commerciali s’intende l’utilizzo da parte dei grandi stabilimenti commerciali individuali, tra i quali rientrano gli stabilimenti che occupano una superficie di vendita pari o superiore a 2 500 m2.

8.        In base all’articolo 5 (Esenzioni), è esente da IGEC l’utilizzo di grandi superfici da parte di grandi stabilimenti commerciali individuali dedicati al giardinaggio e alla vendita di veicoli, materiali per l’edilizia, macchinari e forniture industriali. Sono soggette all’imposta le persone fisiche o giuridiche titolari di un grande stabilimento commerciale individuale, indipendentemente dal fatto che questo sia inserito o meno in un grande stabilimento commerciale collettivo (articolo 6).

9.        La base imponibile (articolo 7) è costituita dalla superficie totale occupata dal grande stabilimento commerciale individuale espressa in metri quadri. La superficie totale si calcola sommando le seguenti superfici: a) la superficie di vendita da cui vengono sottratti 2 499 m2 a titolo di superficie minima esente da imposta; b) la superficie destinata a magazzini, officine, laboratori e spazi di produzione, e c) la superficie del parcheggio destinato alla clientela, modificata ulteriormente in ragione di un dato coefficiente.

10.      A norma dell’articolo 8 della legge 16/2000, per i soggetti passivi dediti essenzialmente alla vendita di mobili, prodotti sanitari, porte e finestre, nonché per i centri di bricolage, alla base imponibile netta così calcolata si applica una riduzione del 60%. In base all’articolo 11 della legge in esame, se del caso, all’importo dovuto è applicato uno sgravio del 40% previsto per i grandi stabilimenti individuali che possono essere raggiunti, oltre che con un veicolo privato, con l’uso di almeno tre mezzi di trasporto pubblico. A norma dell’articolo 12 della legge 16/2000, l’IGEC è un’imposta periodica il cui periodo impositivo coincide con l’anno civile.

11.      La quinta disposizione addizionale della Ley del Parlament de Catalunya 15/2000, de 29 de diciembre, de medidas fiscales y administrativas (legge 15/2000 del Parlamento della Catalogna, del 29 dicembre 2000, recante misure fiscali e amministrative), in seguito alla modifica introdotta con l’articolo 17 della Ley del Parlament de Catalunya 31/2002, de 30 de diciembre, de medidas fiscales y administrativas (legge 31/2002 del Parlamento della Catalogna, del 30 dicembre 2002, recante misure fiscali e amministrative; in prosieguo: la «legge 31/2002») contiene, all’articolo 17, la seguente previsione:

«Il gettito proveniente dall’[IGEC], che in nessun caso può essere destinato a finanziare aiuti specifici alle imprese commerciali, è distribuito in conformità dei seguenti criteri: a) una quota minima del 40% è destinata alle infrastrutture per gli impianti comunali e di urbanistica commerciale; b) una quota minima del 30% è destinata allo sviluppo di piani di azione e di dinamizzazione commerciale nelle aree interessate dall’insediamento di grandi stabilimenti commerciali; c) una quota minima del 10% è destinata allo sviluppo di piani d’azione ambientali, nelle aree interessate dall’insediamento di grandi stabilimenti commerciali».

III. Controversia principale

12.      Il 21 febbraio 2002 la ANGED – un’associazione nazionale di grandi imprese di distribuzione – impugnava l’IGEC mediante un ricorso contenzioso amministrativo fondato sulla presenza, a suo giudizio, di numerose violazioni di disposizioni costituzionali e legislative spagnole.

13.      Tuttavia, con lettera del 2 ottobre 2003 indirizzata al Regno di Spagna, il Direttore degli aiuti di Stato della direzione generale della concorrenza della Commissione (in prosieguo: la «DG COMP»), comunicava che, dopo aver esaminato, alla luce dell’articolo 87 del Trattato CE (divenuto articolo 107 TFUE), la denuncia ricevuta in ordine all’IGEC, si era giunti alla conclusione che il gettito derivante dalla riscossione di tale imposta non era destinato a un regime specifico di aiuti per le imprese commerciali, ma serviva piuttosto a finanziare infrastrutture per gli impianti comunali e di urbanistica commerciale, allo sviluppo di piani di azione e di dinamizzazione commerciale e allo sviluppo di piani d’azione ambientali. Si escludeva l’ipotesi che il gettito così ottenuto potesse favorire qualche impresa in particolare o uno specifico settore di attività (in particolare, i piccoli commercianti urbani), poiché perseguiva un obiettivo di interesse generale e apportava benefici alla società nel suo complesso.

14.      Con sentenza del 27 settembre 2012, il ricorso contenzioso amministrativo proposto dalla ANGED veniva respinto. Il 12 dicembre 2012 quest’ultima proponeva dinanzi al Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) un ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.

15.      Nel febbraio e nel maggio 2013, la ANGED presentava alla Commissione una denuncia contro il Regno di Spagna, sostenendo che le disposizioni in materia di IGEC previste in sei comunità autonome violavano il diritto dell’Unione. Con lettera del 28 novembre 2014 indirizzata al Regno di Spagna, la Commissione comunicava di stare valutando la possibilità di considerare le esenzioni concesse ai piccoli negozi al dettaglio e a determinati negozi specializzati come aiuti di Stato illegittimi. A suo avviso, le esenzioni di cui trattasi sembravano concedere un vantaggio selettivo a determinate imprese, poiché costituivano una deroga al regime ordinario di imposizione (che grava sugli stabilimenti commerciali in funzione della loro superficie).

16.      Il Tribunal Supremo (Corte suprema) decideva quindi di proporre una domanda di pronuncia pregiudiziale.

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

17.      Il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      Se gli articoli 49 e 54 TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano all’esistenza di un’imposta regionale gravante sull’utilizzo di grandi superfici commerciali individuali con una area di vendita pari o superiore a 2 500 m2, a motivo dell’impatto che possono avere sul territorio, sull’ambiente e sul tessuto del commercio urbano di tale regione, ma che per legge si applica a prescindere dall’ubicazione effettiva di tali stabilimenti commerciali all’esterno oppure all’interno dell’agglomerato urbano e, in pratica, nella maggior parte dei casi, ricade sulle imprese di altri Stati membri, considerato che tale imposta: i) non riguarda i commercianti titolari di più stabilimenti commerciali con una superficie di vendita individuale inferiore a 2 500 m2, qualunque sia la somma delle superfici di vendita di tutti i loro stabilimenti; ii) non si applica ai grandi stabilimenti commerciali collettivi; iii) non si applica agli stabilimenti commerciali individuali dedicati al giardinaggio e alla vendita di veicoli, materiali per l’edilizia, macchinari e forniture industriali e iv) si applica unicamente sul 40% della base imponibile netta relativa agli esercizi dediti essenzialmente alla vendita di mobili, prodotti sanitari, porte e finestre, nonché ai centri di bricolage.

2)      Se l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, debba essere interpretato nel senso che costituiscono aiuti di Stato vietati, ai sensi di tale disposizione, i) l’esenzione totale dall’IGEC degli stabilimenti commerciali individuali con una superficie di vendita inferiore a 2 500 m2, degli stabilimenti commerciali collettivi e degli stabilimenti commerciali individuali dedicati al giardinaggio e alla vendita di veicoli, materiali per l’edilizia, macchinari e forniture industriali e ii) l’esenzione parziale dall’IGEC degli stabilimenti commerciali individuali dediti essenzialmente alla vendita di mobili, prodotti sanitari, porte e finestre, nonché dei centri di bricolage.

3)      Nel caso in cui le suddette esenzioni totali e parziali dall’IGEC costituiscano aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, quale sarebbe la portata temporale di tale decisione, tenuto conto dell’esistenza e del contenuto della lettera che, in data 2 ottobre 2003, il Direttore degli aiuti di Stato della DG COMP ha indirizzato alla Rappresentanza del Regno di Spagna dinanzi all’Unione europea, con riferimento al caso CP 11/01, riguardante i presunti aiuti concessi dalla Comunità autonoma di Catalogna in base alla legge del Parlamento della Catalogna.

18.      Nel corso del procedimento dinanzi alla Corte la ANGED, la Catalogna e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte sulle suddette questioni partecipando altresì all’udienza del 6 luglio 2017.

V.      Analisi

A.      Sulla ricevibilità

19.      La Catalogna ritiene che le questioni siano in parte irricevibili, poiché il giudice del rinvio non avrebbe fornito le indicazioni necessarie per una valutazione giuridica e, inoltre, si tratterebbe di una situazione puramente interna. In particolare, non sarebbe dimostrato in che misura l’imposta gravi, di fatto, in maniera discriminatoria sulle imprese europee attive a livello transfrontaliero.

20.      Entrambe le eccezioni non convincono. Gli elementi essenziali ai fini della valutazione giuridica sotto il profilo del diritto dell’Unione sono stati forniti (vedi supra). La valutazione dell’effettiva incidenza negativa costituisce una questione in punto di diritto che deve essere esaminata al di fuori della ricevibilità. Posto che si discute della questione se l’applicazione di un’imposta gravante sui grandi stabilimenti commerciali incida in particolare su imprese straniere scoraggiandole così dall’esercitare il diritto alla libertà di stabilimento in Spagna, non si può neppure presumere una situazione puramente interna.

21.      Infatti, anche ammettendo che la ANGED sia principalmente un’associazione nazionale di negozi al dettaglio spagnoli, la legge 16/2000 è una disciplina che trova applicazione anche alle imprese di altri Stati membri. Posto che, evidentemente, il giudice del rinvio esamina la validità della suddetta disciplina, la sua decisione finale comporterà effetti anche nei confronti di queste ultime. In un caso siffatto, la Corte ha già dichiarato che essa risponde alle questioni che le sono sottoposte in relazione alle disposizioni del Trattato relative alle libertà fondamentali (6).

22.      Tuttavia, più problematico è il fatto che la ricorrente nel procedimento principale è un’associazione di grandi negozi di vendita al dettaglio i cui membri non potrebbero sottrarsi al pagamento dell’imposta di cui trattasi nemmeno se il mancato assoggettamento dei titolari dei piccoli stabilimenti commerciali dovesse essere considerato come un aiuto di Stato illegittimo. Tale conclusione discende dalla giurisprudenza secondo la quale il debitore di un tributo non può eccepire che l’esenzione di cui fruiscono altre imprese costituisca un aiuto di Stato per sottrarsi al pagamento di tale tributo (7).

23.      Tuttavia, posto che, di norma (e anche nel caso di specie), un’imposta deve essere impiegata nel rispetto dello scopo cui è destinata, occorre sempre esaminare (sul punto, infra, paragrafi 63 e 64) se il suo gettito sia impiegato con modalità appropriate sotto il profilo della normativa in materia di aiuti (8). Pertanto, anche il debitore dell’imposta può essere interessato alla sua verifica. La domanda di pronuncia pregiudiziale è quindi ricevibile.

B.      Sulla restrizione alle libertà fondamentali

24.      Con la prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede se la libertà di stabilimento osti a un’imposta come l’IGEC. Pertanto, occorre stabilire se 1) sussista una restrizione alla libertà di stabilimento 2) non giustificata.

25.      La questione si pone nel contesto delle modalità di funzionamento dell’IGEC. Il fatto generatore dell’imposta è collegato alla presenza di un grande stabilimento commerciale individuale, ossia di uno stabilimento che occupi una superficie di vendita pari o superiore a 2 500 m². Ogni metro quadrato di superficie di vendita eccedente la «superficie esente» di 2 499 m² indicata nell’articolo 7 della legge 16/2000 è dunque gravato da un’imposta pari a EUR 17,429. Tralasciando le superfici destinate a magazzino e parcheggio che devono ancora essere considerate pro quota, un commerciante al dettaglio individuale con una superficie di 2 500 m² sarebbe pertanto assoggettato all’imposta per 1 m².

26.      Tale superficie è poi ulteriormente modificata applicando un coefficiente che aumenta con la dimensione della superficie (sino a 10 000 m²). Ciò implica un certo effetto progressivo dell’imposta. Inoltre, per determinate tipologie di stabilimenti commerciali individuali di grandi dimensioni sono previsti sgravi o esenzioni dall’imposta. In definitiva, gli stabilimenti commerciali di dimensioni maggiori sono gravati da un onere fiscale superiore in termini sia assoluti che relativi rispetto agli stabilimenti commerciali individuali più piccoli con riferimento alla superficie, fermo restando che per tutti gli stabilimenti commerciali è riconosciuta una «superficie esente» di 2 499 m².

1.      Restrizione alla libertà di stabilimento

27.      In base all’articolo 49 in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, la libertà di stabilimento implica l’accesso alle attività non subordinate e il loro esercizio da parte dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro (9). Secondo una giurisprudenza consolidata, integrano restrizioni alla libertà di stabilimento tutti i provvedimenti che vietano, ostacolano o rendono meno attraente l’esercizio di tale libertà (10).

28.      Nel caso di tasse e imposte ciò è in re ipsa. Pertanto, a mio giudizio (11), nell’esaminare le libertà fondamentali alla luce di tali oneri occorre stabilire se la fattispecie transfrontaliera subisca un trattamento più sfavorevole rispetto alla fattispecie nazionale (12).

a)      Assenza di una restrizione discriminatoria

29.      Tuttavia, nel caso di specie non si ravvisa a priori una disparità di trattamento. Con riferimento alla superficie di vendita compresa tra 1 m² e 2 499 m², in proposito l’articolo 7, lettera a), della legge 16/2000 non comporta alcuna disparità di trattamento tra stabilimenti commerciali piccoli e grandi, nazionali o stranieri. Nessuno stabilimento con tale superficie di vendita è gravato dall’imposta. La soglia opera qui come quota di base esente, di cui beneficiano tutti i commercianti al dettaglio. Gli stabilimenti commerciali più piccoli (con una superficie di vendita inferiore a 2 500 m²) non sono assoggetti all’imposta, quelli di dimensioni maggiori sì, ma senza essere gravati dall’imposta con riferimento alla superficie di vendita che non ecceda i 2 499 m². Posto che tale «minimo esente» opera sia per gli stabilimenti commerciali piccoli che per quelli grandi, non sussiste sotto tale profilo nessuna disparità di trattamento per nessuno stabilimento commerciale. Pertanto, deve essere esclusa in proposito la sussistenza di una restrizione alla libertà di stabilimento.

30.      Soltanto ove si assuma al riguardo una posizione diversa, si pone la questione se il mancato assoggettamento ad imposta dei piccoli stabilimenti commerciali debba essere considerato una discriminazione, palese o dissimulata.

b)      In subordine: discriminazione palese o dissimulata delle imprese straniere

31.      Nella specie non si ravvisa alcuna discriminazione palese delle imprese straniere. Piuttosto, ogni titolare di un «grande stabilimento commerciale individuale» è soggetto all’imposta di cui trattasi per la superficie di vendita che eccede la soglia dei 2 499 m² (articolo 4 della legge 16/2000). Come già statuito dalla Corte (13), il fatto che gli investitori stranieri preferirebbero aprire esercizi di dimensioni maggiori al fine di realizzare le economie di scala necessarie alla penetrazione in un territorio nuovo concerne l’entrata in un nuovo mercato piuttosto che la «nazionalità» dell’operatore economico(14).

32.      Tuttavia, è vietata anche qualsiasi forma dissimulata di discriminazione che, in applicazione di altri criteri di distinzione, conduca di fatto allo stesso risultato (15) (cosiddetta discriminazione dissimulata o indiretta).

33.      Nella sentenza Hervis Sport la Corte ha dichiarato che, qualora la base imponibile dipenda dal fatturato di un’impresa, in taluni casi ciò può far sì che imprese con sede in altri Stati membri risultino di fatto svantaggiate (16). Nello specifico, si trattava di un’imposta straordinaria sulle imprese di commercio al dettaglio la cui aliquota era fortemente progressiva in ragione del fatturato. Inoltre, per le imprese che erano parte di un gruppo, quale base per l’inquadramento all’interno di uno scaglione d’imposta veniva preso in considerazione il fatturato consolidato, e non quello dell’impresa individuale. La Corte ha dichiarato che una discriminazione indiretta può sussistere se la maggior parte delle imprese che, in ragione del loro elevato fatturato, sono gravate dall’imposta fortemente progressiva sono parte di un gruppo con un collegamento in un altro Stato membro (17).

1)      Insufficienza della sola prevalenza dell’impatto

34.      Tuttavia, la fattispecie in esame non è comparabile con la suddetta causa. L’IGEC non è fortemente progressiva e non sono neppure sommati i risultati di un gruppo. Il criterio di riferimento è invece la dimensione della rispettiva superficie di vendita.

35.      In tale contesto, a mio giudizio, per poter riconoscere una discriminazione dissimulata nell’ambito delle libertà fondamentali (18), non è sufficiente fondarsi unicamente su un impatto prevalente su imprese straniere, come sostenuto dalla Commissione e dalla ANGED. Ciò impedirebbe a uno Stato membro, ad esempio, di introdurre un’imposta sulle società qualora, in ragione dello sviluppo storico, la quota di imprese straniere ivi attive superasse il 50%. Pertanto, il solo fatto, più o meno casuale, che i soggetti interessati dall’introduzione di un’imposta provengano in ampia misura o, addirittura, in misura prevalente, da altri Stati membri non può in quanto tale costituire una discriminazione dissimulata.

2)      Presupposti di una discriminazione dissimulata

36.      Occorre pertanto chiarire i precisi presupposti di una discriminazione dissimulata. A questo proposito, da un lato, si pone la questione di quanto stretto debba essere il rapporto tra il criterio di distinzione prescelto e la sede di una società per poter presumere una disparità di trattamento fondata sulla sede. Sino ad oggi, la Corte ha parlato sia di coincidenza, nella maggior parte dei casi (19), sia di mera prevalenza dell’impatto sui non residenti (20) o, addirittura, di un mero pericolo di un pregiudizio (21). Al momento sembra chiaro soltanto che non è richiesta una coincidenza al 100% tra il criterio individuato e la sede della società (22).

37.      Dall’altro lato, non è soltanto il grado di correlazione richiesto dalla giurisprudenza a essere incerto, ma anche la questione se detta correlazione debba sussistere di consueto (23) o debba derivare dalla natura stessa del criterio di distinzione, come indicano numerose sentenze (24), o se possa invece fondarsi anche su circostanze di fatto casuali (25).

38.      A mio giudizio, per riconoscere una discriminazione dissimulata nell’ambito del diritto tributario devono essere soddisfatte condizioni più stringenti. In tale ambito essa dovrebbe ricomprendere solo quei casi che, da un punto di vista meramente formale, non integrino alcuna discriminazione, pur producendone gli effetti (26). Ritengo pertanto che una disciplina dissimulatamente discriminatoria debba riguardare, per sua stessa natura (27) o in modo fortemente prevalente, in particolare imprese straniere come accaduto verosimilmente nella causa Hervis Sport (28).

39.      Tuttavia, non si può supporre che ciò accada nel caso di un criterio costituito da una determinata superficie di vendita la cui soglia comporta unicamente che, in base a una lettera della Commissione del 2004, in un anno (su quindici anni ipotizzabili) in Catalogna circa il 61,5% dei negozi al dettaglio interessati sono gestiti da imprese di altri Stati membri (o con soci provenienti da altri Stati membri).

40.      Inoltre, non è chiaro come sia stata determinata la «provenienza» di dette imprese (29). In particolare, nel diritto fiscale, la provenienza di un’impresa è determinata in linea di principio in ragione della sua sede, intesa come luogo di stabilimento, e non, ad esempio, in ragione della nazionalità dei suoi soci. Posto che la ANGED è un’associazione nazionale di grandi imprese di distribuzione in Spagna, anche i suoi membri potrebbero essere considerati come imprese spagnole. E il risultato non sarebbe diverso se si facesse riferimento ai soci di una società. A questo proposito, la documentazione prodotta dalla ANGED indica che «solo» il 52,03% del gettito totale dell’imposta proviene da imprese di altri Stati membri e che la quota di superficie di vendita complessiva «imponibile» ad esse riconducibile corrisponde «soltanto» al 46,77%. Quanto precede non indica che, nella specie, le imprese di altri Stati membri siano di fatto fondamentalmente o strutturalmente svantaggiate rispetto a quelle spagnole.

2.      In subordine: giustificazione

41.      Nel caso in cui, contrariamente alle considerazioni che precedono, dovesse tuttavia essere ravvisata una discriminazione dissimulata, occorrerebbe esaminare se essa sia giustificata. Tuttavia, tale esame riguarda unicamente il mancato assoggettamento degli stabilimenti commerciali più piccoli. Infatti, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non risulta che siano prevalentemente le imprese nazionali a beneficiare delle esenzioni e degli sgravi nel quadro dell’IGEC (articoli 5 e 8 della legge 16/2000).

42.      Una restrizione delle libertà fondamentali può essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale, a condizione che sia atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vada oltre quanto necessario al raggiungimento dello stesso (30).

a)      Motivi imperativi di interesse generale

43.      L’IGEC è finalizzata alla pianificazione territoriale e alla protezione dell’ambiente (v., supra, paragrafo 6). In tale contesto, gli stabilimenti commerciali devono contribuire ai costi degli effetti negativi esterni che essi generano in maniera sproporzionata (ad esempio i costi specifici per l’infrastruttura) dal momento che essi non se fanno carico in proprio in misura corrispondente. La giurisprudenza della Corte riconosce come causa di giustificazione gli obiettivi connessi alla gestione del territorio (31) e alla protezione dell’ambiente (32).

44.      Inoltre, è necessario basarsi sulla particolare capacità economica direttamente collegata all’utilizzo di grandi superfici di vendita e contenerla tramite l’imposta. In tal modo, si dovrebbe inoltre ridurre in una certa misura il vantaggio concorrenziale costituito dalla dimensione delle grandi superfici di vendita rispetto agli stabilimenti commerciali più piccoli. A mio giudizio, la Corte non ha ancora avuto occasione di stabilire se anche una diversa capacità economica (e quindi la differente capacità di sostenere oneri finanziari) possa essere considerata come giustificazione per la restrizione di una libertà fondamentale. Tuttavia, non voglio escludere che, come ad esempio nel caso di un’aliquota progressiva, anche una diversa capacità economica possa giustificare un diverso trattamento fiscale (33).

b)      Proporzionalità della restrizione

45.      Inoltre, la restrizione deve essere idonea a garantire il conseguimento dello scopo perseguito – nella specie, quello di compensare l’impatto territoriale e ambientale che può derivare dalla costruzione di grandi stabilimenti commerciali – e non può eccedere quanto necessario per raggiungerlo (34).

1)      Idoneità dell’imposta

46.      In base alla giurisprudenza della Corte, una normativa nazionale è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo invocato solo se essa soddisfa effettivamente l’esigenza di conseguirlo in modo coerente e sistematico (35).

47.      A questo proposito, il legislatore dell’Unione dispone di un ampio potere discrezionale in un settore che richiede da parte sua scelte di natura politica, economica e sociale e rispetto al quale esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse. Di conseguenza, solo la manifesta inidoneità di una misura adottata in tale ambito, in relazione allo scopo che le istituzioni competenti intendono perseguire, può inficiare la legittimità di tale misura (36).

48.      Inoltre, la Corte tiene conto anche della discrezionalità riconosciuta agli Stati membri in sede di emanazione di leggi generali (37). In particolare, anche il legislatore tributario è chiamato a compiere scelte di natura politica, economica e sociale nonché (38) valutazioni complesse. In materia fiscale, in mancanza di un’armonizzazione da parte del diritto dell’Unione, il legislatore nazionale dispone di una certa discrezionalità nell’introdurre un’imposta per gli stabilimenti commerciali. Di conseguenza, l’obbligo di coerenza deve intendersi rispettato a condizione che l’IGEC non sia manifestamente inidonea a conseguire l’obiettivo perseguito.

49.      L’IGEC grava in particolar modo sugli stabilimenti commerciali con superfici di grandi dimensioni. Ciò si fonda, evidentemente, sull’assunto che essi generano un volume di traffico di clienti e di fornitori superiore. È verosimile che tale più elevato volume di traffico di clienti e di fornitori possa implicare emissioni sonore ed atmosferiche maggiori e che possa avere quindi un impatto ambientale superiore. Pertanto, una legge che, attraverso un’imposta, penalizza maggiormente gli stabilimenti commerciali con emissioni sonore e atmosferiche superiori sembra adatta a incentivare preferibilmente la gestione di esercizi al dettaglio più piccoli che, considerati singolarmente, producono meno emissioni.

50.      Posto che, anche dal punto di vista urbanistico, le imprese di dimensioni più contenute sono più facilmente integrabili, ciò è in linea anche con l’idea di una ripartizione ragionevole ed equa dello spazio limitato. Sotto questo profilo, la legge è altresì idonea a contribuire alla protezione dell’ambiente e a raggiungere gli obiettivi di pianificazione territoriale in maniera coerente e sistematica (39).

51.      Irrilevante a tal fine è il fatto che l’IGEC non distingua tra l’apertura di un esercizio al dettaglio in aree urbane o in aree rurali. A prescindere dalla loro posizione, gli stabilimenti commerciali di grandi dimensioni attraggono un maggior traffico, in termini di fornitori e di clienti rispetto agli stabilimenti commerciali più piccoli. Lo stesso vale per il mancato assoggettamento all’imposta degli stabilimenti commerciali collettivi, i cui stabilimenti commerciali individuali non superano la soglia fissata. Ciò non rende l’imposta inidonea, ma tiene piuttosto conto della diversa forma di organizzazione di vari stabilimenti commerciali piccoli rispetto a uno stabilimento commerciale grande.

52.      La distinzione tra stabilimenti commerciali individuali e collettivi e la mancata distinzione tra stabilimenti in aree urbane e in aree rurali indicano soltanto che, sotto il profilo ambientale, la struttura dell’imposta potrebbe essere eventualmente migliorata per realizzare in modo ancor più mirato gli obiettivi succitati. Tuttavia, ciò non implica che l’imposta in esame sia manifestamente inidonea a conseguire tali obiettivi.

2)      Necessità dell’imposta

53.      Pertanto, occorre chiarire se l’imposta – collegata a una superficie di vendita di 2 500 m² – sia anche necessaria per raggiungere gli obiettivi di cui trattasi.

54.      In base alla giurisprudenza della Corte, nel valutare la necessità nell’ambito della proporzionalità occorre tener conto del fatto che, qualora sia possibile una scelta tra più misure idonee, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (40).

55.      In proposito, occorre anche ricordare che, se incombe allo Stato membro che fa valere un motivo imperativo di interesse generale per giustificare una restrizione ad una libertà di circolazione dimostrare che la propria normativa è opportuna e necessaria per il raggiungimento dell’obiettivo legittimo perseguito, tale onere della prova non può estendersi – già nell’ambito di un procedimento per inadempimento – fino a pretendere che lo Stato membro dimostri in positivo che nessun altro possibile provvedimento permette la realizzazione dello stesso obiettivo alle stesse condizioni (41). Questa considerazione deve valere a maggior ragione per un procedimento di rinvio pregiudiziale.

56.      Le soglie presentano, a questo proposito, la peculiarità di poter sempre essere rimesse in discussione, ad esempio perché non si è scelto di indicare 2 000 m2 o 3 000 m2 invece dei prescelti 2 500 m2. Tuttavia, tale questione si pone per tutte le soglie e, a mio giudizio, solo il legislatore democraticamente legittimato può fornire una risposta. Diversamente da quanto ritiene la Commissione, il legislatore non è tenuto in proposito a dimostrare empiricamente le modalità di determinazione di tale soglia e non rileva neppure che la Commissione la reputi convincente o addirittura «corretta», a condizione che essa non sia manifestamente errata, il che nella specie non sembra accadere.

57.      Una soglia più elevata rappresenterebbe forse una misura meno restrittiva, ma non sarebbe – dal punto di vista dello Stato membro – parimenti idonea. Non si può ignorare il fatto che i negozi al dettaglio di dimensioni maggiori pongono sfide più complesse alla pianificazione urbanistica e impongono la presa in considerazione di interessi di carattere ambientale. Né si può parimenti dimenticare che la dimensione degli stabilimenti commerciali è indice di un fatturato superiore e, quindi, anche di una forza economica maggiore (e pertanto di una capacità finanziaria più elevata). Non si può neppure ritenere manifestamente errata la considerazione che i negozi al dettaglio di dimensioni superiori beneficiano in misura maggiore delle infrastrutture di una città rispetto a quelli più piccoli. Di conseguenza, la superficie di vendita degli stabilimenti commerciali costituisce un fattore rilevante ai fini del raggiungimento degli obiettivi della legge.

58.      Infine – diversamente da quanto ritenuto dalla Commissione e dalla ANGED – la previsione di requisiti di legge in materia urbanistica per la costruzione di uno stabilimento commerciale non è parimenti idonea a trasferire sui soggetti passivi la partecipazione finanziaria agli effetti esterni generati dagli stabilimenti commerciali di grandi dimensioni o a fornire un incentivo finanziario ad aprire preferibilmente stabilimenti commerciali più piccoli.

3)      Adeguatezza dell’imposta

59.      Le restrizioni a una libertà fondamentale devono inoltre essere anche adeguate all’obiettivo perseguito (42). Ciò impone che la restrizione e le sue conseguenze non siano sproporzionate rispetto agli scopi (meritevoli di tutela) perseguiti (43). In definitiva, è richiesta una concreta ponderazione delle conseguenze tenuto conto della portata in astratto del bene giuridico tutelato (nella specie, la protezione dell’ambiente e la pianificazione territoriale) e del bene giuridico colpito (44) (nella fattispecie, ipoteticamente, l’esercizio di una libertà fondamentale).

60.      Nel caso di specie, l’imposta non è sproporzionata rispetto agli obiettivi perseguiti. Da un lato, l’onere non è così elevato da impedire lo svolgimento di un’attività economica (cosiddetto «effetto di soffocamento»). In particolare, i primi 2 499 m² non sono affatto tassati e, in base alle informazioni fornite dalle autorità catalane, l’imposta è deducibile dalla base imponibile dell’imposta spagnola sulle società. Dall’altro, sono proposti sgravi per gli stabilimenti commerciali raggiungibili con due o più mezzi di trasporto pubblico (v. articolo 11 della legge 16/2000). Inoltre, la protezione dell’ambiente e anche la pianificazione territoriale sono beni giuridici di grande importanza per la convivenza sociale, e, nel caso della protezione dell’ambiente (trattata espressamente nell’articolo 11 TFUE, nell’articolo 3, paragrafo 3, TUE e nell’articolo 37 della Carta) di enorme importanza (45). Pertanto, in definitiva, anche una restrizione (dissimulata) della libertà di stabilimento sarebbe giustificata.

C.      Sulla presenza di un aiuto di Stato

61.      Con riferimento alla seconda questione occorre verificare se nelle disposizioni della legge 16/2000 sia ravvisabile un aiuto di Stato illegittimo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

1.      Deduzione della sussistenza di un aiuto di Stato al fine di sottrarsi a un debito d’imposta

62.      Occorre preliminarmente osservare che la Corte ha già dichiarato in più occasioni che i debitori di un tributo non possono eccepire che l’esenzione di cui fruiscono altre imprese costituisce un aiuto di Stato per sottrarsi al pagamento dello stesso (46).

63.      Tuttavia, la situazione sarebbe diversa se l’imposta e l’esenzione prevista costituissero parte integrante di una misura di aiuto. A tal fine deve necessariamente sussistere un vincolo di destinazione tra l’imposta e l’aiuto in forza della normativa nazionale pertinente, nel senso che il gettito del tributo viene necessariamente destinato al finanziamento dell’aiuto medesimo e incide direttamente sulla sua entità e, conseguentemente, sulla valutazione della compatibilità dell’aiuto medesimo con il mercato interno (47).

64.      A questo proposito si può affermare – come comunicato anche dalla Commissione nella sua lettera del 2 ottobre 2003 – che il gettito dell’imposta di cui trattasi non è destinato a un regime specifico di aiuti per le imprese commerciali, bensì al finanziamento di infrastrutture per impianti comunali e di urbanistica commerciale, allo sviluppo di piani d’azione e di dinamizzazione commerciale nonché allo sviluppo di piani d’azione ambientali. Pertanto, in linea con la posizione sostenuta all’epoca dalla Commissione, è escluso che le entrate ottenute possano favorire qualche impresa in particolare o uno specifico settore di attività poiché perseguono un obiettivo di interesse generale e recano benefici alla società nel suo complesso.

65.      Si può dunque concludere che le imprese tenute a versare l’imposta di cui trattasi non possono, dinanzi ai giudici nazionali, dedurre l’illegittimità dell’«esenzione fiscale» concessa per sottrarsi al suo versamento o per chiederne il rimborso. Tuttavia, se tali imprese non possono invocare la suddetta esenzione, diviene superflua ogni ulteriore considerazione sull’eventuale sussistenza di un aiuto di Stato. Il controllo dell’ammissibilità dell’aiuto sotto forma di mancato assoggettamento a imposta dei negozi al dettaglio più piccoli sarebbe pertanto riservato alla Commissione nell’ambito di un procedimento ordinario in materia di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 108 TFUE.

66.      Tuttavia, posto che il giudice del rinvio esamina non gli avvisi di accertamento dell’imposta ma la legge alla loro base con modalità che potrebbero assumere rilievo anche per soggetti diversi dalla ANGED, talune ulteriori considerazioni sull’articolo 107 TFUE potrebbero essere utili quantomeno per tale giudice.

2.      Presupposti di fatto dell’aiuto di Stato

67.      Ciò premesso, occorre esaminare se 1) nel mancato assoggettamento dei titolari di negozi al dettaglio di dimensioni inferiori, o 2) nell’esenzione accordata a taluni negozi al dettaglio più grandi oppure 3) nello sgravio fiscale per determinati negozi al dettaglio di dimensioni maggiori debba essere ravvisato un aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

68.      In base alla giurisprudenza consolidata della Corte, la qualificazione come «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, esige, in primo luogo, che si tratti di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve essere idoneo a incidere sugli scambi tra gli Stati membri. In terzo luogo, esso deve concedere un vantaggio selettivo al suo beneficiario. In quarto luogo, esso deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (48).

a)      Sulla nozione di vantaggio

69.      Per quanto riguarda la questione se la normativa in esame nel procedimento principale debba essere interpretata nel senso che conferisce un vantaggio al rispettivo beneficiario, occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, sono considerati aiuti di Stato gli interventi che, sotto qualsiasi forma, sono atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese, o che devono essere considerati come un vantaggio economico che l’impresa beneficiaria non avrebbe ottenuto in condizioni di mercato normali (49).

70.      Anche un vantaggio fiscale che, pur non essendo collegato al trasferimento di risorse statali, ponga i soggetti beneficiari in una posizione più favorevole dal punto di vista finanziario rispetto agli altri soggetti passivi, può rientrare nell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE (50).

71.      Così, sono considerati aiuti di Stato, in particolare, gli interventi che, sotto varie forme, alleviano gli oneri che normalmente gravano sul bilancio di un’impresa e che, di conseguenza, senza essere sovvenzioni nel senso stretto del termine, hanno rispetto a queste uguale natura e producono identici effetti (51).

72.      Con riferimento al mancato assoggettamento a imposta degli stabilimenti commerciali di dimensioni inferiori, occorre osservare che, a norma dell’articolo 4 della legge 16/2000, l’imposta si applica unicamente agli stabilimenti commerciali con una superficie di vendita uguale o superiore a 2 500 m², in quanto fondamentalmente a partire da detta dimensione si presume una certa capacità economica (fortemente tipizzante) (v. articolo 2 della legge citata). In condizioni di mercato normali e anche in base alla volontà del legislatore regionale spagnolo, gli stabilimenti commerciali di dimensioni inferiori (al di sotto della soglia dei 2 500 m2 indicata nell’articolo 4, paragrafo 3, della legge 16/2000) non sono assoggettati all’imposta. Di conseguenza, essi non beneficiano neppure di sgravi dagli oneri fiscali che gli stabilimenti commerciali di piccole dimensioni dovrebbero normalmente sopportare. Né gli stabilimenti commerciali di dimensioni maggiori sono tenuti a sopportare oneri con riferimento ai primi 2 499 m² della loro superficie di vendita. A questo riguardo, ancora una volta, mancano un trattamento sfavorevole (si vedano in proposito, sul punto, i paragrafi 29 e 30) e un vantaggio economico che gli stabilimenti commerciali di dimensioni inferiori non avrebbero ottenuto in condizioni di mercato normali.

73.      Pertanto, il mancato assoggettamento all’imposta dei piccoli stabilimenti commerciali non può integrare un aiuto di Stato. Tutt’al più potrebbe costituire un vantaggio siffatto l’aliquota d’imposta ridotta o l’esenzione dall’imposta di cui trattasi accordata a determinati stabilimenti commerciali di dimensioni maggiori (in particolare, in base all’articolo 5 della legge 16/2000, i negozi di materiali per l’edilizia e, a norma dell’articolo 8 della medesima legge, i centri di bricolage). Tuttavia, tale vantaggio dovrebbe essere anche selettivo.

b)      Selettività del vantaggio

74.      A questo proposito, occorre verificare se 1) l’esenzione fiscale accordata a determinati negozi al dettaglio di dimensioni maggiori o 2) l’imposta ridotta per taluni dei suddetti negozi «favor[isca] talune imprese o talune produzioni» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, vale a dire, se sussista un «vantaggio selettivo» in linea con la giurisprudenza della Corte.

75.      In subordine, ove la Corte dovesse constatare che anche il mancato assoggettamento all’imposta degli stabilimenti commerciali più piccoli costituisce un vantaggio che questi non avrebbero ottenuto in condizioni di mercato normali, occorre anche verificare se 3) il mancato assoggettamento all’imposta dei titolari dei negozi al dettaglio più piccoli possa costituire un siffatto «vantaggio selettivo».

1)      Selettività nel diritto tributario

76.      L’esame della suddetta selettività nell’ambito della normativa degli Stati membri in materia fiscale causa notevoli difficoltà (52).

77.      La giurisprudenza della Corte ribadisce costantemente il principio che un regime fiscale non è selettivo quando avvantaggia indistintamente l’insieme degli operatori economici (53). Tuttavia, sempre in base alla giurisprudenza, il solo fatto che un regime fiscale avvantaggi soltanto quelle imprese che ne soddisfano i requisiti non può, di per sé, conferire ad esso carattere selettivo (54).

78.      Per questo motivo, la Corte ha stabilito condizioni specifiche ai fini dell’accertamento del carattere selettivo dei vantaggi fiscali. Al riguardo, in definitiva, è determinante stabilire se le condizioni per il conseguimento del vantaggio fiscale previste dal regime tributario nazionale siano state scelte in modo non discriminatorio (55). A tal fine è necessaria, in un primo momento, l’identificazione del regime tributario comune o «normale» applicabile nello Stato membro interessato. Successivamente, a fronte di tale regime tributario comune o «normale», si deve valutare l’eventuale selettività del vantaggio concesso dalla misura fiscale considerata.

79.      Tale selettività può sussistere quando la misura di cui trattasi deroga al regime comune, in quanto introduce differenziazioni tra operatori economici che si trovano però, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito dal sistema tributario di tale Stato membro, in una situazione di fatto e di diritto comparabile (56). Tuttavia, anche quando tali condizioni sono soddisfatte, il vantaggio potrebbe essere giustificato dalla natura o dagli obiettivi generali del sistema nel quale si inserisce, in particolare quando una disposizione fiscale si fonda direttamente sui principi informatori o basilari del sistema fiscale nazionale (57).

80.      Tale verifica specifica risulta necessaria ai fini dell’accertamento della selettività delle disposizioni tributarie, dal momento che i vantaggi fiscali – diversamente da quanto accade per le sovvenzioni in senso stretto sotto forma di prestazioni in denaro – sono frutto di un regime tributario cui le imprese sono, in termini generali, sempre e necessariamente assoggettate. I regimi fiscali comportano in proposito, con modalità diverse, distinzioni che spesso sono finalizzate unicamente ad attuare il preciso obiettivo dell’imposta. In base alla giurisprudenza, tali distinzioni «vantaggiose» e che non costituiscono sovvenzioni in senso stretto possono però essere qualificate come aiuti di Stato solo se ne hanno la stessa natura e producono effetti identici (58).

81.      Pertanto, solo quando uno Stato membro utilizza il proprio sistema fiscale vigente come mezzo per erogare prestazioni in denaro che si pongono al di fuori di esso sussiste anche un motivo sufficiente per equiparare tali vantaggi fiscali alle sovvenzioni in senso stretto (59).

82.      A questo riguardo, la Corte compie un esame di coerenza nel quale l’incoerenza è in definitiva un indice di abuso. La differenza risiede nel fatto che in questo caso non si chiede se il soggetto passivo scelga costruzioni abusive per sottrarsi all’imposta, bensì se lo Stato membro – considerato in maniera oggettiva – «abusi» del suo diritto tributario per accordare sovvenzioni a singole imprese eludendo la normativa in materia di aiuti di Stato.

83.      Da quanto precede emerge che, per accertare il carattere selettivo di un vantaggio fiscale ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, è richiesta anzitutto una disparità di trattamento non giustificabile nell’ambito del regime fiscale di uno Stato membro. A tal proposito, determinante è se la suddetta differenziazione risulti dalla natura o dalla struttura del sistema in cui si inserisce (60).

84.      Inoltre, in base alla formulazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la disparità di trattamento ingiustificata di cui trattasi deve favorire talune imprese o talune produzioni. Pertanto, in particolare nella sentenza Gibilterra, la Corte ha dichiarato che una normativa fiscale deve caratterizzare le imprese beneficiarie in virtù delle proprietà loro peculiari quale categoria privilegiata (61).

85.      È vero che, a prima vista, nella sentenza World Duty Free Group (62), tale constatazione è stata in una certa misura relativizzata (63). In tale causa, una normativa fiscale che accordava vantaggi fiscali (un periodo di ammortamento ridotto) a tutti i soggetti passivi che acquistavano imprese estere con un avviamento finanziario è stata classificata come selettiva in quanto altri soggetti passivi che acquistavano imprese nazionali potevano portare in ammortamento l’avviamento finanziario soltanto nell’arco di un periodo più lungo. Posto che i soggetti passivi non costituiscono di per sé «talune imprese o talune produzioni», la condizione di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non era soddisfatta (64). Tuttavia la sentenza di cui trattasi riguardava un particolare caso di «promozione delle esportazioni» delle imprese nazionali per investimenti all’estero a danno delle imprese straniere contrario al principio giuridico sancito dall’articolo 111 TFUE. Pertanto, specifiche sovvenzioni all’esportazione possono soddisfare il requisito della selettività anche se si applicano a tutti i soggetti passivi.

2)      Sul carattere selettivo delle singole disparità di trattamento

86.      Il giudice del rinvio ritiene che la disciplina in esame possa implicare un vantaggio selettivo sotto vari profili, vale a dire, in ragione del diverso trattamento accordato agli stabilimenti commerciali individuali a seconda della loro dimensione, per via dello sgravio fiscale o dell’esenzione da imposta accordati a determinati stabilimenti commerciali individuali e in ragione del mancato assoggettamento all’imposta degli stabilimenti commerciali collettivi.

87.      Così facendo, in definitiva, il giudice del rinvio ha scelto come riferimento vari regimi fiscali «normali». Infatti, ove presuma la selettività del mancato assoggettamento all’imposta degli stabilimenti commerciali individuali più piccoli, esso muove da un sistema di riferimento in base al quale dovrebbero essere ricompresi tutti gli stabilimenti commerciali individuali. Tuttavia, quando si prende in considerazione il mancato assoggettamento all’imposta degli stabilimenti commerciali collettivi, il sistema di riferimento è l’imposizione di tutti gli stabilimenti commerciali a prescindere dalla tipologia. Per quanto riguarda gli stabilimenti commerciali individuali di dimensioni maggiori che sono esenti o che godono di uno sgravio fiscale, il sistema di riferimento comprenderebbe tutti gli stabilimenti di questo tipo.

88.      Pertanto, a seconda della disparità di trattamento presa in considerazione, sarà coinvolto l’uno o l’altro sistema di riferimento. Ne risulta chiaramente che – come già constatato dalla Corte nella sentenza Gibilterra (65) – l’identificazione di una tassazione «normale» non può essere determinante. L’elemento determinante, come nuovamente sottolineato dalla Corte nella sentenza World Duty Free (66), è unicamente l’esame della rispettiva disparità di trattamento tenuto conto dell’obiettivo perseguito dalla legge.

89.      Pertanto, conformemente alla giurisprudenza della Corte, occorre chiarire se le disposizioni contenute nella legge 16/2000 comportino disparità di trattamento che non trovano il loro fondamento nella specifica normativa fiscale, ma perseguono obiettivi ad essa esterni e quindi non pertinenti (67).

i)      Esame dell’obiettivo della legge

90.      Ciò impone anzitutto un esame più attento dell’obiettivo della legge. Come indicato al paragrafo 43 supra, la legge ha come scopo la protezione dell’ambiente, la pianificazione territoriale e la partecipazione ai costi da parte delle imprese che, nell’ambito di un esame tipizzante, si presume dispongano di una particolare capacità economica in ragione dell’utilizzo di grandi superfici di vendita. A ciò si aggiunge una certa «funzione ridistributiva» se gli operatori economicamente più forti sono chiamati a sopportare oneri fiscali maggiori rispetto a quelli economicamente più deboli.

ii)    Sgravio fiscale per gli stabilimenti commerciali che occupano grandi superfici

91.      Con riferimento allo sgravio fiscale indicato nell’articolo 8 della legge 16/2000 (riduzione del 60% della base imponibile netta) occorre considerare che, di norma, in ragione della loro gamma di prodotti, i rivenditori di mobili, finestre e porte e i centri di bricolage necessitano di superfici di vendita e di deposito più grandi. A questo riguardo, rispetto agli stabilimenti commerciali di grandi dimensioni con una gamma di prodotti più piccoli, la presunzione tipizzante di una capacità economica maggiore in presenza di superfici di vendita più grandi non è del tutto pertinente.

92.      A ciò si aggiunge il fatto che tali stabilimenti commerciali necessitano in particolare di superfici più grandi, e sopportano quindi un onere di imposta oltremodo gravoso. Posto che, in particolare in materia tributaria, è necessario tener conto del principio di proporzionalità, la presa in considerazione del suddetto particolare onere da parte del legislatore nazionale è del tutto comprensibile (68) e non è manifestamente estranea all’obiettivo di colpire una particolare capacità economica.

93.      Diversamente da quanto ritiene la ANGED, anche con riferimento all’obiettivo della protezione dell’ambiente, occorre considerare che i suddetti soggetti passivi, in ragione della loro gamma di prodotti, non attraggono lo stesso elevato volume di clienti per metro quadrato di altri stabilimenti commerciali. Di norma, un cliente si reca in un negozio di finestre e di porte con minore frequenza rispetto a un discount di alimentari con la stessa superficie. In tale contesto, la suddetta frequentazione meno elevata da parte dei clienti implica senz’altro anche un minore traffico di fornitori. Non occorre stabilire se sia veramente così. Posto che, a tal riguardo, il legislatore nazionale è chiamato a compiere una previsione, la sua decisione può essere esaminata unicamente sotto il profilo della sua manifesta erroneità (sul criterio di esame, v. paragrafo 48 supra). Orbene, nella specie non si ravvisa un siffatto errore manifesto.

94.      Sotto il profilo dell’obiettivo della pianificazione territoriale non si comprende, prima facie, perché i centri di bricolage dovrebbero beneficiare di uno sgravio fiscale. Tuttavia, si tratta di un aspetto irrilevante, poiché è sufficiente che la disparità di trattamento possa essere giustificata alla luce di uno degli obiettivi della legge. Nella specie, tale condizione risulta soddisfatta con riferimento a una quantificazione dell’onere in ragione della capacità economica e della presa in considerazione dell’impatto ambientale negativo.

iii) Esenzione dall’imposta di determinati stabilimenti commerciali che occupano superfici particolarmente grandi

95.      Per quanto attiene all’esenzione fiscale prevista nell’articolo 5 della legge 16/2000 per gli stabilimenti commerciali dedicati al giardinaggio e alla vendita di veicoli, materiali per l’edilizia, macchinari e forniture industriali valgono considerazioni analoghe. In ragione della gamma di prodotti messi in vendita, le imprese di cui trattasi necessitano di una superficie particolarmente grande.

96.      In questo caso, la presunzione di una particolare capacità economica in presenza di una superficie di dimensioni maggiori appare ancor più discutibile. In tal senso, l’imposta grava su di essi in maniera ancora maggiore rispetto agli altri soggetti passivi. Anche in questo caso, quindi, tenere conto di detto onere particolare è comprensibile e pertinente. Lo stesso vale con riferimento all’affluenza di clienti e di fornitori rispetto ai grandi stabilimenti commerciali «normali» cui si accede con frequenza, quali i discount di alimentari. Di norma, gli stabilimenti commerciali indicati nell’articolo 5 della legge 16/2000 vendono ad altre imprese che acquistano quantitativi maggiori ma accedono più raramente alle superfici di vendita.

iv)    In subordine: mancato assoggettamento all’imposta degli esercizi al dettaglio di dimensioni inferiori

97.      Il giudice del rinvio critica anche il mancato assoggettamento in toto degli stabilimenti commerciali individuali con una superficie di vendita inferiore a 2 500 m2. Conformemente alla giurisprudenza, un vantaggio selettivo può venire in considerazione solo quando la misura in esame deroga al regime ordinario poiché introduce differenziazioni tra operatori economici che si trovano però, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito dalla normativa fiscale dello Stato membro di cui trattasi, in una situazione fattuale e giuridica comparabile (69).

98.      Nella specie non esiste una disparità di trattamento tra stabilimenti commerciali più piccoli o più grandi, per il fatto che nemmeno i grandi stabilimenti commerciali sono gravati dall’imposta per i primi 2 499 m² della loro superficie di vendita (v. sul punto paragrafo 72 supra). Tutti gli stabilimenti commerciali beneficiano pertanto di tale «vantaggio» consistente nel fatto di non essere assoggettati all’imposta. I piccoli stabilimenti commerciali, quand’anche fossero fatti rientrare nell’ambito di applicazione dell’imposta, non sarebbero da essa gravati, come accade per i grandi stabilimenti commerciali, con riferimento alla loro superficie di vendita compresa tra 1 m² e 2 499 m². Inoltre, gli stabilimenti commerciali grandi e piccoli non si trovano in una situazione comparabile (v. al riguardo paragrafi 100 e seguenti). Tuttavia, quand’anche si presumesse una disparità di trattamento, tale differenza sarebbe giustificata (v. paragrafi 103 e seguenti).

–       Sull’eventuale sussistenza di una situazione fattuale e giuridica comparabile

99.      In particolare nella sentenza World Duty Free Group, la Corte ha sottolineato che i beneficiari devono trovarsi in una situazione fattuale e giuridica comparabile, tenuto conto dell’obiettivo perseguito dal regime di cui trattasi e essere quindi oggetto di un trattamento differenziato idoneo, in sostanza, ad essere qualificato come discriminatorio (70).

100. Di conseguenza, il mancato assoggettamento di fatto dei titolari dei negozi al dettaglio di dimensioni inferiori (individualmente o come parte di uno stabilimento commerciale collettivo) non costituisce di per sé alcun vantaggio selettivo ai sensi della nozione di aiuti di cui all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Infatti, tale distinzione è insita nell’obiettivo della legge che consiste nel ridurre l’impatto negativo sull’ambiente e sulla pianificazione territoriale degli stabilimenti commerciali più grandi, incentivando la gestione di stabilimenti commerciali di dimensioni inferiori non gravati dall’imposta.

101. Gli stabilimenti commerciali più grandi e più piccoli si differenziano proprio in ragione della loro superficie di vendita e della capacità economica che ne deriva nonché in ragione dell’affluenza di clienti e fornitori per metro quadrato. In base alla valutazione dello Stato membro, che nella specie non è manifestamente errata, essi non si trovano in una situazione giuridica e fattuale comparabile.

102. A mio giudizio, lo stesso vale per il mancato assoggettamento all’imposta a oggi previsto per i cosiddetti stabilimenti commerciali collettivi. Posto che né la capacità economica individuale del singolo titolare di uno stabilimento commerciale, né il suo impatto negativo sull’ambiente aumentano per il solo fatto di essere parte di uno stabilimento commerciale collettivo, è conforme all’obiettivo della legge, contrariamente a quanto ritenuto dalla Commissione, il fatto di avere considerato come criterio soltanto i titolari individuali di uno stabilimento commerciale. Considerato che i gestori o i locatari di superfici commerciali poste in un grande centro commerciale non sono, per parte loro, stabilimenti commerciali, il fatto che fino ad ora non siano stati assoggettati all’imposta non è in contrasto con la logica della legge.

–       In subordine: giustificazione della differenziazione

103. Ove la Corte dovesse invece ravvisare una comparabilità fattuale e giuridica degli stabilimenti commerciali piccoli e di quelli più grandi, occorre esaminare se la differenziazione di cui trattasi possa essere giustificata.

104. A mio giudizio, per quanto attiene alla dimensione della superficie di vendita, è possibile rispondere in senso affermativo. Tale dimensione costituisce (quantomeno in maniera non manifestamente errata) un indice di un determinato volume di prodotti e di clienti e, quindi, di un certo traffico di clienti e fornitori e delle conseguenti emissioni atmosferiche e di altri effetti che provocano un particolare impatto su un comune. Inoltre, la dimensione di uno stabilimento commerciale può senz’altro essere considerata come un indicatore (di massima) di un fatturato maggiore e, di conseguenza, di una maggiore forza economica e quindi di una capacità contributiva superiore.

105. La scelta di ridurre mediante una soglia il numero degli stabilimenti commerciali soggetti all’imposta e che, pertanto, devono essere controllati non è criticabile neppure sotto il profilo procedurale-amministrativo. Tale riduzione mira anche a semplificare le pratiche amministrative. Anche nel diritto dell’Unione in materia di IVA, le cosiddette piccole imprese (vale a dire le imprese il cui fatturato non supera un determinato «importo esente») non sono assoggettate all’imposta senza che, ad oggi, sia stata ivi ravvisata una qualche violazione della normativa in materia di aiuti di Stato. Inoltre, alla luce degli obiettivi perseguiti dalla legge, il criterio della superficie di vendita individuale in luogo del fatturato o dell’utile individuale è del tutto comprensibile, posto che la suddetta superficie è agevole da determinare (amministrazione semplice ed efficace) e più difficile da eludere rispetto, ad esempio, all’utile.

106. Se anche gli «stabilimenti commerciali collettivi» possano essere assoggettati all’imposta o se ciò sia addirittura auspicabile ai fini degli obiettivi perseguiti dalla legge (o, come ritiene in definitiva la Commissione, «più logico») costituisce una decisione rimessa al legislatore nazionale e su cui la Corte non può pronunciarsi. In ogni caso, dal punto di vista del diritto dell’Unione, il mancato assoggettamento degli «stabilimenti commerciali collettivi» (accanto agli stabilimenti commerciali individuali o in luogo di questi) non è manifestamente errato (in particolare, non è «abusivo», v. al riguardo il paragrafo 82 supra).

c)      Conclusione

107. In conclusione, il mancato assoggettamento all’imposta degli stabilimenti commerciali più piccoli (nonché degli stabilimenti commerciali collettivi) non costituisce un vantaggio selettivo a favore di dette imprese. Al riguardo, manca un vantaggio o una disparità di trattamento ingiustificata. Il loro mancato assoggettamento rientra oggettivamente tra gli obiettivi perseguiti dalla legge 16/2000.

108. Sotto il profilo degli obiettivi perseguiti dalla legge, lo sgravio fiscale riconosciuto a determinate imprese di grandi dimensioni è anch’esso oggettivamente spiegabile. Lo stesso vale per l’esenzione dall’imposta, dal momento che, nel quadro di una valutazione tipizzante, tenuto conto del margine di valutazione riconosciuto al legislatore, le imprese esenti e quelle beneficiarie dello sgravio fiscale sono diverse sotto il profilo dell’impatto ambientale e della capacità economica per superficie.

3.      Terza questione pregiudiziale: effetti dei diversi atti della Commissione sulla portata temporale della valutazione dell’esistenza di un aiuto di Stato

109. Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede chiarimenti in merito alla portata temporale dell’accertamento di un aiuto di Stato esistente. Evidentemente, il giudice desidera sapere se l’accertamento della sussistenza di un aiuto operi ex nunc oppure ex tunc. Tuttavia, alla luce delle risposte che precedono, appare superfluo rispondere alla terza questione.

110. Anche presumendo che il mancato assoggettamento all’imposta degli stabilimenti commerciali più piccoli costituisca un aiuto di Stato illegittimo, nella specie il recupero dell’aiuto di cui trattasi è comunque escluso. Dalla giurisprudenza emerge che il recupero di un aiuto fiscale implica l’assoggettamento delle operazioni effettivamente realizzate dai beneficiari dell’aiuto di cui trattasi al trattamento fiscale che, in assenza dell’aiuto illegittimo, sarebbe stato loro applicabile (71). Anche laddove gli esercizi al dettaglio di piccole dimensioni fossero ricompresi nell’ambito di applicazione dell’IGEC, i loro primi 2 499 m² non sarebbero assoggettati a imposta con la conseguenza che, già per tale ragione, un’applicazione retroattiva dell’imposta nei loro confronti non sarebbe ipotizzabile.

111. La terza questione sollevata dal giudice del rinvio si pone in particolare solo con riferimento all’esenzione da imposta e allo sgravio fiscale a norma degli articoli 5 e 8 della legge 16/2000. Nella specie occorrerebbe verificare se, in ragione della lettera della DG COMP del 2 ottobre 2003, si sia oggi in presenza di un aiuto esistente revocabile unicamente ex nunc.

a)      Sulla presenza di un aiuto esistente

112. Con riferimento agli aiuti esistenti, gli articoli 17 e seguenti del regolamento n. 659/1999 (ora articoli 21 e seguenti del regolamento 2015/1589) prevedono un meccanismo particolare che esclude un recupero retroattivo. Di conseguenza, è possibile unicamente un’abolizione ex nunc del regime di aiuti (articolo 18 del regolamento n. 659/1999, ora articolo 22 del regolamento 2015/1589).

113. L’articolo 1, lettera b), del regolamento n. 659/1999 [identico nel contenuto all’articolo 1, lettera b), del regolamento 2015/1589] stabilisce in cosa consista un aiuto esistente. Tra i suddetti aiuti rientrano gli aiuti autorizzati [ii)] o gli aiuti considerati esistenti ai sensi dell’articolo 15 [iv)]. Tuttavia, come giustamente sostenuto dalla ANGED e dalla Commissione, l’articolo 1, lettera b), v), del regolamento n. 659/1999, citato dal giudice del rinvio, non è pertinente in quanto non è stato provato che, al momento della sua introduzione, l’IGEC non costituiva un aiuto ma lo è diventata solo successivamente a causa dell’evoluzione del mercato comune.

114. Nel caso di specie non sussiste neppure un aiuto autorizzato ai sensi dell’articolo 1, lettera b), ii), del regolamento n. 659/1999, in quanto la lettera della DG COMP del 2 ottobre 2003 non costituisce un’autorizzazione di un aiuto ma si limita a informare del fatto che la Commissione, sulla base di un esame a seguito di denuncia, è giunta alla conclusione che il gettito dell’IGEC non era destinato ad aiuti specifici.

115. In linea con la Commissione, non si può ritenere che si tratti di un’autorizzazione di un aiuto. Dall’articolo 3 del regolamento n. 659/1999 (identico nel contenuto all’articolo 3 del regolamento 2015/1589) si evince che agli aiuti soggetti a notifica non può essere data esecuzione prima che la Commissione abbia adottato una decisione di autorizzazione. Dall’articolo 4 del regolamento n. 659/1999 (e, parimenti, dall’articolo 4 del regolamento 2015/1589) emerge chiaramente che la Commissione emette una decisione sulla base di una notifica dell’aiuto da parte dello Stato membro. Nella specie non sussiste una siffatta notifica. Pertanto, la Commissione non ha avuto modo di rilasciare un’autorizzazione e il Regno di Spagna non aveva ragione di ritenere che essa fosse stata rilasciata, come emerge chiaramente dalla formulazione della lettera.

116. Di conseguenza, occorre esaminare soltanto l’articolo 1, lettera b), iv), del regolamento n. 659/1999. A norma dell’articolo 15, paragrafo 3, del regolamento n. 659/1999 (divenuto articolo 17, paragrafo 3, del regolamento 2015/1589), sussiste un aiuto esistente una volta scaduto il periodo limite di dieci anni di cui all’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 659/1999 (ora articolo 17, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589). In conformità del paragrafo 2, il periodo limite inizia a decorrere il giorno in cui l’aiuto illegale viene concesso. Se l’aiuto consiste nell’esenzione da imposta, allora esso è considerato concesso nel momento in cui è dovuta l’imposta eccessivamente ridotta.

117. L’imposta è dovuta ogni anno con il decorso del periodo d’imposta (in base all’articolo 12 della legge 16/2000 si tratta dell’anno civile) e, quindi, per il 2001, con il decorso del 2001, vale a dire nel 2002. In linea di principio, il termine è pari a dieci anni, fermo restando che ogni misura adottata dalla Commissione lo interrompe. Presumendo che l’esame compiuto sulla base della denuncia nel 2002 sia sufficiente a comportare un’interruzione, allora il termine inizia a decorre anche per gli anni 2001 e 2002 solo nel 2003. Pertanto, con riferimento alla suddetta «imposta ridotta», per gli anni succitati il termine è scaduto nel 2013, mentre per l’anno 2003 il termine ha iniziato a decorre con l’inizio del 2004 ed è scaduto a fine 2013. Per l’anno 2004 il termine sarebbe dovuto scadere a fine 2014. Tuttavia, a causa della lettera della Commissione nel 2014 ha iniziato a decorrere un nuovo termine. Pertanto, solo gli aiuti corrispondenti agli anni dal 2001 al 2003 costituiscono aiuti esistenti, mentre dal 2004 non sussistono più aiuti siffatti.

118. In linea di principio, a norma del considerando 13 e dell’articolo 14 del regolamento n. 659/1999 (ora articolo 16 del regolamento 2015/1589) e in base alla giurisprudenza della Corte (72), i suddetti aiuti devono necessariamente essere recuperati dal relativo beneficiario, vale a dire dai grandi stabilimenti commerciali esenti o che beneficiano di uno sgravio fiscale o dai piccoli stabilimenti commerciali ad oggi non assoggettati all’imposta.

b)      Conclusione

119. Ove la Corte dovesse ritenere che lo sgravio fiscale e l’esenzione da imposta o il mancato assoggettamento dei piccoli stabilimenti commerciali costituiscano aiuti di Stato illegittimi, solo gli aiuti corrispondenti agli anni dal 2001 al 2003 costituirebbero aiuti esistenti a norma degli articoli 17 e seguenti del regolamento n. 659/1999.

VI.    Conclusione

120. Propongo pertanto alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna):

1.      Gli articoli 49 e 54 TFUE non ostano a un’imposta come quella in esame gravante sui commercianti al dettaglio in ragione della loro superficie di vendita.

2.      L’articolo 107, paragrafo 1, TFUE non può essere interpretato nel senso che il mancato assoggettamento ad imposta degli stabilimenti commerciali con una superficie di vendita inferiore a 2 500 m², il mancato assoggettamento all’imposta degli stabilimenti commerciali collettivi e lo sgravio fiscale per i centri di bricolage e per gli stabilimenti commerciali dediti essenzialmente alla vendita di mobili, prodotti sanitari o porte e finestre costituiscono aiuti di Stato. Lo stesso vale per l’esenzione da imposta prevista a favore degli stabilimenti commerciali dedicati al giardinaggio e alla vendita di veicoli, materiali per l’edilizia, macchinari e forniture industriali.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Si tratta delle cause riunite C‑234/16 e C‑235/16 nonché C‑236/16 e C‑237/16.


3      Sentenza del 27 ottobre 2005, Distribution Casino France e a. (da C‑266/04 a C‑270/04, C‑276/04 e da C‑321/04 a C‑325/04, EU:C:2005:657, punto 34).


4      Regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE (GU 1999, L 83, pag. 1).


5      Regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (GU 2015, L 248, pag. 9).


6      Sentenze dell’8 maggio 2013, Libert e a. (C‑197/11 e C‑203/11, EU:C:2013:288, punto 35), e sentenza del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten (C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 51).


7      Sentenze del 20 settembre 2001, Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456, punto 80 e giurisprudenza ivi citata); del 27 ottobre 2005, Distribution Casino France e a. (da C‑266/04 a C‑270/04, C‑276/04 e da C‑321/04 a C‑325/04, EU:C:2005:657, punti 42 e segg.); del 15 giugno 2006, Air Liquide Industries Belgium (C‑393/04 e C‑41/05, EU:C:2006:403, punti 43 e segg.), e del 6 ottobre 2015, Finanzamt Linz (C‑66/14, EU:C:2015:661, punto 21).


8      Sulla rilevanza della suddetta questione v, tra le tante, sentenza del 27 ottobre 2005, Distribution Casino France e a. (da C‑266/04 a C‑270/04, C‑276/04 e da C‑321/04 a C‑325/04, EU:C:2005:657, punti 37 e 45 e segg.).


9      Sentenze dell’11 marzo 2004, de Lasteyrie du Saillant (C‑9/02, EU:C:2004:138, punto 40 e giurisprudenza ivi citata); del 13 dicembre 2005, SEVIC Systems (C‑411/03, EU:C:2005:762, punto 18), e del 21 gennaio 2010, SGI (C‑311/08, EU:C:2010:26, punto 38).


10      Sentenze del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 36); del 21 maggio 2015, Verder LabTec (C‑657/13, EU:C:2015:331, punto 34), e del 16 aprile 2015, Commissione/Germania (C‑591/13, EU:C:2015:230, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).


11      V. le mie conclusioni nelle cause C (C‑122/15, EU:C:2016:65, paragrafo 66); X (C‑498/10, EU:C:2011:870, paragrafi 28 e seg.); Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2013:531, paragrafi 83 e 84), e X (C‑686/13, EU:C:2015:31, paragrafo 40).


12      V. anche sentenza del 6 dicembre 2007, Columbus Container Services (C‑298/05, EU:C:2007:754, punti 51 e 53); ordinanza del 4 giugno 2009, KBC‑bank (C‑439/07 e C‑499/07, EU:C:2009:339, punto 80), e sentenza del 14 aprile 2016, Sparkasse Allgäu (C‑522/14, EU:C:2016:253, punto 29).


13      Sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172).


14      Sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 61).


15      V., in particolare, sentenze del 5 dicembre 1989, Commissione/Italia (C‑3/88, EU:C:1989:606, punto 8); del 13 luglio 1993, Commerzbank (C‑330/91, EU:C:1993:303, punto 14); del 14 febbraio 1995, Schumacker (C‑279/93, EU:C:1995:31, punto 26); dell’8 luglio 1999, Baxter e a. (C‑254/97 EU:C:1999:368, punto 10); del 25 gennaio 2007, Meindl (C‑329/05, EU:C:2007:57, punto 21); del 18 marzo 2010, Gielen (C‑440/08, EU:C:2010:148, punto 37); del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punti 117 e seg.); del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2014:47, punto 30), e dell’8 giugno 2017, Van der Weegen e a. (C‑580/15, EU:C:2017:429, punto 33). V. anche le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 34).


16      Sentenza del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2014:47, punto 39).


17      Sentenza del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2014:47, punti 39 e segg.).


18      V., a tal proposito, anche le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 41).


19      V. sentenze del 7 luglio 1988, Stanton e L’Étoile 1905 (143/87, EU:C:1988:378, punto 9); del 13 luglio 1993, Commerzbank (C‑330/91, EU:C:1993:303, punto 15); dell’8 luglio 1999, Baxter e a. (C‑254/97, EU:C:1999:368, punto 13); del 22 marzo 2007, Talotta (C‑383/05, EU:C:2007:181, punto 32); v. anche sentenze del 3 marzo 1988, Bergandi (252/86, EU:C:1988:112, punto 28) sull’articolo 95 del Trattato CEE, e del 26 ottobre 2010, Schmelz (C‑97/09, EU:C:2010:632, punto 48) sulla libera prestazione dei servizi, e del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2014:47, punti 39 e segg.).


20      V. sentenza del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 119).


21      V. sentenze del 22 marzo 2007, Talotta (C‑383/05, EU:C:2007:181, punto 32), e del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 119); v. anche sentenza dell’8 maggio 1990, Biehl (C‑175/88, EU:C:1990:186, punto 14) sulla libera circolazione dei lavoratori.


22      V., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2012, Erny (C‑172/11, EU:C:2012:399, punto 41) sulla libera circolazione dei lavoratori.


23      V. sentenze dell’8 luglio 1999, Baxter e a. (C‑254/97, EU:C:1999:368, punto 13).


24      V. sentenze dell’8 luglio 1999, Baxter e a. (C‑254/97, EU:C:1999:368, punto 13); del 10 settembre 2009, Commissione/Germania (C‑269/07, EU:C:2009:527, punto 54); del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 119); del 28 giugno 2012, Erny (C‑172/11, EU:C:2012:399 punto 41); del 5 dicembre 2013, Zentralbetriebsrat der gemeinnützigen Salzburger Landeskliniken Betriebs (C‑514/12, EU:C:2013:799, punto 26), e del 2 marzo 2017, Eschenbrenner (C‑496/15, EU:C:2017:152, punto 36).


25      V. sentenza del 5 dicembre 1989, Commissione/Italia (C‑3/88, EU:C:1989:606, punto 9); v. anche sentenza del 9 maggio 1985, Humblot (112/84, EU:C:1985:185, punto 14) sull’articolo 95 del Trattato CEE.


26      V., sul punto, già le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2013:531, paragrafo 40).


27      In tal senso, anche nell’ambito di applicazione della libertà di stabilimento, sentenza del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 119).


28      Sentenza del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2014:47) e le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2013:531, paragrafi 37 e segg.).


29      V. anche sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 60) all’interno della quale l’attenzione è stata concentrata più sul «controllo» e sull’«azionariato» che sul luogo di stabilimento delle società.


30      Sentenze del 5 ottobre 2004, CaixaBank France (C‑442/02, EU:C:2004:586, punto 17); del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 73), e del 5 febbraio 2014, Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2014:47, punto 42).


31      Sentenze del 1o ottobre 2009, Woningstichting Sint Servatius (C‑567/07, EU:C:2009:593, punto 29), e del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 74).


32      Sentenze dell’11 marzo 2010, Attanasio Group (C‑384/08, EU:C:2010:133, punto 50), e del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 74).


33      V., sul punto, anche le mie conclusioni nella causa Hervis Sport- és Divatkereskedelmi (C‑385/12, EU:C:2013:531, paragrafi 59 e segg.).


34      Sentenze del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 35); del 13 dicembre 2005, SEVIC Systems (C‑411/03, EU:C:2005:762, punto 23); del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 47); del 15 maggio 2008, Lidl Belgium (C‑414/06, EU:C:2008:278, punto 27); del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 42), e del 17 luglio 2014, Nordea Bank (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 25).


35      Sentenze del 17 novembre 2009, Presidente del Consiglio dei Ministri (C‑169/08, EU:C:2009:709, punto 42); del 12 luglio 2012, HIT e HIT LARIX (C‑176/11, EU:C:2012:454, punto 22 e giurisprudenza ivi citata), e dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a. (C‑98/14, EU:C:2015:386, punto 64).


36      Sentenze del 10 dicembre 2002, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 123 e giurisprudenza ivi citata), e del 4 maggio 2016, Polonia/Parlamento e Consiglio (C‑358/14, EU:C:2016:323, punto 79).


37      Sentenze del 24 marzo 1994, Schindler (C‑275/92, EU:C:1994:119, punto 61); del 21 settembre 1999, Läärä e a. (C‑124/97, EU:C:1999:435, punti 14 e seg.), e del 6 novembre 2003, Gambelli e a. (C‑243/01, EU:C:2003:597, punto 63) – tutte sul gioco d’azzardo; del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punti 48 e segg.) sulla legislazione alimentare.


38      Su un criterio comparabile in sede di valutazione degli atti delle istituzioni dell’Unione e degli Stati membri, v. anche sentenza del 5 marzo 1996, Brasserie du pêcheur e Factortame (C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 47).


39      Inoltre, in tal senso – con riferimento a una legge equivalente – già sentenza del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 80).


40      In tal senso già le sentenze della Corte dell’11 luglio 1989, Schräder HS Kraftfutter (265/87, EU:C:1989:303, punto 21); dell’8 luglio 2010, Afton Chemical (C‑343/09, EU:C:2010:419, punto 45); del 22 gennaio 2013, Sky Österreich (C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 50); del 15 febbraio 2016, N. (C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 54); del 4 maggio 2016, Pillbox 38 (C‑477/14, EU:C:2016:324, punto 48), e del 30 giugno 2016, Lidl (C‑134/15, EU:C:2016:498, punto 33).


41      V. sentenze del 23 ottobre 1997, Commissione/Paesi Bassi (C‑157/94, EU:C:1997:499, punto 58); del 10 febbraio 2009, Commissione/Italia (C‑110/05, EU:C:2009:66, punto 66), e del 24 marzo 2011, Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172, punto 75).


42      Sentenze dell’11 ottobre 2007, ELISA (C‑451/05, EU:C:2007:594, punto 82 e giurisprudenza ivi citata), e del 21 dicembre 2011, Commissione/Polonia (C‑271/09, EU:C:2011:855, punto 58).


43      Sentenze del 12 luglio 2001, Jippes e a. (C‑189/01, EU:C:2001:420, punto 81); del 9 novembre 2010, Volker e Markus Schecke ed Eifert (C‑92/09 e C‑93/09, EU:C:2010:662, punti 76 e segg.); del 22 gennaio 2013, Sky Österreich (C‑283/11, EU:C:2013:28, punto 50), e del 30 giugno 2016, Lidl (C‑134/15, EU:C:2016:498, punto 33).


44      Così, in senso analogo, già sentenza del 9 novembre 2010, Volker e Markus Schecke ed Eifert (C‑92/09 e C‑93/09, EU:C:2010:662, punti 76 e segg.).


45      Sentenza del 22 dicembre 2008, British Aggregates/Commissione (C‑487/06 P, EU:C:2008:757, punto 91).


46      Sentenze del 20 settembre 2001, Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456, punto 80); del 27 ottobre 2005, Distribution Casino France e a. (da C‑266/04 a C‑270/04, C‑276/04 e da C‑321/04 a C‑325/04, EU:C:2005:657, punti 42 e segg.); del 15 giugno 2006, Air Liquide Industries Belgium (C‑393/04 e C‑41/05, EU:C:2006:403, punti 43 e segg.), e del 6 ottobre 2015, Finanzamt Linz (C‑66/14, EU:C:2015:661, punto 21).


47      Sentenza del 25 giugno 1970, Francia/Commissione (47/69, EU:C:1970:60, punti 16/17 e segg.); del 13 gennaio 2005, Streekgewest (C‑174/02, EU:C:2005:10, punto 26), e del 27 ottobre 2005, Distribution Casino France e a. (da C‑266/04 a C‑270/04, C‑276/04 e da C‑321/04 a C‑325/04, EU:C:2005:657, punto 40).


48      Sentenze del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punto 40); del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 53), e del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 38).


49      Sentenza del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 21), e del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 65).


50      V., in particolare, sentenze del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España (C‑387/92, EU:C:1994:100, punto 14); del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 72), e del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 23).


51      Sentenze del 15 marzo 1994, Banco Exterior de España (C‑387/92, EU:C:1994:100, punto 13); del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione (C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punto 101); del 14 gennaio 2015, Eventech (C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 33), e del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 66).


52      V., ad esempio, l’attuale rinvio del BFH [Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale, Germania), ordinanza del 30 maggio 2017 – II R 62/14, BFHE 257, 381] sulla cosiddetta clausola sui gruppi di imprese di cui all’articolo 6a del GrEStG (Grunderwerbsteuergesetz, legge sull’imposta sull’acquisto di immobili) nell’ambito della normativa sull’imposta sull’acquisto di immobili, attualmente pendente con il numero di ruolo C‑374/17.


53      V., ad esempio, sentenze dell’8 novembre 2001, Adria-Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke (C‑143/99, EU:C:2001:598, punto 35); del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 73); del 29 marzo 2012, 3M Italia (C‑417/10, EU:C:2012:184, punto 39); del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 23), e del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punti 53 e segg.).


54      V., in questo senso, in particolare sentenze del 29 marzo 2012, 3M Italia (C‑417/10, EU:C:2012:184, punto 42), e del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 59).


55      V., in questo senso, anche sentenze del 14 gennaio 2015, Eventech (C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 53), e del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 54); in maniera esplicita, anche al di fuori del diritto tributario, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punti 53 e 55).


56      V. sentenze del 17 novembre 2009, Presidente del Consiglio dei Ministri (C‑169/08, EU:C:2009:709); dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 49); del 29 marzo 2012, 3M Italia (C‑417/10, EU:C:2012:184, punto 42); del 18 luglio 2013, P (C‑6/12, EU:C:2013:525, punto 19); del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 35); del 21 dicembre 2016, Commissione/Hansestadt Lübeck (C‑524/14 P, EU:C:2016:971, punti 49 e 58); del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 54), e sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity (C‑164/15 P e C‑165/15 P, EU:C:2016:990, punto 51).


57      V. sentenze dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punti 65 e 69); del 18 luglio 2013, P (C‑6/12, EU:C:2013:525, punto 22); v., in questo senso, in particolare, anche sentenze del 2 luglio 1974, Italia/Commissione (173/73, EU:C:1974:71, punto 33); dell’8 novembre 2001, Adria‑Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke (C‑143/99, EU:C:2001:598, punto 42); del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 145), e del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punti 42 e 43).


58      V., segnatamente, sentenze del 23 febbraio 1961, De Gezamenlijke Steenkolenmijnen in Limburg/Alta Autorità (30/59, EU:C:1961:2, pag. 43); del 15 giugno 2006, Air Liquide Industries Belgium (C‑393/04 e C‑41/05, EU:C:2006:403, punto 29); del 19 marzo 2013, Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione (C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punto 101) e del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 22).


59      V., in tal senso, anche sentenza del 18 luglio 2013, P (C‑6/12, EU:C:2013:525, punti da 22 a 27).


60      Sentenza del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 42), e del 27 giugno 2017, Congregación de Escuelas Pías Provincia Betania (C‑74/16, EU:C:2017:496, punto 71).


61      V. sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punto 104).


62      Sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punti 73 e seg. e 86 e segg.).


63      A tal proposito, i punti 59 e 86 della sentenza di cui trattasi non appaiono del tutto coerenti.


64      A mio giudizio, ciò si evince al più tardi dalle considerazioni svolte nella sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punti 85 e seg.).


65      V. sentenza del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punti 90 e 91 e 131).


66      Sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punti 54, 67 e 74).


67      In tal senso, espressamente, sentenza dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 70).


68      V. anche sentenza del 4 giugno 2015, Commissione/MOL (C‑15/14 P, EU:C:2015:362, punto 65).


69      V. sentenze dell’8 settembre 2011, Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 49); del 18 luglio 2013, P (C‑6/12, EU:C:2013:525, punto 19); del 9 ottobre 2014, Ministerio de Defensa e Navantia (C‑522/13, EU:C:2014:2262, punto 35), e del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 54).


70      Sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/World Duty Free Group e a. (C‑20/15 P e C‑21/15 P, EU:C:2016:981, punto 54), anche in precedenza, già sentenze del 28 luglio 2011, Mediaset/Commissione (C‑403/10 P, non pubblicata, EU:C:2011:533, punto 36); del 15 novembre 2011, Commissione e Spagna/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punti 75 e 101); del 14 gennaio 2015, Eventech (C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 55), e del 4 giugno 2015, Commissione/MOL (C‑15/14 P, EU:C:2015:362, punto 59).


71      In tal senso, espressamente, sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity (C‑164/15 P e C‑165/15 P, EU:C:2016:990, punto 93); v. in tal senso sentenza del 15 dicembre 2005, Unicredito Italiano (C‑148/04, EU:C:2005:774, punto 119).


72      Sentenze del 15 dicembre 2005, UniCredito Italiano (C‑148/04, EU:C:2005:774, punto 113) – recupero quale logica conseguenza dell’accertamento della sua illegittimità, del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity (C‑164/15 P e C‑165/15 P, EU:C:2016:990, punti 89 e 90).