Language of document : ECLI:EU:C:2017:632

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

6 settembre 2017 (*)

«Impugnazione – Articolo 102 TFUE – Abuso di posizione dominante – Sconti fedeltà – Competenza della Commissione – Regolamento (CE) n. 1/2003 – Articolo 19»

Nella causa C‑413/14 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 26 agosto 2014,

Intel Corporation Inc., con sede in Wilmington (Stati Uniti), rappresentata da D. M. Beard, QC, nonché da A. Parr e R. Mackenzie, solicitors,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Commissione europea, rappresentata da T. Christoforou, V. Di Bucci, M. Kellerbauer e N. Khan, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

Association for Competitive Technology Inc., con sede in Washington (Stati Uniti), rappresentata da J.-F. Bellis, avocat,

Union fédérale des consommateurs – Que choisir (UFC – Que choisir)

intervenienti in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič, J.L. da Cruz Vilaça (relatore), E. Juhász, M. Berger, M. Vilaras e E. Regan, presidenti di sezione, A. Rosas, J. Malenovský, E. Levits, F. Biltgen, K. Jürimäe e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 giugno 2016,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 ottobre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, Intel Corporation Inc. (in prosieguo: «Intel») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 giugno 2014, Intel/Commissione, (T‑286/09; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2014:547), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della Commissione, del 13 maggio 2009, C (2009) 3726 definitivo, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 82 [CE] e dell’articolo 54 dell’accordo SEE (Caso COMP/C‑3/37.990 – Intel) (in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

2        Il considerando 25 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), è così formulato:

«Poiché diventa sempre più difficile individuare le infrazioni delle regole di concorrenza, per far sì che questa sia efficacemente tutelata è necessario ampliare i poteri di indagine della Commissione. La Commissione dovrebbe in particolare avere la facoltà di sentire chiunque possa disporre di informazioni utili e di verbalizzarne le dichiarazioni. (…) Gli agenti autorizzati dalla Commissione dovrebbero inoltre poter chiedere qualsiasi informazione in relazione all’oggetto e allo scopo dell’accertamento stesso».

3        Il considerando 32 del medesimo regolamento enuncia quanto segue:

«Occorrerebbe sancire il diritto delle imprese interessate ad essere sentite dalla Commissione, dare ai terzi i cui interessi possono essere danneggiati da una decisione la possibilità di presentare preventivamente le loro osservazioni, nonché assicurare un’ampia pubblicità alle decisioni adottate. Pur garantendo i diritti di difesa delle imprese interessate, e in particolare il diritto di accesso al fascicolo, è al tempo stesso indispensabile tutelare il segreto aziendale. Occorrerebbe parimenti garantire la riservatezza delle informazioni scambiate in seno alla rete».

4        L’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, rubricato «Potere di raccogliere dichiarazioni», è del seguente tenore:

«1.      Per l’assolvimento dei compiti affidatile dal presente regolamento, la Commissione può sentire ogni persona fisica o giuridica che vi acconsenta ai fini della raccolta di informazioni relative all’oggetto di un’indagine.

2.      Se l’audizione di cui al paragrafo 1 si svolge nei locali di un’impresa, la Commissione ne informa l’autorità garante della concorrenza dello Stato membro nel cui territorio ha luogo l’audizione. I funzionari di quest’ultima possono, su richiesta di detta autorità, assistere gli agenti della Commissione e le altre persone che li accompagnano incaricati di svolgere l’audizione».

5        L’articolo 3 del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2004, L 123, pag. 18), rubricato «Potere di assumere dichiarazioni», così prevede:

«1.      Quando la Commissione sente una persona con il consenso di quest’ultima, ai sensi dell’articolo 19 del regolamento (CE) n. 1/2003, essa deve, all’inizio del colloquio, indicare la base giuridica e la finalità dello stesso e ricordarne la natura facoltativa. Essa informa inoltre la persona sentita qualora intenda effettuare una registrazione del colloquio.

2.      Il colloquio può svolgersi con qualsiasi mezzo, inclusi il telefono e le vie elettroniche.

3.      La Commissione può registrare in qualsiasi forma le dichiarazioni rese dalle persone sentite. Una copia dell’eventuale registrazione viene messa a disposizione della persona sentita per l’approvazione. All’occorrenza la Commissione può stabilire il termine entro il quale la persona sentita può comunicare eventuali correzioni da apportare alla dichiarazione resa».

 Fatti e decisione controversa

6        Intel è una società di diritto americano che assicura la progettazione, lo sviluppo, la fabbricazione e la commercializzazione di microprocessori (in prosieguo: i «CPU»), «chipsets» e altri componenti semiconduttori, nonché soluzioni per piattaforme nell’ambito del trattamento dei dati e dei dispositivi di comunicazione.

7        Il mercato interessato nella presente causa corrisponde a quello dei processori, in particolare i CPU x86. L’architettura x86 è uno standard sviluppato da Intel per i suoi CPU e consente il funzionamento dei sistemi operativi Windows e Linux.

8        A seguito di una denuncia formale presentata il 18 ottobre 2000 da Advanced Micro Devices Inc. (in prosieguo: «AMD»), integrata il 26 novembre 2003, la Commissione ha avviato, nel maggio 2004, una tornata di indagini e, nel luglio 2005 ha effettuato degli accertamenti presso varie sedi di Intel, in particolare, in Germania, in Spagna, in Italia e nel Regno Unito, nonché presso le sedi di vari clienti di Intel in Germania, in Spagna, in Francia, in Italia e nel Regno Unito.

9        Il 26 luglio 2007 la Commissione ha notificato a Intel una comunicazione degli addebiti relativa al suo comportamento nei confronti di cinque grandi produttori di apparecchiature informatiche (Original Equipment Manufacturer; in prosieguo: i «costruttori OEM»), ossia Dell Inc., Hewlett‑Packard Company (HP), Acer Inc., NEC Corp. e International Business Machines Corp. (IBM). Intel ha risposto il 7 gennaio 2008, e l’11 e il 12 marzo 2008 si è tenuta un’audizione.

10      Il 17 luglio 2008 la Commissione ha notificato a Intel una comunicazione degli addebiti complementare, relativa al suo comportamento nei confronti di Media-Saturn-Holding GmbH (in prosieguo: «MSH»), distributore europeo di apparecchi elettronici e primo distributore europeo di computer fissi, nonché di Lenovo Group Ltd (in prosieguo: «Lenovo»), un altro costruttore OEM. Tale comunicazione comprendeva nuove prove del comportamento di Intel nei riguardi di alcuni costruttori OEM oggetto della comunicazione degli addebiti del 26 luglio 2007. Intel non ha risposto nel termine impartito.

11      Nella decisione controversa la Commissione ha descritto due tipi di comportamento adottati da Intel nei confronti dei partner commerciali, ossia gli sconti condizionati e le cosiddette «restrizioni allo scoperto» («naked restrictions»), diretti ad escludere un concorrente, ossia AMD, dal mercato dei CPU x86. I primi sarebbero consistiti nella concessione di uno sconto a quattro costruttori OEM, nella specie Dell, Lenovo, HP e NEC, a condizione che essi si rifornissero per tutto o quasi tutto il loro fabbisogno di CPU x86 presso Intel. I secondi sarebbero consistiti nella concessione di pagamenti ai costruttori OEM affinché ritardassero, annullassero o limitassero la commercializzazione di alcuni prodotti dotati di CPU di AMD.

12      Alla luce di tali considerazioni, la Commissione ha concluso nel senso che era sussistente una violazione unica e continuata dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3), durante il periodo ottobre 2002-dicembre 2007, e ha di conseguenza inflitto a Intel un’ammenda per un importo pari a 1,06 miliardi di euro

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

13      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 22 luglio 2009 Intel ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa deducendo nove motivi.

14      Con atto registrato presso la cancelleria del Tribunale il 2 novembre 2009, l’Association for Competitive Technology Inc. (in prosieguo: «ACT») ha chiesto di intervenire nel procedimento a sostegno di Intel. Essa è stata ammessa in qualità di interveniente con decisione in data 7 giugno 2010.

15      A sostegno del suo primo motivo, relativo alle questioni orizzontali riguardanti le valutazioni giuridiche effettuate dalla Commissione, Intel ha contestato la ripartizione dell’onere della prova e il livello probatorio richiesto, la qualificazione giuridica degli sconti e dei pagamenti accordati quale contropartita di un approvvigionamento esclusivo, nonché la qualificazione giuridica dei pagamenti, definiti dalla Commissione come «restrizioni allo scoperto», diretti a far sì che i costruttori OEM ritardassero, annullassero o limitassero la commercializzazione di prodotti dotati di CPU di AMD.

16      Il Tribunale ha, in sostanza, considerato, al punto 79 della sentenza impugnata, che gli sconti accordati a Dell, HP, NEC e Lenovo fossero sconti di esclusiva in quanto erano collegati alla condizione che il cliente si rifornisse presso Intel o per l’integralità del proprio fabbisogno in materia di CPU x86 o per una parte consistente di tale fabbisogno. Il Tribunale ha inoltre dichiarato, ai punti da 80 a 89 della sentenza impugnata, che la qualificazione come abusivo di uno sconto siffatto non dipende da un’analisi delle circostanze della fattispecie diretta ad accertare la sua capacità di restringere la concorrenza.

17      Ad abundatiam, ai punti da 172 a 197 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che la Commissione aveva dimostrato, a sufficienza e in base ad un’analisi delle circostanze della fattispecie, che gli sconti e i pagamenti di esclusiva accordati da Intel a Dell, HP, NEC, Lenovo e a MSH erano atti a restringere la concorrenza.

18      Relativamente al secondo motivo, vertente sul fatto che la Commissione non aveva dimostrato la propria competenza per territorio ad applicare gli articoli 101 e 102 TFUE alle pratiche attuate nei confronti di Acer e di Lenovo, il Tribunale ha anzitutto ritenuto, al punto 244 della sentenza impugnata, che, per giustificare la competenza della Commissione sotto il profilo del diritto internazionale pubblico, fosse sufficiente dimostrare gli effetti qualificati della pratica o la sua attuazione nell’Unione europea. Il Tribunale ha poi giudicato, al punto 296 della sentenza impugnata, che gli effetti sostanziali, prevedibili e immediati che il comportamento di Intel era atto a produrre all’interno dello Spazio economico europeo (SEE) consentivano di fondare la competenza della Commissione. Infine, ad abundantiam, esso ha considerato, al punto 314 della sentenza impugnata che tale competenza fosse del pari fondata a causa dell’attuazione del comportamento di cui trattasi nel territorio dell’Unione e del SEE.

19      A sostegno del terzo motivo, relativo ai vizi procedurali contestati alla Commissione, Intel ha dedotto, in particolare, una violazione dei suoi diritti della difesa per la mancanza di un verbale di trascrizione dell’audizione con il sig. D 1, sostenendo che taluni elementi riguardanti tale audizione avrebbero potuto essere utilizzati come elementi a discarico. Essa ha altresì sostenuto che la Commissione avrebbe erroneamente rifiutato di svolgere una seconda audizione e di comunicare taluni documenti di AMD che avrebbero potuto essere pertinenti per la difesa di Intel.

20      In un primo momento, il Tribunale ha ritenuto, al punto 618 della sentenza impugnata, che la riunione di cui trattasi non costituisse un interrogatorio formale ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003 e che la Commissione non fosse tenuta a procedere ad un interrogatorio siffatto. Nel suddetto punto, da ciò ha dedotto che l’articolo 3 del regolamento n. 773/2004 non fosse applicabile, cosicché l’argomento vertente sulla violazione delle formalità prescritte da tale disposizione era inoperante.

21      In un secondo momento, il Tribunale ha giudicato, ai punti 621 e 622 della sentenza impugnata, che, pur se la Commissione aveva violato il principio di buona amministrazione astenendosi dal redigere un documento contenente un breve riassunto degli argomenti affrontati in tale riunione, nonché il nome dei suoi partecipanti, essa ha tuttavia rimediato a tale lacuna iniziale mettendo a disposizione di Intel la versione non riservata di una nota interna relativa alla suddetta riunione.

22      Quanto al quarto motivo, relativo a presunti errori di valutazione delle pratiche nei confronti dei costruttori OEM e di MSH, il Tribunale ha respinto integralmente le censure mosse da Intel relativamente a Dell, HP, NEC, Lenovo, Acer e MSH ai punti 665, 894, 1032, 1221, 1371 e 1463 della sentenza impugnata.

23      Per quanto riguarda il quinto motivo, con il quale Intel ha contestato l’esistenza di una strategia globale diretta a bloccare l’accesso di AMD ai canali di vendita più importanti, il Tribunale ha giudicato, ai punti 1551 e 1552 dalla sentenza impugnata, che la Commissione aveva, in sostanza, dimostrato a sufficienza il tentativo di dissimulare la natura anticoncorrenziale delle pratiche di Intel e di attuare una strategia globale a lungo termine il cui obiettivo era bloccare l’accesso di AMD ai suddetti canali di vendita.

24      Relativamente al sesto motivo, secondo il quale la Commissione avrebbe applicato in maniera errata gli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 (GU 2006, C 210, pag. 2), il Tribunale ha segnatamente considerato, al punto 1598 della sentenza impugnata, che né il principio della certezza del diritto né il principio di legalità dei reati e delle pene ostano a che la Commissione decida di adottare e applicare nuovi orientamenti per il calcolo delle ammende anche dopo che è stata commessa un’infrazione. Inoltre il Tribunale ha considerato, nello stesso punto, che un’applicazione efficace delle regole di concorrenza giustifica che un’impresa debba tener conto della possibilità di una modifica della politica generale di concorrenza della Commissione in materia di ammende per quanto concerne sia il metodo di calcolo sia il livello delle ammende.

25      Relativamente al settimo motivo, vertente sull’asserita assenza di violazione dell’articolo 102 TFUE, intenzionalmente o per negligenza, il Tribunale ha giudicato in sostanza, ai punti 1602 e 1603 della sentenza impugnata, che Intel non poteva ignorare il carattere anticoncorrenziale del suo comportamento e che gli elementi di prova presi in considerazione nella decisione impugnata dimostravano in maniera sufficiente che la ricorrente aveva attuato una strategia complessiva a lungo termine intesa a bloccare l’accesso di AMD ai canali di vendita più importanti sotto il profilo strategico, adoperandosi nel contempo per dissimulare il carattere anticoncorrenziale del suo comportamento.

26      Riguardo all’ottavo motivo, vertente sul carattere asseritamente sproporzionato dell’ammenda inflitta, il Tribunale ha constatato ai punti da 1614 a 1616 della sentenza impugnata, che la precedente prassi decisionale della Commissione non può fungere da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza e che, in ogni caso, le decisioni invocate al riguardo da Intel non erano pertinenti relativamente al rispetto del principio della parità di trattamento. Peraltro, contrariamente a quanto fatto valere da Intel, il Tribunale ha ricordato, ai punti 1627 e 1628 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva preso in considerazione l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato al fine di determinarne la gravità.

27      Relativamente, infine, al nono motivo, che era diretto ad ottenere una riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta nell’ambito dell’esercizio della competenza estesa al merito del Tribunale, quest’ultimo ha segnatamente giudicato, al punto 1647 della sentenza impugnata, che nulla nelle censure, negli argomenti e negli elementi di diritto e di fatto addotti da Intel consentiva di concludere che l’ammenda che le era stata inflitta dalla decisione impugnata presentasse un carattere sproporzionato. Il Tribunale ha, infatti, considerato, nel suddetto punto, che l’ammenda inflitta era adeguata alle circostanze del caso di specie e ha sottolineato che essa si situava ben al di sotto del limite del 10% fissato all’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

 Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

28      Intel chiede che la Corte voglia:

–        annullare in tutto o in parte la sentenza impugnata;

–        annullare, in tutto o in parte, la decisione controversa;

–        cancellare oppure ridurre in modo sostanziale l’ammenda inflitta;

–        in via subordinata, rinviare la causa al Tribunale affinché questo statuisca conformemente alla sentenza della Corte;

–        condannare la Commissione alle spese del presente procedimento e del procedimento dinanzi al Tribunale.

29      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione, e

–        condannare Intel alle spese.

30      ACT chiede che la Corte voglia:

–        accogliere integralmente l’impugnazione di Intel, e

–        condannare la Commissione a pagare le spese sostenute da ACT nell’ambito dell’impugnazione e del ricorso d’annullamento.

 Sull’impugnazione

31      A sostegno della propria impugnazione, Intel deduce sei motivi. Con il primo motivo, Intel sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto non esaminando gli sconti controversi alla luce di tutte le circostanze pertinenti. Con il secondo motivo, Intel deduce un errore di diritto commesso dal Tribunale nel valutare la constatazione dell’infrazione per gli anni 2006 e 2007, in particolare per quanto riguarda la valutazione della copertura di mercato da parte degli sconti controversi nel corso dei suddetti due anni. Con il terzo motivo, Intel lamenta un errore di diritto commesso dal Tribunale riguardo alla qualificazione giuridica degli sconti di esclusiva conclusi da Intel con HP e Lenovo. Con il quarto motivo, Intel considera che il Tribunale ha concluso erroneamente nel senso dell’insussistenza di un vizio procedurale sostanziale, lesivo dei suoi diritti della difesa, nel modo in cui la Commissione ha trattato la riunione con il sig. D 1. Il quinto motivo verte su un’errata applicazione, da parte del Tribunale, dei criteri attinenti alla competenza della Commissione relativamente agli accordi conclusi da Intel con Lenovo per gli anni 2006 e 2007. Con il sesto motivo, infine, Intel chiede alla Corte di annullare o di ridurre sensibilmente l’ammenda irrogata in applicazione del principio di proporzionalità nonché del principio della irretroattività degli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003.

 Sul quinto motivo, vertente su un’errata applicazione, da parte del Tribunale, dei criteri relativi alla competenza della Commissione relativamente agli accordi conclusi da Intel con Lenovo per gli anni 2006 e 2007

 Argomenti delle parti

32      Col suo quinto motivo, da esaminare in primo luogo, in quanto esso attiene alla competenza della Commissione, Intel sostiene, anzitutto, che il Tribunale è incorso in errore nel confermare la competenza della Commissione ad applicare l’articolo 102 TFUE nei confronti degli accordi conclusi da Intel con Lenovo, un’impresa cinese, nel corso degli anni 2006 e 2007. Il criterio che si fonda sul luogo di attuazione delle pratiche anticoncorrenziali (in prosieguo: il «criterio dell’attuazione») e quello che si basa sugli effetti qualificati di tali pratiche nell’Unione (in prosieguo: il «criterio degli effetti qualificati») non potrebbero, infatti, fungere da fondamento per la competenza della Commissione nella fattispecie.

33      Il Tribunale avrebbe erroneamente giudicato, al punto 311 della sentenza impugnata, che l’attuazione di tali accordi poteva essere dimostrata in considerazione delle pratiche che influenzavano le proiezioni dei clienti riguardo alle loro vendite di prodotti a valle nel mondo intero, compreso il SEE. Orbene, tale circostanza non consentirebbe di considerare dimostrata la competenza della Commissione alla luce del criterio dell’attuazione, poiché il comportamento controverso non sarebbe stato attuato nel SEE e Intel non avrebbe venduto prodotti a Lenovo nel SEE.

34      Il Tribunale sarebbe, inoltre, incorso in un errore di diritto nell’ammettere, per determinare la competenza della Commissione, il criterio degli effetti qualificati. Secondo Intel, solo il criterio dell’attuazione costituisce un titolo di competenza ammesso dalla giurisprudenza.

35      Intel sostiene altresì che, anche ammesso che il criterio degli effetti qualificati sia effettivamente applicabile, esso non potrebbe giustificare nella fattispecie la competenza della Commissione. Essa si riferisce, a tal proposito, al punto 87 della sentenza del 27 febbraio 2014 (T‑91/11, EU:T:2014:92), nel quale il Tribunale avrebbe considerato che, allorché componenti sono anzitutto vendute all’esterno del SEE ad acquirenti indipendenti, il nesso tra il mercato interno e l’infrazione sarebbe troppo debole. Intel ne deduce che non si sarebbe potuto prevedere che gli accordi conclusi con Lenovo e vertenti sui CPU destinati ad essere forniti in Cina avrebbero prodotto un effetto immediato e sostanziale nel SEE. Peraltro, quand’anche effetti diretti avessero potuto essere sufficienti a determinare un capo di competenza, gli accordi del 2006 e del 2007 con Lenovo non avrebbero potuto produrre un effetto sostanziale nel territorio del SEE.

36      Inoltre, secondo Intel, il Tribunale ha illegittimamente invertito l’onere della prova, al punto 289 della sentenza impugnata, imponendole di dimostrare che la totalità delle vendite previste aveva riguardato parti della regione Europa, Medio Oriente e Africa al di fuori del SEE.

37      Infine, Intel sottolinea che l’approccio della Commissione genererebbe conflitti di competenza con le altre autorità garanti della concorrenza e creerebbe un rischio reale di doppia imputazione.

38      ACT si allinea, in sostanza, agli argomenti di Intel. Essa sostiene, in particolare, che in base alla formulazione dell’articolo 102 TFUE e alla giurisprudenza risultante dalla sentenza del 27 settembre 1988, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione (89/85, 104/85, 114/85, 116/85, 117/85 e da 125/85 a 129/85, EU:C:1988:447), è necessario dimostrare che il comportamento considerato restringe il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune.

39      La Commissione ritiene che il quinto motivo debba essere respinto.

 Giudizio della Corte

40      Al punto 244 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che la competenza della Commissione, sotto il profilo del diritto internazionale pubblico, ad accertare e sanzionare un comportamento adottato al di fuori dell’Unione può essere dimostrata vuoi alla luce del criterio dell’attuazione, vuoi alla luce del criterio degli effetti qualificati, prima di controllare la competenza della Commissione nella presente causa in base al criterio degli effetti qualificati, quindi, in subordine, alla luce del criterio dell’attuazione.

41      In tale contesto occorre esaminare, in primo luogo, l’argomento di Intel e di ACT secondo cui il Tribunale avrebbe erroneamente ammesso che il criterio degli effetti qualificati possa fungere da fondamento alla competenza della Commissione.

42      A tal proposito, occorre ricordare, al pari dell’avvocato generale nel paragrafo 288 delle sue conclusioni, che le regole di concorrenza dell’Unione enunciate agli articoli 101 e 102 TFUE tendono ad includere i comportamenti, collettivi e unilaterali, delle imprese che limitano il gioco della concorrenza in seno al mercato interno. Infatti, mentre l’articolo 101 TFUE vieta gli accordi o le pratiche che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza «all’interno del mercato interno», l’articolo 102 TFUE vieta lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante «sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo».

43      È stato quindi giudicato, per quanto riguarda l’applicazione dell’articolo 101 TFUE, che il fatto che una delle imprese partecipanti all’accordo si trovi in un paese terzo non impedisce l’applicazione di queste disposizioni, ove l’accordo produca effetti nel territorio del mercato interno (sentenza del 25 novembre 1971, Béguelin Import, 22/71, EU:C:1971:113, punto 11).

44      Peraltro occorre ricordare che, per giustificare l’applicazione del criterio dell’attuazione, la Corte ha sottolineato che subordinare l’applicazione dei divieti posti dal diritto della concorrenza al luogo di formazione dell’intesa si risolverebbe chiaramente nel fornire alle imprese un facile mezzo per sottrarsi a detti divieti (v., per analogia, sentenza del 27 settembre 1988, Ahlström Osakeyhtiö e a./Commissione, 89/85, 104/85, 114/85, 116/85, 117/85 e da 125/85 a 129/85, EU:C:1988:447, punto 16).

45      Orbene, il criterio degli effetti qualificati persegue il medesimo obiettivo, ossia includere comportamenti che certamente non sono stati adottati nel territorio dell’Unione, ma i cui effetti anticoncorrenziali possono farsi sentire sul mercato dell’Unione.

46      È dunque a torto che Intel, sostenuta da ACT, sostiene che il criterio degli effetti qualificati non può fungere da fondamento per la competenza della Commissione.

47      Quest’argomento dev’essere pertanto respinto in quanto infondato.

48      In secondo luogo, occorre esaminare l’argomento presentato in subordine da Intel, secondo cui, anche ammesso che il criterio degli effetti qualificati sia applicabile alla fattispecie, il Tribunale ha erroneamente considerato che gli accordi conclusi con Lenovo nel corso degli anni 2006 e 2007 producessero effetti prevedibili, immediati e sostanziali nel SEE. Intel sottolinea, al riguardo, il numero asseritamente limitato di prodotti considerati.

49      Occorre rilevare, anzitutto, che, come giudicato dal Tribunale ai punti 233 e 258 della sentenza impugnata, il criterio degli effetti qualificati consente di giustificare l’applicazione del diritto della concorrenza dell’Unione alla luce del diritto privato pubblico, qualora sia prevedibile che il comportamento considerato produca un effetto immediato sostanziale nell’Unione.

50      Va sottolineato del pari, come fa il Tribunale ai punti 268 e 280 della sentenza impugnata, che è alla luce del comportamento dell’impresa o delle imprese di cui trattasi, considerato nel suo insieme, che occorre determinare se la Commissione dispone della competenza necessaria per applicare, in ciascun caso, il diritto della concorrenza dell’Unione.

51      Inoltre, nei limiti in cui Intel contesta al Tribunale di aver considerato che fosse prevedibile che gli accordi conclusi con Lenovo relativamente ai CPU destinati ad essere forniti in Cina avrebbero prodotto un effetto immediato nel SEE, occorre rilevare, da un lato, che il Tribunale ha giustamente giudicato, ai punti 251, 252 e 257 della sentenza impugnata, che è sufficiente tener conto degli effetti probabili di un comportamento sulla concorrenza perché sia soddisfatta la condizione relativa al requisito della prevedibilità.

52      D’altro lato, avendo il Tribunale, in sostanza, constatato, al punto 255 della sentenza impugnata, che il comportamento di Intel nei confronti di Lenovo rientrava in una strategia complessiva mirante a far sì che non fosse disponibile sul mercato, compreso all’interno del SEE, nessun computer portatile di Lenovo dotato di un CPU di AMD, è senza incorrere in errori di diritto che il Tribunale, al punto 277 della sentenza impugnata, ha considerato che il comportamento di Intel era atto ad avere un effetto immediato nel SEE.

53      Tale argomento dev’essere quindi respinto in quanto infondato.

54      Infine, Intel sostiene che il Tribunale ha erroneamente ammesso che gli accordi conclusi con Lenovo vertenti sui CPU destinati ad essere forniti in Cina potevano produrre un effetto sostanziale sul mercato del SEE, pur se gli effetti di tali accordi erano trascurabili.

55      In proposito, è sufficiente rilevare che il Tribunale ha giudicato che il comportamento di Intel nei confronti di Lenovo faceva parte di una strategia complessiva diretta a bloccare l’accesso di AMD ai più importanti canali di vendita del mercato, ciò che, peraltro, Intel non contesta nell’ambito della sua impugnazione.

56      Pertanto, tenuto conto delle considerazioni che compaiono al punto 50 della presente sentenza, è senza incorrere in errori di diritto che il Tribunale ha potuto giudicare che, in presenza di una strategia come quella sviluppata da Intel, occorreva prendere in considerazione il comportamento dell’impresa adottato complessivamente per valutare il carattere sostanziale dei suoi effetti sul mercato dell’Unione e del SEE.

57      Come sottolinea la Commissione, procedere in modo diverso condurrebbe ad una frammentazione artificiale di un comportamento anticoncorrenziale globale, atto ad influenzare la struttura del mercato all’interno del SEE, in una serie di comportamenti distinti che rischiano di sfuggire alla competenza dell’Unione.

58      Di conseguenza, l’argomento menzionato al punto 54 della presente sentenza deve essere respinto in quanto infondato.

59      In terzo luogo, riguardo all’argomento di Intel secondo cui il Tribunale, nel punto 289 della sentenza impugnata, avrebbe illegittimamente invertito l’onere della prova, è sufficiente constatare che quest’ultimo deriva da una lettura errata della sentenza impugnata. Come risulta dai punti da 286 a 289 di tale sentenza, il Tribunale ha, infatti, constatato, per quanto riguarda il ritardo del lancio di taluni computer a livello mondiale, che risultava dagli elementi di cui disponeva che erano previste vendite di tali computer nella regione Europa, Medio Oriente e Africa, di cui il SEE costituisce una parte importante, circostanza che era sufficiente a constatare effetti quantomeno potenziali nel SEE.

60      In tale ambito, è ben vero che il Tribunale si è riferito alla mancanza di indizi concreti che potessero lasciar supporre che la totalità delle vendite previste avrebbe riguardato parti di tale regione diverse dal SEE. Nondimeno, tale constatazione deve essere letta alla luce dei punti 287 e 288 della sentenza impugnata, da cui risulta che il Tribunale ha considerato che l’affermazione, formulata all’udienza, secondo cui era possibile che tutti i suddetti computer fossero destinati a zone diverse dal SEE, costituiva una mera teoria di Intel a sostegno della quale quest’ultima non aveva addotto alcun argomento.

61      Pertanto, tale argomento non è fondato.

62      In quarto e ultimo luogo, per quanto riguarda gli argomenti di Intel relativi all’applicazione, da parte del Tribunale, del criterio dell’attuazione, è sufficiente rilevare che il Tribunale ha precisato, al punto 297 della sentenza impugnata, che esaminava tale criterio ad abundantiam.

63      Orbene, censure vertenti su una motivazione della sentenza impugnata formulata ad abundantiam non possono comportare l’annullamento di tale sentenza (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, France/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

64      Tali argomenti devono essere pertanto disattesi in quanto inconferenti.

65      Alla luce delle suesposte considerazioni, il quinto motivo deve essere integralmente respinto.

 Sul quarto motivo, vertente su un vizio procedurale sostanziale, lesivo dei diritti della difesa di Intel

 Argomenti delle parti

66      Il quarto motivo, che occorre esaminare in secondo luogo, in quanto riguarda il procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione, riguarda il trattamento procedurale della riunione della Commissione con il sig. D 1. Esso è diviso in tre parti.

67      In primo luogo Intel sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel considerare, al punto 612 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva violato l’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, in combinato disposto con l’articolo 3 del regolamento n. 773/2004.

68      Da una parte, il Tribunale avrebbe, infatti, stabilito, al punto 614 della sentenza impugnata, una distinzione artificiale tra interrogatori formali e i colloqui informali. Fondandosi sulla decisione del Mediatore europeo del 14 luglio 2009, Intel sostiene che qualsiasi riunione con un terzo diretta a raccogliere informazioni riguardo all’oggetto di un’indagine costituisce un’audizione ai sensi del suddetto articolo 19 e deve quindi essere registrata.

69      D’altra parte, e in subordine, nell’ipotesi in cui il regolamento n. 1/2003 dovesse essere interpretato nel senso che esiste una categoria di colloqui informali che non necessita di registrazione, Intel ritiene che la riunione con il sig. D 1 non rientrasse in tale categoria, cosicché la Commissione era tenuta a procedere alla registrazione del contenuto della suddetta riunione poiché quest’ultima, che è durata 5 ore, comportava elementi che rivestivano grande importanza e avevano un nesso oggettivo con l’oggetto dell’indagine.

70      In secondo luogo, Intel afferma che erroneamente il Tribunale ha dichiarato che il vizio procedurale risultante dalla violazione dell’articolo 19 del regolamento n 1/2003, in combinato disposto con l’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, poteva essere sanato mediante la trasmissione a Intel della versione non riservata di una nota contenente i punti all’ordine del giorno relativi agli elementi essenziali della riunione considerata, ma priva del riassunto del contenuto della testimonianza del sig. D 1. Intel sostiene, a tal proposito, che la suddetta nota non conteneva un breve riassunto degli argomenti affrontati, contrariamente a quanto rilevato dal Tribunale al punto 622 della sentenza impugnata, bensì un semplice elenco dei temi affrontati nel corso di tale riunione.

71      Inoltre, Intel sottolinea che l’argomento della Commissione, formulato nella comparsa di risposta, secondo cui la trasmissione tardiva del promemoria avrebbe posto rimedio alla violazione dei suoi diritti della difesa, non potrebbe conciliarsi con la palese mancanza, nella nota di cui trattasi, del contenuto della testimonianza del sig. D 1 e con la dichiarazione della Commissione che tale nota non era intesa a riprodurre esattamente o esaustivamente il contenuto della riunione considerata.

72      In terzo luogo, Intel ritiene che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto non applicando il criterio risultante dalla sentenza del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione (C‑109/10 P, EU:C:2011:686). Affermando, al punto 630 della sentenza impugnata, che le fosse possibile ricostruire a sufficienza il contenuto della riunione di cui trattasi, pur non avendovi partecipato, il Tribunale le avrebbe in tal modo imposto di dimostrare il contenuto di elementi che non le sono stati mai comunicati.

73      ACT condivide gli argomenti di Intel a sostegno del quarto motivo e sottolinea, in particolare, che non si poteva escludere che l’opinione espressa dal sig. D 1 fosse utile alla difesa di Intel dal momento che quest’ultimo aveva fornito elementi di prova a discarico nel corso di un procedimento dinanzi alla US Federal Trade Commission (Agenzia federale per la concorrenza degli Stati Uniti) nel corso del 2003.

74      Oltre a ritenere inconferente il quarto motivo, la Commissione considera, in primo luogo, che la decisione del Mediatore europeo, sulla quale si fonda Intel, non può essere invocata per dimostrare un errore di diritto, in quanto essa non ha contestato il punto 617 della sentenza impugnata, secondo cui la riunione di cui trattasi non aveva lo scopo di raccogliere prove in forma di un resoconto controfirmato o di dichiarazioni ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003. La Commissione aggiunge che il Tribunale, ai punti da 614 a 616 della sentenza impugnata, ha assimilato la natura delle informazioni che possono essere ottenute ai sensi dell’articolo 19 di tale regolamento a quella delle informazioni rientranti nell’ambito dell’articolo 18 del medesimo regolamento, prima di considerare che tale riunione non era un’audizione ai sensi del suddetto articolo 19.

75      La Commissione sostiene, in secondo luogo, che la comunicazione della nota interna sanava a sufficienza l’irregolarità procedurale dedotta. Essa aggiunge che la circostanza che Intel non fosse presente nel corso della riunione di cui trattasi non dimostra alcun errore nella conclusione, al punto 631 della sentenza impugnata, che l’elemento di prova poteva essere ricostruito. Intel contraddice, infatti, i propri argomenti presentati in primo grado, con i quali sosteneva che le dichiarazioni del sig. D 1potevano essere ricostruite, quantomeno per constatare che tali dichiarazioni erano necessariamente a discarico.

76      La Commissione argomenta, in terzo luogo, che le circostanze della fattispecie sono diverse dalla causa conclusasi con la sentenza del 25 ottobre 2011 Solvay/Commissione (C‑109/10 P, EU:C:2011:686), nella quale la violazione dei diritti della difesa era stata invocata relativamente alla constatazione della posizione dominante della Solvay SA sul mercato considerato, constatazione che si fondava su una presunzione relativa.

77      La Commissione considera altresì che il Tribunale non è incorso in un errore di diritto nell’applicare la giurisprudenza risultante dalla sentenza del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione (C‑109/10 P, EU:C:2011:686), alle circostanze della fattispecie per concludere che non si era avuta una violazione dei diritti della difesa.

78      Poiché tutte le dichiarazioni di Dell che negavano l’esistenza di sconti di esclusiva sono state considerate, al punto 582 della sentenza impugnata, prive di credibilità a fronte delle altre prove fornite, la Commissione ritiene che un resoconto per esteso delle smentite più categoriche del sig. D 1 non avrebbe avuto alcuna utilità per Intel.

 Giudizio della Corte

79      A titolo preliminare, la Commissione sostiene che il quarto motivo è inconferente in quanto la conclusione della sentenza impugnata secondo cui Intel ha accordato sconti di esclusiva a Dell non è stata contestata.

80      Tale argomento deve essere tuttavia respinto in quanto, con tale motivo, la ricorrente conclude specificamente, da un lato, per la diminuzione dell’importo dell’ammenda inflitta e, d’altro lato, per l’annullamento della decisione controversa nella parte in cui si riferisce a Dell, adducendo che la Commissione, avendo omesso di registrare la riunione con il sig. D 1, l’ha privata di elementi di prova e ha quindi leso i suoi diritti della difesa.

81      Occorre quindi esaminare la fondatezza del suddetto motivo.

82      Con tale motivo, Intel contesta, segnatamente, al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto nel considerare, al punto 612 della sentenza impugnata, che la Commissione non aveva violato l’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, in combinato disposto con l’articolo 3 del regolamento n. 773/2004.

83      A tal proposito occorre, preliminarmente, rilevare, al pari del Tribunale al punto 621 della sentenza impugnata, che si evince segnatamente dalla nota interna della Commissione relativa alla riunione con il sig. D 1 che i temi affrontati nel corso di quest’ultima, che si è protratta per più di cinque ore, riguardavano questioni che presentavano un collegamento oggettivo con il merito dell’indagine. Inoltre, il sig. D 1 era uno dei più alti dirigenti del cliente più importante di Intel e, come sottolineato da quest’ultima senza essere contraddetta in proposito, egli era, più in particolare, responsabile della supervisione dei rapporti della sua impresa con Intel. Ne consegue che la riunione che la Commissione ha tenuto con il sig. D 1 era intesa a raccogliere informazioni relative all’oggetto dell’indagine riguardante Intel, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, circostanza peraltro non contestata dalla Commissione.

84      In primo luogo, relativamente alla criticata distinzione tra interrogatori formali e colloqui informali operata dal Tribunale, al punto 614 della sentenza impugnata, risulta dalla formulazione stessa dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 che quest’ultimo è inteso applicarsi a qualunque audizione diretta alla raccolta di informazioni relative all’oggetto di un’indagine.

85      Il considerando 25 del regolamento n. 1/2003 precisa, a tal proposito, che tale regolamento mira a rafforzare i poteri di indagine della Commissione, consentendo, in particolare, a quest’ultima di sentire chiunque possa disporre di informazioni utili e di verbalizzare le dichiarazioni.

86      L’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 costituisce quindi una base giuridica che permette alla Commissione di procedere ad un’audizione di una persona nel corso di un’indagine, circostanza confermata dai lavori preparatori di tale regolamento (v. la proposta di regolamento del Consiglio concernente l’applicazione alle imprese delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] recante modifica dei regolamenti (CEE) n. 1017/68, (CEE) n. 2988/74, (CEE) n. 4056/86 e (CEE) n. 3975/87 [COM(2000) 582 definitivo, GU 2000, C 365E, pag. 284]].

87      Nessun elemento ricavato dalla formulazione di tale disposizione o dalla finalità da quest’ultima perseguita consente di desumere che il legislatore abbia inteso introdurre una distinzione tra due categorie di audizioni relative all’oggetto di un’indagine o di escludere dall’ambito di applicazione della suddetta disposizione taluni tipi di esse.

88      È dunque erroneamente che il Tribunale ha considerato, ai punti da 614 a 618 della sentenza impugnata, che occorresse distinguere, all’interno delle audizioni tenute dalla Commissione nell’ambito di un’indagine, tra gli interrogatori formali rientranti nell’ambito di applicazione del combinato disposto dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, e i colloqui informali, i quali si situerebbero al di fuori dell’ambito di applicazione di tali disposizioni.

89      In secondo luogo, nei limiti in cui Intel sostiene che la Commissione ha l’obbligo di procedere alla registrazione di qualunque colloquio condotto sul fondamento dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, occorre rilevare, anzitutto, che l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 773/2004, il quale dispone che la Commissione «informa inoltre la persona sentita qualora intenda effettuare una registrazione del colloquio», deve essere inteso non già nel senso che la registrazione del colloquio rivesta carattere facoltativo, bensì che la Commissione è tenuta ad avvertire la persona interessata della registrazione.

90      Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 773/2004, il quale precisa che «[l]a Commissione può registrare in qualsiasi forma le dichiarazioni rese dalle persone sentite», implica, come ha giustamente considerato il Tribunale al punto 617 della sentenza impugnata, che la Commissione, laddove decida, con il consenso della persona interrogata, di procedere a un colloquio ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, è tenuta a registrare tale colloquio integralmente, ferma restando la possibilità di scelta, lasciata alla Commissione, riguardo alla forma di tale registrazione.

91      Ne consegue che grava sulla Commissione l’obbligo di registrare, nella forma di sua scelta, qualsiasi colloquio da essa tenuto, ai sensi dell’articolo 19 del regolamento n. 1/2003, al fine di raccogliere informazioni relative all’oggetto di un’indagine da essa condotta.

92      Quanto alla questione se il Tribunale abbia correttamente giudicato, al punto 622 della sentenza impugnata, che l’aver messo a disposizione di Intel, nel corso del procedimento amministrativo, la versione non riservata di una nota interna redatta dalla Commissione relativamente alla sua riunione con il sig. D 1 aveva rimediato alla lacuna connessa alla mancata registrazione del colloquio avvenuto nel corso di tale riunione, si deve rilevare che, pur se, come rilevato dal Tribunale ai punti 635 e 636 della sentenza impugnata, tale nota interna contiene un breve riassunto degli argomenti affrontati nel corso del colloquio controverso, essa non contiene, tuttavia, alcuna indicazione quanto al tenore delle discussioni che si sono svolte nel corso di tale colloquio, in particolare, quanto alla natura delle informazioni che il sig. D 1 ha fornito durante tale colloquio riguardo agli argomenti che vi sono menzionati. È pertanto a torto che il Tribunale ha considerato che la comunicazione a Intel della suddetta nota interna nel corso del procedimento amministrativo avesse rimediato alla lacuna iniziale di tale procedimento, attinente alla mancata registrazione del colloquio di cui trattasi.

93      Risulta dalle considerazioni che precedono che il Tribunale è incorso in errori di diritto, in primo luogo, nell’operare, in seno alle audizioni relative all’oggetto di un’indagine della Commissione, una distinzione tra gli interrogatori formali, soggetti al combinato disposto dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 e dell’articolo 3 del regolamento n. 773/2004, e i colloqui informali, che si situerebbero al di fuori dell’ambito di applicazione di tali disposizioni; in secondo luogo, nel ritenere che la riunione tra i servizi della Commissione e il sig. D 1, pur avendo essa ad oggetto un’indagine siffatta della Commissione, non rientrasse nell’ambito di applicazione di tali disposizioni giacché non costituiva un interrogatorio formale, e, in terzo luogo, nel considerare, ad abundantiam, che l’aver messo a disposizione di Intel, nel corso del procedimento amministrativo, una versione non riservata della nota interna redatta dalla Commissione relativamente alla suddetta riunione avesse posto rimedio alla mancata registrazione di quest’ultima.

94      Nondimeno, se dalla motivazione di una sentenza del Tribunale emerge una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della medesima sentenza appare fondato per altri motivi di diritto, una violazione siffatta non è idonea a determinare l’annullamento di tale sentenza ed occorre allora procedere ad una sostituzione della motivazione (v., in tal senso, sentenza Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione, C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punto 118 e giurisprudenza ivi citata).

95      Nella fattispecie occorre rilevare che il Tribunale ha sottolineato, al punto 611 della sentenza impugnata, che è pacifico tra le parti che la Commissione, nella decisione controversa, non si è fondata sulle informazioni ottenute nel corso della riunione con il sig. D 1 per muovere addebiti a Intel.

96      Stando così le cose, nei limiti in cui quest’ultima ha sostenuto che il sig. D 1 aveva fornito alla Commissione elementi a discarico che questa avrebbe dovuto riportare in un verbale adeguato accessibile per Intel, si deve ricordare che, relativamente alla mancata comunicazione di un documento che si asserisce a discarico, incombe all’impresa interessata dimostrare che la mancata comunicazione di tale documento ha potuto influenzare, a suo detrimento, lo svolgimento del procedimento e il contenuto della decisione (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, EU:C:2010:389, punto 23 e giurisprudenza citata).

97      L’impresa deve quindi dimostrare che essa avrebbe potuto utilizzare tali documenti a discarico per la propria difesa, nel senso che, se essa avesse potuto avvalersene durante il procedimento amministrativo, avrebbe potuto far valere elementi non concordanti con le deduzioni operate in quello stadio dalla Commissione e avrebbe potuto, pertanto, influenzare, in una maniera qualsiasi, le valutazioni effettuate dall’istituzione nell’eventuale decisione (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, EU:C:2010:389, punto 23 e giurisprudenza citata).

98      Ne consegue che l’impresa interessata deve dimostrare, da un lato, che essa non ha avuto accesso a taluni elementi di prova a discarico e, d’altro lato, che avrebbe potuto utilizzarli per la propria difesa (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2010, Knauf Gips/Commissione, C‑407/08 P, EU:C:2010:389, punto 24).

99      Orbene, nella fattispecie, risulta dall’analisi circostanziata esposta dal Tribunale ai punti da 629 a 659 della sentenza impugnata, che sono stati messi a disposizione di Intel, nel corso del procedimento amministrativo, oltre alla versione non riservata della nota interna redatta dalla Commissione relativamente alla riunione con il sig. D 1, un «documento di accompagnamento» contenente risposte scritte di Dell a quesiti orali che erano stati posti al sig. D 1 nel corso di tale riunione.

100    Inoltre, come esposto ai punti da 44 a 49 e 628 della sentenza impugnata, pur se Intel è stata messa in condizione di far valere, nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale, le proprie osservazioni alla luce della versione riservata di tale nota interna, la quale conteneva indicazioni sul contenuto delle discussioni, essa non ha tuttavia fornito alcun indizio che lasciasse supporre che la Commissione si sia astenuta dal fornire, nel corso di tale colloquio, elementi a discarico che avrebbero potuto essere utili alla sua difesa perché sarebbero stati atti a fornire una diversa luce alle prove documentali dirette prese in considerazione nella decisione controversa per dimostrare la natura condizionale delle pratiche considerate.

101    In particolare, come sottolinea la Commissione, Intel non si è avvalsa della possibilità a sua disposizione, conformemente agli articoli da 68 a 76 del regolamento di procedura del Tribunale, nella versione applicabile alla data della sentenza impugnata, di richiedere che il sig. D 1 fosse convocato dinanzi al Tribunale. Essa non ha neppure dimostrato dinanzi al Tribunale di aver tentato di contattare il sig. D 1 per ottenere che quest’ultimo confermasse di aver presentato, nel corso della sua audizione, elementi a discarico che avrebbero potuto essere utili alla difesa di Intel.

102    Pertanto, gli errori di diritto da cui è viziata la sentenza impugnata, individuati al punto 93 della presente sentenza, non sono atti ad infirmare la conclusione, al punto 625 della sentenza impugnata, secondo cui il procedimento amministrativo non è viziato da un’irregolarità, in violazione dei diritti della difesa, atta a comportare l’annullamento della decisione controversa (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 164).

103    La prima e la seconda parte del quarto motivo devono pertanto essere disattese in quanto inconferenti (v., in tal senso, sentenza del 12 febbraio 2015, Commissione/IPK International, C‑336/13 P, EU:C:2015:83, punto 66).

104    Nei limiti in cui la terza parte del quarto motivo attiene all’applicazione della sentenza del 25 ottobre 2011, Solvay/Commissione (C‑109/10 P, EU:C:2011:686), alla presente fattispecie, occorre constatare che il Tribunale si è pronunciato su tale punto nell’ambito dell’esame ad abundantiam delle conseguenze di un’ipotetica irregolarità procedurale sulla decisione controversa.

105    Orbene, le censure mosse contro una motivazione di una sentenza del Tribunale formulata ad abundantiam non possono comportare l’annullamento di tale sentenza e sono quindi inconferenti (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, France/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 79 e giurisprudenza ivi citata).

106    La terza parte del quarto motivo va pertanto respinta in quanto inconferente.

107    Ne consegue che il quarto motivo deve essere integralmente respinto.

 Sul primo motivo, vertente su un errore di diritto per il mancato esame degli sconti controversi alla luce di tutte le circostanze pertinenti

 Argomenti delle parti

108    Il primo motivo, che è opportuno esaminare in terzo luogo, in quanto riguarda la qualificazione dell’abuso di posizione dominante, ai sensi dell’articolo 102 TFUE, è suddiviso in tre parti.

109    Nella prima parte del primo motivo, Intel sostiene che gli sconti di fedeltà potevano essere qualificati come abusivi solo in esito ad un esame di tutte le circostanze pertinenti diretto a determinare se tali sconti erano atti a restringere la concorrenza. Intel si fonda, in particolare, sui punti 70 e 71 della sentenza del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione (C‑549/10 P, EU:C:2012:221), per dedurne che un esame di tutte le circostanze si applica indifferentemente agli sconti di esclusiva e alle altre riduzioni aventi un effetto fidelizzante.

110    Intel aggiunge che né il tenore letterale né la struttura dell’articolo 102 TFUE mostrano che taluni tipi di comportamento, allorché sono adottati da un’impresa in posizione dominante, devono essere qualificati come anticoncorrenziali per natura.

111    Essa sostiene che la giurisprudenza costante della Corte prescrive, per poter constatare l’esistenza di un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE, un esame di tutte le circostanze, compreso l’esame del livello degli sconti di cui trattasi, della durata di questi ultimi, delle quote di mercato interessate, delle necessità dei clienti e della capacità degli sconti di precludere il mercato ad un concorrente altrettanto efficace (as efficient competitor test; in prosieguo: il «test AEC»), per dimostrare che tali sconti sono atti a restringere la concorrenza e, pertanto, costituiscono un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE.

112    Peraltro, l’affermazione del Tribunale, al punto 94 della sentenza impugnata, secondo cui un’impresa in posizione dominante potrebbe dimostrare che il suo comportamento sia oggettivamente giustificato, costituirebbe una falsa possibilità, giacché, al punto 89 della suddetta sentenza, il Tribunale ha affermato che non potrebbero essere riconosciuti effetti benefici di un comportamento siffatto. Del pari, la posizione della Commissione condurrebbe a un’inversione dell’onere della prova giacché Intel dovrebbe giustificare il suo comportamento prima ancora che la Commissione sia tenuta a dimostrare che quest’ultimo è idoneo a restringere la concorrenza.

113    Nella seconda parte del primo motivo, Intel contesta al Tribunale di non aver valutato la probabilità di una restrizione della concorrenza. Così, la circostanza che gli sconti controversi siano qualificati o analizzati nella sentenza impugnata come sconti di esclusiva non dovrebbe escludere un esame della loro capacità di restringere la concorrenza.

114    Nella terza parte del primo motivo, Intel sostiene che l’analisi del Tribunale, di cui ai punti da 172 a 197 della sentenza impugnata, relativa alla capacità degli sconti di restringere la concorrenza e diretta a dimostrare che il comportamento controverso nei confronti dei beneficiari degli sconti era atto a restringere la concorrenza, è insufficiente e non sana gli errori di diritto precedentemente individuati.

115    Il Tribunale avrebbe erroneamente trascurato circostanze importanti come la copertura insufficiente del mercato da parte degli sconti controversi, la breve durata delle pratiche contestate, la mancanza di blocco e un rapido calo dei prezzi nonché la previa analisi del concorrente altrettanto efficace

116    Riguardo alla copertura del mercato ad opera degli sconti controversi, il Tribunale avrebbe erroneamente considerato che la quota di mercato coperta dal comportamento controverso fosse significativa. Il tasso di copertura di cui trattasi, in media del 14%, non sarebbe comparabile al blocco del 39% del mercato considerato nella causa conclusasi con la sentenza del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione (C‑549/10 P, EU:C:2012:221), e al blocco del 40% di cui alla causa conclusasi con la sentenza del 23 ottobre 2003, Van den Bergh Foods/Commissione (T‑65/98, EU:T:2003:281). Intel contesta, a tal proposito, l’argomento della Commissione secondo cui la copertura del mercato ad opera delle pratiche contestate non è rilevante, in quanto essa riguarda solo gli effetti concreti. Intel controbatte che una considerevole copertura del mercato è un elemento necessario per poter accertare un abuso.

117    Quanto alla durata delle pratiche contestate, Intel ritiene che gli accordi di breve durata non producano alcun effetto pregiudizievole reale o potenziale. Essa aggiunge che, per dichiarare, al punto 113 della sentenza impugnata, che la durata degli accordi non è stata breve, il Tribunale non si è basato sulla durata degli accordi considerati individualmente, bensì sul cumulo di molti accordi, cosicché non ha potuto prendere in considerazione la circostanza che i clienti di Intel potevano liberarsi frequentemente dei loro accordi. Intel contesta, in proposito, l’affermazione della Commissione secondo la quale i suoi clienti costruttori OEM non potevano liberarsi degli accordi conclusi con essa malgrado la loro breve durata. La circostanza incontestata che Dell ha cambiato fornitore a vantaggio di AMD allorché gli sconti di Intel erano al livello più elevato proverebbe che la possibilità di cambiamento era concreta.

118    Relativamente alla mancanza di blocco degli sconti controversi, Intel considera che il Tribunale non ha tenuto conto dei limiti di capacità, cui si era trovata confrontata AMD, che hanno impedito a quest’ultima di rispondere alle richieste di CPU, cosicché Dell e Lenovo si sono approvvigionate esclusivamente presso Intel nel corso dei periodi considerati.

119    Quanto alla pertinenza del test AEC, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto non considerando l’analisi svolta dalla Commissione nella decisione controversa come pertinente e facente parte del controllo che esso deve esercitare per conformarsi alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950. Secondo Intel, non si tratta di stabilire se la Commissione fosse tenuta a svolgere tale test. Tuttavia, nei limiti in cui essa ha proceduto a un’analisi siffatta, i risultati correttamente valutati avrebbero dovuto essere presi in considerazione tra tutte le circostanze pertinenti per dimostrare l’esistenza di una probabilità di restrizione della concorrenza.

120    ACT si conforma, in sostanza, alla posizione di Intel.

121    La Commissione considera che il primo motivo riposa su una premessa non dimostrata secondo la quale gli sconti di esclusiva sarebbero semplicemente un tipo di pratica tariffaria. La Corte non sarebbe dunque tenuta ad esaminare tale motivo.

122    In subordine, la Commissione sostiene che gli sconti di esclusiva presentano caratteristiche anticoncorrenziali tali che è generalmente inutile dimostrare la loro capacità di limitare la concorrenza. Così, tali sconti avrebbero un effetto dissuasivo generato dalla prospettiva, per l’impresa cliente, di perdere gli sconti sulla quota non contendibile del mercato. Ne conseguirebbe che essi generalmente limitano la libertà dei clienti di scegliere le loro fonti di approvvigionamento a seconda dell’offerta più attraente.

123    Inoltre, Intel avrebbe proceduto ad un’interpretazione errata dei punti 70 e 71 della sentenza del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione (C‑549/10 P, EU:C:2012:221), nell’affermare che tali punti riguardavano gli sconti di esclusiva.

124    La Commissione ritiene che l’argomento formulato in secondo luogo da Intel sia irricevibile giacché non fa riferimento ad alcun errore di diritto.

125    In ogni caso, tale argomento sarebbe inconferente giacché, ai punti da 172 a 197 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che il comportamento di Intel aveva la capacità di limitare la concorrenza.

126    La Commissione aggiunge, in subordine, che il criterio giuridico risultante dalla giurisprudenza relativa alle pratiche tariffarie nonché alle pratiche di prezzi predatori non è applicabile agli sconti di esclusiva. Essa spiega, in proposito, che la Corte avrebbe potuto trasporre il criterio giuridico di valutazione della natura abusiva delle pratiche tariffarie ai regimi di sconti nella sentenza del 19 aprile 2012, Tomra Systems e a./Commissione (C‑549/10 P, EU:C:2012:221), ma che, in occasione di quest’ultima, ha espressamente ribadito che un’impresa che occupa una posizione dominante abusa di tale posizione allorché si avvale di un sistema di sconti siffatto.

127    La Commissione considera, infine, che non sia necessario che la Corte esamini gli argomenti sollevati da Intel relativamente ai punti da 172 a 197 della sentenza impugnata, giacché il Tribunale ha esaminato la questione se la Commissione avesse dimostrato nella decisione controversa la capacità del comportamento di Intel di restringere la concorrenza solo ad abundantiam.

128    In subordine la Commissione sostiene che la sentenza impugnata dimostra a sufficienza l’esistenza di una strategia complessiva e che gli argomenti di Intel al riguardo sono irricevibili in quanto mirano ad una nuova valutazione dei fatti. Essa risponde allo stesso modo agli argomenti di Intel relativi alla pertinenza della copertura del mercato nonché alla durata della pratica.

 Giudizio della Corte

129    In primo luogo, con le prime due parti del suo primo motivo, Intel, sostenuta da ACT, contesta, in sostanza, al Tribunale di aver dichiarato che le pratiche di cui trattasi possono essere qualificate come abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE senza che si sia proceduto al previo esame di tutte le circostanze della fattispecie e senza che sia stata esaminata la probabilità che una restrizione della concorrenza risulti da tale comportamento.

130    In secondo luogo, con la terza parte del suo primo motivo, Intel critica l’analisi del Tribunale svolta ad abundantiam, segnatamente ai punti da 172 a 197 della sentenza impugnata, relativa alla capacità degli sconti e dei pagamenti accordati a Dell, a HP, a NEC, a Lenovo e a MSH di restringere la concorrenza alla luce delle circostanze della fattispecie.

131    In tale ambito, Intel contesta, in particolare, la valutazione effettuata dal Tribunale quanto alla pertinenza del test AEC applicato dalla Commissione nella fattispecie.

132    Essa sostiene, in particolare, che, nei limiti in cui la Commissione ha proceduto a un test siffatto, il Tribunale avrebbe dovuto esaminare la sua argomentazione vertente sul fatto che l’applicazione del suddetto test conteneva numerosi errori e che, qualora esso fosse stato svolto correttamente, avrebbe condotto alla conclusione contraria a quella raggiunta dalla Commissione, ossia che gli sconti controversi non avevano la capacità di restringere la concorrenza.

133    In proposito, occorre ricordare che l’articolo 102 TFUE non ha assolutamente lo scopo di impedire ad un’impresa di conquistare, grazie ai suoi meriti, una posizione dominante su un dato mercato. Tale disposizione non è diretta neppure a garantire che rimangano sul mercato concorrenti meno efficienti dell’impresa che detiene una posizione dominante (v., in particolare, sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark, C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

134    In tal senso, non tutti gli effetti di esclusione dal mercato pregiudicano necessariamente la concorrenza. Per definizione, la concorrenza basata sui meriti può portare alla sparizione dal mercato o all’emarginazione dei concorrenti meno efficienti e quindi meno interessanti per i consumatori, segnatamente dal punto di vista dei prezzi, della scelta, della qualità o dell’innovazione (v., in particolare, sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark, C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 22 e giurisprudenza ivi citata)..

135    Tuttavia, all’impresa che detiene una posizione dominante incombe la responsabilità particolare di non pregiudicare, con il suo comportamento, una concorrenza effettiva e leale nel mercato interno (v., in particolare, sentenze del 9 novembre 1983, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, 322/81, EU:C:1983:313, punto 57, nonché del 27 marzo 2012, Post Danmark, C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 23 e giurisprudenza ivi citata).

136    È per tale ragione che l’articolo 102 TFUE vieta, in particolare, che un’impresa detentrice di una posizione dominante attui pratiche che hanno l’effetto di escludere i suoi concorrenti considerati altrettanto efficienti quanto l’impresa stessa, rafforzando la propria posizione dominante mediante il ricorso a mezzi diversi da quelli che sono propri di una concorrenza fondata sui meriti. Sotto tale profilo, non può quindi essere considerata legittima qualsiasi concorrenza attuata mediante i prezzi (v., in tal senso, sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark, C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 25).

137    In proposito, è stato già statuito che, per un’impresa che si trova in posizione dominante su un mercato, il fatto di vincolare – sia pure a loro richiesta – taluni acquirenti attraverso l’obbligo o la promessa di rifornirsi per tutto o gran parte del loro fabbisogno esclusivamente presso di essa costituisce abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE, tanto se l’obbligo in questione è imposto sic et simpliciter, quanto se ha come contropartita la concessione di sconti. Lo stesso dicasi se detta impresa, senza vincolare gli acquirenti con un obbligo formale, applica, vuoi in forza di accordi stipulati con tali acquirenti, vuoi unilateralmente, un sistema di sconti di fedeltà, cioè di riduzioni subordinate alla condizione che il cliente – indipendentemente dal volume degli acquisti – si rifornisca esclusivamente per la totalità o per una parte considerevole del suo fabbisogno presso l’impresa in posizione dominante (v. sentenza del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione, 85/76, EU:C:1979:36, punto 89).

138    Occorre, tuttavia, precisare tale giurisprudenza nel caso in cui l’impresa considerata sostenga nel corso del procedimento amministrativo, sulla base di elementi di prova, che il suo comportamento non ha avuto la capacità di restringere la concorrenza e, in particolare, di produrre gli effetti di esclusione dal mercato addebitati.

139    In tal caso, la Commissione è tenuta, non solo ad analizzare, da un lato, l’ampiezza della posizione dominante dell’impresa sul mercato pertinente e, dall’altro, il tasso di copertura del mercato ad opera della pratica concordata, nonché le condizioni e le modalità di concessione degli sconti di cui trattasi, la loro durata e il loro importo, ma deve anche valutare l’eventuale esistenza di una strategia diretta ad escludere dal mercato i concorrenti quantomeno altrettanto efficaci (v., per analogia, sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark, C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 29).

140    L’analisi della capacità di escludere dal mercato è del pari pertinente ai fini della valutazione della questione se un sistema di sconti rientrante in linea di principio nell’ambito del divieto di cui all’articolo 102 TFUE possa essere oggettivamente giustificato. Inoltre, l’effetto preclusivo derivante da un sistema di sconti, pregiudizievole per la concorrenza, può essere controbilanciato, o anche superato, da vantaggi in termini di efficienza che vanno a beneficio anche del consumatore (sentenza del 15 marzo 2007, British Airways/Commissione, C‑95/04 P, EU:C:2007:166, punto 86). Una ponderazione siffatta degli effetti, favorevoli e sfavorevoli per la concorrenza, della pratica contestata può essere svolta nella decisione della Commissione solo in esito ad un’analisi della capacità di esclusione dal mercato di concorrenti quantomeno altrettanto efficaci, intrinseca alla pratica considerata.

141    Se, nella decisione che accerta il carattere abusivo di un sistema di sconti, la Commissione effettua un’analisi siffatta, incombe al Tribunale esaminare tutti gli argomenti della parte ricorrente diretti a rimettere in discussione la fondatezza delle constatazioni raggiunte dalla Commissione quanto alla capacità di preclusione dal mercato del sistema di sconti considerato.

142    Nella fattispecie, nella decisione controversa, la Commissione – pur sottolineando che gli sconti di cui trattasi avevano, per loro stessa natura, la capacità di restringere la concorrenza cosicché non era necessaria un’analisi di tutte le circostanze della fattispecie, e in particolare un test AEC, al fine di constatare un abuso di posizione dominante (v., in particolare, i punti 925 e 1760 di tale decisione) – ha nondimeno effettuato un esame approfondito di tutte le circostanze, dedicando, ai punti da 1002 a 1576 della suddetta decisione, osservazioni molto dettagliate alla sua analisi svolta nell’ambito del test AEC, analisi che l’ha condotta a concludere, ai punti 1574 e 1575 di detta decisione, che un concorrente altrettanto efficace avrebbe dovuto praticare prezzi che non sarebbero stati economicamente sostenibili e che, pertanto, la pratica di sconti di cui trattasi era atta ad avere effetti preclusivi per un concorrente siffatto.

143    Ne consegue che, nella decisione controversa, il test AEC ha rivestito un’importanza reale nella valutazione, da parte della Commissione, della capacità della pratica di sconti di cui trattasi di produrre un effetto di esclusione dal mercato di concorrenti altrettanto efficaci.

144    Il Tribunale era pertanto tenuto ad esaminare tutti gli argomenti di Intel formulati relativamente a tale test.

145    Orbene, esso ha giudicato, ai punti 151 e 166 della sentenza impugnata, che non era necessario esaminare se la Commissione avesse effettuato il test AEC secondo le regole applicabili e senza commettere errori, e che non era neppure necessario esaminare la questione se i calcoli alternativi proposti dalla ricorrente fossero stati effettuati correttamente.

146    Nell’ambito del suo esame, ad abundantiam, delle circostanze della fattispecie, il Tribunale ha pertanto negato, ai punti da 172 a 175 della sentenza impugnata, qualsiasi pertinenza al test AEC effettuato dalla Commissione e non ha, quindi, risposto alle critiche mosse al riguardo da Intel.

147    Di conseguenza, senza che sia necessario pronunciarsi sui motivi secondo, terzo e sesto, si deve annullare la sentenza impugnata per il fatto che il Tribunale si è a torto astenuto, nell’ambito della sua analisi della capacità degli sconti controversi di limitare la concorrenza, dal prendere in considerazione gli argomenti di Intel diretti a mettere in luce presunti errori commessi dalla Commissione nell’ambito del test AEC.

 Rinvio della causa dinanzi al Tribunale

148    Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta. Tale ipotesi non ricorre, tuttavia, nella fattispecie.

149    Infatti, il controllo ad opera del Tribunale, alla luce degli argomenti addotti da Intel, relativamente alla capacità degli sconti controversi di limitare la concorrenza presuppone l’esame di elementi economici e di fatto che spetta al medesimo effettuare.

150    Di conseguenza, occorre rinviare la causa al Tribunale.

 Sulle spese

151    Poiché la causa viene rimessa dinanzi al Tribunale, occorre riservare le spese inerenti al presente procedimento d’impugnazione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 12 giugno 2014, Intel/Commissione (T‑286/09, EU:T:2014:547), è annullata.

2)      La causa è rinviata al Tribunale dell’Unione europea.

3)      Le spese sono riservate.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.