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Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Szegedi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Ungheria) l’8 gennaio 2018 – Sole-Mizo Zrt. / Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága

(Causa C-13/18)

Lingua processuale: l’ungherese

Giudice del rinvio

Szegedi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság

Parti

Ricorrente: Sole-Mizo Zrt.

Resistente: Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága

Questioni pregiudiziali

Se sia conforme alle disposizioni del diritto comunitario, a quelle della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo, la «direttiva IVA») (tenendo conto segnatamente dell’articolo 183), e ai principi di effettività, di efficacia diretta e di equivalenza una prassi di uno Stato membro in forza della quale, nell’esaminare le pertinenti disposizioni in materia di interessi di mora, si muove dal presupposto che l’autorità tributaria nazionale non abbia commesso una violazione (omissione) ―ossia, non sia incorsa in alcuna mora per quanto attiene alla parte non recuperabile dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo, l’«IVA») (…) dovuta sugli acquisti non pagati dei soggetti passivi― in quanto, all’epoca della decisione dell’autorità tributaria nazionale, la normativa nazionale in contrasto con il diritto comunitario era in vigore e la Corte di giustizia ha dichiarato solo in seguito l’incompatibilità con il diritto comunitario del presupposto in essa stabilito.

Se sia conforme al diritto comunitario, in particolare alle disposizioni della direttiva IVA (tenendo conto segnatamente dell’articolo 183) e ai principi di equivalenza, di effettività e di proporzionalità, una prassi di uno Stato membro che, nell’esaminare le pertinenti disposizioni in materia di interessi di mora, distingue a seconda che l’autorità tributaria nazionale non abbia rimborsato l’imposta nell’osservanza delle disposizioni nazionali allora vigenti ― risultate contrarie al diritto comunitario ― oppure se ciò sia avvenuto in violazione delle medesime, e che, per quanto attiene all’entità del tasso degli interessi maturati sull’IVA il cui rimborso non ha potuto essere chiesto entro un termine ragionevole a motivo di un presupposto di diritto nazionale dichiarato contrario al diritto dell’Unione dalla Corte di giustizia, indica due periodi distinti, di modo che,

–    nel primo periodo, i soggetti passivi hanno il diritto di percepire l’interesse di mora soltanto al tasso di base applicato dalla Banca centrale, tenuto presente che, essendo in quel momento ancora in vigore la normativa ungherese contraria al diritto comunitario, le autorità tributarie ungheresi non hanno agito illegittimamente non autorizzando il pagamento, entro un termine ragionevole, dell’IVA indicata nelle fatture, mentre

–    nel secondo periodo, dev’essere corrisposto un interesse pari al doppio del tasso di base applicato dalla Banca centrale ― applicabile in caso di mora nell’ordinamento giuridico dello Stato membro di cui trattasi― solo per il pagamento tardivo degli interessi di mora dovuti sul primo periodo.

Se l’articolo 183 della direttiva IVA debba essere interpretato nel senso che il principio di equivalenza osta a una prassi di uno Stato membro in forza della quale l’autorità tributaria paga sull’IVA non rimborsata soltanto l’interesse corrispondente al tasso di base (semplice) della Banca centrale in caso di violazione del diritto dell’Unione, mentre, in caso di violazione del diritto nazionale, detta autorità paga un interesse pari al doppio di tale tasso.

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