Language of document : ECLI:EU:T:2017:790

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

8 novembre 2017 (*)

«Responsabilità extracontrattuale – Funzione pubblica – Personale della BEI – Molestie psicologiche – Inosservanza delle regole del processo equo – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali – Termine ragionevole – Domande di risarcimento presentate nell’ambito di un ricorso pendente dinanzi al Tribunale della funzione pubblica – Rinvio parziale della causa dinanzi al Tribunale»

Nella causa T‑99/16,

Carlo De Nicola, agente della Banca europea per gli investimenti, residente a Strassen (Lussemburgo), rappresentato inizialmente da L. Isola e G. Isola, successivamente da G. Ferabecoli, avvocati,

ricorrente,

contro

Corte di giustizia dell’Unione europea, rappresentata inizialmente da J. Inghelram, P. Giusta e L. Tonini Alabiso, successivamente da M. Inghelram, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto una domanda ai sensi dell’articolo 268 TFUE, diretta a ottenere il risarcimento dei danni che il ricorrente avrebbe asseritamente subito, in primo luogo, a causa, da un lato, delle molestie psicologiche di cui sarebbe stato oggetto da parte della Banca europea per gli investimenti (BEI), e, dall’altro, del presunto carattere non equo dei procedimenti, dinanzi al Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea e al Tribunale, in cui il ricorrente era parte e, in secondo luogo, a causa della durata asseritamente eccessiva di tali procedimenti,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, J. Schwarcz (relatore) e C. Iliopoulos, giudici,

cancelliere: E. Coulon

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il ricorrente, il sig. Carlo De Nicola, è membro del personale della Banca europea per gli investimenti (BEI) dal 1992.

2        Nel rapporto informativo per l’anno 2013 i superiori gerarchici del ricorrente hanno giudicato che il suo rendimento era stato conforme alle attese in diversi ambiti, ma inferiore alle attese in altri ambiti, e gli hanno quindi attribuito il voto C nonché un bonus di EUR 4 064.

3        Il 31 marzo 2014 la BEI ha pubblicato l’elenco delle promozioni approvate in esito all’esercizio di valutazione relativo all’anno 2013. Il nome del ricorrente non compariva in tale elenco.

4        Il 17 giugno 2014 il ricorrente ha contestato il rapporto informativo per l’anno 2013 presentando un ricorso interno dinanzi al comitato per i ricorsi.

5        Con decisione dell’8 dicembre 2014 il comitato per i ricorsi ha respinto il ricorso interno del 17 giugno 2014.

6        Il 17 febbraio 2015 il ricorrente ha chiesto di avviare una procedura di conciliazione ai sensi dell’articolo 41 del regolamento del personale della BEI. Poiché le parti non hanno raggiunto un accordo che ponesse fine alla controversia relativa al rapporto informativo per l’anno 2013, la procedura di conciliazione si è conclusa il 31 marzo 2015.

 Procedimento e conclusioni delle parti

7        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea il 6 luglio 2015 iscritto a ruolo con il numero F‑100/15, il ricorrente ha introdotto il presente ricorso.

8        In primo luogo, il ricorrente ha chiesto, in sostanza, di annullare la decisione del comitato per i ricorsi dell’8 dicembre 2014 di rigetto del suo ricorso interno volto all’annullamento e alla modifica del suo rapporto informativo relativo all’anno 2013, di annullare il suo rapporto informativo relativo all’anno 2013, di annullare la decisione della BEI di non promuoverlo e di annullare le linee guida per l’esercizio di valutazione del rendimento per il 2013. In secondo luogo, il ricorrente ha chiesto l’accertamento delle molestie di cui egli asseriva essere vittima. In terzo luogo, il ricorrente ha chiesto al Tribunale della funzione pubblica di accertare la responsabilità dell’Unione europea «perché con le sentenze dei suoi giudici implicitamente istiga[va] al mobbing e per la violazione delle norme concernenti il “giusto processo”». In quarto luogo, il ricorrente ha chiesto la condanna della BEI e dell’Unione a risarcirgli in solido il danno morale e il danno materiale che egli riteneva di aver subito.

9        Con lettera del 16 dicembre 2015 il Tribunale della funzione pubblica, nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, ha posto quesiti al ricorrente sulla portata della propria competenza a conoscere delle sue domande di risarcimento dei danni dirette a far constatare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione, e l’ha invitato a precisare contro quale istituzione intendesse rivolgere tali domande. Il ricorrente ha risposto nel termine impartito, indicando in particolare che, nel chiedere una dichiarazione di responsabilità extracontrattuale dell’Unione, intendeva rivolgere le sue domande di risarcimento dei danni nei confronti della Corte di giustizia dell’Unione europea.

10      Con ordinanza del 3 marzo 2016, De Nicola/BEI (F‑100/15, EU:F:2016:61), il Tribunale della funzione pubblica si è dichiarato incompetente a conoscere delle domande di risarcimento proposte dal ricorrente nell’ambito del presente ricorso nei confronti dell’Unione, rappresentata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, e ha rinviato al Tribunale la parte del ricorso concernente tali domande. Le spese sono state riservate.

11      Con lettera del 29 marzo 2016 il Tribunale (Quinta Sezione) ha invitato le parti a presentare osservazioni su tale ordinanza entro il 12 maggio 2016.

12      Su domanda del ricorrente, il Tribunale, il 19 aprile 2016, ha prorogato il termine per il deposito delle osservazioni su tale ordinanza fino al 26 maggio 2016.

13      Con lettera del 24 maggio 2016 la Corte di giustizia dell’Unione europea ha informato il Tribunale di non avere osservazioni sull’ordinanza di rinvio.

14      Il ricorrente non ha depositato osservazioni su tale ordinanza.

15      Poiché la composizione delle sezioni del Tribunale è stata modificata, il giudice relatore è stato destinato alla Quarta Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

16      Nell’ambito della parte del ricorso che è stata rinviata dinanzi al Tribunale, il ricorrente chiede, in sostanza, che quest’ultimo voglia:

–        condannare la Corte di giustizia dell’Unione europea per il danno che egli avrebbe subito a causa, da un lato, della «sudditanza psicologica manifestata dai giudici» che avrebbero implicitamente istigato la BEI a perseverare nelle molestie psicologiche nei suoi confronti, molestie che il giudice dell’Unione rifiuterebbe «in tutti i modi di accertare e sanzionare» e, dall’altro, del presunto carattere non equo dei procedimenti dinanzi al Tribunale della funzione pubblica e al Tribunale dei quali il ricorrente è stato parte, nei limiti in cui non ha potuto ottenere l’accertamento e la cessazione delle molestie di cui ritiene essere vittima;

–        condannare la Corte di giustizia dell’Unione europea a risarcirlo per il danno che avrebbe subito a causa della durata asseritamente eccessiva dei procedimenti dinanzi al Tribunale della funzione pubblica e al Tribunale;

–        aumentare le somme riconosciute degli interessi e della rivalutazione monetaria;

–        condannare la Corte di giustizia dell’Unione europea alle spese.

17      La Corte di giustizia dell’Unione europea chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, respingere il ricorso in quanto manifestamente irricevibile;

–        in subordine, respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare il ricorrente alle spese.

18      Con sentenza del 21 luglio 2016, De Nicola/BEI (F‑100/15, EU:F:2016:167), il Tribunale della funzione pubblica ha respinto le conclusioni del ricorrente relative all’annullamento e al risarcimento formulate nei confronti della BEI.

19      Con impugnazione proposta il 20 settembre 2016 e iscritta a ruolo con il numero T‑666/16 P il ricorrente ha chiesto l’annullamento di tale ultima sentenza. Con ordinanza del 3 luglio 2017, De Nicola/BEI (T‑666/16 P, non pubblicata, EU:T:2017:476), il Tribunale ha respinto l’impugnazione.

 In diritto

 Osservazioni preliminari

20      Ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, in materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni.

21      Secondo una giurisprudenza costante, il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, a norma della disposizione summenzionata, per comportamento illecito dei suoi organi dipende della compresenza di un insieme di condizioni, ossia l’illegittimità del comportamento contestato all’istituzione, la sussistenza del danno e l’esistenza di un nesso di causalità fra il comportamento dedotto e il danno lamentato (v. sentenza del 16 ottobre 2014, Evropaïki Dynamiki/Commissione, T‑297/12, non pubblicata, EU:T:2014:888, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

22      Per quanto riguarda, innanzitutto, la condizione relativa all’illiceità del comportamento addebitato all’istituzione o all’organo interessato, la giurisprudenza esige che sia dimostrata una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica intesa ad attribuire diritti ai singoli. Per quanto riguarda la condizione secondo cui la violazione deve essere sufficientemente qualificata, il criterio decisivo che consente di ritenere che essa sia soddisfatta è quello dell’inosservanza grave e manifesta, commessa dall’istituzione o dall’organo dell’Unione in questione, dei limiti posti al suo potere discrezionale. Qualora tale istituzione o tale organo dispongano soltanto di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto dell’Unione può essere sufficiente per accertare l’esistenza di una violazione sufficientemente qualificata (v. sentenza del 16 ottobre 2014, Evropaïki Dynamiki/Commissione, T‑297/12, non pubblicata, EU:T:2014:888, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

23      Per quanto riguarda poi la condizione relativa alla sussistenza del danno, la responsabilità dell’Unione può sorgere solo se il ricorrente ha effettivamente subito un danno «reale e certo». Spetta al ricorrente fornire elementi di prova al giudice dell’Unione al fine di dimostrare la realtà e l’entità di detto danno (v. sentenza del 16 ottobre 2014, Evropaïki Dynamiki/Commissione, T‑297/12, non pubblicata, EU:T:2014:888, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

24      Per quanto attiene più in particolare al danno morale, se è pur vero che la presentazione di un’offerta di prova non è necessariamente considerata condizione per il riconoscimento di un siffatto danno, incombe alla parte ricorrente dimostrare quantomeno che il comportamento contestato all’istituzione interessata era atto a procurarle il danno stesso (v. sentenza del 16 ottobre 2014, Evropaïki Dynamiki/Commissione, T‑297/12, non pubblicata, EU:T:2014:888, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

25      Infine, per quanto riguarda la condizione relativa all’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento dedotto e il danno lamentato, tale danno deve derivare in modo sufficientemente diretto dal comportamento contestato, cioè tale comportamento deve costituire la causa determinante del danno, mentre non sussiste un obbligo di risarcire qualsiasi conseguenza dannosa, anche lontana, di una situazione illecita. Spetta al ricorrente fornire la prova dell’esistenza di un nesso di causalità tra il comportamento contestato e il danno lamentato (v. sentenza del 16 ottobre 2014, Evropaïki Dynamiki/Commissione, T‑297/12, non pubblicata, EU:T:2014:888, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

26      Allorché una delle tre condizioni per il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione non è soddisfatta, le pretese risarcitorie devono essere respinte, senza che sia necessario esaminare se le altre due condizioni siano soddisfatte. Inoltre, il giudice dell’Unione non è tenuto a esaminare tali condizioni in un determinato ordine (v. sentenza del 16 ottobre 2014, Evropaïki Dynamiki/Commissione, T‑297/12, non pubblicata, EU:T:2014:888, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

27      Occorre altresì rammentare che, in forza dell’articolo 21, primo comma, in combinato disposto con l’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dell’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura del Tribunale, ogni ricorso deve contenere l’indicazione dell’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa da consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni a sostegno. Al fine di garantire la certezza del diritto e una corretta amministrazione della giustizia è necessario, affinché un ricorso sia ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano, anche solo sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dall’atto introduttivo stesso. Più in particolare, e alla luce delle condizioni per il configurarsi della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, così come rammentate ai precedenti punti da 21 a 25, per essere conforme a tali requisiti, un ricorso inteso al risarcimento del danno asseritamente causato da un’istituzione dell’Unione deve contenere gli elementi che consentano di identificare il comportamento che il ricorrente addebita all’istituzione, le ragioni per le quali egli ritiene che esista un nesso di causalità tra il comportamento e il danno che asserisce di aver subito, nonché il carattere e l’entità di tale danno (v. sentenze del 2 marzo 2010, Arcelor/Parlamento e Consiglio, T‑16/04, EU:T:2010:54, punto 132 e giurisprudenza ivi citata, e del 17 maggio 2017, PG/Frontex, T‑583/16, non pubblicata, EU:T:2017:344, punti 90 e 91 e giurisprudenza ivi citata).

28      Inoltre, l’atto introduttivo del giudizio deve anche contenere le conclusioni del ricorrente. Le conclusioni devono essere esposte in modo preciso e non equivoco poiché, altrimenti, il Tribunale rischierebbe di statuire infra o ultra petita e i diritti del convenuto rischierebbero di essere negati. Pertanto, e fatte salve le circostanze di cui all’articolo 86 del regolamento di procedura, possono essere prese in considerazione solo le conclusioni presentate nell’atto introduttivo del giudizio e la fondatezza del ricorso deve essere valutata unicamente alla luce delle conclusioni contenute nell’atto introduttivo del giudizio [sentenza del 21 ottobre 2015, Petco Animal Supplies Stores/UAMI – Gutiérrez Ariza (PETCO), T‑664/13, EU:T:2015:791, punti 24 e 25 e giurisprudenza ivi citata].

29      Nel caso di specie, il ricorrente chiede, in sostanza, che la Corte di giustizia dell’Unione europea e la BEI siano condannate in solido a versargli a titolo di risarcimento del danno materiale:

–        l’importo di EUR 50 000 per il danno provocato dalla decisione di non promuoverlo per l’esercizio relativo al 2013;

–        l’importo di EUR 80 000 per il fatto che il ricorrente sarebbe costretto a mantenere due case, una a Roma (Italia) e una a Lussemburgo, importo cui dovrebbero essere aggiunti EUR 5 000 per ogni mese successivo alla presentazione del ricorso;

–        l’importo di EUR 80 000 per il danno provocato dalla perdita di professionalità derivante dalle molestie psicologiche che egli ritiene di aver subito.

30      Per quanto riguarda il risarcimento del danno morale che egli ritiene di aver subito, il ricorrente chiede, in sostanza, nel ricorso, che la Corte di giustizia dell’Unione europea e la BEI siano condannate in solido a versargli l’importo complessivo di EUR 135 000 per:

–        danno alla sua reputazione;

–        il fatto che egli è stato costretto a vivere da solo a Lussemburgo quattro giorni alla settimana, mentre la sua famiglia risiedeva a Roma;

–        «[l’]afflizione dello spirito, il danno interiore, attinente alla sola sfera emotiva e condizionato dalle scelte di vita conseguenti al comportamento della BEI [,ossia] all’instabilità della sede di lavoro (...) al demansionamento ed ai rapporti con gli amici, all’isolamento del lavoratore» derivanti dalle molestie psicologiche che egli asserisce di aver subito.

31      Nella replica egli ritiene di aver diritto al risarcimento dell’«ulteriore danno, anche morale, per lo stato di ansia ed incertezza dovuto dalla propria situazione processuale».

32      Il ricorrente aggiunge, in sostanza, che intende essere risarcito anche per l’asserito danno fisico da cui è affetto, ossia, da un lato, un reflusso gastroesofageo e una gastrite che lo costringono a seguire quotidianamente una cura e, dall’altro, un polipo che gli è stato asportato con intervento chirurgico.

33      A tal riguardo, il ricorrente indica, al punto 112 del ricorso, che egli «tende ad ottenere la condanna dei resistenti al solidale risarcimento d[i] [tali danni] in conseguenza dei fatti [menzionati in tale ricorso], di cui [la Corte di giustizia dell’Unione europea sarebbe] responsabile per i motivi indicati ai precedenti punti 110 e 111 [del ricorso]».

34      Il ricorrente delimita così inequivocabilmente gli argomenti dedotti a sostegno delle sue domande risarcitorie nei confronti della Corte di giustizia dell’Unione europea facendo rinvio a quelli che ha presentato ai punti 110 e 111 del ricorso.

 Sul primo capo delle conclusioni, diretto alla condanna della Corte di giustizia dell’Unione europea a risarcire il ricorrente per il danno che avrebbe subito, da un lato, a causa della «sudditanza psicologica manifestata dai giudici» che avrebbero implicitamente istigato la BEI a perseverare nelle molestie psicologiche nei suoi confronti, molestie che il giudice dell’Unione si rifiuterebbe «in tutti i modi di accertare e sanzionare» e, dall’altro, a causa del presunto carattere non equo dei procedimenti, dinanzi al Tribunale della funzione pubblica e al Tribunale, in cui il ricorrente è stato parte, nei limiti in cui non ha potuto ottenere l’accertamento e la cessazione delle molestie di cui ritiene essere vittima

35      Nel ricorso il ricorrente ritiene che la Corte di giustizia dell’Unione europea sia responsabile dei danni da lui dedotti per l’asserita «sudditanza psicologica manifestata dai giudici comunitari nei confronti della BEI», che sarebbe un’istigazione implicita per quest’ultima a perseverare nelle molestie psicologiche dedotte dal ricorrente, molestie che i giudici europei «si rifiut[erebbero] in tutti i modi di accertare e sanzionare». Sebbene egli abbia lamentato vent’anni di molestie da parte della BEI, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe respinto, nelle sentenze del 30 novembre 2009, De Nicola/BEI (F‑55/08, EU:F:2009:159), e dell’8 marzo 2011, De Nicola/BEI (F‑59/09, EU:F:2011:19), le prime domande in virtù di «inconsistenti eccezioni pregiudiziali», ciò che il Tribunale avrebbe riconosciuto, «ob torto collo», nelle sentenze del 27 aprile 2012, De Nicola/BEI (T‑37/10 P, EU:T:2012:205), e del 16 settembre 2013, De Nicola/BEI (T‑264/11 P, EU:T:2013:461), limitandosi tuttavia a «rimettere le parti nuovamente in 1° grado». Il ricorrente critica la circostanza che, riassunto il giudizio, il Tribunale della funzione pubblica avrebbe stabilito che egli «non aveva interesse alla decisione dell’annosa vertenza, e che era per lui molto più conveniente se, invece che su quelle cause (...), il Tribunale [della funzione pubblica] si fosse pronunciato su quella [De Nicola/BEI] F‑52/11, che era molto più articolata e documentata e, soprattutto, aveva già respinto perché prematura». Egli sostiene, altresì, che il suo ricorso nella causa F‑52/11 (De Nicola/BEI) è stato respinto con la «solita eccezione pregiudiziale» e con una scandalosa motivazione.

36      Nell’ambito della sua risposta ai quesiti scritti posti dal Tribunale della funzione pubblica del 16 dicembre 2015, con cui gli si chiedeva quale fosse la portata della competenza di tale Tribunale a conoscere delle sue domande di risarcimento dei danni dirette a far constatare la responsabilità extracontrattuale dell’Unione e lo si invitava a precisare contro quale istituzione intendesse rivolgere tali domande, il ricorrente ha del pari indicato che l’illecito dedotto a sostegno di tale capo delle conclusioni consisteva nella violazione dell’articolo 41 del regolamento del personale della BEI.

37      Nell’ambito della replica egli ha ribadito tale argomento e ha aggiunto che, rifiutando di accertare e di far cessare le molestie di cui si sentiva vittima, poiché da una costante giurisprudenza risultava che non spettava al giudice dell’Unione né pervenire a constatazioni di principio, né rivolgere ingiunzioni all’amministrazione (ordinanze del 21 settembre 2015, De Nicola/BEI, T‑10/15 P, EU:T:2015:705, punti da 29 a 31; del 21 settembre 2015, De Nicola/BEI, T‑848/14 P, EU:T:2015:719, punti da 42 a 44; sentenze dell’11 novembre 2014, De Nicola/BEI, F‑52/11, EU:F:2014:243, punti da 168 a 170; dell’11 novembre 2014, De Nicola/BEI, F‑55/08 RENV, EU:F:2014:244, punti da 47 a 49; del 18 novembre 2014, De Nicola/BEI, F‑59/09 RENV, EU:F:2014:248, punti da 58 a 60; del 18 dicembre 2015, De Nicola/BEI, F‑37/12, EU:F:2015:162, punti da 59 a 61; del 18 dicembre 2015, De Nicola/BEI, F‑104/13, EU:F:2015:164, punti da 56 a 58, e del 21 luglio 2016, De Nicola/BEI, F‑100/15, EU:F:2016:167, punto 89), e dichiarando le relative conclusioni irricevibili, rimettendo nel contempo ogni valutazione di tali questioni all’organo accusato di essere l’autore di tali molestie, il giudice dell’Unione lo avrebbe reso vittima di un diniego di giustizia. Il ricorrente rileva, inoltre, che il diritto italiano riconosce pacificamente il potere nonché l’obbligo del giudice di merito di accertare l’esistenza delle molestie, ove denunciate, e di risarcirne il relativo danno.

38      La Corte di giustizia dell’Unione europea contesta tali argomenti.

39      A tale riguardo, il presente capo delle conclusioni deve essere respinto in quanto irricevibile.

40      Infatti, come sostiene la Corte di giustizia dell’Unione europea, il ricorso non soddisfa i requisiti minimi, quali risultati dall’articolo 21, primo comma, in combinato disposto con l’articolo 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e dall’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura (v. precedente punto 27).

41      In primo luogo, il ricorso si limita a esporre mere affermazioni, prive tanto di riferimenti precisi alle norme asseritamente violate quanto di riferimenti fattuali a sostegno delle affermazioni stesse. Il ricorso non spiega a sufficienza il contesto di fatto e di diritto alla base delle domande di risarcimento nei confronti della Corte di giustizia dell’Unione europea. Le informazioni contenute nel ricorso, quanto ad esse, non consentono al Tribunale di determinare, con la certezza necessaria, l’oggetto della controversia nonché i motivi e gli argomenti dedotti dal ricorrente. Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare e individuare, nella giurisprudenza menzionata, i passaggi, i motivi o gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere fondato.

42      In secondo luogo, sebbene spetti al ricorrente addurre la prova che il danno invocato discende in modo sufficientemente diretto dal comportamento contestato all’istituzione o all’organo dell’Unione (v. precedente punto 25), egli non fornisce, nel caso di specie, nessun’analisi del nesso di causalità, ma si limita a chiedere la condanna della Corte di giustizia dell’Unione europea al risarcimento di tutti i danni indicati ai punti da 113 a 120 del ricorso (v. precedenti punti 29 e 30) per i fatti descritti ai punti 110 e 111 di tale ricorso. La dimostrazione del nesso di causalità appare ancor più carente per il fatto che, ai punti da 113 a 120 del ricorso, il ricorrente sembra piuttosto attribuire i danni che lamenta direttamente al comportamento della BEI.

43      Tale assenza di chiarezza nella redazione del ricorso introduttivo del giudizio è confermata dallo stesso ricorrente, il cui secondo avvocato ha indicato che avrebbe precisato nella replica le domande presentate nel ricorso «che, in linea astratta, potrebbero apparire non chiarire riguardo la loro portata».

44      Sebbene la replica abbia aggiunto determinate informazioni relative al ricorso, occorre constatare che dalla giurisprudenza emerge che, nell’esame della conformità del ricorso ai requisiti di cui all’articolo 76, lettera d), del regolamento di procedura, il contenuto della replica è presunto irrilevante. In particolare, la ricevibilità, ammessa dalla giurisprudenza (sentenze del 27 febbraio 1997, FFSA e a./Commissione, T‑106/95, EU:T:1997:23, punto 125, e del 28 gennaio 1999, BAI/Commissione, T‑14/96, EU:T:1999:12, punto 66), dei motivi e argomenti formulati nella replica quali ampliamento dei motivi contenuti nel ricorso non può essere invocata per supplire alla mancata osservanza, in sede di presentazione del ricorso, dei requisiti di cui all’articolo 76 del regolamento di procedura, salvo privare tale ultima disposizione di qualsiasi portata (ordinanza del 19 maggio 2008, TF1/Commissione, T‑144/04, EU:T:2008:155, punto 30; v. altresì, in tal senso, sentenza del 16 marzo 1993, Blackman/Parlamento, T‑33/89 e T‑74/89, EU:T:1993:21, punto 65, e ordinanza del 28 aprile 1993, De Hoe/Commissione, T‑85/92, EU:T:1993:39, punto 25).

45      Inoltre, nei limiti in cui il ricorrente esprime, in sostanza, critiche in merito alla trattazione, nelle sentenze del 27 aprile 2012, De Nicola/BEI (T‑37/10 P, EU:T:2012:205), del 30 novembre 2009, De Nicola/BEI (F‑55/08, EU:F:2009:159), dell’11 novembre 2014, De Nicola/BEI (F‑55/08 RENV, EU:F:2014:244), del 16 settembre 2013, De Nicola/BEI (T‑264/11 P, EU:T:2013:461), dell’8 marzo 2011, De Nicola/BEI (F‑59/09, EU:F:2011:19), del 18 novembre 2014, De Nicola/BEI (F‑59/09 RENV, EU:F:2014:248), e dell’11 novembre 2014, De Nicola/BEI (F‑52/11, EU:F:2014:243), delle sue domande di accertamento o di cessazione delle molestie, che sarebbero perpetrate dalla BEI, e nei limiti in cui intende, su tale base, invocare la responsabilità della Corte di giustizia dell’Unione europea, si deve rammentare che con ordinanze del 21 settembre 2015 De Nicola/BEI (T‑10/15 P, EU:T:2015:705), del 21 settembre 2015, De Nicola/BEI (T‑849/14 P, EU:T:2015:712), e del 21 settembre 2015, De Nicola/BEI (T‑848/14 P, EU:T:2015:719), il Tribunale ha respinto rispettivamente le impugnazioni del ricorrente avverso le sentenze dell’11 novembre 2014 De Nicola/BEI (F‑52/11, EU:F:2014:243), del 18 novembre 2014, De Nicola/BEI (F‑59/09 RENV, EU:F:2014:248), e dell’11 novembre 2014, De Nicola/BEI (F‑55/08 RENV, EU:F:2014:244). Queste ultime sono passate in giudicato e, pertanto, non possono più essere rimesse in discussione.

46      Così, poiché la condizione attinente all’illiceità del comportamento non potrà, in ogni caso, essere soddisfatta, non occorre esaminare le altre condizioni per il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

47      Occorre pertanto respingere il presente capo delle conclusioni.

 Sul secondo capo delle conclusioni, diretto alla condanna della Corte di giustizia dell’Unione europea a risarcire il ricorrente per il danno che avrebbe subito a causa della durata asseritamente eccessiva dei procedimenti dinanzi al Tribunale della funzione pubblica e al Tribunale

48      Nel ricorso il ricorrente sostiene, facendo riferimento alle cause F‑59/09, F‑45/11, F‑128/11, F‑37/12 e F‑82/12, nelle quali aveva proposto un ricorso contro la BEI, che la Corte di giustizia dell’Unione europea «non solo ha sempre rifiutato di velocizzare il processo, ma ha fatto di tutto per rallentarlo il più possibile, ponendolo in discussione quando proprio non poteva farne a meno e tentando più volte di sospendere i giudizi (da ultimo il 3 luglio 2015), anche previa rimessione al ruolo di cause trattenute in decisione da 8 mesi», e che «[l]e sentenze [avrebbero] fatto il resto, sicché [avremmo] un giudizio avviato nel 2008 che [sarebbe] per la seconda volta in appello».

49      Nella replica il ricorrente sostiene, in sostanza, che, pur se egli non è stato all’origine di un comportamento dilatorio e pur se le cause precedentemente menzionate, alle quali ha aggiunto altre cause che peraltro non erano indicate al punto 111 del ricorso, non presentavano complessità, esse sarebbero state trattate in tempi ben più lunghi rispetto alla media delle cause proposte dinanzi al giudice dell’Unione. In tali circostanze non sarebbe più compito del ricorrente dimostrare che la durata del procedimento è stata eccessiva, ma spetterebbe semmai alla Corte di giustizia dell’Unione europea giustificare tale durata. Inoltre, il ricorrente sostiene che il diritto al risarcimento del danno, che è in re ipsa, per l’eccessiva durata del procedimento, discende dalla comprovata illiceità del comportamento della convenuta consistita nell’eccessiva durata del procedimento, ed è liquidabile, anche in via equitativa, tenendo conto, ad esempio, di quanto affermato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, in sede d’interpretazione e di applicazione dell’articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950.

50      La Corte di giustizia dell’Unione europea contesta tali argomenti.

51      A tal riguardo, in primo luogo, tale capo delle conclusioni è irricevibile per motivi identici a quelli esposti al precedente punto 42.

52      In secondo luogo, e in ogni caso, deve essere respinto in quanto infondato.

53      Per quanto riguarda la condizione attinente all’illiceità, occorre sottolineare che l’articolo 47, secondo comma, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea dispone, segnatamente, che «[o]gni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge».

54      La ragionevolezza del termine di giudizio deve essere valutata alla luce delle circostanze proprie di ciascuna causa, in particolare, della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità della causa, nonché del comportamento delle parti, ivi compreso il ricorrente, e di quello delle autorità competenti, o ancora della sopravvenienza di incidenti procedurali (v. sentenza del 1° febbraio 2017, Aalberts Industries/Unione europea, T‑725/14, EU:T:2017:47, punti 35 e 36 e giurisprudenza ivi citata).

55      L’elencazione dei criteri pertinenti non è esaustiva e la valutazione della ragionevolezza di detto termine non richiede un esame sistematico delle circostanze del caso di cui trattasi alla luce di ciascuno di essi quando la durata del procedimento appaia giustificata in base a uno solo di essi (v. sentenza del 1° febbraio 2017, Aalberts Industries/Unione europea, T‑725/14, EU:T:2017:47, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

56      Ne consegue che la ragionevolezza di un termine non può essere esaminata facendo riferimento a un limite massimo preciso, determinato astrattamente, bensì deve essere valutata di volta in volta alla luce delle circostanze del caso di specie (v. sentenza del 1° febbraio 2017, Aalberts Industries/Unione europea, T‑725/14, EU:T:2017:47, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

57      Nel caso di specie, è sufficiente constatare che, limitandosi a sostenere che, pur se egli non è all’origine di un comportamento dilatorio e pur se le cause menzionate al punto 111 del ricorso non presentano particolari complessità, esse sarebbero state trattate in tempi più lunghi rispetto alla media delle cause promosse dinanzi al giudice dell’Unione, il ricorrente ha omesso di dimostrare il carattere eccessivo del lasso di tempo in cui il giudice dell’Unione ha trattato i ricorsi in questione.

58      Infatti, da un lato, la sua argomentazione non si basa sulle circostanze proprie delle cause menzionate di cui egli è stato parte, ma cerca piuttosto di provare il carattere eccessivo del termine, entro il quale il giudice dell’Unione ha trattato i suoi ricorsi, alla luce di un punto di riferimento astratto, costituito dalla media della trattazione delle cause promosse dinanzi al giudice dell’Unione, che, in considerazione della varia natura delle controversie che sono state portate dinanzi a quest’ultimo, è privo di qualsivoglia relazione con le specificità proprie delle cause citate dal ricorrente. Di conseguenza, una media del genere non costituisce in alcun modo un criterio valido per valutare il carattere eccessivo della durata del giudizio di una causa concreta. Dall’altro lato, sebbene la sentenza del 16 settembre 2013, De Nicola/BEI (T‑264/11 P, EU:T:2013:461, punti da 10 a 17), l’ordinanza del 21 settembre 2015, De Nicola/BEI (T‑849/14 P, EU:T:2015:712, punti 18 e 19), le sentenze dell’8 marzo 2011, De Nicola/BEI (F‑59/09, EU:F:2011:19, punti da 97 a 102), del 18 novembre 2014, De Nicola/BEI (F‑59/09 RENV, EU:F:2014:248, punti da 27 a 32), del 18 dicembre 2015, De Nicola/BEI (F‑37/12, EU:F:2015:162, punti da 22 a 41), del 18 dicembre 2015, De Nicola/BEI (F‑82/12, EU:F:2015:166, punti da 16 a 35), del 18 dicembre 2015, De Nicola/BEI (F‑45/11, EU:F:2015:167, punti da 18 a 40), e del 18 dicembre 2015, De Nicola/BEI (F‑128/11, EU:F:2015:168, punti da 26 a 48), espongano dettagliatamente lo svolgimento temporale di tali cause dinanzi al giudice dell’Unione, il ricorrente si è astenuto dall’individuare le fasi concrete delle cause in questione che sarebbero affette da una durata eccessiva o da periodi d’inattività ingiustificati. Inoltre, in mancanza di altre precisazioni da parte del ricorrente a tale proposito, non è possibile in alcun modo affermare che la durata dei giudizi in tali cause sia eccessiva rispetto al procedimento svolto.

59      Ne consegue che nel fascicolo della presente causa nulla è atto a corroborare le affermazioni del ricorrente in merito alla durata eccessiva dei procedimenti dinanzi al giudice dell’Unione nei quali era parte. Poiché la condizione relativa all’illiceità non è soddisfatta, non è necessario esaminare le altre condizioni per il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

60      Il presente capo delle conclusioni deve essere respinto.

 Sul capo delle conclusioni diretto al risarcimento dell’«ulteriore danno, anche morale, per lo stato di ansia ed incertezza dovuto dalla [...] situazione processuale» del ricorrente

61      Nei limiti in cui il ricorrente chiede, al punto 47 della replica, il risarcimento dell’«ulteriore danno, anche morale, per lo stato di ansia ed incertezza dovuto dalla propria situazione processuale», è sufficiente rammentare che, fatte salve le circostanze di cui all’articolo 86 del regolamento di procedura, che non sono state invocate nel caso di specie, possono essere prese in considerazione solo le conclusioni presentate nell’atto introduttivo del giudizio e la fondatezza del ricorso deve essere valutata unicamente alla luce delle conclusioni contenute nell’atto introduttivo del giudizio.

62      Ne consegue che tale capo delle conclusioni deve essere respinto al pari del ricorso nel suo complesso.

 Sulle spese

63      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

64      Poiché il ricorrente è rimasto soccombente, egli deve essere condannato a sopportare oltre alle proprie spese, quelle della Corte di giustizia dell’Unione europea relative al presente procedimento tanto dinanzi al Tribunale quanto dinanzi al Tribunale della funzione pubblica, conformemente alle sue domande.


Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il sig. Carlo De Nicola è condannato alle spese relative al presente procedimento tanto dinanzi al Tribunale dell’Unione europea quanto dinanzi al Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea.

Kanninen

Schwarcz

Iliopoulos

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 novembre 2017.

Il cancelliere

 

Il presidente

E. Coulon

 

       H. Kanninen


*      Lingua processuale: l’italiano.