Language of document : ECLI:EU:T:2014:113

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

12 marzo 2014 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate nei confronti della Siria – Congelamento dei capitali – Inserimento di un singolo negli elenchi delle persone interessate – Legami personali con membri del regime – Diritti della difesa – Processo equo – Obbligo di motivazione – Onere della prova – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Proporzionalità – Diritto di proprietà – Diritto alla vita privata»

Nella causa T‑202/12,

Bouchra Al Assad, residente in Damasco (Siria), rappresentata da G. Karouni e C. Dumont, avvocati,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da G. Étienne e M.‑M. Joséphidès, in qualità di agenti,

convenuto,

avente ad oggetto una domanda di annullamento parziale, in primo luogo, della decisione di esecuzione 2012/172/PESC del Consiglio, del 23 marzo 2012, che attua la decisione 2011/782/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 87, pag. 103), in secondo luogo, della decisione 2012/739/PESC del Consiglio, del 29 novembre 2012, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e che abroga la decisione 2011/782/PESC (GU L 330, pag. 21), in terzo luogo, del regolamento di esecuzione (UE) n. 363/2013 del Consiglio, del 22 aprile 2013, che attua il regolamento (UE) n. 36/2012, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU L 111, pag. 1, rettifica in GU 2013, L 127, pag. 27), e, in quarto luogo, della decisione 2013/255/PESC del Consiglio, del 31 maggio 2013, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 147, pag. 14), nella parte in cui tali atti riguardano la ricorrente,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, G. Berardis (relatore) e C. Wetter, giudici,

cancelliere: C. Kristensen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 settembre 2013,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente, sig.ra Bouchra Al Assad, è una cittadina siriana, sorella del presidente della Repubblica Araba di Siria, sig. Bashar Al Assad, e moglie, poi vedova, di un altro membro del governo siriano, il sig. Asif Shawkat.

2        Il 9 maggio 2011 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato, sulla base dell’articolo 29 TUE, la decisione 2011/273/PESC, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 121, pag. 11).

3        L’articolo 3, paragrafo 1, di tale decisione prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie per impedire l’ingresso o il transito nel loro territorio dei responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria e delle persone ad essi associate, elencati nell’allegato alla suddetta decisione.

4        L’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2011/273 dispone che tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dai responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria e dalle persone fisiche o giuridiche o dalle entità ad essi associate sono congelati. Le modalità di tale congelamento sono definite agli altri paragrafi del citato articolo.

5        Ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, della decisione 2011/273, il Consiglio predispone l’elenco delle persone interessate.

6        In pari data il Consiglio ha adottato, sulla base dell’articolo 215, paragrafo 2, TFUE e della decisione 2011/273, il regolamento (UE) n. 442/2011, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria (GU L 121, pag. 1). L’articolo 4, paragrafo 1, di detto regolamento prevede il congelamento di tutti i fondi e tutte le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone fisiche o giuridiche, dalle entità e dagli organismi elencati nell’allegato II.

7        La decisione 2011/273 è stata sostituita dalla decisione 2011/782/PESC del Consiglio, del 1° dicembre 2011, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e che abroga la decisione 2011/273 (GU L 319, pag. 56).

8        L’articolo 18, paragrafo 1, e l’articolo 19, paragrafo 1, della decisione 2011/782 corrispondono rispettivamente all’articolo 3, paragrafo 1, e all’articolo 4, paragrafo 1, della decisione 2011/273, con l’aggiunta che le misure restrittive ivi indicate si applicano altresì alle persone che traggono vantaggio dal regime o lo sostengono.

9        Il regolamento n. 442/2011 è stato sostituito dal regolamento (UE) n. 36/2012 del Consiglio, del 18 gennaio 2012, concernente misure restrittive in considerazione della situazione in Siria e che abroga il regolamento n. 442/2011 (GU L 16, pag. 1).

10      Con la decisione di esecuzione 2012/172/PESC del Consiglio, del 23 marzo 2012, che attua la decisione 2011/782 (GU L 87, pag. 103), il nome della ricorrente è stato aggiunto all’elenco riportato nell’allegato I della decisione 2011/782, con la seguente motivazione:

«Sorella di Bashar al Assad e moglie di Asif Shawkat, vice capo di stato maggiore per la sicurezza e il riconoscimento. Date le strette relazioni personali e le intrinseche relazioni finanziarie con il presidente siriano Bashar Al Assad e con altre figure centrali del regime siriano, trae vantaggio dal regime siriano ed è ad esso associata».

11      Con il regolamento di esecuzione (UE) n. 266/2012 del Consiglio, del 23 marzo 2012, che attua l’articolo 32, paragrafo 1, del regolamento n. 36/2012 (GU L 87, pag. 45), il nome della ricorrente è stato aggiunto all’elenco riportato nell’allegato II del regolamento n. 36/2012, con una motivazione uguale a quella riportata al precedente punto 10.

12      Il 24 marzo 2012 il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’avviso all’attenzione delle persone ed entità cui si applicano le misure restrittive previste dalla decisione 2011/782, attuata dalla decisione di esecuzione 2012/172, e dal regolamento n. 36/2012, attuato dal regolamento di esecuzione n. 266/2012 (GU C 88, pag. 9; in prosieguo: l’«avviso del 24 marzo 2012»).

13      Stando a tale avviso, le persone e le entità interessate possono presentare al Consiglio, unitamente ai documenti giustificativi, una richiesta volta ad ottenere il riesame della decisione che ha incluso il loro nome negli elenchi allegati agli atti menzionati al precedente punto 12.

 Procedimento e conclusioni delle parti

14      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 maggio 2012, la ricorrente ha proposto il presente ricorso, diretto all’annullamento della decisione di esecuzione 2012/172, per la parte ad essa relativa.

15      Nella replica, la ricorrente ha confermato tale domanda di annullamento.

16      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 30 gennaio 2013, la ricorrente, tenuto conto del fatto che nel frattempo il Consiglio aveva adottato la decisione 2012/739/PESC, del 29 novembre 2012, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria e che abroga la decisione 2011/782 (GU L 330, pag. 21), ha chiesto di poter estendere la sua domanda di annullamento in modo da includervi non soltanto la decisione di esecuzione 2012/172, ma anche la decisione 2012/739, il cui allegato I, al punto 71, conteneva il suo nome, con la stessa motivazione riportata supra al punto 10 (in prosieguo: la «domanda relativa alla decisione 2012/739»).

17      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 28 febbraio 2013, il Consiglio ha dichiarato di non avere osservazioni da formulare in merito alla domanda relativa alla decisione 2012/739.

18      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Sesta Sezione) ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

19      Con memoria depositata presso la cancelleria del Tribunale il 30 luglio 2013, la ricorrente ha rinnovato la richiesta di poter adeguare le sue conclusioni affinché il suo ricorso di annullamento comprendesse anche il regolamento di esecuzione (UE) n. 363/2013 del Consiglio, del 22 aprile 2013, che attua il regolamento n. 36/2012 (GU L 111, pag. 1, rettifica in GU 2013, L 127, pag. 27), e la decisione 2013/255/PESC del Consiglio, del 31 maggio 2013, relativa a misure restrittive nei confronti della Siria (GU L 147, pag. 14), nei limiti in cui tali atti, a cui sono allegati elenchi contenenti il suo nome, incidono sulla sua situazione (in prosieguo, rispettivamente: la «domanda relativa al regolamento di esecuzione n. 363/2013» e la «domanda relativa alla decisione 2013/255»).

20      Sempre in data 30 luglio 2013, la ricorrente ha chiesto di poter depositare nuove offerte di prova, relative al decesso del suo coniuge e al fatto che essa si era stabilita negli Emirati Arabi Uniti, con i suoi figli, che ivi frequentavano le scuole (in prosieguo: le «nuove offerte di prova»).

21      Con decisione del presidente della Sesta Sezione del Tribunale del 21 agosto 2013, le nuove offerte di prova sono state acquisite agli atti.

22      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 4 settembre 2013, il Consiglio ha dichiarato di non avere osservazioni da formulare in merito alla domanda relativa al regolamento di esecuzione n. 363/2013 e alla domanda relativa alla decisione 2013/255.

23      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 6 settembre 2013, il Consiglio ha affermato in sostanza che le nuove offerte di prova non potevano influire sull’esito del presente ricorso, dal momento che il decesso del coniuge della ricorrente e il fatto che i suoi figli frequentassero le scuole negli Emirati Arabi Uniti non modificavano i suoi legami con il regime siriano. Inoltre, il Consiglio ha precisato che i documenti prodotti dalla ricorrente non provavano che la stessa si fosse allontanata dalla Siria.

24      Le parti hanno svolto le loro difese orali e risposto ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 12 settembre 2013. In particolare, la ricorrente ha confermato che l’atto introduttivo del giudizio si riferiva alla decisione 2012/172, la quale ha disposto l’inserimento del suo nome nell’allegato I della decisione 2011/782. Si è preso atto di tale dichiarazione nel verbale dell’udienza.

25      Nella stessa occasione, il Tribunale ha invitato il Consiglio a produrre la prova della comunicazione individuale alla ricorrente del regolamento di esecuzione n. 363/2013.

26      Con lettera depositata presso la cancelleria del Tribunale il 25 settembre 2013, il Consiglio ha fornito la prova del fatto, da un lato, che esso aveva comunicato individualmente a uno dei rappresentanti della ricorrente nella presente causa il regolamento di esecuzione n. 363/2013 e la sua rettifica, con lettera raccomandata del 13 maggio 2013, e, dall’altro, che il suddetto rappresentante aveva ricevuto tale lettera il 17 maggio 2013. Le osservazioni della ricorrente in merito alla prova fornita dal Consiglio sono state depositate presso la cancelleria del Tribunale il 7 ottobre 2013.

27      Con lettera del 4 ottobre 2013 la ricorrente ha chiesto la sospensione del procedimento al fine di poter presentare al Consiglio una domanda di riesame della sua situazione.

28      Il 22 ottobre 2013 il presidente della Sesta Sezione del Tribunale, da un lato, sentito il Consiglio, ha respinto la domanda di sospensione, e, dall’altro, ha deciso di chiudere la fase orale del procedimento.

29      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione di esecuzione 2012/172, nella parte in cui la riguarda;

–        annullare la decisione 2012/739, nella parte in cui la riguarda;

–        annullare il regolamento di esecuzione n. 363/2013, nella parte in cui la riguarda;

–        annullare la decisione 2013/255, nella parte in cui la riguarda;

–        condannare il Consiglio alle spese.

30      Il Consiglio chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla ricevibilità delle domande di adeguamento delle conclusioni

31      La ricorrente ha chiesto di ampliare il petitum del suo ricorso di annullamento in modo da includervi anche la decisione 2012/739, il regolamento di esecuzione n. 363/2013 e la decisione 2013/255.

 Sulla domanda relativa alla decisione 2012/739 e sulla domanda relativa alla decisione 2013/255

32      Occorre ricordare che, come risulta dai precedenti punti 16 e 19, dopo la presentazione dell’atto introduttivo, da un lato, la decisione 2011/782, come modificata dalla decisione di esecuzione 2012/172, è stata abrogata e sostituita dalla decisione 2012/739 e, dall’altro, poiché quest’ultima non era più applicabile, è stata adottata la decisione 2013/255. Il nome della ricorrente figura negli elenchi costituenti l’allegato I della decisione 2012/739 e della decisione 2013/255, con una motivazione uguale a quella della decisione 2012/172, riportata al precedente punto 10.

33      A questo proposito occorre rammentare che, quando l’atto impugnato inizialmente viene sostituito nel corso del giudizio da un altro atto avente lo stesso oggetto, quest’ultimo deve essere considerato come un elemento nuovo che consente al ricorrente di adeguare le sue conclusioni e i suoi motivi. È infatti inammissibile che un’istituzione o un organo dell’Unione europea, per far fronte alle censure contenute in un ricorso proposto contro uno dei suoi atti, possa adeguare tale atto o sostituirlo con un altro e valersi, in corso di causa, di tale modifica o di tale sostituzione per privare la controparte della possibilità di estendere le sue conclusioni e le sue difese iniziali all’ulteriore atto o di presentare contro di esso ulteriori conclusioni e difese (sentenze della Corte del 3 marzo 1982, Alpha Steel/Commissione, 14/81, Racc. pag. 749, punto 8, e del Tribunale del 28 maggio 2013, Al Matri/Consiglio, T‑200/11, punto 80).

34      Si deve riconoscere la ricevibilità della domanda relativa alla decisione 2012/739 e della domanda relativa alla decisione 2013/255. Infatti, tenuto conto delle date di adozione, rispettivamente il 29 novembre 2012 e il 31 maggio 2013, di tali decisioni, in forza delle quali la ricorrente continua a essere interessata dalle misure restrittive nei confronti della Siria, le suddette domande, depositate presso la cancelleria del Tribunale rispettivamente il 30 gennaio e il 30 luglio 2013, sono state evidentemente presentate entro il termine di ricorso applicabile a ciascuna delle decisioni in questione.

 Sulla domanda relativa al regolamento di esecuzione n. 363/2013

35      Come risulta dal precedente punto 11, è con il regolamento di esecuzione n. 266/2012 che il nome della ricorrente è stato aggiunto all’elenco riportato nell’allegato II del regolamento n. 36/2012.

36      Orbene, è pacifico che l’atto introduttivo della presente causa non si riferiva al regolamento n. 36/2012, come modificato dal regolamento di esecuzione n. 266/2012.

37      È parimenti pacifico che il regolamento di esecuzione n. 363/2013 modifica il regolamento n. 36/2012.

38      A tal proposito, emerge dalla giurisprudenza richiamata supra al punto 33 che una domanda di adeguamento delle conclusioni mira a consentire al ricorrente di modificare la portata del suo ricorso qualora, nel corso del giudizio, l’atto inizialmente impugnato sia stato sostituito o modificato da un altro atto.

39      Ciò considerato, si deve constatare che la domanda relativa al regolamento di esecuzione n. 363/2013 è irricevibile, in quanto la ricorrente estende l’oggetto del suo ricorso a un atto che essa aveva omesso di impugnare nell’atto introduttivo, senza che sia necessario pronunciarsi sulla questione se tale domanda sia stata presentata entro il termine di ricorso.

40      Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, si deve concludere che la ricorrente è legittimata a proporre un ricorso avverso la decisione di esecuzione 2012/172, che inserisce il suo nome nell’elenco riportato nell’allegato I della decisione 2011/782, la decisione 2012/739 e la decisione 2013/255, nella parte in cui tali atti la riguardano (in prosieguo, considerate congiuntamente: le «decisioni impugnate»).

 Nel merito

41      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce in sostanza quattro motivi, vertenti:

–        il primo, sulla violazione dei diritti della difesa, del diritto ad un giusto processo e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva;

–        il secondo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione;

–        il terzo, sull’assenza di prova di un legame sufficiente tra essa e la situazione all’origine dell’adozione di misure restrittive nei confronti della Siria;

–        il quarto, sulla violazione del principio di proporzionalità, del diritto di proprietà e del diritto alla vita privata.

42      Occorre esaminare anzitutto il secondo motivo, successivamente il primo, poi il terzo e, infine, il quarto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

43      La ricorrente afferma che le decisioni impugnate non precisano i motivi specifici e concreti per cui il Consiglio ha considerato, nell’esercizio del suo potere discrezionale, che ad essa dovevano essere applicate le misure restrittive nei confronti della Siria. La motivazione fornita nelle suddette decisioni sarebbe vaga e generica e si limiterebbe a menzionare i suoi legami personali e familiari, anziché esporre elementi oggettivi che consentano di trarre la conclusione che essa ha partecipato alle azioni di cui sarebbero responsabili i suoi congiunti.

44      Peraltro, non le sarebbe stata comunicata alcuna ulteriore motivazione dopo l’adozione delle decisioni impugnate.

45      Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente.

46      Anzitutto, va ricordato che l’obbligo di motivare un atto che arreca pregiudizio, come previsto all’articolo 296, secondo comma, TFUE, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato indicazioni sufficienti per giudicare se l’atto sia fondato oppure se sia eventualmente inficiato da un vizio che consente di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione e, dall’altro, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo controllo di legittimità dell’atto stesso. L’obbligo di motivazione così formulato costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, al quale si può derogare solo sulla base di ragioni imperative. La motivazione, in linea di principio, deve quindi essere comunicata all’interessato contemporaneamente all’atto che gli arreca pregiudizio. La mancanza di motivazione non può essere sanata dal fatto che l’interessato venga a conoscenza dei motivi dell’atto nel corso del procedimento dinanzi al giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenza della Corte del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, punto 49, e sentenza del Tribunale del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, Racc. pag. II‑3967, punto 80).

47      Pertanto, salvo che ragioni imperative riguardanti la sicurezza dell’Unione o dei suoi Stati membri o la condotta delle loro relazioni internazionali non ostino alla comunicazione di determinati elementi, il Consiglio è tenuto a portare a conoscenza di una persona o di un’entità interessata da misure restrittive le ragioni specifiche e concrete per le quali ritenga che dette misure dovessero essere adottate. Esso deve quindi menzionare gli elementi di fatto e di diritto da cui dipende la giustificazione giuridica delle misure in parola e le considerazioni che l’hanno indotto ad adottarle (v., in tal senso, sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, cit., punto 81).

48      Peraltro, la motivazione dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi ed al contesto nel quale è stato adottato. La necessità della motivazione deve essere valutata in funzione delle circostanze del caso di specie, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto o altre persone interessate direttamente e individualmente dall’atto possono avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’adeguatezza della motivazione dev’essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi. In particolare, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consenta di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenze Consiglio/Bamba, cit., punti 53 e 54, e Bank Melli Iran/Consiglio, cit., punto 82).

49      Nel caso di specie, la motivazione fornita dal Consiglio dal momento dell’inserimento del nome della ricorrente negli elenchi delle misure restrittive nei confronti della Siria è stata sempre la seguente:

«Sorella di Bashar al Assad e moglie di Asif Shawkat, vice capo di stato maggiore per la sicurezza e il riconoscimento. Date le strette relazioni personali e le intrinseche relazioni finanziarie con il presidente siriano Bashar Al Assad e con altre figure centrali del regime siriano, trae vantaggio dal regime siriano ed è a esso associata».

50      Occorre rilevare che la lettura di tale motivazione ha consentito alla ricorrente di comprendere che il suo nome è stato inserito negli elenchi delle persone destinatarie delle misure restrittive nei confronti della Siria a causa dei suoi legami personali e familiari.

51      La conferma del fatto che la ricorrente ha ben compreso che il Consiglio si era basato su tali legami è data dalla circostanza che, nell’ambito del presente ricorso, essa ha dedotto un motivo, il terzo, con cui contesta proprio la possibilità che il Consiglio adotti misure restrittive nei suoi confronti basandosi soltanto su tali legami.

52      Del resto, dal momento che le ragioni della scelta del Consiglio sono state chiaramente indicate nelle decisioni impugnate, il Tribunale è in grado di valutarne la fondatezza.

53      A tale riguardo, si deve ricordare che l’obbligo di motivare un atto costituisce una forma sostanziale che va tenuta distinta dalla questione della fondatezza della motivazione, attinente alla legittimità nel merito dell’atto controverso. Infatti, la motivazione di un atto consiste nell’esprimere espressamente le ragioni su cui si fonda tale atto. Qualora tali ragioni siano viziate da errori, questi ultimi viziano la legittimità nel merito del suddetto atto, ma non la motivazione di quest’ultimo, che può essere sufficiente pur illustrando ragioni errate (v., in tal senso, sentenze della Corte del 10 luglio 2008, Bertelsmann e Sony Corporation of America/Impala, C‑413/06 P, Racc. pag. I‑4951, punto 181, e Consiglio/Bamba, cit., punto 60).

54      Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, occorre respingere il motivo vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, in quanto la fondatezza della motivazione fornita dal Consiglio nei confronti della ricorrente deve essere valutata nell’ambito del motivo vertente sulla mancanza della prova di un legame sufficiente tra la ricorrente e la situazione all’origine dell’adozione di misure restrittive nei confronti della Siria.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa, del diritto ad un giusto processo e del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva

55      La ricorrente afferma che il suo nome è stato inserito nell’elenco delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria, che a suo avviso hanno carattere penale, senza essere stata preventivamente informata riguardo ai motivi di tale inserimento e senza essere stata sentita in proposito. La necessità che tali misure producano un effetto sorpresa non avrebbe a sua detta impedito lo svolgimento di un’audizione prima della loro adozione.

56      Inoltre, secondo la ricorrente, il Consiglio è venuto meno al suo obbligo di notificarle la decisione di esecuzione 2012/172, inclusi i motivi dell’inserimento del suo nome, benché fosse impossibile non conoscere il suo indirizzo. La pubblicazione dell’avviso del 24 marzo 2012 non le avrebbe dato la «concreta possibilità» di presentare osservazioni riguardo all’inserimento del suo nome. Infatti, il procedimento di riesame menzionato in tale avviso non le consentirebbe di far valere proficuamente il suo punto di vista e non presenterebbe garanzie sufficienti. Di conseguenza, sarebbe irrilevante il fatto che essa non abbia proposto una domanda a tal fine.

57      Da ultimo, la ricorrente afferma di non aver potuto esercitare il suo diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, in quanto il Consiglio non le ha comunicato i motivi per i quali ad essa si applicavano le misure restrittive nei confronti della Siria.

58      Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente.

59      Occorre ricordare che il diritto fondamentale al rispetto dei diritti della difesa nel corso di un procedimento che precede l’adozione di una misura restrittiva è espressamente sancito all’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, cui l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce il medesimo valore giuridico dei trattati (v., in tal senso, sentenza della Corte del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, Racc. pag. I‑13427, punto 66).

60      Occorre parimenti ricordare che, in base ad una giurisprudenza costante, il principio di tutela giurisdizionale effettiva costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, che deriva dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, sancito dagli articoli 6 e 13 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, principio che è stato peraltro ribadito anche dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali (sentenze della Corte del 13 marzo 2007, Unibet, C‑432/05, Racc. pag. I‑2271, punto 37, e del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, Racc. pag. I‑6351, in prosieguo: la «sentenza Kadi», punto 335).

61      Inoltre, secondo una costante giurisprudenza, l’efficacia del controllo giurisdizionale, che deve poter avere ad oggetto segnatamente la legittimità dei motivi su cui si è basata un’autorità dell’Unione per l’inserimento del nome di una persona o di un’entità negli elenchi dei destinatari delle misure restrittive adottate dalla suddetta autorità, implica che quest’ultima è tenuta, per quanto possibile, a comunicare tali motivi alla persona o all’entità interessata o al momento in cui tale inserimento è deciso, o, quantomeno, il più rapidamente possibile dopo tale decisione, in modo da consentire ai destinatari di esercitare, entro i termini, il loro diritto di ricorso (v., in tal senso, sentenza Kadi, punto 336).

62      L’osservanza di tale obbligo di comunicare detti motivi è infatti necessaria sia per consentire ai destinatari delle misure restrittive di difendere i loro diritti nelle migliori condizioni possibili e di decidere, con piena cognizione di causa, se sia utile per loro adire il giudice dell’Unione (v., in tal senso, sentenza della Corte del 15 ottobre 1987, Heylens e a., 222/86, Racc. pag. 4097, punto 15) sia per consentire pienamente a quest’ultimo di esercitare il controllo della legittimità dell’atto dell’Unione in esame, a cui è tenuto ai sensi del Trattato (sentenza Kadi, punto 337).

63      Orbene, conformemente agli obblighi sanciti da tale giurisprudenza, l’articolo 21, paragrafi 2 e 3, della decisione 2011/782, l’articolo 27, paragrafi 2 e 3, della decisione 2012/739 e l’articolo 30, paragrafi 2 e 3, della decisione 2013/255 prevedono che il Consiglio trasmetta la sua decisione e i motivi dell’inserimento nell’elenco alla persona interessata, o direttamente, se l’indirizzo è noto, o mediante la pubblicazione di un avviso, dandole la possibilità di presentare osservazioni. Qualora siano presentate osservazioni o siano prodotte nuove prove sostanziali, il Consiglio riesamina la sua decisione e ne informa la persona fisica o giuridica, l’entità o l’organismo interessato.

64      Nel caso di specie, in seguito all’adozione della decisione di esecuzione 2012/172, è stato pubblicato l’avviso del 24 marzo 2012, fornendo, così, la possibilità alla ricorrente di presentare osservazioni al Consiglio.

65      Il fatto che tale comunicazione sia intervenuta successivamente al primo inserimento del nome della ricorrente nell’elenco delle persone colpite dalle misure restrittive in parola non può essere considerato di per sé come una violazione dei diritti della difesa.

66      A tal riguardo, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa e, in particolare, del diritto al contraddittorio, con riferimento a misure restrittive, non esige che le autorità dell’Unione, prima dell’inserimento iniziale del nome di una persona o di un’entità nell’elenco che impone misure restrittive, comunichino i motivi di tale inserimento alla persona o all’entità interessata (v., in tal senso, sentenza Kadi, punto 338).

67      Infatti, siffatta comunicazione preliminare potrebbe compromettere l’efficacia delle misure di congelamento dei capitali e delle risorse economiche imposte dalle suddette autorità (v., in tal senso, sentenza Kadi, punto 339).

68      Per raggiungere il loro obiettivo, siffatte misure devono, per loro stessa natura, beneficiare di un effetto sorpresa e applicarsi con effetto immediato (v., in tal senso, sentenza Kadi, punto 340).

69      Pertanto, il Consiglio non era tenuto a sentire la ricorrente anteriormente al primo inserimento negli elenchi delle persone interessate dalle misure restrittive nei confronti della Siria.

70      Tuttavia, nell’ambito dell’adozione della decisione 2012/739 e della decisione 2013/255, che sono atti successivi che hanno mantenuto il nome della ricorrente negli elenchi contenenti i nomi delle persone oggetto delle misure restrittive, l’argomento dell’effetto sorpresa di dette misure in linea di principio non può essere legittimamente invocato (v., in tal senso e per analogia, sentenza Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, cit., punto 62).

71      Risulta comunque dalla giurisprudenza che il diritto di essere sentiti prima dell’adozione di atti che mantengono misure restrittive nei confronti di persone già interessate da queste ultime presuppone che il Consiglio abbia ammesso nuovi elementi a carico di tali persone (v., in tal senso e per analogia, sentenza Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, cit., punto 63).

72      Nel caso di specie, occorre rilevare che il Consiglio, quando ha mantenuto il nome della ricorrente negli elenchi delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria, non ha considerato alcun elemento nuovo che non fosse già stato comunicato alla ricorrente in seguito al suo inserimento iniziale.

73      A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente alle disposizioni ricordate supra al punto 63, la ricorrente aveva la possibilità, su propria iniziativa, di essere sentita dal Consiglio senza che un nuovo invito esplicito fosse formulato prima dell’adozione di ogni atto successivo, in assenza di nuovi elementi accolti a suo carico.

74      Tuttavia, la ricorrente non si è avvalsa di tale possibilità.

75      Inoltre, il Consiglio, il giorno della pubblicazione della decisione 2012/739, ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’avviso all’attenzione delle persone ed entità cui si applicano le misure restrittive previste dalla decisione 2012/739 e dal regolamento n. 36/2012, attuato dal regolamento di esecuzione (UE) n. 1117/2012 del Consiglio (GU 2012, C 370, pag. 6).

76      Del pari, il 23 aprile 2013 il Consiglio ha pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea un avviso all’attenzione delle persone ed entità cui si applicano le misure restrittive previste dalla decisione 2012/739, attuata dalla decisione di esecuzione 2013/185/PESC del Consiglio, e dal regolamento n. 36/2012, attuato dal regolamento di esecuzione n. 363/2013 (GU C 115, pag. 5).

77      Il contenuto di tali avvisi corrisponde in sostanza a quello dell’avviso del 24 marzo 2012.

78      Ciò premesso, deve ritenersi che la ricorrente abbia avuto l’occasione nel corso di più mesi di contestare gli elementi che giustificavano il suo inserimento e il suo mantenimento nell’allegato relativo alle persone oggetto di misure restrittive.

79      Quanto al fatto che il Consiglio non ha concesso un’audizione alla ricorrente, è sufficiente rilevare che né la normativa di riferimento né il principio generale del rispetto dei diritti della difesa conferiscono agli interessati il diritto ad una siffatta audizione (v., per analogia, sentenza del Tribunale del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, Racc. pag. II‑3019, punto 93, e la giurisprudenza ivi citata).

80      Riguardo all’argomento della ricorrente relativo alla mancata comunicazione individuale della decisione di esecuzione 2012/172, occorre notare che la ricorrente non ha neanche tentato di rimettere in discussione l’affermazione del Consiglio secondo la quale esso non aveva il suo indirizzo al momento dell’adozione di tale atto.

81      In ogni caso, anche supponendo che il Consiglio non potesse ignorare l’indirizzo della ricorrente, si deve osservare, da un lato, che l’assenza di comunicazione individuale della decisione di esecuzione 2012/172, se incide sul momento in cui il termine di ricorso ha cominciato a decorrere, non giustifica, di per sé, l’annullamento dell’atto in questione. Dall’altro, la ricorrente non adduce argomenti volti a dimostrare che, nel caso di specie, dalla mancata comunicazione individuale della decisione di esecuzione 2012/172 sia derivato un pregiudizio ai suoi diritti che giustificherebbe l’annullamento di quest’ultima nella parte in cui la riguarda.

82      Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, si deve concludere che i diritti della difesa della ricorrente non sono stati violati né all’atto dell’inserimento del suo nome né in occasione del mantenimento dello stesso negli elenchi delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria.

83      Di conseguenza, il presente motivo deve essere respinto.

 Sul terzo motivo, vertente sull’assenza di prova di un legame sufficiente tra la ricorrente e la situazione all’origine dell’adozione di misure restrittive nei confronti della Siria

84      La ricorrente deplora il fatto che le decisioni impugnate non contengono prove che dimostrino l’esistenza di un legame tra, da un lato, la sua persona, il suo comportamento e le sue attività e, dall’altro, gli obiettivi delle misure restrittive nei confronti della Siria. Dal momento che la ricorrente sarebbe una semplice casalinga che non svolge alcuna funzione pubblica o economica, la mera esistenza dei legami personali e familiari menzionati nelle suddette decisioni non giustificherebbe il suo inserimento negli elenchi delle persone interessate da tali misure. Peraltro, essa fa notare che nel frattempo il suo coniuge è deceduto.

85      Secondo la ricorrente, il Consiglio ha illegittimamente presunto dai suoi legami personali e familiari che essa traesse vantaggio dal regime siriano e vi fosse associata, mentre avrebbe dovuto inserirla negli elenchi in questione soltanto se avesse disposto di prove relative ad un comportamento effettivo che dimostrasse la sua responsabilità personale. A tal riguardo, la ricorrente fa riferimento in particolare alla sentenza della Corte del 13 marzo 2012, Tay Za/Consiglio (C‑376/10 P). Inoltre, essa sostiene che il Tribunale non può limitarsi a verificare l’astratta verosimiglianza della motivazione addotta dal Consiglio, ma deve assicurarsi che quest’ultimo si sia basato su informazioni e prove precise e concrete, cosa non avvenuta nella fattispecie. Si tratterebbe in questo caso di un controllo analogo a quello svolto dal Tribunale riguardo alle misure restrittive nei confronti dei terroristi.

86      Infine, la ricorrente osserva che l’asserita mancanza di qualsiasi prova nelle decisioni impugnate non può essere colmata dagli estratti di siti Internet prodotti dal Consiglio dinanzi al Tribunale al fine di dimostrare il suo coinvolgimento nella vita politica siriana. Si tratterebbe, infatti, di informazioni meramente speculative.

87      Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente.

88      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, e dell’articolo 19, paragrafo 1, della decisione 2011/782, le restrizioni all’ammissione nei territori degli Stati membri e il congelamento dei capitali e delle risorse economiche si applicano non solo alle persone responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria, ma anche alle persone che traggono vantaggio dal regime o lo sostengono e a quelle ad esse associate. Tali disposizioni si ritrovano rispettivamente all’articolo 24, paragrafo 1, e all’articolo 25, paragrafo 1, della decisione 2012/739 e all’articolo 27, paragrafo 1, e all’articolo 28, paragrafo 1, della decisione 2013/255.

89      Procedendo in tal modo, il Consiglio ha inteso avvalersi di una presunzione in base alla quale le persone i cui legami con taluni membri del regime siriano risultavano provati traevano vantaggio da quest’ultimo o lo sostenevano e vi erano dunque associate.

90      Per quanto riguarda la ricorrente, il Consiglio ha ritenuto che essa «trae[sse] vantaggio dal regime siriano e [fosse] ad esso associata», in ragione del fatto che era la sorella del presidente, Bashar Al Assad, che era la moglie di Asif Shawkat, vice capo di stato maggiore per la sicurezza e il riconoscimento, e che intratteneva stretti rapporti con altre figure centrali del regime siriano.

91      Occorre verificare se, procedendo in tal modo, il Consiglio sia incorso in un errore di diritto.

92      È opportuno anzitutto ricordare che, per quanto riguarda le misure restrittive concernenti un paese terzo, risulta dalla giurisprudenza che le categorie di persone fisiche che possono esserne colpite includono quelle aventi un legame con il paese terzo in questione che s’impone con ogni evidenza, vale a dire in particolare gli individui che sono legati ai dirigenti del suddetto paese. Un tale criterio può essere quindi adottato, purché sia stato previsto dagli atti contenenti le misure restrittive di cui trattasi e che risponda alla finalità di tali atti (v., in tal senso, sentenza Tay Za/Consiglio, cit., punti 68 e 69).

93      Nel caso di specie, in primo luogo, si deve constatare che la ricorrente è manifestamente una persona collegata ai dirigenti del regime siriano, in ragione del suo legame familiare con il presidente di tale paese e, finché era in vita, delle funzioni svolte dal suo coniuge.

94      Per contro, da un lato, dopo il decesso di quest’ultimo, spettava al Consiglio modificare la decisione 2012/739 riguardo a tale punto e tenere conto di tale evento in occasione dell’adozione della decisione 2013/255.

95      Dall’altro lato, il riferimento alle «altre figure centrali del regime siriano» è un’affermazione troppo vaga, che non è sufficiente a giustificare l’inserimento e il mantenimento della ricorrente negli elenchi delle persone interessate dalle misure restrittive in esame.

96      Tuttavia, il solo fatto che la ricorrente sia la sorella del sig. Bashar Al Assad è sufficiente a consentire al Consiglio di considerare che essa è legata ai dirigenti della Siria ai sensi delle disposizioni menzionate al precedente punto 88, tanto più che l’esistenza in tale paese di una tradizione di gestione familiare del potere è un fatto notorio del quale il Consiglio poteva tenere conto.

97      Pertanto, contrariamente a quanto afferma in sostanza la ricorrente, l’applicazione alla sua situazione di una presunzione secondo la quale essa trae vantaggio dal regime siriano ed è ad esso associata non è contraria ai precetti derivanti dalla citata sentenza Tay Za/Consiglio. Infatti, in quest’ultima sentenza, la Corte ha considerato che il legame tra uno Stato interessato dalle misure restrittive adottate dal Consiglio e una persona fisica appartenente alla famiglia di un dirigente di impresa ritenuto associato al governo di tale Stato non era sufficiente perché tale persona potesse essere destinataria dalle suddette misure restrittive (v., in tal senso, sentenza Tay Za/Consiglio, cit., punti da 63 a 65). Essa ha tuttavia ammesso che possano rientrare nelle categorie di persone fisiche atte a essere colpite da misure restrittive mirate le persone aventi un legame con il paese terzo in questione che s’impone con ogni evidenza, vale a dire i dirigenti dei paesi terzi e gli individui che sono collegati a tali dirigenti (v., in tal senso, sentenza Tay Za/Consiglio, cit., punto 68). Orbene, è evidente che il legame di cui trattasi nel caso di specie tra la ricorrente e il regime siriano è significativamente più diretto e non si presta dunque alle stesse censure rilevate dalla Corte nella citata sentenza Tay Za/Consiglio.

98      In secondo luogo, occorre esaminare se la presunzione secondo cui la ricorrente trae vantaggio dal regime siriano ed è ad esso associata utilizzata dal Consiglio è proporzionata allo scopo da esso perseguito e se essa è relativa, mentre è stata esaminata nell’ambito del primo motivo la questione se essa garantisca i diritti della difesa della ricorrente.

99      Come risulta dai considerando della decisione 2011/273, il Consiglio ha istituito misure restrittive nei confronti di un paese terzo, la Siria, in risposta alla repressione violenta esercitata dalle autorità di tale paese contro la popolazione civile. La medesima preoccupazione presiede alle decisioni impugnate, successive alla decisione 2011/273. A tale proposito, occorre constatare che se le misure restrittive di cui trattasi avessero riguardato soltanto i dirigenti del regime siriano, gli obiettivi perseguiti dal Consiglio avrebbero potuto essere vanificati, dal momento che tali dirigenti avrebbero potuto facilmente eludere le suddette misure attraverso i loro congiunti. Riguardo a tale aspetto, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la nozione di paese terzo può comprendere non soltanto i dirigenti di quest’ultimo, ma anche gli individui ad essi associati (v., in tal senso e per analogia, sentenza Tay Za/Consiglio, cit., punti 43 e 63, e la giurisprudenza ivi citata).

100    Si deve poi rilevare che la presunzione in questione è relativa. Infatti, risulta dalle disposizioni menzionate al precedente punto 63 che il Consiglio offre alle persone colpite dalle misure restrittive di cui trattasi la possibilità di presentargli osservazioni e rivede la sua decisione qualora siano addotte nuove prove sostanziali o qualora siano presentate osservazioni. Le persone colpite dalle misure restrittive sono quindi libere di confutare la suddetta presunzione, dimostrando che, nonostante i loro legami personali o familiari con i dirigenti del regime siriano, esse non traggono vantaggio da quest’ultimo e non sono ad esso associate, fondandosi in particolare su fatti e informazioni che sono nella loro esclusiva disponibilità.

101    Se è pur vero che, secondo la giurisprudenza, in caso di contestazione, è all’autorità competente dell’Unione che incombe il compito di dimostrare la fondatezza dei motivi posti a carico della persona interessata, e non già a quest’ultima di produrre la prova negativa dell’infondatezza di tali motivi (sentenza della Corte del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, punto 121; v. altresì, in tal senso, sentenza Bank Melli Iran/Consiglio, cit., punti 37 e 107), occorre constatare che, nel caso di specie, la ricorrente non contesta il fatto, su cui si è basato il Consiglio, che essa è la sorella del sig. Bashar Al Assad, ma si limita a criticare le conseguenze che il Consiglio ne ha tratto, vale a dire che essa trae vantaggio dal regime siriano ed è ad esso associata.

102    Tuttavia, la ricorrente non si è avvalsa della possibilità di sottoporre al Consiglio le sue osservazioni al fine di spiegare perché il suo legame familiare non avrebbe consentito di giustificare il suo inserimento né l’ha investito di una domanda di riesame della sua situazione fornendogli elementi che consentano di considerare che, nonostante la sua relazione con il sig. Bashar Al Assad, essa non traeva vantaggio dal regime siriano e non era ad esso associata.

103    Dinanzi al Tribunale, da un lato, la ricorrente si è limitata a mere affermazioni riguardanti il suo presunto ruolo di casalinga, alle quali il Consiglio ha risposto producendo, a titolo esemplificativo, estratti di siti Internet di taluni media che dimostrano il ruolo politico della ricorrente. Tali estratti non servono a provare il coinvolgimento diretto della ricorrente nella repressione della popolazione civile in Siria, ma solo a confermare che il Consiglio poteva presumere che essa era associata al regime.

104    Dall’altro lato, la ricorrente ha prodotto nuove offerte di prove (v. punto 20 supra), riguardanti in particolare il fatto che i suoi figli frequentano ora le scuole negli Emirati Arabi Uniti. Orbene, tale circostanza, anche supponendo che consenta di concludere che la ricorrente stessa ha abbandonato la Siria, non è di per sé sufficiente a considerare che la ricorrente si è dissociata dal regime siriano ed è dunque dovuta fuggire dal paese. Infatti, come osserva il Consiglio, l’eventuale cambiamento di residenza della ricorrente può trovare una spiegazione in numerose altre ragioni, quali l’insicurezza crescente in Siria.

105    In terzo luogo, occorre rammentare che l’uso della presunzione applicata dal Consiglio è stato previsto dalle decisioni impugnate (v. punto 88 supra) e consente di realizzare i loro obiettivi (v. punto 99 supra).

106    Alla luce di quanto precede, il presente motivo deve essere respinto.

 Sul quarto motivo, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità, del diritto di proprietà e del diritto alla vita privata

107    La ricorrente afferma che il suo inserimento negli elenchi delle persone colpite dalle misure restrittive nei confronti della Siria viola il principio di proporzionalità, sancito segnatamente all’articolo 52, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali. Infatti, in mancanza di prove riguardo a qualsiasi comportamento scorretto da parte sua, tale inserimento non sarebbe stato necessario e non avrebbe soddisfatto gli obiettivi che le suddette misure mirano a conseguire.

108    Secondo la ricorrente, il congelamento dei suoi capitali conseguente alle decisioni impugnate viola parimenti il suo diritto di proprietà, tutelato segnatamente dall’articolo 17, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, dal momento che esso impedisce di godere liberamente dei propri beni, senza che tale limitazione del suo diritto sia necessaria o idonea per il conseguimento degli obiettivi perseguiti dal Consiglio. Nonostante la loro natura cautelare e la loro applicabilità alle sole risorse economiche situate nell’Unione, le misure restrittive che la colpiscono la priverebbero del suo diritto di proprietà, dal momento che essa non può disporre di tale diritto.

109    Per ragioni analoghe, le restrizioni imposte dalle misure di cui trattasi alla sua libertà di viaggiare violerebbero il suo diritto alla vita privata, sancito in particolare dall’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali.

110    Infine, la ricorrente osserva che le possibilità, previste nelle decisioni impugnate, di derogare a tali restrizioni non sono sufficienti, dal momento che esse comportano una domanda supplementare presentata successivamente, una volta che la sostanza stessa dei diritti in questione sia stata lesa, e che la concessione di tali deroghe dipende da scelte discrezionali del Consiglio e degli Stati membri.

111    Il Consiglio contesta gli argomenti della ricorrente.

112    Occorre ricordare che il diritto di proprietà fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione ed è sancito dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali. Per quanto concerne il diritto al rispetto della vita privata, l’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali riconosce il diritto al rispetto della vita privata e familiare (v., in tal senso, sentenza della Corte del 6 dicembre 2012, O. e a., C‑356/11 e C‑357/11, punto 76).

113    Orbene, secondo una giurisprudenza costante, tali diritti fondamentali non fruiscono, nel diritto dell’Unione, di una tutela assoluta, ma vanno considerati in relazione alla loro funzione nella società (v., in tal senso, sentenza Kadi, punto 355). Conseguentemente, possono essere apportate restrizioni all’esercizio dei diritti in parola, a condizione che esse rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione e non rappresentino, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti (v., in tal senso, sentenze della Corte del 30 luglio 1996, Bosphorus, C‑84/95, Racc. pag. I‑3953, punto 21, e del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, 121).

114    Inoltre, risulta da una giurisprudenza costante che il principio di proporzionalità è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione ed esige che gli strumenti istituiti da una disposizione del diritto dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa di cui trattasi e non eccedano quanto è necessario per raggiungerli (sentenze della Corte del 12 maggio 2011, Lussemburgo/Parlamento e Consiglio, C‑176/09, Racc. pag. I‑3727, punto 61, e Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, cit., punto 122).

115    Nel caso di specie, il congelamento di capitali, proventi finanziari e altre risorse economiche dei soggetti individuati come associati al regime siriano nonché il divieto di entrare nel territorio dell’Unione (in prosieguo: le «misure in esame») imposti dalle decisioni impugnate, costituiscono misure cautelari, non intese a privare tali persone della loro proprietà o del diritto al rispetto della loro vita privata (v., in tal senso e per analogia, sentenza Kadi, punto 358). Tuttavia, le misure in esame implicano incontestabilmente una restrizione dell’esercizio del diritto di proprietà e pregiudicano la vita privata della ricorrente (v., in tal senso e per analogia, sentenza Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, cit., punto 120).

116    Per quanto concerne l’idoneità delle misure in esame a realizzare gli obiettivi perseguiti, rispetto ad un obiettivo di interesse generale così fondamentale per la comunità internazionale quale la tutela delle popolazioni civili, esse non possono, di per sé stesse, essere considerate inadeguate (v., in tal senso, sentenze Bosphorus, cit., punto 26; Kadi, punto 363, e Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, cit., punto 123).

117    Con riferimento alla necessarietà, è d’uopo constatare che misure alternative e meno vincolanti, quali un sistema di previa autorizzazione o un obbligo di giustificazione a posteriori dell’uso dei capitali versati, non consentono di raggiungere altrettanto efficacemente lo scopo perseguito, ossia l’esercizio di una pressione sui sostenitori del regime siriano che perseguita i civili, in particolare alla luce della possibilità di eludere le restrizioni imposte (v., per analogia, sentenza Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Aqsa, cit., punto 125).

118    Inoltre, si deve ricordare che l’articolo 19, paragrafi da 3 a 7, della decisione 2011/782, l’articolo 25, paragrafi da 3 a 11, della decisione 2012/739 e l’articolo 28, paragrafi da 3 a 11, della decisione 2013/255 prevedono la possibilità, da un lato, di autorizzare l’uso dei capitali congelati per soddisfare bisogni fondamentali o taluni obblighi e, dall’altro, di accordare autorizzazioni specifiche al fine di scongelare capitali, altri proventi finanziari o altre risorse economiche.

119    Del pari, conformemente all’articolo 18, paragrafo 6, della decisione 2011/782, all’articolo 24, paragrafo 6, della decisione 2012/739 e all’articolo 27, paragrafo 6, della decisione 2013/255, l’autorità competente di uno Stato membro può autorizzare l’ingresso nel suo territorio in particolare per ragioni umanitarie urgenti.

120    Infine, il mantenimento del nome della ricorrente negli elenchi allegati alle decisioni impugnate non può essere qualificato come sproporzionato a causa di un asserito carattere potenzialmente illimitato. Detto mantenimento, infatti, costituisce l’oggetto di un riesame periodico diretto a garantire che le persone e le entità che non rispondono più ai criteri per comparire nell’elenco controverso ne siano cancellati (v., per analogia, sentenze Kadi, punto 365, e Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, cit., punto 129).

121    Ne discende che, data la fondamentale importanza della tutela delle popolazioni civili in Siria e le deroghe previste dalle decisioni impugnate, le restrizioni del diritto di proprietà e del rispetto della vita privata della ricorrente dovute alle decisioni impugnate non sono sproporzionate.

122    Pertanto, il presente motivo deve essere respinto e, di conseguenza, il ricorso in toto.

 Sulle spese

123    Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La sig.ra Bouchra Al Assad è condannata alle spese.

Kanninen

Berardis

Wetter

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 marzo 2014.

Firme


* Lingua processuale: il francese.