Language of document : ECLI:EU:T:2007:289

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Grande Sezione)

17 settembre 2007 (*)

«Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Sistemi operativi per personal computer clienti – Sistemi operativi per server per gruppi di lavoro – Lettori multimediali che permettono una ricezione continua – Decisione che constata violazioni dell’art. 82 CE – Rifiuto dell’impresa dominante di fornire le informazioni relative all’interoperabilità e di autorizzarne l’uso – Subordinazione, da parte dell’impresa dominante, della fornitura del suo sistema operativo per personal computer cliente all’acquisto simultaneo del suo lettore multimediale – Misure correttive – Designazione di un mandatario indipendente – Ammenda – Determinazione dell’importo – Proporzionalità»

Nella causa T‑201/04,

Microsoft Corp., con sede in Redmond, Washington (Stati Uniti), rappresentata dall’avv. J.-F. Bellis e dal sig. I. Forrester, QC,

ricorrente,

sostenuta da:

The Computing Technology Industry Association, Inc., con sede in Oakbrook Terrace, Illinois (Stati Uniti), rappresentata dagli avv.ti G. van Gerven e T. Franchoo, e dal sig. B. Kilpatrick, solicitor,

DMDsecure.com BV, con sede in Amsterdam (Paesi Bassi),

MPS Broadband AB, con sede in Stoccolma (Svezia),

Pace Micro Technology plc, con sede in Shipley, West Yorkshire (Regno Unito),

Quantel Ltd, con sede in Newbury, Berkshire (Regno Unito),

Tandberg Television Ltd, con sede in Southampton, Hampshire (Regno Unito),

rappresentate dall’avv. J. Bourgeois,

Association for Competitive Technology, Inc., con sede in Washington, DC (Stati Uniti), rappresentata dagli avv.ti L. Ruessmann, P. Hecker e dalla sig.ra K. Bacon, barrister,

TeamSystem SpA, con sede in Pesaro (Italia),

Mamut ASA, con sede in Oslo (Norvegia),

rappresentate dall’avv. G. Berrisch,

Exor AB, con sede in Uppsala (Svezia), rappresentata dagli avv.ti S. Martínez Lage, H. Brokelmann e R. Allendesalazar Corcho,

intervenienti,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata inizialmente dai sigg. R. Wainwright, F. Castillo de la Torre, P. Hellström e A. Whelan, in qualità di agenti, successivamente dai sigg. Castillo de la Torre, Hellström e Whelan,

convenuta,

sostenuta da:

Software & Information Industry Association, con sede in Washington, DC, rappresentata dai sigg. J. Flynn, QC, C. Simpson e T. Vinje, solicitors, dagli avv.ti D. Paemen, N. Dodoo e M. Dolmans,

Free Software Foundation Europe eV, con sede in Amburgo (Germania), rappresentata dall’avv. C. Piana,

Audiobanner.com, con sede in Los Angeles, California (Stati Uniti), rappresentata dall’avv. L. Alvizar Ceballos,

European Committee for Interoperable Systems (ECIS), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata dagli avv.ti D. Paemen, N. Dodoo, M. Dolmans, e dal sig. J. Flynn, QC,

intervenienti,

avente ad oggetto una domanda diretta all’annullamento della decisione della Commissione 24 marzo 2004, 2007/53/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 82 [CE] e dell’articolo 54 dell’accordo SEE contro Microsoft Corporation (caso COMP/C‑3/37.792 – Microsoft) (GU 2007, L 32, pag. 23), o, in subordine, una domanda diretta all’annullamento o alla riduzione dell’ammenda inflitta alla ricorrente in tale decisione,

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADODELLE COMUNITÀ EUROPEE (Grande Sezione),

composto dai sigg. B. Vesterdorf, presidente, M. Jaeger, J. Pirrung, R. García‑Valdecasas, dalla sig.ra V. Tiili, dai sigg. J. Azizi, J.D. Cooke, A.W.H. Meij, N.J. Forwood, dalle sig.re E. Martins Ribeiro, I. Wiszniewska-Białecka, dal sig. V. Vadapalas e dalla sig.ra I. Labucka, giudici,

cancelliere: sig. E. Coulon

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24, 25, 26, 27 e 28 aprile 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La Microsoft Corp., società con sede in Redmond, Washington (Stati Uniti), concepisce, sviluppa e commercia una vasta gamma di software destinati a diversi tipi di attrezzature informatiche. Tali software includono, tra l’altro, sistemi operativi per personal computer clienti (in prosieguo: i «PC clienti»), sistemi operativi per server per gruppi di lavoro e lettori multimediali che permettono una ricezione continua. Inoltre, la Microsoft fornisce servizi di assistenza tecnica per i suoi diversi prodotti.

2        Il 15 settembre 1998 il sig. Green, vicepresidente della Sun Microsystems, Inc. (in prosieguo: la «Sun»), società avente sede in Palo Alto, California (Stati Uniti), che fornisce tra l’altro server e sistemi operativi per server, ha inviato al sig. Maritz, vicepresidente della Microsoft, una lettera del seguente tenore:

«Con la presente chiediamo alla Microsoft di fornire alla [Sun] tutte le informazioni necessarie per consentire alla [Sun] di fornire supporto nativo agli oggetti COM su Solaris.

Chiediamo inoltre alla Microsoft di fornire alla [Sun] tutte le informazioni necessarie a permettere alla [Sun] di fornire supporto nativo all’intera gamma delle tecnologie Active Directory su Solaris.

Riteniamo sia nel pieno interesse del settore che le applicazioni ideate per essere eseguite su Solaris possano comunicare in modo trasparente via COM e/o Active Directory con i sistemi operativi Windows e/o i software basati su Windows.

Riteniamo che la Microsoft dovrebbe includere un’applicazione di riferimento nonché le informazioni necessarie a garantire che, senza bisogno di ricorrere all’ingegneria a ritroso, gli oggetti COM e l’intera gamma delle tecnologie Active Directory possano funzionare in modo pienamente compatibile con Solaris. Consideriamo necessario che tali informazioni vengano fornite per tutti gli oggetti COM e per l’intera gamma delle tecnologie Active Directory attualmente sul mercato. Riteniamo altresì necessario che tali informazioni vengano fornite senza irragionevoli ritardi e in modo regolare per gli oggetti COM e per le tecnologie Active Directory che verranno in futuro immessi sul mercato».

3        Nel prosieguo della presente sentenza, si farà riferimento a tale lettera come alla «lettera del 15 settembre 1998».

4        Con lettera 6 ottobre 1998, il sig. Maritz rispondeva alla lettera del 15 settembre 1998, spiegando quanto segue:

«Vi ringraziamo per l’interesse a lavorare con Windows. Abbiamo clienti comuni che si avvalgono dei nostri prodotti e consideriamo straordinario che siate interessati ad aprire il vostro sistema all’interoperabilità con Windows. La Microsoft ha sempre ritenuto giusto aiutare gli ideatori di software, concorrenti compresi, a realizzare i migliori prodotti e la migliore interoperabilità possibili per la [sua] piattaforma.

Probabilmente non siete a conoscenza del fatto che le informazioni da voi richieste circa le modalità per interoperare con COM e con le tecnologie Active Directory sono già pubblicate e sono a disposizione vostra e di qualunque altro ideatore di software nel mondo tramite il prodotto “Microsoft Developer Network (MSDN) Universal”. MSDN contiene informazioni complete sui servizi e sulle interfacce della piattaforma Windows e costituisce una straordinaria fonte di informazioni per gli ideatori interessati a creare per Windows o ad interoperare con esso. Di fatto, la [Sun] attualmente possiede 32 licenze attive per l’abbonamento a “MSDN Universal”. Suppongo inoltre che la vostra società, così come ha già fatto in passato, invierà un notevole numero di partecipanti al convegno “Professional Developers” che organizzeremo a Denver tra l’11 e il 15 ottobre 1998. Si tratterà di un’ulteriore occasione per ottenere le informazioni tecniche da voi richieste per poter funzionare con le nostre tecnologie di sistema. Alcuni dei 23 dipendenti della [Sun] che hanno preso parte alla conferenza dello scorso anno saranno certamente in grado di riferirvi sulla qualità e sulla precisione delle informazioni discusse nei convegni “Professional Developers”.

Siamo lieti di informarvi che esiste già un’applicazione di riferimento di COM su Solaris. Questa applicazione di COM su Solaris è un prodotto binario completamente supportato, disponibile presso Microsoft. La licenza del codice sorgente di COM può essere acquisita presso altre fonti, come Software AG (…).

Quanto ad Active Directory, non è previsto che venga “portato” (…) su Solaris. Tuttavia, per soddisfare i nostri clienti comuni, esistono numerosi metodi, con livelli di funzionalità variabili, per interoperare con Active Directory. Per esempio, potete utilizzare il protocollo standard LDAP per accedere da Solaris all’Active Directory di Windows NT Server.

Nel caso in cui, dopo aver partecipato [al convegno “Professional Developers”] ed aver esaminato le informazioni pubbliche contenute in MSDN, aveste bisogno di assistenza supplementare, nel nostro gruppo “Developer Relations” troverete alcuni “Account Managers” pronti a coadiuvare gli ideatori che necessitano di assistenza supplementare per le piattaforme di Microsoft. Ho chiesto al sig. Marshall Goldberg, Lead Program Manager, di tenersi a disposizione in caso di vostra necessità (…)».

5        In prosieguo, la lettera del sig. Maritz del 6 ottobre 1998 sarà indicata come la «lettera del 6 ottobre 1998».

6        Il 10 dicembre 1998 la Sun presentava una denuncia alla Commissione ai sensi dell’art. 3 del regolamento del Consiglio 6 febbraio 1962, n. 17, primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, n. 13, pag. 204).

7        Nella denuncia, la Sun lamentava il rifiuto oppostole dalla Microsoft di comunicarle le informazioni e la tecnologia necessarie per consentire l’interoperabilità dei suoi sistemi operativi per server per gruppi di lavoro con il sistema operativo Windows per PC clienti.

8        Il 2 agosto 2000 la Commissione inviava alla Microsoft una prima comunicazione degli addebiti (in prosieguo: la «prima comunicazione degli addebiti»), vertente in sostanza su questioni relative all’interoperabilità fra i sistemi operativi Windows per PC clienti, da un lato, e i sistemi operativi per server di altri fornitori, dall’altro lato (interoperabilità client-server).

9        La Microsoft rispondeva alla prima comunicazione degli addebiti il 17 novembre 2000.

10      Nel frattempo, nel febbraio 2000, la Commissione avviava un’indagine d’ufficio vertente, in particolare, sulla generazione Windows 2000 dei sistemi operativi per PC clienti e per server per gruppi di lavoro della Microsoft nonché sull’integrazione, da parte di quest’ultima, del suo lettore multimediale Windows Media Player nel proprio sistema operativo Windows per PC clienti. Il sistema operativo per PC clienti della gamma Windows 2000 era destinato ad un uso professionale ed era denominato «Windows 2000 Professional». I sistemi operativi per server appartenenti a questa gamma si presentavano nelle tre versioni seguenti: Windows 2000 Server, Windows 2000 Advanced Server e Windows 2000 Datacenter Server.

11      L’indagine si concludeva con l’invio, il 29 agosto 2001, di una seconda comunicazione degli addebiti alla Microsoft (in prosieguo: la «seconda comunicazione degli addebiti»), con cui la Commissione reiterava le precedenti censure relative all’interoperabilità client-server. Essa inoltre affrontava alcune questioni relative all’interoperabilità fra server per gruppi di lavoro (interoperabilità server-server). Infine, la Commissione accennava a taluni problemi relativi all’integrazione del lettore multimediale Windows Media Player nel sistema operativo Windows per PC clienti.

12      La Microsoft rispondeva alla seconda comunicazione degli addebiti il 16 novembre 2001.

13      Nel dicembre 2001, essa trasmetteva alla Commissione una relazione contenente gli esiti e l’analisi di un sondaggio realizzato dalla Mercer Management Consulting (in prosieguo: la «Mercer»).

14      Tra l’aprile e il giugno 2003 la Commissione conduceva una vasta indagine di mercato inviando una serie di richieste di informazioni a diverse società ed associazioni sulla base dell’art. 11 del regolamento n. 17 (in prosieguo: l’«indagine di mercato del 2003»).

15      Il 6 agosto 2003 la Commissione inviava alla Microsoft una terza comunicazione degli addebiti che, secondo la stessa Commissione, era destinata a completare le due precedenti e a fornire indicazioni sulle misure correttive che essa intendeva adottare (in prosieguo: la «terza comunicazione degli addebiti»).

16      Con lettera 17 ottobre 2003, la Microsoft rispondeva alla terza comunicazione degli addebiti.

17      Il 31 ottobre 2003 seguente essa trasmetteva alla Commissione una relazione contenente gli esiti e l’analisi di due ulteriori sondaggi realizzati dalla Mercer.

18      Il 12, 13 e 14 novembre 2003 la Commissione organizzava un’audizione.

19      Il 1° dicembre 2003 la Microsoft presentava osservazioni complementari sulla terza comunicazione degli addebiti.

20      Il 24 marzo 2004 la Commissione adottava la decisione 2007/53/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 82 [CE] e dell’articolo 54 dell’accordo SEE contro Microsoft Corporation (caso COMP/C‑3/37.792 – Microsoft) (GU 2007, L 32, pag. 23; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 La decisione impugnata

21      Nella decisione impugnata si afferma che la Microsoft ha violato l’art. 82 CE e l’art. 54 dell’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) a causa di due abusi di posizione dominante.

22      Dapprima la Commissione ha individuato tre mercati di prodotti distinti, di dimensione mondiale e ha considerato che la Microsoft detenesse in due di essi una posizione dominante. Essa ha poi ritenuto sussistenti due comportamenti abusivi da parte della Microsoft, imponendole conseguentemente un’ammenda e alcune misure correttive.

I –  I mercati del prodotto e il mercato geografico in esame

23      La decisione impugnata individua tre distinti mercati di prodotti, ossia, rispettivamente, quello dei sistemi operativi per PC clienti (punti 324-342 della decisione), quello dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (punti 343-401 della decisione) e quello dei lettori multimediali che permettono una ricezione continua (punti 402-425 della decisione).

24      Il primo mercato individuato nella decisione impugnata è quello dei sistemi operativi per PC clienti. I sistemi operativi vengono definiti come «software di sistema» che controllano le funzioni di base di un computer e permettono all’utente di servirsi del computer e di far funzionare su di esso le applicazioni (punto 37 della decisione). I PC clienti vengono definiti come computer multifunzionali ideati per essere utilizzati da una sola persona e che possono essere collegati a una rete (punto 45 della decisione).

25      Per quanto riguarda il secondo mercato, la decisione impugnata definisce i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro come sistemi operativi concepiti e commercializzati per fornire a livello collettivo i servizi di «infrastruttura di base» ad un numero relativamente ridotto di PC clienti collegati in reti di piccole-medie dimensioni (punti 53 e 345 della decisione).

26      Più in particolare, la decisione impugnata individua tre serie di servizi: la condivisione di files memorizzati su server, la condivisione di stampanti e la gestione di utenti e di gruppi di utenti, ossia l’amministrazione delle modalità di accesso da parte degli interessati ai servizi in rete (punti 53 e 345 della decisione). Quest’ultima serie di servizi consiste, in particolare, nel garantire un accesso e un uso protetti delle risorse della rete dapprima identificando gli utenti e successivamente verificando che essi siano autorizzati a compiere una data azione (punto 54 della decisione). La decisione impugnata precisa che, per garantire un’archiviazione e una ricerca efficaci delle informazioni relative alla gestione degli utenti e dei gruppi di utenti, i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro si appoggiano in genere sulle tecnologie di «servizi di annuario» (punto 55 della decisione). Il servizio di annuario incluso nel sistema operativo Windows 2000 Server della Microsoft è denominato «Active Directory» (punto 149 della decisione).

27      Secondo la decisione impugnata, le tre serie di servizi appena citate sono strettamente connesse in seno ai sistemi operativi per server per gruppi di lavoro e si possono considerare, in larga parte, come un «servizio unico», considerato però sotto due diversi punti di vista: da un lato, quello dell’utente (servizi di files e di stampa) e, dall’altro lato, quello del gestore della rete (servizi di gestione degli utenti e dei gruppi di utenti) (punto 56 della decisione). Nella decisione impugnata questi diversi servizi vengono definiti come «servizi per gruppi di lavoro».

28      Il terzo mercato individuato nella decisione impugnata è quello dei lettori multimediali che permettono una ricezione continua. I lettori multimediali vengono definiti come prodotti software in grado di leggere contenuti audiovisivi in formato digitale, ossia di decodificare i dati corrispondenti traducendoli in istruzioni per l’hardware (per esempio, altoparlanti o uno schermo) (punto 60 della decisione). I lettori multimediali che permettono una ricezione continua sono in grado di leggere contenuti audiovisivi diffusi in streaming tramite Internet (punto 63 della decisione).

29      Quanto al mercato geografico in esame, nella decisione impugnata la Commissione rileva, come indicato supra al punto 22, che esiste una dimensione mondiale per quel che riguarda ciascuno dei tre mercati di prodotti individuati.

II –  Posizione dominante

30      Nella decisione impugnata la Commissione sostiene che la Microsoft possiede, almeno dal 1996, una posizione dominante sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti nonché, dal 2002, sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (punti 429-541 della decisione).

31      Riguardo al mercato dei sistemi operativi per PC clienti, per giungere a tale considerazione la Commissione in sostanza si basa sui seguenti elementi:

–        le quote di mercato della Microsoft sono superiori al 90% (punti 430-435 della decisione);

–        il potere di mercato della Microsoft ha «goduto di una stabilità e di una continuità ininterrotte» (punto 436 della decisione);

–        esistono elevate barriere all’ingresso sul detto mercato, dovute ad effetti indiretti di rete (punti 448-464 della decisione);

–        tali effetti indiretti di rete sono dovuti, da un lato, al fatto che i consumatori apprezzano le piattaforme su cui possono utilizzare un gran numero di applicazioni e, dall’altro, al fatto che gli ideatori di software elaborano applicazioni per i sistemi operativi per i PC clienti che godono di maggiore popolarità presso i consumatori (punti 449 e 450 della decisione).

32      Al punto 472 della decisione la Commissione precisa che questa posizione dominante presenta «caratteristiche straordinarie» in quanto Windows non solo è un prodotto dominante sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti, ma costituisce, inoltre, lo «standard di fatto» per detti sistemi.

33      Quanto al mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, la Commissione indica in sostanza gli elementi seguenti:

–        limitandosi ad una stima prudenziale, la quota di mercato della Microsoft è pari almeno al 60% (punti 473-499 della decisione);

–        la posizione dei tre principali concorrenti della Microsoft su detto mercato è la seguente: Novell, con il suo software NetWare, detiene una quota di mercato compresa fra il 10 e il 25%, i distributori dei prodotti Linux rappresentano una quota di mercato compresa fra il 5 e il 15% e quelli dei prodotti UNIX possiedono una quota di mercato compresa fra il 5 e il 15% (punti 503, 507 e 512 della decisione);

–        il mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro è caratterizzato dall’esistenza di elevate barriere all’ingresso, dovute tra l’altro ad effetti di rete e al rifiuto della Microsoft di divulgare le informazioni relative all’interoperabilità (punti 515-525 della decisione);

–        esistono stretti vincoli commerciali e tecnologici tra quest’ultimo mercato e quello dei sistemi operativi per PC clienti (punti 526-540 della decisione).

34      Linux è un sistema operativo «libero» diffuso con la licenza «GNU GPL (General Public Licence»). Per la precisione, si tratta solo di un programma informatico di base, denominato «nucleo», che esegue un numero limitato di servizi caratteristici di un sistema operativo. Esso tuttavia può essere associato ad altri software per costituire un «sistema operativo Linux» (punto 87 della decisione). In particolare, Linux viene utilizzato come base per alcuni sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (punto 101 della decisione). Ad esempio, esso è presente sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro in associazione con il software Samba, anch’esso diffuso con la licenza «GNU GPL» (punti 506 e 598 della decisione).

35      Il termine «UNIX» sta ad indicare un certo numero di sistemi operativi che condividono caratteristiche comuni (punto 42 della decisione). La Sun ha sviluppato un sistema operativo per server per gruppi di lavoro basato su UNIX, denominato «Solaris» (punto 97 della decisione).

III –  Abuso di posizione dominante

A –  Rifiuto di fornire le informazioni relative all’interoperabilità e di autorizzarne l’uso

36      Il primo comportamento abusivo imputato alla Microsoft è costituito dal suo rifiuto di fornire ai concorrenti le «informazioni relative all’interoperabilità» e di autorizzarne l’uso per lo sviluppo e la distribuzione di prodotti concorrenti con i propri sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, durante il periodo compreso tra l’ottobre 1998 e la data di notificazione della decisione impugnata [art. 2, lett. a), della decisione impugnata]. Tale comportamento viene descritto ai punti 546-791 della decisione.

37      Ai sensi della decisione impugnata, per «informazioni relative all’interoperabilità» si intendono «le specificazioni esaurienti e corrette di tutti i protocolli [applicati] nei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro e che vengono utilizzati dai server per gruppi di lavoro Windows allo scopo di fornire alla rete Windows per gruppi di lavoro servizi di condivisione di files e di stampanti, nonché di gestione di utenti e di gruppi [di utenti], compresi i servizi di controllo del dominio Windows, il servizio Active Directory e il servizio “Group Policy”» (art. 1, n. 1, della decisione impugnata).

38      Per «reti Windows per gruppi di lavoro» si intendono «grupp[i] di PC clienti [sui quali è installato un sistema operativo Windows per PC clienti] e di server [sui quali è installato un sistema operativo Windows per server per gruppi di lavoro] collegati tramite una rete informatica» (art. 1, n. 7, della decisione impugnata).

39      Per «protocolli» si intende «un insieme di regole di interconnessione e di interazione tra differenti sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro e di sistemi operativi Windows per PC clienti installati su computer diversi in una rete Windows per gruppi di lavoro» (art. 1, n. 2, della decisione impugnata).

40      Nella decisione impugnata la Commissione sottolinea che il rifiuto in parola non verte su elementi del «codice sorgente» di Microsoft, bensì unicamente su talune specificazioni dei protocolli in questione, vale a dire su una descrizione dettagliata di ciò che ci si attende dal programma di cui trattasi, in contrapposizione alle implementazioni (altresì definite, ai fini della presente sentenza, come «esecuzioni» o «attuazioni») consistenti nell’esecuzione del codice da parte del computer (punti 24 e 569 della decisione). Essa precisa altresì che non intende «ordinare alla Microsoft di consentire a terzi di copiare Windows» (punto 572 della decisione).

41      Inoltre, la Commissione sostiene che il rifiuto che la Microsoft ha opposto alla Sun fa parte di una linea di condotta generale (punti 573-577 della decisione). Essa ritiene poi che il comportamento di cui è accusata la Microsoft implichi una rottura rispetto ai precedenti livelli di fornitura più elevati (punti 578-584 della decisione), che provochi un rischio di eliminazione della concorrenza sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (punti 585-692 della decisione) e che abbia ripercussioni negative sullo sviluppo tecnico nonché sul benessere dei consumatori (punti 693-708 della decisione).

42      Infine, la Commissione respinge gli argomenti della Microsoft secondo cui il suo rifiuto sarebbe oggettivamente giustificato (punti 709-778 della decisione).

B –  Vendita collegata del sistema operativo Windows per PC clienti e di Windows Media Player

43      Il secondo comportamento abusivo contestato alla Microsoft è costituito dal fatto che quest’ultima, per il periodo compreso tra il maggio 1999 e la data di notificazione della decisione impugnata, ha subordinato la fornitura del sistema operativo Windows per PC clienti all’acquisto simultaneo del software Windows Media Player [art. 2, lett. b), della decisione impugnata]. Tale comportamento è descritto ai punti 792-989 della decisione.

44      Nella decisione impugnata la Commissione sostiene che tale condotta soddisfa i requisiti necessari per dichiarare l’esistenza di una vendita collegata abusiva ai sensi dell’art. 82 CE (punti 794-954 della decisione). A tal riguardo, in primo luogo, essa ribadisce che la Microsoft detiene una posizione dominante sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti (punto 799 della decisione). In secondo luogo, essa rileva che i lettori multimediali che permettono una ricezione continua e i sistemi operativi per PC clienti costituiscono prodotti distinti (punti 800-825 della decisione). In terzo luogo, la Commissione sostiene che la Microsoft non lascia ai consumatori la possibilità di acquistare Windows senza Windows Media Player (punti 826-834 della decisione). In quarto luogo, essa afferma che la vendita collegata in oggetto pregiudica la concorrenza sul mercato dei lettori multimediali (punti 835-954 della decisione).

45      Infine, la Commissione respinge gli argomenti con cui la Microsoft sostiene, da un lato, che la vendita collegata in questione determina incrementi di efficienza tali da compensare gli effetti anticoncorrenziali individuati nella decisione impugnata (punti 955-970 della decisione) e, dall’altro, che essa non ha alcun interesse a praticare vendite collegate «anticoncorrenziali» (punti 971-977 della decisione).

IV –  Ammenda e misure correttive

46      I due abusi individuati nella decisione impugnata sono sanzionati con l’imposizione di un’ammenda pari a EUR 497 196 304 (art. 3 della decisione impugnata).

47      Inoltre, ai sensi dell’art. 4, primo comma, della decisione impugnata, la Microsoft è tenuta a porre fine agli abusi constatati all’art. 2, secondo le modalità previste dagli artt. 5 e 6 della stessa decisione. La Microsoft è tenuta altresì ad astenersi da qualunque comportamento che possa avere oggetto o effetto identico o analogo a quello degli abusi suddetti (art. 4, secondo comma, della decisione impugnata).

48      A titolo di misura volta a correggere il comportamento abusivo indicato all’art. 2, lett. a), della decisione impugnata, l’art. 5 della decisione stessa ingiunge alla Microsoft quanto segue:

«a)       La Microsoft […] è tenuta a divulgare, entro 120 giorni dalla notificazione della [decisione impugnata], le informazioni relative all’interoperabilità a qualunque impresa che intenda sviluppare e distribuire sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, e ad autorizzare l’utilizzazione da parte di tali imprese, a condizioni ragionevoli e non discriminatorie, delle informazioni relative all’interoperabilità per sviluppare e distribuire sistemi operativi per server per gruppi di lavoro;

b)       la Microsoft […] è tenuta a fare in modo che le informazioni relative all’interoperabilità divulgate siano aggiornate ogni volta che sia necessario e in modo tempestivo;

c)       la Microsoft […] è tenuta ad istituire, entro 120 giorni dalla notificazione della [decisione impugnata], un meccanismo di valutazione che consentirà alle imprese interessate di informarsi efficacemente circa la portata e le condizioni di utilizzazione delle informazioni relative all’interoperabilità; la Microsoft […] potrà imporre condizioni ragionevoli e non discriminatorie per garantire che l’accesso consentito in tale ambito alle informazioni relative all’interoperabilità venga utilizzato esclusivamente a fini di valutazione;

(…)».

49      A titolo di misura correttiva della vendita collegata abusiva menzionata all’art. 2, lett. b), della decisione impugnata, l’art. 6 della decisione ingiunge alla Microsoft di offrire, entro 90 giorni dalla notifica della stessa, una versione totalmente funzionale del proprio sistema operativo Windows per PC clienti che non comprenda Windows Media Player, conservando però la Microsoft il diritto di proporre il suo sistema operativo Windows per PC clienti assieme a Windows Media Player.

50      Infine, l’art. 7 della decisione impugnata dispone quanto segue:

«Entro 30 giorni dalla notificazione della [decisione impugnata], la Microsoft (…) dovrà presentare alla Commissione una proposta riguardo alla realizzazione di un sistema per aiutare la Commissione a verificare che la Microsoft (…) si adegui alla [decisione impugnata]. Detto sistema comprenderà la presenza di un mandatario indipendente della Microsoft (…)

Qualora la Commissione ritenga inadeguato il sistema proposto dalla Microsoft (…), avrà il potere di imporlo con decisione».

 Procedimento per violazione del diritto antitrust americano

51      Parallelamente all’inchiesta della Commissione, la Microsoft è stata oggetto di un’indagine per violazione delle leggi antitrust americane.

52      Nel 1998, gli Stati Uniti d’America, 20 Stati federati e il District of Columbia citavano in giudizio la Microsoft in forza dello Sherman Act. Le loro denunce riguardavano le misure adottate dalla Microsoft contro il programma di navigazione in Internet di Netscape, «Netscape Navigator», e le tecnologie «Java» della Sun. Gli Stati federati interessati promuovevano inoltre alcuni ricorsi contro la Microsoft per violazione delle rispettive leggi antitrust.

53      Dopo la pronuncia, il 28 giugno 2001, della sentenza della «United States Court of Appeals for the District of Columbia Circuit» (in prosieguo: la «Corte d’appello»), dinanzi alla quale la Microsoft aveva impugnato la sentenza 3 aprile 2000 della «United States District Court for the District of Columbia» (in prosieguo: la «District Court») la stessa Microsoft stipulava, nel novembre 2001, una transazione con il Ministero della Giustizia degli Stati Uniti e gli «Attorneys General» di nove Stati federati (in prosieguo: la «transazione americana») nell’ambito della quale assumeva due ordini di impegni.

54      In primo luogo, essa accettava di definire le specificazioni dei protocolli di comunicazione utilizzati dai sistemi operativi Windows per server a fini di «interoperabilità», ossia per renderli compatibili con i sistemi operativi Windows per PC clienti e per concedere a terzi licenze vertenti su tali specificazioni a determinate condizioni.

55      In secondo luogo, la transazione americana impone alla Microsoft di consentire ai costruttori di componentistica e ai consumatori finali di attivare o di sopprimere l’accesso ai propri programmi intermedi «middleware». Il software Windows Media Player è uno dei prodotti appartenenti a tale categoria, come definita nella transazione americana. Tali disposizioni mirano a garantire che i fornitori di programmi middleware possano sviluppare e distribuire prodotti funzionanti correttamente con Windows.

56      Le suddette disposizioni sono state convalidate dalla District Court con sentenza 1° novembre 2002.

57      Adita in appello dallo Stato del Massachusetts, il 30 giugno 2004 la Corte d’appello confermava la decisione della District Court del 1° novembre 2002.

58      In attuazione della transazione americana, nell’agosto 2002 veniva istituito il Microsoft Communication Protocol Program (programma dei protocolli di comunicazione; in prosieguo: il «MCPP»).

 Procedimento

59      La Microsoft ha proposto il presente ricorso con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 giugno 2004.

60      Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 25 giugno 2004, ai sensi dell’art. 242 CE la Microsoft ha presentato una domanda volta alla sospensione dell’esecuzione dell’art. 4, dell’art. 5, lett. a)-c), e dell’art. 6, lett. a), della decisione impugnata.

61      Con ordinanza 22 dicembre 2002, causa T‑201/04 R, Microsoft/Commissione (Racc. pag. II‑4463), il presidente del Tribunale ha respinto la domanda e riservato le spese.

62      Con ordinanza 9 marzo 2005, il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha ammesso ad intervenire nella controversia, a sostegno delle conclusioni della Microsoft, le seguenti associazioni e società:

–        The Computing Technology Industry Association, Inc. (in prosieguo: la «CompTIA»);

–        DMDsecure.com BV, MPS Broadband AB, Pace Micro Technology plc, Quantel Ltd e Tandberg Television Ltd (in prosieugo: la «DMDsecure e a.»);

–        Association for Competitive Technology, Inc. (in prosieguo: l’«ACT»);

–        TeamSystem SpA e Mamut ASA;

–        Exor AB.

63      Con la medesima ordinanza, il Presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha ammesso ad intervenire nella controversia, a sostegno delle conclusioni della Commissione, le seguenti associazioni e società:

–        Software & Information Industry Association (in prosieguo: la «SIIA»);

–        Free Software Foundation Europe eV (in prosieguo: la «FSFE»);

–        Audiobanner.com, che agisce con la denominazione commerciale di «VideoBanner»;

–        RealNetworks, Inc.

64      Con lettere datate 13 dicembre 2004, 9 marzo, 27 giugno e 9 agosto 2005, la Microsoft ha chiesto che alcuni elementi riservati contenuti nell’atto introduttivo e nel controricorso, nella replica, nelle sue osservazioni sulle memorie di intervento e nella controreplica fossero esclusi dalla comunicazione alle parti intervenienti. Essa ha prodotto una versione non riservata di tutti i suddetti atti del procedimento. La comunicazione, alle parti intervenienti indicate supra ai punti 62 e 63, di tali atti del procedimento è stata limitata a questa versione non riservata. Le parti intervenienti non hanno sollevato obiezioni al riguardo.

65      Ognuna delle parti intervenienti indicate supra ai punti 62 e 63 ha depositato una memoria di intervento entro i termini prescritti. Le parti principali hanno presentato le loro osservazioni su tali memorie di intervento in data 13 giugno 2005.

66      Con ordinanza 28 aprile 2005, causa T‑201/04, Microsoft/Commissione (Racc. pag. II‑1491), il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha ammesso l’European Committee for Interoperable Systems (ECIS) ad intervenire nella controversia a sostegno delle conclusioni della Commissione. Avendo depositato la sua domanda di intervento dopo lo scadere del termine prescritto dall’art. 116, n. 6, del regolamento di procedura del Tribunale, tale associazione è stata autorizzata solo a presentare le proprie osservazioni, sulla base della relazione d’udienza che le sarebbe stata comunicata nel corso della trattazione orale.

67      Con decisione in adunanza plenaria 11 maggio 2005, la causa è stata rinviata dinanzi alla Quarta Sezione ampliata del Tribunale

68      Con decisione in adunanza plenaria 7 luglio 2005, la causa è stata rinviata dinanzi alla Grande Sezione del Tribunale e affidata ad un nuovo giudice relatore.

69      Con ordinanza del presidente della Grande Sezione del Tribunale 16 gennaio 2006, la RealNetworks è stata esclusa dalla causa in qualità di parte interveniente a sostegno delle conclusioni della Commissione.

70      Il 1° febbraio 2006 il Tribunale ha invitato le parti ad assistere ad una riunione informale dinanzi al presidente della Grande Sezione del Tribunale e al giudice relatore, allo scopo tra l’altro di stabilire le modalità di organizzazione dell’udienza. Detta riunione ha avuto luogo presso il Tribunale il 10 marzo 2006.

71      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Grande Sezione) ha deciso di aprire la trattazione orale e, ai sensi dell’art. 64 del suo regolamento di procedura, ha invitato le parti principali a produrre taluni documenti e a rispondere ad una serie di quesiti. Le parti principali hanno ottemperato a tali richieste entro i termini prescritti.

72      Le difese delle parti e le loro risposte ai quesiti posti dal Tribunale sono state sentite nel corso dell’udienza svoltasi il 24, 25, 26, 27 e 28 aprile 2006.

73      Nel corso dell’udienza, il Tribunale ha invitato la Microsoft a trasmettere copia delle domande di informazioni inviate dalla Commissione nell’ambito dell’indagine di mercato del 2003, riguardanti il problema dei lettori multimediali, e delle risposte fornite per tali domande, nonché copia delle relazioni contenenti l’esito e l’analisi dei sondaggi effettuati dalla Mercer (in prosieguo: le «relazioni della Mercer»). La Microsoft ha prodotto i suddetti documenti entro i termini prescritti.

74      Con lettera del Tribunale 3 maggio 2006 la Microsoft è stata invitata a produrre copia delle altre richieste di informazioni formulate dalla Commissione nell’ambito dell’indagine di mercato del 2003 e copia delle risposte fornite. La Microsoft ha ottemperato a tale domanda entro i termini prescritti.

75      Il presidente della Grande Sezione del Tribunale ha chiuso la trattazione orale con decisione 22 giugno 2006.

 Conclusioni delle parti

76      La Microsoft chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        in subordine, annullare o ridurre in modo sostanziale l’ammenda;

–        condannare la Commissione alle spese;

–        condannare la SIIA, la FSFE e la Audiobanner.com a pagare le spese relative al loro intervento.

77      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Microsoft alle spese.

78      La CompTIA, l’ACT, la TeamSystem e la Mamut chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

79      La DMDsecure e a. chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare gli artt. 2, lett. b), 4, 6, lett. a), e l’art. 7 della decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

80      La Exor chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare gli artt. 2, 4, 6, lett. a), e l’art. 7 della decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

81      La SIIA, la FSFE, la Audiobanner.com e l’ECIS chiedono che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la Microsoft alle spese.

 In diritto

82      È opportuno esaminare, in primo luogo, i motivi legati alle conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata e, in secondo luogo, quelli relativi alle conclusioni dirette all’annullamento dell’ammenda o alla sua riduzione.

I –  Le conclusioni volte all’annullamento della decisione impugnata

83      I motivi che la Microsoft invoca a sostegno della sua domanda di annullamento della decisione impugnata si raggruppano intorno a tre problemi che riguardano, in primo luogo, il rifiuto di fornire le informazioni relative all’interoperabilità e di autorizzarne l’uso, in secondo luogo, la vendita collegata del sistema operativo Windows per PC clienti e di Windows Media Player e, in terzo luogo, l’obbligo di designare un mandatario indipendente con il compito di controllare che la Microsoft si adegui alla decisione impugnata.

A –  Questioni preliminari

84      Nelle sue memorie, la Commissione solleva talune questioni relative alla portata del sindacato del giudice comunitario e alla ricevibilità del contenuto di diversi allegati alla replica e alla controreplica.

1.     La portata del sindacato del giudice comunitario

85      Secondo la Commissione la decisione impugnata si basa su un certo numero di considerazioni che implicano valutazioni tecniche ed economiche complesse. Essa sostiene che, secondo la giurisprudenza, i giudici comunitari possono esercitare solo un controllo limitato su simili valutazioni [sentenze della Corte 21 novembre 1991, causa C‑269/90, Technische Universität München, Racc. pag. I‑5469, punto 13, e 7 gennaio 2004, cause riunite C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Aalborg Portland e a./Commissione, Racc. pag. I‑123, punto 279; sentenza del Tribunale 21 aprile 2005, causa T‑28/03, Holcim (Deutschland)/Commissione, Racc. pag. II‑1357, punti 95, 97 e 98].

86      La Microsoft, citando ad esempio la sentenza del Tribunale 6 luglio 2000, causa T‑62/98, Volkswagen/Commissione (Racc. pag. II‑2707, punto 43), ribatte che il giudice comunitario non si astiene dall’«esaminare minuziosamente la pertinenza delle decisioni della Commissione, anche in cause complesse».

87      Il Tribunale ricorda che, secondo una giurisprudenza costante, pur se il giudice comunitario esercita, in via generale, un sindacato pieno sulla sussistenza dei presupposti per l’applicazione delle norme sulla concorrenza, il sindacato che esso esercita sulle valutazioni economiche complesse operate dalla Commissione deve tuttavia limitarsi alla verifica dell’osservanza delle regole di procedura e di motivazione, nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’insussistenza d’errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere (sentenza del Tribunale 30 marzo 2000, causa T‑65/96, Kish Glass/Commissione, Racc. pag. II‑1885, punto 64, confermata su impugnazione con ordinanza della Corte 18 ottobre 2001, causa C‑241/00 P, Kish Glass/Commissione, Racc. pag. I‑7759; v. anche, in questo senso, riguardo all’art. 81 CE, sentenze della Corte 11 luglio 1985, causa 42/84, Remia e a./Commissione, Racc. pag. 2545, punto 34, e 17 novembre 1987, cause riunite 142/84 e 156/84, BAT e Reynolds/Commissione, Racc. pag. 4487, punto 62).

88      Parimenti, qualora la decisione della Commissione sia il risultato di valutazioni tecniche complesse, queste ultime, in linea di principio, sono soggette ad un sindacato giurisdizionale limitato, il quale implica che il giudice comunitario non può sostituire la sua valutazione degli elementi di fatto a quella della Commissione [v., in merito ad una decisione adottata in esito a valutazioni complesse rientranti nel settore medico-farmacologico, ordinanza del presidente della Corte 11 aprile 2001, causa C‑459/00 P(R), Commissione/Trenker, Racc. pag. I‑2823, punti 82 e 83; v. inoltre, in questo senso, sentenza della Corte 21 gennaio 1999, causa C‑120/97, Upjohn, Racc. pag. I‑223, punto 34 e la giurisprudenza ivi citata, nonché sentenze del Tribunale 3 luglio 2002, causa T‑179/00, A. Menarini/Commissione, Racc. pag. II‑2879, punti 44 e 45, e 11 settembre 2002, causa T‑13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio, Racc. pag. II‑3305, punto 323].

89      Tuttavia, se il giudice comunitario riconosce alla Commissione un potere discrezionale in materia economica o tecnica, ciò non implica che egli debba astenersi dal controllare l’interpretazione, da parte della Commissione, di dati di tale natura. Infatti, detto giudice è tenuto in particolare a verificare non solo l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, ma altresì ad accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se essi siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono (v. in tal senso, riguardo al controllo delle operazioni di concentrazione, sentenza della Corte 15 febbraio 2005, causa C‑12/03 P, Commissione/Tetra Laval, Racc. pag. I‑987, punto 39).

90      È alla luce dei suddetti principi che vanno esaminati i diversi motivi dedotti dalla Microsoft a sostegno della sua domanda di annullamento della decisione impugnata.

2.     La ricevibilità del contenuto di taluni allegati

91      La Commissione, sostenuta sul punto dalla SIIA, argomenta che, in numerosi allegati al ricorso e alla replica, la Microsoft fa valere argomenti non inclusi nel corpus degli atti del procedimento. Essa inoltre rileva che, a più riprese, la Microsoft effettua un rinvio generale a relazioni allegate ai propri atti. Inoltre, la Commissione critica il fatto che alcuni pareri di esperti prodotti da quest’ultima siano fondati su informazioni alle quali né la Commissione stessa né il Tribunale hanno avuto accesso. Essa ritiene che il Tribunale non possa tener conto dei suddetti argomenti, relazioni e pareri.

92      La Microsoft sostiene che i «passaggi rilevanti dell’atto di ricorso» contengono gli elementi essenziali di fatto e di diritto su cui si basa il suo ricorso. Essa ricorda che, secondo la giurisprudenza, il testo del ricorso può essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati (ordinanza del Tribunale 29 novembre 1993, causa T‑56/92, Koelman/Commissione, Racc. pag. II‑1267, punto 21). Inoltre, essa spiega di aver deliberatamente preso la decisione di limitare il numero di allegati nel timore di appesantire il fascicolo, e precisa di non essere tenuta a presentare tutti i documenti cui si fa riferimento nelle note degli allegati, che la Commissione dispone di una copia di tutti i documenti depositati nel corso del procedimento amministrativo e che non può esserle negato il diritto di comunicare informazioni ai propri esperti.

93      Nel corso della riunione informale del 10 marzo 2006 (v. supra, punto 70), il giudice relatore ha richiamato l’attenzione della Microsoft sul fatto che, in alcuni allegati agli atti da essa depositati, essa sembrava dedurre argomenti che non figuravano esplicitamente nel corpus degli atti suddetti e l’ha interrogata al riguardo. Come risulta dal verbale della detta riunione, la Microsoft ha risposto dichiarando quanto segue: «la Microsoft non fa valere argomenti che non siano stati esplicitamente sviluppati nel ricorso o nella replica».

94      Il Tribunale ricorda che, in forza dell’art. 21 dello Statuto della Corte di giustizia, nonché dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale, ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Secondo una costante giurisprudenza, affinché un ricorso sia ricevibile, occorre che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso si fonda emergano, per lo meno sommariamente, ma in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto di ricorso stesso. Sebbene tale testo possa essere suffragato e completato in punti specifici con rinvii a determinati passi di atti che vi sono allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che, ai sensi delle norme supra ricordate, devono figurare nel ricorso (sentenza della Corte 31 marzo 1992, causa C‑52/90, Commissione/Danimarca, Racc. pag. I‑2187, punto 17; ordinanze del Tribunale Koelman/Commissione, cit. supra al punto 92, punto 21, e 21 maggio 1999, causa T‑154/98, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II‑1703, punto 49). Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare ed individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso potrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono ad una funzione meramente probatoria e strumentale (sentenze del Tribunale 7 novembre 1997, causa T‑84/96, Cipeke/Commissione, Racc. pag. II‑2081, punto 34, e 21 marzo 2002, causa T‑231/99, Joynson/Commissione, Racc. pag. II‑2085, punto 154).

95      Tale interpretazione dell’art. 21 dello Statuto della Corte e dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale concerne altresì le condizioni di ricevibilità della memoria di replica destinata, secondo l’art. 47, n. 1, dello stesso regolamento, ad integrare il ricorso (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 20 aprile 1999, cause riunite da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. II‑931, punto 40, non annullata sul punto dalla Corte, su impugnazione, con sentenza 15 ottobre 2002, cause riunite C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, Racc. pag. I‑8375).

96      Nel caso di specie, occorre rilevare che, in numerosi documenti allegati al ricorso e alla replica, la Microsoft fa valere argomenti di natura giuridica o economica con cui essa non si limita a suffragare o a completare elementi di fatto o di diritto espressamente indicati nel testo dei suddetti atti del procedimento, ma introduce argomenti nuovi.

97      Inoltre, più volte la Microsoft completa il testo del ricorso e della replica su punti specifici con rinvii a documenti allegati a tali atti. Tuttavia, alcuni dei suddetti rinvii si riferiscono al documento allegato solo in modo generale e non permettono quindi al Tribunale di individuare con precisione gli argomenti che si potrebbero considerare come destinati ad integrare i motivi dedotti nel ricorso o nella replica.

98      Va rilevato che la Commissione, pur considerando che non vi è motivo di tener conto degli sviluppi contenuti in questi diversi allegati, commenta però alcuni di essi nelle note allegate ai propri atti.

99      Conformemente alla giurisprudenza citata supra ai punti 94 e 95, nonché alla dichiarazione della Microsoft nel corso della riunione informale del 10 marzo 2006 (v. supra, punto 93), gli allegati di cui ai punti 96-98 supra verranno presi in considerazione dal Tribunale solo in quanto diretti a suffragare o a completare motivi o argomenti espressamente invocati dalla Microsoft o dalla Commissione nel testo dei loro atti e solo se sia possibile per il Tribunale stabilire con precisione quali sono gli elementi in essi contenuti destinati a suffragare o ad integrare i suddetti motivi o argomenti.

100    Per quanto riguarda le critiche formulate dalla Commissione a proposito del fatto che la Microsoft non ha comunicato le informazioni su cui si basano alcuni pareri di esperti allegati ai propri atti, è sufficiente indicare che spetta al Tribunale stabilire, eventualmente, se le affermazioni contenute in tali pareri siano sprovviste di valore probatorio. Nel caso in cui, non potendo accedere ad alcune informazioni, dovesse ritenere che tali affermazioni sono prive di sufficiente valore di prova, il Tribunale non ne terrà conto.

B –  Il problema del rifiuto di fornire le informazioni relative all’interoperabilità e di autorizzarne l’uso

101    Nell’ambito di questo primo problema, la Microsoft deduce un unico motivo, attinente alla violazione dell’art. 82 CE. Detto motivo è articolato in tre capi. Nel contesto del primo capo, la Microsoft sostiene che i criteri che permettono di costringere un’impresa in posizione dominante ad accordare una licenza, come precisati dal giudice comunitario, non sono soddisfatti nel caso di specie. Nel contesto del secondo capo, essa in sostanza asserisce che la Sun non le ha domandato di usufruire della «tecnologia» che la Commissione le ordina di divulgare e che la lettera del 6 ottobre 1998 non si può comunque interpretare come espressione di un vero e proprio rifiuto da parte sua. Infine, nel contesto del terzo capo, la ricorrente sostiene che la Commissione non tiene correttamente conto degli obblighi imposti alle Comunità dall’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale relativi al commercio (TRIPS) del 15 aprile 1994 [allegato 1 C dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC; in prosieguo: l’«accordo ADPIC»)].

1.     Sul primo capo, relativo al fatto che i criteri che permettono di costringere un’impresa in posizione dominante ad accordare una licenza, come precisati dal giudice comunitario, non sono soddisfatti nel caso di specie

a)     Introduzione

102    In primo luogo, è opportuno illustrare a grandi linee le rispettive posizioni delle parti principali in merito al problema del rifiuto di fornire le informazioni relative all’interoperabilità e di autorizzarne l’uso.

103    In base alla decisione impugnata, la Microsoft ha abusato della posizione dominante da essa detenuta sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti perché, in primo luogo, si è rifiutata di fornire alla Sun e ad altre imprese concorrenti le specificazioni dei protocolli di attuazione nei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro e utilizzati dai server sui quali detti sistemi sono installati per fornire alle reti di gruppi di lavoro Windows servizi di condivisione di files e di stampanti e, in secondo luogo, si è rifiutata di permettere a queste diverse imprese di utilizzare le suddette specificazioni per sviluppare e immettere in commercio sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

104    Secondo la Commissione, le informazioni cui la Microsoft nega l’accesso sono informazioni sull’interoperabilità ai sensi della direttiva del Consiglio 14 maggio 1991, 91/250/CEE, relativa alla tutela giuridica dei programmi per elaboratore (GU L 122, pag. 42). In particolare, essa sostiene che la suddetta direttiva definisce l’interoperabilità tra due software come la capacità di scambiare informazioni e di usare reciprocamente le informazioni scambiate in modo da permettere a detti software di operare in tutti i modi in cui sono destinati a funzionare (v., in particolare, punto 256 della prima comunicazione degli addebiti, punto 79 della seconda comunicazione degli addebiti e punto 143 della terza comunicazione degli addebiti). Essa sostiene che il concetto di interoperabilità difeso dalla Microsoft è inesatto (punti 749-763 della decisione impugnata).

105    Sulla base di una serie di elementi di fatto e tecnici, la Commissione osserva che «il corretto funzionamento di una rete per gruppi di lavoro Windows si basa su un’architettura di interconnessioni e di interazioni client-server e server-server che garantisca un accesso trasparente ai principali servizi di server per gruppi di lavoro (per Windows 2000/Windows 2003, questa “architettura di dominio Windows” può essere indicata come una “architettura di dominio Active Directory”)» e che «la capacità comune di far parte di tale impianto costituisce un elemento di compatibilità tra i PC clienti configurati con sistema operativo Windows e i server per gruppi di lavoro configurati con sistema operativo Windows» (punto 182 della decisione impugnata). Essa definisce questa compatibilità come «interoperabilità con l’architettura di dominio Windows» (punto 182 della decisione impugnata) e sostiene che tale interoperabilità è «necessaria perché i venditori di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro possano restare in modo economicamente sostenibile sul mercato» (punto 779 della decisione impugnata).

106    Secondo la Commissione, inoltre, affinché i concorrenti della Microsoft possano sviluppare sistemi operativi per server per gruppi di lavoro capaci di raggiungere un siffatto grado di interoperabilità quando i server sui quali sono installati sono aggiunti ad un gruppo di lavoro Windows, è indispensabile che essi possano accedere alle informazioni relative all’interoperabilità con l’architettura di dominio Windows (punti 183 e 184 della decisione impugnata). In particolare, essa sostiene che nessuno dei cinque metodi che permettono di garantire l’interoperabilità tra i sistemi operativi forniti da distributori diversi, citati dalla Microsoft, costituisce una soluzione sufficiente alternativa alla divulgazione delle suddette informazioni (punti 666-687 della decisione impugnata).

107    Infine, la Commissione sostiene che, secondo la giurisprudenza, se le imprese sono libere, in via di principio, di scegliere i propri partners commerciali, un rifiuto di consegna da parte di un’impresa in posizione dominante può, in certi casi, costituire un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE. A suo parere, il caso in esame presenta numerose «circostanze eccezionali» che permettono di concludere per il carattere abusivo del rifiuto contestato alla Microsoft, e ciò anche nell’ipotesi più rigorosa – e quindi più favorevole a quest’ultima – in cui questo venisse considerato come un rifiuto di accordare a terzi una licenza su diritti di proprietà intellettuale (punti 190 e 546-559 della decisione impugnata). La Commissione sostiene di avere il diritto di tener conto di «circostanze eccezionali» diverse da quelle individuate dalla Corte nella sua sentenza 6 aprile 1995, cause riunite C‑241/91 P e C‑242/91 P, RTE e ITP/Commissione (Racc. pag. I‑743; in prosieguo: la «sentenza Magill») e ribadite dalla Corte nella sentenza 29 aprile 2004, causa C‑418/01, IMS Health (Racc. pag. I‑5039). In ogni caso, dette circostanze eccezionali sarebbero presenti nel caso in esame.

108    La Microsoft, da parte sua, sin dall’inizio del procedimento amministrativo difende la posizione secondo cui la nozione di interoperabilità utilizzata dalla Commissione nel presente caso non è conforme alla nozione di «piena interoperabilità» di cui alla direttiva 91/250 e non corrisponde al modo in cui le imprese organizzano nella pratica le loro reti informatiche (v., in particolare, punti 151-157 della risposta del 16 novembre 2001 alla seconda comunicazione degli addebiti, nonché pagine 29 e 30 della risposta del 17 ottobre 2003 alla terza comunicazione degli addebiti). Essa sostiene tra l’altro che «un ideatore di sistemi operativi per server ottiene una piena interoperabilità quando è possibile accedere a tutte le funzionalità del suo programma da un sistema operativo Windows per PC clienti» (punto 143 della risposta del 17 novembre 2000 alla prima comunicazione degli addebiti; v. anche, nello stesso senso, pagg. 29 e 63 della risposta del 17 ottobre 2003 alla terza comunicazione degli addebiti). La Microsoft utilizza quindi, per riprendere le parole della Commissione, una definizione «unidirezionale», mentre la Commissione si basa, a suo dire, su una «relazione bidirezionale» (punto 758 della decisione impugnata).

109    Secondo la Microsoft, la piena interoperabilità di cui sopra può essere realizzata grazie alla diffusione di informazioni sulle interfacce cui essa già procede, in particolare attraverso il suo prodotto noto come «MSDN» o attraverso conferenze da essa organizzate per i «Professional Developers» oppure tramite altri metodi disponibili sul mercato (v., in particolare, punti 12, 57-63, 73-83 e 147 della risposta del 17 novembre 2000 alla prima comunicazione degli addebiti; punti 6, 72, 94-96, 148 e 149 della risposta del 16 novembre 2001 alla seconda comunicazione degli addebiti; e pag. 31 della risposta del 17 ottobre 2003 alla terza comunicazione degli addebiti).

110    La Microsoft sostiene che la nozione di interoperabilità prospettata dalla Commissione implica, al contrario, che i sistemi operativi dei suoi concorrenti funzionino sotto tutti gli aspetti come un sistema operativo Windows per server. Questo risultato, secondo la Microsoft, si potrebbe ottenere solo permettendo ai suddetti concorrenti di clonare i suoi prodotti, o alcune delle loro caratteristiche, e comunicando loro alcune informazioni relative ai meccanismi interni dei suoi prodotti (v., in particolare, punti 7, 20, 27, 144-150 e 154-169 della risposta del 17 novembre 2000 alla prima comunicazione degli addebiti; punti 158-161 della risposta del 16 novembre 2001 alla seconda comunicazione degli addebiti e pagine 10 e 20 della risposta del 17 ottobre 2003 alla terza comunicazione degli addebiti).

111    La Microsoft sostiene che, se fosse costretta a diffondere tali informazioni, verrebbe pregiudicato il libero esercizio dei suoi diritti di proprietà intellettuale e sarebbero compromesse le sue motivazioni ad innovare (v., in particolare, punti 162, 163 e 176 della risposta del 16 novembre 2001 alla seconda comunicazione degli addebiti e pagine 3, 10 e 11 della risposta del 17 ottobre 2003 alla terza comunicazione degli addebiti).

112    Infine, la Microsoft sostiene che il caso in oggetto dev’essere valutato alla luce delle sentenze Magill e IMS Health, citate supra al punto 107, dato che il rifiuto ad essa contestato va analizzato come rifiuto di accordare a terzi una licenza vertente su diritti di proprietà intellettuale e che, pertanto, la decisione impugnata implica la concessione obbligatoria di licenze. Essa sostiene che nel caso di specie non è soddisfatto nessuno dei criteri accolti, a suo dire, esaustivamente nelle pronunce della Corte, e da ciò trae la conclusione che il rifiuto in esame non si può qualificare come abusivo e che, conseguentemente, la Commissione non le può imporre di divulgare le informazioni relative all’interoperabilità. In subordine, la Microsoft fa rinvio alla sentenza della Corte 26 novembre 1998, causa C‑7/97, Bronner (Racc. pag. I‑7791) e sostiene che neppure i requisiti indicati in tale sentenza sono presenti nel caso di specie.

113    In secondo luogo, occorre precisare il modo in cui la Microsoft struttura gli argomenti dedotti nell’ambito del primo capo del motivo nonché il modo in cui il Tribunale procederà ad esaminarli.

114    Prima di articolare l’argomento vero e proprio [v., infra, titolo d) del primo motivo], la Microsoft fa alcune considerazioni sull’interoperabilità, che si possono riassumere nel modo seguente. In primo luogo, la Microsoft sostiene che esistono cinque metodi che permettono di realizzare l’interoperabilità tra i sistemi operativi Windows per PC clienti e per server, da un lato, e i sistemi operativi per server concorrenti, dall’altro. In secondo luogo, essa critica, da un lato, il grado di interoperabilità preteso dalla Commissione nel caso di specie – affermando, in sostanza, che quest’ultima intende in realtà permettere ai suoi concorrenti di clonare i suoi stessi prodotti o alcune delle loro caratteristiche – e, d’altro lato, la portata della misura correttiva prevista dall’art. 5 della decisione impugnata.

115    Oltre a queste varie considerazioni, la Microsoft formula una serie di argomenti per dimostrare che i protocolli di comunicazione che essa è tenuta a divulgare ai suoi concorrenti in forza della decisione impugnata sono innovativi sul piano tecnologico e che questi protocolli, o le loro specificazioni, sono coperti da diritti di proprietà intellettuale.

116    Quanto all’argomento vero e proprio che la Microsoft avanza nell’ambio del primo capo del presente motivo, esso può essere sintetizzato nel modo seguente:

–        la fattispecie in esame dev’essere valutata alla luce delle varie circostanze accolte dalla Corte nella sentenza Magill, citata supra al punto 107, e riprese nella sentenza IMS Health, anch’essa citata supra al punto 107;

–        il rifiuto, da parte di un’impresa in posizione dominante, di concedere a terzi una licenza riguardante diritti di proprietà intellettuale può essere qualificato come abusivo in presenza delle seguenti circostanze: in primo luogo, l’eventualità che il prodotto o il servizio di cui si tratta sia indispensabile per svolgere una determinata attività; in secondo luogo, il fatto che il rifiuto sia idoneo ad escludere qualsiasi concorrenza su un mercato derivato; in terzo luogo, il fatto che il rifiuto ostacoli la comparsa di un prodotto nuovo per il quale esiste una domanda potenziale dei consumatori e, in quarto luogo, che il rifiuto sia privo di giustificazione oggettiva;

–        nessuna delle suddette quattro circostanze ricorre nel caso di specie;

–        in subordine, i criteri applicabili sono quelli ammessi dalla Corte nella sentenza Bronner, citata supra al punto 112, che corrispondono alla prima, seconda e quarta circostanza sopra menzionate, individuate dalle sentenze Magill e IMS Health, citate supra al punto 107;

–        pertanto, nel caso di specie non è neppure soddisfatto alcuno dei tre criteri della sentenza Bronner, citata supra al punto 112.

117    Il Tribunale prenderà in esame, innanzi tutto, le affermazioni della Microsoft relative ai diversi gradi di interoperabilità e alla portata della misura correttiva prevista dall’art. 5 della decisione impugnata. Gli argomenti da essa fatti valere a proposito dell’esistenza di cinque metodi che consentono di realizzare l’interoperabilità tra i propri sistemi operativi e quelli dei suoi concorrenti verranno analizzati nell’ambito dell’esame del presunto carattere indispensabile delle informazioni sull’interoperabilità. Il Tribunale si pronuncerà poi sugli argomenti della Microsoft relativi ai diritti di proprietà intellettuale che coprirebbero i suoi protocolli di comunicazione o le loro specificazioni. Infine, esso prenderà in esame l’argomento vero e proprio che la Microsoft articola nell’ambito del primo capo del motivo stabilendo, dapprima, quali sono le circostanze alla luce delle quali occorre analizzare il comportamento che le viene contestato e, secondariamente, se tali circostanze sono presenti nel caso di specie.

b)     Sui diversi gradi di interoperabilità e la portata della misura correttiva prevista dall’art. 5 della decisione impugnata

 Argomenti delle parti

118    La Microsoft ritiene, in sostanza, che la nozione di interoperabilità su cui la Commissione si basa per concludere che il rifiuto di fornire le informazioni sull’interoperabilità costituisce un abuso di posizione dominante e per imporre la misura correttiva prevista dall’art. 5 della decisione impugnata non sia esatta.

119    Essa sottolinea che «l’interoperabilità si realizza nel corso di un processo ininterrotto» e che «non costituisce una regola assoluta».

120    La Microsoft spiega che «è possibile che un livello minimo di interoperabilità sia necessario per garantire una concorrenza effettiva», ma ritiene che tale livello non sia difficile da raggiungere, osservando che esistono diversi metodi per realizzare l’interoperabilità, intesa come «disponibilità di sistemi operativi forniti da distributori diversi che funzionano correttamente insieme».

121    Secondo la Microsoft, nella decisione impugnata la Commissione utilizza una nozione di interoperabilità totalmente diversa da quella prevista dalla direttiva 91/250 e che viene utilizzata, in pratica, dalle imprese per organizzare le loro reti informatiche. Lo scopo della Commissione sarebbe, infatti, quello di consentire che un sistema operativo per server concorrente della Microsoft «funzioni in tutto e per tutto» come un sistema operativo Windows per server (ovvero quello di realizzare una «sostituibilità perfetta» o «plug replaceability»). Tutto ciò si potrebbe realizzare però solo autorizzando i concorrenti della Microsoft a clonare i suoi prodotti o le loro caratteristiche. La Microsoft aggiunge che due sistemi operativi per server possono interoperare, nel senso di scambiarsi informazioni o fornirsi reciprocamente servizi, senza dover necessariamente essere «esattamente gli stessi». Si dovrebbe pertanto distinguere la nozione di «interoperabilità» da quelle di «clonazione» o di «duplicazione».

122    A sostegno delle sue affermazioni, la Microsoft rinvia alla relazione di due esperti informatici, da essa allegata alla sua risposta del 16 novembre 2001 alla seconda comunicazione degli addebiti, nella quale tali esperti forniscono spiegazioni sulle nozioni di «accoppiamento stretto» e di «accoppiamento lasco» nonché sui motivi per cui sarebbero falliti gli sforzi intrapresi per giungere a «accoppiamenti stretti» con prodotti software provenienti da ideatori diversi (allegato A.9.2 del ricorso). Si tratterebbe di motivi di natura tanto tecnica quanto commerciale.

123    La Microsoft spiega inoltre di aver prodotto, nel corso del procedimento amministrativo, 50 dichiarazioni di imprese pubbliche e private operanti in tutti i settori industriali e provenienti dai diversi Stati all’epoca membri. Secondo le suddette imprese, esisteva un elevato grado di interoperabilità tra i sistemi operativi Windows per PC clienti e per server, da un lato, e i sistemi operativi per server concorrenti, dall’altro lato, e questo grazie all’uso di metodi già disponibili sul mercato. Essa aggiunge che dal rapporto Mercer emerge come le imprese non scelgano i sistemi operativi per server sulla base di considerazioni legate alla loro interoperabilità con i sistemi operativi Windows per PC clienti e per server.

124    Nella replica, nell’introdurre il suo argomento diretto a dimostrare che i suoi protocolli di comunicazione sono protetti da diritti di proprietà intellettuale, nonché nella sua risposta ad uno dei quesiti scritti posti dal Tribunale, la Microsoft fa una serie di affermazioni sulla portata della misura correttiva prevista dall’art. 5 della decisione impugnata. Contestualmente a tali affermazioni essa solleva altresì il problema del grado di interoperabilità richiesto nella fattispecie dalla Commissione.

125    Difatti, nella replica la Microsoft sostiene che esiste un’incoerenza tra la portata della suddetta misura correttiva e lo «standard di interoperabilità» cui la Commissione ha fatto ricorso per valutare la pertinenza dei «metodi alternativi di interoperabilità». Rispondendo ad uno dei quesiti scritti del Tribunale, essa sostiene che la portata dell’obbligo di divulgazione previsto dall’art. 5 della decisione impugnata è stata oggetto di interpretazioni differenti da parte della Commissione.

126    Riguardo a quest’ultimo punto, la Microsoft osserva che, al punto 669 della decisione impugnata, la Commissione spiega che «gli standard industriali aperti non permettono ai concorrenti di raggiungere lo stesso grado di interoperabilità, con l’architettura di dominio Windows, dei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro». Inoltre essa rileva che, al punto 679 della decisione impugnata, la Commissione osserva che «un sistema operativo Novell per server gruppi di lavoro “senza modulo clients” non può utilizzare a pieno le capacità dei PC clienti configurati con sistema operativo Windows e dei server per gruppi di lavoro configurati con sistema operativo Windows così come può fare un sistema operativo [Windows] per server per gruppi di lavoro». Da tali osservazioni la Microsoft deduce che, in un primo tempo, la Commissione ha inteso per interoperabilità la capacità dei suoi concorrenti di far funzionare i propri prodotti esattamente come dei sistemi operativi Windows per server. Secondo la Commissione, quindi, doveva esservi una «quasi identità» fra questi ultimi sistemi e i sistemi operativi per server concorrenti.

127    Secondo la Microsoft, perché si possa realizzare il livello di interoperabilità così auspicato dalla Commissione (livello che la Microsoft associa indifferentemente alle espressioni «plug replacement», «plug replaceability», «drop-in», «equivalente funzionale» e «clone funzionale»), essa dovrebbe divulgare molte più informazioni di quelle prescritte dall’art. 5 della decisione impugnata, e in particolare informazioni sui meccanismi interni dei propri sistemi operativi per server (compresi «algoritmi e regole decisionali»).

128    Secondo la Microsoft, in un secondo tempo, la Commissione ha difeso un’interpretazione rigida del suddetto art. 5, asserendo che quest’ultimo le imporrebbe di concedere in licenza ai suoi concorrenti solamente dei protocolli di comunicazione «on the wire». A sostegno di tale affermazione, la Microsoft fa valere che, nel corso dell’audizione nel procedimento d’urgenza, le parti allora ammesse ad intervenire a sostegno delle conclusioni della Commissione avrebbero dichiarato di non essere interessate ad ottenere un accesso alle informazioni sui meccanismi interni dei sistemi operativi Windows per server. Essa si riferisce altresì al fatto che, nel controricorso come nella controreplica, la Commissione avrebbe confermato che non intendeva mettere i suoi concorrenti in grado di clonare i servizi di condivisione di documenti e di stampanti nonché i servizi di gestione degli utenti e dei gruppi di utenti forniti dai sistemi operativi Windows per server. La Microsoft fa osservare che le migliaia di pagine di specificazioni da essa comunicate alla Commissione in attuazione della decisione impugnata consentiranno, tuttavia, ai suoi concorrenti di copiare alcune delle «caratteristiche» da essa elaborate grazie ai propri sforzi di ricerca e di sviluppo. Per esempio, avendo accesso al protocollo DRS (Directory Replication Service), i terzi sarebbero in grado di realizzare una ingegneria a ritroso su altre parti dei sistemi operativi Windows per server che utilizzano l’Active Directory.

129    In un terzo momento, nell’ottobre 2005, ossia diversi mesi dopo la chiusura della fase scritta del procedimento nel caso in oggetto, la Commissione avrebbe nuovamente interpretato l’art. 5 della decisione impugnata nel senso che le informazioni che la Microsoft avrebbe dovuto divulgare dovevano consentire ai suoi concorrenti di creare equivalenti funzionali dei sistemi operativi Windows per server o, in altri termini, sistemi «perfettamente sostituibili» ad essi. La Microsoft ribadisce che una simile interpretazione dell’art. 5 la costringe a dare accesso ad informazioni sui meccanismi interni dei suoi sistemi operativi Windows per server.

130    In udienza la Microsoft si è a lungo soffermata sul meccanismo della «replica multimaster» e, in tale ambito, ha dedotto argomenti analoghi a quelli testé esposti.

131    In particolare, la Microsoft ha spiegato che in passato i servizi di annuario venivano eseguiti da un unico server di grandi dimensioni e assai caro. Attualmente, invece, tali servizi vengono generalmente realizzati da un gran numero di piccoli server meno cari, situati in luoghi diversi e collegati tra di loro in un ambito da essa illustrato con una «bolla blu» in numerosi lucidi proiettati nel corso dell’udienza. La Microsoft ha spiegato che i software installati sui server che fanno parte di questa «bolla blu» e coinvolti nella fornitura di servizi di annuario dovrebbero condividere la medesima logica interna, in modo che i server possano funzionare congiuntamente come se si trattasse di un server unico. Ognuno dei suddetti server dovrebbe infatti basarsi sul presupposto che, nel rispondere ad una determinata domanda, gli altri reagiscano esattamente allo stesso modo. La Microsoft ha aggiunto che le comunicazioni tra server funzionanti in base a un dato sistema operativo nell’ambito della «bolla blu» erano di natura estremamente particolare.

132    La Microsoft ha inoltre spiegato che il meccanismo della replica multimaster consentiva che ogni modifica apportata ai dati contenuti su un server operante come controller del dominio e situato all’interno della «bolla blu» (per esempio, la modifica della password di un utente) fosse successivamente «replicata» a tutti gli altri server aventi il ruolo di controller del dominio e appartenenti alla medesima «bolla blu».

133    La Microsoft ha precisato che la prima società che era riuscita a elaborare un tale meccanismo è stata la Novell nel 1993. Tuttavia, il meccanismo incluso nel suo sistema operativo per server NetWare consentiva il funzionamento in modo perfettamente sincronizzato all’interno di una «bolla blu» solo di 150 controller del dominio al massimo, mentre quello utilizzato dall’Active Directory contenuto nel sistema Windows 2000 Server potrebbe farsi carico simultaneamente di diverse migliaia di controller del dominio.

134    Sempre nell’ambito dei suoi argomenti relativi al meccanismo della replica multimaster, la Microsoft ha ribadito che obiettivo della decisione impugnata era quello di consentire ai suoi concorrenti di elaborare sistemi operativi per server che costituissero equivalenti funzionali dei propri sistemi operativi Windows per server. Tale decisione, in particolare, sarebbe diretta a permettere a server che svolgono servizi di annuario e sui quali sia installato un sistema operativo per server concorrente della Microsoft di sostituire, all’interno di una «bolla blu», server già esistenti sui quali sia installato un sistema operativo Windows per server che utilizzi l’Active Directory. Per poter raggiungere tale risultato, occorrerebbe però che i sistemi operativi per server concorrenti della Microsoft funzionassero esattamente allo stesso modo – condividendo quindi la stessa logica interna – dei sistemi operativi Windows per server basati sull’Active Directory. Questo sarebbe possibile solo nel caso in cui i suoi concorrenti dispongano di informazioni relative ai meccanismi interni dei suoi sistemi operativi per server, ivi compresi alcuni algoritmi, ossia informazioni che vanno ben oltre delle semplici indicazioni sull’interoperabilità ai sensi della decisione impugnata.

135    La Microsoft ha aggiunto che una replica multimaster non poteva dunque essere realizzata tra server configurati con sistemi operativi provenienti da operatori diversi. Per esempio, un server su cui fosse installato un sistema operativo della Sun non potrebbe essere collocato all’interno di una «bolla blu» che riunisce server configurati con un sistema operativo della Novell o che utilizzano l’Active Directory. Essa ha però precisato che l’Active Directory, fondandosi su protocolli standard come il protocollo LDAP (Lightweight Directory Access Protocol) può funzionare, nell’ambito di una medesima rete informatica, con i servizi di annuario forniti dai sistemi operativi per server dei suoi concorrenti. Sarebbe indifferente che l’interoperabilità si produca tra due server distinti o tra un server, da un lato, e un insieme di server riuniti all’interno di una «bolla blu», dall’altro lato.

136    La Commissione respinge le affermazioni della Microsoft.

137    In via preliminare, essa ricorda la definizione delle nozioni di «informazioni sull’interoperabilità» e di «protocolli» contenuta nell’art. 1, nn. 1 e 2, della decisione impugnata. Essa spiega che la decisione impone alla Microsoft di fornire una documentazione tecnica, ossia le «specificazioni» che descrivono in modo dettagliato questi protocolli. Le specificazioni spiegherebbero «come formattare i messaggi, quando emetterli, come interpretarli, cosa occorra fare dei messaggi inesatti, ecc.». La Commissione insiste sulla necessità di distinguere questa documentazione tecnica dal codice sorgente dei prodotti della Microsoft. Essa spiega che un concorrente che volesse elaborare un sistema operativo per server che «comprenda» i protocolli della Microsoft dovrebbe dotare il proprio prodotto di un codice sorgente che applichi le specificazioni dei suddetti protocolli. Orbene, due programmatori che applicano le stesse specificazioni di protocollo non scrivono lo stesso codice sorgente e le prestazioni dei loro programmi sono diverse (punti 24, 25, 698 e 719-722 della decisione impugnata). Sotto questo profilo, i protocolli si possono paragonare a un linguaggio, la cui sintassi e il cui vocabolario sono le specificazioni: il semplice fatto che due persone imparino la sintassi e il vocabolario di una medesima lingua non garantisce che essi la usino in modo identico. La Commissione precisa ancora che «il fatto che due prodotti forniscano i loro servizi attraverso protocolli compatibili non dice nulla circa il modo in cui essi forniscono i servizi stessi».

138    Secondo la Commissione, la Microsoft difende una concezione rigida della nozione di interoperabilità, incompatibile con la direttiva 91/250. Essa rinvia ai punti 749-76 della decisione impugnata e osserva che la Microsoft non deduce argomenti nuovi rispetto a quelli già sostenuti durante il procedimento amministrativo. In udienza la Commissione ha precisato che essa si era basata su questa direttiva non solo per dimostrare l’importanza dell’interoperabilità nel settore dei software, ma anche per valutare la nozione di interoperabilità.

139    Inoltre, la Commissione ammette l’esistenza di tutta una gamma di gradi di interoperabilità possibili tra i PC configurati con sistema operativo Windows ed i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro e che una «certa ineroperabilità» con l’architettura di dominio Windows è già realizzabile. Essa sostiene di non aver stabilito a priori un determinato grado di interoperabilità indispensabile per mantenere una concorrenza effettiva sul mercato, ma di aver rilevato, in esito alla sua indagine, che il grado di interoperabilità raggiungibile dai concorrenti attraverso alcuni metodi disponibili era troppo debole per consentire loro di rimanere in condizioni economicamente sostenibili sul mercato. Rinviando alla sezione della decisione impugnata nella quale essa afferma che «l’interoperabilità è l’elemento motore dell’adozione dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro della Microsoft» (punti 637-665), la Commissione precisa che è emerso come i suddetti metodi «non fornivano il grado di interoperabilità richiesto dai clienti in modo economicamente sostenibile».

140    In sede di controreplica, la Commissione precisa che nella decisione impugnata essa non considera indispensabile che i concorrenti della Microsoft siano autorizzati a riprodurre le «soluzioni di interoperabilità» messe in atto da quest’ultima. Quel che importa è che essi siano in grado di raggiungere un grado di interoperabilità equivalente grazie ai loro sforzi di innovazione.

141    Infine, la Commissione sottolinea che, contrariamente a quanto asserito dalla Microsoft, la decisione impugnata non mira a far sì che i sistemi operativi per server concorrenti di quest’ultima possano funzionare sotto tutti i profili come un sistema operativo Windows per server e, di conseguenza, che i suoi concorrenti siano in grado di clonare le caratteristiche dei suoi prodotti. La decisione impugnata si proporrebbe, in realtà, di permettere ai concorrenti di elaborare prodotti che «funzion[ino] in modo diverso ma (…) [siano] in grado di comprendere i messaggi trasmessi dai prodotti interessati della Microsoft». Essa aggiunge che le informazioni sull’interoperabilità che la Microsoft deve divulgare ai suoi concorrenti in attuazione della decisione impugnata non consentiranno loro di creare prodotti esattamente identici a quelli della Microsoft.

142     A questo proposito, in udienza la Commissione ha precisato che era opportuno distinguere la nozione di «equivalente funzionale» da quella di «clone funzionale». Un equivalente funzionale infatti non sarebbe un sistema funzionante esattamente come il sistema operativo Windows per server per gruppi di lavoro da esso sostituito, bensì un sistema in grado di fornire la risposta adeguata ad una determinata richiesta alle stesse condizioni dei sistemi operativi Windows e di ottenere che un PC clienti o un server configurato con sistema operativo Windows reagiscano ai suoi messaggi allo stesso modo che ai messaggi provenienti dal suddetto sistema operativo Windows.

143    La Commissione afferma che l’«accoppiamento stretto» e l’«accoppiamento lasco» non sono termini tecnici chiaramente definiti, specie nel settore dei software dei sistemi operativi. Essa nega comunque che le «informazioni di interfaccia ad accoppiamento stretto» di cui al rapporto contenuto nell’allegato A.9.2 del ricorso siano innovative.

144    Quanto alle dichiarazioni dei clienti prodotte dalla Microsoft durante il procedimento amministrativo, la Commissione ricorda che sono già state oggetto di commento ai punti 357, 358, 440-444, 511, 513, 595, 602, 628 e 707 della decisione impugnata. Essa sottolinea come queste dichiarazioni, che risalgono al 2000 e al 2001, riguardano sostanzialmente imprese che, in larga misura, avevano adottato Windows come «standard» per le loro reti per gruppi di lavoro. Riguardo alle relazioni della Mercer, la Commissione sostiene di aver già spiegato, al punto 645 della decisione impugnata, che i dati in esse analizzati dimostravano esattamente il contrario di quanto affermato dalla Microsoft.

145    Inoltre, la Commissione respinge l’argomento che la Microsoft basa sulla presunta incoerenza tra la misura correttiva prevista dall’art. 5 della decisione impugnata e lo standard di interoperabilità utilizzato nella decisione stessa per valutare la rilevanza dei «metodi alternativi di interoperabilità».

146    La Commissione sostiene di avere difficoltà a capire il senso di questo argomento. In proposito, essa chiarisce di non respingere affatto, nei passaggi dei punti 669 e 679 della decisione impugnata citati dalla Microsoft, alcune soluzioni alternative alla divulgazione di informazioni sull’interoperabilità per il fatto che tali soluzioni non permettono di clonare i suoi prodotti – o alcune loro caratteristiche. Essa si limiterebbe semplicemente a constatare che tali soluzioni «garantiscono un grado di interoperabilità minore con i prodotti dominanti della Microsoft (minore capacità di accesso alle funzioni di tali prodotti) rispetto all’offerta della Microsoft stessa». Pertanto, sarebbe in gioco la capacità di «lavorare con» l’ambiente Windows.

147    La Commissione aggiunge che emerge chiaramente dai punti 568-572, 740 e 749-763 della decisione impugnata che quest’ultima riguarda unicamente la divulgazione di specificazioni di interfaccia. Essa inoltre sostiene che la Microsoft non ha sufficientemente dimostrato l’affermazione secondo cui, avendo accesso ad alcune specificazioni dei suoi protocolli di comunicazione, i terzi potrebbero realizzare una ingegneria a ritroso su altre parti del sistema operativo Windows per server che utilizzano l’Active Directory.

148    In udienza la Commissione ha contestato la fondatezza delle asserzioni della Microsoft basate sul meccanismo della replica multimaster. Essa ha confermato che la decisione impugnata era diretta, tra l’altro, a far sì che server configurati con un sistema operativo per server per gruppi di lavoro concorrente della Microsoft potessero inserirsi in una «bolla blu» composta da server sui quali era installato un sistema operativo Windows per server per gruppi di lavoro e che, pertanto, l’obbligo di divulgazione di cui all’art. 5 della stessa decisione riguardava anche le informazioni sulle comunicazioni scambiate tra server all’interno di questa «bolla blu». Tuttavia, essa ha respinto l’affermazione della Microsoft secondo cui tale obiettivo si sarebbe potuto realizzare soltanto dando accesso ad informazioni sui meccanismi interni dei suoi prodotti.

149    La SIIA insiste sul ruolo fondamentale dell’interoperabilità nel settore dei software. A suo avviso, non si può negare che i consumatori attribuiscano grande importanza al fatto che i programmi informatici siano interoperativi con i prodotti quasi monopolistici costituiti dai sistemi operativi Windows per PC clienti. Essa spiega che in una situazione di concorrenza normale gli ideatori di software hanno tutto l’interesse a favorire l’interoperabilità tra i loro prodotti e quelli dei concorrenti e a divulgare informazioni sull’interoperabilità. In tal modo, essi si farebbero concorrenza sulla base di fattori «normali» come i prezzi e la sicurezza dei prodotti, la rapidità di trattamento delle domande o il carattere innovativo di alcune funzioni. La Microsoft, al contrario, su mercati contigui e mediante un «effetto leva» (leveraging), utilizzerebbe la posizione quasi monopolistica che detiene su altri mercati. Più precisamente, essa limiterebbe la capacità dei suoi concorrenti di raggiungere l’interoperabilità con i suoi prodotti quasi monopolistici, non rispettando i protocolli standard del settore, apportando a questi ultimi delle «aggiunte minori (e superflue)» e rifiutandosi poi di comunicare ai suoi concorrenti informazioni sui suddetti «protocolli estesi».

150    La SIIA inoltre contesta l’affermazione della Microsoft secondo cui la decisione impugnata mira a permettere ai concorrenti di questa di sviluppare sistemi operativi per server funzionanti sotto tutti gli aspetti come un sistema operativo Windows per server. Secondo la SIIA, scopo della decisione impugnata è di permettere ai sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti della Microsoft di interoperare con i sistemi operativi Windows per PC clienti e per server per gruppi di lavoro allo stesso modo dei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro.

 Giudizio del Tribunale

151    Con i vari argomenti esposti ai punti 118-135 della presente sentenza, la Microsoft pone due questioni principali, relative, la prima, al grado di interoperabilità richiesto dalla Commissione nel caso di specie e, la seconda, alla portata della misura correttiva prevista dall’art. 5 della decisione impugnata.

152    Va osservato che le due questioni sono intrinsecamente collegate nel senso che, come emerge in particolare dal punto 998 della decisione impugnata, tale misura correttiva è diretta ad imporre alla Microsoft di divulgare informazioni che, secondo l’accusa della Commissione, essa si è abusivamente rifiutata di comunicare sia alla Sun sia agli altri concorrenti. La portata della suddetta misura correttiva deve quindi essere stabilita alla luce del comportamento abusivo contestato alla Microsoft, che a sua volta dipende dal grado di interoperabilità auspicato dalla Commissione nella decisione impugnata.

153    Per potersi pronunciare su tali questioni, occorre richiamare preliminarmente una serie di considerazioni di fatto e tecniche contenute nella decisione impugnata. Infatti, è solo dopo aver esaminato tra l’altro il modo in cui sono organizzate le reti Windows per gruppi di lavoro e i legami tra i diversi sistemi operativi al loro interno che la Commissione ha valutato il grado di interoperabilità preteso nella fattispecie ed ha concluso che le informazioni sull’interoperabilità erano indispensabili. Va altresì precisata, sempre in via preliminare, la natura delle informazioni prese in considerazione dalla decisione impugnata.

–       Osservazioni di fatto e tecniche

154    Ai punti 21-59, 67-106 e 144-184 della decisione impugnata la Commissione compie una serie di rilievi di fatto e tecnici riguardo ai prodotti e alle tecnologie interessate.

155    Va subito osservato che la Microsoft non contesta questi rilievi nella sostanza, che del resto si basano in larga misura su dichiarazioni fatte da quest’ultima nel corso del procedimento amministrativo, in particolare nelle sue risposte alle tre comunicazioni degli addebiti, nonché su documenti e relazioni pubblicati sul suo sito Internet. Inoltre, le presentazioni tecniche fatte dagli esperti di parte nel corso dell’udienza, compresi quelli della Microsoft, confermano la fondatezza dei suddetti rilievi.

156    In primo luogo, dopo aver osservato che il termine di «interoperabilità» poteva essere utilizzato in contesti diversi dai tecnici e poteva avere accezioni diverse, la Commissione cita, in primo luogo, i ‘considerando’ decimo, undicesimo e dodicesimo della direttiva 91/250 (punto 32 della decisione impugnata).

157    Tali ‘considerando’ recitano nel modo seguente:

«considerando che i programmi per elaboratore svolgono la funzione di comunicare e operare con altri componenti di un sistema informatico e con gli utenti; che a tale scopo è necessaria un’interconnessione e un’interazione logica e, ove opportuno, materiale per consentire a tutti i componenti software e hardware di operare con altri software e hardware e con gli utenti in tutti i modi in cui sono destinati a funzionare;

considerando che le parti del programma che assicurano tale interconnessione e interazione fra gli elementi del software e dell’hardware sono generalmente denominate “interfacce”;

considerando che tale interconnessione e interazione funzionale è generalmente denominata “interoperabilità”; che tale interoperabilità può essere definita come la capacità di due o più sistemi di scambiare informazioni e di usare reciprocamente le informazioni scambiate (…)».

158    La Commissione inoltre spiega che la Microsoft l’accusa di aver adottato nel caso di specie una nozione di interoperabilità che si spinge oltre quanto previsto dalla direttiva 91/250. Essa precisa di concordare con la Microsoft sul fatto che «l’interoperabilità è una questione di grado e che diversi software di un sistema sono “interoperanti” (almeno in modo parziale) quando sono in grado di scambiarsi informazioni e di utilizzare reciprocamente le informazioni scambiate» (punto 33 della decisione impugnata).

159    In secondo luogo, la Commissione osserva che, attualmente, nelle imprese e nelle organizzazioni, i computer funzionano sempre più spesso in collegamento con altri computer all’interno di reti. Essa precisa poi che gli utenti di PC clienti, a seconda delle operazioni specifiche che intendono eseguire, utilizzano contemporaneamente le capacità del proprio PC e quelle di diversi tipi di computer «multiutenti» più potenti, ossia i server, ai quali possono accedere in via indiretta attraverso il PC clienti (punto 47 della decisione impugnata). Essa spiega inoltre che, per garantire un accesso agevole ed efficace alle diverse risorse di rete occorre, da un lato, che le applicazioni siano ripartite su più computer, ognuno dei quali dotato di componenti diverse che interoperano tra loro e, dall’altro lato, che i computer collegati nell’ambito della suddetta rete siano integrati in un «sistema informatico distribuito» coerente (punto 48 della decisione impugnata). Infine, la Commissione dichiara che «[i]dealmente, un simile sistema distribuito dovrebbe rendere la complessità dell’hardware e del software su cui si basa “trasparente” (ossia invisibile) tanto per l’utente quanto per le applicazioni distribuite, in modo che possano facilmente orientarsi in mezzo a tale complessità per accedere alle risorse informatiche» (punto 48 della decisione impugnata).

160    In terzo luogo, la Commissione sottolinea che la causa in esame si concentra sui servizi per gruppi di lavoro, vale a dire sui servizi di infrastruttura di base utilizzati dagli impiegati nel loro lavoro quotidiano (punto 53 della decisione impugnata). Più in particolare, essa individua le tre serie di servizi seguenti: in primo luogo, la condivisione di files archiviati su server; in secondo luogo, la condivisione di stampanti; e, in terzo luogo, la gestione di utenti e di gruppi di utenti. Essa precisa che, in particolare, quest’ultima serie di servizi consiste nel garantire un accesso protetto alle risorse della rete e un uso sicuro delle stesse, soprattutto mediante un’identificazione preliminare degli utenti e una successiva verifica della loro autorizzazione a compiere una determinata azione (punto 54 della decisione impugnata).

161     Inoltre, la Commissione osserva che questi diversi servizi sono strettamente collegati tra di loro e che possono di fatto considerarsi, in larga misura, come un «servizio unico», considerato però sotto due diverse prospettive: da un lato, quella dell’utente (servizi di archivio e di stampa) e, dall’altro lato, quella dell’amministratore di rete (gestione di utenti e di gruppi di utenti) (punti 56 e 176 della decisione impugnata). Va osservato che, nell’ambito del suo argomento relativo all’eliminazione della concorrenza, pur se la Microsoft sostiene che la Commissione ha adottato una definizione «artificialmente restrittiva» del mercato del prodotto di cui trattasi perché vi ha incluso soltanto le tre serie di servizi testé menzionate (v. infra, punti 443-449), essa non nega tuttavia l’esistenza di tali nessi fra i suddetti servizi.

162    Alla luce dei suddetti elementi, la Commissione definisce i «sistemi operativi per server per gruppi di lavoro» come sistemi operativi progettati e messi in commercio allo scopo di offrire in maniera integrata i servizi di condivisione di files e stampanti, nonché di gestione di utenti e di gruppi di utenti a un numero relativamente limitato di PC clienti collegati a una rete di piccole o medie dimensioni (punti 53 e 345 della decisione impugnata). In particolare, essa precisa che per garantire un’archiviazione e una ricerca efficaci delle informazioni relative alla gestione di utenti e di gruppi di utenti questi sistemi operativi sono generalmente basati sulle tecnologie di servizi di annuario (punto 55 della decisione impugnata).

163    In quarto luogo, la Commissione prende in esame il modo in cui l’interoperabilità è realizzata nelle reti Windows per gruppi di lavoro (punti 144-184 della decisione impugnata), ossia i «gruppi di PC clienti [sui quali è installato un sistema operativo Windows per PC clienti] e di server [sui quali è installato un sistema operativo Windows per server per gruppi di lavoro] collegati tra loro tramite una rete informatica» (art. 1, n. 7, della decisione impugnata).

164    A tal fine, la Commissione si concentra sui sistemi operativi della generazione Windows 2000 della Microsoft, osservando che le caratteristiche fondamentali di tali sistemi sono analoghe a quelle dei sistemi successivi ad essa (ossia, i sistemi operativi per PC clienti Windows XP Home Edition e Windows XP Professional e il sistema operativo per server Windows 2003 Server) (nota n. 182 della decisione impugnata).

165    In primo luogo, la Commissione fa una serie di considerazioni a proposito dei servizi di gestione degli utenti e dei gruppi di utenti (punti 145-157 della decisione impugnata). Essa rileva che, in seno alle reti Windows per gruppi di lavoro, i «domini Windows» si trovano al centro della realizzazione dei suddetti servizi, e qualifica tali domini come «unità amministrative» attraverso le quali i sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro gestiscono i PC clienti e i server per gruppi di lavoro (punti 145 e 146 della decisione impugnata). La Commissione in particolare spiega che ogni «risorsa» (computer, stampante, utente, applicazione, ecc.) di un dominio Windows possiede un «account di dominio» (conto dichiarato nel dominio o domain account) che ne definisce l’identità per tutto il dominio, e che nell’ambito di uno stesso dominio Windows esiste una «connessione unica per ciascun utente» nel senso che, quando un utente si collega ad una risorsa del dominio (di solito il suo PC clienti) viene «riconosciuto» da tutte le altre risorse del medesimo dominio e non deve digitare nuovamente il proprio nome e la propria password (punto 146 della decisione impugnata).

166    La Commissione sottolinea l’importanza del ruolo svolto nei domini Windows dai server definiti come «controller del dominio» (controllore del dominio o domain controller), per distinguerli dagli altri server, ossia i «server membri» (punto 147 della decisione impugnata). Essa specifica che i controller del dominio hanno il compito di archiviare gli account del dominio e le relative informazioni. In altri termini, questi ultimi svolgono la funzione di «centralinisti» del dominio Windows (punto 147 della decisione impugnata).

167    Più in particolare, la Commissione insiste sul ruolo chiave dell’Active Directory e sui cambiamenti che ha comportato l’introduzione di questo «servizio di annuario completo» nel sistema operativo Windows 2000 Server per quel che riguarda il modo in cui i controller del dominio sono collegati tra di loro nei domini Windows 2000 rispetto ai precedenti sistemi operativi Windows per server, ossia quelli della generazione Windows NT (punto 149 della decisione impugnata).

168    Al riguardo, essa spiega, da un lato, che il sistema operativo Windows NT 4.0 conteneva controller del dominio principali e secondari. In tale sistema, le modifiche agli account di dominio potevano essere apportate solo tramite il controller del dominio principale ed erano poi periodicamente ed automaticamente trasmesse a tutti i controller del dominio secondari. Invece, in un dominio Windows 2000, tutti i controller del dominio operano come «omologhi» (peers): di conseguenza, si possono apportare modifiche agli account di dominio su uno qualsiasi di essi, e tali modifiche vengono poi automaticamente trasmesse sugli altri controller del dominio (punto 150 della decisione impugnata). Tali operazioni vengono compiute grazie a protocolli di sincronizzazione diversi da quelli che erano utilizzati dal sistema operativo Windows NT 4.0.

169    Dall’altro lato, la Commissione indica che i domini Windows 2000 presentano altresì, come nuova caratteristica, la possibilità di essere organizzati gerarchicamente, con «alberi» di dominio Windows 2000 collegati tra loro mediante relazioni di approvazione create automaticamente: diversi «alberi» stessi possono essere collegati tra di loro nell’ambito di una «foresta» tramite relazioni di approvazione (punto 151 della decisione impugnata). Essa aggiunge che i controller del dominio Windows 2000 possono operare come «server di catalogo generale», nel senso che conservano non solo le informazioni sulle risorse relative ai domini da essi controllati, ma anche un «sunto» dell’insieme delle risorse disponibili nella «foresta», vale a dire il «catalogo globale». Essa precisa che i dati conservati nel catalogo globale sono aggiornati tramite diversi protocolli.

170    Inoltre, la Commissione indica che il passaggio dalla tecnologia Windows NT a quella Windows 2000 ha comportato anche dei cambiamenti dell’architettura di sicurezza delle reti Windows per gruppi di lavoro (punti 152-154 della decisione impugnata). In particolare, essa rileva che nei domini Windows 2000 l’autenticazione è basata sui protocolli Kerberos, e non più sul protocollo NTLM (NT LAN Manager), il che comporta una serie di vantaggi in termini di rapidità delle connessioni, di autenticazione reciproca e di gestione delle relazioni di approvazione. Essa specifica che il «Key Distribution Centre» (Centro di distribuzione di chiavi elettroniche) previsto dal protocollo Kerberos «è integrato nell’ambito di altri servizi di sicurezza Windows 2000 eseguiti sul controller del dominio e utilizza l’Active Directory del dominio come base dei dati degli account di sicurezza» (punto 153 della decisione impugnata). La Commissione precisa che il protocollo Kerberos installato sui sistemi operativi Windows 2000 Professional e Windows 2000 Server non è però la versione standard elaborata dal Massachusetts Institute of Technology (MIT), bensì una versione «ampliata» dalla Microsoft (punti 153 e 154 della decisione impugnata).

171    Infine, tra gli altri cambiamenti conseguenti al passaggio dalla tecnologia Windows NT a quella Windows 2000 e all’Active Directory, la Commissione menziona il fatto che un certo numero di funzioni sono integrate al contempo nel sistema operativo Windows 2000 Professional e nel sistema operativo Windows 2000 Server e ciò al fine di facilitare la gestione dei PC clienti configurati con sistema operativo Windows nel dominio Windows (punti 155-157 della decisione impugnata). Essa sottolinea che queste funzioni – riferendosi, più in particolare, a quelle denominate «Group Policy» e «Intellimirror» – sono «sensibilmente migliorate», o soltanto disponibili, in un dominio Windows 2000 gestito da un controller del dominio Windows 2000 che utilizza l’Active Directory (punto 156 della decisione impugnata). Essa fa notare che la Microsoft ha spiegato che «[Group Policy era] una funzione di Windows 2000 (…) che [consentiva] agli amministratori di gestire in modo centralizzato un insieme di utenti, di computer, di applicazioni e di altre risorse di rete, anziché controllare individualmente tutti questi oggetti». Alcuni gruppi possono essere definiti localmente, per un determinato computer, oppure per l’intero dominio Windows. Per quanto riguarda Intellimirror, la Commissione spiega che tale funzione, disponibile solo in un dominio Windows 2000, permette agli utenti di disporre del loro «ambiente di lavoro» (dati, programmi, ecc.) con i propri parametri personali, indipendentemente dal fatto che siano o meno connessi alla rete e dal punto della rete in cui si trovino (punto 157 della decisione impugnata).

172    In secondo luogo, la Commissione presenta una serie di considerazioni a proposito dei servizi di condivisione di files e di stampanti (punti 158-164 della decisione impugnata).

173    In particolare, essa rileva che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro moderni supportano «sistemi di files distribuiti» e che, alla fine degli anni ‘90, la Microsoft ha immesso sul mercato tale sistema, denominato «Dfs» (Distributed File System), sotto forma di un prodotto complementare che poteva essere installato sui PC clienti e sui server configurati con sistema operativo Windows NT 4.0. Essa spiega che Windows 2000 è la prima generazione di prodotti Microsoft che supporta «in modalità nativa» il sistema Dfs, tanto dal lato dei PC clienti quanto dal lato dei server per gruppi di lavoro (punti 161-163 della decisione impugnata).

174    La Commissione inoltre osserva che, in Windows 2000, il sistema Dfs può essere installato sia in modalità «autonoma», sia in modalità «dominio», ma quest’ultima modalità, che presenta un certo numero di vantaggi in termini di ricerca «intelligente» delle informazioni Dfs sui PC clienti, è disponibile unicamente nei domini Windows ed è rinforzata dalla presenza di controller del dominio che utilizzano Active Directory (punto 164 della decisione impugnata).

175    In terzo luogo, la Commissione spiega che la Microsoft ha elaborato il suo proprio complesso di tecnologie per «sistemi di oggetti distribuiti» che comprende le tecnologie COM (Component Object Model) e DCOM (Distributed Component Object Model) (punto 166 della decisione impugnata). Essa precisa che queste due tecnologie sono strettamente collegate e che COM, che viene applicata sia sui sistemi operativi Windows per PC clienti sia sui sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro, collega i due sistemi operativi su una piattaforma coerente per applicazioni distribuite (punto 166 della decisione impugnata). La Commissione osserva che, nella risposta alla terza comunicazione degli addebiti, la Microsoft ha dichiarato che «COM [era] fondamentale per l’architettura dei sistemi operativi Windows e [che] quindi parecchie interfacce in Windows [erano] basate su COM» (punto 167 della decisione impugnata). Più in particolare, essa sottolinea che diverse interazioni fra i PC clienti e l’Active Directory presenti sui server su cui è installato un sistema operativo Windows per server per gruppi di lavoro implicano COM/DCOM. Essa aggiunge che il protocollo DCOM viene utilizzato nelle comunicazioni client-server grazie alle quali i server configurati con sistema operativo Windows forniscono servizi di autenticazione o di condivisione di files ai PC clienti configurati con sistema operativo Windows (punto 167 della decisione impugnata).

176    In quarto luogo la Commissione spiega che la Microsoft incoraggia in diversi modi la «migrazione naturale» dei propri sistemi operativi Windows NT verso sistemi operativi Windows 2000, sia presso i propri clienti sia presso gli ideatori di software (punti 168-175 della decisione impugnata).

177    Per esempio, la Commissione osserva che, in un dominio Windows, è possibile «aggiornare» i computer su cui sono installate vecchie versioni di Windows, facendoli «migrare» verso Windows 2000 senza utilizzare Active Directory. I clienti possono però beneficiare pienamente dei vantaggi della rigenerazione soltanto installando in «modalità nativa» un dominio Windows 2000 utilizzando Active Directory, il che implica che tutti i controller del dominio del dominio interessato «migrino» verso Windows 2000 e Active Directory. È poi necessario che i server per gruppi di lavoro del suddetto dominio che non agiscono come controller del dominio siano compatibili con Windows 2000 (il che presuppone, tra l’altro, che essi attuino il protocollo Kerberos nella versione ampliata dalla Microsoft). La Commissione spiega che, nel momento in cui un dominio Windows 2000 viene installato in «modalità mista» (ossia, quando il controller del dominio principale è «migrato» verso Windows 2000 mentre alcuni controller del dominio secondari sono ancora configurati con sistema operativo Windows NT), l’utente non può usufruire di tutte le funzioni avanzate di tale dominio. In particolare, questi deve rinunciare alla maggior parte della duttilità supplementare che Active Directory apporta alla gestione dei gruppi di utenti. La Commissione precisa che, una volta che l’utente abbia fatto passare il proprio controller del dominio principale in «modalità nativa», non può più utilizzare come controller del dominio un server che non sia interoperativo con la generazione Windows NT 4.0 dei prodotti Microsoft (compresi i server per gruppi di lavoro sui quali sono installati sistemi diversi da quelli della Microsoft).

178    Quanto agli ideatori di programmi, la Commissione osserva che la Microsoft li incoraggia fortemente ad utilizzare le nuove funzionalità dei sistemi operativi Windows 2000, in particolare Active Directory, specie attraverso programmi di certificazione da essa creati (punti 171-175 della decisione impugnata).

179    In quinto luogo, la Commissione trae una serie di conclusioni (punti 176-184 della decisione impugnata).

180    Innanzi tutto essa ribadisce che i servizi di condivisione di documenti e di stampanti, nonché di gestione degli utenti e di gruppi di utenti, nelle tecnologie Windows vengono forniti agli utenti di PC clienti configurati con sistema operativo Windows come un «insieme di servizi collegati gli uni agli altri». Essa illustra tale affermazione spiegando che, in un dominio Windows 2000, «il server SMB (Server Message Block) client e server che presuppone [Dfs], [DCOM], l’autenticazione LDAP, (…) utilizzano tutti automaticamente Kerberos [della Microsoft] per l’autenticazione» (punto 176 della decisione impugnata). Essa aggiunge che, oltre all’autenticazione, la procedura di autorizzazione dipende dalla capacità di creare, modificare ed interpretare gli «elenchi di controllo d’accesso» (CAL), il che implica una comunicazione con i controller del dominio (punto 176 della decisione impugnata).

181    Inoltre la Commissione osserva che, per poter fornire i propri servizi «in modo trasparente» all’utente del PC clienti, i server per gruppi di lavoro configurati con sistema operativo Windows utilizzano parti specifiche del codice software integrate nel sistema operativo Windows per PC clienti (punto 177 della decisione impugnata). Al riguardo essa rileva in particolare che la Microsoft ha dichiarato che «Dfs [aveva] un componente locale che [avrebbe funzionato] anche con un PC clienti configurato con sistema operativo Windows 2000 Professional funzionante in modalità autonoma» e che «Windows 2000 Professional [conteneva] un codice client che [poteva] essere utilizzato per poter accedere all’Active Directory» (punto 177 della decisione impugnata). Riprendendo le parole dell’autore di un’opera intitolata «Understanding Active Directory Services» (Capire i servizi Active Directory) e pubblicata dalla Microsoft Press, essa spiega inoltre che «Active [D]irectory è totalmente integrato – spesso senza che ciò sia evidente – nel PC [configurato con sistema operativo] Windows» (punto 177 della decisione impugnata).

182    La Commissione sottolinea che soprattutto non bisogna considerare l’interconnessione e l’interazione inerenti al codice sorgente del sistema operativo Windows 2000 Professional unicamente sotto il profilo di una relazione tra un determinato server per gruppo di lavoro configurato con sistema operativo Windows e un determinato PC clienti basato sul medesimo sistema. Essa difatti sostiene che sia più corretto descrivere tale interconnessione e tale interazione in termini di interoperabilità all’interno di un sistema informatico comprendente più PC clienti configurati con sistema operativo Windows e più server per gruppi di lavoro configurati con sistema operativo Windows, tutti collegati tra di loro all’interno di una rete. Essa rileva come l’interoperabilità all’interno di un simile sistema informatico possieda quindi due componenti indissociabili, ossia l’interoperabilità client-server, da un lato, e l’interoperabilità server-server, dall’altro lato (punto 178 della decisione impugnata).

183    Su quest’ultimo punto la Commissione aggiunge che in molti casi esiste una «simmetria fra le interconnessioni e interazioni server-server, da un lato, e le interconnessioni e interazioni client-server, dall’altro lato» (punto 179 della decisione impugnata). A titolo di esempio, essa menziona il fatto che la stessa «interfaccia di programmazione di applicazioni» (API), «ADSI» (Active Directory Service Interface), è applicata contemporaneamente nel sistema operativo per PC clienti Windows 2000 Professional e nel sistema operativo per server Windows 2000 Server per gestire l’accesso ai controller del dominio dell’Active Directory. Un altro esempio citato dalla Commissione è il fatto che, in un dominio Windows, il protocollo Kerberos, nella versione ampliata dalla Microsoft, viene utilizzato per l’autenticazione sia tra un PC clienti configurato con sistema operativo Windows e un server per gruppo di lavoro configurato con sistema operativo Windows, sia tra più server per gruppi di lavoro configurati con sistema operativo Windows.

184    La Commissione inoltre osserva che, in talune circostanze, «dei server possono interrogarne altri per conto di un PC clienti» (punto 180 della decisione impugnata). In particolare, a questo proposito essa fa l’esempio della «delegazione Kerberos», una funzionalità presente nel sistema operativo Windows 2000 Server che consente ad un server, assumendo l’identità di un PC clienti, di chiedere un servizio ad un altro server per conto del suddetto PC clienti. Accade spesso quindi che dei server rivolgano richieste ad altri server comportandosi come PC clienti (v. anche nota n. 51 della decisione impugnata).

185    La Commissione aggiunge ancora che alcune comunicazioni client-server vengono stabilite sul presupposto che vi siano state preliminarmente delle comunicazioni server-server. Al riguardo essa menziona in particolare il fatto che un PC clienti configurato con sistema operativo Windows 2000 Professional, nell’interrogare il controller del dominio in un dominio Windows 2000, richiede «un certo coordinamento preparatorio tra i controller del dominio configurati con sistema operativo Windows 2000 Server» (punto 181 della decisione impugnata). Secondo la Commissione, «[ciò] include, per esempio, sia il fatto che i controller del dominio detengono una copia completa dei dati archiviati nell’Active Directory, aggiornati tramite protocolli di sincronizzazione, sia il fatto che i server di catalogo globale sono in grado di archiviare informazioni relative ai computer della foresta situati fuori del loro dominio, e questo grazie a diversi protocolli collegati al catalogo globale» (punto 181 della decisione impugnata). La Commissione indica che, in una situazione di questo tipo, la comunicazione server-server è «logicamente legata» alla comunicazione client-server, poiché avviene allo scopo di preparare quest’ultima.

186    Dal complesso degli elementi che precedono – elementi che la Microsoft non contesta in sostanza e la cui esattezza è stata ampiamente confermata dalle presentazioni tecniche fatte nel corso dell’udienza –, come la Commissione osserva giustamente al punto 182 della decisione impugnata, emerge che le reti Windows per gruppi di lavoro si basano su un’architettura di interconnessioni e di interazioni tanto client-server quanto server-server e che tale architettura – che la Commissione definisce «architettura di dominio Windows» – permette di assicurare un «accesso trasparente» ai principali servizi forniti dai server per gruppi di lavoro.

187    Questi diversi elementi dimostrano inoltre, come più volte rilevato nella decisione impugnata (v., in particolare, punti 279 e 689), che le suddette interconnessioni e interazioni sono strettamente collegate le une alle altre.

188    In altri termini, il buon funzionamento delle reti Windows per gruppi di lavoro si basa sia su protocolli di comunicazione client-server – che, per loro natura, vengono attivati tanto nei sistemi operativi Windows per PC clienti quanto nei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro – sia su protocolli di comunicazione server-server. Come spiegato dalla Commissione in udienza, i protocolli di comunicazione server-server di fatto appaiono, per numerosi compiti, come «estensioni» dei protocolli di comunicazione client-server. In alcuni casi, un server agisce nei confronti di un altro server come un PC clienti (v. supra, punto 184). Parimenti, si deve rilevare che, sebbene alcuni protocolli di comunicazione siano attivati solo nei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro, tuttavia essi sono legati sotto un profilo funzionale ai PC clienti. A questo proposito, la Commissione, senza essere contraddetta dalla Microsoft, fa riferimento ai protocolli relativi al catalogo globale nonché ai protocolli di sincronizzazione e di replica tra i controller del dominio.

189    Si deve pertanto rilevare che correttamente la Commissione conclude che «l’attitudine comune a far parte [dell’architettura di dominio Windows] è un elemento di compatibilità fra i PC clienti configurati con sistema operativo Windows e i server per gruppi di lavoro configurati con sistema operativo Windows» (punto 182 della decisione impugnata).

190    Infine, va tenuto presente il ruolo di primo piano svolto dai servizi di annuario sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. La stessa Microsoft osserva in sede di replica che, su tale mercato, «il servizio di annuario costituisce una caratteristica concorrenziale fondamentale, dalla quale dipende in gran parte il successo di alcuni prodotti». In particolare, essa sottolinea che «Active Directory è (…) al cuore dei sistemi operativi Windows per server», e ciò dopo aver indicato che «[t]anto per i servizi di condivisione di files e di stampanti quanto per i servizi di gestione di utenti e di gruppi di utenti, [era] importante sapere con precisione quale utente [avesse] diritto di accesso a quali risorse della rete».

191    L’Active Directory registra tutte le informazioni relative agli oggetti della rete permettendone una gestione centralizzata. Esso integra interamente le funzionalità di gestione dell’autenticazione degli utenti e di controllo dell’accesso, garantendo in tal modo la sicurezza delle informazioni. Va ricordato inoltre che l’Active Directory utilizza il meccanismo della replica multimaster.

–       La natura delle informazioni previste dalla decisione impugnata

192    Il primo comportamento abusivo contestato alla Microsoft è costituito dall’asserito rifiuto di quest’ultima di fornire ai suoi concorrenti le informazioni sull’interoperabilità e di autorizzarne l’uso per l’elaborazione e la distribuzione di prodotti concorrenti ai suoi sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, durante il periodo compreso tra l’ottobre 1998 e la data di notifica della decisione impugnata [art. 2, lett. a), della decisione impugnata].

193    A titolo di misura diretta a correggere questo presunto rifiuto, la Commissione ha ingiunto tra l’altro alla Microsoft quanto segue [art. 5, lett. a), della decisione impugnata]:

«La Microsoft (…) è tenuta a divulgare, entro 120 giorni dalla notifica [della decisione impugnata], le informazioni relative all’interoperabilità a qualunque impresa che intenda sviluppare e distribuire sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, e ad autorizzare l’utilizzazione da parte di tali imprese, a condizioni ragionevoli e non discriminatorie, delle informazioni relative all’interoperabilità per sviluppare e distribuire sistemi operativi per server per gruppi di lavoro».

194    È opportuno ricordare il modo in cui la Commissione ha definito e valutato le principali nozioni rilevanti nel caso di specie.

195    All’art. 1, n. 1, della decisione impugnata, essa definisce le «informazioni sull’interoperabilità» come «le specificazioni esaurienti e corrette di tutti i protocolli applicati nei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro e che vengono utilizzate dai server per gruppi di lavoro Windows al fine di fornire alle reti Windows per gruppi di lavoro dei servizi di condivisione di files e di stampanti, ivi compresi i servizi di controller del dominio Windows, il servizio Active Directory e il servizio “Group Policy”».

196    I «protocolli» sono presentati dalla Commissione come regole di interconnessione e di interazione tra diversi elementi di software in seno ad una rete (punto 49 della decisione impugnata). Più in particolare, per quel che riguarda i protocolli in esame nel presente caso, essa li definisce come «un complesso di regole di interconnessione e di interazione tra diversi sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro e sistemi operativi Windows per PC clienti installati su diversi computer in una rete Windows per gruppi di lavoro» (art. 1, n. 2, della decisione impugnata).

197    Va osservato che la Microsoft non contesta il modo in cui la Commissione costruisce la nozione di «protocolli». Al contrario, nel ricorso essa stessa indica che i protocolli permettono a «dei computer collegati tramite una rete di scambiarsi informazioni allo scopo di svolgere compiti predeterminati». Vero è che, in una relazione redatta da uno dei suoi esperti, il sig. Madnick, allegata alle proprie osservazioni sulle memorie di intervento, la Microsoft distingue due categorie di protocolli di comunicazione, a seconda che siano «semplici» o «complessi», collocando il protocollo DRS nella seconda categoria [allegato I.3 (Madnick, «Response to Mr. Ronald S. Alepin’s Annex on Interoperability and the FSFE’s Submission»]. Con tale distinzione però essa non vuol rimettere in discussione la fondatezza della suddetta definizione, ma solo chiarire che i protocolli complessi regolano le interazioni tra diversi elementi analoghi di una rete che forniscono un servizio congiunto in stretto coordinamento e che «rivelano» informazioni molto più dettagliate e di maggior valore che non i protocolli semplici.

198    La nozione di «specificazioni» non viene definito nel dispositivo della decisione impugnata. Tuttavia, è chiaro che le specificazioni costituiscono una forma di documentazione tecnica dettagliata, il che del resto corrisponde all’accezione comune di tale nozione nel settore informatico.

199    Al punto 24 della decisione impugnata, la Commissione sottolinea che occorre distinguere la nozione di «specificazioni» da quella di «implementazione», nel senso che «[u]na specificazione descrive dettagliatamente quel che ci si attende da un’applicazione di software, mentre l’implementazione si riferisce al codice che verrà effettivamente eseguito sul computer» (v., nel medesimo senso, punto 570 della decisione impugnata). In altre parole, le specificazioni descrivono le interfacce tramite le quali un dato elemento di un sistema informatico può utilizzare un altro elemento del medesimo sistema. Esse in particolare descrivono in maniera estremamente astratta quali funzionalità sono disponibili nonché quali sono le regole che permettono di utilizzarle e di riceverle.

200    Al punto 571 della decisione impugnata la Commissione spiega che è possibile fornire specificazioni di interfaccia senza divulgare dettagli di attivazione. Essa precisa che si tratta di una prassi corrente nel settore informatico, soprattutto quando vengono adottati standard di interoperabilità aperti (v. anche, al riguardo, punto 34 della decisione impugnata). Nella sua memoria di intervento, la SIIA fa valere argomenti analoghi.

201    Numerosi sono gli elementi che confermano la fondatezza di queste affermazioni. Da un lato, la prassi menzionata dalla Commissione è suffragata da una serie di esempi – non contestati dalla Microsoft – menzionati nella decisione impugnata, ossia in particolare le specificazioni «POSIX 1» (punti 42 e 88), le specificazioni «Java» (punto 43), le specificazioni del protocollo Kerberos versione 5 (punto 153), le specificazioni del protocollo NFS (Network File System) elaborato dalla Sun (punto 159) e le specificazioni «CORBA» elaborate dall’Object Management Group (punto 165). Dall’altro lato, occorre osservare che, come indica la Commissione al punto 571 della decisione impugnata, nell’ambito del MCPP attuato in applicazione della transazione americana, i detentori di licenza non hanno accesso ad elementi di codice sorgente della Microsoft, ma alle specificazioni dei protocolli interessati.

202    Del resto, la Microsoft mette in discussione in modo del tutto incidentale la distinzione sopra menzionata tra le nozioni di «specificazioni» e di «implementazione» limitandosi, nella nota n. 74 del ricorso, ad effettuare un rinvio generale ad un parere redatto dai propri esperti, sigg. Madnick e Nichols, trasmesso alla Commissione nel corso del procedimento amministrativo e allegato al ricorso (allegato A.12.2 del ricorso). Per le ragioni esposte supra, ai punti 94 e 97, il Tribunale ritiene di non poter tener conto di tale parere. Va comunque rilevato, inoltre, che le considerazioni esposte nel suddetto parere si basano in gran parte su una premessa erronea, ovvero che il grado di interoperabilità richiesto dalla Commissione nel caso di specie implica che i concorrenti della Microsoft debbano essere in grado di riprodurre o di clonare i prodotti di quest’ultima o alcune loro funzionalità (v. infra, punti 234-239).

203    Inoltre, occorre osservare che nella decisione impugnata la Commissione insiste espressamente sul fatto che il rifiuto abusivo contestato alla Microsoft verte unicamente sulle specificazioni di alcuni protocolli e non su elementi del codice sorgente (v., in particolare, punti 568-572 della decisione impugnata).

204    Parimenti, la Commissione fa ripetutamente osservare che essa non intende assolutamente imporre alla Microsoft di divulgare tali elementi ai suoi concorrenti. Per esempio, al punto 999 della decisione impugnata, essa precisa che «il termine “specificazioni” chiarisce che la Microsoft non è tenuta a concedere l’accesso al modo in cui essa implementa le suddette specificazioni, ossia al suo codice sorgente». Ancora, al punto 1004 della decisione impugnata, essa afferma che tale decisione «non prevede per la Microsoft l’obbligo di dare accesso al codice sorgente di Windows, poiché tale codice sorgente non è necessario per lo sviluppo di prodotti interoperanti». Nel medesimo punto essa precisa che «[l]’ordine di divulgazione riguarda unicamente specificazioni di interfaccia».

205    Occorre rilevare che, in un parere intitolato «Innovation in Communication Protocols that Microsoft is ordered to license to its server operating system competitors» (Innovazione [contenuta] nei protocolli di comunicazione che la Microsoft è obbligata a concedere in licenza ai propri concorrenti [sul mercato] dei sistemi operativi per server) e contenuto nell’allegato C.4 alla replica, lo stesso sig. Lees, uno degli esperti della Microsoft, distingue tra «i protocolli utilizzati per le comunicazioni tra server e gli algoritmi/regole decisionali che operano internamente su ogni server» per poi rilevare che sono i protocolli a dover essere divulgati in forza dell’art. 5 della decisione impugnata. Il parere del sig. Lees si concentra sul protocollo DRS, utilizzato per il meccanismo della replica multimaster, precisando che questo rappresenta uno dei numerosi protocolli di comunicazione per i quali la Microsoft deve consentire l’accesso dei suoi concorrenti, in attuazione della decisione impugnata.

206    Pertanto, le informazioni indicate nella decisione impugnata costituiscono una descrizione tecnica dettagliata di alcune regole di interconnessione e di interazione applicabili all’interno delle reti Windows per gruppi di lavoro ai fini della fornitura di servizi di gruppi di lavoro. Questa descrizione non si estende al modo in cui la Microsoft pone in atto le suddette regole, ossia, in particolare, alla struttura interna o al codice sorgente dei suoi prodotti.

–       Sul grado di interoperabilità preteso dalla Commissione nella decisione impugnata

207    Per stabilire se le informazioni di cui trattasi fossero indispensabili, la Commissione ha seguito un ragionamento in due fasi. In un primo tempo, essa ha preso in esame il grado di interoperabilità con l’architettura di dominio Windows che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro forniti dai concorrenti della Microsoft dovevano raggiungere per poter restare sul mercato in modo economicamente sostenibile. In un secondo tempo, essa ha valutato se le informazioni sull’interoperabilità alle quali la Microsoft negava l’accesso fossero indispensabili per raggiungere il suddetto grado di interoperabilità.

208    Qui di seguito il Tribunale esaminerà il grado di interoperabilità che la Commissione ha preteso nella decisione impugnata. Tuttavia, in questa fase esso non si pronuncerà sulla questione se la Commissione fosse o meno legittimata a ritenere che i concorrenti della Microsoft potessere rimanere in modo economicamente sostenibile sul mercato solo se i loro prodotti fossero in grado di raggiungere tale grado di interoperabilità. La questione verrà valutata, assieme agli altri aspetti del ragionamento della Commissione sopra menzionato, in sede di esame della presunta natura indispensabile delle informazioni di cui trattasi (v. infra, punti 369-436).

209    Occorre innanzi tutto ricordare brevemente gli argomenti dedotti dalle parti principali.

210    La Microsoft condivide l’opinione della Commissione secondo la quale «l’interoperabilità è una questione di grado» (punto 33 della decisione impugnata).

211    Essa tuttavia ritiene che il grado di interoperabilità che la Commissione esige nel caso di specie sia inadeguato in quanto si spinge oltre il concetto di «piena interoperabilità» di cui alla direttiva 91/250. Essa sostiene che tale concetto – da essa definito altresì come «interoperabilità “multivendor” [tra più venditori]» – esige solo che i sistemi operativi provenienti da ideatori diversi siano in grado di «funzionare correttamente» insieme.

212    Più in particolare, secondo la Microsoft, in realtà, l’intenzione della Commissione è che i sistemi operativi per server concorrenti funzionino sotto tutti gli aspetti come un sistema operativo Windows per server. A questo proposito, la Microsoft fa riferimento alle espressioni «plug replacement», «plug-replaceability», «drop-in», «equivalente funzionale» e «clone funzionale». Essa sostiene che un tale grado di interoperabilità si potrebbe realizzare solo permettendo ai suoi concorrenti di clonare o di riprodurre i suoi prodotti (o le loro caratteristiche) e comunicando loro alcune informazioni sui meccanismi interni dei suoi prodotti.

213    Infine, la Microsoft sostiene che l’interoperabilità «multivendor» può essere raggiunta grazie ai metodi già disponibili sul mercato.

214    Va osservato che la posizione della Microsoft appena ricordata corrisponde a quella difesa dalla stessa società lungo tutto il procedimento amministrativo.

215    Infatti, nella sua risposta del 17 novembre 2000 alla prima comunicazione degli addebiti, la Microsoft spiega che il grado di interoperabilità asseritamente preteso dalla Commissione non è conforme al diritto comunitario e non esiste sul mercato. Più in particolare, richiamandosi al decimo ‘considerando’ (nelle versioni inglese e francese) della direttiva 91/250, essa sostiene che «un ideatore di sistemi operativi per server dispone di una interoperabilità piena quando è possibile accedere a tutte le funzionalità del suo programma a partire da un sistema operativo Windows per PC clienti» (punto 143 della risposta; v. anche punto 751 della decisione impugnata). La Microsoft sostiene che la Commissione sbaglia nel definire l’interoperabilità in maniera molto più ampia affermando che, perché vi sia interoperabilità fra due prodotti software, è necessario che tutte le funzionalità dei due prodotti operino correttamente. Questo equivarrebbe infatti ad imporre una «plug-replaceability» o una clonazione (punto 144 della risposta). La Microsoft critica il fatto che la Commissione in tal modo si allinea alla posizione della Sun secondo la quale, nell’ambito della rete informatica di un’impresa composta da PC clienti configurati con sistema operativo Windows, dovrebbe essere possibile sostituire un server configurato con sistema operativo Windows 2000 con un server sul quale sia installato un sistema operativo Solaris, e senza che ciò comporti una riduzione delle funzionalità alle quali gli utenti hanno accesso (punti 145 e 162 della risposta). Secondo la Microsoft, per realizzare la piena interoperabilità, le è sufficiente divulgare le interfacce esibite dai sistemi operativi Windows per PC clienti di cui necessitano gli ideatori di sistemi operativi per server concorrenti al fine di rendere disponibili le funzionalità di tali sistemi agli utenti di PC clienti configurati con sistema operativo Windows.

216    Parimenti, nella sua risposta del 16 novembre 2001 alla seconda comunicazione degli addebiti, riprendendo in sostanza gli stessi argomenti formulati nella risposta alla prima comunicazione degli addebiti, la Microsoft sostiene che le critiche della Commissione si basano su una «definizione errata di interoperabilità» (punti 149-163 della risposta). Al riguardo, essa ribadisce che la direttiva 91/250 non esige una «plug-replaceability», bensì una piena interoperabilità e che le divulgazioni di informazioni cui essa procede sono già sufficienti per raggiungere tale scopo.

217    Nella sua risposta del 17 ottobre 2003 alla terza comunicazione degli addebiti, la Microsoft segue sostanzialmente la stessa linea di ragionamento, ribadendo che secondo la Commissione i suoi concorrenti debbono avere accesso a tutte le informazioni necessarie per poter creare «copie dei sistemi operativi Windows per server» e che in tal modo essa assimila l’interoperabilità alla clonazione (pagg. 29-32 della risposta). Essa afferma che «l’interoperabilità riguarda la disponibilità di informazioni sufficienti sulle interfacce esibite dai sistemi operativi Windows per PC clienti e per server al fine di consentire ai prodotti dei concorrenti di funzionare con i suddetti sistemi operativi Windows per PC clienti e per server in tutti i modi in cui i prodotti concorrenti sono destinati a funzionare» (pag. 29 della risposta). Nel medesimo senso, la Microsoft spiega di aver «ammesso, sin dall’inizio, che si sarebbe potuto presentare un problema relativo al diritto della concorrenza nel caso in cui i suoi concorrenti non fossero stati in grado di elaborare sistemi operativi per server le cui funzionalità fossero pienamente accessibili partendo da sistemi operativi Windows per PC clienti» (pag. 63 della risposta). Essa afferma che la Commissione non ha però dimostrato l’esistenza di un simile problema in nessuna delle tre comunicazioni degli addebiti da essa inviate.

218    Da parte sua, la Commissione difende la posizione secondo cui la nozione di interoperabilità utilizzata nella decisione impugnata è conforme a quella prevista dalla direttiva 91/250. In particolare, essa respinge l’interpretazione unidirezionale che la Microsoft attribuisce a tale nozione.

219    La Commissione ammette che una certa interoperabilità con l’architettura di dominio Windows è già possibile, ma afferma che, secondo l’indagine da essa effettuata, il grado di interoperabilità che può essere raggiunto grazie ai metodi disponibili è troppo basso per consentire ai concorrenti della Microsoft di restare in modo economicamente sostenibile sul mercato (nota n. 712 della decisione impugnata).

220    Essa sostiene che nelle reti Windows per gruppi di lavoro l’interoperabilità client-server e l’interoperabilità server-server sono strettamente collegate e ritiene che, per poter realizzare una piena interoperabilità tra un PC clienti configurato con sistema operativo Windows e un server configurato con un sistema operativo concorrente di Microsoft, quest’ultima deve consentire l’accesso tanto ai protocolli di comunicazione client-server quanto ai protocolli di comunicazione server-server (punti 177-182 e 689 della decisione impugnata), compresi quelli che sono «puramente» server-server, ossia ai protocolli di comunicazione non implementati sul PC clienti, ma «legati sotto il profilo funzionale [ad esso]» (punti 277, 567 e 690 della decisione impugnata).

221    La Commissione nega che la decisione impugnata miri a far sì che i concorrenti della Microsoft elaborino prodotti che funzionano sotto tutti gli aspetti come un sistema operativo Windows per server. In realtà, tale decisione intende consentire «la creazione di prodotti concorrenti funzionanti in modo diverso, ma in grado di comprendere i messaggi trasmessi dai prodotti Microsoft interessati». Infatti, secondo la Commissione le informazioni sull’interoperabilità di cui si tratta non verranno utilizzate dai concorrenti della Microsoft per elaborare esattamente gli stessi prodotti di quest’ultima, bensì prodotti migliori, che possiedono un «valore aggiunto».

222    In primo luogo, il Tribunale osserva che dalle considerazioni sopra esposte emerge come la Microsoft e la Commissione non concordino sulla questione se la nozione di interoperabilità utilizzata nella decisione impugnata sia conforme o meno a quella prevista dalla decisione 91/250.

223    Va rilevato, al riguardo, che ai punti 749-763 della decisione impugnata, la Commissione spiega in maniera dettagliata le ragioni per cui, a suo avviso, l’interpretazione unidirezionale che la Microsoft attribuisce alla nozione di interoperabilità non è corretta.

224    Occorre osservare, innanzi tutto, che, nelle sue memorie, la Microsoft non deduce alcun argomento atto a rimettere in discussione la valutazione compiuta dalla Commissione al riguardo. Facendo rinvio ad alcuni passaggi delle sue risposte alla seconda e alla terza comunicazione degli addebiti, essa si limita ad affermare che la «decisione impugnata adotta una nozione di interoperabilità totalmente diversa da quella prevista dalla direttiva [91/250]» (punto 95 del ricorso).

225    Va necessariamente rilevato poi che il concetto di interoperabilità utilizzato nella decisione impugnata – che consiste nel definire l’interoperabilità tra due prodotti software come la capacità degli stessi di scambiarsi informazioni e di usarle reciprocamente, e ciò al fine di permettere a ciascuno di tali prodotti software di funzionare in tutti i modi previsti – è conforme a quella prevista dalla direttiva 91/250.

226    Infatti, come spiegato dalla Commissione ai punti 752-754, 759 e 760 della decisione impugnata, il decimo ‘considerando’ della direttiva 91/250 – tanto nella versione inglese quanto in quella francese – non si presta all’interpretazione unidirezionale suggerita dalla Microsoft. Al contrario, come giustamente sottolineato dalla Commissione al punto 758 della decisione impugnata, detto punto spiega chiaramente che, per sua natura, l’interoperabilità implica una relazione bidirezionale, affermando che «i programmi per elaboratore svolgono la funzione di comunicare e operare con altri componenti di un sistema informatico». Nello stesso senso va sottolineato che il dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 91/250 definisce l’interoperabilità come la «capacità di due o più sistemi di scambiare informazioni e di usare reciprocamente le informazioni scambiate».

227    In ogni caso, occorre ricordare che la presente causa verte su una decisione di applicazione dell’art. 82 CE, ossia su una disposizione di rango superiore a quello della direttiva 91/250. Il problema che si pone nel caso di specie non è tanto sapere se la nozione di interoperabilità della decisione impugnata sia conforme a quello previsto dalla suddetta direttiva, quanto sapere se la Commissione abbia determinato in modo corretto il grado di interoperabilità che si doveva poter raggiungere alla luce degli obiettivi dell’art. 82 CE.

228    In secondo luogo, il Tribunale ricorda che la Commissione ha valutato il grado di interoperabilità sulla base di quanto, a suo avviso, era necessario per consentire agli ideatori di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti della Microsoft di rimanere sul mercato in modo economicamente sostenibile (v., in particolare, nota n. 712 e punto 779 della decisione impugnata).

229    Non si può negare la fondatezza di questo approccio. L’art. 82 CE riguarda, infatti, il comportamento di uno o più operatori economici consistente nello sfruttare in modo abusivo una situazione di potere economico che consente all’operatore interessato di ostacolare il mantenimento di una concorrenza effettiva sul mercato in questione, dandogli la possibilità di comportamenti considerevolmente indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti, dei suoi clienti e, infine, dei consumatori (sentenza della Corte 16 marzo 2000, cause riunite C‑395/96 P e C‑396/96 P, Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, Racc. pag. I‑1365, punto 34). Va inoltre ricordato che, sebbene l’accertamento dell’esistenza di una posizione dominante non implichi di per sé alcuna contestazione a carico dell’impresa interessata, a quest’ultima incombe tuttavia, indipendentemente dalle cause di tale posizione, la particolare responsabilità di non compromettere, con il proprio comportamento, una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune (sentenza della Corte 9 novembre 1983, causa 322/81, Michelin/Commissione, Racc. pag. 3461, punto 57, e sentenza del Tribunale 7 ottobre 1999, causa T‑228/97, Irish Sugar/Commissione, Racc. pag. II‑2969, punto 112). Orbene, laddove nel caso di specie fosse dimostrato che il grado di interoperabilità esistente non permette agli ideatori di sistemi operativi per server concorrenti della Microsoft di rimanere presenti in modo economicamente sostenibile sul mercato dei sistemi operativi, ne conseguirebbe che il mantenimento di una concorrenza effettiva su tale mercato è compromesso.

230    Dalla decisione impugnata emerge che, adottando il suddetto approccio e basandosi su un’analisi fattuale e tecnica dei prodotti e delle tecnologie utilizzate, nonché della maniera in cui l’interoperabilità è realizzata nelle reti Windows per gruppi di lavoro, la Commissione ha ritenuto che, per poter fare una concorrenza economicamente sostenibile ai sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro, i sistemi operativi concorrenti dovevano essere in grado di interoperare con l’architettura di dominio Windows su un piede di parità con i sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro (in questo senso v., in particolare, punti 182 e 282 della decisione impugnata).

231    L’interoperabilità in tal modo presa in considerazione dalla Commissione presenta due componenti indissociabili: da un lato l’interoperabilità client-server e, dall’altro lato, l’interoperabilità server-server (punti 177-182 e 689 della decisione impugnata).

232    Secondo la Commissione, inoltre, un sistema operativo per server per gruppi di lavoro concorrente di Microsoft, quando è installato su un server all’interno di una rete Windows per gruppi di lavoro, dev’essere in grado non solo di fornire ai PC clienti configurati con sistema operativo Windows tutte le funzionalità in esso contenute, ma anche di sfruttare le funzionalità offerte dai suddetti PC clienti.

233    Tenuto conto di questi diversi elementi, la Commissione ritiene tra l’altro che un server sul quale è installato un sistema operativo per server per gruppi di lavoro concorrente di Microsoft deve poter agire come controller del dominio, e non solo come server membro, nell’ambito di un dominio Windows che utilizza Active Directory e, pertanto, dev’essere in grado di partecipare al meccanismo della replica multimaster assieme agli altri controller del dominio.

234    Contrariamente a quanto sostenuto dalla Microsoft, il Tribunale ritiene che dal grado di interoperabilità in tal modo richiesto dalla Commissione non si può dedurre che quest’ultima intenda in realtà far sì che i sistemi operativi per server concorrenti funzionino sotto tutti gli aspetti come un sistema operativo Windows per server e, pertanto, che i concorrenti della Microsoft siano in grado di clonare o di riprodurre i suoi prodotti o alcune loro caratteristiche.

235    Le asserzioni a tal fine formulate dalla Microsoft si basano su una lettura errata della decisione impugnata.

236    A tal riguardo occorre rilevare che l’obiettivo della decisione impugnata, ai sensi del punto 1003 della stessa, è quello di «garantire che i concorrenti della Microsoft elaborino prodotti interoperanti con l’architettura di dominio Windows, che è integrata in modalità nativa nel prodotto dominante che costituisce il sistema operativo Windows per PC clienti, e possano in tal modo fare una concorrenza economicamente sostenibile al sistema operativo per server per gruppi di lavoro della Microsoft».

237    Come spiegato dalla Commissione più dettagliatamente in udienza, la realizzazione di tale obiettivo presuppone che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti siano in grado di ricevere un dato messaggio da un sistema operativo Windows per PC clienti o per server per gruppi di lavoro e di dare la risposta richiesta da tale messaggio alle stesse condizioni di un sistema operativo Windows per server per gruppi di lavoro, nonché di ottenere che i sistemi operativi Windows per PC clienti o per server per gruppi di lavoro reagiscano a tale risposta come se questa provenisse da un sistema operativo Windows per server per gruppi di lavoro.

238    Orbene, perché tali operazioni possano essere effettuate, non occorre che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti della Microsoft funzionino, sul piano interno, esattamente come i sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro.

239    Queste diverse considerazioni non vengono contraddette dai passaggi dei punti 669 e 679 della decisione impugnata citati dalla Microsoft (v. supra, punto 126). Nel primo passaggio, la Commissione si limita a rilevare che il grado di interoperabilità con l’architettura di dominio Windows che può essere raggiunto dai sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti di Microsoft facendo ricorso ai protocolli standard è inferiore a quello ottenuto dai sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro. Quanto al secondo passaggio, la Commissione spiega semplicemente che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti di Microsoft sono in grado di accedere alle funzionalità dei sistemi operativi Windows per PC clienti e per server per gruppi di lavoro in misura molto inferiore rispetto ai sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro.

240    Nel medesimo ambito, occorre respingere l’affermazione della Microsoft secondo la quale obiettivo della decisione impugnata sarebbe quello di permettere ai suoi concorrenti di elaborare esattamente gli stessi prodotti dei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro. Come verrà più precisamente spiegato ai punti 653-658 della presente sentenza, in sede di esame della circostanza relativa alla comparsa di un prodotto nuovo, lo scopo che si prefigge la Commissione è quello di aggirare l’ostacolo rappresentato, per i concorrenti della Microsoft, dall’insufficiente grado di interoperabilità esistente con l’architettura di dominio Windows, e questo al fine di permettere ai suddetti concorrenti di offrire sistemi operativi per server per gruppi di lavoro che si differenzino da quelli della Microsoft riguardo a parametri importanti come, ad esempio, la sicurezza, l’affidabilità, la rapidità di esecuzione delle operazioni o il carattere innovativo di alcune funzioni.

241    Occorre inoltre rilevare, come del resto espressamente ammesso dalla stessa Microsoft nelle sue memorie (v., per esempio, punti 14 e 48 della replica), che, avendo accesso alle informazioni sull’interoperabilità di cui alla decisione impugnata, i suoi concorrenti non saranno in grado di elaborare «cloni» o riproduzioni dei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro. Come spiegato supra ai punti 192-206, tali informazioni non si riferiscono ad elementi del codice sorgente della Microsoft. In particolare, l’art. 5 della decisione impugnata non impone a quest’ultima di divulgare dettagli di implementazione ai suoi concorrenti.

242    Occorre aggiungere, come verrà poi approfonditamente spiegato al punto 658 della presente sentenza, in sede di esame della circostanza relativa al prodotto nuovo, che i concorrenti della Microsoft non avrebbero alcun interesse ad elaborare sistemi operativi per server per gruppi di lavoro esattamente identici a quelli della Microsoft.

243    Né si può accogliere l’affermazione della Microsoft secondo la quale, dalle dichiarazioni di imprese da essa prodotte durante il procedimento amministrativo, emergerebbe che esiste già un elevato grado di interoperabilità tra i sistemi operativi Windows per PC clienti e per server, da un lato, e i sistemi operativi per server concorrenti, dall’altro lato, e questo grazie all’uso di metodi già disponibili sul mercato.

244    Al riguardo, è sufficiente rilevare come le suddette dichiarazioni siano già state esaminate a fondo nella decisione impugnata (v., in particolare, punti 357, 358, 440-444, 511, 513, 595, 598, 602, 628, 702 e 707) e come la Microsoft non faccia valere alcun argomento concreto idoneo a dimostrare che la valutazione compiuta dalla Commissione sarebbe errata. In sostanza, come sottolineato da quest’ultima al punto 707 della decisione impugnata, queste dichiarazioni riguardano organizzazioni che, in larga misura, avevano adottato una «soluzione Windows» per le proprie reti di gruppi di lavoro.

245    Per quanto riguarda l’affermazione della Microsoft secondo cui emerge dai rapporti Mercer che le imprese non scelgono i sistemi operativi per server sulla base di considerazioni legate alla loro interoperabilità con i sistemi operativi Windows per PC clienti e per server, si tratta di un’affermazione inesatta, come verrà spiegato più dettagliatamente ai punti 401-412 della presente sentenza.

–       Sulla portata dell’art. 5, lett. a), della decisione impugnata

246    L’art. 5, lett. a), della decisione impugnata riguarda le specificazioni esaurienti e corrette di tutti i protocolli impiegati nei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro ed utilizzati dai server sui quali sono installati i suddetti sistemi per fornire servizi per gruppi di lavoro a reti Windows per gruppi di lavoro.

247    Come emerge dalle constatazioni tecniche e di fatto compiute supra, ai punti 154-191, il corretto funzionamento delle reti di gruppi di lavoro Windows è basato su un’architettura di interconnessioni e di interazioni sia client-server sia server-server.

248    Al punto 999 della decisione impugnata, la Commissione precisa quindi che l’obbligo di divulgazione previsto dalla decisione «comprende tanto l’interconnessione e l’interazione dirette tra un server per gruppo di lavoro configurato con sistema operativo Windows e un PC clienti configurato con sistema operativo Windows, quanto l’interconnessione e l’interazione tra questi apparecchi che sono indirette e che passano attraverso uno o più server per gruppi di lavoro configurati con sistema operativo Windows».

249    Le specificazioni che la Microsoft deve individuare e divulgare ai suoi concorrenti riguardano sia protocolli di comunicazione client-server, che vengono implementati tanto nei sistemi operativi Windows per PC clienti quanto nei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro, sia protocolli di comunicazione server-server.

250    Va precisato che le informazioni che la Microsoft deve divulgare ai suoi concorrenti in forza dell’art. 5, lett. a), della decisione impugnata devono tra l’altro permettere ai computer su cui sono installati i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro dei suoi concorrenti di svolgere, nell’ambito di un dominio Windows che utilizza Active Directory, il ruolo di server membro o quello di controller del dominio e di partecipare quindi al meccanismo della replica multimaster. La misura correttiva prevista dalla suddetta disposizione riguarda quindi, in particolare, le comunicazioni tra server all’interno della «bolla blu».

251    Il senso in tal modo precisato dell’art. 5 della decisione impugnata emerge da una serie di punti della decisione stessa, e precisamente dai punti 194-198, 206, 564 e 690.

252    Per esempio, ai punti 194-198 della decisione impugnata, tra gli esempi di informazioni sull’interoperabilità che la Microsoft rifiuta di divulgare tanto alla Sun quanto ai suoi concorrenti, la Commissione menziona talune informazioni che riguardano il meccanismo di replica utilizzato da Active Directory.

253    Al punto 206 della decisione impugnata la Commissione respinge esplicitamente l’affermazione che la Microsoft ha formulato nella sua risposta del 16 novembre 2001 alla seconda comunicazione degli addebiti, e secondo la quale «le caratteristiche della replica e del catalogo globale di Active Directory non riguardano l’interoperabilità». Al riguardo, essa spiega che «un controller del dominio in un dominio Active Directory (modalità nativa) replica i dati archiviati in Active Directory con i dati contenuti nell’Active Directory di altri controller del dominio tramite protocolli di sincronizzazione». Essa inoltre aggiunge che grazie ad altri protocolli, le cui specificazioni costituiscono informazioni sull’interoperabilità, i dati del catalogo globale vengono scambiati tra controller del dominio della «foresta».

254    Parimenti, al punto 564 della decisione impugnata, facendo riferimento al fatto che, malgrado la denuncia della Sun e le tre comunicazioni degli addebiti emanate dalla Commissione, la Microsoft «ha persistito nel suo rifiuto», si rinvia ai punti 194 e seguenti.

255    Occorre poi rilevare che, al punto 690 della decisione impugnata, la Commissione spiega che il MCPP «non si occupa del problema più importante in gioco nella fattispecie», nel senso che esso non verte sui protocolli che, pur essendo «puramente» server-server, sono però legati funzionalmente ai PC clienti, tra cui i «protocolli di replica tra controller del dominio e quelli collegati al catalogo globale».

256    Va aggiunto che la Microsoft interpreta nel medesimo senso la portata dell’art. 5, lett. a), della decisione impugnata. Nel ricorso infatti, per dimostrare la natura innovativa dei protocolli di comunicazione relativamente ai quali essa è tenuta a trasmettere alcune informazioni ai suoi concorrenti, la Microsoft fa riferimento proprio al meccanismo della replica multimaster utilizzato da Active Directory (v., in particolare, il parere del sig. Campbell-Kelly, intitolato «Commentary on Innovation in Active Directory» [Osservazioni riguardo alle innovazioni in Active Directory], contenuto nell’allegato A.20 del ricorso). Parimenti, nella replica, allo stesso scopo, essa si basa principalmente sul protocollo DRS, utilizzato da Active Directory per realizzare, tra l’altro, alcune funzioni di replicazione (v., in particolare, il parere del sig. Lees menzionato supra, al punto 205). Nel suo parere il sig. Lees spiega in particolare che il protocollo DRS creato dalla Microsoft comprende una serie di caratteristiche nuove: «esso può combinare aggiornamenti da più server contemporaneamente; è integrato nel protocollo standard Domain Naming Service (DNS) (per la denominazione) e al protocollo Kerberos (per l’autenticazione reciproca); trasmette informazioni descrittive del modo in cui una determinata impresa ha strutturato il proprio servizio di annuario; trasmette informazioni circa il ruolo che alcuni server svolgono nell’amministrazione del servizio di annuario e comunica automaticamente gli aggiornamenti dell’annuario tra i server». Il sig. Lees precisa che il protocollo DRS è soltanto uno dei molti protocolli di comunicazione che la Microsoft è tenuta a divulgare ai suoi concorrenti in forza della decisione impugnata. Esso cita inoltre i seguenti protocolli: Microsoft Remote Procedure Call (MSRPC), Network Authentication (Kerberos extensions), Dfs e File Replication Service (FRS).

257    Occorre infine sottolineare che la portata sopra precisata dell’art. 5 della decisione impugnata si estende anche alle informazioni richieste dalla Sun nella lettera datata 15 settembre 1998. Infatti, come verrà spiegato piu precisamente ai punti 737-749 della presente sentenza, la Sun chiedeva in particolare che il suo sistema operativo per server per gruppi di lavoro Solaris fosse in grado di operare come controller del dominio totalmente compatibile all’interno delle reti Windows per gruppi di lavoro Windows 2000 o come server membro (in particolare, come server di files o di stampa) pienamente compatibile con l’architettura di dominio Windows.

258    Inoltre, va dichiarata infondata l’affermazione della Microsoft secondo cui la portata della misura correttiva prevista dall’art. 5, lett. a), della decisione impugnata, non sarebbe coerente con lo «standard di interoperabilità» utilizzato dalla Commissione per valutare la pertinenza dei «metodi alternativi di interoperabilità» (v. supra, punti 125-129).

259    Tale affermazione, infatti, si basa sull’idea erronea che la Commissione consideri l’interoperabilità come la capacità per i concorrenti di Microsoft di far funzionare i loro sistemi operativi per server per gruppi di lavoro esattamente allo stesso modo dei sistemi operativi Windows e che intenda metterli in grado di clonare tali sistemi (v. supra, punti 234-242).

260    Va aggiunto che, contrariamente a quanto affermato dalla Microsoft, la posizione che la Commissione ha sostenuto nelle proprie memorie riguardo al grado di interoperabilità richiesto nel caso di specie e alla portata della misura correttiva prevista dall’art. 5, lett. a), della decisione impugnata, corrisponde perfettamente a quella adottata nella decisione impugnata. La Microsoft non può, inoltre, basarsi su dichiarazioni che le parti intervenienti avrebbero reso durante l’audizione nel procedimento d’urgenza per attribuire alla Commissione una determinata interpretazione della decisione impugnata. Va inoltre ricordato che, secondo la giurisprudenza, la legittimità di un atto comunitario deve essere valutata alla luce degli elementi di fatto e di diritto esistenti alla data di adozione dell’atto stesso (sentenza della Corte 7 febbraio 1979, cause riunite 15/76 e 16/76, Francia/Commissione, Racc. pag. 321, punti 7 e 8, e sentenza del Tribunale 12 dicembre 1996, cause riunite T‑177/94 e T‑377/94, Altmann e a./Commissione, Racc. pag. II‑2041, punto 119).

261    Infine, va altresì respinto in quanto infondato l’argomento relativo al meccanismo della replica multimaster e alla «bolla blu» che la Microsoft ha dedotto in udienza.

262    Con tale argomento la Microsoft tenta di dimostrare che lo scopo della decisione impugnata non potrebbe essere pienamente raggiunto senza che essa divulghi ai propri concorrenti alcune informazioni relative ai meccanismi interni dei suoi sistemi operativi per server e, in particolare, alcuni algoritmi, ossia informazioni che si spingono oltre quelle previste dalla decisione stessa. La Microsoft basa il proprio argomento sull’affermazione secondo cui, affinché un controller del dominio basato su un sistema operativo per server per gruppi di lavoro concorrente possa essere inserito all’interno di una «bolla blu» composta da più controller del dominio sui quali sia installato un sistema operativo Windows per server per gruppi di lavoro che utilizza Active Directory, è necessario che i diversi sistemi operativi condividano la stessa logica interna.

263    Ora, in primo luogo è giocoforza rilevare che la Microsoft non dimostra che, per poter funzionare congiuntamente all’interno di una «bolla blu», i suoi sistemi operativi per server per gruppi di lavoro e quelli dei suoi concorrenti debbono necessariamente possedere la stessa logica interna.

264    In secondo luogo, non è dimostrato neppure che, anche qualora fosse necessaria la suddetta identità di logica, ciò comporterebbe necessariamente che la Microsoft sia costretta a comunicare ai suoi concorrenti alcune informazioni relative ai meccanismi interni dei suoi prodotti, e in particolare degli algoritmi. Occorre ricordare, a questo proposito, che in un parere allegato alla replica, uno degli esperti della Microsoft, nel commentare il protocollo DRS utilizzato per il meccanismo della replica multimaster, distingue egli stesso fra i «protocolli utilizzati per le comunicazioni tra server» e gli «algoritmi/regole decisionali che operano in modo interno su ciascun server», prima di spiegare che sono i protocolli che debbono essere divulgati in forza dell’art. 5 della decisione impugnata (v. supra, punto 205).

265    In terzo luogo, per quel che riguarda l’algoritmo «Intersite Topology», menzionato in modo particolare dalla Microsoft nel corso dell’udienza, è assolutamente possibile, come spiegato dalla Commissione sempre in udienza, che i concorrenti debbano semplicemente essere in grado di applicare un algoritmo che porti allo stesso risultato di quest’ultimo. In altri termini, la Microsoft non sarebbe tenuta a fornire alcuna informazione relativa all’implementazione del suddetto algoritmo nei propri sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, potendo invece limitarsi ad una descrizione generale dell’algoritmo stesso, lasciando ai suoi concorrenti di elaborarne una propria implementazione.

266    Da quanto precede deve dedursi che non esiste alcuna incoerenza tra la portata dell’art. 5, lett. a), della decisione impugnata e lo «standard di interoperabilità» definito dalla Commissione nella decisione stessa.

c)     Sull’affermazione secondo cui i protocolli di comunicazione della Microsoft sono protetti da diritti di proprietà intellettuale

 Argomenti delle parti

267    In primo luogo, la Microsoft deduce una serie di argomenti per dimostrare che i suoi protocolli di comunicazione sono innovativi sul piano tecnologico. In particolare, essa spiega che essi vengono spesso sviluppati nell’ambito dell’esecuzione di operazioni specifiche da sistemi operativi per server e che sono strettamente legati al modo in cui tali operazioni vengono eseguite. La concessione di licenze sui protocolli di comunicazione comporterebbe quindi necessariamente la comunicazione ai concorrenti di informazioni sulle caratteristiche interne dei sistemi operativi per server con cui i suddetti protocolli di comunicazione vengono utilizzati. La Microsoft aggiunge che nello sviluppo e nel miglioramento dei protocolli di comunicazione vengono impiegati numerosi ingegneri e notevoli risorse finanziarie.

268    Più in particolare la Microsoft insiste sul carattere innovativo di Active Directory, e ciò dopo aver sottolineato che i servizi di annuario rappresentano un fattore di concorrenza fondamentale sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. A tal proposito, essa fa rinvio ad una nota redatta da uno dei propri esperti, il sig. Campbell-Kelly, in cui questi descrive le innovazioni presentate da Active Directory e, in particolare, «il suo metodo di replicazione in server differenti nell’ambito di una rete informatica» (allegato A.20 al ricorso). Essa richiama poi il parere del sig. Lees, contenuto nell’allegato C.4 alla replica (v. supra, punti 205 e 256) – nel quale quest’ultimo descrive gli aspetti innovativi di uno dei protocolli utilizzati da Active Directory, ossia il protocollo DRS – a proposito del quale essa sostiene che la decisione impugnata le imporrebbe di comunicare alcune informazioni ai suoi concorrenti. Infine, la Microsoft fa riferimento all’allegato C.8.1 alla replica, in cui uno dei suoi ingegneri, il sig. Hirst, descrive una serie di specificazioni relative al meccanismo della replica multimaster utilizzato da Active Directory, specificazioni che essa sostiene di aver dovuto illustrare in forza della decisione impugnata.

269    La Microsoft deduce poi una serie di argomenti tesi a dimostrare che i suoi protocolli di comunicazione sono protetti da diritti di proprietà intellettuale.

270    In primo luogo, essa chiarisce che gli aspetti innovativi di tali protocolli di comunicazione si possono brevettare. Ricorda anche di aver ottenuto per gli stessi numerosi brevetti in Europa e negli Stati Uniti e che circa venti domande di brevetto vi sono tuttora pendenti. Inoltre, sulla base di due pareri emessi dal sig. Knauer (allegato A.21 al ricorso e allegato C.6 alla replica), avvocato specialista in diritto dei brevetti, essa sostiene che l’art. 5 della decisione impugnata comporta l’obbligo di concedere licenze di brevetto.

271    In secondo luogo, la Microsoft sostiene che le specificazioni dei protocolli di comunicazione server-server che essa deve elaborare e divulgare ai propri concorrenti in attuazione della decisione impugnata sono protette dal diritto d’autore.

272    In sede di replica, la Microsoft si occupa del problema della tutela in base al diritto d’autore sotto due diversi profili. Da un lato, essa si riferisce alle nozioni di «creazione forzata» e di «pubblicazione forzata», sostenendo che, se la decisione impugnata non le avesse imposto di farlo, essa non avrebbe elaborato le specificazioni in questione né avrebbe concesso ai suoi concorrenti licenze relative alle stesse. Dall’altro lato, invocando l’art. 4 della direttiva 91/250, essa solleva il problema dell’«adattamento o [della] modifica di opere tutelate». In particolare, essa sostiene anche che un concorrente che utilizzi le suddette specificazioni in modo da consentire al proprio sistema operativo per server di interoperare con le parti dei sistemi operativi Windows per server che forniscono i servizi per gruppi di lavoro non creerebbe in tal modo un’«opera distinta».

273    In terzo luogo, la Microsoft sostiene che i protocolli di comunicazione costituiscono segreti commerciali di elevato valore, spiegando in particolare, a questo riguardo, di rendere disponibili i propri protocolli di comunicazione client-server solo attraverso accordi di licenza che prevedano un obbligo di riservatezza e nei quali venga riconosciuta la sua qualità di proprietaria della tecnologia in questione. La Microsoft sottolinea che i segreti commerciali costituiscono una forma di proprietà industriale e che la loro tutela compete al diritto nazionale. Infine, essa respinge la tesi sostenuta dalla Commissione secondo cui un’impresa subisce un pregiudizio meno grave allorché deve rivelare un segreto commerciale che non quando viene costretta ad accettare la violazione dei suoi brevetti o dei suoi diritti d’autore.

274    Dalle considerazioni che precedono la Microsoft conclude che l’obbligo di concedere ai suoi concorrenti licenze relative alle specificazioni dei suoi protocolli di comunicazione le impedirebbe di beneficiare dei grandi investimenti e degli sforzi di ricerca e di sviluppo da essa profusi nell’ideazione e nel miglioramento dei protocolli di comunicazione. Questo inoltre farebbe diminuire, sia per la Microsoft che per i suoi concorrenti, gli incentivi ad investire nei protocolli di comunicazione.

275    La Commissione contesta i vari argomenti esposti ai punti 267-274.

276    Innanzi tutto, essa respinge le asserzioni della Microsoft secondo cui, da un lato, i protocolli di comunicazione di cui trattasi avrebbero natura innovativa e, dall’altro lato, la concessione di licenze su di essi implicherebbe la comunicazione di informazioni sulle caratteristiche interne dei suoi sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. In particolare, essa sostiene che i documenti redatti dai sigg. Lees (allegato C.4 alla replica) e Hirst (allegato C.8.1 alla replica) non provano che le informazioni di cui trattasi contengano una «qualsiasi invezione dotata di valore intrinseco». Essa fa rinvio a due note del suo consulente OTR (allegati D.2 e D.3 alla controreplica) in cui quest’ultimo commenta i documenti dei sigg. Lees e Hirst spiegando perché le idee ed i principi alla base dei protocolli di comunicazione in oggetto non sono nuovi.

277    La Commissione respinge poi la tesi della Microsoft secondo la quale, da un lato, i suoi protocolli di comunicazione sono protetti da diritti di proprietà intellettuale e, dall’altro lato, la decisione impugnata comporta la concessione obbligatoria di licenze.

278    In primo luogo, essa sostiene che la Microsoft non dimostra che le presunte innovazioni presentate dai protocolli di comunicazione di cui si tratta siano oggetto di un brevetto. Inoltre, vi sarebbero numerosi elementi a prova del fatto che il rifiuto della Microsoft non era giustificato da considerazioni legate alla tutela dei suoi brevetti. A questo proposito essa rileva, più in particolare, che soltanto al termine del procedimento amministrativo, ossia qualche settimana prima dell’adozione della decisione impugnata, e dietro sua insistenza la Microsoft ha dimostrato che esisteva un brevetto (vale a dire il brevetto EP 0669020).

279    In secondo luogo, la Commissione respinge le affermazioni della Microsoft riguardo ai diritti d’autore. In particolare, essa spiega di non escludere che le specificazioni indicate nella decisione impugnata possano in quanto tali essere coperte dal diritto d’autore. Essa precisa, tuttavia, che questo non significa che l’uso delle informazioni «in tal modo documentate» all’atto della loro implementazione in un sistema operativo integri una violazione del diritto d’autore. L’implementazione di una specificazione, infatti, non sarebbe una copia, ma porterebbe ad un’opera nettamente diversa. Inoltre, la Commissione insiste sul fatto che accertare se le specificazioni siano coperte dal diritto d’autore è, per sua natura, una questione puramente accessoria, e ricorda che la causa in oggetto si incentra sull’obbligo imposto alla Microsoft di divulgare talune informazioni e di autorizzarne l’uso, cosa che implica necessariamente la redazione di un documento. Infine, la Commissione fa notare che la Microsoft nella replica ha dedotto due nuovi argomenti a proposito del problema dei diritti d’autore (v. supra, punto 272) e ritiene che tali argomenti debbano essere dichiarati irricevibili in forza dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura. Essa sostiene che, in ogni caso, tali argomenti sono infondati.

280    In terzo luogo, la Commissione ammette che le informazioni che la Microsoft deve divulgare in attuazione della decisione impugnata sono state finora mantenute segrete nei confronti dei suoi concorrenti sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. Essa osserva, per contro, che l’assimilazione effettuata dalla Microsoft tra questi «segreti commerciali» e i diritti di proprietà intellettuale «creati dalla legge» è tutt’altro che evidente. Al riguardo, la Commissione sostiene che la giurisprudenza in tema di concessione obbligatoria di licenze non si applica in quanto tale ai segreti commerciali e che la tutela di questi ultimi nel diritto interno è solitamente più limitata rispetto a quella accordata al diritto d’autore o ai brevetti. A suo parere, benché sia possibile presumere la legittimità del rifiuto di concedere una licenza relativa ad un diritto di proprietà intellettuale «creato dalla legge», la legittimità secondo il diritto della concorrenza del rifiuto di rivelare un segreto che esiste semplicemente in base ad una decisione commerciale unilaterale dipende piuttosto dai fatti del caso di specie e, in particolare, dagli interessi in gioco. Nel caso in esame, il valore del «segreto» di cui si tratta non consiste nel fatto che esso implica un’innovazione, ma nel fatto che esso appartiene ad un’impresa dominante.

281    La SIIA, facendo valere argomenti sostanzialmente identici a quelli presentati dalla Commissione sul punto, sostiene che la Microsoft non prova che la decisione impugnata lede suoi diritti di proprietà intellettuale e comporta la concessione obbligatoria di licenze.

282    La FSFE sostiene che la «tecnologia» che la Microsoft si rifiuta di comunicare ai suoi concorrenti non è nuova né innovativa. Essa spiega che la sua politica in effetti consiste nell’adottare protocolli già esistenti e di apportarvi modifiche di scarsa consistenza e inutili al fine di impedire l’interoperabilità. In particolare, la FSFE fa riferimento ai protocolli seguenti: CIFS/SMB (Common Internet File System/Server Message Block), DCE/RPC (Distributed Computing Environment/Remote Procedure Call), Kerberos 5 e LDAP.

 Giudizio del Tribunale

283    Sebbene le parti abbiano a lungo discusso, tanto nei loro atti quanto in udienza, del problema dei diritti di proprietà intellettuale che coprirebbero i protocolli di comunicazione della Microsoft o le specificazioni degli stessi, il Tribunale non ritiene necessario statuire su tale questione per risolvere il caso in esame.

284    Infatti, gli argomenti che la Microsoft ricava dai presunti diritti di proprietà intellettuale non possono influire, in quanto tali, sulla legittimità della decisione impugnata. La Commissione, pur non prendendo posizione sulla fondatezza di tali argomenti, ha adottato la decisione presumendo che la Microsoft potesse far valere tali diritti nel caso di specie. In altri termini, essa è partita dalla premessa secondo cui, quanto al primo problema, era possibile che il comportamento in esame nel presente caso non consistesse nel semplice rifiuto di fornire un prodotto o un servizio indispensabile all’esercizio di un’attività determinata, bensì nel rifiuto di consentire ad un terzo una licenza vertente su diritti di proprietà intellettuale, scegliendo di conseguenza la soluzione giurisprudenziale più rigorosa e, quindi, più favorevole alla Microsoft (v. infra, punti 312-336). Pertanto, la Commissione non ha accertato né ha escluso che, da un lato, il comportamento contestato alla Microsoft consistesse nel rifiuto di concedere una licenza e, dall’altro lato, che la misura correttiva prevista dall’art. 5 della decisione impugnata comportasse la concessione obbligatoria di licenze.

285    Infatti, al punto 190 della decisione impugnata, la Commissione osserva che nel corso del procedimento amministrativo la Microsoft ha invocato l’esistenza di diritti di proprietà intellettuale nonché il fatto che le informazioni di cui trattasi relative all’interoperabilità costituivano segreti commerciali. Essa spiega che non è escluso che la Microsoft possa basarsi sui suddetti diritti per impedire alla Sun di applicare le specificazioni in questione sui propri prodotti. Essa inoltre ammette la possibilità che tali specificazioni contengano innovazioni e che costituiscano segreti commerciali. Più in generale, la Commissione osserva che non si può escludere che ordinare alla Microsoft di divulgare a terzi le informazioni sull’interoperabilità e di permettere loro di utilizzarle possa compromettere il libero esercizio dei suoi diritti di proprietà intellettuale. Essa ribadisce quest’ultima osservazione al punto 546 della decisione impugnata. Nella nota 249 della decisione impugnata essa spiega che, «[i]n ogni caso, data l’impossibilità di accedere alle specificazioni rilevanti, [non le è] possibile stabilire quanto siano esatte le affermazioni della Microsoft relative ai suoi diritti di proprietà intellettuale».

286    Inoltre, ai punti 1003 e 1004 della decisione impugnata, nel descrivere la portata della misura diretta a correggere il rifiuto abusivo contestato alla Microsoft, la Commissione sottolinea, da un lato, che tale misura verte unicamente su specificazioni di interfaccia e non su elementi del codice sorgente e, dall’altro lato, che lo scopo è quello di autorizzare i concorrenti della Microsoft ad applicare nei loro sistemi operativi per server per gruppi di lavoro le specificazioni comunicate. In particolare, la Commissione spiega che «le specificazioni non verranno neppure riprodotte, adattate, combinate o modificate, ma saranno utilizzate da terzi per la scrittura delle loro interfacce, conformemente alle specificazioni stesse». Essa conclude affermando che «[i]n ogni caso, anche se effetto della decisione [impugnata] fosse quello di imporre alla Microsoft di astenersi dal pieno esercizio di alcuni suoi diritti di proprietà intellettuale, ciò sarebbe giustificato dalla necessità di porre fine all’accertato abuso» (punto 1004 della decisione impugnata).

287    Nei suoi atti la Commissione fa valere argomenti che vanno nella stessa direzione. Per esempio, in sede di controreplica essa definisce «ingannevole» l’affermazione fatta dalla Microsoft nella replica e secondo la quale «la decisione [impugnata] impone a [quest’ultima] di accordare una licenza su tutti i diritti di proprietà intellettuale che possano essere necessari per mettere in atto le specificazioni nei suoi prodotti». A tal proposito, essa precisa anzitutto che «la decisione impugnata impone alla Microsoft di concedere il diritto di utilizzare le specificazioni per poter ideare prodotti interoperabili» e che «[n]ei limiti in cui [detto obbligo] possa limitare la capacità della Microsoft di far pienamente rispettare alcuni suoi [diritti di proprietà intellettuale], ciò è giustificato dalla necessità di porre fine all’infrazione». La Commissione sottolinea che «[l]a decisione [impugnata] non prende posizione riguardo al fatto che i [diritti di proprietà intellettuale] della Microsoft siano o meno pregiudicati». Essa precisa poi che non si può tuttavia da ciò dedurre che il rifiuto contestato alla Microsoft sia giustificato dall’esercizio di diritti di proprietà intellettuale né che il caso di specie riguardi una concessione obbligatoria di licenze. Infatti, né il fascicolo né il ricorso conterrebbero elementi atti a dimostrare che questo sia il caso e, in particolare, che «i concorrenti necessitino di una licenza che dia loro accesso a taluni [diritti di proprietà intellettuale] della Microsoft per assicurare l’interoperabilità con l’architettura di dominio Windows».

288    Occorre altresì rilevare che la Commissione, nel rispondere ad uno dei quesiti scritti posti dal Tribunale, ha confermato che nella decisione impugnata non si affermava affatto che le informazioni sull’interoperabilità non fossero coperte da brevetto o da diritto d’autore o che, al contrario, lo fossero. Essa ha ritenuto che non fosse necessario pronunciarsi su questo punto dal momento che, in ogni caso, «sussistevano le condizioni necessarie per dichiarare l’esistenza di un abuso e per imporre la misura correttiva [prevista dall’art. 5 della decisione impugnata], indipendentemente dal fatto che le informazioni fossero protette o meno da un qualsiasi brevetto o diritto d’autore».

289    Dalle considerazioni che precedono emerge che la fondatezza del primo capo del motivo va valutata presumendo che i protocolli di cui trattasi, o le loro specificazioni, siano coperti da diritti di proprietà intellettuale o costituiscano segreti commerciali e che questi ultimi debbano essere assimilati a diritti di proprietà intellettuale.

290    Ne consegue che il problema centrale da risolvere nell’ambito del presente capo è quello di sapere se, come affermato dalla Commissione e negato dalla Microsoft, ricorrano nel caso di specie le condizioni che permettono di imporre ad un’impresa in posizione dominante di concedere una licenza riguardante diritti di proprietà intellettuale.

d)     Sull’argomento specificamente dedotto a sostegno del primo capo del motivo

 i) Le circostanze alla luce delle quali occorre analizzare il comportamento contestato


 Argomenti delle parti

291    In via principale la Microsoft, sostenuta dalla CompTIA e dall’ACT, afferma che il primo problema dev’essere valutato sulla base dei criteri ammessi dalla Corte nella sentenza Magill, citata supra al punto 107, e ricordati nella sentenza IMS Health, citata al medesimo punto della presente sentenza.

292    A sostegno di detta tesi, in primo luogo, la Microsoft ribadisce che l’art. 5 della decisione impugnata implica la concessione obbligatoria di licenze relative ai suoi protocolli di comunicazione, i quali avrebbero carattere innovativo sul piano tecnologico e sarebbero coperti da diritti di proprietà intellettuale.

293    In secondo luogo, la Microsoft interpreta l’argomento della Commissione, illustrato al punto 302 della presente sentenza, nel senso che essa ritiene di non dover applicare i citati criteri allorché siano in questione «vendite tecnologiche abbinate». Orbene, questo argomento non troverebbe alcun supporto nella causa che ha dato origine alla sentenza del Tribunale 6 ottobre 1994, causa T‑83/91, Tetra Pak/Commissione (Racc. pag. II‑755), confermata in sede di impugnazione dalla sentenza della Corte 14 novembre 1996, causa C‑333/94 P, Tetra Pak/Commissione (Racc. pag. I‑5951; in prosieguo: la «sentenza Tetra Pak II»), invocata dalla Commissione.

294    In terzo luogo, la Microsoft respinge gli argomenti che la Commissione deduce dal fatto che le circostanze del presente caso sarebbero diverse da quelle della causa all’origine alla sentenza IMS Health, citata supra al punto 107.

295    A questo proposito, in primo luogo, la Microsoft osserva che in quest’ultima causa venivano in rilievo notevoli effetti di rete e che proprio in conseguenza della presenza di detti effetti la struttura a 1 860 aree creata dalla IMS Health è stata considerata come uno standard industriale. Essa aggiunge che nella decisione impugnata la Commissione non ha invocato l’argomento secondo cui, rifiutando di «permettere la compatibilità», la Microsoft metteva in pericolo gli obiettivi di interesse generale definiti nella direttiva 91/250. In ogni caso, considerazioni generiche basate sull’interesse generale non possono giustificare l’ordine ad un’impresa di concedere licenze. Infine, la Microsoft sostiene che la direttiva 91/250 non prevede alcun obbligo positivo di divulgare informazioni.

296    In secondo luogo, la Microsoft respinge l’affermazione della Commissione secondo cui essa avrebbe utilizzato il potere detenuto sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti allo scopo di conquistare il mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. A suo parere, né la decisione impugnata né il controricorso spiegano chiaramente quale sia il potere di mercato di cui essa avrebbe fatto uso o in che modo tale potere sarebbe stato esercitato.

297    In terzo luogo, per la Microsoft l’affermazione della Commissione secondo cui essa non avrebbe mantenuto i precedenti livelli di fornitura è errata tanto in diritto quanto in fatto e non tiene conto dei principi sanciti nella sentenza Bronner, citata supra al punto 112. Essa sostiene di non aver mai concesso né alla Sun né ad altri fornitori di sistemi operativi concorrenti alcuna licenza riguardante le specificazioni dei suoi protocolli di comunicazione. La Microsoft chiarisce di aver concesso in licenza alla AT&T, nel 1994, una tecnologia di rete per consentire lo sviluppo di un prodotto denominato «Advanced Server for Unix (AS/U)» e che un certo numero di prodotti basati su AS/U sono stati ideati dai principali fornitori UNIX, ivi compreso il sistema «PC NetLink» della Sun. Essa precisa che, nonostante abbia convenuto nel 2001 con AT&T di non estendere l’accordo di licenza in modo da includervi nuove tecnologie, la «tecnologia AS/U» e i prodotti su di essa basati rimangono disponibili. Secondo la Microsoft, il fatto di aver in tal modo concesso, più di dieci anni fa, in licenza alla AT&T da oltre dieci anni una determinata tecnologia non la costringe ad accordare, per il futuro e indefinitamente, licenze su tutte le tecnologie ad essa collegate, tra cui i protocolli di comunicazione.

298    In quarto luogo, la Microsoft osserva che, al punto 577 della decisione impugnata, la Commissione spiega che «il rifiuto di fornitura opposto dalla Microsoft alla Sun fa parte di una linea di condotta più generale, diretta a non diffondere ai venditori di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro alcune informazioni sull’interoperabilità». A suo avviso, la linea di condotta che le viene così contestata corrisponde all’«applicazione non discriminatoria di una politica che praticamente tutte le società tecnologiche adottano per tutelare i frutti dei propri sforzi di ricerca e di sviluppo» e che un simile comportamento non può costituire una «circostanza eccezionale» ai sensi delle sentenze Magill e IMS Health, citate supra al punto 107.

299    In subordine la Microsoft, sostenuta dalla CompTIA e dall’ACT, afferma che, qualora si ritenesse che nella presente causa non sono in gioco diritti di proprietà intellettuale, i criteri da applicare sarebbero quelli ammessi dalla Corte nella sentenza Bronner, citata supra al punto 112, corrispondenti al primo, secondo e quarto criterio della sentenza IMS Health, citata supra al punto 107, come enunciati al punto 116 della presente sentenza.

300    Infine, la Microsoft, la CompTIA e l’ACT sostengono che nel caso di specie non è presente alcuno dei quattro criteri della sentenza IMS Health, citata supra al punto 107, né di conseguenza alcuno dei tre criteri di cui alla sentenza Bronner, citata supra al punto 112.

301    In via principale, la Commissione, sostenuta dalla SIIA e dalla FSFE, afferma che, anche qualora si ritenesse che il rifiuto in esame sia giustificato dall’esercizio di diritti di proprietà intellettuale e che la decisione impugnata comporti la concessione obbligatoria di licenze, non si dovrebbe valutare automaticamente il presente problema alla luce dei criteri dettati dalla «giurisprudenza IMS Health».

302    A questo riguardo, in primo luogo, la Commissione sostiene che la «regola delle circostanze eccezionali» prevista dalla giurisprudenza non può essere applicata «in quanto tale e senza ulteriori precisazioni» ad un rifiuto di divulgare segreti commerciali che abbia per effetto di creare un «legame tecnologico» tra un prodotto distinto ed un prodotto dominante.

303    In secondo luogo, la Commissione sostiene che la sentenza IMS Health, citata supra al punto 107, non detta un elenco esauriente di circostanze eccezionali. A suo avviso, in detta sentenza, così come nella sentenza Magill, citata supra al punto 107, la Corte ha specificato le condizioni in presenza delle quali era possibile adottare una decisione che prescriveva l’obbligo di accordare licenze, alla luce delle circostanze specifiche proprie alle cause che hanno dato luogo alle suddette sentenze. Per esempio, nella sentenza IMS Health, citata supra al punto 107, la Corte si sarebbe limitata a definire un elenco di criteri che «era sufficiente» soddisfare. In realtà, per stabilire se il comportamento di un’impresa in posizione dominante che si rifiuta di effettuare forniture abbia carattere abusivo, la Commissione dovrebbe esaminare tutti i fattori attorno al detto rifiuto e in particolare il contesto economico e normativo specifico nel cui ambito esso interviene.

304    In terzo luogo, la Commissione elenca gli elementi che distinguerebbero le circostanze del presente caso da quelle delle cause che hanno dato luogo alla sentenza IMS Health, citata supra al punto 107, e che permetterebbero di considerare il rifiuto contestato alla Microsoft come un abuso di posizione dominante.

305    In primo luogo, la Commissione osserva che la decisione impugnata presenta la particolarità di riguardare un rifiuto di fornire informazioni sull’interoperabilità nel settore dei software. Tale decisione sarebbe diretta a permettere lo sviluppo di prodotti compatibili con quelli della Microsoft, mentre le precedenti decisioni da quest’ultima citate riguardavano situazioni in cui il «prodotto protetto» doveva essere incorporato nei prodotti dei concorrenti per motivi che andavano oltre l’intento di garantire la semplice compatibilità tra due prodotti distinti. Inoltre, i suddetti precedenti non verterebbero sui problemi specifici che si pongono in settori nei quali gli effetti di rete sono onnipresenti. La Commissione aggiunge che, a differenza del settore in questione nella presente causa, i settori economici interessati nei suddetti precedenti non erano «settori nei quali il legislatore aveva esplicitamente ammesso l’utilità della compatibilità per la società in generale». Più in particolare, facendo rinvio ai punti 745-763 della decisione impugnata, essa ricorda l’importanza che il legislatore comunitario ha accordato all’interoperabilità, soprattutto nell’ambito della direttiva 91/250, nonché la posizione difesa da quest’ultimo, secondo cui la diffusione di informazioni a scopi di interoperabilità è vantaggiosa per la concorrenza e per l’innovazione.

306    In secondo luogo, la Commissione fa rilevare che il problema in esame implica un fornitore in posizione dominante che si avvale del potere detenuto su un determinato mercato, nel caso di specie quello dei sistemi operativi per PC clienti, al fine di eliminare la concorrenza su un mercato vicino, ossia quello dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, «rafforzando in tal modo le barriere all’ingresso sul suo mercato di origine ottenendo al contempo una rendita di monopolio complementare». Questa situazione aggraverebbe il pregiudizio che già deriva per i consumatori dalla limitazione posta allo sviluppo di nuovi prodotti.

307    In terzo luogo, la Commissione sottolinea che il problema in esame riguarda un fornitore in posizione dominante che interrompe i livelli di fornitura precedenti (punti 578-584 della decisione impugnata). Essa spiega che, all’inizio, la Microsoft seguiva la politica consistente nel diffondere, e non nel trattenere per sé, le informazioni sull’interoperabilità, cosa che aveva notevolmente agevolato l’introduzione, sul mercato, dei suoi sistemi operativi per server per gruppi di lavoro e non l’ha affatto dissuasa dall’introdurre innovazioni. Tuttavia, una volta che i suoi «prodotti server» si erano sufficientemente consolidati sul mercato, la Microsoft avrebbe mutato atteggiamento e avrebbe scelto quindi di escludere i suoi concorrenti, negando loro l’accesso alle suddette informazioni (punti 587, 588, 637 e segg. della decisione impugnata).

308    Secondo la Commissione, la Microsoft non può negare di aver interrotto i livelli di fornitura precedenti. A questo proposito, essa spiega anzitutto che l’accordo stipulato tra la Microsoft e l’AT&T, che ha permesso a quest’ultima di sviluppare AS/U, riguardava la divulgazione non solo di informazioni sull’interoperabilità analoghe a quelle controverse nella decisione impugnata, ma anche informazioni supplementari. Per la Commissione, inoltre, il fatto che la tecnologia AS/U resti disponibile è irrilevante. Facendo rinvio ai punti 580-583 della decisione impugnata, essa chiarisce al riguardo che le divulgazioni effettuate «nell’ambito AS/U» sono attualmente superate, poiché la Microsoft ha modificato i protocolli pertinenti nelle successive versioni di Windows. Infine, la Commissione ritiene che l’affermazione della Microsoft, secondo la quale l’aver concesso in licenza alla AT&T, più di dieci anni fa, una determinata tecnologia non può costringerla ad accordare, per il futuro e indefinitamente, licenze relative a tutte le tecnologie ad essa collegate, è priva di rilievo, tenuto conto dell’approccio adottato nella decisione impugnata. Infatti, il problema dell’interruzione dei livelli di fornitura precedenti verrebbe trattato in tale decisione non come un abuso di per sé, ma come un elemento per la valutazione del rifiuto di fornitura che viene contestato alla Microsoft (punti 578 e segg. della decisione impugnata).

309    In quarto luogo, la Commissione fa rilevare che essa non afferma che il semplice fatto che un rifiuto di concedere una licenza riguardante diritti di proprietà intellettuale rientri in una linea di condotta generale costituisce di per sé una «circostanza eccezionale», sufficiente a rendere tale rifiuto abusivo. Semplicemente, a suo avviso, il fatto che la Sun non sia l’unico concorrente cui la Microsoft ha negato l’accesso alle informazioni sull’interoperabilità costituisce una circostanza rilevante per valutare la compatibilità del comportamento di quest’ultima con l’art. 82 CE.

310    Quanto all’argomento dedotto in subordine dalla Microsoft, secondo il quale il presente caso andrebbe esaminato alla luce dei criteri dettati nella sentenza Bronner, citata supra al punto 112, la Commissione ritiene che debba essere respinto. Essa fa osservare che la suddetta sentenza riguarda l’accesso ad una infrastruttura per la quale erano stati necessari considerevoli investimenti e sostiene, qualora fosse dimostrato che le informazioni di cui si tratta nella presente causa non sono tutelate da diritti di proprietà intellettuale, ma consistono in combinazioni di messaggi del tutto arbitrarie, che la detta sentenza non costituirebbe di sicuro un «punto di riferimento adeguato».

311    In subordine, anche supponendo che la legittimità della decisione impugnata, nei limiti in cui si riferisce al primo problema, debba essere valutata alla luce dei criteri seguiti dalla Corte nella sentenza IMS Health, citata supra al punto 107, la Commissione, in ciò sostenuta dalla SIIA e dalla FSFE, ritiene che tali criteri siano sussistenti nel caso di specie.

 Giudizio del Tribunale

312    Va ricordato che la Microsoft difende la tesi secondo cui il rifiuto di fornire le informazioni sull’interoperabilità ad essa contestato non può costituire un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE poiché, da un lato, le suddette informazioni sono protette da diritti di proprietà intellettuale – o costituiscono segreti commerciali – e, dall’altro lato, i criteri giurisprudenziali in base ai quali si può costringere un’impresa in posizione dominante a concedere una licenza a terzi non sussistono nel caso di specie.

313    Va altresì ricordato che secondo la Commissione non occorre stabilire se il comportamento imputato alla Microsoft costituisca un rifiuto di consentire ad un terzo una licenza relativa a diritti di proprietà intellettuale e se i segreti commerciali meritino lo stesso livello di tutela dei suddetti diritti, dal momento che, in ogni caso, i rigidi criteri in base ai quali un simile rifiuto si può considerare come un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE sono presenti nel caso di specie (v. supra, punti 284-288).

314    La Microsoft e la Commissione sono dunque concordi nel ritenere che il rifiuto in oggetto possa essere valutato alla luce dell’art. 82 CE, presumendo che esso consista nel rifiuto di concedere una licenza relativa a diritti di proprietà intellettuale; esse però divergono quanto ai criteri giurisprudenziali applicabili in simile ipotesi.

315    Infatti, la Microsoft invoca, in via principale, i criteri enunciati nelle sentenze Magill e IMS Health, citate al punto 107 della presente sentenza, e in subordine quelli stabiliti dalla sentenza Bronner, citata supra al punto 112.

316    La Commissione, da parte sua, ritiene che un’applicazione «automatica» dei criteri della sentenza IMS Health, citata supra al punto 107, sarebbe «problematica» nel caso di specie. A suo avviso, per stabilire se un simile rifiuto abbia carattere abusivo, essa deve prendere in considerazione tutte le circostanze specifiche che fanno contorno al detto rifiuto, circostanze che non debbono per forza essere le stesse individuate nelle sentenze Magill e IMS Health, citate supra al punto 107. Al punto 558 della decisione impugnata, essa precisa quindi che «[l]a giurisprudenza della Corte porta (...) a pensare che la Commissione sia tenuta ad analizzare tutte le circostanze che contornano un determinato esempio di rifiuto di fornitura e a emanare la sua decisione alla luce dei risultati di tale esame completo».

317    Nel corso dell’udienza, la Commissione, interrogata sul punto dal Tribunale, ha confermato di aver ritenuto, nella decisione impugnata, che il comportamento addebitato alla Microsoft presentava tre caratteristiche che consentivano di qualificarlo come abusivo. La prima caratteristica è costituita dal fatto che le informazioni che la Microsoft si rifiuta di divulgare ai suoi concorrenti si riferiscono all’interoperabilità nel settore dei software, ossia ad una problematica alla quale il legislatore comunitario attribuisce una particolare importanza. La seconda caratteristica consiste nel fatto che la Microsoft utilizzerebbe lo straordinario potere da essa detenuto sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti allo scopo di eliminare la concorrenza sul mercato vicino dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. La terza caratteristica è data dal fatto che il comportamento in esame implicherebbe un’interruzione dei livelli di fornitura precedenti.

318    La Commissione sostiene che, in ogni caso, i criteri ammessi dalla Corte nelle sentenze Magill e IMS Health, citate supra al punto 107, sono soddisfatti anche nel caso di specie.

319    In risposta a questi diversi argomenti, va osservato, come giustamente sottolineato dalla Commissione al punto 547 della decisione impugnata, che sebbene le imprese, in linea di principio, siano libere di scegliere i propri partners commerciali, un rifiuto di fornitura da parte di un’impresa in posizione dominante può, in determinate circostanze e qualora non sia obiettivamente giustificato, costituire un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE.

320    Infatti, la Corte ha dichiarato che una società in posizione dominante sul mercato delle materie prime che, nell’intento di riservare tali materie prime alla propria produzione di prodotti finiti, ne rifiuti la fornitura ad un proprio cliente, anch’esso fabbricante di prodotti finiti, col rischio di eliminare qualsiasi concorrenza da parte del cliente stesso, sfruttava la propria posizione dominante in modo abusivo ai sensi dell’art. 82 CE (sentenza della Corte 6 marzo 1974, cause riunite 6/73 e 7/73, Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione, Racc. pag. 223; per quanto riguarda il rifiuto di fornire un servizio, v. sentenza della Corte 3 ottobre 1985, causa 311/84, CBEM, Racc. pag. 3261).

321    Nella causa che ha dato origine alla sentenza 5 ottobre 1988, causa 238/87, Volvo (Racc. pag. 6211), con una questione pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE si chiedeva alla Corte di stabilire se il fatto che un costruttore di autovetture, titolare di un modello brevettato relativo ad alcuni elementi della carrozzeria, rifiutasse di concedere a terzi una licenza per la fornitura di ricambi che incorporavano il modello tutelato dovesse essere considerato come abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE. Nella sentenza la Corte ha sottolineato che la facoltà del titolare di un brevetto su un modello di vietare a terzi la fabbricazione e la vendita o l’importazione, senza il suo consenso, di prodotti che incorporino il modello costituisce la sostanza stessa del suo diritto esclusivo. Essa ha concluso (punto 8) che «imporre al titolare del brevetto l’obbligo di concedere a terzi, sia pure in contropartita di un ragionevole compenso, una licenza per la fornitura di prodotti che incorporino il modello equivarrebbe a privare detto titolare della sostanza del suo diritto esclusivo, e che il rifiuto di concedere una siffatta licenza non può, di per sé, costituire uno sfruttamento abusivo di posizione dominante». La Corte ha però aggiunto che «l’esercizio del diritto esclusivo, da parte di chi abbia brevettato un modello relativo a parti componenti della carrozzeria di automobili, [poteva] essere vietato dall’art. [82 CE] qualora [desse] luogo, da parte di un’impresa in posizione dominante, a determinati comportamenti abusivi, come l’arbitrario rifiuto di fornire pezzi di ricambio ad officine di riparazione indipendenti, il fissare i prezzi dei pezzi di ricambio ad un livello non equo o la decisione di non produrre più pezzi di ricambio per un dato modello malgrado il fatto che numerose vetture di questo modello [fossero] ancora in circolazione, purché questi comportamenti [potessero] pregiudicare il commercio fra Stati membri» (punto 9).

322    Nella sentenza Magill, citata supra al punto 107, la Corte, pronunciandosi in sede di impugnazione, era stata ugualmente chiamata a pronunciarsi sul problema del rifiuto, da parte di un’impresa dominante, di concedere a terzi una licenza per l’uso di un diritto di proprietà intellettuale. La causa all’origine di tale sentenza aveva ad oggetto una decisione con cui la Commissione riteneva che tre società di telediffusione avessero abusato della posizione dominante da esse detenuta sul mercato rappresentato dai rispettivi elenchi dei programmi settimanali e su quello delle guide televisive in cui i detti elenchi erano pubblicati avvalendosi del loro diritto d’autore sui suddetti elenchi per impedire a terzi di pubblicare guide settimanali complete dei programmi delle diverse catene televisive. Di conseguenza, la Commissione aveva ingiunto alle società di telediffusione di fornirsi reciprocamente e di fornire a terzi, su richiesta e su base non discriminatoria, i loro elenchi settimanali dei futuri programmi e di consentire la riproduzione di tali elenchi da parte di altre parti. In particolare, essa aveva precisato che, qualora le dette società avessero scelto di fornire e di permettere la riproduzione dei programmi mediante licenze, gli eventuali diritti avrebbero dovuto essere di un importo ragionevole.

323    Nella sentenza Magill, citata supra al punto 107 (punto 49), la Corte, richiamandosi alla sentenza Volvo, citata supra al punto 321, ha dichiarato che «il diritto esclusivo di riproduzione [faceva] parte delle prerogative dell’autore, con la conseguenza che un diniego di licenza, pur provenendo da un’impresa in posizione dominante, non può costituire di per sé un abuso di tale posizione». Sempre rinviando alla sentenza Volvo, citata supra al punto 321, essa ha precisato però che «dall’esercizio del diritto esclusivo da parte del titolare [poteva], in casi eccezionali, derivare un comportamento abusivo» (punto 50).

324    La Corte ha ritenuto che le seguenti circostanze fossero rilevanti per stabilire la natura abusiva del comportamento addebitato alle società di telediffusione in questione. In primo luogo, il rifiuto ad esse contestato riguardava un prodotto, l’elenco dei programmi settimanali delle catene televisive, la cui fornitura era indispensabile per lo svolgimento dell’attività in oggetto, ossia la produzione di una guida settimanale completa dei programmi televisivi (punto 53). In secondo luogo, detto rifiuto ostacolava l’emergere di un prodotto nuovo, una guida settimanale completa dei programmi televisivi, che le ricorrenti non offrivano e per la quale sussisteva una domanda potenziale da parte del consumatore, il che configurava un abuso ex art. 82, secondo comma, lett. b), CE (punto 54). In terzo luogo, il rifiuto non era giustificato (punto 55). Infine, in quarto luogo, con tale comportamento le società di telediffusione si erano riservate un mercato derivato, quello delle guide televisive settimanali, escludendo qualunque tipo di concorrenza su siffatto mercato (punto 56).

325    Nella causa che ha dato origine alla sentenza Bronner, citata supra al punto 112, con una domanda pregiudiziale posta ai sensi dell’art. 234 CE si chiedeva alla Corte di stabilire se il fatto che un gruppo editoriale, che deteneva una parte preponderante del mercato austriaco dei quotidiani e gestiva l’unica rete di distribuzione a domicilio esistente in Austria a livello nazionale, negasse all’editore di un quotidiano concorrente l’accesso al detto sistema, contro versamento di un prezzo equo, o che lo subordinasse all’acquisto, presso il suddetto gruppo, di alcuni servizi complementari, costituisse un abuso di posizione dominante contrario all’art. 82 CE.

326    In tale sentenza (punto 38) la Corte ha in primo luogo puntualizzato che, se nelle sentenze Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione e CBEM, citate supra al punto 320, essa aveva giudicato abusivo il fatto che un’impresa detentrice di una posizione dominante su un dato mercato si rifiutasse di fornire a un’impresa con la quale si trovava in concorrenza su un mercato vicino le materie prime o i servizi indispensabili per l’esercizio dell’attività della detta impresa concorrente, essa lo ha fatto in quanto il comportamento di cui trattavasi poteva eliminare del tutto la concorrenza esercitata da quest’ultima.

327    In secondo luogo (punto 39), la Corte ha chiarito che ai punti 49 e 50 della sentenza Magill, citata supra al punto 107, essa aveva confermato che il rifiuto del titolare di un diritto di proprietà intellettuale di concedere una licenza, pur provenendo da un’impresa in posizione dominante, non può costituire di per sé un abuso di tale posizione, ma anche aveva sottolineato che l’esercizio del diritto esclusivo da parte del titolare può determinare, in circostanze eccezionali, un comportamento abusivo.

328    Infine, essa ha ricordato le circostanze eccezionali individuate nella sentenza Magill, citata supra al punto 107, prima di dichiarare (punto 41) quanto segue:

«[A]nche supponendo che questa giurisprudenza relativa all’esercizio di un diritto di proprietà intellettuale sia applicabile all’esercizio di qualsivoglia diritto di proprietà, occorrerebbe inoltre, per poter utilmente rifarsi alla [suddetta] sentenza [...] onde concludere per la sussistenza di un abuso ai sensi dell’art. [82 CE] in una situazione come quella oggetto della [...] questione pregiudiziale, non solo che il diniego del servizio costituito dal recapito a domicilio possa eliminare del tutto la concorrenza sul mercato dei quotidiani da parte della persona che richiede il servizio e non sia obiettivamente giustificabile, ma anche che detto servizio sia, di per sé, indispensabile per l’esercizio dell’attività di tale persona, nel senso che non esiste alcun modo di distribuzione che possa realmente o potenzialmente sostituirsi al predetto sistema di recapito a domicilio».

329    Nella sentenza IMS Health, citata supra al punto 107, la Corte si è nuovamente pronunciata sulle condizioni in base alle quali il rifiuto da parte di un’impresa dominante di concedere a un terzo una licenza per l’uso di un prodotto protetto da un diritto di proprietà intellettuale poteva costituire un comportamento abusivo ai sensi dell’art. 82 CE.

330    Innanzi tutto (punto 34), facendo riferimento alla sentenza Volvo, citata supra al punto 321, e alla sentenza Magill, citata supra al punto 107, la Corte ha ribadito che, secondo una consolidata giurisprudenza, il diritto esclusivo di riproduzione fa parte delle prerogative del titolare di un diritto di proprietà intellettuale, con la conseguenza che un diniego di licenza, pur provenendo da un’impresa in posizione dominante, non può costituire di per sé un abuso di tale posizione. Inoltre (punto 35), essa ha sottolineato che, come risulta dalla medesima giurisprudenza, dall’esercizio del diritto esclusivo da parte del titolare può, in casi eccezionali, derivare un comportamento abusivo. Infine, dopo aver ricordato le circostanze eccezionali individuate nella sentenza Magill, citata supra al punto 107, la Corte (punto 38) ha dichiarato che dalla suddetta giurisprudenza consegue che, affinché il rifiuto di un’impresa titolare di un diritto di autore di dare accesso ad un prodotto o ad un servizio indispensabile per esercitare una data attività possa essere qualificato abusivo, è sufficiente che siano integrate tre condizioni cumulative, e cioè che tale rifiuto costituisca ostacolo alla comparsa di un nuovo prodotto per il quale esiste una domanda potenziale dei consumatori, che sia ingiustificato e idoneo a escludere qualsiasi concorrenza sul mercato derivato.

331    Come emerge dalla giurisprudenza testé richiamata, il fatto che un’impresa in posizione dominante rifiuti di concedere a terzi una licenza per l’uso di un prodotto coperto da un diritto di proprietà intellettuale non può costituire di per sé un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE. Soltanto in circostanze eccezionali l’esercizio del diritto esclusivo da parte del titolare del diritto di proprietà intellettuale può dar luogo a simile abuso.

332    Dalla stessa giurisprudenza deriva altresì che vanno considerate eccezionali, in particolare, le seguenti circostanze:

–        in primo luogo, il fatto che il rifiuto verta su un prodotto o un servizio indispensabile per l’esercizio di una determinata attività su un mercato vicino;

–        in secondo luogo, il fatto che il rifiuto sia idoneo a escludere qualsiasi concorrenza effettiva su tale mercato;

–        in terzo luogo, il fatto che il rifiuto costituisca ostacolo alla comparsa di un nuovo prodotto per il quale esiste una domanda potenziale dei consumatori.

333    Una volta dimostrata l’esistenza delle suddette circostanze, il rifiuto da parte del titolare in posizione dominante di accordare una licenza è atto a violare l’art. 82 CE, a meno che non sia obiettivamente giustificato.

334    Va rilevato come la circostanza che il rifiuto costituisca ostacolo alla comparsa di un nuovo prodotto per il quale esiste una domanda potenziale dei consumatori compare soltanto nella giurisprudenza relativa all’esercizio di un diritto di proprietà intellettuale.

335    Occorre infine aggiungere che, affinché il rifiuto di dare accesso ad un prodotto o ad un servizio indispensabile per esercitare una data attività possa essere qualificato abusivo, si devono distinguere due mercati: da un lato, il mercato costituito dal suddetto prodotto o servizio, sul quale l’impresa che oppone il rifiuto detiene una posizione dominante; dall’altro lato, un mercato vicino, sul quale il prodotto o servizio di cui trattasi viene utilizzato per la produzione di un altro bene o per la fornitura di un altro servizio. Va precisato che il fatto che il prodotto o il servizio indispensabile non sia venduto separatamente non esclude di primo acchito la possibilità di individuare un mercato distinto (v., in tal senso, sentenza IMS Health, cit. supra al punto 107, punto 43). Infatti, come spiegato dalla Corte al punto 44 della sentenza IMS Health, citata supra al punto 107, è sufficiente che possa essere identificato un mercato potenziale, anche ipotetico, e che ciò si verifica allorché prodotti o servizi sono indispensabili per svolgere una determinata attività e per essi esiste un’effettiva domanda da parte delle imprese che intendono esercitare l’attività stessa. Di conseguenza, come concluso dalla Corte al punto successivo della suddetta sentenza, è determinante che possano essere identificati due diversi stadi di produzione tra loro collegati in quanto il prodotto a monte è un elemento indispensabile per la fornitura del prodotto a valle.

336    Tenuto conto degli elementi che precedono, il Tribunale ritiene necessario innanzi tutto valutare se le circostanze individuate nelle sentenze Magill e IMS Health, citate supra al punto 107, come ricordate ai punti 332 e 333 della presente sentenza, sussistano anche nel caso di specie. Solo nel caso in cui dovesse constatare che una o più di tali circostanze sono assenti, il Tribunale valuterà, successivamente, le circostanze particolari invocate dalla Commissione (v. supra, punto 317).

 ii)   Sul carattere indispensabile delle informazioni sull’interoperabilità


 Argomenti delle parti

337    Secondo la Microsoft, le informazioni sull’interoperabilità contemplate dalla decisione impugnata non sono indispensabili per l’esercizio dell’attività di fornitura di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. A suo parere, non si può qualificare come indispensabile una determinata tecnologia se, senza avere accesso ad essa, risulta «economicamente sostenibile» per i concorrenti dell’impresa in posizione dominante elaborare e vendere i loro prodotti.

338    La Microsoft ritiene che la decisione impugnata, su questo punto, contenga un errore di diritto e un errore di fatto.

339    In primo luogo, la Microsoft sostiene che l’errore di diritto consiste nel fatto che la Commissione ha utilizzato un criterio inadeguato, straordinario e assoluto per «valutare se poteva esservi concorrenza». Rinviando ai punti 176-184 della decisione impugnata, essa afferma che secondo la Commissione i sistemi operativi per server concorrenti della Microsoft debbono essere in grado di comunicare con i sistemi operativi Windows per PC clienti e per server esattamente allo stesso modo in cui comunicano i sistemi operativi Windows per server. La giurisprudenza, però, non richiederebbe che venga accordato un simile «accesso ottimale» al mercato.

340    Nella sua replica la Microsoft critica il fatto che la Commissione abbia valutato il grado di interoperabilità richiesto sulla base di quanto necessario per consentire ai suoi concorrenti di rimanere in modo proficuo sul mercato. Essa sostiene che la nozione di interoperabilità utilizzata dalla Commissione ai punti 666-687 della decisione impugnata non è ragionevole, perché implica una «quasi identità» tra i sistemi operativi Windows per server e i sistemi operativi concorrenti. Richiamandosi ai passaggi dei punti 669 e 679 della decisione impugnata menzionati supra al punto 126, essa afferma che, qualora si dovesse accogliere una nozione di questa portata, «qualunque tecnologia sarebbe indispensabile». La Microsoft aggiunge che la sola giustificazione addotta nella decisione impugnata per sostenere che tale «livello» di interoperabilità è indispensabile affinché i concorrenti possano rimanere sul mercato in condizioni economicamente sostenibili attiene al fatto che l’accesso alle specificazioni di cui si tratta potrebbe consentire ai concorrenti di evitare che gli utenti debbano «identificarsi due volte» (punto 183 della decisione impugnata). A suo parere, tale giustificazione non è adeguata dato che, in primo luogo, molti venditori già forniscono soluzioni basate su una «identificazione unica», in secondo luogo, la necessità di una doppia identificazione costituisce evidentemente una soluzione alternativa (sebbene meno vantaggiosa) e, in terzo luogo, la misura correttiva prevista dall’art. 5 della decisione impugnata va molto oltre quanto necessario per risolvere il suddetto problema minore.

341    Sempre in sede di replica, dopo aver rinviato agli argomenti riprodotti supra, ai punti 125-128 e aver ribadito che la misura correttiva prevista dall’art. 5 della decisione impugnata non permetterà ai suoi concorrenti di sviluppare prodotti «quasi identici» ai sistemi operativi Windows per server, la Microsoft sostiene che la Commissione non ha comunque dimostrato l’esistenza di un nesso di causalità tra la «non disponibilità» di specificazioni per i suoi protocolli di comunicazione e il fatto che i suoi concorrenti non siano asseritamente in grado di rimanere sul mercato in modo economicamente sostenibile.

342    Nelle sue osservazioni sulle memorie di intervento, la Microsoft nega che gli operatori sul mercato e i consumatori esigano una «perfetta sostituibilità» e afferma che detta esigenza va ben oltre il «criterio del carattere indispensabile» enunciato dalla Corte nelle sentenze Bronner, citata supra al punto 112, e IMS Health, citata supra al punto 107. In particolare, essa spiega che i suoi concorrenti «non hanno bisogno di Active Directory», dal momento che i loro sistemi operativi per server dispongono di servizi di annuario che sono loro propri, i quali sono in grado di fornire servizi per gruppi di lavoro ai sistemi operativi Windows per PC clienti e per server.

343    In secondo luogo, la Microsoft ritiene la decisione impugnata viziata da un errore di fatto in quanto la Commissione non ha tenuto conto del fatto che sul mercato sono presenti numerosi sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, e afferma che in Europa le imprese continuano a mantenere al proprio interno reti informatiche eterogenee, ossia contenenti sistemi operativi forniti da distributori diversi.

344    Al riguardo, la Microsoft ricorda di aver prodotto, durante il procedimento amministrativo, alcune relazioni nelle quali esperti informatici descrivono «i modi per garantire una interoperabilità all’interno delle reti informatiche». Essa aggiunge che le risposte alle richieste di informazioni della Commissione confermano che l’interoperabilità fra diversi tipi di sistemi operativi è usuale all’interno delle reti informatiche europee. Infatti, il 47% delle società che hanno risposto alle suddette richieste di informazioni avrebbero detto di utilizzare sistemi operativi per server concorrenti della Microsoft per la fornitura di servizi di condivisione di files e di stampanti a sistemi operativi Windows per PC clienti. Vi sarebbero prove analoghe per quel che riguarda i servizi di gestione di utenti e gruppi di utenti. La Microsoft ribadisce che peraltro dalle relazioni Mercer risulta che, nelle loro scelte di sistemi operativi per server, le imprese non si sentono vincolate da considerazioni legate all’interoperabilità.

345    La Microsoft sostiene poi che l’interoperabilità tra sistemi operativi per server concorrenti e i sistemi operativi Windows per PC clienti può essere realizzata grazie a cinque metodi diversi. Ciascuno di questi metodi rappresenterebbe un’alternativa alla divulgazione dei protocolli di comunicazione in oggetto e consentirebbe ai diversi sistemi operativi di «funzionare correttamente insieme». Secondo la Microsoft, anche se il ricorso a questi diversi metodi non permette di ottenere la «sostituibilità perfetta», ritenuta essenziale dalla Commissione, essi consentono, tuttavia, di raggiungere agevolmente il «livello minimo di interoperabilità (...) necessario per garantire una concorrenza effettiva».

346    I cinque metodi cui la Microsoft si riferisce sono i seguenti: primo, l’utilizzazione di protocolli di comunicazione standard come i protocolli TCP/IP (Transmission Control Protocol/Internet Protocol) e HTTP (Hyper Text Transfer Protocol); secondo, l’aggiunta di un codice software ad un sistema operativo Windows per PC clienti o per server in modo da consentirgli di comunicare con un sistema operativo per server concorrente utilizzando protocolli di comunicazione specifici per quest’ultimo sistema operativo; terzo, l’aggiunta di un codice software a un sistema operativo per server concorrente, in modo da permettergli di comunicare con un sistema operativo Windows per PC clienti o per server utilizzando i protocolli di comunicazione propri dei sistemi operativi Windows; quarto, l’utilizzazione di un sistema operativo Windows per server come «passerella» tra due insiemi diversi di protocolli di comunicazione; e, quinto, l’aggiunta di un blocco di codici software a tutti i sistemi operativi per PC clienti e per server di una rete che permetta di garantire l’interoperabilità tramite la comunicazione tra i diversi blocchi di codici software. Nel medesimo ambito la Microsoft contesta alla Commissione di non aver dimostrato nella decisione impugnata che l’ingegneria a ritroso dei suoi protocolli di comunicazione fosse «tecnicamente o economicamente impossibile».

347    La Microsoft aggiunge che dalle prove raccolte dalla Commissione durante il procedimento amministrativo emerge che i metodi sopra elencati funzionano nella pratica per i prodotti Linux e per gli altri sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. Essa sottolinea che i distributori dei prodotti Linux non hanno smesso di acquisire quote sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, e ciò anche senza aver avuto accesso alle specificazioni dei suoi protocolli di comunicazione. Facendo rinvio alle sezioni D e E di una relazione preparata dai sigg. Evans, Nichols e Padilla (allegato C.11 alla replica), essa aggiunge che questi prodotti continueranno ad evolvere a danno dei sistemi operativi Windows per server. La Microsoft precisa poi che è ampiamente riconosciuto che Linux rappresenta un serio concorrente della Microsoft e che i dieci maggiori fornitori di server di prezzo inferiore a 25 000 dollari statunitensi (USD) propongono server per gruppi di lavoro che utilizzano Linux.

348    La CompTIA e l’ACT formulano argomenti sostanzialmente analoghi a quelli fatti valere dalla Microsoft.

349    La CompTIA, in particolare, critica il fatto che secondo la Commissione i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti debbono raggiungere un grado di interoperabilità con i sistemi operativi Windows per PC clienti «altrettanto efficace quanto quello realizzato dalla Microsoft stessa».

350    Rinviando agli argomenti elaborati dalla Microsoft nei propri atti a questo riguardo, l’ACT sostiene che esistono vari metodi che permettono di garantire una interoperabilità sufficiente tra i sistemi operativi di fornitori diversi. Inoltre, essa teme che il modo in cui la Commissione interpreta il criterio del carattere indispensabile abbia effetti negativi sull’innovazione.

351     La Commissione afferma che la divulgazione, da parte della Microsoft, delle informazioni sull’interoperabilità ai suoi concorrenti è indispensabile per consentire loro di continuare a essere competitivi sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

352    In primo luogo, per quel che riguarda il presunto errore di diritto, la Commissione sostiene che le affermazioni della Microsoft si basano su una presentazione non corretta della sua posizione e su una confusione tra questioni diverse analizzate nella decisione impugnata. Essa spiega che il criterio del carattere indispensabile impone di esaminare, da un lato, quale sia il grado di interoperabilità necessario per continuare ad essere un concorrente economicamente sano sul mercato e, dall’altro lato, se le informazioni alle quali è negato l’accesso costituiscano la sola fonte economicamente sostenibile per raggiungere il suddetto grado di interoperabilità.

353    Dopo aver evidenziato che le informazioni che la Microsoft si rifiuta di diffondere sono «collegate funzionalmente ai PC clienti», la Commissione precisa che la loro indispensabilità deriva, in primo luogo, dall’importanza dell’interoperabilità con i PC clienti per i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (punti 383-386 della decisione impugnata) e, in secondo luogo, dal quasi monopolio che la Microsoft detiene sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti.

354    La Commissione sottolinea anche di aver analizzato il criterio del carattere indispensabile, come definito dalla giurisprudenza, nei punti 666-686 della decisione impugnata e di aver esaminato, in particolare, se esistessero soluzioni alternative alla divulgazione delle informazioni di cui si tratta per consentire alle imprese di competere in maniera economicamente sostenibile con la Microsoft sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

355    Secondo la Commissione, la Microsoft ritiene che il semplice fatto che esistano soluzioni di interoperabilità non efficaci, che permettono ai suoi concorrenti solo una penetrazione «de minimis» nel mercato ovvero una tutela di posizioni «de minimis» su quest’ultimo, dimostrerebbe che il requisito dell’indispensabilità non è soddisfatto. Questo argomento non può essere accolto, dal momento che il suddetto requisito dev’essere valutato conformemente all’obiettivo di preservare una struttura concorrenziale effettiva vantaggiosa per i consumatori. Si tratterebbe, in effetti, della questione se le informazioni di cui viene rifiutata la divulgazione siano indispensabili per l’esercizio di un’attività sul mercato di cui trattasi «in quanto forza concorrenziale vitale e non in quanto attore “de minimis” che ha in realtà abbandonato il mercato per occupare una “nicchia”».

356    In sede di controreplica, la Commissione precisa che la tesi da essa sostenuta è che un’impresa dominante non ha diritto di compromettere la concorrenza effettiva su un mercato derivato negando abusivamente ai suoi concorrenti l’accesso ad un «fattore di produzione» necessario per la loro vitalità economica. Essa aggiunge che, se non esistono soluzioni sostitutive del «fattore di produzione» rifiutato in grado di permettere ai concorrenti di esercitare una pressione concorrenziale effettiva sull’impresa dominante nel mercato derivato, è allora evidente che il suddetto «fattore di produzione» è indispensabile al mantenimento di una concorrenza effettiva.

357    Sempre nella controreplica, la Commissione ribadisce che esiste un’intera gamma di possibili gradi di interoperabilità tra i PC configurati con sistema operativo Windows e i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. Essa sostiene di non aver stabilito a priori a un dato livello il grado di interoperabilità indispensabile per mantenere una concorrenza effettiva sul mercato, ma di aver basato le proprie conclusioni al riguardo sul carattere manifestamente insoddisfacente dei metodi alternativi ai quali i concorrenti della Microsoft erano già ricorsi e che non «fornivano in modo economicamente sostenibile il grado di interoperabilità richiesto dai clienti». Essa nega nuovamente di aver tenuto conto di un grado di interoperabilità equivalente alla «quasi identità», come sostenuto dalla Microsoft, e chiarisce di ritenere indispensabile non che i concorrenti della Microsoft vengano autorizzati a riprodurre le soluzioni di interoperabilità realizzate da quest’ultima, bensì che siano messi in grado di raggiungere un «grado di interoperabilità equivalente grazie ai loro sforzi di innovazione». Infine, la Commissione spiega di aver esaminato, ai punti 590-692 della decisione impugnata, le «gravi conseguenze» che il limitato grado di interoperabilità con i sistemi operativi Windows per PC clienti comporta per i concorrenti e i clienti. In particolare, essa precisa che il comportamento contestato alla Microsoft ha come conseguenza la progressiva estromissione di tutti i concorrenti di quest’ultima dal mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, e ciò anche se in origine alcuni di essi godevano, rispetto alla Microsoft, di un notevole vantaggio commerciale o tecnologico sul detto mercato (punti 587 e 668 della decisione impugnata).

358    In secondo luogo, la Commissione respinge le affermazioni relative al presunto errore di fatto.

359    Anzitutto, essa sostiene che non è provato che le soluzioni prospettate dagli esperti informatici nelle relazioni prodotte dalla Microsoft nel corso del procedimento amministrativo costituiscano alternative alla divulgazione delle informazioni sull’interoperabilità sostenibili sotto il profilo commerciale.

360    Inoltre, l’argomento che la Microsoft trae dalle risposte alle richieste di informazioni della Commissione sarebbe inconferente, in quanto «significa che è sufficiente l’interoperabilità con operatori di scarsa importanza, o che esiste già una certa interoperabilità». In realtà, la Microsoft non terrebbe conto del fatto che i suoi concorrenti sono entrati sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro prima che essa stessa iniziasse a distribuire questo tipo di prodotti. Il fatto che le informazioni di cui trattasi siano indispensabili per consentire ai detti concorrenti di continuare a rappresentare una forza concorrenziale vitale rispetto ai prodotti della Microsoft comporterebbe una progressiva eliminazione dei concorrenti stessi. La circostanza che tale eliminazione non si sia ancora conclusa non dimostrerebbe che il criterio del carattere indispensabile non è soddisfatto, dal momento che quel che importa è sapere se le informazioni sono indispensabili per conservare una posizione di concorrenza vitale sul mercato.

361    In terzo luogo, riguardo ai cinque metodi alternativi che permettono di garantire l’interoperabilità tra i sistemi operativi forniti da distributori diversi, cui la Microsoft fa riferimento, la Commissione osserva che la Microsoft non contesta le osservazioni contenute al riguardo nella decisione impugnata, ma si limita ad affermare che questi metodi sono «realizzabili» e che permettono ai suoi prodotti e a quelli dei suoi concorrenti di «funzionare correttamente insieme».

362    La Commissione ricorda che nella decisione impugnata essa ha già preso in esame i suddetti metodi e in particolare ha valutato se l’ingegneria a ritroso potesse costituire un’alternativa alla divulgazione delle informazioni relative all’interoperabilità (punti 683-687 della decisione impugnata), dimostrando che essi non rappresentavano dei «sostituti validi» rispetto alla divulgazione delle informazioni sull’interoperabilità di cui trattasi.

363    In quarto luogo, la Commissione respinge l’affermazione della Microsoft seecondo la quale l’analisi compiuta nella decisione impugnata è contraddetta dall’ingresso e dall’asserita crescita di Linux sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

364    Innanzi tutto, essa precisa che i dati riferiti a Linux «non [sono espressione] della penetrazione del mercato da parte di un operatore unico, ma piuttosto degli sforzi compiuti da un certo numero di distributori concorrenti che si basano su Linux (Red Hat, Novel/SuSE, IBM, Sun, ecc.)». Di conseguenza, la quota di mercato di ciascuno dei suddetti distributori concorrenti sarebbe «minuscola».

365    La Commissione contesta poi le osservazioni contenute nella sezione D della relazione dei sigg. Evans, Nichols e Padilla, contenuta nell’allegato C.11 alla replica, e afferma quanto segue:

–        come indicato tra l’altro ai punti 487-490 della decisione impugnata, i dati provenienti dall’International Data Corporation (IDC) utilizzati dai suddetti esperti per preparare tale relazione sono approssimativi e pertanto inadatti, da soli, per valutare l’evoluzione del mercato;

–        ciò «vale a maggior ragione per variazioni annuali del tutto marginali rispetto alla dimensione complessiva del mercato»;

–        nulla prova che la quota di mercato pari al 6,75% di cui disporrebbe Linux in termini di unità vendute, calcolata dalla Microsoft in base ad un fattore di estrapolazione relativo all’insieme dei server, si applichi al mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro;

–        i due esempi di risposta all’indagine di mercato del 2003 invocati dagli esperti per dimostrare che si possono utilizzare, in relazione con Linux, soluzioni di interoperabilità basate sulla tecnica dell’ingegneria a ritroso non sono rappresentativi, in quanto gli enti in questione sono due dei soli tre enti, su un totale di oltre 100 partecipanti all’indagine di mercato, che «utilizzavano Linux/Samba in misura non trascurabile»;

–        gli esperti non forniscono alcuna informazione sul modo in cui gli altri quattro metodi che permettono di garantire l’interoperabilità tra i sistemi operativi forniti da distributori diversi, evocati dalla Microsoft, avrebbero potuto permettere l’asserita crescita di Linux sul mercato durante il periodo preso in considerazione riguardo all’abuso consistente nel rifiuto di fornitura.

366    Parimenti, la Commissione contesta le osservazioni contenute nella sezione E della stessa relazione e afferma quanto segue:

–        ai punti 605-610 della decisione impugnata essa ha già respinto gli argomenti della Microsoft basati sulle previsioni dell’IDC e sui risultati del terzo sondaggio realizzato dalla Mercer;

–        l’IDC tende a sopravvalutare le previsioni relative alle quote di mercato della Linux per quel che riguarda le sottocategorie «gestione di rete» e «condivisione di files/stampanti»;

–        la «migrazione» del sistema operativo Windows NT verso il sistema operativo Linux menzionata nel rapporto dell’8 marzo 2004 della Merrill Lynch (allegato 7 all’allegato C.11 alla replica) rischia di riverlarsi un fenomeno circoscritto, poiché Windows NT è un «prodotto superato non più supportato dalla Microsoft»;

–        la relazione del 25 maggio 2004 dello Yankee Group (allegato 9 all’allegato C.11 alla replica) verte sui sistemi operativi per server in generale, e non sui sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, ed è pertanto in gran parte privo di rilevanza per il caso in esame;

–        il rapporto del 27 maggio 2004 della Forrester Research (allegato 10 all’allegato C.11 alla replica) non riguarda principalmente i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro e contiene osservazioni che contraddicono la tesi sostenuta dalla Microsoft, ossia quella secondo cui il 92% dei soggetti interrogati avrebbe utilizzato Active Directory nel 2006.

367    La SIIA fa valere sostanzialmente gli stessi argomenti della Commissione. Essa sottolinea che è fondamentale per la concorrenza sulla base dei meriti nel settore dei software che i fornitori di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro siano in grado di realizzare l’interoperabilità con i prodotti pressoché monopolistici della Microsoft «ad armi pari» con quest’ultima. Essa sostiene che, per poter svolgere una concorrenza effettiva sul mercato, è indispensabile che i suddetti fornitori possano accedere alle informazioni sull’interoperabilità di cui si tratta.

368    La FSFE respinge l’argomento della Microsoft basato sull’esistenza di cinque metodi alternativi che permettono di garantire l’interoperabilità. In particolare, essa afferma che «[t]ecnicamente, tutti questi metodi descrivono scenari realistici», ma «omettono un elemento fondamentale, ossia l’autenticazione». Al riguardo, essa spiega che la Microsoft ha realizzato un «accoppiamento stretto» dei suoi sistemi operativi Windows per PC clienti con i propri «server di autenticazione», in modo tale che è semplicemente impossibile separare l’operazione di autenticazione dalle altre operazioni eseguite dai server per gruppi di lavoro configurati con sistema operativo Windows.

 Giudizio del Tribunale

369    Come già indicato al punto 207 della presente sentenza, per stabilire se le informazioni di cui trattasi fossero indispensabili la Commissione ha seguito un ragionamento in due fasi nel senso che, in primo luogo, ha esaminato quale fosse il grado di interoperabilità con l’architettura di dominio Windows che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro forniti dai concorrenti della Microsoft dovevano raggiungere per poter rimanere in modo proficuo sul mercato e, in secondo luogo, ha valutato se le informazioni sull’interoperabilità che la Microsoft si rifiutava di divulgare fossero indispensabili per raggiungere tale grado di interoperabilità.

370    Secondo la Microsoft si tratta di un ragionamento erroneo in diritto e in fatto.

–       Il presunto errore di diritto

371    Gli argomenti presentati dalla Microsoft riguardo al presunto errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Commissione si riferiscono alla prima parte del ragionamento da essa seguito.

372    Innanzi tutto, la Microsoft contesta il grado di interoperabilità richiesto dalla Commissione nel caso di specie, affermando, in sostanza, che tale posizione della Commissione equivale ad esigere che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro dei suoi concorrenti siano in grado di comunicare con i sistemi operativi Windows per PC clienti e per server esattamente allo stesso modo dei sistemi operativi Windows per server. La Microsoft ribadisce che un tale grado di interoperabilità implica una quasi indentità tra questi ultimi sistemi e quelli dei suoi concorrenti.

373    Tali affermazioni vanno respinte.

374    Al riguardo, il Tribunale ricorda di aver già chiarito, ai punti 207-245 della presente sentenza, quale fosse il grado di interoperabilità preso in considerazione dalla Commissione nella decisione impugnata. In particolare, esso ha rilevato che secondo la Commissione, per poter fare una concorrenza efficace ai sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro, i sistemi operativi concorrenti dovevano essere in grado di interoperare con l’architettura di dominio Windows su un piano di parità con i suddetti sistemi Windows (v. supra, punto 230). Esso ha precisato che l’interoperabilità, come concepita dalla Commissione, presentava due componenti indissociabili, ossia l’interoperabilità client-server e quella server-server, e che in particolare, essa implicava che un server sul quale era installato un sistema operativo per server per gruppi di lavoro concorrente della Microsoft potesse agire in quanto controller del dominio all’interno di un dominio Windows che utilizza l’Active Directory e, di conseguenza, fosse in grado di partecipare al meccanismo della replica multimaster con gli altri controller del dominio (v. supra, punti 231 e 233).

375    Il Tribunale ha già dichiarato, del pari, che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Microsoft, la Commissione, nell’esigere il suddetto grado di interoperabilità, non intendeva affatto che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti funzionassero sotto tutti gli aspetti come un sistema operativo Windows per server per gruppi di lavoro e, quindi, che i suoi concorrenti potessero elaborare sistemi operativi per server per gruppi di lavoro che fossero identici, o anche «pressoché identici», a quelli della Microsoft (v. supra, punti 234-242).

376    Inoltre, la Microsoft censura il fatto che la Commissione abbia valutato il grado di interoperabilità richiesto in base a quanto essa riteneva necessario per consentire agli ideatori di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti di rimanere in maniera economicamente sostenibile sul mercato.

377    Basta ricordare in proposito che il Tribunale, al punto 229 della presente sentenza, ha già confermato la validità dell’approccio seguito dalla Commissione al riguardo.

378    Infine, la Microsoft sostiene che non occorre che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro dei suoi concorrenti raggiungano il grado di interoperabilità richiesto dalla Commissione per poter restare in modo economicamente sostenibile sul mercato.

379    Occorre sottolineare che l’analisi compiuta dalla Commissione nella decisione impugnata riguardo alla suddetta questione si basa su valutazioni economiche complesse e che essa, pertanto, può essere oggetto solo di un controllo limitato da parte del Tribunale (v. supra, punto 87).

380    Orbene, come emerge dalle considerazioni testé esposte, la Microsoft non ha dimostrato che la suddetta analisi è manifestamente erronea.

381    A questo proposito, in primo luogo, occorre rilevare che la Microsoft non ha dimostrato che l’osservazione della Commissione secondo cui «l’interoperabilità con il sistema operativo Windows per PC clienti riveste un’importanza fondamentale per la concorrenza sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro» (punto 586 della decisione impugnata) è manifestamente erronea.

382    Al contrario, numerosi elementi confermano la fondatezza di tale osservazione.

383    Infatti, come emerge in particolare dalle spiegazioni tecniche sui prodotti in oggetto contenute ai punti 21-59 della decisione impugnata, nonché da quelle fornite dai periti di parte nel corso dell’udienza, bisogna tener presente che, per loro natura, i programmi per computer non funzionano in modo isolato, ma sono concepiti per comunicare e funzionare con altri programmi per il computer e con l’hardware, in particolare negli ambienti di rete (v. supra, punto 157 e decimo ‘considerando’ della direttiva 91/250).

384    Occorre altresì osservare che, in seno alle reti informatiche installate all’interno delle organizzazioni, la necessità di essere in grado di funzionare congiuntamente è particolarmente pressante nel caso dei sistemi operativi per PC clienti, da un lato, e dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, dall’altro lato. Infatti, come sottolineato dalla Commissione al punto 383 della decisione impugnata e come già rilevato al punto 161 della presente sentenza, i servizi di condivisione di files e di stampanti, nonché di gestione utenti e gruppi di utenti sono strettamente connessi all’uso dei PC clienti e vengono forniti agli utenti dei PC clienti come un pacchetto di operazioni tra di loro collegate. Come spiegato in udienza dai periti di parte, all’interno delle reti informatiche i rapporti tra i server per gruppi di lavoro, da un lato, e i PC clienti, dall’altro lato, vengono «stimolati» o «provocati» da azioni o domande provenienti dagli utenti dei PC clienti, come ad esempio l’introduzione di un nome o di una password, la creazione di una cartella o la richiesta di stampa di un documento. Del pari, la Commissione osserva giustamente al punto 532 della decisione impugnata che «[i] PC clienti e i server per gruppi di lavoro sono nodi di una rete informatica e (...) sono quindi fisicamente collegati tra di loro». Infine, va ricordato che una delle funzioni fondamentali dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro è proprio la gestione dei PC clienti.

385    Occorre aggiungere, come indicato ai punti 383-386 della decisione impugnata, che alcuni risultati dei sondaggi realizzati dalla Mercer confermano l’importanza dell’interoperabilità dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro con i sistemi operativi per PC clienti. Oltre ai risultati del secondo e del terzo sondaggio della Mercer, relativi più in particolare all’interoperabilità con i PC clienti configurati con sistema operativo Windows e che verranno esaminati ai punti 401-412 della presente sentenza, si deve rilevare che dal primo sondaggio della Mercer emerge che la facilità con cui un prodotto riesce ad integrarsi all’interno di un ambiente informatico esistente o progettato per il futuro costituisce uno dei principali fattori di cui i responsabili dei settori informatici tengono conto nel prendere decisioni in materia di acquisto di prodotti informatici. Si deve altresì sottolineare che dal confronto tra alcuni risultati di quest’ultimo sondaggio con altri risultati del terzo sondaggio della Mercer deriva che l’importanza dell’interoperabilità con i sistemi operativi per PC clienti è maggiore nel caso dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro che non nel caso degli altri tipi di prodotti per server (punto 386 della decisione impugnata).

386    In secondo luogo, il Tribunale considera che l’interoperabilità dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro con i sistemi operativi per PC clienti sia ancora più importante quando questi ultimi sono sistemi Windows.

387    Si deve osservare, infatti, che la posizione dominante occupata dalla Microsoft sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti, come indicato dalla Commissione ai punti 429 e 472 della decisione impugnata, presenta «caratteristiche straordinarie» nel senso che, tra l’altro, le quote da essa detenute sul detto mercato sono superiori al 90% (punti 430-435 della decisione impugnata) e che Windows rappresenta lo «standard di fatto» per i suddetti sistemi operativi.

388    Di conseguenza, poiché il sistema operativo Windows è presente sulla quasi totalità dei PC clienti installati all’interno delle organizzazioni, non è possibile continuare a vendere in modo economicamente sostenibile i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti se questi ultimi non sono in grado di raggiungere un elevato grado di interoperabilità con esso.

389    In terzo luogo, il Tribunale osserva che, in base alla decisione impugnata, è importante che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti della Microsoft possano interoperare non solo con i sistemi operativi Windows per PC clienti, ma anche più in generale con l’architettura di dominio Windows.

390    Nello specifico, la Commissione ritiene che, per poter essere venduti in modo economicamente sostenibile, i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti debbano essere in grado di partecipare all’architettura di dominio Windows – che costituisce un’«architettura» di interconnessioni e di interazioni tanto client-server quanto server-server, strettamente collegate tra di loro (v. supra, punti 179-189) – su un piano di parità con i sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro. Ciò implica in particolare che un server su cui sia installato un sistema operativo per server per gruppi di lavoro concorrente della Microsoft possa agire come controller del dominio all’interno di un dominio Windows che utilizza Active Directory e, di conseguenza, che sia in grado di prendere parte al meccanismo della replica multimaster con gli altri controller del dominio.

391    Si deve necessariamente constatare che la Microsoft non ha dimostrato che tale valutazione è manifestamente erronea.

392    Al riguardo occorre, in primo luogo, osservare che, tenuto conto dei legami tecnologici, assai stretti e privilegiati, stabiliti dalla Microsoft tra i propri sistemi operativi Windows per PC clienti, da un lato, e i propri sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, dall’altro lato, nonché del fatto che Windows è presente praticamente su tutti i PC clienti installati all’interno delle organizzazioni, giustamente la Commissione, al punto 697 della decisione impugnata, ha ritenuto che la Microsoft fosse in grado di imporre l’architettura di dominio Windows come lo «standard di fatto nel settore dell’informatica delle reti per gruppi di lavoro» (v., nel medesimo senso, il punto 779 della decisione impugnata, in cui la Commissione spiega tra l’altro che la posizione quasi monopolistica che la Microsoft detiene da anni sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti le permette di «fissare in larga misura, e indipendentemente dai suoi concorrenti, l’insieme delle regole di comunicazione coerenti che definiranno lo standard di fatto per l’interoperabilità nelle reti per gruppi di lavoro»).

393    In secondo luogo, come indicato dalla Commissione al punto 637 della decisione impugnata, diversi elementi, come la stessa documentazione commerciale della Microsoft, alcune relazioni di analisti ed elementi raccolti nell’ambito dell’indagine di mercato del 2003 e dei sondaggi realizzati dalla Mercer provano che l’interoperabilità con l’ambiente Windows costituisce un fattore che svolge un ruolo chiave nell’adozione dei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro.

394    Infatti, ai punti 638-641 della decisione impugnata, la Commissione deduce numerosi elementi atti a provare che, sotto il profilo commerciale, la Microsoft utilizza in modo sistematico l’interoperabilità con l’ambiente Windows come argomento essenziale di marketing per i propri sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. Tali elementi non vengono contestati dalla Microsoft.

395    Parimenti, ai punti 642-646 della decisione impugnata, la Commissione fa riferimento ad alcuni risultati dell’indagine di mercato del 2003 per dimostrare che l’interoperabilità con l’ambiente Windows svolge un ruolo di rilievo nelle decisioni delle organizzazioni interrogate in tema di acquisto dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

396    Si deve rilevare che nel ricorso la Microsoft si limita ad affermare che le organizzazioni non scelgono i sistemi operativi per server in base a considerazioni legate alla loro interoperabilità con i sistemi operativi Windows, e rinvia genericamente ad alcuni documenti allegati al ricorso stesso [allegato A.12.1 al ricorso (Matthews, «The Commission’s Case on Microsoft’s Interoperability: An Examination of the Survey Evidence») e allegato A.22 al ricorso (Evans, Nichols e Padilla, «The Commission Has Failed to Address Major Flaws in the Design, Conduct, and Analyses of Its Article 11 Inquiries»)]. Per le ragioni chiarite supra, ai punti 94-99, il Tribunale non può tener conto dei suddetti allegati.

397    In ogni caso, si deve necessariamente constatare che i risultati sopra indicati dell’indagine di mercato del 2003 confermano la fondatezza della tesi della Commissione.

398    Così, nel corso di detta indagine, la Commissione ha chiesto tra l’altro agli enti intervistati se avessero già installato (o già deciso di installare) Active Directory nella maggior parte dei domini Windows delle proprie reti informatiche (domanda n. 15). Ai soggetti che avevano risposto affermativamente a tale domanda (ossia 61 su 102), la Commissione ha chiesto anche di indicare, scegliendo in un elenco di fattori, quali di essi avessero svolto un ruolo determinante nella loro decisione di adottare Active Directory (domanda n. 16). Dei suddetti 61 enti, 52 (vale a dire circa l’85,2%) hanno indicato che aveva costituito un fattore di questo tipo il fatto che «Active Directory offre un’integrazione migliore con le postazioni di lavoro Windows, comprese le applicazioni utilizzate sui PC clienti o integrate nei PC clienti (per esempio, Outlook o Office), rispetto ai servizi di annuario concorrenti», oppure il fatto che «Active Directory è richiesto dalle applicazioni utilizzate nell’ambito della [loro] organizzazione» (domanda n. 16). Solo 17 enti invece (ossia circa il 27,9%) hanno indicato uno dei fattori seguenti come determinante nella loro decisione di adottare Active Directory: «Active Directory offre un’integrazione migliore con i servizi Web rispetto ai servizi di annuario concorrenti»; «Active Directory è un prodotto più maturo rispetto ai servizi di annuario concorrenti» e «Active Directory offre una migliore conformità agli standard connessi ai servizi di annuario e una migliore qualità di applicazione dei suddetti standard rispetto ai servizi di annuario concorrenti».

399    Va inoltre rilevato che agli enti coinvolti nell’indagine di mercato del 2003 è stato chiesto anche se utilizzassero principalmente server configurati con sistema operativo Windows per la fornitura di servizi di condivisione di files e di stampanti (domanda n. 13). In caso di risposta affermativa, essi dovevano precisare se alcuni fattori legati all’interoperabilità, indicati nella stessa domanda, avessero avuto un ruolo determinante nella loro decisione di ricorrere ai suddetti server. Dei 77 enti che hanno risposto alla domanda, 58 (vale a dire circa il 75,3%) hanno indicato almeno uno dei fattori suddetti.

400    Occorre sottolineare che, nella nota n. 101 del ricorso nonché nella nota n. 68 della replica, la Microsoft, limitandosi ad un rinvio generico alle spiegazioni contenute in alcuni allegati [allegato A.22 al ricorso e sezione A dell’allegato C.13 alla replica (Evans, Nichols e Padilla, «Response to the Commission’s Annex B.6 Regarding Its Article 11 Inquiries»)], sostiene che molte delle domande poste dalla Commissione nell’ambito dell’indagine di mercato del 2003 erano «viziate» o «tendenziose». Il Tribunale considera che tale argomento va respinto. Oltre al fatto che un rinvio generico agli allegati non può essere ammesso per le ragioni indicate supra, ai punti 94-99, si deve necessariamente constatare che l’argomento della Microsoft è intrinsecamente contraddittorio in quanto, nei passaggi degli atti cui si riferiscono le note in oggetto, la Microsoft adduce a sostegno della propria tesi proprio alcuni risultati dell’indagine di mercato del 2003.

401    Per di più, deve osservarsi che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Microsoft, i risultati del secondo e del terzo sondaggio della Mercer portano alle stesse conclusioni dell’indagine di mercato del 2003, per quanto riguarda l’importanza, per i consumatori, dell’interoperabilità con i sistemi operativi Windows.

402    Infatti, nell’ambito del secondo sondaggio, citando gli stessi fattori connessi all’interoperabilità che compaiono nella domanda n. 13 dell’indagine di mercato del 2003 (v. supra, punto 399), la Mercer ha chiesto ad un gran numero di responsabili informatici di organizzazioni che utilizzano principalmente sistemi operativi Windows per fornire servizi di condivisione di files e di stampa di indicare se uno o più fattori avessero avuto un ruolo primario nella loro decisione di adottare tali sistemi operativi, attribuendo ai suddetti fattori un voto su una scala da 1 (poca importante) a 5 (molto importante). Ebbene, dei 134 responsabili informatici interessati, 99 (cioè circa il 73,9%) hanno indicato che almeno uno dei suddetti fattori aveva avuto un ruolo determinante. Va altresì rilevato che 91 responsabili informatici (ossia circa il 67,9%) hanno attribuito un voto pari a 4 o 5 ad almeno uno dei suddetti fattori.

403    Nell’ambito del medesimo sondaggio, i responsabili informatici intervistati erano stati invitati anche a valutare il ruolo svolto da 21 diversi fattori nelle loro decisioni sull’acquisto di sistemi operativi per l’esecuzione di servizi di condivisione di files e di stampanti, attribuendo ai suddetti fattori un voto su una scala da 0 (non importante) a 5 (molto importante). Il fattore «interoperabilità con le postazioni di lavoro (Windows)» ha ottenuto un voto medio di 3,78 classificandosi quarto, dietro i fattori «affidabilità/disponibilità» (voto medio 4,01), «competenze disponibili e disponibilità dell’assistenza (interna o esterna)» (voto medio 3,93) e «sicurezza» (voto medio 3,80).

404    Sempre riguardo agli esiti del secondo sondaggio della Mercer, va ancora rilevato che i responsabili informatici interessati, invitati a valutare il ruolo di 18 fattori nelle loro decisioni sull’acquisto di servizi di annuario, hanno assegnato al fattore «interoperabilità con le postazioni di lavoro (Windows)» un voto medio di 3,94 (primo posto).

405    Quanto al terzo sondaggio della Mercer, è stato chiesto ai responsabili informatici di valutare il ruolo di 13 diversi fattori nelle loro decisioni sull’acquisto di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, assegnando ad essi un voto su una scala da 0 (non importante) a 5 (molto importante). Rispondendo a tale domanda, il fattore «interoperabilità con le postazioni di lavoro Windows» ha ottenuto un voto medio di 4,25. Pur classificandosi solo al secondo posto, tra i fattori «affidabilità/disponibilità del sistema operativo per server» (voto medio 4,47) e «sicurezza integrata nel sistema operativo per server» (voto medio 4,04), i risultati ottenuti da tale fattore dimostrano che le decisioni degli acquirenti di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro sono dettate in larga misura da considerazioni legate all’interoperabilità con PC clienti configurati con sistema operativo Windows.

406    È vero che, nell’ambito del terzo sondaggio della Mercer, i responsabili informatici sono stati invitati a valutare l’importanza relativa di ognuno dei tredici fattori indicati al punto precedente e che, su tale base, la differenza tra il fattore «affidabilità/disponibilità del sistema operativo per server» (classificatosi al primo posto con il 34%) e il fattore «interoperabilità con le postazioni di lavoro Windows» (classificatosi al secondo posto con il 9%) appare molto più marcata. Tuttavia, tali risultati vanno relativizzati tenuto conto del fatto che, come spiegato dalla Commissione ai punti 643 e 659 della decisione impugnata, l’interoperabilità è un elemento che incide su altri fattori presi in considerazione dagli acquirenti quando scelgono un sistema operativo per server per gruppi di lavoro. Gli acquirenti infatti possono avere l’impressione che un sistema operativo per server per gruppi di lavoro concorrente della Microsoft presenti carenze in materia di sicurezza o di rapidità di esecuzione delle operazioni mentre, in realtà, tali carenze sono dovute alla mancanza di interoperabilità con i sistemi operativi Windows (v., al riguardo, i due esempi citati dalla Commissione nella nota n. 786 della decisione impugnata). Tali acquirenti tendono pertanto a sottovalutare l’importanza di detta interoperabilità.

407    Occorre aggiungere che gli esiti del terzo sondaggio della Mercer sono rilevanti anche perché dimostrano che l’egemonia manifesta e crescente di cui gode la Microsoft sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro rispetto ai suoi concorrenti (v., in proposito, l’esame della circostanza relativa all’eliminazione della concorrenza, ai punti 479-620 della presente sentenza) è spiegabile non tanto in base ai meriti dei suoi prodotti, quanto piuttosto in base al vantaggio che essa possiede in tema di interoperabilità.

408    Va quindi osservato che i responsabili informatici interessati sono stati invitati non solo a valutare l’importanza relativa di tredici fattori diversi nelle loro decisioni sull’acquisto di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (v. supra, punto 406), ma anche a stimare per ciascuno di tali fattori le rispettive prestazioni dei sistemi Linux, NetWare, UNIX e Windows.

409    Orbene, riguardo al fattore «affidabilità/disponibilità del sistema operativo per server», che era stato considerato il più importante (con il 34%) dai responsabili informatici intervistati, Windows ha ottenuto il voto medio più basso (3,63). I sistemi UNIX si sono invece classificati ampiamente in testa (voto medio 4,55), seguiti dai sistemi Linux (voto medio 4,10) e NetWare (voto medio 4,01).

410    Parimenti, Windows ha ottenuto il voto medio più basso per le sue prestazioni rispetto al fattore «sicurezza integrata nel sistema operativo per server» (voto medio 3,14), ben lontano dai sistemi UNIX (voto medio 4,09), NetWare (voto medio 3,82) e dai sistemi Linux (voto medio 3,73), e questo malgrado il fatto che tale fattore svolga un ruolo molto importante nelle decisioni delle organizzazioni sull’acquisto di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (v. supra, punto 405). Questi risultati sono tanto più significativi in quanto, come indicato al punto 406 della presente sentenza, gli acquirenti tendono a ritenere come connessi alla sicurezza problemi che invece derivano dalla mancanza di interoperabilità con i sistemi Windows.

411    Per contro, è degno di nota il fatto che, riguardo alle prestazioni relative al fattore «interoperabilità con le postazioni di lavoro Windows», a Windows sia stato attribuito il voto medio più alto (4,87) tra quelli assegnati ai diversi sistemi operativi per server di cui trattasi per ciascuno dei tredici fattori presi in considerazione dalla Mercer. Inoltre, è rispetto al suddetto fattore che è maggiore lo scarto tra la Microsoft e i sistemi operativi dei suoi concorrenti: infatti, NetWare ha ottenuto un voto medio di 3,78, Linux di 3,43 e UNIX di 3,29.

412    Sempre nel medesimo senso, va osservato che, come indicato molto giustamente dalla Commissione al punto 662 della decisione impugnata, se si effettua una ponderazione dei voti medi delle prestazioni attribuiti ai sistemi Linux, NetWare, UNIX e Windows per ognuno dei tredici fattori interessati con la percentuale di «influenza relativa» assegnata a ciascuno di questi fattori, e sommando poi i voti in tal modo ponderati, sono i sistemi UNIX che ottengono il risultato più alto, subito seguiti da Windows e successivamente, con voti assai vicini e non di molto inferiori a quello riportato da Windows, dai sistemi Linux e Netware.

413    In terzo luogo, il Tribunale rileva che, al punto 183 della decisione impugnata, la Commissione afferma che «[q]uando un server per gruppi di lavoro [non configurato con sistema operativo Windows] viene aggiunto ad una rete Windows per gruppi di lavoro, il grado di interoperabilità con l’architettura di dominio Windows che il suddetto server per gruppi di lavoro è in grado di raggiungere va ad influire sull’efficacia con la quale potrà fornire i propri servizi agli utenti della rete».

414    È giocoforza constatare che la correttezza di questa affermazione trova conferma in molti elementi della decisione impugnata. Tale affermazione descrive infatti di una serie di problemi che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti di Microsoft incontrano perché non riescono ad interoperare con l’architettura di dominio Windows in maniera altrettanto intensa quanto i sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro.

415    Un primo esempio citato dalla Commissione è il fatto che, se un server per gruppi di lavoro non interopera in modo sufficiente con l’«architettura di sicurezza» della rete Windows per gruppi di lavoro, l’utente potrebbe essere costretto a collegarsi due volte se vuole accedere contemporaneamente a «risorse basate su Windows» e a «risorse offerte dai server per gruppi di lavoro [che utilizzano sistemi operativi concorrenti]» (punto 183 della decisione impugnata). Nelle sue memorie la Microsoft non nega che questo problema esista, ma tenta solo di minimizzarlo (v. supra, punto 340). Ebbene, si deve necessariamente rilevare che in udienza uno degli esperti della Microsoft ha sottolineato i rischi che una pluralità di nomi utente e di password possono creare per la sicurezza della rete, nonché gli inconvenienti, in termini di efficienza e di produttività, legati al fatto che gli utenti debbano introdurre più nomi utente e password.

416    Un altro esempio è citato al punto 196 della decisione impugnata, in cui la Commissione riporta una dichiarazione fatta dalla Microsoft nella sua risposta del 16 novembre 2001 alla seconda comunicazione degli addebiti, secondo la quale «esistono più possibilità di gestione [dei gruppi di utenti] quando un PC clienti [configurato con] Windows 2000 Professional viene collegato a un server [configurato con] Windows 2000 con Active Directory che non quando esso funziona in modo autonomo oppure quando fa parte di un dominio “non Windows 2000”».

417    Al punto 240 della decisione impugnata, la Commissione spiega che, ad oltre un anno dal lancio di Windows 2000, la Microsoft non aveva completamente comunicato ai suoi concorrenti la versione aggiornata delle specificazioni del protocollo CIFS/SMB. Nella nota n. 319 essa precisa giustamente che anche se la Microsoft avesse proceduto a tale comunicazione, ciò non sarebbe stato sufficiente per consentire una «buona amministrazione del servizio di annuario».

418    Vanno menzionate inoltre le considerazioni formulate molto correttamente dalla Commissione a proposito dell’interfaccia ADSI sviluppata dalla Microsoft per consentire agli ideatori di software di accedere al protocollo LDAP su cui si appoggia Active Directory (punti 243-250 della decisione impugnata). Più in particolare, occorre riferirsi alle limitazioni che comporta il «fornitore ADSI» elaborato da Novell (punto 250 della decisione impugnata).

419    Ai punti 251-266 della decisione impugnata, la Commissione spiega che Microsoft ha introdotto una estensione «brevettata» al protocollo standard Kerberos e che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro che eseguono la versione «non estesa» di questo protocollo di sicurezza incontrano difficoltà di autorizzazione quando lavorano in ambiente Windows (v. anche nota n. 786 della decisione impugnata). Va ricordato che il protocollo Kerberos, come modificato dalla Microsoft, presenta dei vantaggi soprattutto in termini di rapidità delle connessioni e di efficacia (v. punto 152 della decisione impugnata e punto 170 della presente sentenza).

420    Ai punti 283-287 della decisione impugnata, la Commissione spiega giustamente che gli «strumenti di sincronizzazione degli annuari» cui si riferisce la Microsoft permettono ai servizi di annuario forniti dai sistemi dei suoi concorrenti di realizzare solo una sincronizzazione limitata con Active Directory. In particolare, essa sottolinea che tali strumenti «sincronizzano solo una parte limitata delle informazioni contenute in un annuario» e che «non eliminano la necessità di gestire gli utenti, i permessi, l’appartenenza ai gruppi e le politiche di sicurezza in modo separato per i server per gruppi di lavoro [configurati con] Windows e per server per gruppi di lavoro [configurati con sistemi operativi concorrenti]» (punto 285 della decisione impugnata).

421    Dal complesso delle considerazioni che precedono emerge che la Microsoft non ha provato che la Commissione era incorsa in un errore manifesto quando ha considerato necessario che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti della Microsoft fossero in grado di interoperare con l’architettura di dominio Windows su un piano di parità con i sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro in modo da essere commercializzati in modo economicamente sostenibile.

422    Dalle dette considerazioni deve altresì dedursi che la mancanza di una simile interoperabilità con l’architettura di dominio Windows comporta il rafforzamento della posizione concorrenziale della Microsoft sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, in particolare perché porta i consumatori a preferire l’utilizzo del suo sistema operativo per server per gruppi di lavoro rispetto a quelli dei suoi concorrenti, anche se questi ultimi sistemi presentano caratteristiche alle quali i consumatori attribuiscono una grande importanza.

–       Sul presunto errore di fatto

423    Due sono gli ordini di argomenti che la Microsoft trae dall’errore di fatto in cui sarebbe incorsa la Commissione.

424    In primo luogo, la Microsoft sostiene che la tesi della Commissione è contraddetta, da un lato, dalla presenza sul mercato di numerosi sistemi operativi per server per gruppi di lavoro nonché dall’eterogeneità delle reti informatiche installate all’interno delle imprese in Europa e, dall’altro lato, dal fatto che, anche senza aver accesso alle informazioni sull’interoperabilità di cui si discute, i distributori di prodotti Linux sono di recente entrati nel mercato e vi hanno costantemente acquisito quote.

425    Quanto al primo degli argomenti indicati al punto precedente, il Tribunale non lo ritiene sufficiente per inficiare la fondatezza della tesi della Commissione.

426    Al riguardo va innanzi tutto ribadito che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Microsoft, le considerazioni legate all’interoperabilità svolgono un ruolo fondamentale nelle decisioni sull’acquisto di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (v. supra, punti 381-412).

427    Occorre inoltre ricordare che dal terzo sondaggio della Mercer emerge che l’«interoperabilità con le postazioni di lavoro Windows» è il fattore rispetto al quale risulta più marcato lo scarto tra i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro della Microsoft e quelli dei suoi concorrenti (v. supra, punto 411).

428    Inoltre, come verrà precisato più dettagliatamente ai punti 569-582 della presente sentenza, si deve rilevare che, con l’eccezione dei distributori di prodotti Linux, i concorrenti della Microsoft erano presenti sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro da diversi anni quando quest’ultima ha iniziato a concepire e distribuire sistemi di questo tipo. Se è vero che, al momento dell’adozione della decisione impugnata, i suddetti concorrenti erano ancora presenti sul mercato, resta pur sempre il fatto che la loro quota di mercato è sensibilmente diminuita in parallelo con il rapido incremento di quella della Microsoft, e questo nonostante il fatto che alcuni di essi, in particolare la Novell, disponessero di un vantaggio tecnologico considerevole sulla Microsoft. Il fatto che l’eliminazione della concorrenza sia progressiva e non immediata non contraddice affatto la tesi della Commissione secondo la quale le informazioni di cui trattasi sono indispensabili.

429    Infatti, come indicato dalla Commissione in risposta ad uno dei quesiti scritti del Tribunale, il fatto che i concorrenti della Microsoft abbiano potuto continuare a vendere i loro sistemi operativi per server per gruppi di lavoro negli corso degli anni che precedono l’adozione della decisione impugnata si spiega in parte con la circostanza che, a quella data, all’interno delle organizzazioni era ancora presente un numero non trascurabile di PC clienti configurati con un sistema operativo Windows appartenente ad una serie di prodotti precedente alla gamma Windows 2000 (v. punti 441-444 della decisione impugnata). Per esempio, come emerge dalla tabella contenuta al punto 446 della decisione impugnata, nel 2001 i sistemi operativi per PC clienti Windows 98, Windows Millennium Edition (Windows Me) e Windows NT erano ancora oggetto di un considerevole numero di licenze. Ed è proprio con i sistemi operativi della gamma Windows 2000 che i problemi di interoperabilità si sono posti con particolare asprezza per i concorrenti della Microsoft (v. infra, punti 571-573). Nello stesso periodo era ancora presente inoltre un numero non trascurabile di server per gruppi di lavoro configurati con sistemi operativi Windows NT, che ponevano meno problemi di interoperabilità rispetto ai sistemi ad essi successivi. A questo proposito, deve tenersi a mente che le organizzazioni apportano modifiche alle proprie reti di server per gruppi di lavoro una sola volta nel corso di vari anni e solo in maniera graduale (v. punto 590 della decisione impugnata).

430    Va respinto anche il secondo degli argomenti indicati supra al punto 424, ossia quello basato sull’ingresso e sulla crescita dei prodotti Linux sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

431    In proposito, va anzitutto rilevato, come spiegato dalla Commissione ai punti 487 e 488 della decisione impugnata, e come verrà precisato ai punti 502 e 553 della presente sentenza, che i dati dell’IDC, sui quali si basa la Microsoft per descrivere l’evoluzione della posizione dei prodotti Linux sul mercato, presentano alcune imperfezioni. Essi, infatti, provengono da una banca dati creata dalla suddetta organizzazione, individuando otto categorie principali di operazioni (o «carichi di lavoro») eseguite dai server all’interno delle organizzazioni, nonché diverse «sottocategorie» all’interno delle categorie principali. Le due sottocategorie di operazioni più simili alle operazioni per gruppi di lavoro considerate nella decisione impugnata, ossia la condivisione di files e stampanti, nonché la gestione di utenti e di gruppi di utenti, sono quelle denominate, rispettivamente «condivisione di files/stampanti» e «gestione di rete» (punto 468 della decisione impugnata). Tuttavia, le operazioni che rientrano nelle suddette due sottocategorie non corrispondono perfettamente ai servizi che costituiscono il mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. Per di più, alcune di tali operazioni esigono un grado di interoperabilità tra i PC clienti e i server meno elevato rispetto alle operazioni per gruppi di lavoro individuate dalla Commissione e, quindi, rispetto a queste ultime possono essere più facilmente eseguite da sistemi operativi concorrenti della Microsoft.

432    Inoltre, si deve constatare che la crescita dei prodotti Linux sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro negli anni precedenti l’adozione della decisione impugnata è stata solo modesta. I prodotti Linux, se utilizzati in combinazione con il software Samba (elaborato grazie a tecniche di ingegneria a ritroso), potevano raggiungere un certo grado di interoperabilità con i sistemi operativi Windows. Tuttavia, questo grado di interoperabilità è stato sensibilmente ridotto in seguito al lancio della generazione Windows 2000. Infatti, nell’ottobre 2003 – ossia vari mesi dopo che la Microsoft aveva già iniziato a commercializzare il sistema operativo per server Windows 2003 Server, che aveva seguito il sistema Windows 2000 Server – il grado di interoperabilità che i prodotti Linux erano arrivati a conseguire consentiva loro soltanto di agire come server membri all’interno di un dominio basato su Active Directory (v. punti 296 e 297 della decisione impugnata).

433    Infine, per quel che riguarda la crescita prevista dei prodotti Linux sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, come verrà precisato dettagliatamente ai punti 595-605 della presente sentenza, occorre rilevare, da un lato, che tale crescita è meno consistente di quanto sostenuto dalla Microsoft e, dall’altro lato, che essa si verificherà non a discapito dei sistemi della Microsoft, bensì di quelli della Novell e dei distributori dei prodotti UNIX.

434    In secondo luogo, la Microsoft sostiene che la Commissione non ha tenuto conto del fatto che numerosi metodi, diversi dalla divulgazione delle informazioni di cui trattasi, permettono di garantire un’interoperabilità sufficiente tra i sistemi operativi di fornitori diversi.

435    A questo proposito, è sufficiente rilevare che la stessa Microsoft, tanto nelle proprie memorie, quanto rispondendo ad un quesito che le era stato posto in udienza, ha ammesso che nessuno dei metodi o delle soluzioni da essa propugnati permetteva di raggiungere l’alto grado di interoperabilità giustamente richiesto dalla Commissione nel caso di specie.

436    Dall’insieme delle considerazioni sopra esposte risulta che la Microsoft non ha provato che nel caso di specie non era sussistente la circostanza secondo la quale le informazioni sull’interoperabilità erano indispensabili.

 iii) Sull’eliminazione della concorrenza


 Argomenti delle parti

437    Secondo la Microsoft, il rifiuto che le viene contestato non è idoneo ad escludere qualsiasi concorrenza su un mercato derivato, ovvero, nel caso di specie, il mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

438    A sostegno di tale affermazione, in primo luogo, la Microsoft argomenta che la Commissione nel caso di specie ha applicato un criterio errato in diritto.

439    In proposito, la Microsoft osserva che, al punto 589 della decisione impugnata, la Commissione si riferisce ad un semplice «rischio» di eliminazione della concorrenza sul mercato. Ebbene, nelle cause riguardanti la concessione obbligatoria di licenze relative a diritti di proprietà intellettuale, la Corte avrebbe invece sempre verificato se il rifiuto in oggetto fosse «idoneo a eliminare qualunque concorrenza», e avrebbe preteso, al riguardo, una «situazione prossima alla certezza». La Commissione, pertanto, avrebbe dovuto applicare un criterio più rigoroso, ossia quello di un’«elevata probabilità» di eliminazione della concorrenza effettiva. Secondo la Microsoft, contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, i termini «rischio», «possibilità» e «probabilità» non hanno lo stesso significato.

440    La Microsoft aggiunge che il riferimento, contenuto nella decisione impugnata, alle sentenze Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione e CBEM, citate supra al punto 320, non è pertinente. Infatti, le cause che hanno dato origine a tali sentenze non vertevano sul rifiuto di concedere una licenza relativa a diritti di proprietà intellettuale. Inoltre, secondo la Microsoft in ognuna delle suddette cause la prospettiva dell’eliminazione della concorrenza era immediata ed effettiva mancando qualsiasi fonte di rifornimento alternativa.

441    In secondo luogo, la Microsoft sostiene che la tesi della Commissione secondo cui la concorrenza sul mercato dei sistemi operativi per server potrebbe essere eliminata in conseguenza del suo rifiuto di divulgare ai propri concorrenti i suoi protocolli di comunicazione è contraddetta dalle condizioni del mercato. A questo riguardo essa ribadisce, da un lato, che è normale che le imprese in Europa dispongano di ambienti informatici eterogenei composti da sistemi operativi Windows per PC clienti e per server e da sistemi operativi per server concorrenti e, dall’altro lato, che dalle relazioni Mercer deriva che i professionisti basano le loro decisioni sull’acquisto di sistemi operativi per server su una serie di criteri come l’affidabilità, la scalabilità e la compatibilità delle applicazioni e non considerano l’interoperabilità con i sistemi operativi Windows per PC clienti come un criterio determinante.

442    La Microsoft inoltre fa rilevare che, a sei anni dal presunto rifiuto, esistono ancora numerosi concorrenti sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, vale a dire IBM, Novell, Red Hat e Sun, nonché diversi distributori di prodotti Linux. Essa ribadisce che Linux è entrata recentemente sul mercato e conosce una rapida crescita, e che è inconstestato il fatto che i prodotti Linux, da soli o in combinazione con prodotti Samba o con il software per server Nterprise di Novell, siano in concorrenza diretta con i sistemi operativi Windows per server per quel che riguarda l’esecuzione di una vasta gamma di operazioni, tra cui la fornitura di servizi per gruppi di lavoro ai sistemi operativi Windows per PC clienti. Inoltre, la Microsoft rileva che l’IDC, che si presenta come il primo gruppo mondiale di consulenza e di studi sui mercati delle tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni, ha ritenuto che non esistesse un rischio di eliminazione della concorrenza. Dalle stime dell’IDC, nel quinquennio 2003-2008, risulterebbe che la quota detenuta dalla Microsoft sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro utilizzati su server di prezzo inferiore a USD 25 000 rimarrà pressoché stabile, a fronte di un raddoppio di quella detenuta dalla Linux.

443    In terzo luogo, la Microsoft critica la definizione «artificialmente restrittiva» del secondo mercato di prodotti adottata dalla Commissione.

444    Secondo la Microsoft, infatti, «la concorrenza con i sistemi operativi Windows per server è (…) ancora più forte» se si tiene conto, nella suddetta definizione, anche di operazioni diverse dalla fornitura di servizi di condivisione di files e di stampanti nonché dei servizi di gestione di utenti e di gruppi di utenti che i sistemi operativi Windows per server sono in grado di compiere.

445    Al riguardo, la Microsoft osserva che la Commissione non nega che la versione di base del suo sistema operativo Windows Server 2003 permette l’esecuzione di una vasta gamma di compiti, molti dei quali si situano fuori del secondo mercato di prodotti quale esso è definito nella decisione impugnata. Essa spiega che, secondo l’approccio della Commissione, uno stesso sistema operativo Windows per server rientra nel mercato di cui trattasi allorché fornisce servizi di files e di stampa a sistemi operativi Windows per PC clienti e ne è invece estraneo allorché fornisce agli stessi sistemi operativi servizi di «proxy» o di «firewall».

446    Secondo la Microsoft, la Commissione non può trarre argomenti dal fatto che il suo sistema operativo Windows Server 2003 si presenta sotto versioni diverse fatturate a prezzi diversi per affermare che la versione di base del suddetto sistema rientra in un mercato distinto da quello delle altre versioni dello stesso sistema. Al riguardo, essa sottolinea che le versioni «più care» del suddetto sistema forniscono gli stessi servizi per gruppi di lavoro della versione di base.

447    In sede di replica, la Microsoft amplia in qualche modo la censura relativa all’errata definizione del secondo mercato di prodotti. In primo luogo, essa precisa che, sul mercato dei sistemi operativi per server in generale, essa detiene una quota di mercato pari a circa il 30%. In secondo luogo, essa indica che «[n]el settore nessuno usa il termine “server per gruppi di lavoro” nel senso utilizzato dalla Commissione per definire [tale mercato di prodotti]» e che, quando gli «osservatori del settore» fanno occasionalmente riferimento ai «server per gruppi di lavoro», in genere fanno rientrare tra di essi i server che svolgono un’ampia gamma di compiti, tra cui «i server di Web, di basi di dati e di applicazioni». Infine, essa asserisce che nessuno dei principali fornitori di server presenti sul mercato vende server per gruppi di lavoro che si limitano ad eseguire le operazioni indicate dalla Commissione.

448    La Microsoft inoltre respinge le spiegazioni dedotte dalla Commissione nel controricorso per giustificare la sua definizione del mercato. Al riguardo essa osserva, innanzi tutto, che «i fornitori non applicano prezzi diversi a persone diverse per la stessa edizione di un sistema operativo per server a seconda del modo in cui lo utilizzeranno». Inoltre, essa nega che i sistemi operativi per server che la Commissione ha considerato come sistemi operativi per server per gruppi di lavoro vengano «ottimizzati» per fornire servizi per gruppi di lavoro. Infatti, dai dati dell’IDC di cui la Commissione si è avvalsa per calcolare le quote di mercato emergerebbe che, con l’unica eccezione di NetWare della Novell, «questi sistemi operativi dedicano molto più tempo ad operazioni che non corrispondono a gruppi di lavoro che non ad operazioni per gruppi di lavoro». Infine, essa afferma che «[i]l costo per le modifiche sarebbe pari a zero in molti casi [e] trascurabile in altri».

449    Inoltre, la Microsoft fa un rinvio generico a due relazioni dei sigg. Evans, Nichols e Padilla, contenute nell’allegato A.23 al ricorso e nell’allegato C.12 alla replica.

450    In quarto luogo, in sede di replica la Microsoft contesta il metodo seguito dalla Commissione per calcolare le quote degli operatori sul secondo mercato di prodotti e che consisterebbe nel tener conto solo del tempo che i sistemi operativi per server dedicano all’esecuzione di operazioni per gruppi di lavoro, nonché delle vendite dei sistemi operativi per server di costo inferiore a USD 25 000. Ciò infatti porterebbe all’assurda conseguenza che «un esemplare di sistema operativo può essere considerato contemporaneamente rientrante nel mercato e ad esso estraneo a seconda delle operazioni eseguite in un determinato momento» e non darebbe alcuna «informazione pertinente sulla posizione dominante».

451     La CompTIA sostiene, innanzi tutto, che la Commissione ha applicato un criterio errato in diritto nell’esaminare se il rifiuto contestato alla Microsoft comportasse un semplice «rischio di eliminazione di ogni concorrenza effettiva» mentre avrebbe dovuto verificare se detto rifiuto avrebbe probabilmente eliminato qualsiasi concorrenza sul mercato secondario. Inoltre, la CompTIA sostiene che gli elementi di prova contenuti nel fascicolo non dimostrano che tale rifiuto fosse atto a produrre una simile conseguenza. In particolare, essa insiste sul «crescente successo» di Linux.

452    L’ACT sottolinea lo strettissimo legame esistente tra il criterio del carattere indispensabile e quello della eliminazione della concorrenza. In particolare, essa sostiene che la decisione impugnata è contraddittoria in quanto, da un lato, ammette che fino al 40% del mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro è detenuto da concorrenti in grado di fornire prodotti sostitutivi senza aver avuto accesso alle informazioni sull’interoperabilità e, dall’altro lato, asserisce che è impossibile qualsiasi concorrenza su tale mercato senza aver accesso alle suddette informazioni, alla luce del loro carattere indispensabile.

453    Inoltre, l’ACT contesta la tesi della Commissione secondo cui non si sarebbe dovuto tener conto della concorrenza esercitata dai «cosiddetti attori de minimis». Essa inoltre critica il fatto che quest’ultima si basa su un semplice «rischio» di eliminazione della concorrenza e sottolinea che la posizione della Linux sul mercato è in continua crescita.

454    La Commissione sostiene che il rifiuto in questione rischia di eliminare qualsiasi concorrenza effettiva sul mercato derivato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

455     A sostegno di tale affermazione, in primo luogo, la Commissione adduce che gli elementi di prova analizzati ai punti 585-692 della decisione impugnata dimostrano chiaramente che è «fortemente probabile [che il suddetto rischio] possa diventare concreto nel prossimo futuro». Rinviando al punto 700 della decisione stessa, essa spiega che, se non si pongono vincoli al comportamento della Microsoft, esiste un serio rischio che i prodotti dei suoi concorrenti vengano confinati all’interno di «nicchie» o che essi non siano affatto redditizi.

456    Secondo la Commissione, le cause all’origine delle sentenza Istituto Chemioterapico Italiano e Commercial Solvents/Commissione e CBEM, citate supra al punto 320, offrono valide indicazioni per valutare il comportamento della Microsoft alla luce dell’art. 82 CE, anche se non riguardano il rifiuto di concedere una licenza relativa a diritti di proprietà intellettuale. In tale ambito, essa sostiene che i termini «rischio», «possibilità» e «probabilità» utilizzati dalla Corte nella sua giurisprudenza in tema di rifiuti abusivi di forniture hanno lo stesso significato.

457    La Commissione sostiene che la maggior parte degli argomenti della Microsoft si basano sulla premessa errata secondo cui spetterebbe alla Commissione provare che la concorrenza è già stata eliminata o, quanto meno, che la sua eliminazione sia imminente. Essa ricorda di aver dimostrato, nella decisione impugnata, che «il grado di interoperabilità che può essere ottenuto grazie alle divulgazioni da parte della Microsoft non è sufficiente a consentire ai concorrenti di rimanere sul mercato in maniera economicamente sostenibile» (nota n. 712 della decisione impugnata). Orbene, la Microsoft però non ha dimostrato che tale conclusione è viziata da un errore manifesto di valutazione.

458    In secondo luogo, la Commissione si pronuncia sugli argomenti che la Microsoft deriva dai fenomeni osservati sul mercato.

459    In primo luogo, essa spiega che «il rischio di eliminazine di qualsiasi concorrenza sussisteva già nel 1998, così come esiste oggi», e che l’unica differenza sta nel fatto che «l’eliminazione della concorrenza è più imminente ora che non nel 1998».

460    In secondo luogo, essa contesta le conclusioni che la Microsoft trae dalle relazioni Mercer, osservando come questi dimostrino che i clienti scelgono Windows come sistema operativo per server per gruppi di lavoro a causa dell’«indebito vantaggio» di cui gode la Microsoft in termini di interoperabilità, e questo malgrado il fatto che Windows «si collochi dietro» altri prodotti per quel che riguarda diverse caratteristiche che i clienti ritengono importanti.

461    Quanto all’argomento della Microsoft relativo alla crescita dei prodotti Linux, la Commissione ritiene che esso non sia suffragato da prove e rinvia ai punti 506 e 632 della decisione impugnata, nei quali sarebbe chiaramente dimostrato che «la passata crescita della Linux è stata de minimis». Essa aggiunge che dagli ultimi due sondaggi della Mercer emerge che Linux detiene solo una quota molto esigua, pari al 5%, sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

462    Quanto alle previsioni dell’IDC, la Commissione ribadisce che sono esagerate e basate su dati imperfetti (v. supra, punti 365 e 366), aggiungendo che, in realtà, dai dati dell’IDC deriva che la Microsoft ha rapidamente acquisito una posizione dominante sul mercato di cui trattasi, che continua ad incrementare la propria quota di mercato e che si trova di fronte ad un gruppo sempre più frammentato di attori che occupano settori ben precisi.

463    In terzo luogo, la Commissione respinge le critiche che la Microsoft formula contro la sua definizione del secondo mercato del prodotto.

464    La Commissione ricorda che, per giungere a tale definizione, essa ha anzitutto individuato un «elenco di servizi fondamentali per gruppi di lavoro, strettamente corrispondenti ad una specifica esigenza dei clienti». Si tratterebbe di servizi chiave di cui i clienti tengono conto nell’acquistare un sistema operativo per server per gruppi di lavoro. La Commissione spiega di aver basato la propria analisi su vari elementi di prova, tra cui le informazioni ottenute nel corso dell’indagine di mercato del 2003 (punti 349-352 della decisione impugnata), la «correlazione statistica» tra l’uso di un determinato sistema operativo per realizzare uno dei compiti fondamentali per gruppi di lavoro e il suo uso per realizzare gli altri compiti fondamentali (punto 353 della decisione impugnata), nonché il modo in cui la Microsoft descrive e decide i prezzi dei suoi prodotti (punti 359-382 della decisione impugnata).

465    La Commissione sostiene che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro vengono «ottimizzati» per fornire i servizi per gruppi di lavoro e che il modo in cui forniscono tali servizi ha un ruolo determinante nella decisione sull’acquisto di tali sistemi. Essa aggiunge che il fatto che i server per gruppi di lavoro vengano a volte utilizzati per far funzionare un’applicazione non ne causa l’esclusione «temporanea» dal mercato né porta ad includere «temporaneamente» nel mercato stesso i server di impresa «ottimizzati» per la gestione di applicazioni di impresa.

466    In risposta all’argomento della Microsoft relativo al fatto che i suoi sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro possono essere impiegati per fornire servizi di proxy o di firewall, riferendosi al punto 58 della decisione impugnata, la Commissione spiega che tali operazioni vengono eseguite da «server periferici» specializzati. Tali server non sono quindi in grado di rappresentare una pressione concorrenziale per la Microsoft sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

467    In sede di controreplica, la Commissione sostiene, innanzi tutto, che la terminologia da essa impiegata per designare il mercato del prodotto non è rilevante per stabilire se essa abbia definito correttamente tale mercato. Inoltre, l’espressione «sistema operativo per server per gruppi di lavoro» viene effettivamente utilizzata nel settore per indicare il «tipo di prodotti su cui verte la decisione [impugnata]».

468    Inoltre, la Commissione respinge le critiche che la Microsoft formula contro alcune spiegazioni contenute nel controricorso (v. supra, punto 448).

469    A tal riguardo essa afferma, in primo luogo che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Microsoft, tanto quest’ultima quanto i suoi concorrenti «applicano ai clienti prezzi diversi per lo stesso sistema operativo a seconda del modo in cui essi intendono utilizzarlo». I prezzi varierebbero, infatti, in funzione del numero dei PC clienti che hanno accesso al server interessato. Essa aggiunge che i venditori dei sistemi operativi per server propongono più edizioni diverse – a prezzi diversi – di sistemi che appartengono ad una medesima «famiglia». Più in generale, essa spiega che «i sistemi operativi Windows per server vengono ceduti dietro licenza dalla Microsoft ai clienti e [che] in linea di principio non vi è alcun motivo per cui la Microsoft non possa operare delle differenziazioni a seconda dell’uso».

470    In secondo luogo, la Commissione sostiene che l’affermazione della Microsoft secondo cui i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro «dedicano molto più tempo ad operazioni che non corrispondono a gruppi di lavoro che non ad operazioni per gruppi di lavoro» è basata su dati dell’IDC elaborati secondo un metodo inadeguato.

471    In terzo luogo, in risposta all’asserzione della Microsoft secondo cui «[i]l costo delle modifiche sarebbe pari a zero in molti casi», la Commissione fa rinvio ai punti 334-341 e 388-400 della decisione impugnata, i quali dimostrano l’insostituibilità dal lato dell’offerta sia per i sistemi operativi per PC clienti sia per i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

472    Inoltre, sempre nella replica, la Commissione sottolinea come la Microsoft non neghi che l’interoperabilità con i PC clienti – e più in particolare con quelli configurati con sistema operativo Windows – è particolarmente importante per l’esecuzione di operazioni per gruppi di lavoro da parte di un sistema operativo per server. Essa sostiene che il rifiuto della Microsoft di divulgare le informazioni sull’interoperabilità pregiudica in modo significativo la capacità dei suoi concorrenti di rispondere alle attese dei consumatori per quel che riguarda l’esecuzione di tali operazioni e pertanto altera le condizioni di concorrenza dei sistemi operativi per server venduti per l’esecuzione di tali operazioni rispetto a quelli destinati all’esecuzione di operazioni diverse. Secondo la Commissione «ciò resta vero anche supponendo (…) che, per la Microsoft così come per ciascuno dei suoi concorrenti, le varie edizioni dei suoi sistemi operativi per server attualmente sul mercato siano tutte ugualmente adatte (…) ad eseguire sia operazioni per server per gruppi di lavoro, sia alcune altre operazioni “di fascia bassa” (applicazioni che non sono a “missione critica” come la posta elettronica, ecc.)».

473    La Commissione aggiunge che, «[p]er quanto riguarda il lato dell’offerta, ammettendo come vere, ai fini della presente analisi[, da un lato,] le esigenze dei clienti sul fronte della domanda riguardo ai servizi per gruppi di lavoro (che la Microsoft non contesta) e[, dall’altro lato,] la stessa ipotesi della Microsoft secondo cui le varie edizioni dei sistemi operativi per server di ciascun editore possiedono le stesse capacità relativamente alle operazioni per gruppi di lavoro, è evidente che le stesse distorsioni del mercato che escludono i concorrenti della Microsoft dalla vendita di sistemi operativi per server per le operazioni per gruppi di lavoro impediranno la sostituzione dal lato dell’offerta attraverso la (nuova) introduzione delle “famiglie” dei suddetti sistemi operativi sulla base delle loro edizioni di “fascia alta”».

474    Infine, la Commissione rinvia all’allegato B.11 del controricorso e all’allegato D.12 della controreplica, nei quali commenta le osservazioni contenute, rispettivamente, nell’allegato A.23 al ricorso e all’allegato C.12 alla replica.

475    In quarto luogo, la Commissione respinge le critiche della Microsoft contro il metodo seguito per calcolare le quote di mercato. Essa sottolinea, innanzi tutto, che ai fini della sua valutazione non occorre che la Microsoft abbia già acquisito una posizione dominante sul mercato derivato in oggetto attraverso l’abuso che le viene contestato, perché quel che rileva è che vi sia un rischio di eliminazione della concorrenza da tale mercato. Essa spiega poi che il suddetto metodo permette di «traccia[re] un quadro abbastanza affidabile dello squilibrio di forze esistente sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro». Inoltre, essa afferma di non aver tenuto conto del tempo che un dato server dedica alle diverse operazioni, esaminando invece, per quanto riguarda le imprese che hanno preso parte all’indagine di mercato del 2003 e che hanno risposto al secondo e al terzo sondaggio della Mercer, la proporzione delle operazioni per gruppi di lavoro svolte dai server dei diversi fornitori. Né da tale indagine di mercato né dai detti sondaggi emergerebbe che la Microsoft detenenga una quota di mercato inferiore al 60% per una qualunque delle operazioni per gruppi di lavoro.

476    La Commissione aggiunge che «l’applicazione di “filtri” individuati dalla Microsoft consente di utilizzare [i] dati [dell’IDC] come approssimazione della vendita delle edizioni dei vari editori identificate come sistemi operativi per server per gruppi di lavoro». Essa sostiene che «poiché lo stesso comportamento della Microsoft teso all’esclusione determina una separazione delle vendite dei sistemi operativi per server acquistati principalmente per operazioni per gruppi di lavoro dalle vendite dei sistemi acquistati principalmente per altre operazioni, un filtro “carico di lavoro” permette di farsi un’idea riguardo alla forza relativa della Microsoft nelle vendite principalmente destinate all’esecuzione delle prime operazioni». In ogni caso, anche se fosse stato applicato solo il «filtro di USD 25 000», senza fare distinzione in base al carico di lavoro, la quota di Windows sarebbe comunque pari al 65% in termini di volume e al 61% in termini di fatturato (punto 491 della decisione impugnata).

477    La SIIA sostiene che, tenuto conto del carattere indispensabile delle informazioni sull’interoperabilità, il rifiuto in esame è per sua natura in grado di eliminare la concorrenza sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. Essa in particolare sottolinea che la quota detenuta dalla Microsoft su tale mercato è aumentata in maniera considerevole e rapida nel momento in cui quest’ultima ha immesso sul mercato il suo sistema operativo Windows 2000 Server. A suo avviso, inoltre, gli argomenti della Microsoft basati sulla presunta crescita dei prodotti Linux sul mercato sono infondati.

478    La FSFE afferma che i prodotti Linux non rappresentano una minaccia concorrenziale sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

 Giudizio del Tribunale

479    Le quattro categorie di argomenti invocati dalla Microsoft a sostegno della sua tesi secondo cui la circostanza relativa all’eliminazione della concorrenza non sussiste nel caso di specie verranno esaminate dal Tribunale nell’ordine seguente: in primo luogo, la definizione del mercato del prodotto di cui trattasi; in secondo luogo, il metodo applicato per calcolare le quote di mercato; in terzo luogo, il criterio applicabile; in quarto luogo, la valutazione dei dati del mercato e della situazione concorrenziale.

–       La definizione del mercato di prodotti rilevante

480    Gli argomenti dedotti dalla Microsoft riguardo alla definizione del mercato del prodotto concernono il secondo dei tre mercati individuati dalla Commissione nella decisione impugnata (v. supra, punti 23 e 25-27), ossia quello dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. Secondo la Commissione, detti sistemi sono concepiti e commercializzati per fornire, in modo integrato, i servizi di condivisione di files e di stampanti, nonché di gestione di utenti e di gruppi di utenti, ad un numero relativamente ridotto di PC clienti collegati in reti di piccole-medie dimensioni (punti 53 e 345 della decisione impugnata).

481    Secondo la Microsoft, in sostanza, la Commissione ha definito questo secondo mercato in maniera eccessivamente limitata, includendovi solo i sistemi operativi per server che vengono utilizzati per fornire i servizi menzionati al punto precedente, ossia i cosiddetti servizi «per gruppi di lavoro». Mettendo in discussione la definizione accolta dalla Commissione la Microsoft intende sostanzialmente dimostrare che l’evoluzione del mercato è diversa da quella descritta ai punti 590-636 della decisione impugnata e non rappresenta un’eliminazione totale della concorrenza.

482    In via preliminare, va osservato che la definizione del mercato del prodotto, implicando valutazioni economiche complesse da parte della Commissione, può essere soggetta solo ad un controllo limitato da parte del giudice comunitario (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 6 giugno 2002, causa T‑342/99, Airtours/Commissione, Racc. pag. II‑2585, punto 26). Tuttavia quest’ultimo non può astenersi dal controllare l’interpretazione, da parte della Commissione, di dati di natura economica. Al riguardo, detto giudice è tenuto a verificare se la valutazione della Commissione si basi su elementi di prova esatti, attendibili e coerenti, che costituiscono l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e che siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono (v., in tal senso, sentenza Commissione/Tetra Laval, cit. al punto 89 supra, punto 39).

483    Va inoltre rilevato che la Microsoft si limita in sostanza, da un lato, a riprendere argomenti da essa già esposti durante il procedimento amministrativo ed espressamente respinti dalla Commissione nella decisione impugnata, senza spiegare perché la valutazione da quest’ultima effettuata sarebbe errata e, dall’altro lato, a fare un rinvio generico a due relazioni contenute rispettivamente nell’allegato A.23 al ricorso e nell’allegato C.12 alla replica. Per le ragioni esposte ai punti 94-99 della presente sentenza, queste ultime relazioni saranno prese in considerazione dal Tribunale solo nei limiti in cui servano a suffragare o a completare motivi o argomenti espressamente dedotti dalla Microsoft nelle proprie memorie.

484    Per giungere alla definizione contestata del mercato del prodotto, la Commissione ha tenuto conto della sostituibilità dei prodotti tanto dal lato della domanda quanto dal lato dell’offerta. Al riguardo va ricordato, come emerge dalla comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU 1997, C 372, pag. 5, punto 7), che «[i]l mercato del prodotto rilevante comprende tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati». Va inoltre ricordato, come spiegato al punto 20 della suddetta comunicazione, che si può prendere in considerazione anche la sostituibilità sul versante dell’offerta quando si tratta di definire il mercato di cui trattasi in operazioni nelle quali tale sostituibilità ha effetti equivalenti, in termini di efficacia e di immediatezza, a quelli della sostituibilità sul versante della domanda. Occorre, a tal fine, che i fornitori siano in grado di modificare il loro processo produttivo in modo da fabbricare i prodotti in causa e immetterli sul mercato in breve tempo, senza dover sostenere significativi costi aggiuntivi o affrontare significativi rischi aggiuntivi, in risposta a piccole variazioni permanenti dei prezzi relativi.

485    Va subito rilevato che l’individuazione del secondo mercato non è affatto basata sull’idea che esisterebbe una categoria separata di sistemi operativi che eseguono esclusivamente operazioni di condivisione di files e di stampanti nonché di gestione di utenti e di gruppi di utenti. Al contrario, più volte nella decisione impugnata la Commissione ammette espressamente che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro possono essere utilizzati anche per svolgere altre funzioni e, in particolare, per applicazioni che non sono a «missione critica» (v., in particolare, punti 59, 355, 356 e 379 della decisione impugnata). Al punto 59 della decisione impugnata essa precisa che le applicazioni che non sono a «missione critica» sono quelle il cui cattivo funzionamento «avrà ripercussioni sull’attività di alcuni utenti, senza [però] mettere in discussione l’attività complessiva dell’organizzazione». Al riguardo, essa si riferisce, più in particolare, al funzionamento dei servizi di posta elettronica interna. Come verrà spiegato più in dettaglio nel prosieguo, la definizione accolta dalla Commissione si basa, di fatto, sulla constatazione che la capacità dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro di fornire collettivamente i servizi di condivisione di files e di stampanti nonché di gestione di utenti e di gruppi di utenti, fatte salve le altre operazioni che sono in grado di eseguire, costituisce una caratteristica fondamentale dei suddetti sistemi e che questi ultimi vengono in primo luogo ideati, venduti, acquistati ed utilizzati in vista della fornitura dei suddetti servizi.

486    Per quel che riguarda, in primo luogo, la sostituibilità sul versante della domanda, al punto 387 della decisione impugnata la Commissione conclude che «non esistono prodotti che (…) sono in grado di esercitare sui sistemi operativi per server per gruppi di lavoro pressioni concorrenziali tali da poter essere ricompresi nello stesso mercato del prodotto rilevante».

487    Per giungere a tale conclusione, in primo luogo, la Commissione ha osservato che dalle informazioni ottenute nell’ambito dell’indagine di mercato del 2003 emergeva che i server per gruppi di lavoro eseguivano un insieme distinto di operazioni collegate tra di loro e richieste dai consumatori (punti 348-358 della decisione impugnata).

488    Il Tribunale considera che tale osservazione è confermata dagli elementi del fascicolo e la Microsoft non fa valere alcun argomento idoneo a metterla in discussione.

489    Al riguardo va ancora osservato che, nella sua richiesta di informazioni del 4 giugno 2003, la Commissione ha chiesto alle organizzazioni interessate se al loro interno vi fosse un particolare tipo di server per la fornitura di servizi di condivisione di files e di stampanti nonché di gestione di utenti e di gruppi di utenti (prima parte della domanda n. 1). Tra le 85 organizzazioni che hanno risposto a detta domanda, 70 (pari a circa l’82,3%) hanno indicato che tale era il caso.

490    La Commissione ha altresì chiesto alle organizzazioni se ritenessero che i suddetti servizi consituissero un «insieme di operazioni di server che “vanno di pari passo”» (seconda parte della domanda n. 1). Su 83 organizzazioni che hanno risposto a detta domanda, 51 (pari a circa il 61,4%) hanno confermato tale affermazione.

491    Questi risultati si spiegano in particolare con il fatto che quelli testé menzionati sono i servizi fondamentali cui gli utenti di PC clienti fanno ricorso nelle loro attività quotidiane. Per esempio, il soggetto I 06, nel giustificare la sua risposta affermativa alle due parti della domanda n. 1, definisce i server che permettono di fornire servizi per gruppi di lavoro come «server di infrastruttura» e i suddetti servizi come «servizi standard per postazioni di lavoro». Al riguardo, esso spiega che «[c]iascun utente dev’essere identificato/autenticato; crea/modifica documenti, li stampa, li scambia/condivide». Nello stesso senso, altre organizzazioni qualificano i suddetti server come «fornitori di servizi di infrastruttura» (v. le risposte degli enti I 13 e I 30).

492    In proposito è importante altresì rilevare, come fa la Commissione al punto 352 della decisione impugnata, che molte organizzazioni giustificano la loro risposta affermativa alle due parti della domanda n. 1 sopra menzionata insistendo sulla necessità di un’«identificazione unica» degli utenti che vogliano accedere alle risorse di rete oppure ad un unico punto di gestione della rete (v., in particolare, le risposte dei soggetti I 30, I 46-16, I 46-37 e della società Inditex). Altre organizzazioni adducono considerazioni relative ai costi, spiegando tra l’altro che l’uso di un medesimo sistema operativo per la fornitura dei servizi per gruppi di lavoro permette di ridurre le spese di gestione (v., in particolare, le risposte dei soggetti I 49-19 e della società Inditex).

493    È vero che, nel descrivere le «operazioni per gruppi di lavoro» nella richiesta di informazioni del 4 giugno 2003, la Commissione vi ha incluso anche il «supporto di servizi di posta elettronica interna e di collaborazione e di altre applicazioni che non sono a “missione critica”» e che tale inclusione è stata condivisa da molte delle organizzazioni interrogate. È vero inoltre che, nella risposta alla domanda n. 2 della richiesta di informazioni, 62 organizzazioni su 85 (pari a circa il 72,9%) hanno spiegato di apprezzare la flessibilità offerta da un sistema operativo per server per gruppi di lavoro che, oltre ai servizi di condivisione di files e di stampanti e di gestione di utenti e di gruppi di utenti, fosse in grado di supportare applicazioni che non sono a «missione critica».

494    Tuttavia, non è possibile dedurre da queste sole osservazioni che la Commissione abbia definito in maniera eccessivamente limitata il secondo mercato di prodotti.

495    In effetti, da un lato, tali osservazioni vanno sfumate. Va infatti rilevato che, nella risposta alla domanda n. 1 della richiesta di informazioni del 4 giugno 2003, molte organizzazioni interrogate hanno precisato che, al loro interno, i servizi di posta elettronica interna o di collaborazione erano eseguiti su server specializzati e hanno distinto questi servizi dalle altre operazioni per gruppi di lavoro indicate dalla Commissione (v., in particolare, le risposte dei soggetti I 09‑1, I 11, I 22, I 37, I 53, I 46-13, I 46‑15, I 59 e I 72, nonché delle società Danish Crown, Spardat e Stork Food & Dairy Systems). Per esempio, il soggetto I 37, pur ritenendo che le operazioni per gruppi di lavoro indicate dalla Commissione costituissero un insieme di operazioni per server tra di loro collegate, ha affermato che «[i servizi] di files/stampa e di gestione delle postazioni di lavoro [erano] congiunti» mentre «[i servizi] di posta elettronica interna [appartenevano] ad un complesso diverso di server». Parimenti, il soggetto I 46-15 ha precisato di possedere «un server che [forniva] unicamente servizi di condivisione di files e di stampanti nonché di gestione di postazioni di lavoro».

496    Dall’altro lato, come indicato dalla Commissione ai punti 353 e 354 della decisione impugnata e come da essa ricordato nella risposta ad uno dei quesiti scritti del Tribunale, dall’indagine di mercato del 2003 emerge altresì che, quando le organizzazioni ricorrono ad un determinato sistema operativo per la fornitura di servizi di condivisione di files o di stampanti, in genere utilizzano lo stesso sistema operativo per fornire servizi di gestione di utenti e di gruppi di utenti. Al riguardo va rilevato che la Microsoft non contesta le osservazioni contenute nelle note nn. 436 e 438 della decisione impugnata e relative ai «coefficienti di correlazione» calcolati dalla Commissione in base alle risposte alla domanda n. 5 della sua richiesta di informazioni del 16 aprile 2003. La Commissione spiega che il «coefficiente di correlazione» tra la parte del carico di lavoro di un sistema NetWare, o di un sistema Windows, per uno dei servizi per gruppi di lavoro, ossia la condivisione di files, la stampa e la gestione di utenti e di gruppi di utenti, e la parte del carico di lavoro del medesimo sistema per un altro dei suddetti servizi è particolarmente elevato. È molto più basso, invece, il «coefficiente di correlazione» tra la parte del carico di lavoro di un sistema NetWare, o di un sistema Windows, per uno dei servizi per gruppi di lavoro e la parte del carico di lavoro del medesimo sistema per un altro tipo di servizi, in particolare il supporto dei servizi di posta elettronica interna o di altre applicazioni che non sono a «missione critica». La Commissione aggiunge che le stesse osservazioni si possono desumere da alcuni risultati del secondo e del terzo sondaggio della Mercer. In altre parole, dai suddetti elementi di prova non contestati dalla Microsoft deriva che è molto più frequente abbinare, su un medesimo server, i servizi per gruppi di lavoro presi in considerazione dalla Commissione che non abbinare uno dei suddetti servizi e un servizio di un diverso tipo.

497    Pertanto, anche se è vero che gli utenti attribuiscono effettivamente una certa importanza alla possibilità di utilizzare i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro per eseguire alcune operazioni che non sono a «missione critica» oltre a servizi per gruppi di lavoro, questo non invalida la conclusione secondo cui esiste una domanda distinta per sistemi operativi per server che forniscono i suddetti servizi. Poiché è acclarato che sono le tre categorie di servizi indicate che determinano la scelta della domanda, poco importa che i sistemi operativi per server rientranti nel mercato di cui trattasi siano in grado di svolgere alcune operazioni supplementari.

498    Occorre aggiungere, come indicato ai punti 357, 358 e 628 della decisione impugnata, che le dichiarazioni dei clienti prodotte dalla Microsoft durante il procedimento amministrativo confermano la fondatezza dell’analisi svolta dalla Commissione.

499    Da tali dichiarazioni deriva infatti che, se effettivamente, come sottolineato più volte dalla Microsoft nelle proprie memorie, le organizzazioni dispongono spesso di reti informatiche «eterogenee», ossia di reti in cui vengono utilizzati sistemi operativi per server e per PC clienti provenienti da produttori diversi, tuttavia però utilizzano diversi tipi di server per eseguire diversi tipi di operazioni. Più in particolare, dalle suddette dichiarazioni emerge che i servizi per gruppi di lavoro come definiti dalla Commissione sono generalmente forniti da tipi di server diversi da quelli che svolgono operazioni a «missione critica». Infatti, dal modo in cui tali organizzazioni descrivono il loro ambiente informatico, risulta che abitualmente i servizi per gruppi di lavoro vengono forniti da server di livello base sui quali è installato un sistema Windows o NetWare mentre le applicazioni a «missione critica» vengono svolte su server più costosi e di maggiori dimensioni, sui quali è installato un sistema operativo UNIX oppure su dei «mainframes».

500    Per esempio, un gruppo leader nel settore chimico-farmaceutico spiega che le applicazioni a «missione critica» da esso utilizzate per pagare gli stipendi del personale e per l’esecuzione di operazioni bancarie interne funzionano su dei «mainframes», e aggiunge che altre operazioni a «missione critica», utilizzate in particolare per la gestione amministrativa e tecnica di alcune sue divisioni, sono prese a carico da server basati su UNIX. Per contro, le operazioni che non sono a «missione critica», in particolare quelle di condivisione di files o di stampanti nonché quelle di gestione di utenti e di gruppi di utenti, vengono eseguite all’interno del suddetto gruppo da server diversi e sui quali sono installati per lo più sistemi operativi Windows. Analogamente, un’importante compagnia aerea spiega che le applicazioni che essa utilizza, tra l’altro, per la pianificazione dei voli e per i servizi di prenotazione sono eseguite da server basati su UNIX, mentre le applicazioni che non sono a «missione critica» vengono svolte da server configurati con sistema operativo Windows. Un altro esempio di rilievo è quello di un gruppo bancario il quale afferma di utilizzare server configurati con UNIX per le applicazioni finanziarie fondamentali, server configurati con Solaris per altre applicazioni finanziarie e per applicazioni che elabora al proprio interno, e infine server configurati con sistema operativo Windows NT per lo svolgimento delle «funzionalità di infrastruttura, come i servizi di dominio (tra cui l’identificazione e l’autenticazione) nonché i servizi di files e di stampa».

501    Occorre rilevare, come indicato in particolare ai punti 58 e 346 della decisione impugnata, che i server di fascia bassa non sono tutti impiegati per fornire servizi per gruppi di lavoro. Alcuni dei suddetti server, difatti, vengono installati «alle estremità» di reti e sono destinati ad eseguire operazioni specialistiche di «Web serving», «Web caching» o di «firewall».

502    Infine, non può essere accolto l’argomento della Microsoft secondo cui dai dati dell’IDC emerge che, con la sola eccezione del sistema NetWare di Novell, i sistemi operativi che la Commissione definisce come «sistemi operativi per server per gruppi di lavoro» dedicano molto meno tempo all’esecuzione di operazioni per gruppi di lavoro che non all’esecuzione di operazioni diverse. Detto argomento è basato su dati dell’IDC i quali dimostrerebbero che delle vendite di server – prese in considerazione tutte le differenze di prezzo – sui quali è installato un sistema operativo Windows solo il 24% si riferisce ad operazioni di «files», di «stampa» e di «gestione di rete» (v. la nota n. 93 della replica). Orbene, come deriva in particolare dai punti 487 e 488 della decisione impugnata e come verrà spiegato più dettagliatamente al punto 553 della presente sentenza, il metodo utilizzato dall’IDC per il calcolo delle quote di mercato presenta imperfezioni. In ogni caso, anche se si dovesse ritenere che le operazioni sopra citate corrispondono ai servizi per gruppi di lavoro considerati nella decisione impugnata, la percentuale calcolata in base ai dati dell’IDC rappresenterebbe unicamente una quota delle vendite di sistemi operativi per server, indipendentemente dalla loro versione, effettuate dalla Microsoft, quota che si riferisce al mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. In effetti, contrariamente a quanto asserito dalla Microsoft, la suddetta percentuale non si limita ai sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

503    In secondo luogo, la Commissione basandosi in particolare sulla descrizione che la stessa Microsoft fa dei propri prodotti, ha osservato che i sistemi operativi per server erano «ottimizzati» in funzione delle operazioni che essi dovevano eseguire (punti 359-368 della decisione impugnata).

504    Secondo il Tribunale, gli elementi del fascicolo confermano la correttezza di tale osservazione.

505    Infatti, per quanto riguarda i sistemi operativi per server della gamma Windows 2000, da alcune informazioni pubblicate dalla Microsoft sul suo sito Internet risulta che essi vengono venduti in tre versioni diverse, ossia Windows 2000 Server, Windows 2000 Advanced Server e Windows 2000 Datacenter Server, e che ognuna di queste tre versioni è destinata a soddisfare una specifica domanda di utenti in termini di operazioni.

506    La Microsoft descrive Windows 2000 Server come la versione di «livello base» dei sistemi operativi per server Windows 2000 e la definisce come «la soluzione adatta ai server per gruppi di lavoro per le operazioni di files, stampa e comunicazione» (punto 361 della decisione impugnata). Essa precisa che Windows 2000 Server «supporta da uno a quattro processori e fino a quattro Gigabytes (punto 364 della decisione impugnata).

507    Windows 2000 Advanced Server viene presentato dalla Microsoft come «il sistema operativo ideale per le applicazioni professionali fondamentali e per quelle del commercio elettronico, che implicano carichi di lavoro più pesanti e processi di elevata priorità» (punto 362 della decisione impugnata). Windows 2000 Advanced Server non solo contiene tutte le funzionalità offerte da Windows 2000 Server, ma in più presenta «caratteristiche supplementari in termini di scalabilità e di affidabilità, come il “clustering”, destinate a garantire il funzionamento [delle] applicazioni critiche nelle ipotesi più complesse» (punto 362 della decisione impugnata). La Microsoft spiega inoltre che Windows 2000 Advanced Server «supporta da uno a otto processori e fino a otto Gigabytes» (punto 364 della decisione impugnata).

508    Infine, Windows 2000 Datacenter Server viene presentato dalla Microsoft come un sistema che «offre massima affidabilità e disponibilità» e come «il sistema operativo ideale per dare supporto a database a missione critica e a software di pianificazione delle risorse di impresa» (punto 363 della decisione impugnata). Windows 2000 Datacenter Server «è destinato alle imprese che necessitano di gestori di periferiche e di software di fascia alta e molto affidabili» e «supporta da 1 a 32 processori e fino a 64 Gigabytes» (punti 363 e 364 della decisione impugnata).

509    Va osservato che la Microsoft presenta in modo analogo le varie versioni dei sistemi operativi per server appartenenti alla gamma successiva alla serie Windows 2000, ossia Windows Server 2003 Standard Edition, Windows Server 2003 Enterprise Edition, Windows Server 2003 Datacenter Edition e Windows Server 2003 Web Edition.

510    Windows Server 2003 Standard Edition viene infatti descritto dalla Microsoft come «il sistema operativo di rete polivalente, ideale per le necessità ordinarie delle organizzazioni di qualunque dimensione, ma soprattutto per quelle delle piccole imprese e dei gruppi di lavoro», sistema che «[consente] la condivisione intelligente di files e di stampanti ed [offre] una connessione ad Internet sicura, l’attuazione di una gestione centralizzata delle postazioni di lavoro e soluzioni Web che permettono di mettere in connessione dipendenti, partner e clienti» (punto 365 della decisione impugnata).

511    Quanto a Windows Server 2003 Enterprise Edition, la Microsoft spiega che tale sistema offre, oltre ad alcune funzionalità illustrate in Windows Server 2003 Standard Edition, anche «le caratteristiche di affidabilità necessarie per le applicazioni d’impresa “a missione critica”» (punto 366 della decisione impugnata).

512    Per quanto riguarda Windows Server 2003 Datacenter Edition, la Microsoft spiega che questo sistema operativo «è ideato per applicazioni a missione critica che esigono il più elevato livello di scalabilità, disponibilità ed affidabilità» (punto 366 della decisione impugnata).

513    Infine, Windows Server 2003 Web Edition viene descritto dalla Microsoft come «destinato a creare ed accogliere applicazioni, pagine e servizi di Web» e come «concepito appositamente per rispondere ad esigenze di servizi Web specializzati» (punto 367 della decisione impugnata). La Microsoft sottolinea che tale sistema «può essere utilizzato unicamente per ospitare pagine Web, siti Web, applicazioni Web e servizi Web» (punto 367 della decisione impugnata).

514    Dagli elementi che precedono emerge quindi che la stessa Microsoft presenta le differenti versioni dei suoi sistemi operativi per server come intese a soddisfare domande distinte degli utenti in termini di operazioni. Dagli stessi elementi deriva anche che tali differenti versioni non sono destinate a funzionare sullo stesso hardware.

515    Va peraltro osservato che anche i prodotti di altri distributori di sistemi operativi per server vengono «ottimizzati» in vista della fornitura di servizi per gruppi di lavoro. Ciò vale, tra l’altro, per i prodotti dell’impresa Red Hat, i cui sistemi operativi Red Hat Enterprise Linux ES e Red Hat Enterprise Linux AS sono chiaramente destinati a soddisfare distinte domande degli utenti. Infatti, come spiegato dalla Commissione alla nota n. 463 della decisione impugnata, tale impresa sul suo sito Internet descrive il proprio sistema Red Hat Enterprise Linux ES come «perfettamente idoneo ai servizi di rete, di files, di stampa, di posta elettronica e al server Web, nonché ad applicazioni professionali specifiche o ai pacchetti di applicazioni [package business]». Per contro, la Red Hat presenta il sistema Red Hat Enterprise Linux AS come destinato ai «sistemi di fascia alta e con funzioni critiche», nonché come la «soluzione ottimale per i grandi server di dipartimento e i server dei centri di dati». Tutto ciò corrisponde al rilievo secondo cui i sistemi operativi installati sui server di fascia alta sono destinati all’esecuzione di operazioni «a missione critica» e debbono quindi possedere un maggior grado di affidabilità e un maggior numero di funzionalità rispetto ai sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (punti 57 e 346 della decisione impugnata).

516    In terzo luogo, la Commissione si è basata sulla «strategia della Microsoft in tema di prezzi» e in particolare sul fatto che essa applicava prezzi diversi per le differenti versioni dei suoi sistemi operativi per server (punti 369-382 della decisione impugnata).

517    Al riguardo va osservato innanzi tutto che dalle spiegazioni contenute nei punti 370-373 della decisione impugnata, non contestate dalla Microsoft, emerge che esistono variazioni di prezzo significative tra le differenti versioni dei sistemi operativi per server della Microsoft stessa, e questo sia per la gamma Windows 2000 Server sia per la gamma Windows Server 2003.

518    Ad esempio, sulla base di 25 «licenze di accesso clienti» o «Client Access Licenses (CAL)», il prezzo di vendita del sistema Windows 2000 Advanced Server risulta 2,22 volte maggiore rispetto a quello del sistema Windows 2000 Server. Per quanto riguarda il sistema Windows 2000 Datacenter Server, il suo prezzo di vendita è 5,55 volte più elevato del prezzo del sistema Windows 2000 Server (sulla base di 25 CAL).

519    Parimenti, sulla base di 25 CAL, il prezzo di vendita del sistema Windows Server 2003 Enterprise Edition risulta 2,22 volte maggiore rispetto a quello del sistema Windows Server 2003 Standard Edition. Il prezzo di vendita del sistema Windows Server 2003 Datacenter Edition è 5,55 volte più elevato di quello del sistema Windows Server 2003 Standard Edition (sulla base di 25 CAL). Quanto al sistema Windows Server 2003 Web Edition, che può essere impiegato solo per eseguire alcune operazioni specifiche (v. supra, punto 513), viene venduto ad un prezzo di gran lunga inferiore a quello del sistema Windows Server 2003 Standard Edition.

520    Occorre poi sottolineare che, contrariamente a quanto sembra suggerire la Microsoft (v. supra, punto 446), la Commissione non deduce dal solo fatto che tale impresa applica prezzi diversi per le differenti versioni del suo sistema operativo per server che le suddette versioni appartengano a mercati di prodotti distinti. Per quanto riguarda la sostituibilità sul versante della domanda, la Commissione tiene conto non solo di tale elemento, ma anche e soprattutto del fatto che ognuna delle suddette differenti versioni è destinata a soddisfare una domanda specifica degli utenti.

521    Inoltre, la Microsoft non può basarsi sulla circostanza che le versioni «più care» dei suoi prodotti della gamma Windows Server 2003, ossia i sistemi Windows Server 2003 Enterprise Edition e Windows Server 2003 Datacenter Edition, permettono di compiere le stesse operazioni per gruppi di lavoro del sistema Windows Server 2003 Standard Edition. In effetti, benché ciò possa essere vero, resta pur sempre il fatto che i due primi sistemi sono destinati a soddisfare domande diverse rispetto al terzo e non è molto verosimile che un utente che desideri ottenere solo la fornitura di servizi per gruppi di lavoro acquisti a tale scopo un sistema molto più caro del sistema Windows Server 2003 Standard Edition.

522    Come giustamente osservato dalla Commissione al punto 376 della decisione impugnata, la Microsoft stessa condivide tale opinione quando, nella sua documentazione commerciale, riferendosi ai sistemi della gamma Windows 2000 Server spiega quanto segue:

«[I] tre prodotti della famiglia – Windows 2000 Server, [Windows 2000] Advanced Server e [Windows 2000] Datacenter Server – vi permettono di adattare gli investimenti in modo da ottenere il livello di disponibilità del sistema adatto alle diverse operazioni commerciali, senza dover pagare di più per operazioni che non necessitano di un tempo di funzionamento massimo».

523    Sempre a questo riguardo, la Microsoft non può neppure trarre argomenti dal fatto che il sistema operativo Windows Server 2003 Standard Edition permette altresì l’esecuzione di operazioni diverse da quelle per gruppi di lavoro. Questo argomento, difatti, non prende in considerazione la circostanza che essa fa pagare il suddetto sistema operativo a prezzi diversi a seconda che venga utilizzato per fornire servizi per gruppi di lavoro o altri tipi di servizi. Come spiegato ai punti 84 e 380 della decisione impugnata, nei prezzi fissati dalla Microsoft per il sistema operativo Windows Server 2003 Standard Edition è compreso un contributo per ogni server su cui esso è installato e un altro contributo (CAL) per ogni PC clienti al quale il server fornisce servizi per gruppi di lavoro. Per contro, l’utente non è tenuto ad acquistare alcuna CAL se vuole utilizzare il sistema operativo per l’esecuzione di operazioni «non autenticate», come quelle di firewall, di proxy o di cache. Tali osservazioni dimostrano inoltre che l’affermazione della Microsoft secondo cui «i fornitori non applicano prezzi diversi a persone diverse per la medesima edizione di un sistema operativo per server a seconda del modo in cui lo utilizzeranno» non è esatta.

524    Infine, in quarto luogo, la Commissione ha rilevato che non era necessario che i sistemi operativi per server diversi dai sistemi operativi per server per gruppi di lavoro interoperassero con i PC clienti all’interno delle organizzazioni con la stessa completezza dei suddetti ultimi sistemi (punti 346 e 383-386 della decisione impugnata).

525    Al riguardo, basti osservare che al punto 385 della presente sentenza si è già rilevato come giustamente la Commissione aveva effettuato un simile rilievo. In ogni caso, esso non viene contestato dalla Microsoft.

526    Dalle considerazioni che precedono emerge che la Microsoft non ha dimostrato che la conclusione della Commissione secondo cui non esistono prodotti che, sul versante della domanda, possano esercitare sui sistemi operativi per server per gruppi di lavoro pressioni concorrenziali tali da poter essere inclusi nel medesimo mercato del prodotto rilevante (punto 387 della decisione impugnata) era manifestamente errata.

527    In secondo luogo, quanto alla sostituibilità sul versante dell’offerta, il problema viene analizzato dalla Commissione ai punti 388-400 della decisione impugnata.

528    A questo proposito, la Commissione osserva che «altri distributori di sistemi operativi, tra cui in particolare i distributori di sistemi operativi per server, non sarebbero in grado di orientare le loro risorse di produzione e di distribuzione verso sistemi operativi per server per gruppi di lavoro senza dover sostenere costi e assumere rischi supplementari sostanziali e in un tempo sufficientemente breve affinché le considerazioni in tema di sostituibilità sul versante dell’offerta possano acquisire rilievo nella causa in esame» (punto 399 della decisione impugnata). Più in particolare, essa respinge la tesi esposta dalla Microsoft nella sua risposta del 16 novembre 2001 alla seconda comunicazione degli addebiti, secondo cui esiste «una sostituzione praticamente immediata sul versante dell’offerta» nel senso che sarebbe sufficiente «disattivare» le «funzionalità più complesse» incluse nei sistemi operativi per server di fascia alta per ottenere un prodotto assimilabile a un sistema operativo per server per gruppi di lavoro.

529    Deve rilevarsi che nell’ambito delle proprie memorie la Microsoft non deduce alcun argomento concreto atto a rimettere in discussione l’analisi compiuta dalla Commissione ai punti sopra citati della decisione impugnata. In fase di replica, essa si limita ad affermare, in generale, che «[i]l costo della modifica sarebbe pari a zero in molti casi» e «trascurabile in altri» senza precisare se in tal modo essa intenda contestare le osservazioni della Commissione riguardo alla mancanza di sostituibilità sul versante dell’offerta.

530    Di conseguenza, si deve ritenere che la Microsoft non ha dimostrato che la Commissione aveva concluso in modo manifestamente erroneo sulla mancanza di sostituibilità sul versante dell’offerta nel caso di specie.

531    Da quanto precede deve desumersi che giustamente la Commissione ha stabilito che il secondo mercato del prodotto era quello dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

532    Quest’ultima conclusione non viene contraddetta dall’argomento della Microsoft secondo cui «[n]el settore nessuno usa l’espressione “server per gruppi di lavoro” nel senso utilizzato dalla Commissione per definire [il mercato del prodotto rilevante]». Infatti, da un lato, come giustamente sottolineato dalla Commissione, la terminologia da essa utilizzata per designare il mercato è irrilevante per stabilire se essa lo abbia correttamente definito. Dall’altro lato, l’argomento della Microsoft è comunque infondato in fatto, poiché dal fascicolo emerge che le espressioni «server per gruppi di lavoro» e «sistemi operativi per server per gruppi di lavoro» vengono utilizzati nel settore per indicare il tipo di prodotti considerati nella decisione impugnata. Infatti, nella sua denuncia del 10 dicembre 1998, la Sun spiega chiaramente di riferirsi alla condotta della Microsoft «nel settore dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro». Nello stesso senso, deve rilevarsi che, nella sua documentazione commerciale, la stessa Microsoft presenta il suo sistema operativo Windows 2000 Server come la «soluzione ideale per i server per gruppi di lavoro per le operazioni di files, di stampa e di comunicazione» (v. supra, punto 506).

–       Sul metodo applicato per calcolare le quote di mercato

533    La Microsoft contesta alla Commissione di aver utilizzato un metodo inadeguato per calcolare le quote di mercato dei vari operatori sul secondo mercato del prodotto. In particolare, la ricorrente ritiene che il suddetto metodo non offra alcuna «informazione pertinente circa la posizione dominante».

534    Il Tribunale considera che, per le ragioni che verranno qui di seguito esposte, la Microsoft non fornisce la prova che il metodo applicato dalla Commissione sia viziato da un errore manifesto di valutazione.

535    Ai punti 473-490 della decisione impugnata, la Commissione spiega in dettaglio il detto metodo.

536    Essa chiarisce, innanzi tutto, di utilizzare due categorie di «valori indicativi» (proxies) per valutare la posizione dei diversi operatori sul mercato: da un lato, le stime realizzate dall’IDC sulla base delle gamme di prezzi degli hardware e della ripartizione tra le varie operazioni eseguite dai server; dall’altro lato, le stime relative alle quote di mercato basate sui risultati dell’indagine di mercato del 2003 nonché del secondo e terzo sondaggio della Mercer (punto 473 della decisione impugnata).

537    Va subito osservato che il rilievo di cui al punto precedente prova che è manifestamente inesatta l’affermazione della Microsoft secondo cui la Commissione, nel calcolo delle quote di mercato, avrebbe tenuto conto soltanto del tempo dedicato dai sistemi operativi per server all’esecuzione di operazioni per gruppi di lavoro nonché delle vendite dei sistemi operativi per server di prezzo inferiore a USD 25 000. La Microsoft omette di menzionare il fatto che la Commissione ha preso in considerazione anche dati provenienti da fonti diverse dall’IDC. Come verrà spiegato al punto 556 della presente sentenza, le quote di mercato definite in base a questi ultimi dati corrispondono complessivamente a quelle individuate sulla base dei dati dell’IDC.

538    Inoltre, la Commissione chiarisce che le quote di mercato vanno valutate considerando tanto il numero delle unità di prodotto vendute quanto il fatturato prodotto dalle vendite congiunte di software e hardware (punti 474-477 della decisione impugnata).

539    Infine la Commissione ritiene che i dati dell’IDC debbano essere corretti applicando due «filtri» (punti 478-489 della decisione impugnata). Da un lato, essa tiene conto unicamente dei server venduti ad un prezzo inferiore a USD 25 000 o a EUR 25 000, dato che all’epoca dei fatti, come emerge dalla nota n. 6 della decisione impugnata, 1 euro corrispondeva grosso modo a 1 dollaro. Dall’altro lato, essa tiene in considerazione solo alcune delle categorie di operazioni definite dall’IDC.

540    È proprio sull’impiego di questi due filtri che verte la censura della Microsoft.

541    Per quel che riguarda il primo, in sede di replica la Microsoft si limita a contestarne la rilevanza in maniera del tutto generale. Nell’allegato C.12 alla replica, essa precisa meglio la sua argomentazione, da un lato sostenendo che l’indagine di mercato del 2003 – di cui la Commissione ha utilizzato alcuni risultati per giustificare l’applicazione del filtro stesso – verte sul «comportamento di un gruppo particolare di clienti» e, dall’altro lato, criticando il fatto che la Commissione tenga conto del prezzo di vendita dei server e non di quello dei sistemi operativi. Riguardo a quest’ultimo punto, la ricorrente fa notare che uno stesso sistema operativo per server per gruppi di lavoro può funzionare su server di prezzo assai diverso, e in particolare su server di prezzo superiore a USD 25 000.

542    Questi argomenti non possono essere accolti.

543    Innanzi tutto, infatti, i soggetti intervistati dalla Commissione nel corso dell’indagine di mercato del 2003 non rappresentano un «gruppo particolare di clienti». Come spiegato al punto 8 della decisione impugnata, si tratta di società selezionate casualmente dalla Commissione, che hanno sede in diversi Stati membri, sono di dimensioni diverse e operano in diversi settori economici.

544    Va poi osservato, come precisato dalla Commissione nel rispondere ad uno dei quesiti scritti del Tribunale, che il limite di prezzo di USD 25 000, o di EUR 25 000, si riferisce al «costo complessivo del sistema (ossia hardware e software)». Il Tribunale ritiene che la Commissione fosse legittimata a tener conto del prezzo di vendita congiunto di hardware e software per valutare le quote di mercato degli operatori sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. Infatti, come osservato ai punti 69 e 474 della decisione impugnata, molti fornitori, tra cui la Sun e la maggior parte dei fornitori di prodotti UNIX, sviluppano e vendono allo stesso tempo i sistemi operativi per server e l’hardware. Va poi rilevato che, durante il procedimento amministrativo, la stessa Microsoft ha auspicato l’approccio poi adottato dalla Commissione (v. punto 476 della decisione impugnata).

545    Infine, va constatato che giustamente la Commissione ha applicato un prezzo limite di USD 25 000, o di EUR 25 000, che è l’importo corrispondente al prezzo massimo di vendita dei server appartenenti alla prima delle tre categorie di server in base alle quali l’IDC ha suddiviso il mercato ai fini delle sue analisi (punto 480 della decisione impugnata). Dai risultati dell’indagine di mercato del 2003 emerge infatti che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro funzionano in genere su server relativamente a buon mercato, a differenza delle applicazioni a «missione critica» che invece sono supportate da server di fascia alta.

546    Nell’ambito di tale indagine, quindi, la Commissione ha chiesto in particolare alle organizzazioni considerate di precisare quale fosse il prezzo che erano disposte a pagare per un server per gruppi di lavoro (domanda n. 3 della richiesta di informazioni del 4 giugno 2003). Delle 85 organizzazioni che hanno risposto a tale domanda, 83 (ossia circa il 97,6%) hanno detto che non avrebbero pagato una somma superiore a EUR 25 000.

547    Parimenti, nella sua richiesta di informazioni del 16 aprile 2003, la Commissione ha posto alcune domande alle organizzazioni in merito ai loro acquisti passati, e a quelli pianificati, di server destinati a fornire servizi di files e di stampa (domande nn. 8 e 9). Come emerso dalle risposte, sugli 8 236 server acquistati a tal fine dalle organizzazioni, 8 001 (pari a circa il 97,1%) sono costati meno di EUR 25 000 e, sui 2 695 acquisti pianificati di questi server, 2 683 (pari a circa il 99,6%) erano di prezzo inferiore a EUR 25 000 (punto 479 della decisione impugnata).

548    Per quanto riguarda il secondo filtro, la Microsoft si limita, in sede di replica, a far rilevare che la sua applicazione comporta l’assurda conseguenza che «un esemplare di un sistema operativo è considerato contemporaneamente dentro e fuori del mercato a seconda delle operazioni che compie in un dato momento». Nell’allegato C.12 alla replica, essa aggiunge che «gran parte delle vendite (artificialmente) escluse dal mercato [utilizzando detto filtro] corrispondono quasi sicuramente a vendite di edizioni di [sistemi operativi per server] che rientrano nel mercato candidato dalla Commissione [ossia il mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro]».

549    Neppure questi argomenti possono essere accolti.

550    Deve necessariamente rilevarsi, infatti, non solo che la Commissione era pienamente legittimata a ricorrere a questo secondo filtro, ma anche che la Microsoft enfatizza ampiamente le conseguenze della sua applicazione.

551    Al riguardo, occorre ricordare la ragione per cui la Commissione ha ritenuto necessario usare il suddetto filtro. Come emerge dal punto 482 della decisione impugnata, essa riposa nel fatto che i sistemi operativi installati su server di prezzo inferiore a USD 25 000 o a EUR 25 000 non sono tutti sistemi che forniscono servizi per gruppi di lavoro. In particolare, alcuni di questi sistemi sono destinati esclusivamente ad eseguire operazioni specializzate, situate al di fuori o alla periferia di reti per gruppi di lavoro, come il «Web serving» e il «firewall». Ciò vale, per esempio, per il sistema Windows Server 2003 Web Edition, le cui condizioni di licenza impediscono che sia usato per la fornitura di servizi per gruppi di lavoro e che di solito viene installato su server di prezzo inferiore a USD 25 000 o a EUR 25 000.

552    Pertanto, la Commissione ha giustamente considerato che conveniva correggere i dati dell’IDC relativi alle vendite di server di prezzo inferiore a USD 25 000 o a EUR 25 000, tenendo conto anche dei diversi tipi di operazioni da essi svolte (punto 483 della decisione impugnata). A tal fine, essa si è avvalsa dei dati dell’IDC contenuti in una banca dati denominata «IDC Server Workloads 2003 Model». Si tratta di dati ottenuti da consumatori ai quali l’IDC ha domandato quali fossero le operazioni (o «carichi di lavoro») svolte dai server da essi utilizzati nelle loro organizzazioni. Come già spiegato supra, al punto 431, l’IDC ha individuato otto categorie principali di operazioni, suddividendole poi in più sottocategorie. La Commissione ha preso in considerazione le sottocategorie denominate «condivisione di files o di stampanti» e «gestione di rete», che erano quelle più simili ai servizi di «condivisione di files o di stampanti» e di «gestione di utenti e di gruppi di utenti» considerati nella decisione impugnata (punto 486 della decisione impugnata).

553    Certamente le operazioni rientranti nelle due sottocategorie appena menzionate non sono perfettamente corrispondenti ai servizi che costituiscono il mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. La Commissione del resto ne era pienamente consapevole, come emerge dagli esempi che essa ha fornito ai punti 487 e 488 della decisione impugnata e che dimostrano tra l’altro che alcune operazioni eseguite su server di fascia alta possono essere fatte rientrare nell’una o nell’altra di tali sottocategorie mentre con evidenza non si tratta di operazioni per gruppi di lavoro.

554    Tuttavia, è proprio la combinazione dei due filtri contestati dalla Microsoft che permette di limitare questo problema di corrispondenza tra le operazioni definite dall’IDC e quelle prese in considerazione dalla Commissione.

555    Deve comunque rilevarsi che le quote di mercato ottenute applicando soltanto il primo filtro non sono poi tanto diverse da quelle ottenute utilizzando i due filtri congiuntamente. Difatti, la quota di mercato della Microsoft nel 2002, calcolata sulla base di tutti i server venduti a meno di USD 25 000, è pari al 64,9%, in termini di unità vendute, e al 61% in termini di fatturato (punto 491 della decisione impugnata). Prendendo in considerazione, per gli stessi server, soltanto le sottocategorie «condivisione di files/stampanti» e «gestione di rete», le quote di mercato della Microsoft sono le seguenti: 66,4% in termini di unità vendute (65,7% in termini di fatturato) per la prima sottocategoria, e 66,7% in termini di unità vendute (65,2% in termini di fatturato) per la seconda (punto 493 della decisione impugnata).

556    Più in generale, come rilevato al punto 473 della decisione impugnata, le percentuali ottenute in base ai dati dell’IDC, con l’applicazione congiunta dei due filtri, corrispondono complessivamente a quelle ottenute sulla base degli esiti dell’indagine di mercato del 2003 nonché del secondo e terzo sondaggio della Mercer (v., per esempio, punti 495, 497 e 498 della decisione impugnata). Va sottolineato, in tale contesto, che la Commissione si è ogni volta attenuta ad una stima prudenziale. Per esempio, riguardo alla Microsoft essa ha considerato la quota di mercato più bassa, ossia «almeno il 60%» (punto 499 della decisione impugnata).

557    Da quanto precede deve concludersi che la Microsoft non dimostra che il metodo applicato dalla Commissione per calcolare le quote di mercato sia viziato da un errore manifesto di valutazione né, di conseguenza, che le stime delle quote di mercato contenute nei punti 491-513 della decisione impugnata debbano considerarsi manifestamente erronee.

558    Occorre aggiungere che la Commissione non si è basata unicamente sulle quote detenute dalla Microsoft sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro per stabilire che essa vi deteneva una posizione dominante, ma ha tenuto conto anche dell’esistenza di barriere all’ingresso del suddetto mercato (punti 515-525 della decisione impugnata), dovute in particolare alla presenza di effetti di rete e di ostacoli all’interoperabilità, nonché di stretti vincoli commerciali e tecnologici tra il suddetto mercato e quello dei sistemi operativi per PC clienti (punti 526-540 della decisione impugnata).

559    Infine, per quel che riguarda il rifiuto abusivo in esame, va ricordato che nella decisione impugnata la Commissione contesta alla Microsoft di aver sfruttato, esercitando un «effetto leva» (leveraging), la posizione quasi monopolistica da essa detenuta sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti al fine di influenzare il mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (punti 533, 538, 539, 764-778, 1063, 1065 e 1069). In altri termini, la condotta abusiva contestata alla Microsoft trova origine nella posizione dominante da essa occupata sul primo mercato del prodotto (punti 567 e 787 della decisione impugnata). La circostanza che la Commissione avrebbe a torto considerato che la Microsoft si trovava in posizione dominante sul secondo mercato (v., in particolare, punti 491-541, 781 e 788 della decisione impugnata) non può di per sé essere sufficiente per giungere alla conclusione che essa ha constatato erroneamente un abuso di posizione dominante a carico della Microsoft.

–       Sul criterio applicabile

560    Nella decisione impugnata la Commissione ha valutato se il rifiuto in oggetto «rischia[sse]» di eliminare la concorrenza sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (punti 585, 589, 610, 622, 626, 631, 636, 653, 691, 692, 712, 725, 781, 992 e 1070). La Microsoft sostiene che tale criterio non sarebbe sufficientemente rigoroso, dato che la giurisprudenza in tema di esercizio di un diritto di proprietà intellettuale impone alla Commissione di dimostrare che il rifiuto di concedere una licenza a terzi sia «idoneo ad eliminare qualsiasi concorrenza» o, in altri termini, che esista una «elevata probabilità» che il suddetto rifiuto porti ad un simile risultato.

561    Il Tribunale considera che la censura della Microsoft è di tipo puramente terminologico e priva di qualunque pertinenza. Le espressioni «rischio di eliminazione della concorrenza» e «idoneo ad eliminare qualsiasi concorrenza» vengono infatti indistintamente utilizzate dal giudice comunitario per esprimere lo stesso concetto, ossia quello secondo cui l’art. 82 CE non si applica solo nel momento in cui non esiste più, o quasi, alcuna concorrenza sul mercato. Se la Commissione fosse costretta ad aspettare che i concorrenti siano estromessi dal mercato, o che tale estromissione sia sufficientemente imminente, prima di poter intervenire in forza della suddetta disposizione, ciò sarebbe manifestamente contrario all’obiettivo della stessa, che è quello di preservare una concorrenza non falsata nel mercato comune e, in particolare, di proteggere la concorrenza ancora esistente sul mercato di cui trattasi.

562    Nel caso di specie, la Commissione era tanto più legittimata ad applicare l’art. 82 CE prima che l’eliminazione della concorrenza sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro si fosse concretizzata a pieno, dal momento che tale mercato è caratterizzato da considerevoli effetti di rete e una simile estromissione sarebbe pertanto difficilmente reversibile (v. punti 515-522 e 533 della decisione impugnata).

563    Va aggiunto che non occorre dimostrare l’eliminazione di qualsiasi presenza concorrenziale sul mercato. Infatti, quel che rileva ai fini di una violazione dell’art. 82 CE è che il rifiuto di cui si discute rischi di eliminare qualsiasi concorrenza effettiva sul mercato o che sia idoneo a farlo. Al riguardo, occorre precisare che il fatto che i concorrenti dell’impresa in posizione dominante rimangano presenti marginalmente in alcune «nicchie» del mercato non è sufficiente per sostenere che una tale concorrenza esiste.

564    Infine, va ricordato che spetta alla Commissione dimostrare che il rifiuto di cui trattasi rischia di portare all’eliminazione di qualsiasi concorrenza effettiva. Come già indicato al punto 482 della presente sentenza, essa deve basare la sua valutazione su elementi di prova esatti, attendibili e coerenti, che costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e che siano di natura tale da corroborare le conclusioni che se ne traggono.

–       Sulla valutazione dei dati del mercato e della situazione concorrenziale

565    Il Tribunale osserva che, nella decisione impugnata, la Commissione valuta contemporaneamente se le informazioni sull’interoperabilità abbiano natura indispensabile e se il rifiuto in esame rischi di eliminare la concorrenza (punti 585-692 della decisione impugnata). La sua analisi si articola in quattro parti. In primo luogo, la Commissione esamina l’evoluzione del mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (punti 590-636 della decisione impugnata). In secondo luogo, essa rileva che l’interoperabilità è un elemento che svolge un ruolo determinante nell’adozione dei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro (punti 637-665 della decisione impugnata). In terzo luogo, essa spiega che non esistono soluzioni alternative alla divulgazione da parte della Microsoft delle informazioni sull’interoperabilità (punti 666-687 della decisione impugnata). In quarto luogo, essa formula alcune considerazioni riguardo a MCPP (punti 688-691 della decisione impugnata).

566    Gli argomenti dedotti dalla Microsoft a sostegno della presente censura riguardano essenzialmente la prima parte della suddetta analisi della Commissione. In sostanza, la Microsoft afferma che le condizioni del mercato contraddicono la tesi della Commissione secondo cui la concorrenza sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro rischierebbe di essere eliminata a causa del rifiuto in parola.

567    Nell’ambito di questa prima parte, la Commissione ha anzitutto esaminato l’evoluzione delle quote di mercato della Microsoft e dei suoi concorrenti sul secondo mercato del prodotto. In sostanza, essa ha rilevato che la quota di mercato della Microsoft era aumentata rapidamente e in modo considerevole e che continuava a crescere, in particolare a danno della Novell. La Commissione ha poi rilevato che la quota di mercato dei distributori di prodotti Linux era limitata. Infine, essa ha ritenuto che i prodotti Linux erano presenti sul mercato in modo assai limitato, che non avevano fatto registrare alcuna progressione su tale mercato durante gli anni immediatamente precedenti all’adozione della decisione impugnata e che certe previsioni relative alla loro futura crescita non erano tali da rimettere in discussione la sua conclusione circa l’eliminazione della concorrenza effettiva sul mercato.

568    Il Tribunale considera che queste osservazioni trovano conferma negli elementi del fascicolo e non sono messe in discussione dalle argomentazioni della Microsoft.

569    Difatti, in primo luogo, dal fascicolo emerge che, inizialmente, la Microsoft si limitava a fornire sistemi operativi per PC clienti e che era entrata nel mercato dei sistemi operativi per server solo abbastanza in ritardo (v., in particolare, punto 47 della risposta del 17 novembre 2000 alla prima comunicazione degli addebiti). Soltanto all’inizio degli anni ‘90 essa ha iniziato ad elaborare un sistema operativo per server – mettendo in vendita un primo sistema denominato «Windows NT 3.5 Server» nel luglio 1992 – e soltanto con il prodotto denominato «Windows NT 4.0», immesso nel mercato nel luglio 1996, la Microsoft ha ottenuto per la prima volta un effettivo successo commerciale (v., in particolare, punto 50 della risposta del 17 novembre 2000 alla prima comunicazione degli addebiti e punti 50 e 56 del ricorso).

570    Dai dati dell’IDC, come ripresi al punto 591 della decisione impugnata, emerge che la quota di mercato della Microsoft, in termini di unità vendute, sul mercato dei sistemi operativi installati su server di prezzo inferiore a USD 25 000 è passata dal 25,4% (24,5% in termini di fatturato) nel 1996 al 64,9% (61% in termini di fatturato) nel 2002, con un balzo in avanti pari a circa il 40% in soli sei anni.

571    Sempre dai dati dell’IDC, menzionati al punto 592 della decisione impugnata, emerge altresì che la quota di mercato della Microsoft ha conosciuto un incremento continuo a seguito del lancio della generazione Windows 2000 dei suoi sistemi operativi. Ebbene, come più volte rilevato giustamente dalla Commissione nella decisione impugnata (v., per esempio, punti 578-584, 588 e 613), è proprio con i sistemi operativi di questa gamma di prodotti che i problemi di interoperabilità si sono presentati in maniera particolarmente acuta per i concorrenti della Microsoft.

572    Così, per esempio, il software denominato «NDS per NT», che era stato sviluppato dalla Novell utilizzando tecniche di ingegneria a ritroso, facilitava l’interoperabilità tra i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti della Microsoft e l’architettura di dominio Windows, nel caso di Windows NT. Si trattava di un prodotto che poteva essere installato su un controller del dominio Windows NT e consentiva ai clienti di utilizzare l’NDS (Novell Directory Service, poi denominato eDirectory) di Novell per la gestione dei diversi aspetti dei domini Windows NT. Tuttavia, per la mancata comunicazione, da parte della Microsoft, di alcune informazioni alla Novell, NDS per NT non è in grado di funzionare con il sistema operativo Windows 2000 server (v. punto 301 della decisione impugnata).

573    Un altro esempio è quello del prodotto denominato «AS/U» che era stato elaborato dalla AT&T negli anni ‘90 utilizzando alcuni elementi del codice sorgente di Windows che la Microsoft aveva acconsentito a comunicarle dietro licenza. Grazie a tale prodotto, un server su cui era installato un sistema UNIX poteva funzionare come controller del dominio principale in un dominio Windows NT (v. punto 211 della decisione impugnata). Parimenti, sulla base del codice sorgente dell’AS/U che le era stato comunicato da AT&T dietro licenza, la Sun aveva potuto elaborare un prodotto simile ad AS/U, denominato «PC NetLink». Quest’ultimo prodotto, se installato su un server basato su un sistema operativo Solaris, consentiva, da un lato, al suddetto server di «fornire in modo trasparente ai clienti Windows 3.X/95/98/NT i servizi di files, di stampa, di schedario e di sicurezza Windows NT» e per di più in «modalità nativa», ossia senza necessità per gli utenti di installare un software supplementare sui propri PC clienti, e, dall’altro, di agire come controller del dominio principale, o come controller del dominio secondario, in un dominio windows NT (v. punto 213 della decisione impugnata). Nel 2001 la Microsoft e AT&T decidevano di non estendere il loro accordo di licenza ad alcune nuove tecnologie in tema di sistemi operativi per server. Di conseguenza, la Microsoft non ha comunicato alla AT&T i necessari elementi del codice sorgente, relativi ai sistemi successivi ai propri sistemi Windows NT 4.0. Per tale ragione, PC NetLink non era più in grado di funzionare se non con i PC clienti su cui era installato un sistema Windows NT – in particolare, esso non funzionava con i sistemi operativi Windows 2000 – ed ha gradualmente perduto di interesse.

574    Nel medesimo contesto, occorre far riferimento ai diversi cambiamenti conseguenti al passaggio dalla tecnologia Windows NT alla tecnologia Windows 2000 e all’Active Directory (v. supra, punti 167-171).

575    In secondo luogo, emerge dal fascicolo che, parallelamente all’evoluzione testé descritta della posizione della Microsoft, la Novell ha costantemente perduto posizioni sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro per diventare, nel giro di pochi anni, un attore secondario su di esso. Orbene, all’epoca dell’ingresso della Microsoft sul mercato dei sistemi operativi per server, il prodotto leader per la fornitura dei servizi per gruppi di lavoro era il sistema NetWare della Novell (v. punto 56 del ricorso), che era presente sul mercato sin dalla metà degli anni ‘80.

576    Deriva infatti dai dati dell’IDC menzionati al punto 593 della decisione impugnata che, tenuto conto della sottocategoria «condivisione di files/stampanti» e dei server di prezzo inferiore a USD 25 000, la quota di mercato della Novell è precipitata dal 33,3% nel 2000 al 23,6% nel 2002 in termini di unità vendute, e dal 31,5% nel 2000 al 22,4% nel 2002 in termini di fatturato.

577    Il declino della Novell è confermato tanto dalle dichiarazioni degli analisti del mercato quanto dalla stessa Microsoft (v. punto 596 della decisione impugnata).

578    Parimenti, nella relazione contenente l’analisi degli esiti del suo terzo sondaggio, la Mercer indica espressamente che molte organizzazioni hanno ridotto l’uso di NetWare. In particolare, la Mercer rileva che «[i]nterrogate in merito all’uso fatto di ciascuno dei sistemi operativi per server per le funzioni di server per gruppi di lavoro negli ultimi cinque anni, il numero delle organizzazioni che hanno ridotto l’uso di NetWare supera il numero di quelle che lo hanno incrementato in una misura di circa sette a uno» (v. pag. 25 e tabella n. 16 del rapporto).

579    Inoltre, come giustamente osservato dalla Commissione ai punti 594 e 595 della decisione impugnata, alcuni risultati dell’indagine di mercato del 2003 nonché alcune dichiarazioni di clienti prodotte dalla Microsoft durante il procedimento amministrativo dimostrano chiaramente una tendenza, in seno alle organizzazioni, a sostituire NetWare con Windows 2000 Server. Per contro, esistono pochissimi esempi di «migrazione» da Windows verso NetWare (v. punti 594 e 632 della decisione impugnata).

580    In terzo luogo, per quanto riguarda gli altri concorrenti della Microsoft, gli elementi del fascicolo dimostrano che essi sono riusciti a mantenere solo una posizione assolutamente marginale sul mercato di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

581    Infatti, per quanto riguarda in primo luogo i distributori di sistemi UNIX (tra cui la Sun), i dati dell’IDC menzionati al punto 508 della decisione impugnata indicano che, nel 2002, la loro quota di mercato cumulativa, tenuto conto della sottocategoria «condivisione di files/stampanti» e dei server di prezzo inferiore a USD 25 000, rappresentava appena il 4,6% in termini di unità vendute e il 7,4% in termini di fatturato. Per quel che riguarda la subcategoria «gestione della rete», i dati corrispondenti erano 6,4% in termini di unità vendute e 10,8% in termini di volume d’affari.

582    In proposito, va osservato che dagli esiti dell’indagine di mercato del 2003, nonché dalle dichiarazioni di clienti prodotte dalla Microsoft emerge che i sistemi UNIX vengono essenzialmente utilizzati non per eseguire operazioni per gruppi di lavoro, bensì per supportare applicazioni a «missione critica», per fornire servizi Web e di firewall nonché, in misura minore, per supportare servizi di posta elettronica interna (v. punti 509-511 della decisione impugnata).

583    Inoltre, quanto ai prodotti Linux, i dati dell’IDC, i risultati dell’indagine di mercato del 2003 e le dichiarazioni di clienti della Microsoft mostrano che, contrariamente a quanto affermato da quest’ultima, al momento dell’adozione della decisione impugnata tali prodotti erano presenti solo marginalmente sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

584    Così, dai dati dell’IDC, ripresi al punto 599 della decisione impugnata, si evince che la quota di mercato cumulativa dei distributori di prodotti Linux, in termini di unità vendute, è passata, per la sottocategoria «condivisione di files/stampanti» e per i server di prezzo inferiore a USD 25 000, dal 5,1% nel 2000 al 4,8% nel 2002. Misurata in termini di fatturato, tale quota di mercato cumulativa si è mantenuta intorno al 3,9% nel corso del medesimo periodo.

585    È ben vero che, secondo i dati dell’IDC menzionati alla nota n. 728 della decisione impugnata (v. anche punto 505 della decisione impugnata), per quel che riguarda la sottocategoria «gestione della rete» e i server di prezzo inferiore a USD 25 000, la quota cumulativa dei distributori dei prodotti Linux, in termini di unità vendute è passata dal 10,1% nel 2000 al 13,4% nel 2002 (e dall’8 al 10,8% nel medesimo periodo in termini di fatturato). Tuttavia tale crescita dev’essere relativizzata alla luce del fatto che, come rilevato dalla Commissione al punto 488 e alla nota testé citata della decisione impugnata, questa sottocategoria comprende servizi che non costituiscono servizi per gruppi di lavoro ai sensi della decisione impugnata. L’IDC descrive detta sottocategoria come «[comprendente le] seguenti applicazioni di rete: servizi di annuario, sicurezza/autenticazione, trasferimento di dati/files tramite la rete, comunicazione e trasferimento di dati/files tramite il sistema» (punto 488 della decisione impugnata). Una descrizione di questo tipo è atta ad indurre gli utenti intervistati dall’IDC ad includere nella suddetta sottocategoria operazioni che non vi appartengono e che non rientrano neppure nel mercato del prodotto in questione e che sono generalmente eseguite da sistemi Linux o UNIX. Per esempio, la detta descrizione si potrebbe interpretare nel senso di ricomprendere operazioni «poste alla periferia delle reti», come quelle di firewall, che potrebbe essere considerata come collegata alla «sicurezza», o quella di «routing», che si può considerare collegata al «trasferimento di dati/files tramite la rete». Come indicato tra l’altro ai punti 58, 346, 482, 600 e 601 della decisione impugnata, questo tipo di operazioni viene in genere eseguito da sistemi Linux su server di fascia bassa. Pertanto, i dati dell’IDC relativi alla sottocategoria «gestione della rete» sopravvalutano le vendite dei sistemi Linux sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

586    È vero che al punto 487 della decisione impugnata la Commissione osserva che i dati dell’IDC relativi alla sottocatergoria «condivisione di files/stampanti» sono ugualmente imprecisi, in particolare perché, dato che i server di fascia alta adibiti ad applicazioni a «missione critica» sono in grado di stampare alcuni documenti, per esempio fatture, gli utenti interrogati possono essere indotti a ritenere che tali server eseguano operazioni rientranti nella suddetta sottocategoria, mentre è chiaro che essi non costituiscono server per gruppi di lavoro. Tuttavia, l’applicazione del filtro del prezzo di EUR 25 000 o USD 25 000 permette di ridurre tale inesattezza (v. punto 489 della decisione impugnata, in cui la Commissione spiega che i «mainframes» che stampano fatture hanno generalmente un prezzo superiore al suddetto importo). I dati dell’IDC sono quindi più imprecisi riguardo alla sottocategoria «gestione della rete» che non riguardo alla sottocategoria «condivisione di files/stampanti».

587    Va rilevato che i risultati dell’indagine di mercato del 2003 non presentano imprecisioni simili a quelle indicate al punto che precede. Ebbene, tali risultati confermano che Linux era presente solo in modo marginale sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. Per esempio, nella richiesta di informazioni del 16 aprile 2003, la Commissione ha domandato alle organizzazioni interessate se utilizzassero server configurati con Linux in combinazione con il software Samba per l’esecuzione di operazioni per gruppi di lavoro (domanda n. 25). Delle 102 organizzazioni che hanno partecipato all’indagine, solo 19 si erano servite di tali server per l’esecuzione di operazioni per gruppi di lavoro e, nella maggior parte dei casi, in misura assai limitata (punto 506 della decisione impugnata). Infatti, su un totale di oltre 1 200 000 PC clienti interessati dall’indagine di mercato del 2003, meno di 70 000 (ossia, meno del 5,8%) erano basati su server configurati con Linux in combinazione con Samba per lo svolgimento di operazioni di condivisione di files o di stampanti (punti 506 e 599 della decisione impugnata).

588    Nello stesso senso, deve altresì rilevarsi che, come indicato dalla Commissione nel controricorso (punto 140), il secondo sondaggio della Mercer mostra, per i prodotti Linux, una quota di mercato pari al 4,8% per quanto riguarda le operazioni di condivisione di files o di stampanti, e pari al 5,2% per le operazioni di gestione di utenti e di gruppi di utenti; il terzo sondaggio della Mercer mostra, per gli stessi prodotti, una quota di mercato pari al 5,4% con riguardo alle operazioni di condivisione di files o di stampanti, e pari al 4,5% per le operazioni di gestione di utenti e di gruppi di utenti.

589    In realtà, i risultati dell’indagine di mercato del 2003 dimostrano che, come per i prodotti UNIX, i prodotti Linux vengono generalmente utilizzati per eseguire operazioni diverse da quelle per gruppi di lavoro, ossia, più in particolare, per fornire servizi Web e di firewall e per supportare applicazioni a «missione critica» (v. punti 600 e 601 della decisione impugnata, nei quali sono contenuti i commenti sulle risposte alle domande nn. 5 e 6 della richiesta di informazioni del 16 aprile 2003).

590    Va aggiunto che tale osservazione è confermata dalle dichiarazioni di clienti comunicate dalla Microsoft durante il procedimento amministrativo, come correttamente fa rilevare la Commissione al punto 602 della decisione impugnata.

591    Inoltre, la presenza dei distributori di prodotti Linux sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, oltre a non essere affatto paragonabile a quella che la Microsoft è riuscita a conquistare nel giro di pochi anni, è stata acquisita non a danno della Microsoft stessa, ma della Novell e dei distributori di prodotti UNIX. A questo proposito va rilevato, come indicato dalla Commissione in sede di controreplica (punto 104), che tra gli organismi intervistati dalla Mercer nell’ambito del suo terzo sondaggio, che negli ultimi cinque anni avevano incrementato l’uso di sistemi Linux per l’esecuzione di operazioni per gruppi di lavoro, il 67% aveva ridotto l’uso di sistemi Netware o UNIX, mentre solo il 14% aveva limitato l’utilizzo di sistemi Windows. Inoltre, come giustamente rilevato al punto 632 della decisione impugnata, l’indagine di mercato del 2003 ha indicato solo due casi di «migrazione» di sistemi Windows verso sistemi Linux per l’esecuzione di operazioni per gruppi di lavoro.

592    Le affermazioni contrarie dedotte dalla Microsoft nell’allegato C.11 alla replica non sono affatto credibili, considerato in particolare l’aumento costante della sua quota sul mercato del prodotto considerato lungo tutto il periodo relativo al rifiuto abusivo in esame.

593    I suddetti elementi confermano che tale rifiuto ha avuto la conseguenza di relegare i prodotti dei concorrenti della Microsoft in posizioni marginali o li ha addirittura resi non redditizi. L’eventuale esistenza di una concorrenza marginale tra alcuni operatori sul mercato non può quindi confutare la tesi della Commissione relativa al rischio di eliminazione di qualsiasi concorrenza effettiva sul detto mercato.

594    Tenuto conto degli elementi menzionati supra ai punti 583-593, il Tribunale ritiene che la Commissione ha giustamente affermato, al punto 603 della decisione impugnata, che i distributori dei prodotti Linux non rappresentavano una minaccia seria per la Microsoft sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

595    Sempre riguardo ai prodotti Linux, la Microsoft sostiene che la loro presenza sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro continuerà ad aumentare in futuro. Essa espone tale argomento nell’allegato A.19 al ricorso e nell’allegato C.11 alla replica. Da parte sua, la Commissione risponde in modo circostanziato a tale argomento nell’allegato B.10 del controricorso e nell’allegato D.11 alla controreplica.

596    A sostegno di tale argomento la Microsoft fa anzitutto riferimento ad alcuni risultati del terzo sondaggio della Mercer.

597    Nell’ambito di tale sondaggio la Mercer ha chiesto ai responsabili informatici, la cui organizzazione già faceva uso di sistemi operativi Linux per eseguire operazioni per gruppi di lavoro, se prevedessero di incrementare tale uso nei cinque anni a venire. Come emerge dalla tabella n. 19 contenuta nella relazione Mercer che analizza i risultati di tale sondaggio, dei 70 responsabili informatici interessati, 53 hanno risposto affermativamente.

598    Il Tribunale ritiene che giustamente, al punto 605 della decisione impugnata, la Commissione abbia considerato irrilevante detto elemento. Va infatti osservato, da un lato, che i suddetti 53 responsabili informatici rappresentavano solo il 17,9% circa dei 296 responsabili informatici che avevano partecipato al terzo sondaggio della Mercer, 226 dei quali avevano indicato che le rispettive organizzazioni non utilizzavano sistemi Linux per la fornitura di servizi per gruppi di lavoro. Dall’altro lato, i suddetti 53 responsabili informatici non hanno quantificato la loro intenzione di incrementare il ricorso ai sistemi Linux per eseguire operazioni per gruppi di lavoro né hanno precisato se ciò sarebbe avvenuto a danno dei sistemi Windows.

599    Inoltre, va osservato che dalla tabella n. 18 del medesimo rapporto Mercer emerge che 58 responsabili informatici ritenevano che i sistemi Linux non sarebbero stati neppure «vitali», di lì a cinque anni, per l’esecuzione di operazioni per gruppi di lavoro.

600    Vero è che dalla stessa tabella si desume che il 60% dei responsabili informatici intervistati hanno indicato che le loro organizzazioni prevedevano di adottare i sistemi Linux nei cinque anni successivi per la fornitura di servizi per gruppi di lavoro. Tuttavia, come la Commissione giustamente osserva al punto 606 della decisione impugnata, essi non erano stati invitati a quantificare tale adozione né a precisare se essa si sarebbe verificata a danno dei sistemi Windows.

601    La Microsoft fa poi riferimento a talune previsioni elaborate dall’IDC da cui risulterebbe che la quota di mercato dei sistemi Linux sarebbe raddoppiata tra il 2003 e il 2008.

602    Al riguardo va ricordato, da un lato, che i dati dell’IDC contengono alcune imprecisioni, in quanto nelle sottocategorie utilizzate vengono incluse operazioni che si collocano fuori del mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro considerato nella decisione impugnata. Le previsioni di aumento effettuate dall’IDC debbono quindi essere precisate.

603    Dall’altro lato, come la Commissione rileva giustamente al punto 609 della decisione impugnata, la crescita limitata dei sistemi Linux sul mercato, stando alle suddette previsioni, si sarebbe dovuta verificare a danno non di Windows, bensì dei sistemi concorrenti e, più in particolare, a danno di NetWare. Al riguardo va osservato che nell’aprile 2003 Novell aveva annunciato che, a partire dal 2005, il suo sistema operativo «NetWare 7.0» sarebbe stato venduto in due versioni diverse: una basata sulla piattaforma NetWare tradizionale e l’altra basata sul sistema operativo Linux (v. punto 95 della decisione impugnata).

604    Infine, nell’allegato A.19 al ricorso e nell’allegato C.11 alla replica la Microsoft fa valere il parere di alcuni «osservatori del settore». In particolare, essa si riferisce a certi passaggi di una relazione dell’8 marzo 2004 della Merryll Linch (allegato 7 all’allegato C.11 alla replica), contenente gli esiti di un sondaggio effettuato da quest’ultima tra 50 responsabili informatici. La Microsoft osserva che la metà degli intervistati prevedeva un aumento nell’uso dei sistemi Linux in seno alla propria organizzazione e che, di questa metà, il 34% prevedeva di farlo per sostituire Windows NT per l’esecuzione di operazioni di condivisione di files e di stampanti.

605    Non si tratta di un argomento convincente. In effetti, esso indica solo che il 17% dei responsabili informatici intervistati aveva intenzione di sostituire Windows NT con sistemi Linux per eseguire le operazioni di cui al punto precedente, ma non viene fornita alcuna precisazione circa la portata di tale sostituzione. In realtà, considerato che all’epoca del sondaggio realizzato dalla Merryll Linch la tecnologia Windows NT era già «superata» (v. punto 583 della decisione impugnata), è assai verosimile che la base installata di server configurati con il suddetto sistema fosse relativamente limitata e quindi che la «migrazione» suddetta dovesse avvenire solo in misura assai ridotta. Inoltre, va ricordato che i sistemi operativi per server concorrenti di Microsoft potevano raggiungere un grado di interoperabilità più elevato con i sistemi della generazione Windows NT che non con i server delle generazioni successive prodotte dalla Microsoft. Come sottolineato dalla Commissione in sede di valutazione della circostanza relativa alla natura indispensabile delle informazioni di cui trattasi (v. supra, punto 366), la «migrazione» di cui si parla nella relazione della Merryll Linch costituisce un fenomeno circoscritto che non può quindi rimettere in discussione i rilievi effettuati dalla Commissione in merito al rischio di eliminazione della concorrenza.

606    Sempre nell’ambito del primo capo della sua analisi (ossia, quello relativo all’evoluzione del mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro), la Commissione ha poi rilevato che le tecnologie Windows 2000, in particolare l’Active Directory, stavano occupando «rapidamente un posto sempre più importante sul mercato» (punti 613-618 e 781 della decisione impugnata). Essa ha aggiunto che, «dato che la Microsoft ha interrotto il livello di divulgazione delle informazioni sull’interoperabilità, per i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro [concorrenti] di Microsoft risulta più arduo interoperare con [l]e caratteristiche di Windows 2000 di quanto lo fosse con le analoghe tecnologie basate su Windows NT», per poi concludere che «l’adozione [delle nuove caratteristiche del dominio Windows specifiche di Windows 2000] contribuisce a bloccare i clienti su una soluzione omogenea Windows per le loro reti per gruppi di lavoro» (punto 613 della decisione impugnata).

607    Il Tribunale considera che molti elementi del fascicolo confermano la validità di tali osservazioni.

608    Per esempio, in un bollettino pubblicato nel novembre 2001, l’IDC ha dichiarato che «[p]er la maggior parte degli utenti, il problema non è sapere se essi applicheranno servizi di annuario per supportare [il sistema] Windows 2000 ed i futuri sistemi operativi Windows per server, ma quando [lo faranno]» e che «per gli utenti di Windows 2000 il servizio di annuario prescelto sarà, in maniera schiacciante, Active Directory» (punto 614 della decisione impugnata).

609    Parimenti, come osservato dalla Commissione al punto 616 della decisione impugnata, da un sondaggio realizzato dall’Evans Data Corporation nel 2002 emerge che, alla domanda su quali fossero i servizi di annuario per cui avevano ideato le loro applicazioni, il 50,3% degli ideatori di applicazioni interne hanno menzionato Active Directory.

610    L’enorme interesse suscitato da Active Directory è confermato anche da alcuni risultati dell’indagine di mercato del 2003. Per esempio, nella richiesta di informazioni del 16 aprile 2003, la Commissione aveva domandato agli organismi interessati se avessero già applicato (o già deciso di applicare) Active Directory nella maggior parte dei domini Windows delle rispettive reti informatiche (domanda n. 15). Dei 102 soggetti interessati da tale indagine, 61 hanno risposto affermativamente.

611    Tale interesse emerge altresì da alcuni risultati del secondo sondaggio della Mercer, come osservato dalla Commissione al punto 618 della decisione impugnata.

612    Inoltre, come già indicato supra ai punti 571-574, l’interoperabilità che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti erano in grado di raggiungere con i prodotti della generazione Windows 2000 era molto più ridotta di quella che essi potevano raggiungere con i sistemi della generazione precedente.

613    Infine, la Commissione ha concluso la prima parte della sua analisi respingendo le tre categorie di argomenti dedotti dalla Microsoft durante il procedimento amministrativo per contestare il rischio di eliminazione della concorrenza indicato dalla Commissione. La Microsoft si era riferita ad alcune dichiarazioni dei suoi concorrenti, aveva sostenuto che le reti informatiche all’interno delle imprese erano eterogenee e aveva menzionato l’esistenza di soluzioni alternative a Windows.

614    Nelle sue memorie, riferendosi alle dichiarazioni dei propri clienti prodotte durante il procedimento amministrativo, la Microsoft riprende l’argomento della eterogeneità delle reti interne delle imprese.

615    Al riguardo, basti osservare che ai punti 498-500 della presente sentenza è già stato rilevato che tali dichiarazioni confermavano che, per quel che riguarda i server per gruppi di lavoro, le reti informatiche dei suddetti clienti erano composte prevalentemente da sistemi Windows.

616    Nei suoi scritti la Microsoft sostiene inoltre che i clienti professionisti basano le loro decisioni in materia di acquisto di sistemi operativi per server su una serie di criteri e che il problema dell’interoperabilità con i sistemi operativi Windows per PC clienti non costituisce un elemento determinante al riguardo. Come già dimostrato supra, al punto 426, tale affermazione non è esatta.

617    Quanto all’argomento della Microsoft secondo cui, a sei anni dall’asserito rifiuto sono ancora presenti molti concorrenti sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (v. supra, punto 442), esso va respinto per le ragioni indicate al punto 429 della presente sentenza.

618    Dall’insieme degli elementi sopra esposti emerge che la Commissione non è incorsa in un errore manifesto di valutazione ritenendo che l’evoluzione del mercato evidenziasse un rischio di eliminazione della concorrenza sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

619    La Commissione era tanto più legittimata a concludere per l’esistenza di un rischio di eliminazione della concorrenza sul detto mercato in quanto esso presenta alcune caratteristiche che sono atte a scoraggiare le organizzazioni che già hanno adottato Windows per i propri server per gruppi di lavoro dal migrare in futuro verso sistemi operativi concorrenti. Infatti, come giustamente osserva la Commissione al punto 523 della decisione impugnata, da alcuni risultati del terzo sondaggio della Mercer risulta che il fatto di godere di una «fama consolidata come tecnologia sperimentata» costituisce un fattore importante per una larga maggioranza dei responsabili informatici intervistati. Orbene, al momento dell’adozione della decisione impugnata, la Microsoft possedeva, in base ad una stima prudenziale, una quota del 60% almeno sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (punto 499 della decisione impugnata). Parimenti, va rilevato che taluni risultati del medesimo sondaggio indicano altresì che il fattore «competenze disponibili e costo/disponibilità di assistenza (interna o esterna)» è rilevante per la maggior parte dei responsabili informatici intervistati. Come giustamente spiegato dalla Commissione al punto 520 della decisione impugnata, «[c]iò significa che più facile è reperire tecnici competenti per un dato sistema operativo per server per gruppi di lavoro, più i clienti sono inclini ad adottarlo» e che, «[a]l contrario, più un sistema operativo per server per gruppi di lavoro viene utilizzato dai clienti, più è facile che i tecnici acquisiscano competenze relative a tale prodotto (e tanto più saranno disposti a farlo)». Ebbene, l’elevata quota di mercato detenuta dalla Microsoft sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro fa sì che un altissimo numero di tecnici possieda competenze specifiche per i sistemi operativi Windows.

620    Occorre pertanto concludere che nel caso di specie sussiste la circostanza secondo cui il rifiuto in esame rischia di eliminare la concorrenza.

 iv) Sul nuovo prodotto


 Argomenti delle parti

621    Citando i punti 48 e 49 della sentenza IMS Health, citata supra al punto 107, la Microsoft sostiene che non è stato dimostrato che il rifiuto ad essa contestato abbia impedito la comparsa di un prodotto nuovo per il quale esiste una domanda non soddisfatta dei consumatori.

622    A questo proposito, la Microsoft ricorda, da un lato, che essa vende già sistemi operativi per server che applicano i protocolli di comunicazione di cui si discute e, dall’altro lato, che i suoi concorrenti vendono i propri sistemi operativi per server, i quali utilizzano i protocolli di comunicazione che essi hanno scelto per fornire servizi per gruppi di lavoro.

623    Inoltre, facendo riferimento al punto 669 della decisione impugnata, la Microsoft ribadisce che la decisione impugnata mira a consentire ai suoi concorrenti di far funzionare i loro prodotti esattamente come i sistemi operativi Windows per server, e che è volontà della Commissione che i suoi protocolli di comunicazione siano usati dai concorrenti per creare sistemi operativi per server che entrino in concorrenza diretta con i suoi prodotti imitandone le funzionalità.

624    La Microsoft afferma inoltre che nella decisione impugnata non viene individuato alcun nuovo prodotto che i suoi concorrenti potrebbero sviluppare utilizzando i suoi protocolli di comunicazione, né è dimostrato che esista una domanda per questo tipo di prodotto. La Commissione si sarebbe limitata a sostenere che i concorrenti di Microsoft «potrebbero utilizzare le informazioni comunicate per sviluppare funzioni avanzate dei propri prodotti» (punto 695 della decisione impugnata).

625    La Microsoft sottolinea che, in ogni caso, né la lettera del 15 settembre 1998 né la denuncia della Sun del 10 dicembre 1998 contenevano il minimo indizio del fatto che quest’ultima volesse utilizzare la «tecnologia Microsoft» per creare un prodotto diverso da un sistema operativo per server per gruppi di lavoro.

626    La Microsoft contesta l’affermazione della Commissione secondo cui, per poter qualificare un prodotto come nuovo, è sufficiente che esso contenga elementi sostanziali derivanti dagli sforzi compiuti dal licenziatario. A suo avviso, difatti, «[è] difficile che l’aggiunta di una caratteristica derivante dai prodotti di un concorrente venga considerata come creazione di un nuovo prodotto».

627    La Microsoft obietta poi contro l’affermazione della Commissione secondo cui il rifiuto ad essa contestato è un «rifiuto di permettere l’innovazione conseguente» (v. infra, punto 632). Essa nega la fondatezza delle osservazioni contenute al punto 696 della decisione impugnata, sostenendo che la Novell non ha mai utilizzato AS/U e che l’entità delle vendite dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro della Sun e di «molti altri venditori» che avevano ottenuto una licenza per AS/U è sempre stata modesta. In realtà, secondo la ricorrente, è l’obbligo di concedere licenze previsto dalla decisione impugnata ad essere idoneo a limitare l’innovazione, poiché la Microsoft si sentirà meno incentivata a sviluppare una data tecnologia se dovrà metterla a disposizione dei suoi concorrenti.

628    Infine, la Microsoft nega che il rifiuto di cui trattasi rechi pregiudizio ai consumatori. Essa sostiene che la relazione Mercer citata dalla Commissione (v. infra, punto 635) si riferisce a prodotti che attualmente sono sul mercato ed è pertanto priva di rilievo per valutare se il detto rifiuto abbia impedito la comparsa di prodotti nuovi per i quali esisterebbe una domanda non soddisfatta dei consumatori. Per di più, nessuna delle relazioni Mercer dimostrerebbe che la Microsoft «è collocata dietro» ai suoi concorrenti. Più in particolare, la Commissione ometterebbe di citare il fatto che i sistemi operativi Windows per server hanno ottenuto un punteggio più alto dei sistemi NetWare e Linux per dieci fattori su tredici, e un punteggio più alto dei sistemi UNIX per nove fattori su tredici. La Microsoft rileva altresì che nessun cliente, nel corso del procedimento amministrativo, ha dichiarato di essere stato costretto ad usare sistemi operativi Windows per server a causa del presunto rifiuto di quest’ultima di divulgare ai propri concorrenti le informazioni sull’interoperabilità.

629    La CompTIA sostiene che nella decisione impugnata la Commissione non ha provato che il rifiuto contestato alla Microsoft avrebbe impedito la comparsa di un prodotto nuovo.

630    La Commissione respinge l’affermazione della Microsoft secondo cui il rifiuto di cui trattasi non ha impedito la comparsa di un prodotto nuovo per il quale sussiste una domanda non soddisfatta dei consumatori.

631    A questo proposito, innanzi tutto la Commissione osserva come dal punto 49 della sentenza IMS Health, citata supra al punto 107, risulta che per «prodotto nuovo» si intende un prodotto che non si limita, in sostanza, a riprodurre i prodotti già offerti sul mercato dal titolare del diritto d’autore. Di conseguenza, basterebbe che il prodotto di cui trattasi contenga elementi sostanziali derivanti dagli sforzi propri del titolare di licenza. Ricordando che la Microsoft è tenuta a divulgare solo le specificazioni delle sue interfacce, e non la loro implementazione, la Commissione sostiene che i concorrenti della Microsoft non si limiteranno a riprodurne i prodotti né del resto sarebbero in grado di farlo. A suo dire, essi utilizzeranno le informazioni sull’interoperabilità per vendere costantemente prodotti migliorati, «offrendo un valore aggiunto rispetto ai loro stessi prodotti precedenti e rispetto alla precedente offerta della Microsoft», anziché essere estromessi dal mercato a causa del rifiuto di quest’ultima di comunicare le suddette informazioni (punto 695 della decisione impugnata). La Commissione aggiunge che nessuna caratteristica dei prodotti della Microsoft, e in particolare nessuna parte del suo codice software, verrà integrata in altri sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

632    In secondo luogo, la Commissione fa rilevare di non essersi limitata, nella decisione impugnata, ad analizzare il solo criterio del prodotto nuovo come definito nella sentenza IMS Health, citata supra la punto 107, ma di aver esaminato il suddetto criterio alla luce del divieto, sancito dall’art. 82, secondo comma, lett. b), CE, delle pratiche abusive consistenti nel limitare lo sviluppo tecnico a danno dei consumatori. Essa avrebbe infatti valutato con particolare attenzione se il rifiuto contestato alla Microsoft fosse un «rifiuto di permettere l’innovazione conseguente», ossia lo sviluppo di prodotti nuovi, e non un semplice rifiuto di autorizzare la riproduzione.

633    A sostegno di tali affermazioni, in primo luogo, la Commissione spiega di aver valutato il comportamento adottato in passato dai concorrenti della Microsoft, quando la ricorrente aveva fornito loro informazioni sull’interoperabilità o aveva inavvertitamente autorizzato alcuni di loro a ricorrere a «soluzioni di aggiramento (workarounds)» (punto 696 della decisione impugnata). In risposta alle critiche della Microsoft sul punto (v. supra, punto 627), la Commissione precisa che la Novell, non essendo un «distributore UNIX», non era interessata alle «implementazioni basate su UNIX» come AS/U. Essa aggiunge che la Sun e altri distributori UNIX avevano proposto prodotti innovativi che utilizzano AS/U per realizzare l’interoperabilità con i sistemi Windows e che avrebbero potuto rispondere a una domanda dei consumatori se la Microsoft non si fosse rifiutata di comunicare le informazioni sull’interoperabilità.

634    In secondo luogo, essa ricorda di aver osservato, al punto 698 della decisione impugnata, che erano possibili molte implementazioni diverse di una stessa specificazione.

635    In terzo luogo la Commissione, citando il punto 699 della decisione impugnata, afferma che dai risultati del terzo sondaggio della Mercer si evince che, nonostante che la «Microsoft rimanga dietro ai suoi concorrenti» riguardo a molte caratteristiche ritenute importanti dai consumatori di sistemi operativi per server, questi ultimi si accontentano dei prodotti Microsoft «a causa dell’ostacolo all’adozione di soluzioni alternative derivante dalla mancanza di interoperabilità». Essa precisa che la Microsoft si classifica meglio dei suoi concorrenti solo se, da un lato, l’interoperabilità con Windows è un fattore che viene preso in considerazione e se, dall’altro, a fattori secondari viene attribuito lo stesso peso dei fattori importanti. Quanto all’argomento della Microsoft secondo cui nessun cliente si sarebbe lamentato di aver dovuto adottare un sistema operativo Windows a causa del rifiuto in questione, la Commissione fa rinvio ai punti 702-708 della decisione impugnata.

636    In quarto luogo, la Commissione osserva che i concorrenti della Microsoft effettuano lavori di ricerca e di sviluppo ma hanno bisogno di accedere ai protocolli della Microsoft per consentire alle organizzazioni che utilizzano PC e server per gruppi di lavoro configurati con sistema operativo Windows di trarre profitto dalle loro innovazioni senza essere penalizzate a causa della mancanza di interoperabilità. Essa precisa che, «[di] per sé, il rifiuto non pregiudica direttamente la capacità dei concorrenti di innovare, ma piuttosto la capacità del consumatore di beneficiare di tale innovazione, nonché la capacità dei concorrenti di trarre vantaggio dalla loro innovazione – e quindi, più a lungo termine, i loro incentivi ad innovare».

637    In quinto luogo, infine, la Commissione sostiene che gli argomenti dedotti dalla Microsoft in merito ai suoi incentivi ad innovare non sono rilevanti per valutare le conseguenze della pratica abusiva in esame sugli incentivi ad innovare dei suoi concorrenti.

638    Da ultimo, la Commissione sostiene che l’affermazione della Microsoft secondo cui il criterio del prodotto nuovo non è soddisfatto nel caso di specie si basa su un’interpretazione erronea della giurisprudenza.

639    A questo riguardo, in primo luogo, la Commissione sostiene tale criterio non esige che sia concretamente dimostrato che il prodotto del licenziatario attirerà clienti che non acquistano i prodotti offerti dal fornitore dominante esistente. Nella sentenza IMS Health, citata supra al punto 107, la Corte avrebbe concentrato la sua analisi sulle differenze tra i prodotti atte ad influire sulle scelte dei consumatori o, in altri termini, sulla questione dell’esistenza di una «domanda potenziale» per il prodotto nuovo. Essa insiste sul fatto che il criterio del prodotto nuovo non si riferisce unicamente alle restrizioni alla produzione. In sede di controreplica, la Commissione afferma che i prodotti nuovi previsti risponderanno manifestamente ad una domanda potenziale e saranno basati sui sistemi operativi attualmente commercializzati dai concorrenti di Microsoft e che presentano caratteristiche che spesso i consumatori apprezzano più delle corrispondenti caratteristiche dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro della Microsoft.

640    In secondo luogo, la Commissione ritiene che la Microsoft non possa avvalersi del fatto che la decisione impugnata si concentra sulla capacità dei suoi concorrenti di adattare i propri «prodotti esistenti». Infatti, la questione pertinente sarebbe quella di sapere se tali concorrenti si limiteranno, in sostanza, a riprodurre i prodotti esistenti elaborati dal titolare del diritto di proprietà intellettuale. In proposito la Commissione sottolinea che i prodotti dei concorrenti di Microsoft applicheranno lo stesso insieme di protocolli dei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro, ma saranno assai diversi in termini di prestazioni, sicurezza e funzionalità.

641    In terzo luogo, la Commissione asserisce che la giurisprudenza non esclude che i futuri prodotti del licenziatario possano entrare in concorrenza con il prodotto del titolare del diritto di proprietà intellettuale, come sarebbe testimoniato dai fatti delle cause all’origine delle sentenze Magill e IMS Health, citate supra al punto 107.

642    La SIIA sostiene che il rifiuto in parola ostacola la comparsa di «sistemi operativi per server per gruppi di lavoro non [prodotti dalla] Microsoft nuovi e innovativi, e che rispondono alle necessità di interoperabilità dei clienti». Essa spiega che grazie alle informazioni sull’interoperabilità i concorrenti della Microsoft potranno non solo offrire prodotti contenenti «capacità funzionali migliorate» ma anche, e soprattutto, prodotti interoperabili. Inoltre, la SIIA sottolinea che i concorrenti della Microsoft non trarrebbero alcun vantaggio concorrenziale dal limitarsi a «copiare i prodotti [di quest’ultima]» né del resto sarebbero in grado di farlo avendo accesso alle informazioni indicate nella decisione impugnata.

 Giudizio del Tribunale

643    Occorre sottolineare che la circostanza che il comportamento contestato ostacoli la comparsa di un prodotto nuovo sul mercato dev’essere valutata alla luce dell’art. 82, secondo comma, lett. b), CE, il quale vieta le pratiche abusive consistenti nel «limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico a danno dei consumatori».

644    Così, al punto 54 della sentenza Magill, citata supra al punto 107, la Corte ha dichiarato che il rifiuto, da parte delle società di telediffusione considerate, doveva essere qualificato come abusivo ai sensi della suddetta disposizione, in quanto ostacolava la comparsa di un prodotto nuovo che esse non offrivano e per il quale sussisteva una domanda potenziale dei consumatori.

645    Emerge dalla decisione che era oggetto della causa nella quale è stata pronunciata tale sentenza, che la Commissione aveva ritenuto, più precisamente, che con il loro rifiuto le suddette società di telediffusione limitavano la produzione o gli sbocchi a danno dei consumatori [v. punto 23, primo comma, della decisione della Commissione 21 dicembre 1988, 89/205/CEE, relativa ad una procedura in applicazione dell’articolo [82 CE] (IV/31.851, Magill TV Guide/ITP, BBC e RTE) (GU 1989, L 78, pag. 43)]. Essa aveva, in effetti, rilevato che il detto rifiuto impediva agli editori di produrre e pubblicare una guida televisiva generale settimanale per i consumatori in Irlanda e Irlanda del Nord, un tipo di guida che all’epoca non era disponibile su tale mercato geografico. Le società di telediffusione interessate pubblicavano ciascuna una guida televisiva settimanale, dedicata però esclusivamente ai loro programmi. Per constatare un abuso di posizione dominante commesso dalle suddette società, la Commissione aveva posto l’enfasi sul pregiudizio che la mancanza sul mercato di una guida televisiva settimanale generale in Irlanda e Irlanda del Nord causava ai consumatori, i quali, desiderosi di informarsi sull’offerta di programmi per la settimana seguente, non avevano altra possibilità se non di acquistare le guide settimanali di ciascuna emittente, onde trarne personalmente i dati utili per procedere ad un raffronto.

646    Nella sentenza IMS Health, citata supra al punto 107, la Corte, nel valutare la circostanza relativa alla comparsa di un prodotto nuovo, l’ha collocata anche nell’ambito del pregiudizio arrecato agli interessi dei consumatori. Così, al punto 48 di tale sentenza, facendo rinvio al paragrafo 62 delle conclusioni dell’avvocato generale Tizzano relative alla stessa causa (Racc. pag. I‑5042), la Corte ha sottolineato che tale circostanza rispondeva alla considerazione secondo cui, nella ponderazione dell’interesse relativo alla tutela del diritto di proprietà intellettuale e alla libertà di iniziativa economica del suo titolare, da un lato, e dell’interesse relativo alla tutela della libera concorrenza, dall’altro, quest’ultimo può prevalere solo se il rifiuto di concedere una licenza impedisca lo sviluppo del mercato derivato a danno dei consumatori.

647    Va osservato che la circostanza relativa alla comparsa di un prodotto nuovo, come prevista dalle sentenze Magill e IMS Health, citate supra al punto 107, non può costituire l’unico parametro che consente di stabilire se il rifiuto di concedere in licenza un diritto di proprietà intellettuale possa portare pregiudizio ai consumatori ai sensi dell’art. 82, secondo comma, lett. b), CE. Come risulta infatti dalla lettera di tale disposizione, il detto pregiudizio può verificarsi in presenza di una limitazione non solo della produzione o degli sbocchi, ma anche dello sviluppo tecnico.

648    È su quest’ultima ipotesi che la Commissione si è pronunciata nella decisione impugnata. Essa ha così ritenuto che il rifiuto contestato alla Microsoft limitava lo sviluppo tecnico a danno dei consumatori ai sensi dell’art. 82, secondo comma, lett. b), CE (punti 693-701 e 782 della decisione impugnata) e ha respinto l’affermazione della ricorrente secondo cui non era dimostrato che il suddetto rifiuto causasse un pregiudizio ai consumatori (punti 702-708 della decisione impugnata).

649    Il Tribunale ritiene che le considerazioni della Commissione contenute nei punti della decisione supra menzionati non siano manifestamente erronee.

650    Infatti, in primo luogo, giustamente la Commissione, al punto 694 della decisione impugnata, ha osservato che «[i]n ragione della mancanza di interoperabilità che i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti sono in grado di raggiungere con l’architettura di dominio Windows, un numero crescente di consumatori risulta imprigionato in una soluzione omogenea Windows quanto ai sistemi operativi per server per gruppi di lavoro».

651    In proposito, occorre ricordare che, come già indicato supra ai punti 371-422, il rifiuto contestato alla Microsoft impediva ai suoi concorrenti di sviluppare sistemi operativi per server per gruppi di lavoro capaci di raggiungere un grado di interoperabilità sufficiente con l’architettura di dominio Windows, il che faceva sì che, nel decidere sull’acquisto di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, i consumatori si orientassero verso i prodotti Microsoft. È stato altresì osservato, ai punti 606-611 della presente sentenza, che da numerosi elementi del fascicolo emergeva che le tecnologie della gamma Windows 2000, in particolare l’Active Directory, venivano adottate in misura crescente dalle organizzazioni. Dato che i problemi di interoperabilità si presentano in modo più acuto con i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro appartenenti alla suddetta gamma di prodotti che non con i prodotti della generazione precedente (v. supra, punti 571-574 e punti 578-584, 588 e 613 della decisione impugnata), la crescente adozione dei suddetti sistemi non fa che rafforzare l’effetto di «imprigionamento» di cui al punto precedente.

652    La restrizione in tal modo provocata alle scelte dei consumatori è tanto più pregiudizievole per questi ultimi in quanto, come già osservato supra ai punti 407-412, essi ritengono i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti superiori ai sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro relativamente a tutta una serie di caratteristiche che essi considerano di grande importanza, come l’«affidabilità/disponibilità del sistema» e la «sicurezza integrata nel sistema operativo per server».

653    In secondo luogo, giustamente la Commissione ha ritenuto che il vantaggio artificiale in termini di interoperabilità che la Microsoft si riservava, in forza del suo rifiuto, dissuadeva i suoi concorrenti dallo sviluppare e immettere sul mercato sistemi operativi per server per gruppi di lavoro dotati di caratteristiche innovative, a danno, in particolare, dei consumatori (v., in tal senso, punto 694 della decisione impugnata). Tale rifiuto, infatti, pone i concorrenti in svantaggio rispetto alla Microsoft per quel che riguarda i meriti dei loro prodotti, in particolare relativamente a parametri come la sicurezza, l’affidabilità, la facilità d’uso o la rapidità di esecuzione delle operazioni (punto 699 della decisione impugnata).

654    L’osservazione della Commissione secondo cui «se i concorrenti della Microsoft avessero accesso alle informazioni sull’interoperabilità che [quest’ultima] si rifiuta di fornire loro, potrebbero servirsene per rendere disponibili le funzioni avanzate dei rispettivi prodotti nell’ambito delle reti di relazioni di interoperabilità su cui si basa l’architettura di dominio Windows» (punto 695 della decisione impugnata) trova conferma nel comportamento che i concorrenti avevano tenuto in passato, quando avevano avuto accesso ad alcune informazioni sui prodotti Microsoft. I due esempi che la Commissione cita al punto 696 della decisione impugnata, ossia i prodotti denominati «PC NetLink» e «NDS per NT» sono eloquenti a questo proposito. PC NetLink è un software che è stato elaborato dalla Sun sulla base di AS/U, che era stato messo a punto dalla AT&T utilizzando alcuni elementi del codice sorgente della Microsoft comunicatole dalla stessa Microsoft nell’ambito di una licenza negli anni ‘90 (punti 211-213 della decisione impugnata). Da un documento comunicato dalla Microsoft nel corso del procedimento amministrativo emerge che le caratteristiche innovative e il valore aggiunto che PC NetLink forniva alle reti Windows per gruppi di lavoro venivano sottolineate dalla Sun per promuovere la vendita del prodotto (nota n. 840 della decisione impugnata). Parimenti, nella sua documentazione commerciale, la Novell sottolineava le caratteristiche che NDS per NT – un software da essa sviluppato avvalendosi di tecniche di ingegneria a ritroso – apportava all’architettura di dominio Windows NT (nota n. 841 della decisione impugnata).

655    Va osservato che la Commissione si è premurata di sottolineare, in tale contesto, che esistevano «estese possibilità di differenziazione e di innovazione oltre all’ideazione di specificazioni di interfaccia» (punto 698 della decisione impugnata). In altre parole, una stessa specificazione può costituire oggetto di numerose applicazioni diverse e innovative da parte degli ideatori di software.

656    Così, la decisione impugnata si basa sull’idea secondo cui, una volta eliminato l’ostacolo rappresentato, per i concorrenti della Microsoft, dall’insufficiente grado di interoperabilità con l’architettura di dominio Windows, essi saranno in grado di offrire sistemi operativi per server per gruppi di lavoro che, lungi dal rappresentare una semplice riproduzione dei sistemi Windows già presenti sul mercato, si distingueranno da questi ultimi relativamente a parametri importanti per i consumatori (v., in tal senso, punto 699 della decisione impugnata).

657    Occorre ricordare, al riguardo, che i concorrenti della Microsoft non sarebbero peraltro in grado di clonare o di riprodurre i prodotti di quest’ultima avendo accesso alle sole informazioni sull’interoperabilità indicate nella decisione impugnata. Oltre al fatto che la stessa Microsoft ammette, nelle sue memorie, che la misura correttiva prevista dall’art. 5 della stessa decisione non consentirebbe il raggiungimento di un simile risultato (v. supra, punto 241), va ribadito che le informazioni in parola non si estendono a dettagli di implementazione o ad altri elementi del codice sorgente di Microsoft (v. supra, punti 192-206). Deve inoltre rilevarsi che i protocolli a proposito dei quali la Microsoft è tenuta a divulgare alcune specificazioni in attuazione della decisione impugnata rappresentano solo una minima parte dell’insieme di protocolli che sono applicati nei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro.

658    Va aggiunto che i concorrenti della Microsoft non avrebbero alcun interesse a contentarsi di riprodurre i sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro. Una volta in grado di sviluppare, grazie alle informazioni loro comunicate, sistemi operativi sufficientemente interoperabili con l’architettura di dominio Windows, essi non avranno altra scelta, al fine di godere di un vantaggio concorrenziale sulla Microsoft e di restare in modo redditizio sul mercato, se non quella di diversificare i propri prodotti da quelli della Microsoft rispetto ad alcuni parametri e a determinate caratteristiche. Va ricordato in proposito, come sottolineato dalla Commissione ai punti 719-721 della decisione impugnata, che l’implementazione di specificazioni è un’operazione difficoltosa, che esige ingenti investimenti in termini finanziari e di tempo.

659    Infine, quanto all’argomento della Microsoft secondo cui essa sarà meno incentivata a elaborare una determinata tecnologia se fosse costretta a metterla a disposizione dei suoi concorrenti (v. supra, punto 627), è sufficiente constatare che si tratta di un argomento privo di rilievo in sede di esame della circostanza relativa al prodotto nuovo, ove occorre valutare l’impatto del rifiuto di cui trattasi sugli incentivi ad innovare per i concorrenti della Microsoft e non la questione degli incentivi ad innovare per quest’ultima. Tale ultima questione dev’essere valutata in sede di esame della circostanza relativa alla mancanza di giustificazione oggettiva.

660    In terzo luogo, sempre giustamente la Commissione ha respinto, in quanto infondata, l’affermazione fatta dalla Microsoft durante il procedimento amministrativo, secondo cui non era dimostrato che il rifiuto ad essa contestato causasse un pregiudizio ai consumatori (punti 702-708 della decisione impugnata).

661    Anzitutto, come già rilevato supra ai punti 407-412, dagli esiti del terzo sondaggio della Mercer emerge che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Microsoft, i consumatori ritengono i sistemi operativi per server per gruppi di lavoro concorrenti superiori ai sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro per quanto riguarda una serie di caratteristiche da essi ritenute molto importanti.

662    Inoltre, la Microsoft non può far valere il fatto che i consumatori non hanno mai sostenuto, nel corso del procedimento amministrativo, di essere stati costretti ad adottare un sistema operativo Windows per server per gruppi di lavoro a causa del rifiuto della Microsoft di divulgare ai suoi concorrenti le informazioni sull’interoperabilità. Al riguardo, basti rilevare che la Microsoft non contesta le constatazioni effettuate dalla Commissione ai punti 705 e 706 della decisione impugnata. Al punto 705 della decisione impugnata, la Commissione sottolinea come siano gli ideatori di software complementari, i quali debbono interoperare con i sistemi della Microsoft, a «dipendere dalla comunicazione, da parte di quest’ultima, delle informazioni sull’interoperabilità» e che «i consumatori non sempre sanno esattamente che cosa la Microsoft comunica o non comunica ai distributori di sistemi operativi per server per gruppi di lavoro». Al punto 706 della decisione impugnata la Commissione ricorda che, «[s]e costretti a scegliere se tollerare problemi di interoperabilità che rendono più complicato, inefficiente o oneroso lo svolgimento delle loro attività, oppure optare per un ambiente Windows omogeneo, i consumatori tenderanno a privilegiare quest’ultima soluzione» e che, «[u]na volta uniformatisi a Windows, è poco probabile che essi menzionino problemi di interoperabilità tra i propri PC clienti e i server per gruppi di lavoro».

663    Inoltre, va osservato che dalle stesse dichiarazioni dalla Microsoft riguardo alle divulgazioni effettuate in attuazione della transazione americana emerge che tali divulgazioni avevano avuto l’effetto di offrire ai consumatori una scelta più ampia (v. punto 703 della decisione impugnata).

664    Infine, va ricordato che secondo una giurisprudenza costante l’art. 82 CE vuole colpire non solo le pratiche atte a danneggiare direttamente i consumatori, ma anche quelle che recano loro un danno indiretto, indebolendo la struttura di effettiva concorrenza (sentenza della Corte 13 febbraio 1979, causa 85/76, Hoffmann-La Roche/Commissione, Racc. pag. 461, punto 125, e sentenza Irish Sugar/Commissione, cit. al punto 229 supra, punto 232). Nel caso di specie, la Microsoft ha compromesso la struttura di concorrenza effettiva sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro acquistando su di esso una considerevole quota.

665    Dal complesso di considerazioni che precedono deve dedursi che il rilievo della Commissione secondo cui il rifiuto contestato alla Microsoft limita lo sviluppo tecnico a danno dei consumatori, ai sensi dell’art. 82, secondo comma, lett. b), CE, non è manifestamente erroneo. Deve pertanto ritenersi che ricorra nel caso di specie la circostanza relativa alla comparsa di un prodotto nuovo.

 v) Sulla mancanza di giustificazione oggettiva


 Argomenti delle parti

666    In primo luogo la Microsoft sostiene che il rifiuto ad essa contestato era oggettivamente giustificato dai diritti di proprietà intellettuale da essa detenuti sulla «tecnologia» in parola. Essa fa notare di aver realizzato investimenti ragguardevoli per elaborare i propri protocolli di comunicazione e che il successo commerciale riscontrato dai suoi prodotti ne rappresenta il legittimo compenso. Essa inoltre sostiene che si ammette comunemente che il rifiuto di un’impresa di comunicare ai propri concorrenti una determinata tecnologia è giustificato dal fatto di non volere che questi ultimi se ne servano per farle concorrenza.

667    In sede di replica la Microsoft adduce che la tecnologia che essa deve divulgare ai suoi concorrenti è segreta, di grande valore per i beneficiari di licenza e contiene importanti innovazioni.

668    Rispondendo ad uno dei quesiti scritti del Tribunale, la ricorrente aggiunge che essa aveva una giustificazione oggettiva per non concedere licenze sulla detta tecnologia, «tenuto conto del pregiudizio che ne sarebbe derivato agli incentivi all’innovazione se la Sun (o altri) si fossero avvalsi di tale tecnologia per elaborare un equivalente funzionale che facesse concorrenza ai prodotti Microsoft sullo stesso mercato».

669    In secondo luogo, la Microsoft sostiene che la Commissione ha respinto i suoi argomenti applicando un criterio nuovo, giuridicamente erroneo e che si discosta nettamente da quelli individuati dalla giurisprudenza. Infatti, al punto 783 della decisione impugnata, la Commissione avrebbe ritenuto che il rifiuto di comunicare informazioni protette da diritti di proprietà intellettuale costituiva una violazione dell’art. 82 CE se, tutto considerato, l’impatto positivo sull’innovazione nel complesso del settore compensava l’impatto negativo sulle spinte ad innovare dell’impresa in posizione dominante.

670    Secondo la Microsoft l’applicazione di un simile «criterio di ponderazione» farà sì che le imprese in posizione dominante saranno meno incentivate ad investire nella ricerca e nello sviluppo, poiché esse dovranno condividere con i propri concorrenti i frutti dei loro sforzi. A suo avviso, i diritti di proprietà intellettuale spingono il titolare a continuare ad innovare, e al contempo incoraggiano le imprese concorrenti ad incrementare le proprie attività in materia di innovazione per non «rimanere al traino». La Microsoft inoltre contesta alla Commissione di non aver cercato di «quantificare» l’impatto negativo che l’obbligo di concedere licenze imposto dalla decisione impugnata avrà sui suoi concorrenti, i quali aspetteranno di sapere di quale tecnologia potranno disporre in base ad una licenza anziché adoperarsi per dar vita ad una tecnologia loro propria.

671    La Microsoft contesta inoltre la genericità e l’imprevedibilità delle conseguenze di tale criterio, osservando in particolare che la Commissione non fornisce alcuna indicazione che permetta alle imprese in posizione dominante di valutare se la «tutela del [loro] incentivo ad innovare possa giustificare la decisione di mantenere la [loro] proprietà intellettuale per il [loro] proprio uso». Più in generale, la decisione impugnata non fornirebbe precisazioni in merito al modo in cui il detto criterio è stato applicato nel caso di specie né riguardo al modo in cui dovrebbe essere attuato in futuro.

672    In terzo luogo, la Microsoft contesta la rilevanza dei riferimenti fatti dalla Commissione alla transazione americana e all’accordo transattivo stipulato con la Sun (v. supra, punto 687).

673    In base alla transazione americana la ricorrente è tenuta a concedere licenze sui protocolli di comunicazione applicati nei sistemi operativi Windows per PC clienti al solo fine della loro applicazione in un software per server. La decisione impugnata invece le imporrebbe di concedere licenze relative ai propri protocolli di comunicazione «server-server» perché essi possano essere applicati in sistemi operativi per server direttamente concorrenti. La Microsoft fa osservare inoltre che gli obblighi derivanti dalla transazione americana sono limitati ad un periodo di cinque anni e che una società è tanto più incentivata a proseguire nello sviluppo di una tecnologia se, dopo un periodo determinato, essa può nuovamente avvalersi in maniera esclusiva dei miglioramenti apportati alla tecnologia stessa.

674    L’accordo di transazione con la Sun prevede invece l’impegno reciproco di condividere una tecnologia e diritti di proprietà intellettuale a condizioni concordate e per un periodo limitato a sei anni. In forza della decisione impugnata, invece, la Microsoft non potrebbe scegliere liberamente i beneficiari di licenza e questi non le darebbero in cambio alcuna licenza; i compensi e le altre condizioni relative alla concessione delle licenze sarebbero soggetti al controllo della Commissione e gli obblighi della Microsoft relativi alla concessione obbligatoria di licenze «si [estenderebbero] all’infinito».

675    La CompTIa sottolinea, innanzi tutto, l’importanza dell’innovazione per la concorrenza nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e la necessità di disporre in tale settore di un «solido sistema di protezione dei diritti di proprietà intellettuale». In particolare, essa spiega che questi ultimi diritti incoraggiano le società a migliorare i loro prodotti già esistenti e a metterne dei nuovi sul mercato.

676    Inoltre, riferendosi al punto 783 della decisione impugnata, la CompTIA sostiene che la Commissione nel caso di specie ha applicato un nuovo criterio di valutazione e sostiene che quest’ultimo non è conforme alla giurisprudenza.

677    In primo luogo, la Commissione sostiene di aver debitamente preso in considerazione le giustificazioni dedotte dalla Microsoft.

678    Al riguardo, essa rileva anzitutto che, nel ricorso, la Microsoft ha ammesso di aver fatto valere una sola giustificazione, ossia il fatto di possedere diritti di proprietà intellettuale sulla «tecnologia» di cui si tratta. La Commissione afferma che tale giustificazione non poteva essere accolta, e in particolare fa rilevare che, nella causa all’origine della sentenza Magill, citata al punto 107 supra, in cui non si dubitava affatto che la decisione contestata imponesse alle società interessate l’obbligo di concedere licenze relative ad un diritto d’autore, la Corte ha ritenuto che il rifiuto in oggetto non fosse obiettivamente giustificato. Su questo punto, la Commissione è sostenuta dalla SIIA.

679    Inoltre, la Commissione spiega di aver inteso l’argomento dedotto dalla Microsoft nel senso che i fatti del caso di specie, e in particolare «il probabile impatto che un ordine di fornitura avrebbe avuto sui suoi incentivi ad innovare» erano talmente eccezionali da impedirle di applicare le soluzioni giurisprudenziali.

680    Al riguardo, essa ricorda che era compito della Microsoft provare che il comportamento abusivo contestato era obiettivamente giustificato. Più in particolare, essa ritiene che la Microsoft fosse tenuta almeno a dimostrare, da un lato, che l’obbligo che le era stato imposto di divulgare le informazioni sull’interoperabilità avrebbe avuto un impatto negativo sui suoi incentivi ad innovare e, dall’altro lato, che esisteva un rischio che tale impatto negativo prevalesse sull’«insieme degli elementi individuati dalla Commissione che altrimenti renderebbero tale comportamento abusivo». Ebbene, la Microsoft si sarebbe limitata a dedurre argomenti puramente teorici e non dimostrati a tal riguardo.

681    La Commissione ritiene altresì che la Microsoft non possa giustificare il suo rifiuto adducendo il fatto che la tecnologia invocata è segreta e di grande valore e che contiene innovazioni considerevoli. Tale giustificazione inoltre non è stata dedotta nel ricorso.

682    In secondo luogo, la Commissione nega di aver applicato un criterio di valutazione nuovo nel caso di specie.

683    Al riguardo, anzitutto la Commissione respinge l’affermazione della Microsoft secondo cui un’impresa ha diritto di rifiutarsi di comunicare una data tecnologia ai suoi concorrenti quando vuole evitare che questi ultimi se ne possano avvalere per farle concorrenza. Tale affermazione potrebbe intendersi, da un lato, nel senso che, anche se sono soddisfatti i primi tre criteri stabiliti dalla Corte nelle sentenze Magill e IMS Health, citate supra al punto 107, il rifiuto di concedere licenze è lecito qualora i concorrenti intendano avvalersi della licenza per far concorrenza all’impresa dominante. Simile tesi sarebbe manifestamente erronea. Dall’altro lato, la suddetta affermazione potrebbe essere interpretata nel senso che i principi posti nella sentenza Magill, citata supra al punto 107, non si applicano quando il diritto di proprietà intellettuale verte su una tecnologia. Orbene, oltre al fatto che la Microsoft non spiega in alcun modo cosa essa intenda per «tecnologia» nel presente contesto, sarebbe assai difficile distinguere tra i diritti di proprietà intellettuale «tecnologici» e quelli «non tecnologici». Inoltre, non sarebbe sicuro che le informazioni sull’interoperabilità di cui trattasi costituiscano una tecnologia di questo tipo, specie se rappresentano solo convenzioni arbitrarie prive di carattere innovativo.

684    Inoltre, la Commissione contesta l’affermazione della Microsoft secondo cui, a causa della decisione impugnata, i suoi concorrenti non saranno più motivati a dar vita ad una tecnologia propria. Essa sostiene che la Microsoft non si pronuncia in merito all’affermazione contenuta al punto 697 della decisione impugnata secondo cui, tenuto conto della posizione quasi monopolistica da essa detenuta sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti, i concorrenti non sono in grado di elaborare alternative economicamente sostenibili ai suoi protocolli di comunicazione.

685    Ancora, la Commissione osserva che la Microsoft si limita a riferirsi alle sue spinte ad innovare in materia di ideazione di protocolli, senza menzionare gli altri suoi prodotti. Facendo rinvio al punto 724 della decisione impugnata, la Commissione sostiene che tale approccio è errato.

686    Infine, la Commissione sostiene che la Microsoft passa sotto silenzio il fatto che quelle di cui si tratta sono informazioni necessarie all’interoperabilità ai sensi della direttiva 91/250. Dall’art. 6 di tale direttiva emerge che il legislatore comunitario ritiene la divulgazione di tali informazioni proficua per l’innovazione.

687    In terzo luogo, la Commissione si riferisce ad alcune dichiarazioni fatte dalla Microsoft durante il procedimento amministrativo e successivamente all’adozione della decisione impugnata. Per esempio, durante l’audizione, rispondendo ad una questione formulata dai servizi della Commissione la Microsoft aveva spiegato di non aver rilevato alcun impatto negativo della transazione americana sulle sue motivazioni ad innovare. Parimenti, nel corso di una conferenza stampa congiunta con la Sun, successiva alla stipulazione tra di loro dell’accordo di transazione, la Microsoft avrebbe dichiarato che le due società avrebbero continuato a farsi concorrenza e ad innovare e che «l’accordo avrebbe prodotto non un’innovazione più ridotta, bensì maggiore innovazione». Per la Commissione, l’argomento della Microsoft secondo cui il suddetto accordo prevede degli impegni reciproci non è rilevante. Al riguardo essa fa rilevare che, al momento della conclusione dell’accordo stesso, la Sun seguiva già una politica consistente nel divulgare i protocolli relativi all’insieme del settore.

 Giudizio del Tribunale

688    In via preliminare va rilevato che, se l’onere della prova riguardo all’esistenza di circostanze costitutive di una violazione dell’art. 82 CE grava sulla Commissione, è tuttavia all’impresa dominante interessata, e non alla Commissione, che spetta all’occorrenza, e prima che si chiuda il procedimento amministrativo, far valere un’eventuale giustificazione obiettiva e dedurre argomenti ed elementi di prova al riguardo. La Commissione è tenuta allora, qualora intenda dichiarare l’esistenza di un abuso di posizione dominante, a dimostrare che gli argomenti e gli elementi di prova addotti dalla suddetta impresa non sono convincenti e che quindi la giustificazione addotta non può essere accolta.

689    Nel caso di specie, come osservato al punto 709 della decisione impugnata, e come espressamente confermato dalla Microsoft nel ricorso, quest’ultima a giustificazione del suo comportamento ha dedotto unicamente il fatto che la tecnologia di cui si tratta era protetta da diritti di proprietà intellettuale. In questo contesto essa ha precisato che, qualora fosse stata obbligata a concedere a terzi l’accesso a tale tecnologia, questo «farebbe venir meno le future spinte ad investire nella creazione di proprietà intellettuale» (punto 709 della decisione impugnata). In sede di replica, la Microsoft ha altresì invocato il fatto che la detta tecnologia era segreta, di grande valore e conteneva innovazioni importanti.

690    Il Tribunale sostiene che il semplice fatto – anche supponendolo accertato – che i protocolli di comunicazione indicati nella decisione impugnata, o le loro specificazioni, siano coperti da diritti di proprietà intellettuale, non può costituire una giustificazione obiettiva ai sensi delle sentenze Magill e IMS Health, citate supra al punto 107. Infatti, la tesi in tal modo sostenuta dalla Microsoft è incompatibile con la ratio della deroga che detta giurisprudenza ammette in materia a favore della libera concorrenza, in quanto, se il semplice fatto di detenere diritti di proprietà intellettuale potesse costituire di per sé una giustificazione obiettiva del rifiuto di concedere una licenza, la deroga individuata dalla giurisprudenza non verrebbe mai applicata. In altri termini, un rifiuto di dare in licenza un diritto di proprietà intellettuale non potrebbe mai essere considerato come violazione dell’art. 82 CE, mentre nelle sentenze Magill e IMS Health, citate supra al punto 107, la Corte ha dichiarato esattamente il contrario.

691    A questo proposito, come indicato supra ai punti 321, 323, 327 e 330, va ricordato che il giudice comunitario ritiene che la facoltà del titolare di un diritto di proprietà intellettuale di sfruttarlo a proprio esclusivo vantaggio costituisce la sostanza stessa del suo diritto esclusivo. Pertanto, il semplice rifiuto di concedere una licenza a terzi, anche qualora provenga da un’impresa di posizione dominante, non può costituire di per sé un abuso di posizione dominante ai sensi dell’art. 82 CE. Solo se accompagnato da circostanze eccezionali, come quelle individuate finora nella giurisprudenza, tale rifiuto può essere qualificato come abusivo e di conseguenza è consentito, nell’interesse pubblico al mantenimento di una concorrenza effettiva sul mercato, usurpare il diritto esclusivo del titolare del diritto di proprietà intellettuale costringendolo a concedere licenze a terzi che tentano di entrare sul detto mercato o di restarvi. In proposito, occorre ricordare che è stato accertato più sopra che le suddette circostanze eccezionali erano presenti nel caso di specie.

692    Non può essere accolto neppure l’argomento dedotto dalla Microsoft in sede di replica e basato sul fatto che la tecnologia di cui si tratta sarebbe segreta, di grande valore per i beneficiari della licenza e conterrebbe innovazioni importanti.

693    Infatti, in primo luogo, il fatto che la tecnologia in parola sia segreta è la conseguenza di una decisione commerciale unilaterale della Microsoft. Inoltre, quest’ultima non può basarsi sull’asserita segretezza delle informazioni sull’interoperabilità per sostenere che può essere obbligata a divulgarle solo se sussistono le circostanze eccezionali individuate dalla Corte nelle sentenze Magill e IMS Health, citate al punto 107 della presente sentenza, e, contemporaneamente, giustificare il suo rifiuto sempre sulla base della presunta segretezza delle suddette informazioni. Infine, nulla giustifica il fatto che una tecnologia segreta goda di un grado di tutela più elevato rispetto, per esempio, ad una tecnologia coercitivamente divulgata al pubblico dal suo inventore nell’ambito di una procedura di rilascio di un brevetto.

694    In secondo luogo, le informazioni sull’interoperabilità, una volta che ne sia dimostrato il carattere indispensabile – come nel caso di specie –, sono necessariamente di grande valore per i concorrenti che vogliano avervi accesso.

695    In terzo luogo, è inerente al fatto che l’impresa interessata detenga un diritto di proprietà intellettuale il fatto che l’oggetto di tale diritto abbia carattere innovativo o originale. In effetti, non può esistere brevetto se non c’è invenzione né diritto d’autore se non c’è opera originale.

696    Peraltro, il Tribunale osserva che nella decisione impugnata la Commissione non si è limitata a respingere la giustificazione fatta valere dalla Microsoft, secondo la quale la tecnologia interessata era protetta da diritti di proprietà intellettuale. Essa ha esaminato altresì l’argomento di quest’ultima secondo cui, se fosse stata obbligata a dare accesso a terzi alla suddetta tecnologia, ciò avrebbe avuto conseguenze negative sulle sue spinte ad innovare (punti 709 e 712 della decisione impugnata).

697    È giocoforza osservare, come sostenuto giustamente dalla Commissione, che la Microsoft, cui spetta l’onere della prova iniziale al riguardo (v. supra, punto 688), non ha dimostrato a sufficienza che, se fosse stata costretta a divulgare le informazioni sull’interoperabilità, ciò avrebbe avuto un impatto negativo sui suoi incentivi ad innovare.

698    La Microsoft infatti si è limitata a dedurre argomenti vaghi, generali e teorici sul punto. In effetti, come osserva la Commissione al punto 709 della decisione impugnata, nella sua risposta del 17 ottobre 2003 alla terza comunicazione degli addebiti la Microsoft si è limitata a dichiarare che «una divulgazione (…) farebbe venir meno le spinte future ad investire nella creazione di proprietà intellettuale», senza precisare quali fossero le tecnologie o i prodotti cui essa alludeva.

699    In alcuni passaggi della risposta menzionata al punto precedente, la Microsoft prevede un simile impatto negativo sulle sue spinte ad innovare rispetto ai suoi sistemi operativi in generale, ossia tanto per i PC clienti quanto per i server.

700    In proposito, è sufficiente rilevare che, ai punti 713-729 della decisione impugnata, la Commissione molto opportunamente ha confutato gli argomenti della Microsoft relativi al timore di clonazione dei propri prodotti. In particolare, va ricordato che la misura correttiva prevista dall’art. 5 della decisione impugnata non permette né intende permettere ai concorrenti di quest’ultima di copiare i suoi prodotti (v. supra, punti 198-206, 240-242 e 656-658).

701    Ne consegue che non è stato dimostrato che la divulgazione delle informazioni oggetto della suddetta misura correttiva ridurrà significativamente – né a maggior ragione eliminerà – le spinte ad innovare della Microsoft.

702    In questo contesto va osservato, come rileva giustamente la Commissione ai punti 730-734 della decisione impugnata, che per prassi corrente gli operatori del settore in esame comunicano a terzi le informazioni volte ad agevolare l’interoperabilità con i loro prodotti e che la Microsoft stessa si era comportata in tal modo fino al momento in cui si era sufficientemente consolidata sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. Questo infatti consente loro di rendere i propri prodotti più allettanti e di aumentarne quindi il valore. Nella causa in oggetto, nessuna delle parti ha sostenuto che simili comunicazioni avessero avuto un qualsiasi impatto negativo sulle spinte dei suddetti operatori ad innovare.

703    Deve inoltre considerarsi che, se le comunicazioni effettuate nel quadro della transazione americana e del MCPP per quel che riguarda i protocolli server-client non hanno avuto un impatto negativo sulle spinte della Microsoft ad innovare (punto 728 della decisione impugnata), non vi è nessun motivo apparente per ritenere che le conseguenze debbano essere diverse per la divulgazione relativa ai protocolli server-server.

704    Infine, per quanto riguarda l’affermazione della Microsoft secondo cui, nella decisione impugnata, la Commissione ha respinto la giustificazione obiettiva da essa presentata applicando un criterio di valutazione nuovo, deve rilevarsi come tale affermazione riposi su una lettura errata della suddetta decisione.

705    Tale affermazione si basa infatti su una semplice frase contenuta al punto 783 della decisione impugnata, che si inserisce in una parte della decisione stessa relativa alla conclusione dell’analisi del rifiuto di cui trattasi, effettuata dalla Commissione ai punti 560-778.

706    La frase è la seguente:

«[U]n esame approfondito della portata delle divulgazioni in parola porta a concludere che, tutto considerato, l’eventuale impatto negativo che l’imposizione di un obbligo di fornire le informazioni di cui trattasi avrebbe sulle spinte della Microsoft ad innovare è compensato dai suoi effetti positivi sul livello dell’innovazione nell’insieme del settore (compresa la Microsoft)».

707    Tuttavia, detta frase dev’essere letta in combinazione con quella subito successiva nel medesimo punto, secondo la quale «la necessità di tutelare gli incentivi ad innovare della Microsoft non può costituire una giustificazione obiettiva che riequilibrerebbe le circostanze eccezionali sopra individuate».

708    Essa va inoltre accostata al punto 712 della decisione impugnata, in cui la Commissione formula le seguenti considerazioni:

«È stato poc’anzi accertato (…) che il rifiuto della Microsoft rischiava di eliminare la concorrenza sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, che ciò era dovuto al fatto che l’input negato era indispensabile per il proseguimento di un’attività commerciale sul detto mercato e che il rifiuto della Microsoft aveva un impatto negativo sullo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori. Riguardo alle circostanze eccezionali, il semplice fatto che il rifiuto della Microsoft consista in un rifiuto di concedere una licenza su proprietà intellettuale non costituisce una giustificazione oggettiva. Occorre pertanto valutare se gli argomenti fatti valere dalla Microsoft riguardo alle sue spinte ad innovare prevalgano sulle dette circostanze eccezionali».

709    In altri termini, conformemente ai principi stabiliti dalla giurisprudenza (v. supra, punti 331-333), la Commissione, dopo aver stabilito che le circostanze eccezionali individuate dalla Corte nelle sentenze Magill e IMS Health, citate supra al punto 107, erano presenti nel caso di specie, ha valutato se la giustificazione addotta dalla Microsoft, basata sul presunto pregiudizio per i suoi incentivi ad innovare, fosse atta a prevalere sulle circostanze eccezionali suddette, compresa quella secondo cui il rifiuto in parola limitava lo sviluppo tecnico a danno dei consumatori ai sensi dell’art. 82, secondo comma, lett. b), CE.

710    La Commissione ha risposto negativamente alla suddetta questione, non dopo aver ponderato l’impatto negativo che l’imposizione di un obbligo di fornire le informazioni in parola potrebbe avere sugli incentivi per la Microsoft ad innovare rispetto all’impatto positivo di tale obbligo sull’innovazione nell’insieme del settore, bensì dopo aver respinto gli argomenti della Microsoft relativi al timore di clonazione dei suoi prodotti (punti 713-729 della decisione impugnata), aver rilevato che la divulgazione delle informazioni sull’interoperabilità era una prassi diffusa nell’industria interessata (punti 730-735 della decisione impugnata), aver spiegato che l’impegno assunto nel 1984 dall’IBM nei confronti della Commissione non era in sostanza diverso da quello imposto alla Microsoft nella decisione impugnata (punti 736-742 della decisione impugnata) e chiarito che il suo approccio era conforme alla direttiva 91/250 (punti 743-763 della decisione impugnata).

711    Dall’insieme delle considerazioni che precedono emerge che la Microsoft non ha provato l’esistenza di una qualsiasi giustificazione obiettiva del suo rifiuto di divulgare le informazioni sull’interoperabilità di cui trattasi.

712    Inoltre, poiché nel caso di specie erano presenti le circostanze eccezionali individuate dalla Commissione nelle sentenze Magill e IMS Health, citate supra al punto 107, il primo capo del motivo dev’essere dichiarato infondato nel suo complesso.

2.     Sul secondo capo, relativo al fatto che la Sun non ha chiesto alla Microsoft di poter fruire della tecnologia che la Commissione le ordina di divulgare

a)     Argomenti delle parti

713    In primo luogo, la Microsoft sostiene che la Sun non le ha chiesto di aver accesso ad informazioni sull’interoperabilità ai sensi della decisione impugnata.

714    Al riguardo, riferendosi ad un passaggio della denuncia della Sun, la Microsoft sostiene che la domanda contenuta nella lettera del 15 settembre 1998 non si riferiva alle «specificazioni esaustive e corrette» dei suoi protocolli di comunicazione, bensì ad informazioni dettagliate relative alle caratteristiche interne dei suoi sistemi operativi Windows per server.

715    Pertanto, a detta della Microsoft, anche supponendo che la lettera del 6 ottobre 1998 possa essere interpretata come un rifiuto, quod non, non si può sostenere che essa si sia rifiutata di fornire alla Sun la tecnologia che, stando alla decisione impugnata, essa non avrebbe divulgato.

716    La Microsoft aggiunge che «la domanda della Sun non aveva una portata tale da far[le] capire (…) che [quest’ultima] cercava di ottenere una licenza [relativa ai suoi] protocolli di comunicazione».

717    Inoltre, essa rileva che nella sua denuncia la Sun non fa alcun riferimento a protocolli di comunicazione.

718    Infine, la Microsoft fa osservare che, nella lettera del 15 settembre 1998, la Sun spiegava di ritenere che la «Microsoft dovesse includere un’implementazione di riferimento e l’informazione necessaria per garantire che, senza bisogno di ricorrere all’ingegneria a ritroso, gli oggetti COM e l’insieme completo delle tecnologie Active Directory funzionino in modo del tutto compatibile su Solaris». Essa sostiene che l’accesso a siffatta «tecnologia» avrebbe consentito alla Sun di «imitare» quasi tutte le funzionalità dei sistemi operativi Windows per server, e aggiunge che la domanda della Sun verteva su una «tecnologia ancora in fase di sviluppo», poiché Windows 2000 Server e Active Directory sono stati messi in vendita soltanto nel dicembre 1999.

719    In secondo luogo, la Microsoft sostiene di non aver opposto, nella lettera del 6 ottobre 1998, un «puro e semplice rifiuto» alla richiesta della Sun, ma di averla invitata ad esaminare congiuntamente «il modo in cui le due imprese avrebbero potuto migliorare l’interoperabilità tra i rispettivi prodotti a vantaggio dei clienti comuni». Inoltre, essa afferma di aver indicato alla Sun, nella suddetta lettera, diversi modi di «realizzare l’interoperabilità». Citando il punto 565 della decisione impugnata, essa aggiunge che la Commissione non può sostenere che le tecnologie interessate fossero così complesse che non fosse possibile attendersi dalla Sun che essa sapesse di cosa aveva bisogno. La Microsoft sottolinea in proposito che la Sun è un distributore altamente specializzato di sistemi operativi per server e che, in ogni caso, ad essa spettava chiarire la sua richiesta.

720    Inoltre, secondo la Microsoft, la Sun non aveva dato seguito al suo invito e, in particolare, non aveva partecipato ad una riunione organizzata per discutere del problema dell’interoperabilità dei loro rispettivi prodotti.

721    Infine, per la Microsoft non esiste alcuna contraddizione tra la sua affermazione secondo cui non è sicuro che essa si sarebbe rifiutata di divulgare le specificazioni dei propri protocolli di comunicazione, se glielo avesse chiesto la Sun o «chiunque altro», e il fatto di chiedere l’annullamento della decisione impugnata. Vi sarebbe infatti una notevole differenza tra un «accordo di licenze incrociate negoziato con un altro importante fornitore di sistemi operativi» e un «obbligo di fornire al mondo intero la tecnologia di sua proprietà su ordine dell’autorità pubblica».

722    In terzo luogo, la Microsoft afferma che la Sun non le ha chiesto alcuna licenza su diritti di proprietà intellettuale per poter elaborare sistemi operativi per server per gruppi di lavoro all’interno del SEE. Pertanto, secondo la ricorrente essa non era in alcun modo tenuta, nel rispondere alla lettera del 15 settembre 1998, a tener conto della speciale responsabilità di non pregiudicare una concorrenza effettiva e non falsata, che le incombe in forza dell’art. 82 CE.

723    In proposito, la Microsoft ricorda che la Sun è una società americana e che la lettera del 15 settembre 1998 è stata inviata dalla sede di quest’ultima, situata negli Stati Uniti, alla sede statunitense della Microsoft, che è del pari una società americana. Secondo la ricorrente, in mancanza di qualsiasi legame con il SEE, e poiché nella suddetta lettera non era affatto menzionata la circostanza che la tecnologia in parola fosse necessaria per lo sviluppo e la distribuzione dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro sul territorio del SEE, essa non aveva nessun motivo di pensare che la Sun volesse ottenere una licenza per tale territorio.

724    La Commissione respinge in blocco gli argomenti dedotti dalla Microsoft.

725    In primo luogo, essa sostiene che la richiesta formulata dalla Sun nella lettera del 15 settembre 1998, «anche se più estesa, sotto alcuni profili, rispetto all’ambito di applicazione della decisione [impugnata]», era sufficientemente chiara perché la Microsoft capisse, da un lato, che la Sun voleva aver accesso ad informazioni sull’interoperabilità e, dall’altro, che alcune di tali informazioni si riferivano a caratteristiche delle reti Windows per gruppi di lavoro (architettura di dominio Active Directory) indispensabili alla Sun per fare una concorrenza economicamente sostenibile sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

726    Secondo la Commissione, la Microsoft ricapitola in maniera inesatta la domanda della Sun quando afferma che essa verteva su elementi del codice sorgente e non su informazioni relative alle interfacce. Essa ricorda che con la sua domanda la Sun mirava a far sì che i suoi prodotti potessero «comunicare in modo trasparente» con l’ambiente Windows e che, nella lettera del 6 ottobre 1998, il sig. Maritz ha chiaramente mostrato di aver inteso che tale domanda si riferiva ad informazioni sull’interoperabilità. Essa rileva altresì che, nella sua denuncia, la Sun sottolineava di volere accedere ad «informazioni sulle interfacce».

727    Facendo rinvio ai punti 713-722 della decisione impugnata, la Commissione aggiunge che l’accesso alle informazioni sull’interoperabilità non permetterà ai concorrenti della Microsoft di «clonare» o di «imitare» le funzionalità dei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro.

728    A suo avviso, il fatto che la Sun non abbia utilizzato l’espressione «protocollo di comunicazione» è privo di rilevanza, dal momento che una domanda di accesso alle informazioni necessarie per consentire l’interconnessione e l’interazione con il software Windows e una domanda di accesso alle specificazioni dei protocolli sono «la stessa identica cosa».

729    La Commissione fa inoltre osservare che nella lettera del 6 ottobre 1998 la Microsoft non ha menzionato il fatto che la richiesta della Sun verteva su una «tecnologia ancora in fase di sviluppo». In ogni caso, un argomento del genere non può essere accolto dal momento che, quando la Sun ha spedito la lettera del 15 settembre 1998 alla Microsoft, la prima versione Beta di Windows 2000 Server era già sul mercato da un anno.

730    In secondo luogo, la Commissione sostiene che la Microsoft non può negare di aver opposto un rifiuto alla richiesta della Sun.

731    Al riguardo essa osserva, in primo luogo, che la posizione della Microsoft contrasta con la sua domanda diretta all’annullamento dell’art. 5 della decisione impugnata.

732    In secondo luogo, rinviando ai punti 194-198 della decisione impugnata, la Commissione rileva che la Microsoft le ha espressamente confermato il suo rifiuto di dare accesso ad alcune informazioni sull’interoperabilità. Inoltre, come indicato ai punti 573-577 della decisione impugnata, tale rifiuto rientra in una linea di condotta generale. Del pari, durante il procedimento sommario, la Microsoft avrebbe sostenuto che il suo rifiuto faceva parte del suo «modello economico».

733    In terzo luogo, la Commissione spiega di nutrire dubbi sul fatto che la Microsoft avrebbe comunicato alla Sun le informazioni richieste qualora quest’ultima avesse risposto in modo più positivo all’asserita proposta della Microsoft di intavolare discussioni sull’interoperabilità. Al riguardo, essa si riferisce ad alcune dichiarazioni di dirigenti Microsoft riprodotte ai punti 576 e 778 della decisione impugnata. La Commissione aggiunge che è poco probabile che il sig. Goldberg, il dipendente della Microsoft menzionato nella lettera del 6 ottobre 1998, avesse il potere di assumere decisioni in materia. Essa aggiunge che il sig. Terranova, dipendente della Sun, aveva incontrato il sig. Goldberg il 25 novembre 1998 e che la Microsoft non spiega perché il fatto che il sig. Terranova abbia dovuto annullare un’altra riunione prevista per l’8 marzo 1999 avesse impedito lo svolgersi della discussione sull’interoperabilità. Infine, la Commissione sottolinea che l’ordine del giorno di tale ultima riunione, come proposto dal sig. Goldberg, non conteneva il minimo riferimento alle tecnologie rilevanti, come Active Directory.

734    In terzo luogo, la Commissione ritiene indifferente che, nella lettera del 15 settembre 1998, la Sun non avesse fatto esplicitamente riferimento al SEE. In proposito, da un lato, essa spiega che, date le dimensioni mondiali del mercato geografico in questione, il SEE era per forza interessato dalla domanda contenuta nella lettera e, dall’altro lato, essa ricorda che la Sun ha depositato una denuncia presso la Commissione il 10 dicembre 1998.

b)     Giudizio del Tribunale

735    Con l’argomento presentato a sostegno del secondo capo del suo unico motivo, la Microsoft mira a dimostrare che la Commissione non era legittimata a dichiarare, nella decisione impugnata, che la ricorrente aveva abusato della sua posizione dominante rifiutandosi di diffondere le informazioni sull’interoperabilità, dato che, di fatto, non può esserle contestato alcun rifiuto in concreto. A sostegno di detta tesi la Microsoft fa valere, in sostanza, lo scambio epistolare con la Sun alla fine del 1998. La sua argomentazione si articola in tre capi principali. In primo luogo, la Microsoft sostiene che la domanda della Sun contenuta nella lettera del 15 settembre 1998 non verteva su informazioni relative all’interoperabilità, come indicate nella decisione impugnata. In secondo luogo, essa nega comunque di aver opposto un rifiuto alla suddetta domanda nella sua lettera del 6 ottobre 1998. In terzo luogo, la Microsoft sostiene che nella lettera del 15 settembre 1998 la Sun non le ha chiesto di usufruire di una licenza relativa a diritti di proprietà intellettuale di cui essa è titolare nel SEE.

736    È opportuno analizzare distintamente ognuno dei suddetti tre capi.

 Sulla portata della richiesta della Sun

737    Innanzi tutto, va ricordato il contenuto esatto della lettera del 15 settembre 1998, nonché l’analisi che ne viene fatta dalla Commissione nella decisione impugnata.

738    In tale lettera la Sun individua le informazioni che vuole ottenere dalla Microsoft nei termini seguenti:

–        da un lato, l’insieme delle informazioni necessarie per consentirle di supportare in modalità nativa gli «oggetti COM» su Solaris;

–        dall’altro lato, l’insieme delle informazioni necessarie per consentirle di supportare in modalità nativa l’intera gamma delle tecnologie Active Directory su Solaris.

739    Nella stessa lettera la Sun precisa la portata delle informazioni richieste nonché lo scopo da essa perseguito con la sua domanda, indicando quanto segue:

–        le applicazioni create per essere eseguite su Solaris dovrebbero essere in grado di comunicare in modo trasparente via COM e/o Active Directory con i sistemi operativi Windows e/o con i software configurati con sistema operativo Windows;

–        la Microsoft avrebbe dovuto includere un’implementazione di riferimento nonché le informazioni necessarie per garantire agli «oggetti COM» e all’intera gamma delle tecnologie Active Directory di girare in modo perfettamente compatibile su Solaris, senza bisogno di ricorrere all’ingegneria a ritroso;

–        le informazioni avrebbero dovuto riguardare l’intera gamma degli «oggetti COM» nonché l’intera gamma delle tecnologie Active Directory attualmente sul mercato;

–        le informazioni avrebbero dovuto essere fornite senza ritardi irragionevoli e in modo regolare per gli «oggetti COM» e le tecnologie Active Directory immesse successivamente sul mercato.

740    Al punto 186 della decisione impugnata, la Commissione interpreta il secondo capo della domanda presentata dalla Sun nella lettera del 15 settembre 1998 (v. supra, punto 738, secondo trattino), nel senso che essa riguardava la «capacità di Solaris di agire come controller del dominio in modo pienamente compatibile all’interno di reti di gruppi di lavoro Windows 2000 o come server membro (in particolare, come server di files o di stampa) pienamente compatibile con l’architettura di dominio Active Directory (sicurezza, servizio di annuario)». Essa aggiunge che il fatto che la suddetta domanda riguardi al contempo l’interoperabilità client-server e quella server-server è coerente con il fatto che l’«architettura di dominio Windows» associ strettamente questi due tipi di interoperabilità. In altri termini, secondo la Commissione «la richiesta della Sun riguarda le specificazioni dei protocolli utilizzati dai server per gruppi di lavoro [configurati con il sistema operativo] Windows per la fornitura di servizi di condivisione di files e di stampanti, nonché di servizi di gestione di utenti e di gruppi [di utenti] alle reti Windows per gruppi di lavoro», il che comprende «al contempo l’interconnessione e l’interazione tra le suddette apparecchiature che sono indirette e che passano attraverso uno o più altri server per gruppi di lavoro [configurati con il sistema operativo] Windows» (punto 187 della decisione impugnata).

741    Al punto 188 della decisione impugnata la Commissione esamina il primo capo della domanda della Sun (v. supra, punto 738, primo trattino). Ricordando che COM/DCOM è una tecnologia «rilevante nei prodotti Windows per la fornitura di servizi di condivisione di files e di stampanti, nonché di gestione di utenti e di gruppi di utenti», la Commissione sostiene che vi è una sovrapposizione tra questo capo della domanda della Sun e il secondo capo della stessa domanda, relativo ad Active Directory. Al punto successivo essa però precisa che «i soli elementi della domanda della Sun relativi alla tecnologia COM che rilevano per il rifiuto di fornitura considerato nella [decisione impugnata] sono quelli che rientrano nella domanda della Sun relativa alla compatibilità con Active Directory». Questa precisazione va messa in relazione con la dichiarazione fatta dalla Commissione al punto 566 della decisione impugnata, secondo cui, da un lato, «l’unico rifiuto che viene in rilievo in [detta] decisione è il rifiuto della Microsoft di fornire una specificazione completa per i protocolli alla base dell’architettura di dominio Windows, che organizza il modo in cui i server per gruppi di lavoro [configurati con il sistema operativo] Windows forniscono i servizi per gruppi di lavoro ai PC clienti [configurati con il sistema operativo] Windows» e, dall’altro lato, «[il] fatto che la Microsoft abbia respinto anche la richiesta della Sun riguardo a informazioni che avrebbero favorito la portabilità multipiattaforma degli oggetti COM non rientra nel comportamento rilevante per la [suddetta] decisione».

742    La Commissione aggiunge, al punto 190 della decisione impugnata, che è implicito nella domanda della Sun il fatto che quest’ultima desideri aver accesso a talune specificazioni per poterle applicare nei propri prodotti.

743    Ai punti 199-207 della decisione impugnata, la Commissione espone una serie di considerazioni per dimostrare che le informazioni alle quali la Sun chiede di accedere nella lettera del 15 settembre 1998 sono legate all’interoperabilità. Al riguardo, in primo luogo, essa respinge l’affermazione presentata dalla Microsoft nella risposta del 17 ottobre 2003 alla terza comunicazione degli addebiti, secondo cui la Sun voleva che la Microsoft creasse una versione di Active Directory che potesse essere utilizzata su Solaris. In secondo luogo, la Commissione respinge l’argomento della Microsoft, anch’esso dedotto durante il procedimento amministrativo, secondo cui la domanda della Sun verteva sulla «struttura interna dei sistemi operativi Windows per server» e andava pertanto oltre le informazioni relative all’interoperabilità. Su quest’ultimo punto essa rileva che, nella lettera del 15 settembre 1998, la Sun menziona espressamente il suo auspicio di poter realizzare una «comunicazione trasparente» tra l’ambiente Solaris e quello Windows (punto 207 della decisione impugnata). Essa inoltre osserva che dalla lettera del 6 ottobre 1998 emerge che la Microsoft aveva perfettamente compreso che la Sun intendeva accedere ad informazioni sull’interoperabilità con «alcune caratteristiche di Windows» (punto 207 della decisione impugnata).

744    Inoltre, alla luce dei suddetti diversi elementi, occorre rilevare in primo luogo, come la stessa Commissione ammette peraltro, nel controricorso, che sebbene la portata della domanda contenuta nella lettera del 15 settembre 1998 sia più estesa, sotto determinati aspetti, rispetto a quella della decisione impugnata, tuttavia, sempre nella stessa lettera, la Sun ha limitato la suddetta portata spiegando che essa voleva che i suoi prodotti potessero «comunicare in modo trasparente» (seamlessly communicate) con l’ambiente Windows. Parimenti, va osservato che, nella suddetta lettera, la Sun ha altresì precisato che le informazioni richieste dovevano permettere di «garantire agli oggetti COM e all’intera gamma delle tecnologie Active Directory di girare in modo perfettamente compatibile su Solaris, senza bisogno di ricorrere all’ingegneria a ritroso». In altre parole, dai termini della lettera del 15 settembre 1998 emerge chiaramente che la Sun voleva accedere a talune informazioni e che queste dovevano consentirle di realizzare l’interoperabilità tra i propri prodotti e l’ambiente Windows.

745    Inoltre, dai termini della lettera del 15 settembre 1998 deriva che la Sun voleva essere in grado di realizzare un livello elevato di interoperabilità tra i propri prodotti e l’architettura di dominio Windows. A questo riguardo, deve rilevarsi che nella lettera del 6 ottobre 1998 il sig. Maritz, spiegando che la Microsoft non aveva alcuna intenzione di «portare [“to port”] Active Directory su Solaris» e che esistono «livelli di funzionalità variabili (…) per interoperare con Active Directory», distingue chiaramente tra il grado superiore di interoperabilità che può essere raggiunto quando gli elementi di un sistema operativo vengono «portati» su un altro sistema operativo e i gradi meno elevati o «variabili» di interoperabilità che possono essere raggiunti ricorrendo agli altri metodi che egli suggerisce nella medesima lettera.

746    In secondo luogo, la Microsoft non può ragionevolmente basarsi sul fatto che nella sua denuncia la Sun non ha utilizzato l’espressione «protocolli di comunicazione». Come spiegato al punto 49 della decisione impugnata e come giustamente ricordato dalla Commissione nelle sue memorie, un «protocollo» rappresenta un complesso di regole di interconnessione e di interazione tra i diversi elementi del software all’interno di una rete (v. supra, punti 196 e 197). Come spiegato al punto 740 della presente sentenza, è proprio riguardo a questo tipo di regole che la Sun intendeva ottenere delle informazioni. L’argomento della Microsoft è tanto meno accettabile in quanto puramente formale. Infatti, nella lettera del 6 ottobre 1998, il sig. Maritz più volte cita l’interoperabilità tra, da un lato, i prodotti Microsoft e, dall’altro, quelli della Sun o di altri distributori di software. Ciò dimostra che la Microsoft aveva perfettamente compreso la portata della domanda della Sun, malgrado il fatto che nella lettera del 15 settembre 1998 non si facesse formalmente riferimento ai «protocolli di comunicazione».

747    In terzo luogo, l’affermazione della Microsoft secondo cui un accesso alla tecnologia richiesta avrebbe consentito alla Sun di «imitare» praticamente tutte le funzionalità dei sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro non può essere accolta. Infatti, come emerge dalle considerazioni che precedono, la Sun intendeva accedere alle informazioni necessarie per realizzare l’interoperabilità tra i propri prodotti e l’architettura di dominio Windows. Come emerge in particolare dai punti 34, 570 e 571 della decisione impugnata, e come già rilevato ai punti 199-206 della presente sentenza, un tale risultato può essere raggiunto comunicando unicamente le specificazioni di alcuni protocolli, ossia senza divulgare elementi di implementazione. Considerato che l’affermazione della Microsoft si basa sul fatto che, nella lettera del 15 settembre 1998, la Sun le chiede in particolare di comunicarle una «implementazione di riferimento», deve affermarsi che, se anche con tale espressione la Sun avesse voluto la comunicazione di elementi del codice sorgente della Microsoft, le correzioni che essa ha apportato relativamente alla portata della sua domanda (v. supra, punto 744) impediscono alla Microsoft di sostenere che la richiesta della Sun non si riferisse anche alle specificazioni dei protocolli menzionate nella decisione impugnata, quando il comportamento sanzionato da tale decisione si limita, come ricordato al punto 569 della stessa, al rifiuto della Microsoft di comunicare le suddette specificazioni.

748    In quarto luogo, la Microsoft non può affermare neppure che la domanda formulata dalla Sun nella lettera del 15 settembre 1998 riguardava una «tecnologia ancora in fase di sviluppo». Infatti, da un lato tale affermazione è priva di qualsiasi rilevanza per stabilire se tale domanda vertesse su informazioni relative all’interoperabilità, come indicate nella decisione impugnata. Dall’altro lato, essa non tiene conto del fatto che, come rilevato ai punti 398 e 790 della decisione impugnata, la Microsoft aveva già distribuito la prima versione Beta di Windows 2000 Server il 23 settembre 1997, ossia quasi un anno prima di spedire la suddetta lettera.

749    Sulla base di tutte le considerazioni che precedono, si deve concludere che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Microsoft, la domanda della Sun contenuta nella lettera del 15 settembre 1998 verteva chiaramente sulle informazioni relative all’interoperabilità indicate nella decisione impugnata e oggetto della misura correttiva prevista dall’art. 5 della stessa.

 Sulla portata della lettera del 6 ottobre 1998

750    Non è possibile accogliere neppure la seconda parte dell’argomento dedotto dalla Microsoft a sostegno del secondo capo del motivo, ossia quella relativa alla portata della lettera del 6 ottobre 1998.

751    Infatti, considerato il tenore di tale lettera, esaminato alla luce del contesto nel quale essa è stata redatta, dell’identità del suo autore, della portata delle conoscenze di quest’ultimo riguardo alle tecnologie in questione e dell’atteggiamento tenuto dalla Microsoft fino all’adozione della decisione impugnata, deve ritenersi che nella decisione impugnata la Commissione era legittimata ad interpretare la suddetta lettera come contenente un rifiuto di comunicare alla Sun le informazioni richieste.

752    Al riguardo, va ricordato anzitutto che, come rilevato nell’ambito del primo capo del motivo, l’argomento dedotto dalla Microsoft relativamente al problema del rifiuto di fornire le informazioni sull’interoperabilità e di autorizzarne l’uso si basa in gran parte sul problema di accertare quale fosse il grado di interoperabilità che dev’essere raggiunto tra i suoi prodotti e quelli dei suoi concorrenti. Durante tutto il procedimento amministrativo e nel presente procedimento, la Microsoft ha difeso la posizione secondo cui bastava che sistemi operativi diversi fossero in grado di scambiarsi informazioni o di fornirsi reciprocamente dei servizi o, in altri termini, che essi potessero «funzionare correttamente» insieme. Secondo la Microsoft, le informazioni e i metodi già disponibili sul mercato permettono di raggiungere tale risultato, per cui essa non sarebbe tenuta a diffondere informazioni supplementari, in particolare quelle relative alle comunicazioni compiute all’interno della «bolla blu». In particolare, essa sostiene che la Commissione esige un grado di interoperabilità che va molto oltre quanto previsto dalla direttiva 91/250 e che non corrisponde al modo in cui le imprese organizzano, nella pratica, le proprie reti informatiche. Sarebbe, infatti, intento della Commissione che i sistemi operativi concorrenti della Microsoft funzionino sotto tutti i profili come un sistema operativo Windows per server, il che costringerebbe la ricorrente a comunicare ai suoi concorrenti ben più che semplici informazioni sulle interfacce dei propri prodotti, ledendo i suoi diritti di proprietà intellettuale e riducendo le sue motivazioni ad innovare.

753    Come già osservato supra, ai punti 207-245, il modo in cui la Microsoft interpreta il grado di interoperabilità richiesto dalla Commissione, e quindi la portata delle informazioni indicate nella decisione impugnata, è errato.

754    Deve tenersi conto dei suddetti elementi per valutare il modo in cui la Commissione ha interpretato la lettera del 6 ottobre 1998, nonché gli argomenti dedotti al riguardo dalla Microsoft.

755    Come dimostrato supra al punto 746, la Microsoft aveva compreso perfettamente la portata della domanda formulata dalla Sun nella lettera del 15 settembre 1998, e in particolare aveva capito che quest’ultima voleva ottenere le informazioni necessarie a consentire ai suoi prodotti di «comunicare in modo trasparente» con l’ambiente Windows o, in altri termini, a stabilire una interoperabilità di livello elevato tra i suoi prodotti e il suddetto ambiente.

756    Inoltre, la lettera del 15 settembre 1998 è stata chiaramente inviata alla Microsoft allo scopo di ottenere l’accesso ad informazioni che non erano già di dominio pubblico né disponibili tramite licenze offerte sul mercato.

757    La lettera del 6 ottobre 1998 contiene i sei seguenti elementi di risposta:

–        in primo luogo, il sig. Maritz ringrazia il sig. Green per la lettera del 15 settembre 1998 e gli spiega che la Microsoft aveva sempre avuto la volontà di aiutare i suoi concorrenti a «concepire i migliori prodotti e la migliore interoperabilità possibili per la [sua] piattaforma»;

–        in secondo luogo, egli attira l’attenzione del sig. Green sul fatto che alcune informazioni sui servizi e le interfacce della «piattaforma Windows» erano già disponibili tramite il prodotto denominato «MSDN»;

–        in terzo luogo, egli invita la Sun a partecipare ad una conferenza organizzata dalla Microsoft a Denver tra l’11 e il 15 ottobre 1998;

–        in quarto luogo, egli fa rinvio all’esistenza di una implementazione di riferimento COM su Solaris, precisando che la licenza del codice sorgente di COM poteva essere acquisita presso Software AG;

–        in quinto luogo, egli dichiara che la Microsoft non intendeva «portare» Active Directory su Solaris, menzionando al contempo l’esistenza di alcuni metodi, con livelli di interoperabilità variabili, per interoperare con Active Directory, tra cui la possibilità di accedere al protocollo standard LDAP;

–        in sesto luogo, egli invita la Sun a rivolgersi, in caso di bisogno di «assistenza supplementare», agli «Account Managers» del gruppo «Developer Relations» della Microsoft, che hanno il compito di «coadiuvare gli ideatori che necessitano di assistenza supplementare per le piattaforme di Microsoft», indicando il sig. Goldberg come persona da contattare a tal fine.

758    Va osservato, in primo luogo, che nella lettera del 6 ottobre 1998 il sig. Maritz, invece di rispondere alle domande specifiche formulate dalla Sun nella lettera del 15 settembre 1998, si limita a rinviarla a fonti di informazione e a metodi che erano tutti già di pubblico dominio o disponibili tramite licenza. Poiché il sig. Maritz aveva chiaramente compreso l’importanza delle domande precise formulate dal sig. Green, tale rinvio non può essere interpretato se non come un rifiuto di comunicare le informazioni richieste.

759    La circostanza che, nella lettera del 6 ottobre 1998, il sig. Maritz indichi che la Microsoft non aveva intenzione di «portare» Active Directory su Solaris conferma la fondatezza di tale interpretazione, poiché mostra che il sig. Maritz era pienamente consapevole del fatto che i concorrenti della Microsoft, tra cui la Sun, miravano a raggiungere un grado di interoperabilità più elevato di quello ottenibile ricorrendo ai metodi menzionati nella stessa lettera (v. supra, punto 745).

760    Questo punto è a maggior ragione dimostrato dal fatto che, per quel che riguarda in primo luogo MSDN, la Microsoft non contesta nel presente capo del suo motivo l’analisi della Commissione contenuta nella decisione impugnata, secondo cui tale meccanismo non permetteva ai suoi concorrenti di raggiungere un grado sufficiente di interoperabilità con i sistemi operativi Windows per PC clienti (punto 563 della decisione impugnata, che rinvia alla sezione 4.1.3 e, in particolare, ai punti 209 e 210 della decisione).

761    Quanto poi alla possibilità per la Sun di ricorrere ad una applicazione di riferimento COM liberamente disponibile, anch’essa menzionata dalla Microsoft nella lettera del 6 ottobre 1998, la ricorrente non ha affermato, nell’ambito del presente capo del motivo che la Commissione fosse incorsa in errore ritenendo nella decisione impugnata che tale prodotto non costituiva una soluzione sufficiente (punto 563 della decisione impugnata, che rinvia alla sezione 4.1.3 e, in particolare, ai punti 218-230 della decisione; v. altresì punti 288-291 della decisione).

762    Per quanto riguarda, infine, la possibilità per la Sun di ricorrere al protocollo LDAP, del pari menzionato espressamente nella lettera del 6 ottobre 1998, la Microsoft non ha sostenuto nell’ambito del presente capo del motivo, né dimostrato nell’ambito del precedente capo dello stesso, che la Commissione fosse incorsa in errore dichiarando, in particolare ai punti 194 e 195 e 243-250 della decisione impugnata, che tale protocollo non era sufficiente per realizzare un livello adeguato di interoperabilità con Active Directory.

763    In secondo luogo, la Microsoft non può trarre argomenti dal fatto che, nella lettera del 6 ottobre 1998, il sig. Maritz ha proposto l’assistenza supplementare del sig. Goldberg per sostenere che detta lettera non contiene nessun rifiuto. Infatti, l’assistenza complementare di cui si parla nell’ultimo capoverso della suddetta lettera si riferisce unicamente alle informazioni e ai metodi indicati nel secondo e nel terzo capoverso della stessa. In sostanza, il sig. Maritz propone in tal modo di fornire alla Sun soltanto lo stesso aiuto offerto dagli «Account Managers» del gruppo «Developer Relations» a qualsiasi ideatore che necessiti di assistenza riguardo alle «piattaforme della Microsoft».

764    La Microsoft non può neppure basarsi utilmente sul fatto che, come risulta da un verbale da essa redatto per riassumere gli scambi con la Sun, quest’ultima non aveva l’intenzione di accogliere la proposta del sig. Goldberg. Come giustamente sottolineato dalla Commissione al punto 193 della decisione impugnata, si deve infatti necessariamente rilevare che nel suddetto verbale non si parla mai di un’offerta formale della Microsoft di fornire le informazioni richieste dalla Sun, ossia informazioni che vadano oltre quelle di pubblico dominio.

765    In terzo luogo, va aggiunto che, nella decisione impugnata, la Commissione era tanto più legittimata ad interpretare la lettera del 6 ottobre 1998 come contenente un rifiuto di dare accesso alle informazioni sull’interoperabilità richieste dalla Sun in quanto, durante il procedimento amministrativo, la Microsoft ha esplicitamente ammesso di non aver comunicato un dato numero di informazioni e di persistere nel rifiuto di farlo (v., al riguardo, punti 194-198 della decisione impugnata). La Microsoft, pur avendo messo in dubbio in udienza la natura esaustiva di una delle citazioni contenute al punto 195 della decisione impugnata, non ha negato di aver dichiarato, durante il procedimento amministrativo, che la replicazione tra copie diverse di Active Directory costituiva un «processo proprietario».

766    L’argomento della Microsoft secondo cui la lettera del 6 ottobre 1998 non costituisce un rifiuto deve quindi essere dichiarato infondato.

767    La suddetta lettera dev’essere inoltre analizzata nel più ampio contesto descritto nella decisione impugnata. Ebbene, come emerge in particolare dai punti 194-198 e 573-577, in tale decisione, lungi dal basarsi unicamente su tale lettera, la Commissione ha ritenuto che il comportamento di cui faceva prova rientrasse in una linea di condotta generale della Microsoft.

768    Al punto 573 della decisione impugnata, il quale fa specificamente rinvio al punto 194 della stessa, la Commissione ha precisato tra l’altro che molti concorrenti della Microsoft avevano confermato di non ottenere sufficienti informazioni sull’interoperabilità, e alcuni di loro avevano altresì dichiarato che la Microsoft si era rifiutata di fornire le informazioni richieste o non aveva risposto alle loro domande.

769    Inoltre, al punto 576 della decisione impugnata, la Commissione ha riportato alcuni stralci di una testimonianza resa dinanzi ai tribunali statunitensi da un responsabile delle licenze per il codice sorgente Windows, il quale, a detta della Commissione, spiega che la Microsoft circoscrive restrittivamente gli accordi di licenza relativi a tecnologie necessarie all’interoperabilità con l’architettura di dominio Windows.

770    Dinanzi al Tribunale la Microsoft non ha contestato nello specifico i suddetti elementi.

771    Inoltre, va osservato che al punto 778 della decisione impugnata, per confutare gli argomenti della Microsoft volti a negare l’esistenza di un rifiuto, giacché quest’ultima sosteneva di non aver avuto motivi per escludere i concorrenti mediante un effetto leva (leveraging), la Commissione ha citato un brano di un discorso rivolto nel febbraio 1997 da Bill Gates, presidente della Microsoft, ai membri dei dipendenti del settore vendite della Microsoft. Questo brano conferma l’esistenza di una linea di condotta generale diretta a limitare la comunicazione di informazioni sull’interoperabilità. Esso difatti contiene la seguente dichiarazione:

«Quel che cerchiamo di fare è avvalerci della nostra capacità di controllo dei server per ideare nuovi protocolli ed escludere in particolare Sun e Oracle (…). Non so se ci riusciremo, ma comunque è quel che tenteremo di fare».

 Sulla portata geografica della domanda contenuta nella lettera del 15 settembre 1998

772    La terza parte dell’argomento dedotto dalla Microsoft a sostegno del secondo capo del suo unico motivo si basa sul fatto che nella lettera del 15 settembre 1998 la Sun non le avrebbe espressamente chiesto di beneficiare di una licenza relativa a diritti di proprietà intellettuale di cui essa è titolare nel SEE, al fine di elaborare sistemi operativi per server per gruppi di lavoro all’interno del SEE. Di conseguenza, secondo la Microsoft, nel rispondere alla Sun essa non era obbligata a tener conto dello specifico dovere di non recare ostacolo ad una concorrenza effettiva e non falsata.

773    Si tratta di argomenti puramente formalisti che vanno respinti.

774    Al riguardo deve rilevarsi che, pur non avendo effettivamente chiesto in modo esplicito alla Microsoft, nella lettera del 15 settembre 1998, di concederle una licenza su diritti di proprietà intellettuale di cui la Microsoft era titolare nel SEE, la Sun non era però tenuta a valutare, nel formulare la sua domanda, se le informazioni cui essa voleva accedere fossero protette da diritti di proprietà intellettuale e se per l’uso di tali informazioni fosse necessario ottenere una licenza dalla Microsoft. Inoltre, è evidente che la Sun voleva che la ricorrente le comunicasse le informazioni in parola al fine di poterle implementare nei propri sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. Inoltre, date le dimensioni mondiali del mercato geografico per questi ultimi sistemi (v., al riguardo, punto 427 della decisione impugnata), il territorio del SEE era per forza coperto dalla domanda della Sun, formulata in termini generali. Infine, come ricorda la Commissione nelle proprie memorie, alcune settimane dopo la Sun aveva depositato una denuncia dinanzi alla Commissione stessa, ai sensi dell’art. 3 del regolamento n. 17, per cui era comunque impossibile che la Microsoft non si rendesse conto che la questione riguardava anche il SEE.

775    Da ciò consegue che giustamente, al punto 787 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che la Microsoft, nel rispondere alla lettera del 15 settembre 1998, non aveva sufficientemente tenuto conto del suo specifico dovere di non recare ostacolo ad una concorrenza effettiva e non falsata all’interno del mercato comune. Sempre giustamente, al medesimo punto della decisione, la Commissione ha spiegato che tale dovere particolare derivava dalla posizione di «quasi monopolio» detenuta dalla Microsoft sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti. Infatti, come emerge in particolare dalle considerazioni esposte al punto 740 della presente sentenza, il rifiuto in questione riguardava «le specificazioni delle interfacce sulle quali si basa la comunicazione attraverso una rete di server per gruppi di lavoro [configurati con sistema operativo Windows] e di PC clienti [basati su] Windows e che, in quanto tali, non si possono ricondurre ad uno dei due [tipi di] prodotti di cui trattasi (PC clienti o server per gruppi di lavoro) ma costituiscono piuttosto uno standard di compatibilità tra di [essi]» (punto 787 della decisione impugnata).

776    Dal complesso delle considerazioni che precedono deriva che il secondo capo del motivo unico sollevato dalla Microsoft relativamente al problema del rifiuto di fornire le informazioni sull’interoperabilità e di autorizzarne l’uso dev’essere dichiarato infondato.

3.     Sul terzo capo, relativo al fatto che la Commissione non tiene debitamente conto degli obblighi imposti alle Comunità dall’accordo ADPIC

a)     Argomenti delle parti

777    La Microsoft sostiene che la decisione impugnata, obbligandola a concedere ai suoi concorrenti licenze relative alle specificazioni dei protocolli di comunicazione di cui essa è proprietaria, violerebbe l’art. 13 dell’accordo ADPIC. Difatti, nel caso di specie non sussisterebbero le condizioni cumulative previste dalla suddetta disposizione.

778    A questo proposito, in primo luogo la Microsoft sostiene che tale obbligo va oltre quanto necessario per ottenere l’interoperabilità e, di conseguenza, sarebbe in contrasto con il requisito secondo cui i diritti di proprietà intellettuale non possono costituire oggetto di «limitazioni» o di «deroghe» se non in «casi speciali». Imponendo il suddetto obbligo, la Commissione intenderebbe infatti permettere agli altri fornitori di sistemi operativi per server di creare prodotti che «imitino» le funzionalità dei sistemi operativi Windows per server. La Microsoft contesta anche l’obbligo che le viene imposto di mettere i suoi protocolli di comunicazione a disposizione dei concorrenti, a prescindere dal fatto che questi ultimi siano stati o meno lesi dal suo comportamento asseritamente anticoncorrenziale.

779    In secondo luogo, la Microsoft sostiene che l’obbligo di concedere licenze pregiudica direttamente il «normale sfruttamento» dei suoi diritti di proprietà intellettuale. Al riguardo, essa sostiene che di regola i fornitori di software commerciali, come la ricorrente, piuttosto che accordare a terzi licenze relative alle proprie tecnologie innovative, sfruttano i diritti di proprietà intellettuale ideando e vendendo prodotti che implementano le suddette tecnologie. Essa inoltre spiega che l’obbligo in parola avrà ripercussioni negative sulle sue vendite, poiché i suoi concorrenti saranno in grado di utilizzare i suoi protocolli di comunicazione per creare sistemi operativi per server intercambiabili con i suoi prodotti.

780    In terzo luogo, la Microsoft asserisce che l’obbligo ad essa imposto causa un «pregiudizio ingiustificato ai [suoi] interessi legittimi» in quanto è sproporzionato rispetto all’obiettivo dichiarato dalla Commissione, ossia quello di eliminare gli effetti di un comportamento anticoncorrenziale. Il nuovo criterio di ponderazione applicato da quest’ultima sembrerebbe infatti legittimare l’obbligo di concedere licenze ogni volta che dei concorrenti di un’impresa dominante possano trarre profitto dall’accesso alla proprietà intellettuale della stessa, e questo senza che occorra sapere se detta misura sia necessaria per porre rimedio ad un comportamento anticoncorrenziale.

781    Infine, la Microsoft ammette che forse l’accordo ADPIC non è direttamente applicabile nel diritto comunitario, ma osserva che la Corte ha sancito il principio secondo cui il diritto comunitario, compreso l’art. 82 CE, dev’essere interpretato alla luce degli accordi internazionali conclusi dalla Comunità, come il suddetto accordo (sentenza della Corte 10 settembre 1996, causa C‑61/94, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑3989, punto 52).

782    L’ACT sostiene, anzitutto, che il principio di interpretazione di cui al punto precedente deve applicarsi non solo ai testi di diritto comunitario derivato, ma anche alle disposizioni di diritto comunitario primario.

783    Inoltre, secondo l’ACT l’interpretazione che la Commissione dà dell’art. 82 CE nella decisione impugnata contrasta con gli obblighi internazionali della Comunità derivanti dall’accordo ADPIC sotto tre profili.

784    In primo luogo, la misura correttiva prevista dall’art. 5 della decisione impugnata sarebbe incompatibile con l’art. 13 del suddetto accordo.

785    In secondo luogo, la suddetta misura correttiva, implicando l’obbligo di concedere licenze relative a brevetti della Microsoft, violerebbe l’art. 31 dell’accordo ADPIC.

786    Più in particolare, l’ACT ricorda che ai sensi del suddetto articolo:

«Qualora la legislazione di un membro consenta altri usi [rispetto a quelli consentiti in forza dell’art. 30] dell’oggetto di un brevetto senza il consenso del titolare, ivi compreso l’uso da parte della pubblica amministrazione o di terzi da questa autorizzati si applicano le seguenti disposizioni:

a)      l’autorizzazione dell’uso in questione si considera nei suoi aspetti peculiari».

787    Secondo l’ACT, tale disposizione implica che le licenze possono essere accordate solo caso per caso. L’art. 5 della decisione impugnata prevede invece un obbligo di concedere licenze «comprensive dei brevetti già concessi, di quelli oggetto di una domanda pendente e di tutti quelli che verranno domandati o concessi in avvenire». Tale decisione implicherebbe l’obbligo di accordare licenze relativamente a «categorie di invenzioni».

788    In terzo luogo, tenuto conto dell’art. 39 dell’accordo ADPIC (l’unico articolo contenuto alla sezione 7 di tale accordo), l’art. 5 della decisione impugnata, imponendo alla Microsoft di comunicare segreti commerciali ai suoi concorrenti, non solo comporterebbe la perdita del diritto di controllare l’uso dei suddetti segreti commerciali, ma equivarrebbe alla «totale distruzione» tali segreti.

789    La Commissione ricorda, innanzi tutto, che secondo una costante giurisprudenza, «tenuto conto della loro natura e della loro economia, gli accordi OMC non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali la Corte controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie» (sentenza della Corte 23 novembre 1999, causa C‑149/96, Portogallo/Consiglio, Racc. pag. I‑8395, punto 47). Essa aggiunge che, nella sentenza 14 dicembre 2000, cause riunite C‑300/98 e C‑392/98, Dior e a. (Racc. pag. I‑11307, punto 44), la Corte ha dichiarato che «le disposizioni [dell’accordo ADPIC], allegato all’accordo [che istituisce l’]OMC, non sono idonee a creare in capo ai singoli diritti che questi possano invocare direttamente dinanzi al giudice ai sensi del diritto comunitario». Inoltre, essa adduce che nel caso di specie la sentenza Commissione/Germania, citata supra al punto 781, non è pertinente in quanto verte sull’interpretazione non di una disposizione del Trattato CE, bensì di una norma di diritto comunitario derivato. In ogni caso, la tesi sostanzialmente difesa dalla Microsoft sarebbe che la decisione impugnata è illegittima in quanto viola l’accordo ADPIC.

790    La Commissione sostiene, inoltre, che l’argomento della Microsoft si basa sull’erronea premessa secondo cui la decisione impugnata le impone di concedere ai suoi concorrenti licenze relative alle specificazioni, tutelate dal diritto d’autore, di protocolli di comunicazione di cui essa è proprietaria. Essa fa altresì rilevare che il problema dei diritti d’autore nel caso di specie è tutt’al più «puramente accessorio» e aggiunge che, poiché il «diritto di divulgazione» di cui la Microsoft si avvale è un «diritto morale», esso non può ricadere nell’ambito dell’accordo ADPIC.

791    Infine, la Commissione fa valere che l’affermazione della Microsoft secondo cui le condizioni previste dall’art. 13 dell’accordo ADPIC non sussistono nel caso di specie si basa su «ipotesi erronee». Al riguardo, essa sostiene che la presunta concessione obbligatoria di licenze imposta dalla decisione impugnata non va oltre quanto necessario per raggiungere l’interoperabilità e ribadisce di non aver applicato un criterio nuovo di ponderazione nel caso di specie.

792    Per quanto riguarda gli argomenti esposti dall’ACT, la Commissione ritiene che debbano essere dichiarati irricevibili, nei limiti in cui sono basati sugli artt. 31 e 39 dell’accordo ADPIC, dal momento che non sono stati dedotti dalla Microsoft. In ogni caso, gli argomenti di tale associazione sarebbero complessivamente infondati.

793    La SIIA si allinea agli argomenti della Commissione.

b)     Giudizio del Tribunale

794    Nell’ambito del terzo capo del presente motivo unico la Microsoft accusa la Commissione di aver interpretato l’art. 82 CE in modo non conforme con l’art. 13 dell’accordo ADPIC. Essa sostiene che, se la Commissione avesse correttamente tenuto conto di tale ultima disposizione, non avrebbe potuto dichiarare, all’art. 2, lett. a), della decisione impugnata, che il rifiuto in parola costituiva un abuso di posizione dominante e non avrebbe potuto neppure imporre la misura correttiva prevista dagli artt. 4, 5 e 6 della decisione stessa, poiché detta misura riguardava le informazioni relative all’interoperabilità.

795    La Microsoft basa il suo argomento sul punto 52 della sentenza Commissione/Germania, citata supra al punto 781, nel quale la Corte avrebbe precisato che il diritto comunitario, compreso l’art. 82 CE, dev’essere interpretato alla luce degli accordi internazionali vincolanti, come l’accordo ADPIC. Nel corso dell’udienza, la Microsoft ha insistitio sul fatto che non pretendeva assolutamente affermare che le disposizioni di tale accordo avessero effetto diretto.

796    Secondo il Tribunale la Microsoft non può validamente invocare la sentenza Commissione/Germania, citata supra al punto 781.

797    Il punto 52 di tale sentenza stabilisce quanto segue:

«[l]a prevalenza degli accordi internazionali conclusi dalla Comunità sulle norme di diritto comunitario derivato impone di interpretare queste ultime in maniera per quanto possibile conforme agli accordi».

798    Deve necessariamente rilevarsi che il principio di interpretazione conforme sancito dalla Corte si applica solo nell’ipotesi in cui l’accordo internazionale di cui trattasi prevalga sulla norma di diritto comunitario interessata. Poiché un accordo internazionale come l’accordo ADPIC non prevale sul diritto comunitario, tale principio non può trovare applicazione, in particolare, quando, come nel caso di specie, la disposizione asseritamente soggetta ad interpretazione è l’art. 82 CE.

799    Inoltre, nel caso di specie, a differenza dell’ipotesi considerata dal punto 52 della sentenza Commissione/Germania, citata supra al punto 781, la Commissione non era tenuta, in senso stretto, a compiere una scelta tra più interpretazioni possibili di una norma di diritto comunitario. La presente causa, infatti, riguarda una situazione in cui la Commissione era chiamata ad applicare l’art. 82 CE alle circostanze di fatto e di diritto del caso di specie e nella quale si presume che, salvo prova contraria, le conclusioni a cui essa è pervenuta al riguardo sono le uniche che poteva validamente adottare.

800    Inoltre, il Tribunale ritiene che, sotto l’egida del principio di interpretazione conforme, in realtà la Microsoft non faccia altro che mettere in discussione la legittimità della decisione impugnata sostenendone la contrarietà con l’art. 13 dell’accordo ADPIC.

801    Secondo una costante giurisprudenza, tenuto conto della loro natura e della loro economia, gli accordi OMC non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali il giudice comunitario controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie (sentenze della Corte Portogallo/Consiglio, cit. supra al punto 789, punto 47; 12 marzo 2002, cause riunite C‑27/00 e C‑122/00, Omega Air e a., Racc. pag. I‑2569, punto 93; 9 gennaio 2003, causa C‑76/00 P, Petrotub e Republica/Consiglio, Racc. pag. I‑79, punto 53, e 30 settembre 2003, causa C‑93/02 P, Biret International/Consiglio, Racc. pag. I‑10497, punto 52).

802    Solo nel caso in cui la Comunità abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC, ovvero nel caso in cui l’atto comunitario rinvii espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC, spetta al giudice comunitario controllare la legittimità dell’atto comunitario controverso alla luce delle norme dell’OMC (sentenza Portogallo/Consiglio, cit. supra al punto 789, punto 49, e sentenza Biret International/Consiglio, cit. al punto precedente, punto 53).

803    Poiché le circostanze del caso di specie non corrispondono con evidenza a nessuna delle due ipotesi indicate al punto precedente, la Microsoft non può invocare l’art. 13 dell’accordo ADPIC a sostegno della sua domanda di annullamento degli artt. 2, 4, 5 e 6 della decisione impugnata. Non vi è quindi motivo di esaminare gli argomenti che la Microsoft, col sostegno dell’ACT, deduce per corroborare la sua affermazione secondo cui le condizioni previste dall’art. 13 del suddetto accordo non sussistono nel caso di specie.

804    Quanto all’argomento dell’ACT relativo al fatto che l’art. 5 della decisione impugnata sarebbe incompatibile con gli artt. 31 e 39 dell’accordo ADPIC (v. supra, punti 785-788), esso dev’essere respinto, per gli stessi motivi indicati ai punti 796-803 della presente sentenza.

805    Deve poi rilevarsi che l’argomento dell’ACT secondo il quale l’art. 5 della decisione impugnata violerebbe l’art. 31, lett. a), dell’accordo ADPIC si basa sull’idea del tutto erronea che la misura correttiva preveda la concessione obbligatoria di licenze relative a «categorie di invenzioni» e non presupponga valutazioni individuali preliminari. Anche supponendo che, per conformarsi all’art. 5 della decisione impugnata, la Microsoft debba concedere ad alcuni suoi concorrenti, mediante una licenza, di sfruttare uno o più suoi brevetti, nella detta decisione nulla le impedisce di negoziare le condizioni della licenza caso per caso.

806    Al riguardo, va rilevato che dalla decisione impugnata emerge che la misura correttiva prevista all’art. 5 deve essere attuata in base ad una procedura articolata in tre fasi e nel rispetto delle condizioni previste ai suoi punti 1005-1009.

807    Infatti, in primo luogo la Microsoft è tenuta ad elaborare le informazioni sull’interoperabilità ai sensi dell’art. 1, n. 1, della decisione impugnata e ad attuare il meccanismo di valutazione di cui all’art. 5, lett. c), della stessa.

808    In secondo luogo, essa deve dare accesso alle informazioni sull’interoperabilità alle imprese che intendano sviluppare e distribuire sistemi operativi per server per gruppi di lavoro al fine di consentire loro di stimare il valore economico che apporterà loro l’implementazione delle suddette informazioni nei loro prodotti [punto 1008, lett. i), della decisione impugnata]. Le condizioni alle quali la Microsoft autorizzerà tale valutazione dovranno essere ragionevoli e non discriminatorie.

809    Infine, la Microsoft è tenuta a dare accesso alle informazioni di cui trattasi a qualsiasi impresa interessata in tutto o in parte ad informazioni sull’interoperabilità, nonché ad autorizzarla ad implementare tali informazioni in sistemi operativi per server per gruppi di lavoro (punto 1003 della decisione impugnata). Anche a questo proposito, le condizioni che essa intende imporre debbono essere ragionevoli e non discriminatorie (punti 1005-1008 della decisione impugnata).

810    Da questi diversi elementi della decisione impugnata emerge chiaramente che nulla impedisce alla Microsoft, nell’ipotesi in cui le informazioni sull’interoperabilità richieste da un’impresa determinata si riferiscano ad una tecnologia oggetto di brevetto (o protetta da altro diritto di proprietà intellettuale), di dare accesso alle suddette informazioni e di autorizzarne l’uso tramite licenza, a condizione di applicare condizioni ragionevoli e non discriminatorie.

811    Il semplice fatto che la decisione impugnata esiga che le condizioni cui saranno soggette le eventuali licenze di cui trattasi siano ragionevoli e non discriminatorie non implica affatto che la Microsoft debba imporre condizioni identiche per tutte le imprese che richiedono tali licenze. Non si esclude, infatti, che le suddette condizioni possano essere adattate alle situazioni specifiche per ciascuna impresa a seconda, per esempio, della portata delle informazioni cui esse vogliono avere accesso o del tipo di prodotti nei quali esse intendono applicarle.

812    Dal complesso delle considerazioni che precedono deriva che il terzo capo del motivo unico dev’essere dichiarato infondato.

813    Pertanto, il motivo unico sollevato nell’ambito della prima problematica dev’essere dichiarato infondato nel suo insieme.

C –  Sulla vendita abbinata del sistema operativo Windows per PC clienti e di Windows Media Player

814    Nell’ambito di questa seconda problematica, la Microsoft fa valere due motivi: la violazione dell’art. 82 CE e la violazione del principio di proporzionalità. Il primo motivo verte sulla conclusione della Commissione secondo cui il comportamento della Microsoft consistente nel subordinare la fornitura del sistema operativo Windows per PC clienti all’acquisto simultaneo del software Windows Media Player costituisce una vendita abbinata abusiva [art. 2, lett. b), della decisione impugnata]. Il secondo motivo è riferito alla misura correttiva prevista dall’art. 6 della decisione impugnata.

815    Prima di esaminare i suddetti motivi, è opportuno ricapitolare alcuni rilievi di fatto e tecnici contenuti nella decisione impugnata e che costituiscono il contesto della condotta in esame. Occorre inoltre rilevare che questi rilievi, in sostanza, non vengono contestati dalla Microsoft.

1.     Rilievi di fatto e tecnici

816    Ai punti 60-66 della decisione impugnata la Commissione presenta il sistema multimediale digitale.

817    Innanzi tutto, essa definisce i lettori multimediali come prodotti software in grado di «leggere» contenuti audio e video, in grado cioè di decodificare i dati corrispondenti traducendoli in istruzioni per l’hardware, come altoparlanti o uno schermo (punto 60 della decisione impugnata).

818    Al punto 61 della decisione impugnata, la Commissione spiega che i contenuti audio e video vengono ordinati all’interno di files multimediali digitali secondo formati specifici e che sono stati elaborati algoritmi di compressione o decompressione in modo da ridurre lo spazio di archiviazione necessario per tali contenuti senza però compromettere la qualità del suono o dell’immagine. Questi algoritmi vengono implementati all’interno di lettori multimediali e di software di codificazione che permettono la creazione di files compressi. Essa aggiunge che la parte del codice che, in un lettore multimediale, implementa un algoritmo di compressione e di decompressione è chiamata «codec» e che per poter interagire correttamente con un «contenuto “media” digitale» compresso in un determinato formato utilizzando un algoritmo di compressione e di decompressione, un lettore multimediale deve essere in grado di comprendere il suddetto formato e il suddetto algoritmo di compressione e decompressione, ossia deve poter implementare il codec corrispondente.

819    Al punto successivo della decisione impugnata la Commissione spiega che l’utente finale può accedere tramite Internet a contenuti audio e video scaricando il relativo file sul proprio PC clienti, ossia copiarlo e trasferirlo su di esso. Una volta scaricato, il file può essere «letto» da un lettore multimediale compatibile con il suo formato.

820    Al punto 63 della decisione impugnata la Commissione spiega che l’utente finale può inoltre ricevere contenuti audio e video diffusi in streaming su Internet. In questo caso, non è più necessario attendere che il file venga completamente scaricato, perché questo viene inviato al PC clienti sotto forma di sequenza di piccoli elementi, ossia sotto forma di «flusso» di dati che il lettore multimediale legge man mano che li riceve. Per questa diffusione è necessario che sul PC clienti sia presente un lettore multimediale che permette una ricezione in streaming [senza interruzioni].

821    La Commissione precisa che la diffusione in streaming ad un utente finale di contenuti audio e video implica spesso specifici protocolli di streaming che regolino le comunicazioni tra i lettori multimediali e il software server che diffonde il contenuto su Internet. Per poter accedere a contenuti audio e video diffusi secondo un determinato protocollo, l’utente deve disporre di un lettore multimediale in grado di «comprendere» tale protocollo (punto 64 della decisione impugnata).

822    Infine, al punto 66 della decisione impugnata, la Commissione spiega che, utilizzando software di codificazione, server di diffusione in streaming e lettori multimediali compatibili in termini di supporto dei codec, dei formati e dei protocolli di diffusione, è possibile costruire una infrastruttura di software per poter fornire ed utilizzare sulle reti informatiche contenuti audio e video digitali diffusi in streaming. Essa precisa, inoltre, che siffatta infrastruttura potrà diventare una piattaforma per lo sviluppo di altre applicazioni che utilizzeranno i servizi da essa forniti. In particolare, i lettori multimediali possono contenere API utilizzabili da altre applicazioni, ad esempio per avviare la lettura di un file da parte del lettore.

823    Ai punti 107-120 della decisione impugnata, la Commissione descrive brevemente i fattori economici che caratterizzano l’offerta, la concorrenza e il consumo nel settore del multimediale digitale.

824    In proposito, in primo luogo, essa osserva che all’inizio della catena di distribuzione dei contenuti multimediali digitali si trovano i proprietari di tali contenuti, i quali in genere sono titolari di diritti d’autore su di essi e possono pertanto controllarne la riproduzione e la distribuzione (punto 108 della decisione impugnata).

825    In secondo luogo, la Commissione indica che i contenuti vengono poi raggruppati dai fornitori di contenuto che li diffondono presso i consumatori, in particolare archiviandoli su server collegati a Internet ai quali i consumatori possono accedere dai loro PC clienti (punti 109-111 della decisione impugnata).

826    In terzo luogo, la Commissione ricorda che l’infrastruttura software che permette di creare, trasmettere e leggere contenuti digitali viene fornita dagli ideatori di software, tra cui Microsoft, RealNetworks e Apple (punto 112 della decisione impugnata). Quel che caratterizza queste tre società, oltre alla capacità di supportare alcuni formati standard del settore, è la possibilità di offrire una soluzione completa, dal software di codificazione al lettore, basata essenzialmente sulle proprie tecnologie multimediali digitali e su formati di files di cui esse sono proprietarie (punto 113 della decisione impugnata). Per esempio, la Microsoft possiede i formati Windows Media Audio (WMA), Windows Media Video (WMV) e Advanced Streaming Format (ASF). I formati della RealNetworks sono denominati «RealAudio» e «RealVideo». I formati QuickTime della Apple sono caratterizzati dalle estensioni di files «.qt», «.mov» et «.moov». La Commissione aggiunge che gli altri ideatori di software non offrono soluzioni complete per la fornitura di contenuti multimediali, ma in genere acquistano licenze da una delle tre società sopra menzionate per utilizzarne la tecnologia, oppure fanno ricorso a standard industriali aperti (punto 117 della decisione impugnata).

827    In quarto luogo, la Commissione spiega che esistono diversi circuiti di distribuzione dei lettori multimediali agli utenti finali (punti 119 e 120 della decisione impugnata).

828    Innanzi tutto, tali lettori possono essere installati sui PC clienti dai costruttori OEM («original equipment manufacturer») sulla base di accordi da questi conclusi con gli ideatori di software. Gli utenti finali trovano così un lettore multimediale e magari altri software complementari, oltre ad un sistema operativo, preinstallati sui propri PC clienti. Al punto 68 della decisione impugnata i costruttori OEM vengono definiti come società che svolgono un’attività consistente nell’assemblare computer utilizzando una serie di componenti fornite da costruttori diversi. Tale operazione di solito comprende l’installazione di un sistema operativo fornito da un ideatore di software o elaborato dal costruttore OEM stesso, nonché la riunione di più applicazioni richieste dall’utente finale. Gli apparecchi così assemblati vengono poi acquistati dai «redistributori» che li vendono dopo avervi integrato software complementari.

829    Gli utenti finali possono, inoltre, scaricare da Internet sui propri PC clienti lettori multimediali.

830    Infine, i lettori multimediali possono essere messi in vendita nei negozi al dettaglio o essere distribuiti in combinazione con altri prodotti software.

831    Ai punti 121-143 della decisione impugnata la Commissione descrive i prodotti qui considerati della Microsoft e quelli dei suoi concorrenti.

832    Per quanto riguarda la Microsoft, la Commissione ricorda che il suo lettore multimediale si chiama «Windows Media Player» e precisa che alla data della decisione impugnata, la versione più recente era denominata «Windows Media Player 9 Series» (WMP 9). Essa sottolinea che WMP 9, che permetteva tra l’altro di leggere contenuti audio e video digitali scaricati o diffusi in streaming, era disponibile dal 7 gennaio 2003 e, dagli inizi del novembre 2003, funzionava anche con i sistemi operativi Mac Os e UNIX, senza però supportare i formati Real e QuickTime.

833    Per quanto riguarda i concorrenti della Microsoft, la Commissione descrive in particolare i prodotti della RealNetworks (punti 125-134 della decisione impugnata) e della Apple (punti 135-140 della decisione impugnata).

834    La Commissione ricorda che nel 1995 la RealNetworks – che allora si chiamava Progressive Networks Inc. – è stata la prima grande società a vendere prodotti che consentivano la diffusione in streaming di contenuti audio digitali, tra cui il lettore RealAudio Player. Nel febbraio 1997, la RealNetworks ha lanciato RealPlayer 4.0, che permetteva di leggere files audio e video in diretta e su richiesta.

835    Quanto alla Apple, la Commissione osserva che agli inizi degli anni ‘90 tale società ha sviluppato un lettore multimediale denominato «QuickTime Player», il quale inizialmente funzionava solo sui PC Macintosch. La Apple ha lanciato, nel novembre 1994, il lettore QuickTime 2.0 per Windows e, nell’aprile 1999, il lettore QuickTime 4.0 che permetteva di ricevere in streaming contenuti multimediali.

836    La Commissione cita poi il lettore MusicMatch Jukebox della MusicMatch e il lettore Winamp Media Player della Nullsoft, precisando che questi sono basati non su codec o su formati di files loro propri, bensì su tecnologie di proprietà della Microsoft, della Apple o della RealNetworks, oppure su formati aperti (punti 141-143 della decisione impugnata).

837    I punti 302-314 della decisione impugnata contengono una cronologia delle attività della Microsoft nel settore dei software multimediali, che può essere sintetizzata come segue:

–        nell’agosto 1991, la Microsoft lanciava una versione del suo sistema operativo Windows 3.0 contenente alcune «estensioni multimediali» che permettevano agli utenti di conservare immagini fisse e di ascoltare suoni, ma non di ricevere contenuti multimediali in streaming;

–        nel 1993, la Microsoft lanciava un prodotto denominato «Video for Windows», che conteneva il lettore Media Player 2.0 e permetteva agli utenti di leggere dei files video scaricati sul proprio PC client;

–        nell’agosto 1995, la Microsoft immetteva sul mercato il sistema operativo Windows 95, integrandovi successivamente il suo navigatore Internet denominato «Internet Explorer», che includeva il lettore audio RealAudio Player della RealNetworks;

–        nel settembre 1996, la Microsoft lanciava il software NetShow 1.0, ideato per funzionare con Windows 95 e che permetteva la lettura di contenuti audio e video diffusi tramite reti Intranet;

–        il 21 luglio 1997, la Microsoft e la RealNetworks annunciavano di aver stipulato un accordo di cooperazione nel settore della diffusione di contenuti multimediali in streaming, in base al quale la Microsoft otteneva in licenza dalla RealNetworks, da un lato, i codec di RealAudio e di RealVideo 4.0, per poterli incorporare nel proprio software NetShow e, dall’altro lato, RealPlayer 4.0, per incorporarlo in Internet Explorer;

–        nell’ottobre 1997, la Microsoft comunicava che RealPlayer 4.0 era stato incorporato in Internet Explorer 4.0;

–        il 4 maggio 1998, la Microsoft lanciava la versione Beta del suo software Microsoft Media Player, che permetteva la lettura di contenuti multimediali diffusi in streaming su Internet e supportava in particolare i formati MPEG, QuickTime, RealAudio e RealVideo, nonché la versione Beta del suo software Netshow 3.0 Server;

–        il 25 giugno 1998, la Microsoft immetteva sul mercato il sistema operativo Windows 98 con cui veniva distribuito, sul CD di installazione di tale sistema, il lettore NetShow 2.0 che permetteva di ricevere contenuti diffusi in streaming ma non faceva parte delle configurazioni predefinite offerte da Windows 98 agli utenti;

–        il 7 luglio 1998, la Microsoft introduceva sul mercato Windows Media Player 6 (WMP 6), un lettore multimediale che permetteva la lettura di contenuti diffusi in streaming tramite Internet, e funzionava con i sistemi operativi Windows 95, Windows 98 e Windows NT 4.0, supportando i formati RealAudio 4.0, RealVideo 4.0, ASF, AVI, WAV, MPEG e QuickTime;

–        il 5 maggio 1999, la Microsoft lanciava il sistema operativo per PC clienti Windows 98 Second Edition, in cui era integrato il lettore WMP 6, che non poteva essere disinstallato dai costruttori OEM o dagli utenti, ed esso è stato integrato anche nelle successive versioni Windows, ossia Windows Me, Windows 2000 Professional e Windows XP;

–        nell’agosto 1999, la Microsoft lanciava l’«architettura Windows Media Technologies 4», che comprendeva i lettori Windows Media Player, Windows Media Services, Windows Media Tools e una propria tecnologia di gestione di diritti digitali;

–        tale software non supportava più «in modalità nativa» i formati della RealNetworks né il formato QuickTime;

–        nel settembre 2002, la Microsoft annunciava il lancio della versione Beta della sua tecnologia Windows Media 9 Series, che comprendeva tra l’altro il lettore WMP 9.

838    Va osservato che la Microsoft si è conformata all’obbligo impostole nell’ambito della transazione americana di permettere ai costruttori OEM e ai consumatori finali di attivare o sopprimere l’accesso ai propri software middleware, immettendo sul mercato Windows 2000 Professional Service Pack 3, il 1° agosto 2002, e Windows XP Service Pack 1, il 9 settembre 2002 (punto 315 della decisione impugnata).

2.     Sul primo motivo, attinente alla violazione dell’art. 82 CE

839    Il primo motivo fatto valere dalla Microsoft relativamente alla presente problematica si articola in quattro capi. Nell’ambito del primo capo, la Microsoft sostiene che la Commissione ha applicato una teoria nuova, speculativa e priva di fondamento giuridico per constatare l’esistenza di un effetto di estromissione dei concorrenti dal mercato. Nell’ambito del secondo capo, essa sostiene che la Commissione non ha preso sufficientemente in considerazione i vantaggi derivanti dall’«idea architettonica» del suo sistema operativo. Nell’ambito del terzo capo, essa sostiene che la Commissione non dimostra l’esistenza di una violazione dell’art. 82 CE, in particolare dell’art. 82, secondo comma, lett. d), CE. Infine, nell’ambito del quarto capo, essa sostiene che la Commissione non ha tenuto conto degli obblighi imposti dall’accordo ADPIC.

840    Inoltre, nell’introdurre l’argomento dedotto in merito alla presente problematica, la Microsoft fa alcune affermazioni riguardo ai requisiti necessari per constatare l’esistenza di una vendita abbinata abusiva.

841    Il Tribunale esaminerà, innanzi tutto, le affermazioni di cui al punto precedente. Successivamente, alla luce delle conclusioni alle quali sarà pervenuto al riguardo (v. infra, punto 869), esso analizzerà gli argomenti dedotti dalla Microsoft nell’ambito dei primi tre capi del primo motivo. Infine, si pronuncerà sul quarto capo del detto motivo.

a)     Sui requisiti necessari per constatare una vendita abbinata abusiva

 Argomenti delle parti

842    Riferendosi al punto 794 della decisione impugnata, la Microsoft sostiene che, per concludere che nel caso di specie esisteva una vendita abbinata abusiva, la Commissione si è basata sui seguenti elementi:

–        in primo luogo, il prodotto principale e il prodotto abbinato sono due prodotti distinti;

–        in secondo luogo, l’impresa interessata detiene una posizione dominante sul mercato del prodotto principale;

–        in terzo luogo, la detta impresa non offre ai consumatori la possibilità di ottenere il prodotto principale senza il prodotto abbinato;

–        in quarto luogo, la prassi in esame limita la concorrenza.

843    Rinviando al punto 961 della decisione impugnata, essa rileva che la Commissione ha altresì tenuto conto del fatto che la vendita abbinata in questione non era, asseritamente, obiettivamente giustificata.

844    La Microsoft sostiene che questi diversi elementi non corrispondono ai requisiti prescritti dall’art. 82, secondo comma, lett. d), CE, sotto due profili.

845    Da un lato, la Commissione avrebbe sostituito il requisito consistente nel «subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi» con quello consistente nel fatto che l’impresa dominante «non offre ai consumatori la possibilità di ottenere il prodotto principale senza il prodotto abbinato».

846    Dall’altro lato, la Commissione avrebbe aggiunto un requisito relativo all’estromissione dei concorrenti dal mercato, che non è previsto espressamente dall’art. 82, secondo comma, lett. d), CE e che di solito non sarebbe preso in considerazione per valutare l’esistenza di una vendita abbinata abusiva. Più precisamente, dopo aver ammesso, al punto 841 della decisione impugnata, che la causa presente non costituiva un «classico caso di vendita abbinata», la Commissione avrebbe dichiarato che esisteva un effetto di estromissione dei concorrenti dal mercato sulla base di una teoria nuova e «altamente speculativa», secondo la quale l’ampia diffusione della funzionalità multimediale di Windows avrebbe costretto i fornitori di contenuti a codificare i propri contenuti nei formati Windows Media, il che avrebbe provocato l’esclusione dal mercato di tutti i lettori multimediali concorrenti e, indirettamente, costretto i consumatori a utilizzare unicamente la suddetta funzionalità multimediale.

847    La Microsoft aggiunge che la decisione impugnata è contraddittoria perché, al punto 792 della stessa, la Commissione dichiara che nel caso di specie sussistono i requisiti di cui all’art. 82, secondo comma, lett. d), CE, mentre, al tempo stesso, tiene conto di requisiti che non sono previsti in tale disposizione.

848    L’ACT sostiene che la Commissione ha tenuto conto di tre categorie diverse di requisiti per constatare che nel caso di specie sussisteva una vendita abbinata abusiva: in primo luogo, i requisiti previsti dall’art. 82, secondo comma, lett. d), CE; in secondo luogo, quelli previsti dall’art. 82 CE in generale; in terzo luogo, le quattro condizioni indicate al punto 794 della decisione impugnata. Secondo l’ACT, la valutazione compiuta dalla Commissione è erronea indipendentemente dalla categoria di requisiti applicata.

849    Rinviando al punto 831 della decisione impugnata, la Commissione sostiene che la vendita abbinata in parola viola «l’art. 82 [CE] in generale e l’art. 82, [secondo comma], lett. d), [CE], in particolare». Essa spiega di aver invocato congiuntamente le due disposizioni alla luce degli argomenti sollevati dalla Microsoft durante il procedimento amministrativo e al fine di «eliminare ogni dubbio», nonché per «evitare un dibattito semantico sull’interpretazione [dell’art. 82, secondo comma, lett.] d), [CE]». Essa aggiunge che i requisiti applicati nel caso di specie per constatare l’esistenza di una vendita abbinata abusiva sono conformi a quelli riconosciuti dalla giurisprudenza.

 Giudizio del Tribunale

850    Il Tribunale considera che gli argomenti dedotti dalla Microsoft sono puramente semantici e non possono essere accolti.

851    Al riguardo, occorre ricordare il modo in cui la Commissione nella decisione impugnata struttura il proprio argomento relativo alla vendita abbinata di cui trattasi.

852    Al punto 794 di tale decisione essa sostiene che, per l’esistenza di una vendita abbinata abusiva ai sensi dell’art. 82 CE, è necessaria la compresenza dei quattro elementi indicati supra, al punto 842.

853    Essa esamina poi il comportamento contestato alla Microsoft alla luce dei suddetti quattro elementi (punti 799-954 della decisione impugnata).

854    Così, in primo luogo, la Commissione ricorda che la Microsoft detiene una posizione dominante sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti (punto 799 della decisione impugnata). Va subito osservato che tale circostanza non viene contestata dalla ricorrente.

855    In secondo luogo, la Commissione sostiene che i lettori multimediali in streaming e i sistemi operativi per PC clienti sono due prodotti distinti (punti 800-825 della decisione impugnata).

856    In terzo luogo, essa sostiene che la Microsoft non offre ai consumatori la possibilità di ottenere il suo sistema operativo Windows per PC clienti senza Windows Media Player (punti 826-834 della decisione impugnata).

857    In quarto luogo, la Commissione sostiene che la vendita abbinata di Windows Media Player limita la concorrenza sul mercato dei lettori multimediali (punti 835-954 della decisione impugnata). Al riguardo, essa rileva in particolare che nei casi classici di vendita abbinata, la Commissione e il giudice comunitario «hanno ritenuto che la vendita abbinata di un prodotto distinto con il prodotto dominante costituiva un indice dell’effetto di estromissione che detta pratica aveva sui concorrenti» (punto 841 della decisione impugnata). Tuttavia, essa considera che nella causa in oggetto sussistevano validi motivi che portavano a non dare per scontato, senza un’analisi suppletiva, il fatto che la vendita collegata di Windows Media Player costituisse un comportamento idoneo, per sua natura, a limitare la concorrenza (ibidem). In sostanza, la Commissione ritiene che «il fatto di collegare [Windows Media Player] al prodotto dominante Windows fa di [Windows Media Player] la piattaforma di scelta per i contenuti e le applicazioni complementari e rischia in tal modo di limitare la concorrenza sul mercato dei lettori multimediali» (punto 842 della decisione impugnata). Essa aggiunge che «[q]uesto si ripercuote sulla concorrenza sul mercato dei prodotti connessi, come i software di codificazione e di gestione multimediali (spesso dal lato server), nonché sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti, per i quali i lettori multimediali compatibili con contenuti di qualità rappresentano un’applicazione importante» (ibidem).

858    Infine, la Commissione prende in esame gli elementi addotti dalla Microsoft per cercare di dimostrare che il comportamento abusivo ad essa imputato è obiettivamente giustificato (punti 955-970 della decisione impugnata).

859    Secondo il Tribunale, l’analisi che la Commissione compie riguardo agli elementi costitutivi della nozione di vendite abbinate è corretta e conforme tanto all’art. 82 CE quanto alla giurisprudenza. La Commissione si è fondatamente basata sugli elementi esposti al punto 794 della decisione impugnata, nonché sul fatto che la vendita abbinata fosse priva di giustificazione obiettiva, per valutare se il comportamento contestato alla Microsoft costituisse una vendita abbinata abusiva. Tali elementi si possono dedurre non solo dal concetto stesso di vendita abbinata, ma altresì dalla giurisprudenza (v., in particolare, sentenza del Tribunale 12 dicembre 1991, causa T‑30/89, Hilti/Commissione, Racc. pag. II‑1439, confermata con sentenza della Corte 2 marzo 1994, causa C‑53/92 P, Hilti/Commissione, Racc. pag. I‑667; sentenze 6 ottobre 1994 e 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, cit. supra al punto 293).

860    Va ricordato che l’enumerazione delle pratiche abusive contenuta nell’art. 82, secondo comma, CE non è tassativa, di modo che le pratiche che vi sono menzionate costituiscono soltanto esempi di abuso di posizione dominante (v., in tal senso, sentenza 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, cit. supra al punto 293, punto 37). Secondo una costante giurisprudenza, infatti, l’enumerazione delle pratiche abusive, contenuta nella suddetta disposizione, non esaurisce i modi di sfruttamento abusivo di posizione dominante vietati dal Trattato CE (sentenza della Corte 21 febbraio 1973, causa 6/72, Europemballage e Continental Can/Commissione, Racc. pag. 215, punto 26, e sentenza Compagnie maritime belge transports e a./Commissione, cit. supra al punto 229, punto 112).

861    Da ciò consegue che una vendita abbinata praticata da un’impresa in posizione dominante è idonea a violare l’art. 82 CE anche se non corrisponde all’esempio menzionato all’art. 82, secondo comma, lett. d), CE. Pertanto, nella decisione impugnata, al fine di constatare l’esistenza di una vendita abbinata abusiva, la Commissione era legittimata a basarsi sull’art. 82 CE nel suo complesso e non soltanto sul secondo comma, lett. d), del medesimo.

862    Deve comunque necessariamente rilevarsi che gli elementi costitutivi di una vendita abbinata abusiva individuati dalla Commissione al punto 794 della decisione impugnata coincidono sostanzialmente con i requisiti previsti dall’art. 82, secondo comma, lett. d), CE.

863    In queste circostanze, dev’essere pertanto respinto l’argomento della Microsoft secondo il quale, nel caso di specie, la Commissione ha applicato requisiti che divergono sotto due profili da quelli previsti dall’art. 82, secondo comma, lett. d), CE.

864    Così, in primo luogo, dichiarando che occorre valutare se l’impresa dominante «non offre ai consumatori la scelta di ottenere il prodotto dominante senza il prodotto abbinato», la Commissione non fa che esprimere con parole diverse l’idea che la nozione di vendita abbinata presuppone che i consumatori siano costretti, direttamente o indirettamente, ad accettare «prestazioni supplementari» come quelle indicate all’art. 82, secondo comma, lett. d), CE.

865    Nel caso di specie, come verrà chiarito più dettagliatamente ai punti 962 e 965 della presente sentenza, detto obbligo viene essenzialmente esercitato prima di tutto sui costruttori OEM, i quali lo fanno poi ricadere sull’utente finale. Quest’ultimo subisce direttamente tale obbligo nell’ipotesi, meno frequente, in cui acquisti un sistema operativo Windows per PC clienti non da un costruttore OEM, ma direttamente da un rivenditore.

866    In secondo luogo, non si può affermare che la Commissione ha introdotto un nuovo requisito relativo all’estromissione dei concorrenti dal mercato per constatare l’esistenza di una vendita abbinata abusiva ai sensi dell’art. 82, secondo comma, lett. d), CE.

867    Al riguardo, da un lato, deve rilevarsi che, sebbene né tale disposizione né più in generale l’art. 82 CE contengano riferimenti all’effetto anticoncorrenziale della pratica di cui trattasi, in linea di principio un comportamento verrà considerato abusivo solo se è idoneo a restringere la concorrenza (v., in tal senso, sentenza del Tribunale 30 settembre 2003, causa T‑203/01, Michelin/Commissione, Racc. pag. II‑4071, punto 237; in prosieguo: la «sentenza Michelin II»).

868    Dall’altro lato, come sarà precisato ai punti 1031-1058 della presente sentenza, non si può affermare che la Commissione si sia basata su una teoria nuova e altamente speculativa per concludere che nel caso di specie sussiste un effetto di esclusione dei concorrenti dal mercato. Come emerge dal punto 841 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto, alla luce delle circostanze specifiche del caso di specie, di potersi limitare a considerare – come fa normalmente nelle cause in materia di vendite abbinate esclusive – che la vendita abbinata di un dato prodotto e di un prodotto dominante determina di per sé un effetto di esclusione dal mercato. Essa ha pertanto esaminato più approfonditamente gli effetti concreti che la vendita abbinata in parola aveva già prodotto sul mercato dei lettori multimediali in streaming, nonché le possibili evoluzioni di tale mercato.

869    Alla luce di quanto precede, il Tribunale ritiene che il problema della vendita abbinata in parola debba essere valutato alla luce dei quattro requisiti indicati al punto 794 della decisione impugnata (v. supra, punto 842) e di quello relativo alla mancanza di giustificazione obiettiva.

870    Il secondo requisito menzionato al punto 794 della decisione impugnata deve considerarsi soddisfatto, dal momento che è incontestato che la Microsoft detiene una posizione dominante sul mercato del prodotto asseritamente dominante, ossia il sistema operativo per PC clienti. Gli argomenti dedotti dalla Microsoft nell’ambito dei primi tre capi del primo motivo (v. supra, punto 839) verranno esaminati collegandoli agli altri quattro requisiti necessari per dichiarare l’esistenza di una vendita abbinata abusiva. Detto esame avverrà nel modo seguente. In primo luogo, il Tribunale valuterà il requisito relativo all’esistenza di due prodotti distinti, tenendo conto delle osservazioni formulate dalla Microsoft nell’ambito del secondo e del terzo capo del motivo. In secondo luogo, esso esaminerà il requisito attinente alla subordinazione della conclusione di contratti a prestazioni supplementari, alla luce degli argomenti addotti dalla Microsoft a sostegno del terzo capo del motivo. In terzo luogo, esso analizzerà il requisito riguardante la restrizione della concorrenza sul mercato, alla luce delle considerazioni formulate dalla Microsoft nell’ambito del primo capo del motivo. In quarto luogo, esso esaminerà le giustificazioni obiettive invocate dalla ricorrente, tenendo conto in particolare degli argomenti che quest’ultima deduce nell’ambito del secondo capo del motivo.

871    Da ultimo, verrà preso in esame il quarto capo del motivo, attinente alla presunta omessa considerazione degli obblighi imposti alle Comunità dall’accordo ADPIC.

b)     Sull’esistenza di due prodotti distinti

 La decisione impugnata

872    La Commissione esamina questo primo requisito ai punti 800-825 della decisione impugnata. La sua analisi si articola in tre parti. In primo luogo, essa si dedica a dimostrare che i lettori multimediali in streaming e i sistemi operativi per PC clienti sono due prodotti distinti (punti 800-813 della decisione impugnata). In secondo luogo, essa confuta l’argomento della Microsoft secondo cui la ricorrente avrebbe iniziato ad abbinare la sua tecnologia di lettura multimediale al sistema operativo Windows prima del 1999 (punti 814-820 della decisione impugnata). In terzo luogo, essa respinge l’argomento della Microsoft secondo cui la vendita abbinata di un lettore multimediale in streaming e di un sistema operativo costituisce una prassi commerciale standard (punti 821-824 della decisione impugnata).

873    Nell’ambito della prima parte della sua analisi, la Commissione sostiene in primo luogo che, per giurisprudenza, la circostanza che esistano fabbricanti indipendenti specializzati nella realizzazione del prodotto abbinato è indice del fatto che esiste una domanda distinta da parte dei consumatori e, quindi, che esiste un mercato distinto per il suddetto prodotto (punto 802 della decisione impugnata). A suo giudizio, quindi, ai fini di un’analisi alla luce dell’art. 82 CE, il carattere distinto dei prodotti dev’essere valutato tenendo conto della domanda dei consumatori, nel senso che se non esiste una domanda indipendente per un presunto prodotto collegato, i prodotti di cui trattasi non sono prodotti distinti (punto 803 della decisione impugnata).

874    In secondo luogo, la Commissione osserva che «il mercato propone lettori multimediali separatamente» e che esistono distributori che progettano e forniscono lettori multimediali su base autonoma, indipendentemente dai sistemi operativi (punto 804 della decisione impugnata).

875    In terzo luogo, la Commissione riferisce della prassi della Microsoft consistente nell’ideare e distribuire versioni del suo lettore Windows Media Player per i sistemi operativi Mac della Apple e Solaris della Sun (punto 805 della decisione impugnata). Essa inoltre rileva che la Microsoft lancia degli aggiornamenti del suo lettore che sono diversi dalle versioni o dagli aggiornamenti dei suoi sistemi operativi Windows (ibidem).

876    In quarto luogo, la Commissione spiega che un numero non trascurabile di consumatori sceglie di acquistare lettori multimediali separatamente dal sistema operativo, come accade per il lettore RealPlayer della RealNetworks, la quale non progetta e non vende sistemi operativi (punto 806 della decisione impugnata).

877    In quinto luogo, la Commissione sostiene che taluni utenti di sistemi operativi non necessiteranno o non desidereranno lettori multimediali (punto 807 della decisione impugnata).

878    In sesto luogo, essa respinge l’argomento della Microsoft secondo cui non esiste una domanda consistente per sistemi operativi privi di tecnologie per lettori multimediali (punto 809 della decisione impugnata).

879    In settimo luogo, la Commissione osserva che la Microsoft svolge attività di promozione specificamente incentrate su Windows Media Player indipendentemente dal sistema operativo (punto 810 della decisione impugnata).

880    In ottavo luogo, essa fa valere che i sistemi operativi per PC clienti e i lettori multimediali in streaming sono diversi anche sul piano delle funzionalità (punto 811 della decisione impugnata).

881    In nono luogo, la Commissione spiega che questi due prodotti «corrispondono» a strutture di settore diverse, come dimostra il fatto che sul mercato dei lettori multimediali esistono alcuni concorrenti della Microsoft mentre, sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti, i concorrenti di quest’ultima detengono una quota insignificante del mercato (punto 812 della decisione impugnata). Inoltre, sarebbero diversi anche i livelli dei prezzi dei due prodotti (ibidem).

882    In decimo luogo, la Commissione spiega che la Microsoft applica accordi di licenza detti «accordi di licenza software developer’s kit» (in prosieguo: gli «accordi di licenza SDK») che differiscono a seconda che il «software developer’s kit» (kit per gli ideatori di software; in prosieguo: il «SDK») riguardi i sistemi operativi Windows o le tecnologie Windows Media Player (punto 813 della decisione impugnata).

883    Nell’ambito della seconda parte della sua analisi la Commissione sostiene che l’argomento della Microsoft secondo cui la sua tecnologia di lettura multimediale sarebbe abbinata a Windows sin dal 1992 non può invalidare la conclusione sull’esistenza di due prodotti distinti. In particolare, essa sottolinea di «condannare il comportamento della Microsoft a partire dal momento in cui la vendita abbinata è divenuta più nociva di quanto non lo fosse in precedenza», precisando al riguardo che nel 1999 la Microsoft «ha iniziato ad abbinare un prodotto (WMP 6) che corrispondeva ai prodotti degli altri distributori relativamente alla funzionalità fondamentale richiesta dalla maggior parte dei consumatori ad un lettore multimediale (ossia la ricezione in streaming del contenuto trasmesso via Internet), con il quale essa è entrata nel 1998 sul mercato dei lettori multimediali in streaming» (punto 816 della decisione impugnata). La Commissione osserva anche che il primo lettore multimediale in streaming, distribuito dalla Microsoft nel 1995 congiuntamente a Windows, era il RealAudio Player della RealNetworks, poiché all’epoca la Microsoft non disponeva ancora di un lettore multimediale «accettabile» (punto 817 della decisione impugnata). Essa precisa che il codice software RealAudio Player poteva essere completamente disinstallato (ibidem).

884    Nell’ambito della terza parte della sua analisi la Commissione confuta l’argomento della Microsoft secondo cui l’abbinamento di un lettore multimediale in streaming con un sistema operativo per PC clienti costituisce una prassi commerciale normale. In primo luogo, essa spiega che tale argomento non tiene conto del fatto che esistono fornitori indipendenti del prodotto abbinato; in secondo luogo, la Sun e i distributori di prodotti Linux non abbinano i propri lettori multimediali, ma lettori provenienti da terzi fornitori; in terzo luogo, nessuno dei suddetti venditori di sistemi operativi collega il lettore multimediale al sistema operativo in modo tale che sia impossibile disinstallarlo (punto 823 della decisione impugnata).

 Argomenti delle parti

885    In primo luogo la Microsoft, sostenuta dalla CompTIA, dalla DMDsecure e a., dall’ACT, dalla TeamSystem, dalla Mamut e dalla Exor, afferma che la decisione impugnata non dimostra che Windows e la sua funzionalità multimediale appartengono a due mercati di prodotti distinti.

886    Essa afferma che detta funzionalità multimediale è una «caratteristica di lunga data del sistema operativo Windows». In Windows, il codice software che consente agli utenti di leggere contenuti audio e video non sarebbe per nulla diverso da quello che permette loro di accedere ad altri tipi di informazione, come testi o grafica. Vi sarebbero poi altre parti di Windows, nonché alcune applicazioni di imprese terze eseguite su tale sistema operativo, che ricorrono al medesimo codice software.

887    La Microsoft contesta il fatto che, nella decisione impugnata, la Commissione valuti unicamente se il prodotto che si assume collegato, ossia la funzionalità multimediale, sia disponibile separatamente dal prodotto asseritamente dominante, ossia il sistema operativo per PC clienti. In realtà, la vera questione sarebbe quella di stabilire se quest’ultimo prodotto sia regolarmente venduto senza il prodotto collegato. Orbene, non esisterebbe in realtà una domanda effettiva da parte dei consumatori per un sistema operativo per PC clienti privo di funzionalità multimediale, e quindi nessun operatore immetterebbe sul mercato un simile sistema operativo.

888    Secondo la Microsoft, la Commissione sanziona le imprese dominanti che migliorano i propri prodotti integrandovi nuove funzionalità, allorché esige che tali funzionalità debbano poter essere rimosse dal momento in cui un’impresa terza immette sul mercato un prodotto autonomo che fornisce funzionalità identiche o analoghe.

889    La Microsoft aggiunge che la posizione adottata dalla Commissione è tanto meno accettabile in quanto l’asserito abuso non deriva dall’integrazione della funzionalità multimediale in Windows – che risale al 1992 ed è stata poi continuamente migliorata – ma dal miglioramento che essa ha apportato a detta funzionalità nel 1999, quando vi ha aggiunto un’autonoma capacità di lettura in streaming. In altri termini, la Commissione metterebbe in discussione la presenza della funzionalità multimediale in Windows solo nei limiti in cui essa permette di leggere contenuti audio e video reperiti su Internet prima che essi siano completamente scaricati.

890    La Microsoft sostiene altresì che tutti gli altri principali sistemi operativi per PC clienti, in particolare Mac OS, Linux, OS/2 e Solaris, contengono una funzionalità multimediale in grado di leggere contenuti diffusi in streaming attraverso Internet. Secondo tutti i suoi concorrenti, l’integrazione di una tale funzionalità nei propri sistemi operativi per PC clienti sarebbe una prassi commerciale normale che risponde ad una richiesta dei consumatori. Questo dimostrerebbe che la capacità di lettura in streaming costituisce una «funzione naturale» dei sistemi operativi per PC clienti e non un prodotto distinto. In questo ambito, la Microsoft insiste sul fatto che «un prodotto dovrebbe essere definito in primo luogo sulla base delle aspettative e delle richieste dei consumatori». Orbene, come sarebbe constatato al punto 824 della decisione impugnata, la Commissione sembrerebbe ammettere che i consumatori vogliono proprio che i sistemi operativi siano dotati di una funzionalità multimediale.

891    La Microsoft aggiunge che, al punto 1013 della decisione impugnata, la Commissione ammette espressamente che la ricorrente non avrebbe commesso abusi se nel 1999 avesse proposto allo stesso prezzo due versioni di Windows, una contenente Windows Media Player e l’altra priva di tale lettore. Orbene, nulla proverebbe l’esistenza di una domanda per una versione di Windows presentante, per lo stesso prezzo, caratteristiche inferiori. Tale assenza di domanda dimostrerebbe inoltre che «Windows dotato di funzionalità multimediale» costituisce un prodotto unico.

892    Inoltre la Microsoft, sostenuta sul punto dalla DMDsecure e a. e dall’ACT, afferma che la Commissione non può invocare le sentenze pronunciate nella causa Tetra Pak II, citata supra al punto 293, e nella causa che ha dato luogo alle sentenze 12 dicembre 1991 e 2 marzo 1994, Hilti/Commissione, citate supra al punto 859 (in prosieguo: la «causa Hilti») per giustificare la sua tesi secondo cui Windows e la sua funzionalità multimediale appartengono a due mercati di prodotti distinti. In proposito, essa osserva innanzi tutto che le suddette cause riguardavano beni di consumo utilizzati unitamente ad una attrezzatura durevole, per tutta la durata della vita di quest’ultima, e che ne erano «materialmente separati». A suo avviso nelle suddette due cause, diversamente che nel caso di specie, sussistevano prove dell’esistenza di una domanda per il prodotto dominante senza il prodotto collegato. Inoltre, secondo la ricorrente, nel presente caso la Commissione non ha mai individuato un cliente che volesse ottenere il prodotto asseritamente dominante senza il prodotto che si assume collegato.

893    Infine, la Microsoft contesta alcuni argomenti formulati dalla Commissione nel controricorso per dimostrare che Windows costituisce un prodotto distinto da Windows Media Player. In primo luogo, essa sostiene che i giudici americani non hanno mai dichiarato che il suddetto lettore rientrasse in un mercato diverso da quello cui apparteneva il sistema operativo Windows. In secondo luogo, essa adduce che il fatto che essa immetta sul mercato versioni di Windows Media Player separate da Windows non dimostra l’esistenza di una domanda per Windows priva di Windows Media Player. Inoltre, le suddette versioni del lettore sarebbero, di fatto, semplici aggiornamenti della funzionalità multimediale presente in Windows. In terzo luogo, la Microsoft ritiene priva di pertinenza l’affermazione della Commissione secondo cui i files che costituiscono Windows Media Player sarebbero facilmente individuabili. Si tratta in ogni caso di un’affermazione inesatta.

894    Peraltro, secondo la Microsoft, la Commissione non dimostra che la funzionalità multimediale non è collegata, per sua natura o in base agli usi commerciali, ai sistemi operativi per PC clienti.

895    Essa asserisce che l’integrazione della funzionalità multimediale costituisce una «tappa naturale» nell’evoluzione dei detti sistemi operativi, come dimostrerebbe il fatto che tutti i venditori dei suddetti sistemi includono tale funzionalità nei propri prodotti. Essa dichiara di cercare costantemente di migliorare Windows per rispondere ai progressi tecnologici e all’evoluzione della domanda dei consumatori e spiega che Windows e gli altri sistemi operativi per PC clienti si sono progressivamente evoluti per essere in grado di supportare una gamma sempre più ampia di files. Per gli ideatori di software e i consumatori non esisterebbe alcuna differenza sostanziale tra i files contenenti testo o grafici e quelli di contenuto audio o video. In realtà, quel che si richiede ad un sistema operativo moderno è che esso permetta di utilizzare entrambi i tipi di files.

896    La Microsoft aggiunge che i sistemi operativi e le funzionalità multimediali sono altresì divenute «strettamente collegate» per gli usi commerciali. Al riguardo, essa ricorda di aver integrato tale funzionalità in Windows nel 1992 migliorandola poi continuamente e precisa che la capacità di lettura in streaming da essa incorporata nel 1999 «era solo una delle numerose capacità [da essa] aggiunte per tener conto dei rapidi progressi tecnologici».

897    Infine, la Microsoft ritiene che la Commissione non possa invocare nel caso di specie quanto dichiarato dalla Corte al punto 37 della sua sentenza 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, citata supra al punto 293, secondo il quale, anche quando la vendita collegata di due prodotti è conforme agli usi commerciali, nondimeno essa può configurare abuso ai sensi dell’art. 82 CE, a meno che non sia obiettivamente giustificata. Al riguardo, essa osserva in particolare che, contrariamente alla situazione oggetto della causa Tetra Pak II, nel caso di specie i fornitori di lettori multimediali terzi non sono esclusi dal mercato a causa della presenza della funzionalità multimediale in Windows.

898    In sede di replica, la Microsoft aggiunge che l’argomento della Commissione secondo cui le imprese in posizione dominante possono essere private del diritto di adottare comportamenti che non sarebbero condannabili se fossero adottati da imprese non dominanti, e secondo cui in alcune circostanze non si può far riferimento alla prassi industriale, non è rilevante per stabilire se la Commissione abbia dimostrato che sussistevano i requisiti di cui all’art. 82, secondo comma, lett. d), CE.

899    La Commissione, sostenuta dalla SIIA, contesta l’affermazione della Microsoft secondo cui la decisione impugnata non dimostra che Windows e la sua «funzionalità multimediale» appartengono a due mercati distinti.

900    In via preliminare, la Commissione sottolinea che l’argomento avanzato dalla Microsoft si basa su una «nozione vaga di “funzionalità multimediale”» e spiega che quel che la Microsoft chiama «funzionalità multimediale» non è un blocco di codice generale indivisibile. Nella pratica, la stessa Microsoft distinguerebbe tra l’infrastruttura multimediale sottesa al sistema operativo, che funge da piattaforma per le applicazioni multimediali e fornisce servizi funzionali di base al resto del sistema operativo, e l’applicazione di lettore multimediale che è eseguita sul sistema operativo, la quale decodifica, decomprime ed esegue files audio e video digitali scaricati o diffusi in streaming su Internet. Al riguardo, la Commissione cita l’esempio del prodotto Microsoft denominato «Windows XP Embedded». Essa sottolinea che la decisione impugnata riguarda la vendita collegata fatta dalla Microsoft del lettore multimediale in streaming Windows Media Player e non la sottostante infrastruttura multimediale.

901    Facendo rinvio al punto 802 della decisione impugnata, la Commissione afferma che il giudice comunitario ha ritenuto che l’esistenza di produttori indipendenti specializzati nella fabbricazione del prodotto collegato fosse indice dell’esistenza di una domanda distinta da parte dei consumatori e, quindi, di un mercato distinto per il prodotto collegato. Essa ritiene che la distinzione fatta dalla Microsoft tra la causa in esame e le cause Tetra Pak II e Hilti, basata sul fatto che queste ultime riguardavano beni di consumo materialmente distinti dalle attrezzature con cui venivano utilizzati, non è convincente. Essa aggiunge che le sentenze pronunciate nelle suddette due cause, citate supra, rispettivamente ai punti 293 e 859, non si possono interpretare nel senso che l’art. 82 CE va limitato alle vendite abbinate di prodotti consumabili.

902    La Commissione contesta l’affermazione della Microsoft secondo cui essa avrebbe dovuto piuttosto esaminare se esisteva una domanda per il prodotto dominante senza il prodotto collegato, osservando che ciò equivale a sostenere erroneamente che prodotti complementari non possono costituire prodotti distinti ai fini dell’applicazione dell’art. 82 CE. Essa aggiunge che i giudici americani hanno respinto gli analoghi argomenti fatti valere dinanzi ad essi dalla Microsoft e hanno costantemente affermato l’esistenza di un mercato distinto per i sistemi operativi per PC clienti compatibili Intel, escludendo i prodotti «middleware» (comprendenti Windows Media Player) da tale mercato.

903    La Commissione sostiene inoltre che la prassi commerciale della Microsoft consistente nel mettere a punto e nel distribuire versioni di Windows Media Player per i sistemi operativi Mac della Apple e Solaris della Sun, e persino per piattaforme diverse dai PC clienti – in particolare, i decoder TV – è un ulteriore indice del fatto che i sistemi operativi per PC clienti e i lettori multimediali non sono semplici elementi di un medesimo prodotto (punto 805 della decisione impugnata). Nel medesimo senso, essa fa notare che la Microsoft lancia degli aggiornamenti di Windows Media Player distinti dalle versioni o dagli aggiornamenti del sistema operativo Windows, che essa svolge delle attività di promozione specificamente incentrate su tale lettore e che applica accordi di licenza SDK diversi a seconda che l’SDK riguardi Windows o le tecnologie Windows Media (punti 805 e 813 della decisione impugnata).

904    Inoltre, la Commissione afferma che deve accordarsi un’importanza particolare al ruolo specifico dei costruttori OEM, che, nei loro rapporti con i distributori di software fungerebbero da intermediari per conto degli utenti finali e fornirebbero a questi ultimi un prodotto «pronto all’uso», combinando hardware, sistema operativo per PC clienti e applicazioni conformemente alle loro richieste (punti 68 e 119 della decisione impugnata). La Commissione sottolinea che la grande maggioranza (75%) delle vendite di sistemi operativi per PC clienti della Microsoft avviene tramite i costruttori OEM. La Commissione sottolinea anche che non è che, per il fatto che i consumatori desiderano che un lettore multimediale sia preinstallato sul loro computer, la Microsoft debba necessariamente abbinare il suo lettore multimediale al suo sistema operativo per PC. In risposta ad una domanda di questo tipo da parte dei consumatori, i costruttori OEM potrebbero aggiungere un lettore multimediale ai PC clienti da essi venduti, così come offrono la possibilità di integrarvi altre applicazioni software. Secondo la Commissione, l’argomento della Microsoft secondo il quale non esiste domanda per un sistema operativo Windows privo di lettore multimediale non tiene conto del ruolo dei costruttori OEM sopra descritto.

905    La Commissione aggiunge che, stando agli elementi di prova a sua disposizione, gli utenti dei sistemi operativi non vogliono per forza che tali sistemi siano dotati di un lettore multimediale in streaming (punto 807 della decisione impugnata) e che, «nel caso in cui ne vogliano uno, la domanda di lettori multimediali in streaming è diversa dalla domanda di sistemi operativi».

906    Inoltre, facendo rinvio ai punti 814-820 della decisione impugnata, la Commissione sostiene che l’affermazione della Microsoft secondo cui l’asserito abuso deriva dal miglioramento da essa apportato nel 1999 alla sua funzionalità multimediale è fuorviante.

907    Rispondendo all’argomento della Microsoft secondo cui altri venditori di sistemi operativi si comportano esattamente allo stesso modo, la Commissione sottolinea che le prassi di vendita abbinata hanno un impatto diverso a seconda che provengano da un’impresa dominante o meno. Essa inoltre spiega che alcuni venditori di sistemi operativi, come la Sun e i distributori di prodotti Linux, non abbinano il loro sistema operativo ai loro lettori multimediali, ma ad un lettore multimediale proposto da fornitori indipendenti e non abbinano il lettore multimediale interessato al loro sistema operativo con modalità tali da renderne impossibile la disinstallazione (punti 822 e 823 della decisione impugnata).

908    La Commissione nega di aver ammesso, al punto 1013 della decisione impugnata, o in qualunque altra parte della stessa, che la Microsoft non avrebbe commesso alcun abuso se nel 1999 avesse proposto al medesimo prezzo due versioni di Windows, una contenente Windows Media Player e l’altra invece priva di tale lettore. Se la Microsoft dovesse ora decidere di vendere la vesione non abbinata di Windows al medesimo prezzo della versione abbinata, la Commissione valuterebbe tale prassi alla luce delle attuali condizioni del mercato e dell’obbligo imposto alla Microsoft di astenersi da qualsiasi misura avente effetto equivalente alla vendita abbinata e, se del caso, emanerebbe una nuova decisione ai sensi dell’art. 82 CE.

909    Infine, la Commissione contesta l’affermazione della Microsoft secondo cui non sarebbe provato che la funzionalità multimediale non è collegata, per sua natura o in base agli usi commerciali, ai sistemi operativi per PC clienti.

910    Al riguardo, riferendosi al punto 961 della decisione impugnata, essa sottolinea che le imprese in posizione dominante possono essere private del diritto di adottare comportamenti che non sarebbero condannabili se venissero attuati da imprese non dominanti. Essa rileva che nella sentenza Tetra Pak II, citata supra al punto 293, la Corte ha dichiarato che, anche quando la vendita collegata di due prodotti è conforme agli usi commerciali, nondimeno essa può configurare abuso ai sensi dell’art. 82 CE, a meno che non sia obiettivamente giustificata. La Commissione ritiene «tautologico» parlare di usi commerciali o di prassi commerciale in un settore controllato al 95% dalla Microsoft e ricorda che secondo una costante giurisprudenza non è ammissibile far riferimento alla prassi industriale per un mercato in cui la concorrenza è già limitata a causa della presenza stessa di un’impresa dominante.

911    Infine, la Commissione contesta l’argomento della Microsoft secondo cui l’integrazione di una funzionalità multimediale nei sistemi operativi per PC clienti rientra in una evoluzione naturale. Al riguardo, da un lato essa rileva che la Microsoft non è stata in grado di sviluppare un lettore multimediale in streaming basandosi sulla propria tecnologia e che solo grazie all’acquisizione, nel 1997, della società VXtreme essa ha potuto creare un lettore capace di fare concorrenza a quello della RealNetworks. Dall’altro lato, la Commissione si riferisce ad un messaggio di posta elettronica inviato al sig. Gates nel gennaio 1999 dal sig. Bay, un responsabile della Microsoft, in cui quest’ultimo suggeriva di «spostare la battaglia della [diffusione] multimediale in streaming dallo scontro NetShow/Real allo scontro Windows/Real» e di «applicare la strategia [Internet Explorer] ovunque ciò fosse opportuno».

 Giudizio del Tribunale

912    La Microsoft in sostanza asserisce che la funzionalità multimediale non costituisce un prodotto distinto dal sistema operativo Windows per PC clienti, ma ne è parte integrante. Sarebbe quindi in discussione solo un unico prodotto, cioè il sistema operativo Windows per PC clienti, che sarebbe in continua evoluzione. Secondo la Microsoft, infatti, i consumatori si aspettano che tutti i sistemi operativi per PC clienti siano dotati delle funzionalità da essi ritenute essenziali, tra cui le funzionalità audio e video, e che queste vengano costantemente aggiornate.

913    In via preliminare, va osservato che il settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione è in costante e rapida evoluzione, e pertanto prodotti che all’inizio appaiono distinti in un secondo tempo possono essere considerati come costituenti un prodotto unico, sia sotto il profilo tecnologico sia alla luce delle norme sulla concorrenza.

914    Pertanto, è con riferimento alla situazione di fatto e tecnica esistente nel momento in cui, a detta della Commissione, il comportamento incriminato era divenuto pregiudizievole, e quindi con riferimento al periodo successivo al maggio 1999, che il Tribunale deve valutare se la Commissione fosse legittimata a ritenere che i lettori multimediali in streaming e i sistemi operativi per PC clienti costituissero due prodotti distinti.

915    Il Tribunale deve pertanto verificare se la Commissione potesse a giusto titolo considerare, nella decisione impugnata, che quando la Microsoft ha lanciato la versione di Windows nella quale era integrato Windows Media Player, ossia a partire dal maggio 1999, il suo comportamento integrava gli estremi della vendita abbinata di due prodotti distinti ai sensi dell’art. 82 CE.

916    Va osservato, sempre in via preliminare, come giustamente indica la Commissione, che l’argomento dedotto dalla Microsoft riguardo alla problematica della vendita abbinata di Windows e Windows Media Player si basa in gran parte sulla nozione generica di funzionalità multimediale. A questo proposito, rileva sottolineare come dalla decisione impugnata emerga chiaramente che, riguardo alla suddetta problematica, il comportamento contestato riguarda unicamente l’applicazione software costituita da Windows Media Player, con l’esclusione di ogni altra tecnologia multimediale contenuta nel sistema operativo Windows per PC clienti (v., in particolare, punti 1019 e 1020 della decisione impugnata). Come osservato dalla Commissione e dalle parti intervenute a sostegno delle sue conclusioni nelle loro memorie e nel corso dell’udienza, deve rilevarsi che la stessa Microsoft, nei propri documenti tecnici, distingue i files che costituiscono Windows Media Player dagli altri files multimediali, in particolare quelli relativi all’infrastruttura multimediale di base del sistema operativo. Va inoltre ricordato l’esempio del prodotto Microsoft denominato «Windows XP Embedded», menzionato ai punti 1028-1031 della decisione impugnata e citato durante l’udienza. Sul piano tecnico, detto prodotto rappresenta un vero e proprio sistema operativo per PC clienti, ma le condizioni delle licenze della Microsoft ne limitano l’uso a certi apparecchi specializzati, come bancomat e decoder. La peculiarità di tale prodotto è che esso consente agli ingegneri informatici di selezionare le componenti del sistema operativo. A tal fine, essi accedono, grazie ad uno strumento denominato «Target Designer», ad un menu che elenca le componenti che essi possono includere o escludere dal loro sistema operativo. Orbene, tra queste componenti compare proprio Windows Media Player. Occorre aggiungere che il suddetto menu contiene indicazioni separate per l’infrastruttura multimediale, da un lato, e per le applicazioni multimediali, dall’altro, e che Windows Media Player è fatto rientrare espressamente tra queste ultime.

917    Va osservato innanzi tutto, come giustamente spiega la Commissione al punto 803 della decisione impugnata, che il fatto che due prodotti siano distinti, ai fini di una analisi ex art. 82 CE, dev’essere valutato tenendo conto della domanda dei consumatori. Va necessariamente rilevato che la Microsoft condivide questa tesi (v. supra, punto 890).

918    Sempre giustamente, al medesimo punto la Commissione ha precisato che, in mancanza di una domanda indipendente per il prodotto che si assume abbinato, non si può parlare di prodotti distinti né, quindi, di una vendita abbinata abusiva.

919    Pertanto, non può essere accolto l’argomento della Microsoft secondo il quale la Commissione avrebbe in tal modo applicato un criterio erroneo, perché in realtà essa avrebbe dovuto esaminare se il prodotto asseritamente dominante veniva regolarmente offerto senza il prodotto abbinato o se i consumatori «vo[levano] Windows senza funzionalità multimediale».

920    Infatti, in primo luogo, la posizione sostenuta dalla Commissione trova sostegno nella giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, cit. al punto 293 supra, punto 36; sentenza 12 dicembre 1991, Hilti/Commissione, cit. al punto 859 supra, punto 67, e sentenza 6 ottobre 1994, Tetra Pak/Commissione, cit. al punto 293 supra, punto 82).

921    In secondo luogo, come giustamente la Commissione osserva nelle proprie memorie, l’argomento della Microsoft basato sull’idea secondo cui non vi sarebbe domanda per un sistema operativo Windows per PC clienti privo di lettore multimediale in streaming equivale, di fatto, a sostenere che prodotti complementari non possono costituire prodotti distinti ai fini dell’applicazione dell’art. 82 CE, il che contrasterebbe con la giurisprudenza comunitaria in tema di vendite abbinate. Per fare l’esempio della causa Hilti, si può supporre che in tale caso non esistesse una domanda per caricatori per pistole sparachiodi privi di fornitura complementare di chiodi, perché un caricatore senza chiodi è inutile, eppure ciò non ha impedito al giudice comunitario di considerare questi due prodotti come appartenenti a mercati distinti.

922    Nel caso di prodotti complementari, come i sistemi operativi per PC clienti e le applicazioni software, è del tutto plausibile che i consumatori vogliano ottenere i prodotti congiuntamente, acquistandoli però da fonti diverse. Per esempio, il fatto che la maggior parte degli utenti di PC clienti desideri che il proprio sistema operativo per PC clienti sia dotato di un software per il trattamento di testi non trasforma questi diversi prodotti in un prodotto unico ai fini dell’applicazione dell’art. 82 CE.

923    L’argomento della Microsoft non tiene conto del ruolo specifico di intermediario svolto dai costruttori OEM, i quali assemblano hardware e software provenienti da fonti diverse per offrire all’utente un PC pronto all’uso. Come la Commissione fa rilevare molto opportunamente al punto 809 della decisione impugnata, anche se i costruttori OEM e i consumatori avessero la possibilità di ottenere Windows senza Windows Media Player, questo non li porterebbe necessariamente ad optare per un sistema Windows privo di qualsiasi lettore multimediale in streaming. I costruttori OEM soddisferebbero la domanda dei consumatori per un lettore multimediale preinstallato sul sistema operativo, offrendo un software assemblato che includa un lettore multimediale in streaming funzionante con Windows, ma con la differenza che non si tratterebbe per forza del lettore Windows Media Player.

924    In terzo luogo, l’argomento della Microsoft non potrebbe comunque essere accolto da momento che, come rilevato dalla Commissione al punto 807 della decisione impugnata, esiste una domanda per sistemi operativi per PC clienti privi di lettori multimediali in streaming, ad esempio da parte di società che temono che i propri dipendenti ne facciano uso per scopi non professionali. Questo non viene negato dalla Microsoft.

925    Il Tribunale rileva inoltre che tutta una serie di elementi, ricavati dalla natura e dalle caratteristiche tecniche dei prodotti di cui trattasi, dai fatti osservati sul mercato, dalla cronologia dell’evoluzione dei suddetti prodotti e dalla prassi commerciale della Microsoft, dimostra che esiste una domanda separata dei consumatori per i lettori multimediali in streaming.

926    Al riguardo, in primo luogo va ricordato che il sistema operativo Windows per PC clienti è un software di sistema, mentre Windows Media Player è un’applicazione software. Come spiegato dalla Commissione al punto 37 della decisione impugnata, «[i] “software di sistema” controllano l’hardware del computer al quale trasmettono le istruzioni inviate da “applicazioni software”, le quali sono ideate per soddisfare una necessità specifica dell’utente, come per esempio il trattamento di testi, che serve per rispondere al bisogno di manipolare testi in formato digitale» mentre i «sistemi operativi sono software di sistema che controllano le funzioni di base di un computer, consentendo all’utente di utilizzarlo assieme ad applicazioni software». Più in generale, va osservato che dal modo in cui questi prodotti vengono descritti, ai punti 324-342 e 402-425 della decisione impugnata, emerge che i sistemi operativi per PC clienti e i lettori multimediali in streaming sono chiaramente diversi sul piano delle funzionalità.

927    In secondo luogo, si deve constatare che esistono distributori che elaborano e forniscono lettori multimediali in streaming su base autonoma, indipendentemente dai sistemi operativi per PC clienti. Per esempio, la Apple fornisce il suo lettore QuickTime indipendentemente dai propri sistemi operativi per PC clienti. Un altro esempio particolarmente convincente è quello della RealNetworks, il principale concorrente della Microsoft sul mercato dei lettori multimediali in streaming, la quale non sviluppa né vende sistemi operativi per PC clienti. Va osservato, al riguardo, che secondo la giurisprudenza il fatto che sul mercato vi siano società indipendenti specializzate nella fabbricazione e nella vendita del prodotto collegato costituisce un chiaro indizio dell’esistenza di un mercato distinto (v., in tal senso, sentenza 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, cit. al punto 293 supra, punto 36; sentenza 12 dicembre 1991, Hilti/Commissione, cit. al punto 859 supra, punto 67, e sentenza 6 ottobre 1994, Tetra Pak/Commissione, cit. al punto 293 supra, punto 82).

928    Nel medesimo senso, in terzo luogo, va osservato che la Microsoft, come essa stessa ha confermato in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, sviluppa e vende versioni di Windows Media Player destinate a funzionare con sistemi operativi per PC clienti concorrenti, nella fattispecie i sistemi Mac OS X della Apple e Solaris della Sun. Parimenti, RealPlayer della RealNetworks funziona tra l’altro con i sistemi operativi Windows, Mac OS X, Solaris e con alcuni sistemi UNIX.

929    In quarto luogo, il lettore Windows Media Player può essere scaricato dal sito Internet della Microsoft separatamente dal sistema operativo Windows per PC clienti. Inoltre, la Microsoft procede ad aggiornare il lettore indipendentemente dalle vendite sul mercato o dagli aggiornamenti del suo sistema operativo Windows per PC clienti.

930    In quinto luogo, va rilevato che la Microsoft svolge attività promozionali specificamente incentrate sul suo lettore Windows Media Player (v. punto 810 della decisione impugnata).

931    In sesto luogo, come la Commissione opportunamente fa rilevare al punto 813 della decisione impugnata, si deve osservare che la Microsoft propone accordi di licenza SDK diversi a seconda che vertano su sistemi operativi Windows per PC clienti o sulle tecnologie Windows media. Esiste infatti un accordo di licenza specifico per Windows Media Player.

932    Infine, in settimo luogo, malgrado la vendita abbinata praticata dalla Microsoft, un numero tutt’altro che trascurabile di consumatori continua ad acquistare lettori multimediali concorrenti di Windows Media Player indipendentemente dal sistema operativo per PC clienti, il che dimostra che essi considerano i due prodotti come distinti.

933    Gli elementi che precedono sono sufficienti per dimostrare che la Commissione era fondata nel ritenere che i sistemi operativi per PC clienti, da un lato, e i lettori multimediali in streaming, dall’altro, costituivano due prodotti distinti ai fini dell’applicazione dell’art. 82 CE.

934    Questa conclusione non è invalidata dagli altri argomenti dedotti dalla Microsoft.

935    In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo cui l’integrazione del lettore Windows Media Player nel sistema operativo Windows a partire dal maggio 1999 costituisce una tappa normale e necessaria nell’evoluzione di tale sistema e si inserisce nell’ambito del costante miglioramento della sua funzionalità multimediale, basta rilevare che la circostanza che una vendita abbinata assuma forma di integrazione tecnica di un prodotto in un altro non impedisce di qualificare tale integrazione, sotto il profilo della valutazione del suo impatto sul mercato, come vendita abbinata di due prodotti distinti.

936    Come ammesso dalla stessa Microsoft nel rispondere ad un quesito sottopostole dal Tribunale durante l’udienza, la sua decisione di fornire WMP 6 come funzionalità integrata nel suo sistema operativo Windows a partire dal maggio 1999 non era dovuta ad un vincolo di tipo tecnico. All’epoca, nulla impediva alla Microsoft di distribuire il lettore multimediale in base alle stesse modalità seguite per NetShow, il suo lettore precedente, che dal giugno 1998 era incluso nel CD di installazione di Windows 98: nessuna delle quattro impostazioni predefinite di Windows 98 prevedeva l’installazione di NetShow, che doveva essere effettata dagli utenti che volevano fare uso del lettore.

937    Inoltre, l’argomento della Microsoft secondo cui l’integrazione di Windows Media Player nel sistema operativo Windows sarebbe stata dettata da motivi di ordine tecnico appare poco credibile alla luce del contenuto di alcune sue comunicazioni interne. Difatti, dal messaggio di posta elettronica inviato il 3 gennaio 1999 dal sig. Bay al sig. Gates (v. supra, punto 911) emerge che l’integrazione di Windows Media Player in Windows era diretta prima di tutto a rafforzare le capacità concorrenziali di Windows Media Player rispetto a RealPlayer, presentandolo come un elemento di Windows anziché come un’applicazione software che poteva essere messa a confronto con RealPlayer.

938    In secondo luogo, la Microsoft non può sostenere che la Commissione non dimostra che la funzionalità multimediale non è legata, per sua natura o in base agli usi commerciali, ai sistemi operativi per PC clienti.

939    Infatti, innanzi tutto, dagli elementi esposti ai punti 925-932 della presente sentenza, emerge che i sistemi operativi per PC clienti e i lettori multimediali in streaming non costituiscono, per loro natura, prodotti indissociabili. Anche se esiste un nesso tra un sistema operativo per PC clienti come Windows e un’applicazione software come Windows Media Player, nel senso che, dal punto di vista dell’utente, i due prodotti si trovano su uno stesso computer e il lettore multimediale funziona solo se è presente un sistema operativo, questo non vuol dire tuttavia che i due prodotti siano indissociabili sul piano economico e commerciale ai fini dell’applicazione delle norme sulla concorrenza.

940    Inoltre, come sottolineato giustamente dalla Commissione, è difficile parlare di usi commerciali in un settore controllato al 95% dalla Microsoft.

941    Ancora, la Microsoft non può trarre argomenti dal fatto che anche i venditori di sistemi operativi per PC clienti concorrenti abbinano questi ultimi ad un lettore multimediale in streaming. Infatti, da un lato, la Microsoft non prova che tale prassi di abbinamento fosse già adottata dai suoi concorrenti alla data in cui è iniziata la vendita abbinata abusiva. Dall’altro lato, deve necessariamente rilevarsi che il comportamento commerciale dei concorrenti non smentisce affatto la tesi della Commissione, ma anzi la rafforza. Infatti, come risulta chiaramente dai punti 822 e 823 della decisione impugnata, e come osservato dalla Commissione nelle sue memorie, alcuni venditori di sistemi operativi concorrenti della Microsoft, che che forniscono tali sistemi assieme ad un lettore multimediale, rendono l’installazione del lettore facoltativa, permettendone la completa disinstallazione, oppure offrendo una scelta tra lettori multimediali diversi.

942    In ogni caso, secondo una costante giurisprudenza, anche quando la vendita abbinata di due prodotti è conforme agli usi commerciali o quando vi è un nesso naturale tra i due prodotti di cui trattasi, nondimeno essa può configurare abuso ai sensi dell’art. 82 CE, a meno che non sia obiettivamente giustificata (sentenza 14 novembre 1996, Tetra Pak/Commissione, cit. al punto 293 supra, punto 37).

943    Infine, in terzo luogo, occorre respingere anche l’argomento dedotto dalla Microsoft in udienza e basato sul mancato successo della versione non abbinata di Windows immessa sul mercato in attuazione della misura correttiva. Infatti, come già indicato al punto 260 della presente sentenza, la legittimità di un atto comunitario viene valutata sulla base degli elementi di fatto e di diritto esistenti al momento in cui l’atto è stato adottato. Inoltre, eventuali dubbi circa l’efficacia della misura correttiva disposta dalla Commissione non dimostrano di per sé che la valutazione che essa ha compiuto in ordine all’esistenza di due prodotti distinti sia erronea.

944    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, deve concludersi che giustamente la Commissione ha ritenuto che i sistemi operativi per PC clienti e i lettori multimediali in streaming costituivano due prodotti distinti.

c)     Sul fatto che i consumatori non possono scegliere il prodotto dominante senza il prodotto collegato

 La decisione impugnata

945    Nei punti 826-834 della decisione impugnata la Commissione si dedica a dimostrare che il terzo requisito necessario per constatare l’esistenza di una vendita abbinata abusiva, ossia quello relativo alla coercizione, è soddisfatto nel caso di specie, in quanto la Microsoft non lascia ai consumatori la possibilità di ottenere il sistema operativo Windows per PC clienti senza il lettore Windows Media Player.

946    In primo luogo, essa chiarisce che, di solito, i costruttori OEM che acquistano in licenza dalla Microsoft il sistema operativo Windows al fine di preinstallarlo su un PC clienti sono i «diretti destinatari» di tale coercizione e la fanno ricadere sui consumatori (punto 827 della decisione impugnata). Al riguardo, essa precisa che, in base al sistema di concessione di licenze della Microsoft, i costruttori OEM debbono acquisire in licenza il sistema operativo Windows con Windows Media Player preinstallato. Infatti, la Microsoft non concede licenze per il sistema privo del lettore. I costruttori OEM che vogliano installare sul detto sistema un lettore multimediale diverso, possono farlo solo aggiungendolo al lettore Windows Media Player. Al punto 829 della decisione impugnata, la Commissione aggiunge che non esiste alcuno strumento tecnico per disinstallare Windows Media Player.

947    In secondo luogo, la Commissione sostiene che la transazione americana non modifica affatto tale situazione, in quanto «dare la possibilità di celare i punti d’accesso “utente” al prodotto non permette ai clienti della Microsoft di scegliere Windows senza [Windows Media Player]» (punto 828 della decisione impugnata).

948    In terzo luogo, la Commissione ritiene che la Microsoft non possa invocare il fatto che i consumatori non sono costretti a pagare un supplemento per avere Windows Media Player, dato che l’art. 82, secondo comma, lett. d), CE non fa riferimento a «pagamenti» quando parla di «prestazioni supplementari» (punto 831 della decisione impugnata). Essa aggiunge che il prezzo del lettore è probabilmente «dissimulato» nel prezzo complessivo applicato per la vendita abbinata di Windows e del detto lettore (nota n. 971 della decisione impugnata).

949    In quarto luogo, la Commissione osserva che il testo dell’art. 82 CE non implica che i consumatori siano costretti a utilizzare il prodotto «abbinato». A suo avviso, allorché la vendita abbinata rischia di limitare la concorrenza, non occorre accertare se i consumatori siano costretti ad acquistare o ad utilizzare Windows Media Player (punti 832 e 833 della decisione impugnata).

 Argomenti delle parti

950    La Microsoft, sostenuta dalla CompTIA, dalla DMDsecure e a., dall’ACT, dalla TeamSystem, dalla Mamut e dalla Exor, sostiene che nel caso di specie non si può parlare di «prestazioni supplementari» ai sensi dell’art. 82, secondo comma, lett. d), CE.

951    A sostegno di tale affermazione, la Microsoft afferma, innanzi tutto, che i consumatori non debbono pagare alcun supplemento per la funzionalità multimediale di Windows. Essa sostiene che quest’ultima è una caratteristica di Windows e che è inclusa nel prezzo complessivo del sistema operativo. Contrariamente alla causa che ha dato origine alla sentenza Hoffman-La Roche/Commissione, citata supra al punto 664, e alla causa Hilti, la ricorrente non imporrebbe alcuno svantaggio economico che possa disincentivare i consumatori dall’uso di prodotti concorrenti.

952    Inoltre, la Microsoft osserva che i consumatori non sono costretti ad utilizzare la funzionalità multimediale di Windows. Essi potrebbero usare anche la funzione «Set Program Access & Defaults» [Impostazione accesso ai programmi predefiniti] di Windows, che essa ha creato a seguito della transazione americana, approvata con sentenza della District Court 1° novembre 2002, per escludere qualsiasi accesso dell’utente finale a tale funzionalità ed installare un lettore multimediale concorrente come gestore predefinito dei diversi tipi di files multimediali.

953    Infine, la Microsoft sostiene che, contrariamente alle cause Tetra Pak II e Hilti, nulla impedisce ai consumatori di installare ed utilizzare i lettori multimediali di imprese terze al posto della funzionalità multimediale di Windows o in aggiunta ad essa. Essa rileva che, al punto 860 della decisione impugnata, la Commissione indica che i consumatori utilizzano in media 1,7 lettori multimediali al mese, precisando che si tratta di un valore in aumento.

954    In sede di replica la Microsoft aggiunge che la tesi difesa dalla Commissione ha la conseguenza di privare di ogni effetto utile l’art. 82 CE. In caso di accoglimento di questa tesi, si eliminerebbe infatti il requisito di una «coercizione» in materia di vendite abbinate abusive, il che sarebbe in contrasto con i principi economici di buon senso.

955    La Commissione sostiene che gli argomenti formulati dalla Microsoft a sostegno della tesi secondo cui nel caso di specie non si può parlare di «prestazioni supplementari» ai sensi dell’art. 82, secondo comma, lett. d), CE sono già stati respinti ai punti 826-834, 960 e 961 della decisione impugnata. Tali argomenti non troverebbero alcun supporto nella giurisprudenza e priverebbero di qualsiasi effetto utile l’art. 82 CE. La Commissione sottolinea che vi è coercizione quando un’impresa dominante priva i suoi clienti della scelta effettiva di acquistare il prodotto dominante senza il prodotto abbinato.

956    La Commissione fa osservare che l’art. 82, secondo comma, lett. d), CE non parla di «pagamento». Con il suo argomento la Microsoft lascerebbe intendere che non si potrebbe parlare di pregiudizio della concorrenza quando un’impresa dominante chiede un prezzo uniforme, anziché due prezzi separati, per due prodotti o impone un prodotto ai consumatori senza far pagare un supplemento. La Microsoft farebbe quindi confusione tra il problema della coercizione e quello del danno alla concorrenza.

957    Secondo la Commissione, poi, dalla formulazione dell’art. 82 CE non deriva che i clienti debbano essere costretti ad utilizzare il prodotto abbinato o impossibilitati ad usare prodotti sostitutivi fabbricati dai concorrenti. A suo parere, al contrario, la questione se i consumatori o i fornitori di software e di contenuti supplementari possano o meno utilizzare il prodotto abbinato a danno di prodotti concorrenti non abbinati è chiaramente rilevante ai fini dell’esame del requisito relativo all’esclusione della concorrenza.

958    In risposta all’affermazione della Microsoft secondo cui ogni mese gli utenti utilizzano in media 1,7 lettori multimediali, la Commissione afferma che i consumatori non possono sostituire Windows Media Player con un altro lettore multimediale sui loro PC, ma possono soltanto aggiungere un secondo lettore multimediale. Questo dato non potrebbe quindi far dimenticare che Windows Media Player è sempre preinstallato sui PC configurati con sistema operativo Windows.

959    Infine, in risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha spiegato che la transazione americana non imponeva alla Microsoft di sopprimere l’accesso dell’utente finale a Windows Media Player, ma soltanto di occultarlo, così che il lettore rimaneva preinstallato e pienamente attivato sul PC. Pertanto, i costruttori OEM e gli utenti finali resterebbero comunque costretti ad acquistare simultaneamente Windows Media Player e Windows. Nella sua risposta inoltre la Commissione, riferendosi al punto 852 della decisione impugnata, ha sottolineato che la Microsoft aveva ideato il meccanismo di occultamento in modo che Windows Media Player fosse in grado di non tener conto dei parametri predefiniti e di ricomparire nel momento in cui l’utente accedeva, tramite Internet Explorer, a files multimediali diffusi in streaming su Internet.

 Giudizio del Tribunale

960    Secondo la Microsoft, in sostanza, l’aver integrato il lettore Windows Media Player nel sistema operativo Windows per PC clienti non comporta alcun vincolo o prestazione supplementare ai sensi dell’art. 82, secondo comma, lett. d), CE. A sostegno della sua tesi essa insiste sul fatto che i consumatori, in primo luogo, non pagano alcun supplemento per la funzionalità multimediale di Windows, in secondo luogo, non sono costretti ad utilizzare detta funzionalità e, in terzo luogo, non hanno alcun ostacolo ad installare e utilizzare lettori multimediali concorrenti.

961    Il Tribunale considera che è innegabile che, in conseguenza del comportamento censurato, i consumatori non hanno la possibilità di acquistare il sistema operativo Windows per PC clienti senza comprare simultaneamente Windows Media Player, il che significa (v. supra, punto 864) che il requisito relativo alla subordinazione della conclusione di contratti a prestazioni supplementari deve ritenersi soddisfatto.

962    Come indicato giustamente dalla Commissione al punto 827 della decisione impugnata, nella maggior parte dei casi detta coercizione viene esercitata anzitutto sui costruttori OEM e si ripercuote poi sui consumatori. I costruttori OEM, il cui compito consiste nell’assemblare i PC clienti, installano su di essi un sistema operativo per PC clienti fornito da un distributore di software o da essi stessi sviluppato. I costruttori OEM che vogliano installare un sistema operativo Windows sui PC clienti da essi assemblati debbono acquistare a tal fine una licenza dalla Microsoft. Orbene, in forza del sistema di concessione di licenze applicato dalla ricorrente, non si può ottenere una licenza relativa al sistema operativo Windows senza Windows Media Player. Al riguardo va precisato che è pacifico che la grande maggioranza delle vendite di sistemi operativi Windows per PC clienti avviene tramite il canale dei costruttori OEM, ossia tramite la cessione in forza di licenza di software acquistati contemporaneamente ad un PC clienti, mentre soltanto il 10% delle vendite di tali sistemi è il risultato della vendita di licenze individuali di Windows.

963    La coercizione in tal modo esercitata sui costruttori OEM non è solo di tipo contrattuale, ma anche di natura tecnica. È pacifico infatti che sul piano tecnico non era possibile disinstallare Windows Media Player.

964    Poiché nei rapporti con i distributori di software i costruttori OEM svolgono il ruolo di intermediari che agiscono per conto degli utenti finali e forniscono a questi ultimi un PC «pronto all’uso», l’impossibilità di acquistare il sistema operativo Windows per PC clienti senza comprare simultaneamente Windows Media Player vale, in ultima analisi, per gli utenti stessi.

965    Nell’ipotesi, meno frequente, in cui l’utente finale acquisti direttamente un sistema operativo Windows per PC clienti presso un rivenditore al dettaglio, la coercizione di tipo contrattuale e tecnico di cui sopra è esercitata direttamente sull’utente finale.

966    Il Tribunale considera che gli argomenti dedotti dalla Microsoft debbano essere respinti.

967    In primo luogo, infatti, la Microsoft non può basarsi utilmente sul fatto che i consumatori non sono tenuti a pagare alcun supplemento per il lettore Windows Media Player.

968    In effetti, anzitutto, anche se la Microsoft non fa pagare un prezzo separato per Windows Media Player, ciò non vuol dire che il lettore venga fornito a titolo gratuito. Come emerge dal punto 232 del ricorso, il prezzo di Windows Media Player è incluso nel prezzo complessivo del sistema operativo Windows per PC clienti.

969    In ogni caso, inoltre, non risulta né dall’art. 82, secondo comma, lett. d), CE né dalla giurisprudenza in materia di vendite abbinate che i consumatori debbano necessariamente pagare un dato prezzo per il prodotto abbinato perché si possa ritenere che siano loro imposte prestazioni supplementari ai sensi della suddetta disposizione.

970    In secondo luogo, nell’ambito dell’esame del requisito in parola non è neppure rilevante la circostanza, invocata dalla Microsoft, che i consumatori non sono obbligati a utilizzare il lettore Windows Media Player che trovano preinstallato sul loro PC clienti, potendo installare ed utilizzare sul loro PC lettori multimediali di imprese terze. Di nuovo, né l’art. 82, secondo comma, lett. d), CE né la giurisprudenza in tema di vendite abbinate esigono che i consumatori siano costretti ad utilizzare il prodotto abbinato o che sia impedito loro di usare il prodotto fornito da un concorrente dell’impresa dominante perché si possa ritenere soddisfatto il requisito attinente alla subordinazione della conclusione di contratti all’accettazione di prestazioni supplementari. Per esempio, come giustamente rileva la Commissione al punto 832 della decisione impugnata, nella causa Hilti i consumatori non erano affatto costretti ad utilizzare i chiodi di marca Hilti che essi acquistavano assieme alle pistole sparachiodi della stessa marca.

971    Come verrà spiegato più dettagliatamente in sede di esame del requisito attinente alla restrizione della concorrenza sul mercato, occorre rilevare che a causa della vendita abbinata in parola, da un lato, i costruttori OEM sono dissuasi dal preinstallare un secondo lettore multimediale in streaming sui loro PC clienti e, dall’altro lato, i consumatori sono spinti ad utilizzare Windows Media Player a discapito dei lettori multimediali concorrenti, e ciò anche se questi ultimi sarebbero di qualità superiore.

972    Dev’essere respinto anche l’argomento che la Microsoft basa su alcune misure da essa adottate in attuazione della transazione americana (v. supra, punto 952).

973    Infatti, da un lato, la detta transazione è stata conclusa solo nel novembre 2001, mentre solo tra agosto e settembre 2002 la Microsoft ha adottato le misure da essa imposte riguardo ai middleware (tra cui Windows Media Player). Ebbene, la vendita abbinata abusiva era invece iniziata nel maggio 1999. Va poi rilevato che la transazione americana era conclusa per un periodo limitato, fino al 2007.

974    Dall’altro lato, come osservato giustamente dalla Commissione al punto 828 della decisione impugnata, le misure adottate dalla Microsoft in attuazione della transazione americana non offrono ai consumatori la possibilità di acquistare il sistema operativo Windows per PC clienti senza essere costretti ad acquistare simultaneamente Windows Media Player. In forza di tale transazione, la Microsoft era semplicemente tenuta a sopprimere l’icona Windows Media Player che compariva sullo schermo e i punti di accesso analoghi, nonché a disattivare l’esecuzione automatica del detto lettore. In tal modo, Windows Media Player rimaneva installato e pienamente attivo, mentre i costruttori OEM e i consumatori continuavano ad essere costretti ad acquistare i due prodotti congiuntamente. Inoltre, come indicato al punto 852 della decisione impugnata, la Microsoft ha ideato il sistema in modo tale che Windows Media Player poteva non tenere conto dei parametri predefiniti e ricomparire in caso di accesso da parte dell’utente, tramite Internet Explorer, a files multimediali diffusi in streaming su Internet.

975    Dall’insieme delle considerazioni che precedono deriva che giustamente la Commissione ha dichiarato che il requisito attinente all’imposizione di prestazioni supplementari era soddisfatto nel caso di specie.

d)     Sulla restrizione della concorrenza

 La decisione impugnata

976    Ai punti 835-954 della decisione impugnata la Commissione analizza il quarto requisito necessario per constatare l’esistenza di una vendita abbinata abusiva, ossia la restrizione della concorrenza.

977    La sua analisi inizia al punto 841 della decisione impugnata, ai sensi del quale:

«Esistono (…) delle circostanze che giustificano, per quel che riguarda la vendita abbinata del lettore [Windows Media Player,] un esame più approfondito degli effetti di tale pratica sulla concorrenza. Mentre nei casi classici di vendita abbinata, la Commissione e il giudice comunitario hanno ritenuto che la vendita abbinata di un prodotto distinto con il prodotto dominante costituisse un indice dell’effetto di esclusione che detta pratica aveva sui concorrenti, [va rilevato invece che], nel caso di specie, gli utenti possono procurarsi – e si procurano in certa misura – lettori multimediali concorrenti [di Windows Media Player] su Internet, talvolta gratuitamente. Vi sono quindi validi motivi per non dare per scontato, senza un’analisi suppletiva, [che] la vendita abbinata di Windows Media Player costituisca un comportamento idoneo, per sua natura, a limitare la concorrenza».

978    La Commissione sviluppa poi nella decisione impugnata un ragionamento articolato in tre parti.

979    In una prima parte, essa stabilisce che la vendita abbinata rende il lettore Windows Media Player onnipresente sui PC clienti di tutto il mondo (punti 843-878 della decisione impugnata).

980    In questo contensto, essa rileva anzitutto che il sistema operativo Windows per PC clienti è preinstallato su oltre il 90% dei PC clienti venduti nel mondo, per cui, abbinando Windows Media Player a Windows, la Microsoft fa beneficiare il suo lettore della onnipresenza di Windows sui PC clienti. Secondo la Commissione, gli utenti che trovano Windows Media Player preinstallato sul loro PC clienti sono in genere meno propensi ad utilizzare un lettore multimediale diverso (punti 843-848 della decisione impugnata).

981    Inoltre, la Commissione sostiene che la possibilità di concludere accordi di distribuzione con i costruttori OEM costituisce un mezzo di distribuzione dei lettori multimediali meno efficace rispetto alla vendita abbinata praticata dalla Microsoft (punti 849-857 della decisione impugnata).

982    Infine, la Commissione ritiene che né la possibilità di scaricare lettori multimediali da Internet né gli altri canali di distribuzione, tra i quali è compresa la vendita abbinata di un lettore multimediale con altri software o servizi di accesso ad Internet e la vendita al dettaglio dei lettori multimediali, sarebbero in grado di bilanciare l’onnipresenza del lettore Windows Media Player (punti 858-876 della decisione impugnata).

983    Nella seconda parte, la Commissione esamina gli effetti della vendita abbinata sui fornitori di contenuti e sugli ideatori di software, nonché su alcuni mercati contigui (punti 879-899 della decisione impugnata). In sostanza, essa ritiene che, tenuto conto degli effetti di rete indiretti caratteristici del mercato dei lettori multimediali, «l’onnipresenza del codice di [Windows Media Player] conferisca a tale lettore un notevole vantaggio sui prodotti concorrenti, tale da creare un effetto pregiudizievole sulla struttura della concorrenza su detto mercato» (punto 878 della decisione impugnata).

984    In questo contesto, la Commissione sottolinea anzitutto che è sulla base delle percentuali di installazione e di uso dei lettori multimediali che i fornitori di contenuti nonché gli ideatori di software scelgono la tecnologia per la quale svilupperanno i propri software complementari. Essa sostiene che tali operatori tendono a sviluppare le loro soluzioni sulla base del lettore Windows Media Player poiché ciò offre loro la possibilità di raggiungere l’insieme degli utenti Windows, ossia più del 90% degli utenti di PC clienti. Essa aggiunge che i prodotti software complementari, una volta codificati nei formati «multimediali di proprietà Windows media» possono funzionare con lettori multimediali concorrenti solo se la Microsoft concede in licenza la corrispondente tecnologia.

985    Ai punti 883-891 della decisione impugnata la Commissione esamina più in dettaglio la situazione dei fornitori di contenuti. In particolare essa segnala che, poiché supportare molte tecnologie diverse genera costi aggiuntivi di sviluppo, di infrastruttura e di gestione, tali fornitori tendono a privilegiare un solo complesso di tecnologie. Inoltre, il fatto che un dato lettore multimediale che incorpora un certo numero di tecnologie multimediali sia installato in modo diffuso costituisce un fattore importante atto a convincere i fornitori di contenuti a creare contenuti multimediali per le tecnologie utilizzate dal suddetto lettore. Basandosi sul lettore multimediale più ampiamente diffuso, essi potranno infatti estendere al massimo il numero di potenziali utenti dei loro prodotti. Secondo la Commissione, l’onnipresenza di Windows Media Player sui PC clienti configurati con sistema operativo Windows assicura quindi alla Microsoft un vantaggio concorrenziale che non è collegato alle qualità intrinseche del prodotto.

986    Ai punti 892-896 della decisione impugnata la Commissione esamina la situazione degli ideatori di software. In sostanza, a suo parere, essi sono spinti a creare applicazioni destinate a funzionare sulla sola piattaforma Windows Media Player anziché su più piattaforme diverse, poiché in tal modo possono raggiungere la quasi totalità dei potenziali utenti dei loro prodotti, coprire le spese e rendere redditizio l’uso delle loro risorse limitate in materia di sviluppo. La Commissione sottolinea che da alcuni risultati dell’indagine di mercato del 2003 emerge che la progettazione di applicazioni che utilizzano più tecnologie multimediali dà luogo a spese aggiuntive.

987    Ai punti 897-899 della decisione impugnata, la Commissione rileva che l’onnipresenza di Windows Media Player sui PC clienti si ripercuote sui mercati contigui, come quello dei lettori multimediali installati sui terminali mobili, quello dei decoder, quello delle soluzioni DRM (gestione di diritti digitali) e quello della diffusione di musica on line.

988    Nella terza parte, infine, la Commissione esamina l’evoluzione del mercato alla luce di studi di mercato realizzati dalle società Media Metrix, Synovate e Nielsen/NetRatings (punti 900-944 della decisione impugnata). In sostanza, secondo la Commissione i dati contenuti nei suddetti studi «rivelano invariabilmente una tendenza a favore dell’uso di [Windows Media Player] e dei formati Windows Media a discapito dei principali lettori multimediali concorrenti e delle tecnologie associate» (punto 944 della decisione impugnata).

 Argomenti delle parti

989    Innanzi tutto, la Microsoft sostiene che la Commissione ha aggiunto un requisito relativo all’estromissione dei concorrenti dal mercato, che di solito non viene preso in considerazione per valutare l’esistenza di una vendita abbinata abusiva. Essa ricorda che, al punto 841 della decisione impugnata, la Commissione ha ammesso che la causa in oggetto non rappresentava un «caso classico di vendita abbinata» e che esistevano «validi motivi per non dare per scontato, senza un’analisi suppletiva, che la vendita collegata di Windows Media Player costitui[sse] un comportamento idoneo, per sua natura, a limitare la concorrenza». Essa ribadisce che la Commissione ha poi ritenuto esistente un effetto di esclusione dei concorrenti dal mercato sulla base di una teoria nuova ed altamente speculativa (v. supra, punto 846).

990    Richiamandosi al punto 842 della decisione impugnata, la Microsoft sostiene che la nuova teoria della Commissione si basa sull’esistenza di effetti di rete indiretti e sull’idea che la concorrenza potrebbe essere limitata in un futuro indeterminato nell’ipotesi in cui, a causa dell’ampia diffusione della funzionalità multimediale di Windows, gli ideatori di software e i fornitori di contenuti fossero spinti a progettare i loro prodotti esclusivamente per Windows Media Player. Questa teoria presupporrebbe quindi l’esistenza di effetti anticoncorrenziali sulla base di un’unica ipotesi riguardante il futuro comportamento di terzi su cui la Microsoft non avrebbe alcun controllo.

991    Inoltre, la Microsoft sostiene di aver adottato tutte le misure necessarie per garantire che l’integrazione della funzionalità multimediale in Windows non provochi l’esclusione dei lettori multimediali concorrenti dal mercato. Essa aggiunge che molte di queste misure sono state «codificate» nella sentenza della District Court 1° novembre 2002.

992    A sostegno di tale argomento, la Microsoft in primo luogo deduce una serie di considerazioni sul modo in cui essa progetta Windows.

993    Innanzi tutto, essa si assicurerebbe che tale integrazione non interferisca con il funzionamento dei lettori multimediali concorrenti. Sarebbe quindi tecnicamente possibile – e di fatto è prassi comune – far funzionare su uno stesso PC clienti sul quale è installato Windows uno o più lettori multimediali terzi, oltre alla funzionalità multimediale Windows. Inoltre, sarebbe agevole accedere ai lettori multimediali terzi a partire dall’interfaccia utente di Windows. La Microsoft poi progetterebbe Windows in maniera tale che i lettori multimediali terzi forniscano automaticamente alcuni aspetti della funzionalità multimediale che Windows stesso è in grado di offrire. Ancora, grazie ad uno strumento che la Microsoft ha appositamente creato, sarebbe possibile per i costruttori OEM e per i consumatori sopprimere l’accesso dell’utente finale a Windows Media Player. Infine, la Microsoft agevola lo sviluppo di applicazioni che competano con la funzionalità multimediale di Windows, divulgando tale funzionalità tramite le API pubblicate.

994    In secondo luogo, la Microsoft sostiene che nei contratti da essa stipulati con i distributori di Windows, ossia essenzialmente i costruttori OEM, essa vigila affinché i fornitori di lettori multimediali concorrenti conservino la possibilità di distribuire i propri prodotti. Per esempio, essa prevederebbe espressamente che i costruttori OEM siano liberi di installare i prodotti software di loro scelta sui PC clienti configurati con sistema operativo Windows, compresi alcuni lettori multimediali concorrenti di Windows Media Player. Inoltre, essa li autorizza a proporre offerte per accedere ad Internet collocando icone nel menu «start» e sulla «scrivania» di Windows, oppure facendo apparire tali offerte sullo schermo quando Windows viene lanciato per la prima volta. Orbene, avverrebbe di frequente che i fornitori di accesso ad Internet distribuiscano lettori multimediali concorrenti di Windows Media Player e ne garantiscano la promozione.

995    In terzo luogo, la Microsoft sostiene che nei contratti da essa conclusi con gli ideatori di software, i fornitori di contenuti o qualunque altro soggetto, essa non impone mai loro di distribuire Windows Media Player, o di garantirne la distribuzione, in modo esclusivo o in base ad una determinata percentuale delle loro vendite complessive di software multimediali.

996    In quarto luogo, la Microsoft sostiene che l’integrazione della funzionalità multimediale in Windows non impedisce di utilizzare, sul detto sistema, lettori multimediali concorrenti di Windows Media Player né ne impedisce una «distribuzione massiccia». Essa rileva che esistono diversi metodi per garantire la distribuzione dei lettori multimediali concorrenti, ossia in particolare la preinstallazione, ad opera dei costruttori OEM, sui nuovi PC clienti, la possibilità di scaricarli da Internet o da siti intranet di imprese, l’integrazione, ad opera di altri ideatori, nei loro pacchetti software e la distribuzione, da parte dei fornitori di contenuti o di servizi Internet, dei loro prodotti o servizi agli utenti.

997    In questo stesso contesto, rinviando ad uno studio contenuto nell’allegato A.24.1 al ricorso, la Microsoft precisa che secondo una recente indagine di mercato la maggior parte dei costruttori OEM, tanto negli Stati Uniti quanto nell’Europa occidentale, installa lettori multimediali concorrenti di Windows Media Player come RealPlayer e QuickTime sui PC clienti da essi assemblati. L’affermazione della Commissione secondo cui i costruttori OEM installerebbero lettori multimediali concorrenti solo nel caso in cui possano rimuovere da un PC clienti Windows Media Player sarebbe quindi falsa. Essa aggiunge, inoltre, che anche i dati relativi al mercato contenuti nella decisione impugnata dimostrano che l’uso dei lettori multimediali concorrenti continua ad aumentare, talvolta in proporzioni identiche o superiori all’aumento dell’uso della funzionalità multimediale di Windows.

998    La Microsoft, infine, sostenuta sul punto dall’ACT, sostiene che la teoria dell’esclusione dei concorrenti fatta propria dalla Commissione non tiene conto di alcuni fattori di rilievo e si basa su previsioni contraddette dai fatti. Essa sottolinea che l’onere della prova che incombe alla Commissione è particolarmente rigoroso nel caso in cui si proceda ad un’analisi in prospettiva.

999    A questo proposito, in primo luogo, la Microsoft sostiene che la Commissione ha «ignorato i fattori che portano i fornitori di contenuti a utilizzare formati diversi da Windows Media». Nulla a suo dire permette di ritenere che l’ampiezza della distribuzione di un software multimediale associato ad un formato particolare costituisca il fattore determinante nella scelta, da parte dei fornitori di contenuti, relativamente al formato nel quale codificare i propri prodotti. Al riguardo, la Microsoft contesta alla Commissione di non aver chiesto a questi ultimi, durante l’indagine di mercato del 2003, se altri fattori influissero sulle loro decisioni in tema di codificazione.

1000 La Microsoft contesta l’affermazione della Commissione secondo cui i fornitori di contenuti sosterrebbero spese aggiuntive per rendere i loro prodotti disponibili in più di un formato. A suo avviso, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che i costi generati dalla fornitura di contenuto in un formato supplementare siano superiori ai vantaggi derivanti da tale situazione. In realtà, la Commissione avrebbe raccolto – senza però tenerne conto – delle prove a dimostrazione del fatto che i costi collegati al rendere disponibile un contenuto in un determinato formato multimediale rappresentano una frazione insignificante delle spese complessive. Riferendosi al punto 894 della decisione impugnata, la Microsoft aggiunge che «[l]a codificazione in una seconda tecnologia costa (…) solo la metà rispetto alla codificazione in una prima tecnologia multimediale». Sostenuta su questo punto dalla CompTIA e dall’ACT, la ricorrente ne deduce che l’offerta di più formati multimediali produce economie di scala e che verrà proposto un secondo formato, anche se esso è molto meno popolare tra gli utenti.

1001 La Microsoft inoltre osserva che anche i fornitori di contenuti che si basano su un unico formato non hanno scelto Windows Media, e ciò anche ben dopo l’inizio dell’asserito abuso. Infatti, la Apple non si avvarrebbe della tecnologia multimediale Windows né per il suo prodotto iPod né per il suo periodico musicale on line iTunes. Inoltre gli ideatori di software avrebbero spiegato alla Commissione di utilizzare in media «due dei tre complessi di API più importanti (Windows, Real o QuickTime)».

1002 In sede di replica la Microsoft, sostenuta sul punto da DMDsecure e a., riferendosi ad un rapporto elaborato da uno dei suoi esperti (allegato C.16 alla replica) sostiene che i lettori multimediali potrebbero subire un’«oscillazione» solo se, in primo luogo, l’uso di più lettori multimediali generasse ingenti spese per gli utenti o per i fornitori di contenuti e, in secondo luogo, se i lettori multimediali fossero stati percepiti come omogenei per le loro caratteristiche intrinseche e per il contenuto cui permettono di accedere. Orbene, nel caso di specie non si è verificata nessuna di queste due condizioni.

1003 In secondo luogo, la Microsoft sostiene che la previsione contenuta al punto 984 della decisione impugnata, secondo cui in un «futuro prossimo» si sarebbe verificata un’«oscillazione» a favore del formato Windows Media, è contraddetta dai fatti e dagli elementi del fascicolo, i quali proverebbero che, in realtà, i fornitori di contenuti continuano a ricorrere a formati diversi, che i lettori multimediali terzi, lungi dall’essere spariti dal mercato, sono in piena espansione e che i consumatori non sono costretti a utilizzare Windows Media Player.

1004 A questo proposito, in primo luogo, la Microsoft osserva che secondo l’indagine di mercato del 2003, su dodici fornitori che codificavano i propri contenuti in formati Windows Media, dieci lo facevano anche in formati diversi. Per esempio, molti fornitori di contenuti continuerebbero a ricorrere a formati elaborati da Apple, RealNetworks o altri distributori. Uno studio vertente sui 1 000 siti Internet più visitati negli Stati Uniti durante il periodo 2001-2004 dimostrerebbe che il numero di siti «con un contenuto multimediale qualsiasi» è aumentato del 47%, mentre il numero di siti che utilizzavano i formati RealNetworks è aumentato del 59%, e quello dei siti che utilizzano i formati QuickTime del 79%.

1005 In secondo luogo, la Microsoft afferma che i costruttori OEM continuano ad offrire più lettori multimediali sui PC da essi venduti. Infatti, nel maggio 2004 la media dei lettori multimediali terzi installati sui computer domestici o destinati agli uffici di piccole dimensioni, venduti dai principali costruttori OEM, si sarebbe attestata in 4,3 per i modelli americani e in 2,4 per i modelli europei.

1006 In terzo luogo, la Microsoft sostiene che la media dei lettori multimediali utilizzati da ciascun utente ogni mese è passata da 1,5 alla fine del 1999 a 2,1 nel 2004. A suo avviso la Commissione non può trarre argomenti dal fatto che il numero di utenti di Windows Media Player cresce. Quel che rileva, secondo la Microsoft, è sapere se il numero di utenti di altri formati sia sufficiente affinché i fornitori di contenuti siano interessati a codificare i propri prodotti in tali formati. Peraltro, la Microsoft contesta la fondatezza dell’analogia che la Commissione fa con Netscape Navigator.

1007 La Microsoft aggiunge che la teoria dell’esclusione dei concorrenti dal mercato seguita dalla Commissione difetta con evidenza di oggettività. Dalla decisione impugnata emergerebbe infatti che tale teoria è applicabile solo nel caso in cui la funzionalità multimediale abbinata a Windows viene sviluppata dalla Microsoft. In particolare, essa non sarebbe applicabile al periodo 1995-1998, quando in Windows era integrato il lettore multimediale in streaming della RealNetworks.

1008 La DMDsecure e a., l’ACT, la TeamSystem, la Mamut e la Exor deducono in sostanza gli stessi argomenti della Microsoft.

1009 La Commissione in primo luogo ricorda le osservazioni contenute al punto 841 della decisione impugnata e sostiene che da «ben noti precedenti» risulta che il semplice fatto che un’impresa in posizione dominante proceda alla vendita abbinata di un prodotto distinto con un prodotto dominante permette di affermare che esiste un effetto di esclusione della concorrenza sul detto mercato. Nel caso di specie, alla luce delle peculiarità del mercato, essa avrebbe però ritenuto che «vi [erano] validi motivi per non dare per scontato, senza un’analisi suppletiva, che la vendita collegata di Windows Media Player costitui[sse] un comportamento idoneo, per sua natura, a limitare la concorrenza». Essa precisa di aver ritenuto che il comportamento censurato non era abusivo in quanto tale, ma che occorreva analizzarlo «nel suo specifico contesto di mercato». La Commissione si sorprende che la Microsoft le contesti di essersi preoccupata di esaminare l’effetto reale di esclusione dei concorrenti derivante dalla vendita abbinata di cui si tratta, e ritiene che la dimostrazione di tale effetto di esclusione in un caso in cui di solito esso viene presunto non implica che essa abbia applicato una nuova teoria giuridica.

1010 La Commissione sostiene di aver rilevato, in esito alla sua analisi, che la «Microsoft [falsava] il normale processo della concorrenza» (punto 980 della decisione impugnata) e che «esisteva quindi un rischio significativo che la prassi di vendita abbinata del lettore Windows Media Player con Windows portasse ad un indebolimento della concorrenza tale da non garantire più, nel prossimo futuro, il mantenimento di una struttura di concorrenza effettiva» (punto 984 della decisione impugnata). Contrariamente a quanto affermato dalla Microsoft, la Commissione nega di aver dichiarato, al punto 984 della decisione impugnata o in alcuna altra parte della stessa, che il comportamento abusivo in oggetto avrebbe portato, in un prossimo futuro, alla scomparsa di tutti i lettori multimediali terzi. Essa sostiene di aver dimostrato che la Microsoft «alterava le scelte e gli incentivi dei partecipanti al mercato attraverso la sua vendita abbinata» e ritiene che questa distorsione del processo concorrenziale equivalga ad una restrizione della concorrenza ai sensi della giurisprudenza, «in quanto idonea ad escludere la concorrenza». Essa aggiunge di aver anche analizzato gli effetti reali di esclusione dei concorrenti provocati dal comportamento abusivo della Microsoft sulla base di dati relativi all’evoluzione del mercato. Riferendosi al punto 944 della decisione impugnata, essa sostiene che tali dati rivelano invariabilmente una tendenza a favore dell’uso di Windows Media Player e dei formati Windows Media, e confermano che si è già verificato un certo grado di esclusione sul mercato.

1011 La Commissione contesta poi l’affermazione della Microsoft secondo cui quest’ultima avrebbe adottato tutte le misure necessarie per fare in modo che la vendita abbinata in esame non provocasse l’esclusione dal mercato dei lettori multimediali concorrenti di Windows Media Player. Essa sostiene che questo comportamento abusivo era iniziato nel maggio 1999 ed era ancora in atto al momento del deposito del controricorso. La Commissione osserva che la transazione americana è stata stipulata solo nel novembre 2001, mentre le misure in attuazione della stessa sono state adottate solo tra agosto e settembre 2002. Inoltre, dette misure sarebbero manifestamente insufficienti a rimediare all’abuso costituito dalla vendita abbinata constatata della decisione impugnata. Quanto ai diversi metodi di distribuzione dei lettori multimediali concorrenti menzionati dalla Microsoft, la Commissione, richiamandosi ai punti 849-877 della decisione impugnata, spiega che essi non permettono a questi lettori di raggiungere il grado di onnipresenza che la Microsoft può garantire a Windows Media Player grazie alla vendita abbinata controversa.

1012 Peraltro, la Commissione ricorda le osservazioni relative all’esclusione della concorrenza da essa fatte nella decisione impugnata, in particolare ai punti 844-846 e 879-882.

1013 Sostenuta su questo punto dalla SIIA, la Commissione ritiene che la sua constatazione secondo la quale la vendita abbinata rischia di escludere la concorrenza dal mercato non sia speculativa, bensì basata su una valutazione di fatto delle peculiarità di tale mercato, nonché degli incentivi per i fornitori di contenuti e gli ideatori di software. A suo avviso, dalla sentenza del Tribunale 23 ottobre 2003, causa T‑65/98, Van den Bergh Foods/Commissione (Racc. pag. II‑4653) deriva che si può tener conto delle probabili reazioni dei terzi – e in particolare dei concorrenti o dei clienti – all’azione unilaterale di un’impresa dominante per valutare se detta azione sia idonea a provocare un’esclusione della concorrenza. Nel caso di specie, sarebbe innegabile che la Microsoft non offre ai clienti la scelta di acquistare Windows senza Windows Media Player. Inoltre, la vendita abbinata in questione avrebbe un’influenza diretta sui terzi, interferendo quindi sulla loro libera scelta (punti 845, 851, 870, 883, 884 e 895 della decisione impugnata).

1014 In proposito, facendo rinvio ai punti 879-896 della decisione impugnata, la Commissione ricorda di aver analizzato in maniera dettagliata l’impatto del comportamento censurato, in particolare inviando lunghi questionari ad un gran numero di fornitori di contenuti, di ideatori di software e di proprietari di contenuti.

1015 Le risposte ai questionari le avrebbero permesso di giungere alle seguenti conclusioni:

–        tutti i fornitori di contenuti che hanno risposto ai questionari hanno spiegato che la creazione di un certo contenuto per più di una tecnologia genera costi aggiuntivi (punto 884 della decisione impugnata);

–        gli stessi fornitori di contenuti hanno considerato che il numero di utenti di una determinata tecnologia e la presenza di un software client multimediale sui PC costituivano fattori determinanti per la scelta della tecnologia da supportare (punto 886 della decisione impugnata);

–        alcuni di essi hanno persino dichiarato che il numero di utenti di una data tecnologia era il «fattore più importante, e di gran lunga» (punto 889 della decisione impugnata);

–        finché l’uso di lettori multimediali resta significativo, per i fornitori di contenuti può risultare vantaggioso, rispetto ai costi, supportare formati supplementari (punto 890 della decisione impugnata);

–        gli ideatori di software hanno dato risposte analoghe a quelle dei fornitori di contenuti (punti 893-896 della decisione impugnata);

–        infatti, su tredici ideatori di software, dodici hanno risposto affermativamente quando è stato chiesto loro se i costi aggiuntivi legati al fatto di «supportare formati multipli» avrebbero potuto in futuro pesare sulla loro decisione di ideare applicazioni per tecnologie diverse da Windows Media (punto 890 della decisione impugnata);

–        abbinando la vendita di Windows a Windows Media Player, la Microsoft garantisce ai fornitori di contenuti e agli ideatori di software che gli utenti finali saranno in grado di leggere il loro contenuto, o in altri termini che essi potranno raggiungere un vasto pubblico; l’onnipresenza di Windows Media Player sui PC clienti configurati con sistema operativo Windows garantisce pertanto alla Microsoft un vantaggio concorrenziale indipendentemente dalle qualità intrinseche del prodotto (punto 891 della decisione impugnata).

1016 Infine, la Commissione respinge l’affermazione della Microsoft secondo cui la teoria seguita nel caso di specie non tiene conto di alcuni fattori rilevanti e si basa su previsioni contraddette dai fatti.

1017 A questo proposito, in primo luogo, la Commissione nega di aver «ignorato i fattori che portano i fornitori di contenuti a utilizzare formati diversi dal formato Windows media». Essa afferma che, nelle richieste di informazioni inviate loro, non aveva evocato unicamente il problema del «grado di presenza» di un lettore multimediale e che, nella decisione impugnata, non aveva sostenuto che tale grado di presenza era l’unico fattore rilevante, ma si è limitata a constatarne l’importanza. In ogni caso, la Microsoft ammette che i fornitori di contenuti tengono in considerazione questo fattore al momento di scegliere il formato di codificazione dei propri prodotti, e riconosce quindi implicitamente che «la ineguagliata onnipresenza ottenuta mediante la [sua] vendita abbinata (…) falsa la suddetta [scelta]».

1018 La Commissione aggiunge che dalle questioni poste ai fornitori di contenuti e agli ideatori di software emerge che questi terzi procedono effettivamente ad una ponderazione e accordano un’importanza maggiore ai costi dovuti al supporto di più tecnologie che non ai vantaggi che ne derivano. La Commissione osserva che, come spiegato dalla stessa Microsoft, «codificare un contenuto diffuso in streaming in più formati [era] dispendioso e [richiedeva] tempo ai fornitori di contenuti» (punto 883 della decisione impugnata), e fa riferimento ad alcuni elementi raccolti nel corso dell’indagine di mercato del 2003 (punto 884 della decisione impugnata). Il costo del supporto di più tecnologie, pur non essendo l’unico fattore determinante nella scelta, da parte dei fornitori di contenuti, di ricorrere o meno alla codificazione in più formati, sarebbe con evidenza un elemento importante che essi tengono in considerazione. La Commissione contesta anche di aver raccolto, durante l’indagine di mercato del 2003, prove che dimostravano che i costi necessari per rendere disponibili contenuti in un determinato formato multimediale rappresentavano solo una frazione insignificante delle spese complessive. Al contrario, dalle informazioni da essa ottenute deriverebbe che i costi collegati alla preparazione dei contenuti sarebbero ingenti.

1019 La Commissione contesta peraltro la fondatezza delle osservazioni contenute nel rapporto figurante nell’allegato C.16 alla replica (v. supra, punto 1002). Innanzi tutto essa ricorda che la decisione impugnata dimostra che la possibilità di scaricare da Internet non può compensare l’onnipresenza acquisita da Windows Media Player grazie alla vendita abbinata controversa, e che tale onnipresenza altera gli incentivi dei fornitori di contenuti. Inoltre, essa precisa che la sua conclusione relativa all’esistenza di un abuso di posizione dominante non si basa sulla constatazione di una totale eliminazione della concorrenza o del «ribaltamento» del mercato. Infine, essa afferma che l’autore di detto rapporto, in primo luogo, non adduce prove a sostegno della sua tesi, in secondo luogo, non tiene conto di diversi importanti aspetti del caso di specie, come «le distorsioni provocate sugli effetti di rete dallo sfruttamento del monopolio» e, in terzo luogo, non dimostra che le condizioni che asserisce essere necessarie per il «ribaltamento» del mercato non sono soddisfatte nel caso di specie.

1020 In secondo luogo, la Commissione, sostenuta sul punto dalla SIIA, contesta l’affermazione della Microsoft secondo cui l’analisi dell’esclusione della concorrenza effettuata nella decisione impugnata sarebbe contraddetta dai fatti.

1021 Innanzi tutto, essa ribadisce che la Microsoft fa una presentazione erronea del punto 984 della decisione impugnata, poiché quest’ultimo non parla di un «ribaltamento» del mercato, ma indica semplicemente che la vendita abbinata praticata dalla Microsoft rischia di compromettere la struttura della concorrenza sul mercato dei lettori multimediali.

1022 Inoltre, la Commissione sostiene che i dati commerciali da essa utilizzati nella decisione impugnata rivelano invariabilmente una tendenza a favore dell’uso di Windows Media Player e dei formati Windows Media a discapito dei principali lettori multimediali concorrenti (punti 906-942 della decisione impugnata). Da questi dati risulterebbe che, fino al secondo trimestre del 1999, RealPlayer era il numero uno sul mercato e contava circa il doppio degli utenti di Windows Media Player e di QuickTime (punto 906 della decisione impugnata). Per contro, a partire dal secondo trimestre del 1999 fino al secondo trimestre del 2002, il numero complessivo di utenti di Windows Media Player era aumentato di circa 39 milioni, vale a dire una crescita quasi pari alla progressione cumulativa del numero di utenti dei lettori della RealNetworks e della Apple (punto 907 della decisione impugnata). Dati più recenti della Nielsen/NetRatings mostrerebbero che Windows Media Player ha acquisito un nettissimo vantaggio su RealPlayer (oltre il 50% in più di utenti unici) e su QuickTime (oltre tre volte in più di utenti unici) e che tale vantaggio era ulteriormente aumentato tra l’ottobre 2002 e il gennaio 2004 (punto 922 della decisione impugnata). La tendenza sopra descritta sarebbe paragonabile a quella del mercato dei navigatori Internet, oggetto della procedura per violazione del diritto antitrust statunitense.

1023 Secondo la Commissione, la Microsoft non nega questi dati, ma ne presenta di nuovi, alcuni dei quali successivi all’adozione della decisione impugnata e che pertanto non possono essere tenuti in considerazione.

1024 Infine, la Commissione sostiene che, in ogni caso, l’effetto di esclusione della concorrenza rilevato nella decisione impugnata è confermato da dati più recenti.

1025 Infatti, in primo luogo, quanto ai dati relativi ai fornitori di contenuti presentati dalla Microsoft (v. supra, punto 1004), la Commissione spiega che la ricorrente non li comprova affatto e ne effettua una presentazione fuorviante. In proposito, essa sottolinea che è evidente come, durante il periodo 2001-2004, il numero di siti Internet che offrivano un contenuto multimediale «qualsiasi» è aumentato, cosicché non è sorprendente che esistano più siti Internet che offrono formati diversi da Windows Media. Essa aggiunge che la Microsoft omette di menzionare il fatto che, nello stesso periodo, i siti Internet che supportavano il formato Windows Media erano aumentati del 141%. La Microsoft non fornirebbe neppure indicazioni in merito alla quantità effettiva di contenuti in formato diverso da Windows Media offerti dai siti Internet in questione né all’uso reale dei contenuti nei suddetti formati multimediali.

1026 In secondo luogo, secondo la Commissione i dati relativi al numero medio di lettori multimediali preinstallati sui PC clienti dai costruttori sono inconcludenti (v. supra, punto 1005). In ogni caso, dagli elementi presentati dalla Microsoft emerge che oltre il 70% dei PC venduti in Europa e oltre l’80% dei PC venduti nel mondo contengono generalmente un solo lettore multimediale e che, a causa della vendita abbinata in parola, si tratta sempre del lettore Windows Media Player. La Commissione aggiunge che, nei limiti in cui i costruttori OEM preinstallano lettori multimediali concorrenti sui PC, tale preinstallazione è «oscurata» dal fatto che Windows Media Player è presente automaticamente sul 95% dei PC venduti nel mondo. Infine, essa sostiene che i dati della Microsoft non sono affidabili, in quanto si riferiscono in particolare a lettori multimediali concorrenti che sono stati preinstallati sulla base di «legacy deals» (contratti giunti a scadenza) che non sono stati rinnovati, nonché a software che non possono essere considerati lettori multimediali in streaming.

1027 In terzo luogo, la Commissione sostiene che esiste una netta tendenza a favore dell’uso di Windows Media Player e del formato Windows Media. I dati della Nielsen/NetRatings relativi all’uso dei lettori multimediali negli Stati Uniti dimostrerebbero che, nel marzo 2005, la percentuale di uso di Windows Media Player aveva superato l’80%, quella di RealPlayer era precipitata a meno del 40% e quella di QuickTime rappresentava solamente poco più del 10%. Sempre dai dati recenti della Nielsen/NetRatings deriverebbe che la quota di utenti esclusivi di Windows Media Player è costantemente aumentata, passando dal 53 al 55% degli utenti che attualmente ricorrono esclusivamente a tale lettore, contro il 10‑13% per RealPlayer, e il 3‑4% per QuickTime Player.

1028 In risposta all’affermazione della Microsoft secondo cui la tesi dell’esclusione dei concorrenti dal mercato sarebbe priva di obiettività, in quanto non è stata applicata quando in Windows era integrato il lettore multimediale della RealNetworks (v. supra, punto 1007), la Commissione fa rinvio al punto 818 della decisione impugnata e osserva che non può esserle impedito di perseguire una determinata violazione del diritto comunitario della concorrenza per il fatto che essa non ha perseguito un’altra eventuale violazione.

1029 La SIIA formula in sostanza gli stessi argomenti della Commissione.

1030 La Audiobanner.com sostiene che la vendita abbinata di cui si tratta ha un impatto negativo sull’investimento, da parte di terzi, nelle tecnologie concorrenti a quelle della Microsoft, sull’innovazione nel settore del multimediale digitale diffuso in streaming e sui consumatori. Riguardo a quest’ultimo punto, essa insiste sul fatto che la vendita abbinata ostacola la concorrenza sulla base del merito.

 Giudizio del Tribunale

1031 La Microsoft afferma, in sostanza, che la Commissione non ha dimostrato che l’integrazione di Windows Media Player nel sistema operativo Windows per PC clienti determinava una restrizione della concorrenza, e pertanto non si può ritenere presente nel caso di specie il quarto elemento costitutivo di una vendita abbinata abusiva, come indicato al punto 794 della decisione impugnata.

1032 In particolare, la Microsoft sostiene che la Commissione, ammettendo di non trovarsi di fronte ad un caso classico di vendita abbinata, ha dovuto applicare una teoria nuova e altamente speculativa, basandosi su un’analisi previsionale delle eventuali reazioni di terzi, per giungere alla conclusione che la vendita abusiva in esame era idonea a restringere la concorrenza.

1033 Il Tribunale considera gli argomenti della Microsoft infondati e basati su una lettura selettiva e inesatta della decisione impugnata. Detti argomenti, infatti, si concentrano essenzialmente sulla seconda delle tre parti del ragionamento della Commissione esposto ai punti 835-954 della decisione impugnata.

1034 In realtà, deve necessariamente rilevarsi che nella decisione impugnata la Commissione ha chiaramente dimostrato, in particolare, che il fatto che dal maggio 1999 la Microsoft proponesse ai costruttori OEM solo la versione di Windows abbinata a Windows Media Player, perché fosse preinstallata sui PC clienti, ha avuto la conseguenza inevitabile di influenzare i rapporti sul mercato tra la Microsoft, i costruttori OEM e i fornitori di lettori multimediali terzi, modificando in modo sensibile l’equilibrio della concorrenza a favore della Microsoft e a discapito degli altri operatori.

1035 Come già rilevato al punto 868 della presente sentenza, il fatto che la Commissione abbia esaminato gli effetti concreti già prodotti sul mercato dalla vendita abbinata in parola, nonché il modo in cui quest’ultimo era destinato ad evolversi, invece di limitarsi a considerare – come fa di solito nei casi in tema di vendita abbinata abusiva – che tale vendita abbinata ha di per sé un effetto di esclusione sul mercato, non vuol dire che essa abbia adottato una nuova teoria giuridica.

1036 L’analisi compiuta dalla Commissione del requisito relativo alla restrizione della concorrenza parte dal punto 841 della decisione impugnata, nel quale essa asserisce che nella causa in esame esistono validi motivi che portano a non dare per scontato, senza un’analisi suppletiva, che la vendita collegata di Windows Media Player costituisca un comportamento idoneo, per sua natura, a limitare la concorrenza (v. supra, punto 977). In sostanza, la conclusione cui la Commissione è pervenuta al riguardo si basa sul rilievo che il fatto di abbinare Windows Media Player al sistema operativo Windows per PC clienti – sistema operativo che è preinstallato sulla grande maggioranza dei PC clienti venduti nel mondo – senza che sia possibile rimuovere il primo dal secondo, fa sì che Windows Media Player tragga benefici dall’onnipresenza del suddetto sistema operativo sui PC clienti, onnipresenza che le altre modalità di distribuzione dei lettori multimediali non sono in grado di controbilanciare.

1037 Il Tribunale ritiene che questo rilievo, oggetto della prima parte del ragionamento della Commissione (v. punti 843-878 della decisione impugnata, come sintetizzati ai punti 979-982 della presente sentenza), sia pienamente fondato.

1038 Infatti, in primo luogo, è evidente che la vendita abbinata in esame ha conferito al lettore Windows Media Player una presenza senza eguali sui PC clienti nel mondo, consentendogli di ottenere automaticamente un livello di penetrazione sul mercato corrispondente a quello del sistema operativo Windows per PC clienti, senza dover competere con i prodotti concorrenti sulla base dei meriti. Al riguardo, occorre ricordare che è pacifico che la quota della Microsoft sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti è superiore al 90%, e che la grande maggioranza delle vendite di sistemi operativi Windows per PC clienti (ossia circa il 75%) avviene tramite il canale dei costruttori OEM, i quali preinstallano detti sistemi operativi sui PC clienti da essi assemblati e distribuiti. Difatti, come emerge dai dati menzionati al punto 843 della decisione impugnata, nel 2002 la Microsoft deteneva una quota pari al 93,8% in termini di unità vendute sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti (v. anche il punto 431 della decisione impugnata) e Windows – e conseguentemente Windows Media Player – era preinstallato su 196 dei 207 milioni di PC clienti che sono stati venduti in tutto il mondo nel periodo compreso tra l’ottobre 2001 e il marzo 2003.

1039 Come verrà spiegato più in dettaglio qui di seguito, nessun lettore multimediale terzo sarebbe in grado di raggiungere un simile livello di penetrazione del mercato senza beneficiare del vantaggio in termini di distribuzione di cui Windows Media Player gode grazie all’uso che la Microsoft fa del proprio sistema operativo Windows per PC clienti.

1040 Occorre aggiungere che l’offerta cumulativa del sistema operativo Windows e del lettore NetShow 2.0, effettuata dalla Microsoft dal giugno 1998, non garantiva a quest’ultimo lettore lo stesso livello di presenza sui PC clienti. Infatti, come già indicato ai punti 837 e 936 della presente sentenza, NetShow 2.0 era incluso nel CD di installazione di Windows 98, ma l’installazione di tale lettore non era prevista da nessuna delle quattro installazioni predefinite del suddetto sistema. In altri termini, gli utenti dovevano provvedere ad installare NetShow 2.0 separatamente e potevano decidere di non farlo. Nello stesso senso va rilevato che la suddetta offerta cumulativa non impediva ai distributori di lettori multimediali terzi di fare concorrenza alla Microsoft sulla base delle qualità intrinseche dei loro prodotti né impediva ai costruttori OEM di sfruttare tale concorrenza.

1041 In secondo luogo, è evidente, come rilevato correttamente dalla Commissione al punto 845 della decisione impugnata, che «gli utenti che trovano [Windows Media Player] preinstallato sui loro PC clienti sono in generale meno propensi a utilizzare un lettore multimediale alternativo, in quanto hanno già un’applicazione che fornisce questa funzionalità di lettore di contenuto multimediale in streaming». Si deve pertanto considerare che, in assenza della vendita abbinata controversa, i consumatori che avessero voluto disporre di un lettore multimediale in streaming sarebbero stati indotti a sceglierne uno tra quelli offerti sul mercato.

1042 A questo proposito, va ricordata la circostanza cui si riferisce la Commissione ai punti 119, 848, 869 e 956 della decisione impugnata, ossia l’importanza che gli utenti attribuiscono alla possibilità di acquistare PC clienti o sistemi «pronti all’uso» (out of the box), che cioè possono essere installati e utilizzati con uno sforzo minimo. Così, il fornitore il cui software è preinstallato sui PC clienti e che viene automaticamente lanciato nel momento in cui si avvia il PC dispone con evidenza di un vantaggio concorrenziale su tutti gli altri fornitori di prodotti analoghi.

1043 In terzo luogo, il Tribunale ritiene che giustamente, al punto 857 della decisione impugnata, la Commissione ha constatato che il comportamento censurato dissuadeva i costruttori OEM dal preinstallare lettori multimediali concorrenti sui PC clienti da essi venduti.

1044 Infatti, da un lato, come rilevato al punto 851 della decisione impugnata, i costruttori OEM sono restii ad aggiungere un secondo lettore multimediale nell’assemblaggio proposto ai consumatori, dal momento che questo secondo lettore utilizza delle capacità del disco rigido del PC clienti offrendo però funzionalità sostanzialmente analoghe a quelle di Windows Media Player, ed è improbabile che i consumatori siano disposti a pagare un prezzo più elevato per simile aggiunta.

1045 Dall’altro lato, la presenza di più lettori multimediali in streaming su uno stesso PC clienti comporta un rischio di confusione per gli utenti e una lievitazione dei costi di assistenza alla clientela nonché delle spese per le verifiche (v. punto 852 della decisione impugnata). Al riguardo va osservato che, durante il procedimento amministrativo, la stessa Microsoft ha sottolineato che i costruttori OEM operano generalmente su margini di profitto ridotti e preferiscono quindi evitare di dover sostenere simili costi (v. nota n. 1006 della decisione impugnata).

1046 Pertanto, la conseguenza diretta e immediata dell’immissione sul mercato della versione abbinata di Windows e Windows Media Player, quale unica versione del sistema operativo Windows che poteva essere preinstallata sui nuovi PC clienti da parte dei costruttori OEM, è stata quella di sottrarre a questi ultimi la possibilità, di cui prima godevano, di assemblare i prodotti in base a quanto essi ritenevano essere più allettante per i consumatori, e più in particolare, di impedire loro di scegliere un lettore concorrente di Windows Media Player quale unico lettore multimediale. Riguardo a quest’ultimo punto, va ricordato che all’epoca RealPlayer godeva di un notevole vantaggio commerciale come prodotto leader sul mercato. Come riconosciuto dalla stessa Microsoft, solo nel 1999 essa è riuscita a sviluppare un lettore multimediale in streaming con prestazioni sufficienti di ricezione in streaming, mentre il suo lettore precedente, ossia NetShow, «non [godeva] di popolarità presso i consumatori perché non funzionava troppo bene» (punto 819 della decisione impugnata). Va altresì ricordato che tra l’agosto 1995 e il luglio 1998 i prodotti della RealNetworks – ossia RealAudio Player prima, e RealPlayer poi – venivano distribuiti congiuntamente con Windows. È pertanto possibile affermare che, se la Microsoft non avesse adottato il comportamento censurato, la concorrenza tra RealPlayer e Windows Media Player sarebbe stata determinata sulla base delle qualità intrinseche dei due prodotti.

1047 Occorre aggiungere che, anche se alcuni distributori di lettori multimediali concorrenti della Microsoft riuscissero a concludere con i costruttori OEM un accordo per la preinstallazione del loro prodotto, continuerebbero comunque a trovarsi in una posizione concorrenziale sfavorevole rispetto a quella della ricorrente. Infatti, da un lato, poiché Windows Media Player non può essere rimosso dai costruttori OEM o dagli utenti dell’insieme costituito da Windows e Windows Media Player, il lettore multimediale terzo non sarebbe comunque l’unico lettore multimediale presente sul PC clienti. In particolare, la vendita abbinata in questione impedisce ai distributori di lettori multimediali terzi di competere a questo scopo con la Microsoft sulla base delle qualità intrinseche dei prodotti. Dall’altro lato, essendo limitato il numero di lettori multimediali che i costruttori OEM sono disposti a preinstallare sui PC clienti, i distributori di lettori multimediali terzi si fanno concorrenza reciproca per ottenere la preinstallazione mentre, grazie alla vendita abbinata in parola, la Microsoft evita tale competizione nonché gli elevati costi aggiuntivi che questa comporta. Riguardo a quest’ultimo punto, deve rinviarsi al punto 856 della decisione impugnata, in cui la Commissione menziona l’accordo di distribuzione relativo a RealPlayer concluso nel 2001 tra la RealNetworks e la Compaq, nonché del fatto che la Microsoft ha ammesso, durante il procedimento amministrativo, che la RealNetworks pagava i costruttori OEM perché accettassero di preinstallare i suoi prodotti.

1048 Dai suddetti diversi rilievi emerge che la Commissione era legittimata a dichiarare che «la possibilità di concludere accordi di distribuzione con i costruttori [costituiva] un mezzo di distribuzione dei lettori multimediali meno efficace rispetto alla vendita abbinata praticata dalla Microsoft» (punto 859 della decisione impugnata).

1049 In quarto luogo, il Tribunale considera che sempre giustamente la Commissione ha constatato che le modalità di distribuzione dei lettori multimediali diverse dalla preinstallazione da parte dei costruttori non permetteva di controbilanciare l’onnipresenza di Windows Media Player (punti 858-876 della decisione impugnata).

1050 Da un lato, quanto alla possibilità di scaricare lettori multimediali da Internet, è ben vero che tale modalità di distribuzione permette di raggiungere un elevato numero di utenti, ma essa non è efficace quanto la preinstallazione da parte dei costruttori. Infatti, in primo luogo la possibilità di essere scaricati da Internet non garantisce ai lettori multimediali concorrenti una distribuzione pari a quella di Windows Media Player (punto 861 della decisione impugnata). In secondo luogo, a differenza dell’uso del prodotto preinstallato, scaricare da Internet viene percepito come un’operazione complicata da un numero tutt’altro che trascurabile di utenti. In terzo luogo, come la Commissione rileva al punto 866 della decisione impugnata, moltissimi tentativi di scaricare da Internet falliscono, oltre il 50% secondo i test realizzati dalla RealNetworks nel 2003. Se è vero che la trasmissione a banda larga accelera il download rendendolo meno complicato, deve però rilevarsi che nel 2002 solo un sesto degli utenti europei dotati di accesso ad Internet disponevano di connessione a banda larga (punto 867 e nota n. 1037 della decisione impugnata). In quarto luogo, è probabile che gli utenti abbiano la tendenza a ritenere che un lettore multimediale integrato nel PC clienti da essi acquistato funzionerà meglio di un prodotto da essi stessi installato (punto 869 della decisione impugnata). Infine, in quinto luogo, deve rilevarsi che nella maggior parte delle imprese i dipendenti non hanno diritto di scaricare software da Internet, perché questo complica i compiti dei gestori di rete (ibidem).

1051 Alcuni dati forniti dalla stessa Microsoft durante il procedimento amministrativo, e menzionati ai punti 909-911 della decisione impugnata, confermano che scaricare da Internet non costituisce una modalità di distribuzione altrettanto efficace quanto la preinstallazione da parte dei costruttori OEM. Infatti, la Microsoft ha spiegato, da un lato, che 8,8 milioni di esemplari del suo lettore WMP 6 sono stati scaricati nei dodici mesi successivi al suo lancio sul mercato e, dall’altro lato, che essa aveva venduto 7,9 milioni di sistemi operativi Windows 98 SE tra il luglio e il settembre 1999. In altri termini, nel giro di tre mesi, grazie alla vendita abbinata con il sistema operativo Windows, WMP 6 aveva ottenuto quasi lo stesso livello di diffusione raggiunto in un anno mediante la possibilità di scaricare da Internet.

1052  Sempre a proposito della possibilità di scaricare da Internet, occorre aggiungere, come indicato dalla Commissione al punto 870 della decisione impugnata, che sebbene essa costituisca una modalità di distribuzione dei lettori multimediali tecnicamente poco costosa, i distributori debbono però mobilitare notevoli risorse per «superare l’inerzia degli utenti finali e persuaderli ad ignorare la presenza del lettore [Windows Media Player] preinstallato».

1053 Dall’altro lato, riguardo alle altre modalità di distribuzione dei lettori multimediali in streaming citate nella decisione impugnata, ossia l’abbinamento del lettore ad altri software o a servizi di accesso ad Internet nonché la vendita al dettaglio, basta rilevare che la Microsoft non deduce alcun argomento atto a confutare la valutazione della Commissione secondo cui tali modalità sono unicamente una «soluzione di ripiego, non in grado di competere con l’efficacia della preinstallazione del software sui PC clienti [configurati con sistema operativo Windows]» (punti 872-876 della decisione impugnata).

1054 Da quanto precede risulta che la Commissione ha sufficientemente dimostrato, nell’analisi contenuta ai punti 843-878 della decisione impugnata, la quale costituisce la prima parte del suo ragionamento, che la vendita abbinata di Windows e Windows Media Player dal maggio 1999 aveva inevitabilmente prodotto conseguenze significative sulla struttura della concorrenza. Detta prassi, infatti, ha permesso alla Microsoft di ottenere un vantaggio senza eguali in termini di distribuzione per il proprio prodotto e di garantire l’onnipresenza di Windows Media Player sui PC clienti in tutto il mondo, dissuadendo in tal modo gli utenti dal ricorrere a lettori multimediali terzi e i costruttori OEM dal preinstallare tali lettori sui PC clienti.

1055 È vero, come sostiene la Microsoft, che molti costruttori OEM continuano ad aggiungere lettori multimediali terzi nell’assemblaggio proposto ai consumatori. È anche pacifico che il numero di lettori multimediali, così come l’uso di più lettori sono in crescita costante. Questi elementi, però, non invalidano la conclusione della Commissione secondo cui il comportamento censurato era idoneo ad indebolire la concorrenza ai sensi della giurisprudenza. Infatti, dal maggio 1999, i distributori di lettori multimediali terzi non sono più stati in grado di competere, tramite i costruttori OEM per sostituire a Windows Media Player i propri prodotti come unico lettore multimediale presente sui PC clienti da questi assemblati e venduti.

1056 Va poi osservato che la fondatezza dei rilievi sopra effettuati è confermata da alcuni dati esaminati dalla Commissione nell’ambito della terza parte del suo ragionamento. Più in particolare, come verrà spiegato ai punti 1080-1084 della presente sentenza, i dati menzionati ai punti 905-926 della decisione impugnata dimostrano una netta tendenza a favore dell’uso di Windows Media Player a discapito dei lettori multimediali concorrenti.

1057 Va aggiunto che dalle informazioni comunicate dalla stessa Microsoft durante il procedimento amministrativo, menzionate ai punti 948-951 della decisione impugnata, emerge che la sensibile progressione nell’uso di Windows Media Player non può essere attribuita al fatto che tale lettore avrebbe una qualità superiore a quella dei lettori concorrenti, o al fatto che questi ultimi, e in particolare RealPlayer, presentino difetti.

1058 Alla luce delle considerazioni che precedono, deve concludersi che le constatazioni fatte dalla Commissione nell’ambito della prima parte del suo ragionamento sono di per sé sufficienti a dimostrare che il quarto elemento costitutivo di una vendita abbinata abusiva è presente nel caso di specie. Tali osservazioni non sono basate su una teoria nuova o altamente speculativa, ma sulla natura del comportamento censurato, sulle condizioni del mercato nonché sulle caratteristiche essenziali dei prodotti di cui trattasi. Esse si basano su elementi di prova precisi, affidabili e coerenti, dei quali la Microsoft, limitandosi a sostenere che si tratta di semplici congetture, non è riuscita a dimostrare il carattere erroneo.

1059 Da quanto precede deriva che non occorre esaminare gli argomenti dedotti dalla Microsoft contro le constatazioni effettuate dalla Commissione nell’ambito delle altre due parti del suo ragionamento. Il Tribunale ritiene però che occorra affrontarle in sintesi.

1060 Nella seconda parte del suo ragionamento, la Commissione mira a dimostrare che l’onnipresenza di Windows Media Player dovuta al suo abbinamento a Windows può avere un impatto non irrilevante sui fornitori di contenuti e sugli ideatori di software.

1061 La tesi sostenuta dalla Commissione si basa sul fatto che il mercato dei lettori multimediali in streaming è caratterizzato da significativi effetti di rete indiretti o, per riprendere l’espressione utilizzata dal sig. Gates, sull’esistenza di un «ciclo di retroazione positivo» (punto 882 della decisione impugnata). Con tale espressione si allude al fenomeno per cui più è elevato il numero di utenti di una piattaforma software, maggiori sono gli investimenti nello sviluppo di prodotti compatibili con tale piattaforma, il che a sua volta consolida la popolarità della suddetta piattaforma presso gli utenti.

1062 Il Tribunale considera che la Commissione aveva ragione a ritenere che tale fenomeno fosse presente nel caso di specie e a rilevare che i fornitori di contenuti e gli ideatori di software sceglievano la tecnologia per la quale sviluppare i loro prodotti sulla base delle percentuali di installazione e di uso dei lettori multimediali (punto 879 della decisione impugnata). La Commissione correttamente ha dichiarato, da un lato, che i suddetti operatori tendevano a preferire l’uso di Windows Media Player perché questo lettore permetteva loro di raggiungere la grande maggioranza degli utenti di PC clienti in tutto il mondo e, dall’altro lato, che la diffusione di contenuti e di applicazioni compatibili con un determinato lettore multimediale costituiva di per sé un fattore importante di concorrenza, in quanto incrementava la popolarità del detto lettore multimediale, cosa che a sua volta favoriva l’uso della sottostante tecnologia multimediale, tra cui i codecs, i formati (compreso il formato DRM) e i software server (punti 880 e 881 della decisione impugnata).

1063 In primo luogo, per quanto riguarda più in particolare alcuni effetti della vendita abbinata sui fornitori di contenuti, il Tribunale considera pienamente fondata la valutazione che la Commissione ha fatto di questo problema ai punti 883-891 della decisione impugnata.

1064 Più in particolare, molto giustamente la Commissione ha dichiarato che il supporto di molteplici tecnologie diverse generava per i fornitori di contenuti costi aggiuntivi di sviluppo, di infrastruttura e di gestione, cosicché essi erano propensi ad appoggiarsi su una sola tecnologia per i loro prodotti se questa consentiva loro di raggiungere un vasto pubblico.

1065 Infatti, dagli elementi di prova raccolti dalla Commissione, e soprattutto dalle risposte alle richieste di informazioni inviate ai fornitori di contenuti durante l’indagine di mercato del 2003, deriva che la codificazione in più formati di contenuti diffusi in streaming è costosa e richiede tempo. Nella sua richiesta di informazioni del 16 aprile 2003, la Commissione ha chiesto in particolare ai fornitori di contenuti se la creazione di un contenuto determinato per più di una tecnologia generasse costi aggiuntivi (domanda n. 19). Tutti coloro che hanno risposto a tale richiesta lo hanno fatto in senso affermativo, facendo riferimento principalmente ai costi aggiuntivi in termini di personale e di ore supplementari necessarie per la preparazione di contenuto, materiale, infrastrutture e licenze. Invitati a quantificare l’entità di questi costi aggiuntivi, i soggetti interessati li hanno collocati in una forbice compresa tra il 20 e il 100% rispetto ai costi iniziali di fornitura di contenuto in un unico formato, vale a dire un costo aggiuntivo medio di circa il 50% (domanda n. 20). Come osservato dalla Commissione al punto 884 della decisione impugnata, uno dei soggetti intervistati ha persino precisato che «i costi relativamente elevati legati alla preparazione del contenuto [potevano] far scemare l’interesse economico da parte della casa di registrazione e/o di portali on line a supportare formati multipli aventi diverso successo presso gli utenti» e che «[a]lcune case di registrazione [comparavano] i suddetti costi aggiuntivi ai benefici [che avrebbero tratto] da un numero più elevato di utenti e dal supporto di tecnologie multiple».

1066 Va rilevato che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Microsoft, la Commissione ha valutato se i vantaggi derivanti da una codificazione in più formati potessero prevalere sui costi aggiuntivi derivanti da una codificazione di questo tipo. Essa aveva infatti intervistato i fornitori di contenuti sul punto, nell’ambito dell’indagine di mercato del 2003 e questi avevano espresso il proprio parere al riguardo (v. punti 884, 887, 889 e 890 della decisione impugnata).

1067 Sempre dagli elementi di prova raccolti dalla Commissione emerge che, quanto maggiore è la diffusione di un lettore multimediale determinato, tanto maggiore risulta la propensione dei fornitori di contenuti a creare contenuti per la tecnologia implementata in tale lettore. Come giustamente rilevato dalla Commissione al punto 885 della decisione impugnata, appoggiandosi al lettore multimediale più diffuso, i fornitori di contenuti rendono massimo il numero di potenziali utenti dei loro prodotti.

1068 Infatti, come indicato al punto 886 della decisione impugnata, nella sua richiesta di informazioni del 16 aprile 2003, la Commissione ha chiesto ai fornitori di contenuti interessati se il numero di utenti che potevano interagire con una determinata tecnologia e la presenza di un software client multimediale sui PC clienti fossero fattori determinanti nella scelta della tecnologia da supportare (domande nn. 33 e 34). Tutte le risposte date dai fornitori di contenuti che hanno risposto a tale domanda sono state in senso affermativo (punto 886 della decisione impugnata).

1069 Alla luce di quanto precede, e considerato che Windows è presente praticamente su tutti i PC clienti del mondo, si deve considerare che la Commissione era legittimata a concludere, al punto 891 della decisione impugnata, che «abbinando la vendita del lettore [Windows Media Player] a Windows, la Microsoft [poteva] garantire ai fornitori di contenuti che gli utenti finali [sarebbero] stati in grado di leggere i loro contenuti, o in altre parole che essi [avrebbero potuto] raggiungere un vasto pubblico», che «l’onnipresenza [del suddetto] lettore (…) sui PC [configurati con il sistema operativo] Windows [garantiva] quindi alla Microsoft un vantaggio concorrenziale che non [era] collegato ai meriti del prodotto» e che, «[una volta ottenuta] l’ampia diffusione di un contenuto basato su un dato formato, la posizione concorrenziale dei lettori multimediali compatibili ne [risultava] rafforzata, mentre l’ingresso di nuovi concorrenti [veniva] reso più difficile».

1070 Al riguardo, va ricordato che l’art. 82 CE mira ad impedire ad un’impresa dominante di rafforzare la propria posizione avvalendosi di mezzi diversi da quelli che sono propri di una concorrenza fondata sui meriti (sentenza del Tribunale 21 ottobre 1997, causa T‑229/94, Deutsche Bahn/Commissione, Racc. pag. II‑1689, punto 78, e sentenza Van den Bergh Foods/Commissione, cit. al punto 1013 supra, punto 157).

1071 In secondo luogo, il Tribunale ritiene che la Commissione abbia correttamente valutato, ai punti 892-896 della decisione impugnata, gli effetti della vendita abbinata sugli ideatori di software.

1072 Più in particolare, essa giustamente ha sottolineato, al punto 892 della decisione impugnata, che gli ideatori di software erano inclini a creare applicazioni per una sola piattaforma se questo permetteva loro di raggiungere la quasi totalità dei potenziali utenti dei loro prodotti, dal momento che l’adattamento dei programmi ad altre piattaforme, la vendita di tali programmi e l’assistenza alla clientela riguardo alle dette piattaforme generavano costi aggiuntivi.

1073 Infatti, dalle risposte ad alcune domande poste dalla Commissione a taluni ideatori di software nell’ambito dell’indagine di mercato del 2003 (v. in particolare domande nn. 8 e 48 della richiesta di informazioni del 16 aprile 2003) deriva che la creazione di applicazioni per più tecnologie multimediali comporta costi aggiuntivi in termini di personale e ore supplementari, di licenze e di assistenza alla clientela. Gli ideatori di software interessati hanno collocato questi costi aggiuntivi in una forbice compresa tra l’1 e il 100% rispetto ai costi per la creazione di applicazioni destinate ad un’unica tecnologia, ossia un costo aggiuntivo di circa il 58% (v. punto 894 della decisione impugnata).

1074 Come emerge sempre dalle risposte alla richiesta di informazioni del 16 aprile 2003, la circostanza che la creazione di applicazioni per tecnologie supplementari, diverse da quella della Microsoft, generi costi aggiuntivi per gli ideatori di software è atta ad influire sulla loro decisione di creare o meno applicazioni per tecnologie supplementari (v. punto 894 della decisione impugnata; v. anche le dichiarazioni del soggetto n. 30 riprese al punto 893 della decisione impugnata).

1075 Alla luce dei suddetti elementi e del fatto che Windows Media Player, a causa della vendita abbinata in discussione, è presente sulla maggior parte dei PC in tutto il mondo, deve ritenersi che la Commissione fosse legittimata ad affermare, al punto 895 della decisione impugnata, che gli ideatori di software che creano applicazioni basate su un lettore multimediale erano indotti a farlo soprattutto per Windows Media Player. Occorre sottolineare, al riguardo, che nell’ambito dell’indagine di mercato del 2003 la Commissione aveva chiesto agli ideatori di software di indicare i fattori determinanti nella loro scelta della tecnologia per la quale creavano le loro applicazioni (domanda n. 7 della richiesta di informazioni del 16 aprile 2003). Dei quattordici soggetti che hanno risposto, dieci hanno individuato come primo o secondo fattore principale il grado di presenza di un lettore multimediale sul PC clienti (punto 896 della decisione impugnata). La Commissione aveva altresì chiesto agli ideatori di software se ritenessero importante la presenza delle interfacce del lettore Windows Media Player su tutti i PC clienti configurati con sistema operativo Windows (domanda n. 14 della richiesta di informazioni del 16 aprile 2003). Dieci dei tredici soggetti che hanno risposto a tale domanda hanno fornito una risposta affermativa (punto 896 della decisione impugnata).

1076 In terzo luogo, il Tribunale ricorda che, ai punti 897-899 della decisione impugnata, la Commissione sostiene che l’onnipresenza di cui Windows Media Player gode grazie alla vendita abbinata controversa si ripercuote anche su alcuni mercati contigui, come quello dei lettori multimediali installati su terminali mobili, quello dei decoder, quello delle soluzioni DRM e quello della diffusione di musica on line. A questo proposito, basti rilevare che la Microsoft non ha presentato argomenti idonei a smentire tale affermazione.

1077 Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve concludere che la seconda parte del ragionamento della Commissione va dichiarata fondata.

1078 Nella terza parte del suo ragionamento la Commissione esamina l’evoluzione del mercato alla luce delle indagini condotte dalle società Media Metrix, Synovate e Nielsen/NetRatings, per concludere che i dati ivi contenuti «rivelano invariabilmente una tendenza a favore dell’uso di [Windows Media Player] e dei formati Windows Media a discapito dei principali lettori multimediali concorrenti e delle tecnologie associate» (punto 944 della decisione impugnata).

1079 Il Tribunale ritiene esatta la conclusione indicata al punto precedente.

1080 Infatti, in primo luogo, in merito all’uso di lettori multimediali, i dati raccolti dalla Media Metrix evidenziano che, fino al secondo trimestre del 1999, periodo in cui ha avuto inizio la vendita abbinata di cui trattasi, Windows Media Player si piazzava ben dietro rispetto al leader del mercato, ossia RealPlayer, che aveva circa il doppio degli utenti (punti 905 e 906 della decisione impugnata). Al contrario, tra il secondo trimestre del 1999 e il secondo trimestre del 2002, il numero complessivo di utenti di Windows Media Player era salito fino ad oltre 39 milioni, ossia in misura paragonabile all’aumento cumulativo del numero di utenti di RealPlayer e di QuickTime Player (v. i dati contenuti nelle tabelle 8 e 9 al punto 907 della decisione impugnata).

1081 Anche i dati raccolti dalla Synovate per conto della Microsoft e menzionati ai punti 918-920 della decisione impugnata indicano una chiara tendenza a favore di Windows Media Player, a discapito di RealPlayer e di QuickTime Player.

1082 In particolare, si deve rilevare che, come emerge dai dati della Synovate contenuti al punto 920 della decisione impugnata, sebbene un certo numero di utenti faccia uso di più di un lettore multimediale, nell’agosto 2003 il 45% degli «utenti multipli» intervistati dichiarava che il lettore multimediale utilizzato più frequentemente era Windows Media Player, contro il 19% che si era pronunciato per RealPlayer e l’11% per QuickTime Player. Nell’ottobre 1999, invece, il lettore multimediale più frequentemente utilizzato dagli utenti multipli era RealPlayer (50%), seguito da Windows Media Player (22%) e da QuickTime Player (15%).

1083 Al riguardo, va aggiunto che l’affermazione della Microsoft secondo cui nel giugno 2002 i consumatori utilizzavano in media 1,7 lettori multimediali – dato che nel 2004 era passato a 2,1 – dev’essere relativizzata. Infatti, come osserva giustamente la Commissione al punto 860 della decisione impugnata, la possibilità di scaricare da Internet – pur non costituendo un modo di distribuzione altrettanto efficace quanto la preinstallazione da parte dei costruttori OEM – tutt’al più permette all’utente di aggiungere un lettore multimediale al proprio PC clienti, ma non di sostituire Windows Media Player. Quest’ultimo rimane sempre presente sul PC, mentre il lettore supplementare in alcuni casi è RealPlayer, in altri QuickTime Player o un altro lettore multimediale terzo.

1084 Infine, anche i dati raccolti dalla Nielsen/NetRatings (v. punto 921 e 922 della decisione impugnata) indicano che tra l’ottobre 2002 e il gennaio 2004 Windows Media Player aveva aumentato di molto il suo vantaggio tanto su RealPlayer quanto su QuickTime Player.

1085 In secondo luogo, per quel che riguarda l’uso dei formati, occorre rilevare che i dati della Nielsen/NetRatings menzionati ai punti 930-932 della decisione impugnata fanno emergere una tendenza a favore dei formati Windows Media, a discapito dei formati della RealNetworks e dei formati QuickTime della Apple.

1086 In terzo luogo, il Tribunale ritiene che giustamente la Commissione abbia dichiarato, ai punto 934-942 della decisione impugnata, che i dati – sui formati multimediali utilizzati sui siti Internet raccolti dalla Netcraft, società che fornisce servizi Internet – prodotti dalla Microsoft durante il procedimento amministrativo, non erano convincenti. In particolare, la Commissione ha sufficientemente dimostrato che i difetti metodologici delle indagini compiute dalla Netcraft, quali indicati ai punti 940-942 della decisione impugnata, smentivano l’affermazione della Microsoft secondo cui «nel novembre 2002 i formati della RealNetworks continuavano ad avere una diffusione molto più ampia su [Internet]» (punto 937 della decisione impugnata).

1087 Infine, in quarto luogo, va rilevato che, al punto 943 della decisione impugnata, la Commissione ha giustamente respinto l’argomento della Microsoft basato sul fatto che nel 2001 RealPlayer era presente sul 92% dei PC a uso domestico negli Stati Uniti e disponeva quindi di una base installata paragonabile a quella di Windows Media Player relativamente a questi PC. Infatti, da un lato, come indicato al medesimo punto, nel 2003 RealPlayer risultava oramai presente solo sul 60-70% dei PC a uso domestico negli Stati Uniti. Dall’altro lato, va osservato che la percentuale di installazione di Windows Media Player è pari al 100% sui PC configurati con sistema operativo Windows, e pari a oltre il 90% sui PC clienti a uso domestico e professionale, in tutto il mondo.

1088 Dall’insieme delle considerazioni che precedono, emerge che l’affermazione conclusiva formulata dalla Commissione ai punti 978-984 della decisione impugnata, riguardo agli effetti anticoncorrenziali della vendita abbinata controversa, è pienamente fondata. Giustamente, infatti, la Commissione rileva i seguenti elementi:

–        la Microsoft utilizza il sistema operativo Windows per PC clienti come canale di distribuzione per garantirsi un considerevole vantaggio concorrenziale sul mercato dei lettori multimediali (punto 979 della decisione impugnata);

–        a causa della vendita abbinata controversa, i concorrenti della Microsoft si trovano a priori in una posizione sfavorevole, e ciò anche nel caso in cui i loro prodotti possiedano qualità intrinseche superiori a quelle di Windows Media Player (ibidem);

–        la Microsoft altera il normale processo della concorrenza di cui i consumatori potrebbero usufruire se fossero resi possibili dei cicli di innovazione più rapidi per effetto di una concorrenza leale basata sui meriti (punto 980 della decisione impugnata);

–        la vendita abbinata in parola rafforza le barriere all’ingresso attinenti ai contenuti e alle applicazioni, che proteggono Windows, e favorisce la comparsa di barriere all’ingresso analoghe a favore di Windows Media Player (ibidem);

–        la Microsoft si difende dalla concorrenza effettiva che potrebbero opporle gli ideatori di software multimediali potenzialmente più efficienti e riduce così le capacità e il capitale investiti nell’innovazione nel settore dei lettori multimediali (punto 981 della decisione impugnata);

–        attraverso la vendita abbinata controversa, la Microsoft è in grado di estendere il suo dominio sui mercati di software multimediali e di indebolire la concorrenza effettiva su di essi, a discapito dei consumatori (punto 982 della decisione impugnata);

–        attraverso la vendita abbinata controversa, la Microsoft invia segnali che scoraggiano l’innovazione in tutte le tecnologie alle quali un giorno potrebbe interessarsi e che in futuro potrebbe abbinare a Windows (punto 983 della decisione impugnata).

1089 Di conseguenza, la Commissione era legittimata a dichiarare, al punto 984 della decisione impugnata, che esisteva un serio rischio che la vendita abbinata di Windows e di Windows Media Player portasse ad un indebolimento della concorrenza tale da rendere non più garantito in un futuro prossimo il mantenimento di una struttura di concorrenza effettiva. Occorre precisare che la Commissione non ha dichiarato che la vendita abbinata avrebbe comportato l’eliminazione di qualsiasi concorrenza sul mercato dei lettori multimediali in streaming. Pertanto, l’affermazione della Microsoft secondo la quale diversi anni dopo l’inizio dell’abuso di cui si discute sono tuttora presenti sul mercato numerosi lettori multimediali non contraddice la tesi della Commissione.

1090 Dall’insieme delle considerazioni che precedono emerge che la Microsoft non deduce alcun argomento in grado di rimettere in discussione la fondatezza delle constatazioni fatte dalla Commissione nella decisione impugnata, riguardo al requisito attinente alla limitazione della concorrenza. Pertanto, si deve concludere che la Commissione ha sufficientemente dimostrato che nel caso di specie tale requisito era soddisfatto.

e)     Sulla mancanza di giustificazione obiettiva

 La decisione impugnata

1091 Ai punti 955-970 della decisione impugnata, la Commissione esamina l’argomento della Microsoft secondo cui la vendita abbinata controversa produrrebbe incrementi di efficienza atti a compensare gli effetti anticoncorrenziali individuati.

1092 In primo luogo, la Commissione respinge l’argomento dedotto dalla ricorrente, secondo il quale dalla vendita abbinata derivano incrementi di efficienza legati alla distribuzione (punti 956-961 della decisione impugnata).

1093 A questo proposito, innanzi tutto la Commissione considera che la Microsoft non può affermare che il fatto che una serie di opzioni siano predefinite su un computer «pronto all’uso» presenti vantaggi in termini di tempo per i consumatori e riduca i rischi di confusione. Secondo la Commissione, la Microsoft in tal modo confonderebbe «il vantaggio per i consumatori di avere un lettore multimediale preinstallato con il sistema operativo per PC clienti, e l’interesse della Microsoft a selezionare il lettore multimediale al posto dei consumatori» (punto 956 della decisione impugnata).

1094  Inoltre, la Commissione insiste sul ruolo dei costruttori OEM e, in particolare, sul fatto che questi personalizzano i PC clienti sia sotto il profilo dell’hardware sia sotto il profilo del software, in modo da differenziarli dai prodotti concorrenti e soddisfare la domanda dei consumatori. Essa sostiene che «[i]n tal modo il mercato risponderebbe agli incrementi di efficienza collegati all’acquisto di un pacchetto completo [comprensivo di] hardware, sistema operativo e applicazioni software come i lettori multimediali, e potrebbe inoltre proporre liberamente la varietà di prodotti voluta dai consumatori» (punto 957 della decisione impugnata). Questi ultimi potrebbero scegliere, tra gli assemblaggi di sistemi operativi per PC clienti e lettori multimediali proposti dai costruttori OEM, quelli più adatti per loro.

1095 Secondo la Commissione, inoltre, la Microsoft non può basarsi neppure sul fatto che i risparmi realizzati grazie all’abbinamento dei due prodotti permettono di salvaguardare risorse finanziarie che, altrimenti, sarebbero destinate al mantenimento di un sistema di distribuzione per il secondo prodotto, né sul fatto che tali risparmi si ripercuoterebbero sui consumatori, «i quali non sarebbero tenuti a sopportare il costo di un secondo atto di acquisto, compresa la scelta e l’installazione del prodotto» (punto 958 della decisione impugnata). In particolare, essa contrappone i bassi costi di distribuzione legati alla concessione di licenze sui software all’importanza della scelta dei consumatori e dell’innovazione per quel che riguarda i software come i lettori multimediali.

1096 Infine, la Commissione respinge l’affermazione della Microsoft secondo cui il divieto della vendita abbinata in parola la porrebbe in un situazione di svantaggio rispetto alla maggior parte dei suoi concorrenti che forniscono i loro sistemi operativi in abbinamento a funzionalità multimediali. A questo riguardo la Commissione sottolinea, da un lato, che la decisione impugnata non impedisce alla Microsoft di concludere accordi con i costruttori OEM per preinstallare sui PC clienti il sistema operativo Windows e un lettore multimediale – eventualmente Windows Media Player – in modo da soddisfare la domanda dei consumatori. Essa sottolinea che «l’abuso consiste nel fatto che la Microsoft impone invariabilmente il proprio lettore attraverso la vendita abbinata» (punto 959 della decisione impugnata). La Microsoft inoltre omette di tener conto del fatto che le vendite abbinate hanno effetti diversi sul mercato a seconda che vengano praticate da un’impresa in posizione dominante o meno. Inoltre, la Commissione ricorda che un’impresa in posizione dominante può essere privata del diritto di adottare comportamenti che non sarebbero condannabili se fossero adottati da imprese non dominanti.

1097 In secondo luogo, la Commissione respinge l’argomento della Microsoft secondo cui dalla vendita abbinata in esame derivano incrementi di efficienza legati al fatto che Windows Media Player costituisce una piattaforma per il contenuto e le applicazioni (punti 962-969 della decisione impugnata).

1098 In proposito, essa afferma in sostanza che la Microsoft non le ha fornito elementi a prova del fatto che l’integrazione di Windows Media Player in Windows incrementerebbe le prestazioni del prodotto sul piano tecnico, né, più in generale, a prova del fatto che la vendita abbinata sarebbe indispensabile per realizzare i benefici effetti per la concorrenza da essa asseriti. In particolare, la Commissione osserva che la Microsoft non afferma né dimostra che gli ideatori di software non sarebbero stati in grado di sviluppare applicazioni se Windows Media Player fosse stato distribuito indipendentemente dal sistema operativo Windows per PC clienti (punto 965 della decisione impugnata).

1099 La Commissione sostiene poi che la circostanza che dei lettori multimediali di marche diverse possano funzionare con Windows ha notevolmente contribuito alla diffusione della tecnologia multimediale in streaming e al conseguente sviluppo di una moltitudine di applicazioni multimediali (punto 966 della decisione impugnata).

1100 In terzo luogo, al punto 970 della decisione impugnata, la Commissione conclude che la Microsoft non ha dimostrato che la vendita abbinata controversa fosse obiettivamente giustificata da effetti favorevoli alla concorrenza che prevarrebbero sugli ostacoli che la detta prassi comporta. Essa afferma che i vantaggi che secondo la Microsoft derivano dalla vendita abbinata potrebbero essere ottenuti altrettanto bene anche senza di questa, e aggiunge che gli altri vantaggi citati dalla Microsoft costituiscono essenzialmente aumenti di redditività per quest’ultima, e sono sproporzionati rispetto agli effetti anticoncorrenziali della vendita abbinata.

1101 Ai punti 1026-1042 della decisione impugnata la Commissione esamina gli argomenti che la Microsoft basa sui presunti nessi di interdipendenza tra Windows e Windows Media Player, nonché sui quelli tra Windows e le applicazioni sviluppate da terzi.

 Argomenti delle parti

1102 Ad introduzione dell’argomento che essa espone nell’ambito della problematica relativa alla vendita abbinata di Windows e Windows Media Player, la Microsoft formula una serie di osservazioni di natura fattuale.

1103 Così, in primo luogo essa sostiene che l’integrazione di nuove funzionalità, in maniera generale, nelle versioni successive del suo sistema operativo Windows per PC clienti presenta dei vantaggi per gli ideatori di software, per i costruttori OEM e per i consumatori.

1104 Per quanto riguarda gli ideatori di software, la Microsoft sostiene anzitutto che il sistema operativo Windows per PC clienti fornisce una piattaforma stabile e ben definita per lo sviluppo di software. L’integrazione di nuove funzionalità in tale sistema permetterebbe di sviluppare in modo più agevole e rapido software in grado di funzionare con esso. La possibilità, per gli ideatori di software, di utilizzare le funzionalità offerte da Windows permetterebbe loro di ridurre il numero di funzionalità da progettare, sviluppare e testare nei loro prodotti, nonché di diminuirne le dimensioni complessive. Infine, essa rileva che quanto più è ridotto il numero di codici software contenuti in un’applicazione, tanto minori sono i rischi che essa funzioni male e necessiti di assistenza tecnica.

1105 Per quanto riguarda i costruttori OEM, la Microsoft sostiene che essi «fanno affidamento sull’aggiunta di funzionalità a Windows per creare PC che piacciano ai consumatori e permettano l’ideazione di nuove interessanti applicazioni».

1106 Infine, i consumatori si aspetterebbero che Windows venga continuamente migliorato. Inoltre, i nuovi utenti di PC, in particolare quelli con conoscenze tecniche limitate, sono interessati a PC facili da configurare e da utilizzare.

1107 In secondo luogo, la Microsoft descrive i vantaggi derivanti, più in particolare, dall’integrazione di una funzionalità multimediale in Windows. Al riguardo, essa sostiene innanzi tutto che le applicazioni di terzi possono ricorrere a tale funzionalità, il che permetterebbe agli ideatori di software di includere più facilmente contenuti audio e video nei loro prodotti. La presenza uniforme della funzionalità multimediale in Windows, offerta agli ideatori di software attraverso le API pubblicate, avrebbe incoraggiato la creazione di molte applicazioni basate su contenuti di questo tipo. Inoltre, essa sostiene che la funzionalità multimediale di Windows offre una serie di funzioni, come la lettura di CD audio e di DVD video, nonché la possibilità di scaricare musica da Internet, che sono richieste dai consumatori e contribuiscono ad incrementare le vendite di PC clienti. Infine, la Microsoft fa valere che la presenza di una funzionalità multimediale in Windows rende i PC più allettanti e più facili da utilizzare per i consumatori.

1108 La Microsoft argomenta che la principale giustificazione da essa invocata per il suo comportamento risiede nel fatto che l’integrazione di nuove funzionalità nei sistemi operativi, per rispondere ai progressi tecnologici e all’evoluzione della domanda dei consumatori, costituisce un elemento chiave della concorrenza nel settore di tali sistemi e ha giovato all’industria per oltre 20 anni. A suo dire, l’integrazione in Windows di una capacità di diffusione in streaming è uno degli aspetti del suo «modello commerciale di successo» e ha contribuito ad incrementare l’uso del multimediale digitale. Sostenuta sul punto dalla DMDsecure e a., nonché dalla Exor, essa afferma che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione perché non ha tenuto sufficientemente in considerazione i vantaggi effettivi derivanti dall’integrazione di nuove funzionalità nel sistema operativo Windows.

1109 A sostegno dell’argomento menzionato al punto precedente, la Microsoft espone tre serie di considerazioni.

1110 In primo luogo, la Microsoft, sostenuta dalla DMDsecure e a., dalla TeamSystem, dalla Mamut e dalla Exor, afferma che l’integrazione di una funzionalità multimediale in Windows è indispensabile per consentire agli ideatori di software e ai creatori di siti Internet di utilizzare efficacemente la piattaforma «stabile e ben definita» Windows. Ricorrendo a tale funzionalità, essi potrebbero facilmente includere nei loro prodotti contenuti audio e video senza necessità, quindi, di progettare e sviluppare il complesso codice software necessario per la lettura di un tale contenuto, il che permette loro di concentrarsi sul miglioramento delle caratteristiche dei prodotti.

1111 La ricorrente confuta l’affermazione della Commissione, contenuta al punto 1031 della decisione impugnata, secondo cui poco importa che la funzionalità multimediale abbinata a Windows sia fornita dalla Microsoft o da un terzo, poiché è possibile ridistribuire il codice software che tale funzionalità fornisce o basarsi su una funzionalità fornita da lettori multimediali terzi. Essa sostiene che se gli ideatori di software non avessero a disposizione una piattaforma uniforme in grado di fornire un insieme affidabile di servizi di sistema, sarebbero costretti a individuare, caso per caso, quali sono le funzionalità presenti sulla versione di Windows installata sul PC di un determinato cliente per poi, eventualmente, fornire le funzionalità mancanti. Questo renderebbe le applicazioni più pesanti e più complicate da sviluppare, verificare e seguire.

1112 Sostenuta sul punto dalla Exor, la Microsoft rileva che l’aggiunta pezzo per pezzo di componenti a Windows rischia di creare conflitti tra le varie versioni delle suddette componenti, cosa che determinerebbe un non corretto funzionamento di Windows o dell’applicazione installata.

1113 Inoltre, la Microsoft sostiene che, per quanto riguarda applicazioni «già ampiamente utilizzate», non sono disponibili meccanismi che garantiscano la distribuzione delle componenti di Windows su cui esse si basano per ottenere la funzionalità multimediale. Tali applicazioni non funzionerebbero più correttamente con una versione di Windows priva di Windows Media Player. Essa aggiunge che, la funzionalità multimediale di Windows non è «fungibile», nel senso che un’applicazione creata per utilizzare tale funzionalità non può ricorrere, senza essere sostanzialmente modificata, ad una funzionalità analoga, fornita da un lettore multimediale concorrente.

1114 La Microsoft inoltre contesta l’affermazione della Commissione secondo cui i lettori multimediali concorrenti possono sostituire Windows Media Player per gran parte delle funzionalità di quest’ultimo. In particolare, essa sostiene che la Commissione non dimostra che un terzo qualsiasi deciderà di offrire una «funzionalità sostitutiva per tutte le funzionalità multimediali integrate in Windows».

1115 Secondo la Microsoft, la mancanza di funzionalità multimediali in alcune copie di Windows sarà altrettanto dannosa per gli ideatori di siti Internet, i quali si basano su di essa per diffondere contenuti audio e video. A suo dire, se non potessero più contare sulla presenza uniforme di una funzionalità multimediale in Windows, essi saranno costretti ad integrare, nei loro prodotti, meccanismi in grado di individuare la presenza della funzionalità multimediale richiesta e, in mancanza di questa, di scaricare il codice software necessario sul PC dell’utente.

1116 Infine, in sede di replica la Microsoft contesta l’affermazione della Commissione secondo cui il vantaggio derivante dall’integrazione di una funzionalità multimediale uniforme in Windows non può costituire una valida giustificazione in diritto comunitario. Da un lato, infatti, nell’applicare l’art. 82 CE la Commissione non può astenersi dal considerare i vantaggi derivanti dal comportamento ritenuto abusivo. Dall’altro lato, sarebbe errato asserire che la standardizzazione che si produrrebbe nel caso di specie non sarebbe il risultato di un processo concorrenziale.

1117 In secondo luogo, la Microsoft sostiene che l’integrazione della funzionalità multimediale in Windows è indispensabile per usufruire di «altri vantaggi».

1118 Al riguardo, essa spiega che Windows si compone di un gran numero di blocchi di codici software che realizzano funzioni specifiche. Per evitare la riproduzione delle stesse funzionalità in ciascuno di questi blocchi, alcuni blocchi particolari di codici software – i «componenti» – si chiamerebbero l’un l’altro per eseguire operazioni specifiche. Un solo componente potrebbe essere così utilizzato per svolgere più funzioni. Per esempio, un componente che diffonde contenuti audio potrebbe essere utilizzato sia per il sistema di aiuto «Assistente» in Windows, sia per il sistema di lettura a voce alta del testo che rende Windows più accessibile a coloro che hanno problemi di vista. Questo metodo di progettazione dei software, la cosiddetta «componentizzazione», si basa sull’interdipendenza dei componenti, cosicché se uno di essi venisse soppresso, ne deriverebbe il cattivo funzionamento di molti altri componenti. Per esempio, diversi elementi di Windows XP, tra cui il sistema di aiuto «Assistente», non potrebbero più funzionare se si rimuovesse la funzionalità multimediale dal sistema operativo. Inoltre, data l’interdipendenza dei componenti, la Microsoft non sarebbe in grado di sviluppare altre parti di Windows destinate a ricorrere alla funzionalità multimediale se non fosse certa della sua presenza in tutti i PC clienti configurati con sistema operativo Windows. I costruttori di computer, quindi, non dovrebbero essere liberi di rimuovere i componenti di Windows, specie quelli che forniscono la funzionalità multimediale.

1119 In sede di replica, la Microsoft nega di aver mai sostenuto che l’integrazione in Windows del lettore Windows Media Player determinasse incrementi di efficienza tecnica. Essa sostiene di aver spiegato in dettaglio le ragioni per cui era «efficiente, sotto un profilo tecnico, includere in Windows una funzionalità multimediale alla quale potessero ricorrere sia le altre parti del sistema operativo, sia le applicazioni funzionanti a monte del sistema operativo». Essa aggiunge che la circostanza che molti ideatori di software scelgano liberamente di ricorrere alla funzionalità multimediale di Windows è la prova del fatto che l’«integrazione uniforme» di tale funzionalità produce incrementi di efficienza tecnica. Infine, la Microsoft sostiene di aver dimostrato, nel corso del procedimento amministrativo, che Windows funzionava «più rapidamente» quando vi era integrata tale funzionalità.

1120 In terzo luogo, la Microsoft sostiene che l’esecuzione della misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata avrà talune conseguenze nocive.

1121 A questo riguardo, da un lato, essa afferma che la rimozione di talune componenti dal complesso costituito da Windows e Windows Media Player determinerebbe un deterioramento del sistema operativo, in particolare nel caso di componenti utilizzate per fornire servizi di base, come la capacità di leggere contenuti audio e video.

1122 Dall’altro lato, la Microsoft sostiene che, se la decisione impugnata dovesse costituire un precedente contro future integrazioni nel suo sistema operativo Windows, diventerebbe presto impossibile progettare, sviluppare e testare tale sistema. Per ogni blocco di codici software che fosse possibile rimuovere, essa dovrebbe far fronte ad un aumento esponenziale del suo carico di lavoro. Infatti, per esempio, se la Commissione decidesse di applicare ad un secondo blocco di codici software gli stessi principi sanciti nella decisione impugnata, la Microsoft sarebbe costretta ad offrire quattro versioni diverse di Windows. Secondo la ricorrente, a causa di tale «frammentazione», sarebbe impossibile sapere se una data copia dei sistemi operativi contenga le funzionalità cui gli ideatori di software, i costruttori di periferiche o gli utenti potrebbero voler ricorrere. Questo porterebbe ad avere una o più versioni di Windows per ciascun costruttore di computer, ognuna con un differente complesso di funzionalità da offrire. Sul lungo termine, la possibilità di sopprimere alcune funzionalità di Windows limiterebbe la scelta dei consumatori, poiché essi si troverebbero legati a determinate marche di PC clienti che eseguono particolari versioni di Windows, senza avere l’assicurazione che le applicazioni, come i programmi di grafica, possono funzionare su altre versioni di Windows. Diventerebbe inoltre molto più difficile combinare e far funzionare insieme diverse marche di PC clienti all’interno di una stessa rete informatica. Secondo la Microsoft, il solo modo per evitare simile «frammentazione» sarebbe quello di «congelare» Windows nella sua attuale versione.

1123 La Commissione innanzi tutto respinge le osservazioni di tipo fattuale della Microsoft. In particolare, essa sostiene che le affermazioni generali dedotte da quest’ultima sui vantaggi prodotti dall’integrazione, nei sistemi operativi Windows per PC clients, di nuove funzionalità non collegate a Windows Media Player sono prive di rilievo.

1124 Inoltre la Commissione, sostenuta dalla SIIA, afferma che la Microsoft non dimostra che il comportamento censurato sia obiettivamente giustificato.

1125 A questo proposito, in primo luogo, essa ricorda di aver respinto, ai punti 955-970 della decisione impugnata, l’argomento della Microsoft secondo il quale la vendita abbinata produceva incrementi di efficienza tali da compensare gli effetti anticoncorrenziali individuati. Più in particolare, per quanto riguarda i presunti incrementi di efficienza legati alla distribuzione, essa rileva che gli argomenti della Microsoft si basano su una confusione tra «il vantaggio per i consumatori di trovare un lettore multimediale preinstallato sul sistema operativo per PC clienti e il fatto che sia la Microsoft a scegliere il lettore per loro». Facendo rinvio al punto 962 della decisione impugnata, la Commissione aggiunge che la Microsoft non menziona incrementi di efficienza tecnica per i quali l’integrazione di Windows Media Player in Windows costituirebbe la condizione preliminare. A suo avviso, l’affermazione formulata dalla Microsoft per la prima volta in sede di replica, secondo cui Windows funziona più rapidamente quando vi è integrata una funzionalità multimediale, non è suffragata da alcun elemento di prova. Infine, essa sostiene che, tramite la vendita abbinata in parola, la Microsoft si difende dalla concorrenza effettiva che potrebbe derivare da creatori di lettori multimediali potenzialmente più efficaci e in grado di contenderle il posto. In tal modo, la Microsoft ridurrebbe le capacità e il capitale investiti nell’innovazione nel settore dei lettori multimediali, nonché i suoi stessi incentivi ad innovare in tale settore.

1126 In secondo luogo, la Commissione prende in esame le tre serie di considerazioni esposte dalla Microsoft.

1127 In primo luogo, essa rileva che i lettori multimediali possiedono caratteristiche tanto di applicazione quanto di piattaforma software. In altri termini, secondo la Commissione, pur essendo basati sul sistema operativo per PC clienti, essi possono a loro volta fungere da base per altre applicazioni. Essa rileva che i lettori multimediali offrono i loro servizi di piattaforma indipendentemente dal fatto che siano collegati o meno ad un sistema operativo per PC.

1128 La Commissione sostiene che il vantaggio che la vendita abbinata in parola offre agli ideatori di software e ai fornitori di contenuti risiede nel fatto che consente loro di evitare di compiere «sforzi inerenti alla concorrenza», il che non può costituire una giustificazione valida per il diritto comunitario della concorrenza. Infatti, a seguito dell’abbinamento di Windows Media Player con l’«onnipresente sistema operativo monopolistico» Windows, gli ideatori di software e i fornitori di contenuti che basano i propri prodotti sulla piattaforma Windows Media Player non avrebbero bisogno di convincere gli utenti ad installare il suddetto lettore. Quelli che invece basano i loro prodotti sulla piattaforma di lettori multimediali terzi di solito prevederebbero i mezzi per indurre gli utenti ad installare sul proprio ordinatore il lettore multimediale necessario, per esempio inserendo dei links per scaricarlo da Internet.

1129 La Commissione aggiunge che la vendita abbinata in parola provoca un aumento dei costi a carico dei distributori di lettori multimediali concorrenti e degli ideatori di software terzi che su di essi si basano per spingere gli utenti ad installare tali lettori multimediali, in quanto «i concorrenti debbono far fronte a fattori dissuasivi generati dall’automatica presenza di Windows Media Player per ottenere l’installazione di un lettore multimediale diverso ma dalle caratteristiche sostanzialmente analoghe (i costi di formazione, assistenza e immagazzinamento sono alcuni esempi di tali fattori dissuasivi)».

1130 La Commissione inoltre ritiene che l’argomento della Microsoft relativo alla piattaforma uniforme equivale a dire che le si dovrebbe permettere di estendere il monopolio di Windows collegando ad esso altri prodotti software semplicemente perché anche questi ultimi offrono agli ideatori terzi capacità di piattaforma. Secondo la Commissione, la Microsoft in sostanza afferma che l’integrazione di Windows Media Player in Windows realizza uno standard di fatto e che ciò costituisce un vantaggio per i terzi, i quali sanno che questo lettore sarà sempre presente in tale sistema. Uno standard di fatto però non può essere imposto unilateralmente da un’impresa dominante attraverso vendite abbinate (punto 969 della decisione impugnata).

1131 Inoltre, la Commissione afferma che, anche se il codice software non è completamente fungibile (v. supra, punto 1113), i lettori multimediali concorrenti possono tuttavia sostituirsi a Windows Media Player per la maggior parte delle sue funzionalità. Per quanto riguarda le altre funzionalità, i distributori di lettori multimediali concorrenti potrebbero scegliere di non implementarle attualmente, sapendo che sono disponibili in Windows Media Player. Questo però non impedirebbe che essi possano sviluppare tali funzionalità subito dopo l’attuazione della misura correttiva, in modo da trarre vantaggio dalla versione non abbinata di Windows e per rispondere alla domanda degli ideatori di software.

1132 In sede di controreplica, la Commissione precisa di non aver mai affermato che i lettori multimediali terzi costituivano dei «perfetti sostituti» della funzionalità multimediale di Windows. Nella decisione impugnata, essa ha solo spiegato che i lettori multimediali terzi aggiunti ad una versione non abbinata di Windows potevano in gran parte «sostituire alcune caratteristiche» di Windows Media Player. Essa rileva che i lettori multimediali in streaming entrano in competizione sulla base di un certo numero di parametri, come la qualità della diffusione, il modo di organizzare alcuni contenuti e il formato con cui viene fornito il file.

1133 Infine, la Commissione contesta l’affermazione della Microsoft secondo la quale alcune applicazioni non funzionerebbero più correttamente se utilizzate con la versione di Windows imposta dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata. Inoltre, facendo rinvio all’esempio menzionato al punto 1038 della decisione impugnata, essa precisa che i siti Internet professionali di solito contengono dei sistemi che individuano automaticamente la mancanza di componenti necessarie per la gestione di una pagina Internet e che permettono di scaricare tali componenti. In sede di controreplica, essa aggiunge che gli ideatori che basano i loro prodotti su Windows Media Player dispongono comunque di diversi strumenti per far fronte alla possibilità che un utente di PC non abbia già installato il suddetto lettore.

1134 In secondo luogo, la Commissione respinge gli argomenti che la Microsoft basa sulla «componentizzazione».

1135 Innanzi tutto, essa sostiene che tali argomenti sono del tutto astratti, in quanto la Microsoft si riferisce soprattutto, in via generale, al concetto di funzionalità multimediale. Essa ribadisce che la misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata non pregiudica la funzionalità multimediale di base di Windows.

1136 Inoltre, la Commissione sostiene che i files costitutivi di Windows Media Player, che vanno soppressi in applicazione della decisione impugnata, sono stati chiaramente individuati dalla Microsoft. Al riguardo, essa si riferisce ad una lettera del 13 settembre 2004 inviatale dal sig. Heiner, un dipendente della Microsoft, e afferma che la Microsoft non può sostenere che non è «tecnicamente fattibile» concepire una versione non abbinata di Windows.

1137 La Commissione ricorda poi che la decisione impugnata impone alla Microsoft di progettare e proporre una versione di Windows non abbinata a Windows Media Player, verificando che tale versione sia pienamente funzionante e di buona qualità. Essa sottolinea che la decisione non impedisce alla Microsoft di continuare ad offrire una versione di Windows abbinata a Windows Media Player «conformemente al suo metodo attuale di progettazione di software».

1138 Infine, la Commissione osserva che la Microsoft indica un unico esempio di «interdipendenza delle componenti», ossia il sistema di aiuto «Assistente» di Windows XP. Questo sistema di assistenza, basandosi su suoni o immagini, poggia su una infrastruttura multimediale che rimarrà presente nella versione Windows non abbinata a Windows Media Player. Esso quindi funzionerebbe correttamente a prescindere dalla presenza di tale lettore multimediale, come dimostrerebbe la relazione su un test prodotta dalla RealNetworks durante il procedimento d’urgenza. Quanto all’affermazione della Microsoft secondo cui molti altri elementi di Windows XP non funzionerebbero più se la funzionalità multimediale venisse rimossa dal complesso costituito da Windows e Windows Media Player, essa sarebbe totalmente infondata.

1139 La Commissione aggiunge di aver esaminato dettagliatamente, ai punti 1026-1042 della decisione impugnata, il problema delle presunte interdipendenze tra Windows e Windows Media Player. Essa ricorda di aver rilevato che è evidente che, se il lettore multimediale venisse rimosso da Windows, scomparirebbero alcune delle funzionalità da esso normalmente offerte (punto 1033 della decisione impugnata). Questo però non vorrebbe dire che il sistema operativo non funziona più correttamente o che il prodotto sarà «degradato» e aggiunge che l’esempio di Windows XP Embedded dimostra che è tecnicamente possibile per Windows operare in mancanza di capacità multimediali, a seguito della soppressione del codice, in un modo che non comporti il blocco delle funzionalità del sistema operativo (punti 1028-1030 della decisione impugnata).

1140 In terzo luogo, la Commissione ritiene ipotetici, congetturali e privi di qualsiasi rilievo gli argomenti che la Microsoft deduce riguardo ai futuri effetti negativi della misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata.

1141 Innanzi tutto, essa ricorda che, in applicazione della decisione impugnata, la Microsoft conserva il diritto di continuare ad offrire la versione abbinata di Windows.

1142 Inoltre essa rileva, e viene sostenuta sul punto dalla SIIA, che la Microsoft già vende parecchie diverse versioni del suo sistema operativo per PC clienti non tutte intercambiabili, come Windows 98, Windows 2000, Windows Millennium Edition, Windows NT e Windows XP. Queste diverse versioni di Windows non supportano le stesse applicazioni.

1143 Infine, la Commissione respinge l’affermazione della Microsoft sulla necessità di «congelare» Windows nella sua attuale versione. Essa sostiene che la misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata tutela pienamente gli incentivi della Microsoft ad innovare, tanto sul mercato dei lettori multimediali quanto su quello dei sistemi operativi per PC clienti, e che tale misura permette ai consumatori di esercitare la loro scelta in base ai meriti dei prodotti. La Commissione, sostenuta sul punto dalla Audiobanner.com, afferma che in realtà l’innovazione viene scoraggiata dalla vendita abbinata, specie sul mercato dei lettori multimediali (punto 981 della decisione impugnata). Tale prassi, inoltre, disincentiva gli investimenti in tutte le tecnologie alle quali un giorno la Microsoft potrebbe interessarsi (punto 983 della decisione impugnata).

 Giudizio del Tribunale

1144 In via preliminare, va ricordato che se l’onere della prova sull’esistenza delle circostanze costitutive di una violazione dell’art. 82 CE grava sulla Commissione, spetta tuttavia all’impresa dominante interessata, e non alla Commissione, far valere, all’occorrenza e prima della chiusura del procedimento amministrativo, una eventuale giustificazione obiettiva e dedurre, al riguardo, argomenti ed elementi di prova. Spetta poi alla Commissione, qualora intenda dichiarare l’esistenza di un abuso di posizione dominante, dimostrare che gli argomenti e gli elementi di prova invocati da tale impresa non possono essere accolti e che quindi la giustificazione presentata non può essere accolta.

1145 Nelle sue memorie, per giustificare il suo comportamento la Microsoft deduce in sostanza due serie di argomenti, che in larga parte ricalcherebbero quelli presentati allo stesso fine durante il procedimento amministrativo e che sono stati esaminati e fondatamente respinti dalla Commissione ai punti 955-970 e 1026-1042 della decisione impugnata, come emerge dai punti seguenti.

1146 Da un lato, la Microsoft accusa la Commissione di non aver preso in considerazione i vantaggi derivanti dal suo modello commerciale, il quale implicherebbe l’integrazione continua di nuove funzionalità in Windows. Al riguardo, essa sostiene più in particolare che l’integrazione di una funzionalità multimediale in Windows è indispensabile affinché gli ideatori di software e i creatori di siti Internet possano continuare a beneficiare dei notevoli vantaggi offerti dalla piattaforma Windows «stabile e ben definita».

1147 Dall’altro lato, la Microsoft sostiene che se la funzionalità multimediale venisse rimossa dal complesso costituito da Windows e Windows Media Player ne deriverebbe una serie di problemi a discapito dei consumatori, degli ideatori di software e dei creatori di siti Internet. In particolare, essa menziona la circostanza che il suo sistema operativo Windows si basa sul cosiddetto metodo di «componentizzazione» (v. supra, punto 1118) e che tale rimozione comporterebbe una degradazione e una «frammentazione» del sistema stesso.

1148 Per quanto riguarda la prima serie di argomenti dedotti dalla Microsoft, occorre innanzi tutto ricordare l’esatta portata dell’abuso constatato all’art. 2, lett. b), della decisione impugnata, nonché quella della misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), di tale decisione.

1149 Quel che nella decisione impugnata la Commissione contesta alla Microsoft non è il fatto in sé di integrare Windows Media Player in Windows, ma il fatto che essa offra sul mercato esclusivamente una versione di Windows nella quale è integrato Windows Media Player, ossia che non permetta ai costruttori OEM né ai consumatori di ottenere Windows senza Windows Media Player o almeno di rimuovere il lettore dal complesso costituito da Windows e Windows Media Player. Quindi l’art. 6, lett. a), della decisione impugnata, pur imponendo alla Microsoft di vendere una «versione pienamente funzionante del suo sistema operativo Windows per PC clienti priva di Windows Media Player», precisa esplicitamente che «la Microsoft (…) conserva il suo diritto di proporre il sistema operativo Windows per PC clienti abbinato a Windows Media Player» (v., nel medesimo senso, i punti 1011 e 1023 della decisione impugnata).

1150 La Commissione quindi non mette in discussione il modello commerciale della Microsoft nei limiti in cui questo comprende l’integrazione di un lettore multimediale in streaming nel suo sistema operativo per PC clienti né la possibilità che la ricorrente faccia beneficiare gli ideatori di software e i creatori di siti Internet dei vantaggi offerti dalla piattaforma «stabile e ben definita» di Windows. La Commissione contesta il fatto che la Microsoft non venda contestualmente alla versione di Windows corrispondente al suo modello commerciale una versione di tale sistema priva di Windows Media Player, permettendo così, se del caso, ai costruttori OEM o agli utenti finali di installare sul PC clienti un prodotto di loro scelta come primo lettore multimediale in streaming.

1151 Inoltre, il Tribunale ritiene che la Microsoft non possa basarsi sul fatto che la vendita abbinata in parola garantisce la presenza uniforme di una funzionalità multimediale in Windows, il che permette agli ideatori di software e ai creatori di siti Internet di non dover includere nei loro prodotti meccanismi che permettono di verificare quale lettore multimediale è presente su un determinato PC clienti ed eventualmente di installare la funzionalità necessaria (v. supra, punti 1107, 1111 e 1115). In effetti, il fatto che, grazie alla vendita abbinata, gli ideatori di software e i creatori di siti Internet abbiano la garanzia della presenza di Windows Media Player su quasi tutti i PC clienti nel mondo è proprio una delle ragioni principali per cui la Commissione ha a giusto titolo considerato che la detta vendita abbinata comportava l’esclusione dei lettori multimediali concorrenti dal mercato. Pur se la presenza uniforme invocata dalla Microsoft può presentare dei vantaggi per i suddetti operatori, questo non basta tuttavia a compensare gli effetti anticoncorrenziali prodotti dalla vendita abbinata in questione.

1152 Come osservato giustamente dalla Commissione (v. supra, punto 1130), con tale argomento la Microsoft sostiene di fatto che l’integrazione in Windows di Windows Media Player e la vendita di Windows solo in questa forma determinano uno standard di fatto della piattaforma Windows Media Player, il che presenta effetti benefici sul mercato. Se è vero che, in generale, la standardizzazione può effettivamente presentare alcuni vantaggi, non si può ammettere che essa venga imposta unilateralmente da un’impresa in posizione dominante tramite vendite abbinate.

1153 Non si può escludere, inoltre, che i terzi non desiderino la standardizzazione di fatto auspicata dalla Microsoft, preferendo invece che piattaforme diverse continuino a competere tra loro, nella prospettiva che ciò stimoli l’innovazione in questo settore.

1154 Inoltre, va rilevato, come giustamente fanno la Commissione e la SIIA, che gli altri vantaggi menzionati dalla Microsoft potrebbero essere ottenuti altrettanto bene in assenza del comportamento censurato.

1155 Infatti, per quanto riguarda i consumatori, la loro domanda per un PC clienti «pronto all’uso» contenente in particolare un lettore multimediale in streaming può essere pienamente soddisfatta dai costruttori OEM, la cui attività consiste proprio nell’assemblare simili PC combinando in particolare un sistema operativo per PC clienti con le applicazioni richieste dai consumatori (punti 68 e 119 della decisione impugnata). Va aggiunto che la decisione impugnata non impedisce alla Microsoft di continuare ad offrire, ai consumatori che preferiscano tale soluzione, la versione Windows abbinata a Windows Media Player.

1156 Analogamente la Microsoft non può trarre argomento dal fatto che i costruttori OEM «contano sull’aggiunta di funzionalità a Windows per creare dei PC che piacciano ai consumatori e che permettano di ideare nuove applicazioni interessanti». I costruttori OEM, infatti, sono in grado di proporre PC clienti dotati di tali caratteristiche preinstallando su di essi le applicazioni ottenute dagli ideatori di software. Parimenti, le funzionalità offerte da Windows Media Player possono essere fornite dalla Microsoft su base autonoma, ossia senza abbinare il lettore al suo sistema operativo Windows.

1157 La Microsoft non può neppure sostenere che l’integrazione di una funzionalità multimediale in Windows sia indispensabile per consentire agli ideatori di software e ai creatori di siti Internet di utilizzare efficacemente la piattaforma Windows e che essa eviti loro di dover ideare in prima persona il necessario codice software.

1158 Per le ragioni indicate ai punti 962-967 della decisione impugnata, questo argomento deve, infatti, essere dichiarato infondato. Al riguardo, va ricordato che i lettori multimediali in streaming – tanto il lettore Windows Media Player quanto i lettori concorrenti –, pur essendo software di applicazione, lasciano esposte delle API e possono quindi fungere anche da piattaforma per applicazioni di terzi. Orbene, non è affatto necessario che un lettore multimediale in streaming sia intergrato in un sistema operativo per PC clienti per poter fornire simili servizi di piattaforma. In particolare, contrariamente a quanto lascia intendere la Microsoft, la mancanza di tale integrazione non costringe gli ideatori di software a scrivere il necessario codice software. Infatti, come rilevato al punto 966 della decisione impugnata, un gran numero di ideatori di software e di fornitori di contenuti Internet elaborano i loro prodotti basandosi sulle API esposte dal lettore RealPlayer, anche se questo non è integrato in nessun sistema operativo per PC clienti. Va del pari rilevato che gli ideatori di software possono creare – e di fatto creano – applicazioni destinate a funzionare con WMP 9 anche se tale lettore non era preinstallato su Windows (punto 965 della decisione impugnata).

1159 Infine, il Tribunale rileva, come fa la Commissione tanto nella decisione impugnata quanto nelle sue memorie, che la Microsoft non dimostra che l’integrazione di Windows Media Player in Windows produce incrementi di efficienza tecnica o che, in altri termini, «comporta migliori prestazioni tecniche del prodotto» (punto 962 della decisione impugnata).

1160 In sede di replica, la Microsoft fa valere, per la prima volta, il fatto che «Windows funziona più rapidamente quando vi è integrata una funzionalità multimediale». È sufficiente rilevare, al riguardo, che tale affermazione non è dimostrata.

1161 Sempre in sede di replica, la Microsoft afferma che il fatto che molti ideatori di software scelgano liberamente di ricorrere alla funzionalità multimediale di Windows dimostra che l’«integrazione uniforme» di tale funzionalità produce incrementi di efficienza tecnica. Questa affermazione va respinta. Da un lato, occorre ricordare che la decisione impugnata si riferisce al lettore Windows Media Player e non in generale alla funzionalità multimediale. Dall’altro lato, il semplice fatto che alcuni ideatori di software si basino su Windows Media Player non dimostra che la vendita abbinata produca incrementi di efficienza tecnica.

1162 Occorre altresì respingere anche la seconda serie di argomenti invocati dalla Microsoft.

1163 Al riguardo, innanzi tutto, quanto all’affermazione della Microsoft secondo cui le applicazioni «che vengono già utilizzate ampiamente» non funzioneranno più in modo corretto se eseguite sulla versione di Windows priva di Windows Media Player, è sufficiente rilevare che non è stata sufficientemente dimostrata.

1164 Inoltre, il Tribunale ritiene infondata l’affermazione della Microsoft secondo cui la rimozione della funzionalità multimediale dall’insieme costituito da Windows e Windows Media Player pregiudicherà il funzionamento di alcuni elementi dello stesso sistema operativo Windows. Gli unici esempi che la Microsoft offre al riguardo, ossia quello del sistema di aiuto «Assistente» e quello del sistema di lettura di testo ad alta voce contenuti in Windows, non sono convincenti. Questi sistemi, infatti, si fondano sull’infrastruttura multimediale di base del sistema operativo Windows e non su Windows Media Player. Come già indicato supra, al punto 916, relativamente alla problematica della vendita abbinata, il comportamento censurato riguarda unicamente il software di applicazione costituito dal lettore Windows Media Player, con esclusione di qualsiasi altra tecnologia multimediale contenuta nel sistema operativo Windows per PC clienti e l’infrastruttura multimediale di base di tale sistema rimane presente nella versione di Windows imposta dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata. Inoltre, al punto 916 della presente sentenza è stato del pari rilevato che la stessa Microsoft distingue, nella sua documentazione tecnica, i files che costituiscono Windows Media Player dagli altri files multimediali, in particolare da quelli che si riferiscono alla suddetta infrastruttura multimediale di base.

1165 Inoltre, secondo il Tribunale la Microsoft non può sostenere che la rimozione di Windows Media Player dall’insieme costituito da tale lettore e Windows comporterà un deterioramento del sistema operativo. Infatti, Windows XP Embedded può essere configurato in modo da non includere Windows Media Player senza che questo nuoccia all’integrità delle altre funzionalità del sistema operativo. Occorre aggiungere che, durante tutto il periodo compreso tra il giugno 1998 e il maggio 1999, data in cui la Microsoft ha integrato per la prima volta il lettore WMP 6 nel suo sistema operativo Windows per PC clienti senza consentire ai costruttori OEM o agli utenti di rimuoverlo dal sistema, il lettore multimediale in streaming della Microsoft veniva offerto da quest’ultima quale software di applicazione separato, senza che questo pregiudicasse il funzionamento del sistema operativo Windows. Occorre poi rilevare che la Microsoft ha immesso sul mercato, in attuazione della misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata, una versione di Windows priva di Windows Media Player e che tale versione è pienamente funzionale.

1166 Infine, deve respingersi anche l’argomento che la Microsoft basa sul rischio di «frammentazione» del suo sistema operativo Windows (v. supra, punto 1122). Da un lato, come sottolineato dalla Commissione nel controricorso, si tratta di un argomento ipotetico e speculativo. Dall’altro lato, tale argomento contraddice la stessa prassi commerciale della Microsoft. Infatti, negli ultimi anni la ricorrente ha immesso sul mercato una dopo l’altra numerose versioni diverse del suo sistema operativo Windows non tutte intercambiabili, ossia Windows 98, Windows 2000, Windows Me, Windows NT e Windows XP. Inoltre, per quel che riguarda, a titolo d’esempio, il sistema Windows XP, esso è presentato in sette versioni diverse.

1167 Dall’insieme delle considerazioni che precedono deriva che la Microsoft non ha dimostrato l’esistenza di una qualsiasi giustificazione obiettiva per la vendita abbinata abusiva del sistema operativo Windows per PC clienti e di Windows Media Player.

f)     Sull’inosservanza degli obblighi imposti alle Comunità dall’accordo ADPIC

 La decisione impugnata

1168 Ai punti 1049-1053 della decisione impugnata, la Commissione prende in esame l’argomento della Microsoft secondo il quale la misura diretta a correggere il rifiuto abusivo di fornitura viola gli obblighi gravanti sulla Comunità in forza dell’accordo ADPIC, e quello secondo il quale la misura volta a correggere la vendita abbinata abusiva viola gli obblighi gravanti sulla Comunità in forza dell’accordo sugli ostacoli tecnici al commercio (OTC) del 15 aprile 1994 [allegato 1 A all’accordo istitutivo dell’OMC (in prosieguo: l’«accordo OTC»].

1169 In sostanza, la Commissione sostiene che la decisione impugnata è perfettamente compatibile con gli obblighi derivanti dall’accordo ADPIC e dall’accordo OTC (punto 1052 della decisione impugnata).

1170 Essa aggiunge che, per le ragioni indicate ai punti 801 e 802 della presente sentenza, la Microsoft non può invocare i suddetti accordi per mettere in discussione la legittimità della decisione impugnata (punto 1053 della decisione impugnata).

 Argomenti delle parti

1171 La Microsoft sostiene che la decisione impugnata le impone di sviluppare una versione del suo sistema operativo Windows da cui sia stata rimossa «praticamente tutta» la funzionalità multimediale, e di offrire questo «prodotto degradato» ai consumatori europei con i marchi commerciali Microsoft e Windows. In tal modo, la decisione lederebbe i suoi diritti di marchio e d’autore, due categorie di diritti che le Comunità sono legalmente tenute a tutelare in forza dell’accordo ADPIC.

1172 In primo luogo, per quanto riguarda i suoi diritti di marchio, la Microsoft sostiene che la decisione impugnata ha l’effetto di limitarli, violando gli artt. 17 e 20 dell’accordo ADPIC. Essa precisa che, ai sensi dell’art. 17 dell’accordo ADPIC, le eccezioni apportate ai diritti conferiti da un marchio non possono che essere limitate e debbono tener conto dei legittimi interessi del titolare del marchio e dei terzi. Quanto all’art. 20 dell’accordo ADPIC, esso stabilirebbe che l’uso di un marchio non può essere ostacolato senza giusto motivo da obblighi speciali, come «l’uso in una forma particolare o l’uso in un modo che ne pregiudichi l’idoneità a contraddistinguere i prodotti e servizi di un’impresa da quelli di altre imprese».

1173 La Microsoft sostiene che la Commissione, imponendole di proporre su licenza una versione di Windows priva di funzionalità multimediale, la costringe ad apporre il suo marchio «più prezioso» su un prodotto che essa non ha ideato e riguardo al quale sa che non funzionerà nel modo voluto. Potrebbe inoltre insorgere un rischio di confusione tra questa versione di Windows e quella contenente la funzionalità multimediale. La Microsoft ritiene anche che la decisione impugnata limiti il suo diritto di controllare la qualità dei prodotti sui quali è apposto il marchio e ribadisce, a tal proposito, che la versione di Windows imposta dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata pregiudicherà il funzionamento, da un lato, di una serie di elementi dello stesso sistema operativo Windows e, dall’altro, di applicazioni e siti Internet che ricorrono a tale funzionalità multimediale. A suo dire, gli «ostacoli» in tal modo generati dalla decisione impugnata non rientrano nel tipo di eccezioni «limitate» previste dall’art. 17 dell’accordo ADPIC. Inoltre, l’obbligo per la ricorrente di apporre i marchi Windows e Microsoft su prodotti di qualità inferiore, sui quali non può esercitare il suo controllo di progettazione, si pone in diretto contrasto con i suoi stessi interessi e con quelli dei consumatori e degli ideatori di software terzi.

1174 Riguardo all’art. 20 dell’accordo ADPIC, la sua violazione deriverebbe dal fatto che, malgrado l’esistenza di alternative altrettanto efficaci, la Commissione costringe la ricorrente a arrecare pregiudizio al marchio Windows in maniera tale che ne ridurrebbe il ruolo di indicazione di origine e di qualità, il che determinerebbe confusione nella mente dei consumatori e nuocerebbe alla «goodwill» del marchio stesso.

1175 In secondo luogo, quanto ai suoi diritti d’autore, la Microsoft sostiene che la decisione impugnata mette a repentaglio i suoi diritti esclusivi – protetti dall’accordo ADPIC – di autorizzare gli adattamenti, gli arrangiamenti e le altre trasformazioni delle sue opere, di autorizzarne la riproduzione, in qualunque maniera e forma, e di distribuire copie di Windows al pubblico. La decisione le impone infatti di creare un adattamento di Windows non corrispondente alla sua idea originaria e che costituisce una trasformazione sostanziale della sua opera tutelata, nonché di concedere licenze per l’uso di copie di questo «adattamento forzato della sua opera protetta». Secondo la Microsoft, la concessione obbligatoria di licenze su un’opera protetta da diritti d’autore è permessa dall’accordo ADPIC solo alle condizioni previste dall’art. 13, che non sussistono nel caso di specie.

1176 In via principale, la Commissione sostiene che la legittimità della decisione impugnata non può essere valutata alla luce dell’accordo ADPIC (v. supra, punto 789).

1177 In subordine, la Commissione afferma che gli argomenti presentati dalla Microsoft sono comunque privi di qualsiasi fondamento.

1178 A questo proposito, in primo luogo, la Commissione respinge gli argomenti della Microsoft relativi ai suoi diritti di marchio.

1179 Innanzi tutto, essa li ritiene difficilmente comprensibili e sostiene che la Microsoft non precisa se l’asserita violazione dell’accordo ADPIC riguardi la constatazione, contenuta nella decisione impugnata, dell’abuso relativo alla vendita abbinata oppure la misura correttiva di tale abuso.

1180 Inoltre, la Commissione sostiene che, in forza dell’art. 16, n. 1, dell’accordo ADPIC, il titolare di un marchio registrato ha il diritto esclusivo di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio segni identici o simili. La Microsoft però non spiegherebbe perché questo diritto verrebbe compromesso dalla decisione impugnata né in quale misura l’uso dei suoi marchi, in conseguenza di tale decisione, potrebbe risultare ostacolato senza giustificato motivo da obblighi speciali ai sensi dell’art. 20 dell’accordo ADPIC. Secondo la Commissione, il suddetto diritto esclusivo è quindi salvaguardato nel caso di specie, così come la funzione del marchio quale garanzia dell’origine dei prodotti.

1181 La Commissione aggiunge poi che la misura correttiva di cui all’art. 6, lett. a), della decisione impugnata, non lede affatto il diritto della Microsoft di controllare la qualità dei prodotti sui quali viene apposto tale marchio, poiché la ricorrente conserverà «il pieno controllo sui propri prodotti». Essa inoltre sostiene di aver già respinto l’argomento secondo cui la versione di Windows non abbinata a Windows Media Player costituisce un prodotto degradato. Inoltre, quanto al rischio di confusione lamentato dalla Microsoft, esso potrebbe essere evitato, secondo la Commissione, con un’informazione e un’etichettatura adeguate.

1182 Infine, la Commissione sostiene che, anche supponendo che la decisione impugnata leda i diritti di marchio della Microsoft, la disposizione derogatoria di cui all’art. 17 dell’accordo ADPIC, in combinato disposto con l’art. 8, n. 2, e con l’art. 40, n. 2, di tale accordo, permetterebbe di porre fine alla violazione del diritto della concorrenza individuata nella decisione impugnata.

1183 In secondo luogo, la Commissione respinge gli argomenti della Microsoft basati sui suoi diritti d’autore.

1184 Al riguardo, innanzi tutto essa sottolinea che la decisione impugnata non autorizza alcun terzo ad adattare o a riprodurre le opere della Microsoft protette da diritto d’autore e ritiene che la Microsoft non possa invocare un «diritto all’integrità», che costituisce un diritto morale, pertanto non rientrante nell’accordo ADPIC.

1185 Secondo la Commissione, inoltre, non si possono accogliere neppure gli argomenti della Microsoft basati sull’art. 13 dell’accordo ADPIC. In proposito, essa afferma in particolare che la decisione impugnata tratta un «caso speciale» ai sensi del suddetto articolo, in quanto si applica a «casi di vendita abbinata che costituiscano un abuso di posizione dominante».

1186 Infine, la Commissione sostiene che, anche ammettendo che la decisione impugnata leda i diritti d’autore della Microsoft, la disposizione derogatoria contenuta nell’art. 13 dell’accordo ADPIC, in combinato disposto con l’art. 8, n. 2, e con l’art. 40, n. 2, dello stesso accordo, permetterebbe di porre fine alla violazione al diritto della concorrenza individuata nella decisione impugnata.

1187 La SIIA si allinea, in sostanza, agli argomenti della Commissione.

 Giudizio del Tribunale

1188 Il Tribunale rileva che la Microsoft contesta la legittimità della decisione impugnata in quanto contraria a numerose disposizioni dell’accordo ADPIC, in particolare agli artt. 13, 17 e 20.

1189 Come già indicato al punto 801 della presente sentenza, secondo una costante giurisprudenza, tenuto conto della loro natura e della loro economia, gli accordi OMC non figurano in linea di principio tra le normative alla luce delle quali il giudice comunitario controlla la legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie.

1190 Come anche già sottolineato al punto 802 della presente sentenza, solo nel caso in cui la Comunità abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC, ovvero nel caso in cui l’atto comunitario rinvii espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC, spetta al giudice comunitario controllare la legittimità dell’atto comunitario controverso alla luce delle norme dell’OMC. Poiché le circostanze del caso di specie manifestamente non corrispondono a nessuna delle suddette due ipotesi, la Microsoft non può invocare l’accordo ADPIC, in particolare gli artt. 13, 17 e 20 dello stesso, a sostegno della sua domanda di annullamento della decisione impugnata, nella parte in cui quest’ultima riguarda la problematica della vendita abbinata di Windows e Windows Media Player.

1191 Di conseguenza, questo capo del primo motivo dev’essere respinto, senza che occorra esaminare gli argomenti sollevati a sostegno dalla Microsoft.

1192 Occorre aggiungere che, in ogni caso, nessuna disposizione dell’accordo ADPIC osta a che le autorità della concorrenza dei membri dell’OMC dispongano misure correttive che limitino o regolino lo sfruttamento di diritti di proprietà intellettuale detenuti da un’impresa in posizione dominante, allorché questa eserciti tali diritti in modo anticoncorrenziale. Infatti, come osserva giustamente la Commissione, dall’art. 40, n. 2, dell’accordo ADPIC emerge espressamente che i membri dell’OMC hanno diritto di disciplinare l’uso abusivo di tali diritti per evitare effetti perniciosi per la concorrenza. Tale disposizione stabilisce infatti quanto segue:

«Nessuna disposizione del presente accordo impedisce ai membri di specificare nelle loro legislazioni le pratiche o condizioni che potrebbero in determinati casi costituire un abuso dei diritti di proprietà intellettuale con effetto negativo sulla concorrenza nel mercato corrispondente. Come previsto sopra, un membro può adottare, compatibilmente con le altre disposizioni del presente accordo, opportune misure intese ad impedire o controllare tali pratiche, tra cui ad esempio concessioni esclusive al licenziante, condizioni che impediscono contestazioni della validità e imposizione di licenze globali, alla luce delle pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del membro in questione».

1193 Da tutto quel che precede deriva che il primo motivo va respinto nella sua interezza.

3.     Sul secondo motivo, attinente alla violazione del principio di proporzionalità

a)     La decisione impugnata

1194 A titolo di misura correttiva della vendita abusiva menzionata nell’art. 2, lett. b, della decisione impugnata, l’art. 6 di tale decisione impone alla Microsoft di offrire, entro 90 giorni dalla notificazione della decisione stessa, una versione pienamente funzionale del suo sistema operativo Windows per PC clienti priva di Windows Media Player, stabilendo che la Microsoft conserva il diritto di proporre il suo sistema operativo Windows per PC clienti in abbinamento a Windows Media Player. L’art. 6 impone inoltre alla Microsoft di comunicare alla Commissione, entro lo stesso termine, tutte le misure adottate per conformarsi al suddetto obbligo.

1195 Ai punti 1011-1042 della decisione impugnata la Commissione fornisce alcune precisazioni riguardo a tale misura correttiva.

1196 In primo luogo, essa descrive la portata della detta misura correttiva (punti 1011-1014 della decisione impugnata).

1197 In particolare, essa precisa che l’obbligo imposto alla Microsoft di offrire una versione di Windows priva di Windows Media Player riguarda tanto i casi in cui Windows venga dato in licenza direttamente agli utenti finali, quanto i casi in cui viene dato in licenza ai costruttori OEM. Parimenti, il fatto che la Microsoft conservi la possibilità di offrire una versione di Windows abbinata a Windows Media Player vale sia per gli utenti finali sia per i costruttori OEM.

1198 Inoltre, la Commissione impone alla Microsoft di astenersi da qualsiasi misura tecnologica, commerciale, contrattuale o di altro genere che possa avere effetto equivalente ad una vendita abbinata di Windows e Windows Media Player, sottolineando in particolare che la versione di Windows priva di Windows Media Player dovrà essere altrettanto funzionale quanto la versione di Windows contenente tale lettore. Al punto 1013 della decisione impugnata compare un elenco non tassativo di pratiche vietate a tal fine.

1199 In secondo luogo, la Commissione fissa a 90 giorni il termine entro il quale la Microsoft deve attuare la misura correttiva in questione (punti 1015-1017 della decisione impugnata).

1200 In terzo luogo, la Commissione respinge l’affermazione della Microsoft secondo la quale la misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata non è sufficientemente precisa, poiché non le sarebbe chiaro quale codice software debba essere rimosso dal suo prodotto (punti 1018-1021 della decisione impugnata). La Commissione cita in particolare l’esempio di Windows XP Embedded e ribadisce che la decisione impugnata non impone affatto alla Microsoft di sopprimere tutti i files multimediali di Windows, ma solo quelli che costituiscono Windows Media Player.

1201 In quarto luogo, la Commissione deduce una serie di considerazioni per dimostrare la proporzionalità della misura correttiva in parola (punti 1022-1042 della decisione impugnata).

1202 Al riguardo, innanzi tutto essa sostiene che tale misura è necessaria per rimediare alla restrizione della concorrenza derivante dal comportamento censurato (punto 1022 della decisione impugnata).

1203 Essa sottolinea inoltre che la misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata non impedisce alla Microsoft di porre in vendita il suo lettore multimediale né le impone limitazioni diverse dal divieto di proseguire la prassi della vendita abbinata o di adottare misure aventi effetto equivalente ad essa (punto 1023 della decisione impugnata). La Commissione ripete che la Microsoft potrà continuare a commercializzare una versione di Windows abbinata a Windows Media Player (ibidem).

1204 La Commissione respinge poi l’argomento della Microsoft basato sul fatto che non esiste una domanda significativa da parte dei consumatori per sistemi operativi per PC clienti privi di funzionalità multimediale (punti 1024 e 1025 della decisione impugnata). In sostanza, essa argomenta che i costruttori OEM potranno soddisfare le aspettative dei consumatori preinstallando il lettore multimediale di loro scelta sui PC clienti da essi venduti.

1205 Ai punti 1026-1034 della decisione impugnata, la Commissione prende in esame gli argomenti della Microsoft basati sui presunti nessi di interdipendenza tra Windows e Windows Media Player. Rifacendosi nuovamente all’esempio di Windows XP Embedded, essa respinge l’affermazione secondo cui la soppressione del codice di Windows Media Player comprometterebbe l’integrità del sistema operativo. Inoltre essa sostiene che la Microsoft non ha dimostrato che l’integrazione di Windows Media Player in Windows fosse una condizione preliminare per ottenere incrementi di efficienza. In proposito, essa afferma tra l’altro che «[g]li ideatori di software, pur se elaborano le loro soluzioni multimediali o integrano nel loro prodotto un codice ridistribuibile fornito da terzi, non dipendono dalla presenza di un lettore multimediale sul PC clienti dell’utente» (punto 1032 della decisione impugnata).

1206 Infine, ai punti 1035-1042 della decisione impugnata, la Commissione esamina gli argomenti della Microsoft basati sui presunti nessi di interdipendenza tra Windows e le applicazioni sviluppate da terzi. Più in particolare, essa respinge l’affermazione secondo cui la soppressione del codice di Windows Media Player avrebbe conseguenze nefaste per i fornitori di contenuti e gli ideatori di software. Quanto ai primi, a suo dire, non è raro che essi adottino soluzioni per stabilire quale lettore multimediale è installato su un determinato PC clienti e che prevedano le misure necessarie nell’ipotesi in cui, per presentare i loro contenuti, occorra un lettore particolare o una versione specifica di un determinato lettore (punto 1037 della decisione impugnata). Quanto agli ideatori di software, la Commissione respinge l’argomento della Microsoft secondo cui sarebbe un vantaggio mantenere Windows come «piattaforma coerente» (punto 1041 della decisione impugnata). In sostanza, essa ritiene che la Microsoft non possa invocare il fatto che la sua prassi permette agli ideatori di software i cui prodotti si basano su lettori multimediali di disporre di un «riferimento fisso» in materia, poiché tale prassi altera la concorrenza basata sui meriti (punto 1042 della decisione impugnata).

b)     Argomenti delle parti

1207 La Microsoft sostiene che la misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata viola il principio di proporzionalità sotto tre profili.

1208 In primo luogo, tale misura correttiva viola l’interesse legittimo degli ideatori di software e dei creatori di siti Internet a «preservare Windows come piattaforma stabile e coerente».

1209 In secondo luogo, la misura correttiva metterebbe a repentaglio i diritti morali della Microsoft imponendole di degradare il suo sistema operativo Windows e di concedere licenze a terzi su questa versione degradata del suo prodotto. In particolare, essa violerebbe il diritto della Microsoft di opporsi alle modifiche, alle deformazioni e al deterioramento della sua opera, nonché agli altri atti lesivi contro di essa.

1210 In terzo luogo, la Microsoft sostiene che la misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata è «intrinsecamente contraddittoria» e che le è impossibile conformarsi ad essa, dato che le viene imposto nel contempo di rimuovere importanti funzionalità multimediali di Windows e di garantire che la versione degradata di Windows non funzioni in modo meno efficace della versione di tale sistema abbinata a Windows Media Player.

1211 Secondo la Commissione, la misura correttiva in parola è proporzionata, in particolare perché la Microsoft conserva il diritto di proporre una versione di Windows abbinata a Windows Media Player. Inoltre, essa sottolinea che tale misura correttiva non impedisce alla Microsoft di vendere il suo lettore multimediale né di continuare a proporlo separatamente per scaricarlo da Internet.

1212 La Commissione nega che sia impossibile individuare il codice software di Windows Media Player o di conformarsi alla misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata, e fa notare come la stessa Microsoft ammetta di aver già messo a punto una versione non abbinata di Windows, pronta ad essere immessa sul mercato. Inoltre, essa rinvia al punti 1018-1021 della decisione impugnata.

1213 La Commissione sostiene poi che la Microsoft non ha dedotto alcun elemento di prova idoneo a dimostrare che da tale misura correttiva deriverebbe un pregiudizio ai terzi o una degradazione del sistema operativo.

1214 Quanto alla presunta lesione dei diritti morali della Microsoft, la Commissione sostiene che la ricorrente non è «solitamente considerata come titolare di diritti morali in Europa». La misura correttiva, inoltre, non impedirebbe agli autori di opere di rivendicarne la «paternità» né implicherebbe alcuna divulgazione del codice.

1215 Infine, la Commissione, sostenuta sul punto dalla SIIA, afferma che le misure previste dalla sentenza della District Court 1° novembre 2002 non bastano per rimediare all’abuso relativo alla vendita abbinata individuato nella decisione impugnata. A suo dire, tale sentenza non costringe la Microsoft ad eliminare il codice di Windows Media Player dal sistema operativo per PC clienti, ma solo a fornire un mezzo che permetta ai costruttori OEM e agli utenti finali di nascondere sullo schermo del computer l’icona e i punti di accesso al software Windows Media Player. Inoltre, la Microsoft avrebbe ideato questo sistema di occultamento in maniera tale che Windows Media Player potrebbe essere riattivato e potrebbe non tener conto delle scelte predefinite degli utenti. Le misure previste dalla suddetta sentenza non influirebbero dunque sull’onnipresenza di Windows Media Player sui PC clienti né, di conseguenza, sugli incentivi degli ideatori di software e dei fornitori di contenuto ad «incentrare le loro offerte complementari su Windows Media Player quale tecnologia di piattaforma».

c)     Giudizio del Tribunale

1216 Innanzi tutto, il Tribunale rileva che a sostegno del presente motivo la Microsoft ripropone sostanzialmente gli stessi argomenti presentati nell’ambito del primo motivo, a proposito del requisito della mancanza di giustificazione obiettiva (v. supra, punti 1102-1122).

1217 Le ragioni in base alle quali il Tribunale ha ritenuto infondati tali argomenti devono valere anche nell’ambito dell’esame del presente motivo.

1218 Infatti, in primo luogo, quanto all’argomento secondo cui la Commissione ha omesso di tener conto dell’interesse degli ideatori di software e dei creatori di siti Internet a disporre di una piattaforma stabile e ben definita, è sufficiente rinviare ai punti 1148-1153 della presente sentenza.

1219 In secondo luogo, l’argomento della Microsoft secondo cui la misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata la costringerebbe a degradare il sistema operativo Windows e a dare in licenza a terzi questa versione degradata del suo prodotto, è già stato respinto al punto 1165 della presente sentenza.

1220 A questo proposito, va ricordato che la decisione impugnata non impone alla Microsoft di offrire una versione di Windows da cui siano rimossi tutti i files multimediali, compresi quelli relativi all’infrastruttura multimediale di base del sistema operativo. Sono infatti interessati soltanto i files che costituiscono Windows Media Player, files che la stessa Microsoft nei suoi documenti tecnici distingue dagli altri (v. supra, punti 916 e 1164). Occorre poi ricordare che l’esempio di Windows XP Embedded dimostra che l’assenza di Windows Media Player dal sistema operativo non nuoce all’integrità delle altre funzionalità di tale sistema (v. supra, punto 1165).

1221 Va aggiunto che, durante tutto il periodo compreso tra giugno 1998 e maggio 1999, il lettore multimediale in streaming della Microsoft era stato offerto come un software di applicazione separato, senza che ciò influisse sul funzionamento del sistema operativo Windows. Come già indicato al punto 936 della presente sentenza, in udienza la Microsoft ha ammesso che nel maggio1999 non esistevano ostacoli tecnici che le impedissero di continuare a fornire nella stessa maniera il suo lettore multimediale, ossia senza integrarlo nel sistema operativo Windows 98 Second Edition.

1222 In terzo luogo, dalle osservazioni contenute ai punti 1219-1221 della presente sentenza emerge che l’affermazione della Microsoft secondo cui la misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata sarebbe intrinsecamente contraddittoria e le sarebbe impossibile conformarsi ad essa è infondata. Tale affermazione, infatti, si basa sulla premessa erronea che la versione di Windows imposta da tale disposizione costituisce una versione degradata del suo sistema operativo. Come osserva giustamente la Commissione nei suoi atti, è evidente che, una volta rimosso Windows Media Player da Windows, le funzionalità offerte dal lettore non sono più disponibili su tale versione del sistema operativo. Tuttavia, non si può desumere da questo che tale versione sia degradata o che sia meno efficiente sotto tutti gli altri profili rispetto ad una versione del sistema operativo abbinata al suddetto lettore. A questo proposito, va rilevato che l’obbligo imposto alla Microsoft di proporre una versione «pienamente funzionale» del suo sistema operativo Windows per PC clienti priva di Windows Media Player [art. 6, lett. a), della decisione impugnata] dev’essere interpretato alla luce, in particolare, dell’affermazione contenuta al punto 1012 della decisione impugnata, secondo il quale «in particolare, la versione di Windows non abbinata a [Windows Media Player] dovrà funzionare altrettanto efficacemente quanto la versione di Windows abbinata a [Windows Media Player], tenendo conto del fatto che la funzionalità-lettore [Windows Media Player] non farà parte, per definizione, della versione non abbinata di Windows».

1223 Il Tribunale ritiene poi che la misura correttiva prevista dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata, lungi dall’essere sproporzionata, costituisca un sistema adeguato per porre termine all’abuso di cui trattasi e risolvere i problemi di concorrenza individuati causando il minor numero possibile di inconvenienti alla Microsoft e al suo modello commerciale.

1224 Infatti, l’attuazione di tale misura correttiva non implica alcun mutamento della prassi attuale della Microsoft sul piano tecnico se non lo sviluppo della versione di Windows imposta dall’art. 6, lett. a), della decisione impugnata.

1225 In particolare, la Microsoft conserva il diritto di continuare a proporre la versione di Windows abbinata a Windows Media Player. Va ricordato, al riguardo, che in effetti la Commissione intende soltanto dare ai consumatori la possibilità di ottenere il suddetto sistema operativo senza il lettore multimediale.

1226 Occorre inoltre aggiungere, come osservato giustamente dalla Commissione, che la misura correttiva in parola non pregiudica la possibilità per la Microsoft di commercializzare il suo lettore multimediale e, in particolare, di proporlo con la possibilità di scaricarlo da Internet.

1227 Infine, il Tribunale constata che, per le ragioni indicate al punto 974 della presente sentenza, la Commissione era legittimata a considerare le misure adottate dalla Microsoft in attuazione della transazione americana insufficienti a porre termine all’abuso di cui trattasi e a risolvere i problemi di concorrenza individuati.

1228 Dall’insieme delle considerazioni che precedono deriva che il secondo motivo va respinto.

1229 Pertanto, le conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata vanno respinte nella parte riguardante la problematica della vendita abbinata di Windows e Windows Media Player.

D –  Sul problema del mandatario indipendente

1.     La decisione impugnata

1230 L’art. 4, primo comma, della decisione impugnata impone alla Microsoft di porre termine agli abusi accertati dall’art. 2, secondo le modalità previste dagli artt. 5 e 6 della decisione stessa. La Microsoft è tenuta altresì ad astenersi da qualunque comportamento che possa avere oggetto o effetto identico o analogo a quello degli abusi suddetti (art. 4, secondo comma).

1231 A titolo di misura volta a correggere il rifiuto abusivo di fornire le informazioni sull’interoperabilità, l’art. 5 della decisione impugnata impone alla Microsoft di divulgare tali informazioni, entro 120 giorni dalla notificazione della decisione, a qualunque impresa che intenda sviluppare e distribuire sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, e ad autorizzare tali imprese, a condizioni ragionevoli e non discriminatorie, ad utilizzare le dette informazioni per sviluppare e distribuire sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. La Microsoft è inoltre tenuta a fare in modo che le informazioni sull’interoperabilità divulgate siano aggiornate ogni volta che sia necessario e in modo tempestivo. Infine, l’art. 5 della decisione impugnata impone alla Microsoft di istituire, entro 120 giorni dalla notificazione della decisione, un meccanismo di valutazione che permetta alle imprese interessate di informarsi efficacemente circa la portata e le condizioni di utilizzazione delle informazioni sull’interoperabilità.

1232 A titolo di misura correttiva della vendita abbinata abusiva del sistema operativo Windows per PC clienti e Windows Media Player, l’art. 6 della decisione impugnata impone, in particolare, alla Microsoft di offrire, entro 90 giorni dalla notificazione della decisione, una versione totalmente funzionale del proprio sistema operativo Windows per PC clienti privo di Windows Media Player, conservando però il diritto di proporre il suo sistema operativo Windows per PC clienti assieme a Windows Media Player.

1233 Inoltre, l’art. 7 della decisione impugnata prevede l’istituzione di un sistema di controllo destinato ad aiutare la Commissione ad assicurarsi che la Microsoft si conformi alla decisione impugnata e che comporta, in particolare, la designazione di un mandatario indipendente. Ai sensi di tale articolo, tale sistema dovrà costituire oggetto di una proposta presentata dalla Microsoft entro 30 giorni dalla notificazione della decisione, restando inteso che, qualora ritenga inadeguato tale sistema, la Commissione «avrà il potere di imporre siffatto meccanismo mediante decisione».

1234 Ai punti 1043-1048 della decisione impugnata la Commissione descrive più dettagliatamente il sistema di controllo di cui al punto precedente e, in particolare, enuncia i «principi che debbono guidare la Microsoft [nel formulare la sua proposta relativa alla designazione di un mandatario indipendente]» (punto 1044 della decisione impugnata).

1235 Così, al punto 1045 della decisione impugnata, la Commissione precisa che il «compito essenziale» del mandatario è di esprimere pareri, su richiesta di un terzo, della Commissione oppure di sua iniziativa, sulla «questione se la Microsoft, sotto taluni aspetti, sia venuta meno agli obblighi derivanti dalla decisione [impugnata] e su ogni altra questione che possa essere rilevante per l’efficace attuazione della decisione stessa».

1236 Ai punti 1046 e 1047 della decisione impugnata la Commissione precisa la missione del mandatario relativamente ad ognuno dei due abusi di cui trattasi (v. infra, punto 1261).

1237 Al punto 1048 della decisione impugnata, la Commissione indica i principi cui la Microsoft dovrebbe attenersi nella sua proposta riguardante il mandatario. In primo luogo, questi sarà designato dalla Commissione sulla base di un elenco di soggetti preparato dalla Microsoft. La ricorrente dovrà prevedere una procedura per autorizzare la Commissione a designare un mandatario di sua scelta, qualora ritenga che nessuno dei soggetti proposti sia idoneo ad esercitare le funzioni richieste. In secondo luogo, la Commissione spiega che il mandatario dovrà essere indipendente dalla Microsoft e che «dovranno essere adottate le disposizioni necessarie per garantire [che] egli non sia né si porrà in una situazione di conflitto d’interessi». Il mandatario dovrà possedere le qualifiche necessarie alla corretta esecuzione del suo mandato ed avere la possibilità di assumere esperti che eseguano, a suo nome, determinati compiti definiti con precisione. In terzo luogo, la Commissione spiega che dovranno essere prese disposizioni necessarie per garantire che il mandatario abbia «accesso all’assistenza, alle informazioni, ai documenti, ai locali e ai dipendenti della Microsoft, nei limiti in cui possa ragionevolmente esigerlo nell’ambito dell’esecuzione del suo mandato». In quarto luogo, la Commissione ritiene che il mandatario debba avere pieno accesso al codice sorgente dei prodotti rilevanti della Microsoft. Infine, in quinto luogo, la Commissione precisa che «l’insieme dei costi connessi alla designazione del mandatario, incluso un equo compenso per i compiti da esso svolti, sarà a carico della Microsoft».

2.     Argomenti delle parti

1238 Secondo la Microsoft l’obbligo, impostole dall’art. 7 della decisione impugnata, di designare un mandatario indipendente è illegittimo, in quanto la Commissione non ha diritto né di delegare ad un privato i poteri esecutivi conferitile dal regolamento n. 17 né di porre a suo carico le spese connesse al controllo del rispetto della decisione impugnata, tra cui la retribuzione del mandatario indipendente.

1239 In via preliminare, la Microsoft nega che la sua domanda di annullamento dell’art. 7 della decisione impugnata sia prematura. In particolare, la Commissione non può invocare il fatto che, nel caso in cui non fosse rimasta soddisfatta della proposta della Microsoft, avrebbe potuto imporre un meccanismo di controllo con una diversa decisione, e che la ricorrente avrebbe potuto impugnare allora questa seconda decisione.

1240 Inoltre, in primo luogo la Microsoft sostiene che, come emerge chiaramente dai punti 1043-1048 della decisione impugnata, i poteri delegati nella fattispecie al mandatario indipendente sono poteri di indagine e di esecuzione che di solito competono alla Commissione. Essa rileva che il mandatario, pur avendo quale missione principale di emettere pareri sul rispetto della decisione impugnata, ha altresì il potere di esaminare le misure adottate dalla Microsoft per conformarsi alla decisione. La ricorrente sottolinea che nella nota n. 1317 della decisione impugnata è spiegato che «[i]l mandatario non deve limitarsi ad avere un atteggiamento reattivo, ma deve svolgere un ruolo propositivo nel controllo del rispetto, da parte della Microsoft, dei suoi obblighi». La decisione impugnata mirerebbe quindi ad istituire una fonte indipendente di misure di indagine e di esecuzione.

1241 Ebbene, conformemente agli artt. 11 e 14 del regolamento n. 17, nonché agli artt. 18-21 del regolamento (CE) del Consiglio 16 dicembre 2002, n. 1/2003, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), i poteri di indagine e di esecuzione relativi alle suddette regole spettano esclusivamente alla Commissione e alle autorità nazionali della concorrenza. Né l’uno né l’altro regolamento autorizzano la Commissione a delegare tali poteri a terzi né tanto meno a privati.

1242 Inoltre, secondo la Microsoft, con tale delega di poteri, la Commissione la priva delle garanzie che la giurisprudenza riconosce alle imprese per tutelare i loro diritti della difesa.

1243 In sede di replica, la Microsoft precisa di non aver nulla da obiettare a che un mandatario indipendente consigli la Commissione su questioni tecniche. Tuttavia, a suo avviso l’istituzione avrebbe dovuto designare un proprio perito a tal fine.

1244 In secondo luogo, la Microsoft rileva che l’art. 7 della decisione impugnata, in combinato disposto con il punto 1048, v), della stessa, le impone di sostenere «l’insieme dei costi connessi alla designazione del mandatario, incluso un equo compenso per i compiti da esso svolti». Orbene, nell’applicare le regole della concorrenza, la Commissione non potrebbe imporre all’impresa interessata oneri pecuniari diversi da ammende e penalità di mora.

1245 La Microsoft ritiene che la Commissione non possa invocare il suo potere di costringere un’impresa a far cessare un’infrazione per giustificare il fatto che essa ponga a carico di tale impresa i costi legati al mandatario. L’imposizione di tale onere pecuniario non troverebbe fondamento giuridico né nel regolamento n. 17, né nel regolamento n. 1/2003, né in qualsivoglia altro testo.

1246 In via principale, la Commissione sostiene che gli argomenti dedotti dalla Microsoft riguardo al problema del mandatario sono irricevibili, in quanto prematuri, congetturali e insufficienti a determinare l’annullamento dell’art. 7 della decisione impugnata. Essa ricorda che tale articolo impone alla Microsoft di presentare una proposta relativa all’istituzione di un meccanismo di controllo, riservando contemporaneamente alla Commissione il diritto di imporre tale meccanismo mediante decisione, qualora ritenga inadeguato quello proposto dalla Microsoft. Inoltre, i punti 1044-1048 della decisione impugnata indicano i principi cui la Microsoft deve attenersi nel formulare tale proposta, ma la maggior parte di tali principi non sono imposti alla ricorrente dall’art. 7 della decisione impugnata. In particolare, detto articolo non preciserebbe le funzioni esatte del mandatario indipendente né la «fonte» della sua retribuzione. La Microsoft quindi potrebbe liberamente proporre, per quest’ultimo, un mandato con un raggio d’azione più limitato di quello previsto dalla decisione impugnata, nonché modalità di retribuzione diverse. La Commissione potrebbe poi respingere tali proposte e imporre, con decisione, un mandato configurato in maniera diversa. Tale decisione non sarebbe semplicemente confermativa della decisione impugnata, e sarebbe impugnabile.

1247 In subordine, la Commissione sostiene che gli argomenti dedotti dalla Microsoft sono infondati.

1248 In primo luogo, dai punti 1044-1048 della decisione impugnata non emerge che la Commissione abbia delegato ad un privato i poteri di indagine e di esecuzione di cui dispone ai fini dell’applicazione degli artt. 81 CE e 82 CE. Quanto alla «raccolta di informazioni», a suo dire, la decisione impugnata si limita a prevedere un «meccanismo consensuale» che permetta di risolvere rapidamente un buon numero di questioni tecniche che possono insorgere riguardo all’esecuzione delle misure correttive. Essa riconosce che il punto 1048 e la nota n. 1317 della decisione impugnata prevedono la possibilità che il mandatario indipendente ponga domande alla Microsoft e acceda a documenti e al codice sorgente dei prodotti rilevanti, ma sostiene che nulla impedisce alla Microsoft di riservarsi, nella sua proposta di mandato, la possibilità di rifiutarsi di rispondere a tali domande o di dare accesso alle informazioni richieste. Di fronte a tale rifiuto, la Commissione valuterebbe l’opportunità di agire ai sensi del capitolo V del regolamento n. 1/2003 e conserverebbe quindi piena libertà di valutazione riguardo all’uso dei suoi poteri di indagine.

1249 In risposta ad un quesito scritto del Tribunale, la Commissione ha precisato che l’art. 7 della decisione impugnata si basava sull’art. 3 del regolamento n. 17 e costituiva «espressione» del potere che le conferisce quest’ultimo articolo di adottare decisioni che ingiungono alle imprese di far cessare un’infrazione.

1250 In secondo luogo, la Commissione sostiene che l’obbligo imposto alla Microsoft di sostenere i costi connessi al compenso del mandatario chiaramente non rientra fra le sanzioni previste dal regolamento n. 17 e dal regolamento n. 1/2003. A suo parere, se l’art. 7 della decisione impugnata dovesse essere interpretato come fonte di un obbligo per quanto riguarda il compenso del mandatario indipendente, tale obbligo avrebbe il suo fondamento giuridico nell’art. 3 del regolamento n. 17. La Commissione spiega che una decisione presa sulla base del suddetto articolo può contenere tanto l’ordine di svolgere talune attività o prestazioni illegittimamente omesse, quanto il divieto di proseguire attività, pratiche o situazioni, contrarie al Trattato e che essa comporta alcune spese a carico del suo destinatario. Facendo rinvio al punto 1044 della decisione impugnata, essa rileva che l’attuazione delle misure correttive richiede un controllo effettivo del rispetto degli obblighi imposti alla Microsoft dalla decisione impugnata.

3.     Giudizio del Tribunale

1251 La Microsoft vuole ottenere l’annullamento dell’art. 7 della decisione impugnata e sostiene che, delegando illegittimamente i suoi poteri di indagine e di esecuzione ad un terzo, la Commissione ha ecceduto i limiti dei poteri ad essa conferiti dall’art. 82 CE e dal regolamento n. 17. L’imposizione ad un’impresa di un meccanismo di controllo come quello previsto dall’art. 7 della decisione impugnata e l’obbligo imposto a tale impresa di sostenere i costi della retribuzione di un terzo designato dalla Commissione per assisterla nel suo compito di vigilare sul rispetto delle misure correttive disposte in una decisione su una violazione non troverebbero alcun fondamento giuridico nel diritto comunitario.

1252 Secondo la Commissione, la domanda di annullamento di cui sopra è prematura e quindi irricevibile, in quanto l’art. 7 della decisione impugnata non impone alla Microsoft alcun obbligo, ma si limita ad invitarla a presentare una proposta sull’istituzione di un eventuale meccanismo di controllo. In ogni caso, tale articolo non comporta alcuna delega di poteri. La Commissione sostiene che il sistema di controllo e l’onere a carico della Microsoft della retribuzione del mandatario indipendente trovano fondamento nell’art. 3 del regolamento n. 17, che attribuisce all’istituzione il potere di ingiungere alle imprese interessate di porre fine all’infrazione accertata.

1253 Occorre ricordare che la legittimità dell’art. 7 della decisione impugnata dev’essere valutata sulla base degli elementi di fatto e di diritto esistenti al momento della sua adozione. In proposito, quando la decisione è stata adottata il regolamento n. 17 era ancora in vigore, poiché il regolamento n. 1/2003, che lo ha sostituito, è divenuto applicabile a partire dal 1° maggio 2004.

1254 Va del pari ricordato che i poteri in materia di indagine e di esecuzione di cui la Commissione disponeva alla data di adozione della decisione impugnata, nei limiti in cui rilevano alla luce della domanda di annullamento dell’art. 7 della stessa, consistevano nel potere di imporre alle imprese interessate di far cessare l’infrazione accertata, previsto dall’art. 3, n. 1, del regolamento n. 17, nel potere in tema di richieste di informazioni, previsto dall’art. 11 di tale regolamento, nel potere in materia di verifiche, ai sensi dell’art. 14 del medesimo regolamento e nel potere di infliggere penalità di mora alle imprese per costringerle a far cessare l’infrazione accertata, previsto dall’art. 16 del regolamento.

1255 Innanzi tutto, il Tribunale ritiene che vada respinto l’argomento della Commissione secondo cui la domanda di annullamento dell’art. 7 è prematura, in quanto essa si limita ad invitare la Microsoft a presentare una proposta prima che la Commissione adotti una decisione definitiva sulla realizzazione di un meccanismo di controllo. Il fatto che l’art. 7 della decisione impugnata contenga un invito a presentare una proposta non può alterare la natura vincolante di tale disposizione, quale espressione dell’esercizio, da parte della Commissione, del suo potere di ordinare di far cessare un’infrazione.

1256 Quando in una decisione la Commissione accerta che un’impresa ha violato l’art. 82 CE, tale impresa è tenuta ad adottare, nel più breve tempo possibile, tutte le misure necessarie per far cessare il suo comportamento conformandosi a tale disposizione, e questo anche se nella decisione la Commissione non prescrive misure specifiche. Se sono previste misure correttive in tale decisione, l’impresa interessata deve metterle in atto – prendendosi carico di tutte le spese relative alla loro attuazione – per evitare le penalità di mora previste dall’art. 16 del regolamento n. 17 (v. infra, punto 1259).

1257 Dalla lettera dell’art. 7 della decisione impugnata, e in particolare dal termine di 30 giorni imposto alla Microsoft, deriva che tale disposizione costituisce appunto una misura vincolante di questo tipo. Anche se la prima reazione prevista nel caso in cui la Microsoft non formuli un’adeguata proposta è quella indicata al secondo comma dell’art. 7, ossia l’imposizione di un meccanismo di controllo con decisione, tuttavia il mancato rispetto dell’obbligo di presentare una proposta espone comunque la ricorrente al rischio di vedersi infliggere penalità di mora. La natura obbligatoria della misura ordinata non può essere messa in discussione dal semplice fatto che la Commissione si riserva il diritto di imporre essa stessa un simile meccanismo, nel caso in cui ritenga inadeguata la proposta della Microsoft. La mancata esecuzione di tale misura specifica disposta con una decisione diretta a far cessare una violazione dell’art. 82 CE costituisce una violazione distinta del diritto comunitario, e precisamente una violazione dell’art. 3 del regolamento n. 17.

1258 Tale valutazione non viene invalidata dall’argomento della Commissione secondo cui la Microsoft avrebbe potuto presentare una proposta diversa, più in linea con quel che a suo avviso la Commissione poteva imporle di fare. Al riguardo, va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, il dispositivo di un atto è indissociabile dalla sua motivazione e va pertanto interpretato, se necessario, tenendo conto dei motivi che hanno portato alla sua adozione (sentenze della Corte 15 maggio 1997, causa C‑355/95 P, TWD/Commissione, Racc. pag. I‑2549, punto 21, e 29 aprile 2004, causa C‑91/01, Italia/Commissione, Racc. pag. I‑4355, punto 49; sentenza del Tribunale 14 ottobre 2004, causa T‑137/02, Pollmeier Malchow/Commissione, Racc. pag. II‑3541, punto 60).

1259 Infatti, con riguardo in particolare al compito che la Commissione attribuisce al mandatario, quale sintetizzato al punto 1261 qui di seguito, nonché con riguardo ai poteri conferiti alla Commissione dagli artt. 3 e 16 del regolamento n. 17, il Tribunale considera che l’art. 7 della decisione impugnata ha la conseguenza che se la Microsoft si astenesse, entro il termine di 30 giorni, dal presentare una proposta conforme ai principi indicati tra l’altro ai punti 1045-1048, essa violerebbe la decisione stessa incorrendo nel rischio di essere condannata al pagamento di penalità di mora, ai sensi dell’art. 16 del regolamento n. 17. Pertanto, l’art. 7 della decisione impugnata ha influito in modo diretto sulla situazione giuridica della Microsoft e di conseguenza la domanda di annullamento di tale disposizione non può essere considerata prematura o speculativa, come sostenuto dalla Commissione.

1260 Inoltre, il Tribunale ritiene necessario esaminare se l’art. 7 della decisione impugnata trovi fondamento giuridico nel regolamento n. 17 o se, come sostenuto dalla Microsoft, la Commissione abbia ecceduto i limiti dei suoi poteri di indagine e di esecuzione nell’imporle di accettare l’istituzione di un mandatario indipendente dotato del ruolo e dei poteri di cui sopra.

1261 Al riguardo, va rilevato che dai punti 1043-1048 della decisione impugnata deriva che il compito del mandatario indipendente consta in particolare dei seguenti elementi:

–        la sua «responsabilità essenziale» è di emettere pareri per stabilire se, in determinati casi concreti, la Microsoft sia venuta meno agli obblighi ad essa imposti dalla decisione impugnata (tra cui l’obbligo di attuare correttamente le misure correttive);

–        tali pareri saranno forniti su domanda di un terzo o della Commissione, oppure formulati dal mandatario di sua iniziativa;

–        a questo proposito, è previsto che il mandatario non debba limitarsi ad avere un atteggiamento reattivo, ma debba svolgere un ruolo propositivo nel controllare il rispetto, da parte della Microsoft, dei suoi obblighi (nota n. 1317 della decisione impugnata);

–        quanto al rifiuto abusivo di cui si tratta, il mandatario dovrà valutare se le informazioni comunicate dalla Microsoft siano complete ed esatte, se le condizioni in base alle quali essa dà accesso alle specificazioni e ne autorizza l’uso siano ragionevoli e non discriminatorie, e se la comunicazione venga effettuata tempestivamente;

–        quanto alla vendita abbinata abusiva, il mandatario è chiamato a consigliare la Commissione sulla fondatezza, sotto il profilo tecnico, delle denunce presentate da terzi riguardo al rispetto da parte della Microsoft dei suoi obblighi, e in particolare sulla questione se la versione di Windows priva di Windows Media Player sia meno efficiente rispetto alle versioni di Windows abbinate a questo lettore che la ricorrente continuerebbe a vendere. Il mandatario inoltre dovrà valutare se la Microsoft pregiudichi le prestazioni dei lettori multimediali concorrenti con divulgazioni selettive, inadeguate o eccessivamente tardive delle API di Windows.

1262 Al punto 1048 della decisione impugnata la Commissione indica i principi cui la Microsoft dovrà attenersi nella sua proposta relativa al mandatario indipendente, in attuazione dell’art. 7 della decisione stessa. Tali principi sono i seguenti:

–        il mandatario sarà designato dalla Commissione sulla base di un elenco di soggetti presentato dalla Microsoft [punto 1048, sub i)];

–        il mandatario sarà indipendente dalla Microsoft e dovrà essere adottata ogni disposizione necessaria per garantire che egli non sia né si troverà in una condizione di conflitto di interessi; il mandatario dovrà possedere le qualifiche necessarie alla corretta esecuzione del suo mandato ed avere la possibilità di assumere esperti incaricati di svolgere a suo nome determinati compiti, definiti con precisione [punto 1048, sub ii)];

–        dovranno essere adottate disposizioni per garantire che il mandatario possa avere accesso all’assistenza, alle informazioni, ai documenti, ai locali e ai dipendenti della Microsoft nei limiti in cui possa ragionevolmente richiederlo nell’ambito dell’esecuzione del suo mandato [punto 1048, sub iii)];

–        il mandatario avrà pieno accesso al codice sorgente dei prodotti rilevanti della Microsoft (qualsiasi controversia sull’esattezza e sul carattere esaustivo delle specificazioni divulgate dalla Microsoft può essere risolta solo verificando la documentazione tecnica rispetto al codice sorgente dei prodotti Microsoft) [punto 1048, sub iv)];

–        i costi complessivi connessi alla designazione del mandatario, compreso un equo compenso per i compiti da esso svolti, saranno a carico della Microsoft [punto 1048, sub v)];.

1263 Da tale descrizione deriva che secondo la Commissione il ruolo del mandatario indipendente consiste nella valutazione e nella verifica dell’attuazione delle misure correttive, eventualmente avendo accesso alle risorse di cui al punto precedente, terzo e quarto trattino, agendo in modo indipendente o anche di propria iniziativa.

1264 La Commissione ammette espressamente, nelle proprie memorie, di non poter delegare a un terzo i poteri di indagine e di esecuzione conferitile dal regolamento n. 17, tuttavia nega che il sistema di controllo previsto dalla decisione impugnata comporti simile delega di poteri.

1265 Per contro, come riconosciuto dalla Microsoft, la Commissione ha diritto di vigilare sull’attuazione, da parte dell’impresa interessata, delle misure correttive disposte in una decisione di infrazione e di assicurarsi che le altre misure necessarie per far cessare gli effetti anticoncorrenziali dell’infrazione siano eseguite pienamente e tempestivamente. A tal fine, essa può fare uso dei poteri di indagine previsti dall’art. 14 del regolamento n. 17 ed eventualmente può ricorrere ad un esperto esterno, specie per ottenere chiarimenti su questioni di tipo tecnico.

1266 Inoltre, non si può negare che la Commissione, nel caso in cui decida di farsi assistere da un esperto esterno, possa comunicargli informazioni e documenti ottenuti nell’esercizio dei suoi poteri di indagine ai sensi dell’art. 14 del regolamento n. 17.

1267 Ai sensi dell’art. 11, n. 4, e dell’art. 14, n. 3, di tale regolamento, le imprese sono tenute a fornire le informazioni richieste dalla Commissione e a sottoporsi alle verifiche da questa disposte. Tuttavia, tali domande e verifiche sono soggette, se del caso, al controllo del giudice comunitario.

1268 Il Tribunale considera che, istituendo un sistema di controllo che prevede la designazione di un mandatario indipendente, come indicato dall’art. 7 della decisione impugnata, e dotato delle funzioni elencate nel punto 1048 di tale decisione, sub iii) e iv), la Commissione è andata ben oltre la situazione in cui designa un proprio esperto esterno per farsi consigliare, nel corso di un’indagine, riguardo all’esecuzione delle misure correttive previste dagli artt. 4, 5 e 6 della decisione impugnata.

1269 Infatti, con l’art. 7 della decisione impugnata la Commissione esige la designazione di un terzo indipendente, nello svolgimento delle sue funzioni, non solo dalla Microsoft ma anche dalla Commissione stessa, in quanto tale soggetto è chiamato ad agire di propria iniziativa e su richiesta di terzi nell’esercizio dei suoi poteri. Come la Commissione osserva al punto 1043 della decisione impugnata, tale esigenza va oltre un semplice obbligo di presentarle rapporti sulle azioni della Microsoft.

1270 Inoltre, il ruolo previsto per il mandatario indipendente non è limitato a formulare domande alla Microsoft e a presentare rapporti alla Commissione circa le risposte date accompagnate da pareri sull’esecuzione delle misure correttive. Quanto all’obbligo imposto alla Microsoft di permettere al mandatario, indipendentemente dalla Commissione, di aver accesso ad informazioni, documenti, locali e dipendenti nonché al codice sorgente dei suoi prodotti rilevanti, il Tribunale osserva che non è previsto alcun limite temporale per l’intervento continuo del mandatario nel vigilare sulle attività della Microsoft relative alle misure correttive. A questo proposito, va rilevato che dal punto 1002 della decisione impugnata emerge che secondo la Commissione l’obbligo di divulgare le informazioni sull’interoperabilità dev’essere applicato «in prospettiva» alle future generazioni dei prodotti Microsoft.

1271 Di conseguenza, esercitando i poteri conferitile dall’art. 3 del regolamento n. 17, la Commissione non può imporre alla Microsoft di concedere ad un mandatario indipendente poteri che neppure essa è legittimata a conferire ad un terzo. Ne deriva che l’art. 7, secondo comma, della decisione impugnata è privo di fondamento giuridico, in particolare in quanto implica la delega al mandatario indipendente di poteri di indagine che solo la Commissione può esercitare nell’ambito del regolamento n. 17.

1272 Se inoltre, come sostenuto dalla Commissione, il suo intento era di istituire un meccanismo puramente consensuale, non era affatto necessario che essa ne disponesse l’istituzione nell’art. 7 della decisione impugnata.

1273 Infine, la Commissione travalica i suoi poteri, poiché l’art. 7 della decisione impugnata, in combinato disposto con il punto 1048, sub v), della stessa, pone a carico della Microsoft i costi complessivi connessi alla designazione del mandatario, compreso il suo compenso, nonché le spese connesse all’esecuzione dei suoi compiti.

1274 Nessuna disposizione del regolamento n. 17 consente alla Commissione di imporre alle imprese i costi che essa stessa sostiene per vigilare sull’esecuzione delle misure correttive.

1275 La Commissione, infatti, nella sua qualità di autorità incaricata di applicare le regole comunitarie della concorrenza, è tenuta a conseguire l’esecuzione delle decisioni di infrazione in modo indipendente, obiettivo ed imparziale. Sarebbe incompatibile con la sua responsabilità a questo riguardo che l’esecuzione effettiva del diritto comunitario dipenda o sia influenzata dalla volontà o dalla capacità dell’impresa destinataria della decisione di sostenere tali spese.

1276 Inoltre, dalla giurisprudenza deriva che la Commissione non gode di un margine di discrezionalità illimitato nel formulare le misure correttive da imporre alle imprese per far cessare un’infrazione. Nell’ambito dell’applicazione dell’art. 3 del regolamento n. 17, il principio di proporzionalità impone che gli oneri a carico delle imprese per porre fine all’infrazione non eccedano i limiti di quanto è appropriato e necessario per conseguire lo scopo prefisso, vale a dire il ripristino della situazione conforme al diritto in relazione alle norme che nella fattispecie sono state violate (sentenza Magill, cit. al punto 107 supra, punto 93).

1277  Se, nei confronti di un’impresa che abbia violato l’art. 82 CE, la Commissione non ha competenza per imporre, tramite decisione in forza dell’art. 3 del regolamento n. 17, delle misure correttive, comprese le spese afferenti a queste ultime oltre i limiti di quanto appropriato e necessario, tanto meno essa ha competenza per porre a carico di detta impresa costi che incombono sulla Commissione nell’adempimento delle sue responsabilità in materia di indagine e di esecuzione.

1278 Dall’insieme delle considerazioni che precedono deriva che l’art. 7 della decisione impugnata non trova fondamento giuridico nel regolamento n. 17 ed eccede pertanto i limiti delle competenze di cui dispone la Commissione in materia di indagine e di esecuzione ai sensi del regolamento n. 17, in quanto essa ordina alla Microsoft di presentare una proposta concernente la creazione di un meccanismo che, da un lato, deve includere la designazione di un mandatario indipendente dotato dei poteri di accesso, indipendentemente dalla Commissione, all’assistenza, alle informazioni, ai documenti, ai locali e ai dipendenti della Microsoft, nonché al codice sorgente dei suoi prodotti rilevanti e, dall’altro lato, prevede che i costi complessivi connessi alla designazione del mandatario, compreso il suo compenso, siano a carico della Microsoft. Pertanto, la Commissione non può riservarsi il diritto di imporre tale meccanismo con decisione qualora ritenga inadeguato quello proposto dalla Microsoft.

1279 Di conseguenza, l’art. 7 della decisione impugnata dev’essere annullato nei limiti indicati al punto precedente.

II –  Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’ammenda o alla riduzione del suo importo

A –  La decisione impugnata

1280 I due abusi individuati nella decisione impugnata vengono sanzionati con l’imposizione di un’ammenda unica di importo pari a EUR 497 196 304 (art. 3 della decisione impugnata).

1281 La questione dell’ammenda è esaminata dalla Commissione ai punti 1054-1080 della decisione impugnata.

1282 In primo luogo, la Commissione precisa di aver tenuto conto delle disposizioni dell’art. 15, n. 2, del regolamento n. 17 (punto 1054 della decisione impugnata) e ricorda che, per fissare l’importo dell’ammenda, essa deve tener conto della gravità e della durata dell’infrazione, nonché delle eventuali circostanze aggravanti o attenuanti (punto 1055 della decisione impugnata).

1283 In secondo luogo, la Commissione respinge gli argomenti che la Microsoft aveva invocato durante il procedimento amministrativo a sostegno della sua tesi secondo la quale nel caso di specie non doveva esserle inflitta nessuna ammenda (punti 1056-1058 della decisione impugnata).

1284 Al riguardo, innanzi tutto essa sostiene che dalla decisione impugnata risulta a sufficienza che la Microsoft ha violato intenzionalmente, o quanto meno per negligenza, l’art. 82 CE e l’art. 54 dell’accordo SEE (punto 1057 della decisione impugnata). Inoltre, la Commissione nega di aver introdotto una «nuova regola giuridica» e ritiene che la Microsoft avrebbe dunque dovuto essere consapevole del fatto che stava violando le citate disposizioni (ibidem). Infine, essa respinge l’argomento della Microsoft secondo cui la vendita abbinata abusiva non poteva essere iniziata nel 1999, perché alcune funzionalità di lettura multimediale erano integrate nel sistema operativo Windows sin dal 1992 (ibidem).

1285 In terzo luogo, la Commissione illustra il modo in cui ha calcolato l’ammenda (punti 1059-1079 della decisione impugnata).

1286 Anzitutto, essa stabilisce l’importo di base dell’ammenda sulla base della gravità e della durata dell’infrazione (punti 1059-1078).

1287 Da un lato, quanto alla gravità dell’infrazione, la Commissione ricorda che per valutarla essa deve prendere in considerazione la natura dell’infrazione stessa, i suoi effetti sul mercato e le dimensioni del mercato geografico interessato (punto 1060 della decisione impugnata).

1288 Per quanto riguarda la gravità dell’infrazione, ai punti 1061-1068 della decisione impugnata la Commissione mette in rilievo i seguenti fattori:

–        la Corte ha più volte già dichiarato illeciti alcuni rifiuti di fornitura da parte di imprese in posizione dominante e alcune vendite abbinate da esse praticate;

–        la Microsoft detiene una posizione dominante sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti, con una quota superiore al 90%;

–        questo mercato, come gli altri due individuati dalla decisione impugnata, è caratterizzato dalla presenza di considerevoli effetti di rete diretti e indiretti;

–        di conseguenza, la Microsoft ha adottato una strategia ad effetto leva (leveraging) che costituisce due diversi abusi;

–        quanto al rifiuto abusivo di fornitura, la Microsoft ha adottato una linea di condotta generale diretta alla creazione e allo sfruttamento a proprio vantaggio di un insieme di legami privilegiati tra il suo sistema operativo per PC clienti e il suo sistema operativo per server per gruppi di lavoro, che implica una rottura rispetto a precedenti livelli di fornitura più elevati;

–        tale pratica abusiva permette alla Microsoft di estendere la sua posizione dominante al mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, che ha un «valore significativo»;

–        la conquista di tale secondo mercato può determinare altri effetti nefasti sulla concorrenza;

–        quanto alla vendita abbinata abusiva, essa garantisce alla Microsoft che l’onnipresenza del suo sistema operativo per PC clienti sia condivisa dal suo lettore Windows Media Player, il che induce i costruttori OEM a non preinstallare sui PC clienti lettori multimediali terzi e pregiudica la concorrenza sul mercato dei lettori multimediali in streaming;

–        inoltre, tale pratica abusiva si ripercuote sensibilmente sullo stato della concorrenza nel settore della fornitura di contenuti su Internet e in quello dei software multimediali;

–        infine, il fatto di dominare il mercato dei lettori multimediali in streaming può costituire un’apertura strategica verso una serie di mercati connessi, alcuni dei quali producono profitti elevati.

1289 Alla luce degli elementi menzionati al punto precedente, la Commissione ritiene che l’infrazione, per sua natura, debba essere qualificata come «molto grave» (punto 1068 della decisione impugnata).

1290 Per quel che riguarda gli effetti dell’infrazione sul mercato, la Commissione osserva che «la linea di condotta adottata dalla Microsoft, consistente nello sfruttare la leva offerta dalla sua posizione dominante sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti per estromettere la concorrenza, ha un impatto significativo sui mercati dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro e dei lettori multimediali in streaming» (punto 1069 della decisione impugnata).

1291 La sua osservazione si basa sugli elementi seguenti:

–        il rifiuto abusivo di fornitura ha già permesso alla Microsoft di conquistare una posizione dominante sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro e rischia di eliminare la concorrenza da tale mercato (punto 1070 della decisione impugnata);

–        la vendita abbinata abusiva ha già permesso alla Microsoft di raggiungere il primo posto sul mercato dei lettori multimediali in streaming, e gli elementi di prova presi in esame nella decisione impugnata indicano che «probabilmente il mercato è già sul punto di ribaltarsi a favore di [Windows Media Player]» (punto 1071 della decisione impugnata).

1292 Quanto alle dimensioni geografiche dei mercati di prodotti in parola, la Commissione sostiene che i tre mercati individuati dalla decisione impugnata comprendono tutto il SEE (punto 1073 della decisione impugnata).

1293 Al punto 1074 della decisione impugnata la Commissione trae dall’analisi sopra illustrata la conclusione che la Microsoft ha commesso una violazione molto grave dell’art. 82 CE e dell’art. 54 dell’accordo SEE, punibile con un’ammenda superiore a EUR 20 milioni. Al successivo punto, essa individua in EUR 165 732 101 l’importo iniziale preso in considerazione in ragione della gravità dell’infrazione, punto di partenza dell’importo di base dell’ammenda (in prosieguo: l’«importo di partenza»).

1294 Al punto 1076 della decisione impugnata la Commissione dichiara che, per assicurare un sufficiente effetto deterrente sulla Microsoft, e tenuto conto del suo notevole potere economico, è opportuno raddoppiare l’importo di partenza, il che fa elevare l’importo dell’ammenda in questa fase a EUR 331 464 203.

1295 Dall’altro lato, per quel che riguarda la durata dell’infrazione, la Commissione rileva che il rifiuto abusivo di fornitura è iniziato nell’ottobre 1998 e non è ancora cessato, mentre la vendita abbinata abusiva ha preso il via nel maggio 1999 e neppure essa è ancora cessata (punto 1077 della decisione impugnata). La Commissione ritiene che la durata complessiva dell’infrazione commessa dalla Microsoft è dunque di cinque anni e cinque mesi, il che corrisponde ad un’infrazione di lunga durata (ibidem). Essa pertanto aumenta del 50% l’importo indicato al punto precedente, fissando così l’importo di base dell’ammenda a EUR 497 196 304 (punto 1078 della decisione impugnata).

1296 In secondo luogo, la Commissione ritiene che non sussistano circostanze aggravanti o attenuanti da prendere in considerazione nel caso di specie (punto 1079). Di conseguenza, essa fissa l’importo finale dell’ammenda a EUR 497 196 304 (punto 1080 della decisione impugnata).

B –  Argomenti delle parti

1297 In via principale, la Microsoft sostiene che l’ammenda inflitta dall’art. 3 della decisione impugnata è priva di qualsiasi fondamento, data la mancanza di violazione dell’art. 82 CE.

1298 In subordine, la Microsoft sostiene che detta ammenda è eccessiva e sproporzionata e dev’essere pertanto annullata o sostanzialmente ridotta.

1299 A questo proposito, in primo luogo, essa sostiene che non è giusto imporle un’ammenda perché le violazioni che le sono contestate derivano da una «nuova interpretazione giuridica». A sostegno di tale affermazione, essa fa riferimento ad alcuni estratti di comunicati stampa pubblicati dalla Commissione e relativi a cause di concorrenza (comunicati stampa del 20 aprile 2001, IP/01/584, e del 2 giugno 2004, IP/04/705), nonché alla prassi della stessa Commissione consistente nell’evitare di infliggere ammende in cause che sollevano questioni nuove o complesse. La ricorrente osserva inoltre che, in alcune cause, la Commissione ha condannato le imprese interessate solo ad un’ammenda simbolica, tenuto conto del fatto che esse non potevano facilmente desumere, in base alla sua precedente prassi decisionale, che il comportamento loro contestato violava le regole di concorrenza.

1300 La Microsoft sostiene che i principi applicati dalla Commissione nel caso di specie si discostano notevolmente da quelli posti dalla giurisprudenza e sono il risultato di una «sostanziale modifica delle teorie della Commissione, a mano a mano che la causa è progredita nel corso degli ultimi cinque anni».

1301 Infatti, da un lato, riguardo al comportamento abusivo costituito dal rifiutarsi di fornire ai suoi concorrenti le informazioni sull’interoperabilità e di autorizzarne l’uso, la Microsoft sostiene che la Commissione non ha mai individuato con precisione di quali informazioni si trattasse. Essa ribadisce inoltre che la Sun non le ha domandato alcuna licenza relativa ai suoi diritti di proprietà intellettuale per poter sviluppare sistemi operativi per server per gruppi di lavoro all’interno del SEE. Infine, essa afferma che la posizione della Commissione presenta caratteri inediti, in quanto prevede l’obbligo di dare in licenza diritti di proprietà intellettuale di grande valore, al fine di agevolare lo sviluppo di prodotti direttamente in concorrenza con i sistemi operativi Windows per server. La Microsoft sostiene che, tenuto conto di questi diversi elementi, essa aveva buoni motivi di pensare che, nel caso di specie, non sussistevano le circostanze eccezionali richieste dalla Corte.

1302 Dall’altro lato, per quel che riguarda il comportamento abusivo costituito dal fatto di aver subordinato la fornitura del sistema operativo Windows per PC clienti all’acquisto simultaneo di Windows Media Player, la Microsoft rileva anzitutto che la teoria della Commissione sulle vendite abbinate non era nemmeno menzionata nella prima comunicazione degli addebiti. Inoltre, essa sottolinea che per la prima volta la Commissione ha ritenuto che migliorare un prodotto grazie all’integrazione di una funzionalità «migliorata», ossia una funzionalità multimediale contenente una capacità in streaming, senza offrire simultaneamente al medesimo prezzo una versione dello stesso prodotto priva di tale funzionalità, poteva costituire una violazione dell’art. 82 CE.

1303 In secondo luogo, la Microsoft lamenta che l’importo dell’ammenda che le è stata inflitta è eccessivo. A sostegno di tale affermazione essa deduce tre serie di argomenti.

1304 In primo luogo, la ricorrente sostiene che l’importo di partenza dell’ammenda è ingiustificato. Anzitutto, a suo avviso detto importo è stato fissato a EUR 167 732 101 in maniera arbitraria e erroneamente motivata. Inoltre, la Microsoft contesta la validità dell’affermazione della Commissione secondo cui essa avrebbe commesso un’infrazione «molto grave». A questo riguardo, essa rileva che sono occorsi alla Commissione più di cinque anni per concludere che la sua condotta era censurabile, e ancora più tempo per decidere quali misure correttive fossero appropriate. Infine, la ricorrente nega di aver potuto prevedere che il suo comportamento rischiava di essere considerato come costitutivo di una violazione delle norme sulla concorrenza, e ancor meno di un’infrazione «molto grave».

1305 In sede di replica, la Microsoft contesta l’affermazione della Commissione secondo la quale gli abusi di cui trattasi hanno un impatto sensibile sui mercati interessati.

1306 Sempre in sede di replica, la Microsoft sostiene che la Commissione non si è limitata a tener conto dei «prodotti colpiti dagli abusi» per fissare l’importo di partenza. Infatti, essa si sarebbe basata sul giro d’affari realizzato dalla Microsoft sul mercato dei sistemi operativi per server in generale. Orbene, meno di un quarto dei profitti che la Microsoft ricava da tali sistemi può essere attribuito al mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro, come definito dalla Commissione.

1307 In secondo luogo, la Microsoft sostiene che la Commissione non aveva diritto di raddoppiare l’importo di partenza tenendo conto del suo «notevole potere economico» e della necessità di garantire un sufficiente effetto deterrente. Essa rileva che la Commissione non le contesta di non voler rispettare la legge e che anzi il sig. Monti, commissario per la concorrenza all’epoca, aveva elogiato gli sforzi da essa profusi per giungere ad un accordo amichevole nel caso di specie, nonché la professionalità dei membri della sua squadra. La ricorrente aggiunge che la Commissione non può neppure invocare la necessità di dissuadere altre imprese dal commettere analoghe infrazioni. Infine, essa sostiene che l’importo di partenza si basa sul giro d’affari e sui profitti realizzati dalla Microsoft a livello mondiale e che gli stessi dati vengono utilizzati per giustificare l’aumento a scopi dissuasivi (nota n. 1342 della decisione impugnata), il che equivale a «prendere in considerazione lo stesso fattore due volte». Gli altri fattori menzionati nella nota n. 1342 della decisione impugnata non giustificano affatto il raddoppio dell’importo di partenza.

1308 In terzo luogo, la Microsoft sostiene che la maggiorazione del 50% del doppio dell’importo di partenza, in ragione della durata dell’infrazione, è eccessiva. Innanzi tutto, essa contesta alla Commissione di non aver tenuto conto delle misure adottate per rimediare ai problemi che la stessa istituzione aveva indicato nel corso delle loro discussioni e nelle comunicazioni degli addebiti né degli impegni che la Microsoft aveva assunto a seguito della transazione americana. Inoltre, la ricorrente lamenta che la Commissione non avrebbe tenuto conto della durata del procedimento amministrativo e ritiene che non le si possa rimproverare di aver cercato di giungere ad un accordo. Essa aggiunge che non avrebbe potuto porre termine ai presunti abusi più presto, dal momento che «le teorie della Commissione si sono notevolmente evolute nel corso degli ultimi sei anni».

1309 Secondo la Commissione, la tesi principale della Microsoft va respinta, in quanto quest’ultima non ha dimostrato che la Commissione fosse incorsa in errore nel dichiarare l’esistenza di una violazione dell’art. 82 CE.

1310 La Commissione contesta anche la tesi sussidiaria prospettata dalla Microsoft.

1311 Al riguardo, in primo luogo, essa afferma che l’ammenda è giustificata.

1312 Innanzi tutto, la Commissione nega di aver applicato una nuova regola giuridica nel caso di specie.

1313 Infatti, quanto al rifiuto abusivo di cui trattasi, essa afferma di aver tenuto conto del fatto che era possibile che «fossero in gioco diritti di proprietà intellettuale». Di conseguenza, basandosi su casi come la sentenza Magill, citata supra al punto 107, essa avrebbe dedicato gran parte della decisione impugnata a dimostrare che, in alcune circostanze eccezionali, il rifiuto di dare in licenza diritti di proprietà intellettuale poteva costituire un abuso di posizione dominante. Inoltre, poiché i ‘considerando’ della direttiva 91/250 indicano espressamente che l’omessa fornitura di informazioni sull’interoperabilità può costituire un abuso di posizione dominante, la Microsoft non può seriamente sostenere di non essersi resa conto di violare l’art. 82 CE.

1314 Inoltre, la Commissione ritiene di aver già confutato gli argomenti della Microsoft sulla portata della domanda della Sun, e di aver già spiegato che la giurisprudenza non esclude che i prodotti del titolare di un diritto d’autore e i prodotti futuri del titolare della licenza possano entrare in competizione. In sede di controreplica, essa aggiunge di aver individuato, fin dalla prima comunicazione degli addebiti, «una certa quantità di informazioni ingiustamente taciute dalla Microsoft» e ribadisce che la ricorrente era pienamente consapevole del fatto che stava rifiutando ai suoi concorrenti l’accesso alle informazioni sull’interoperabilità indicate nella decisione impugnata.

1315 Per quel che riguarda la vendita abbinata abusiva, la Commissione riconosce che la causa in esame può essere diversa da altre precedenti in tema di vendite abbinate e che nella decisione impugnata ha proceduto ad una valutazione degli effetti reali di tale comportamento. Essa considera però che da ciò non può dedursi che ha elaborato una nuova teoria e insiste sul fatto che le sue osservazioni si basano su principi giuridici ed economici ben noti.

1316 Secondo la Commissione, inoltre, la Microsoft, tenuto conto delle notevoli risorse economiche e giuridiche di cui dispone, era in grado di prevedere che il suo comportamento, consistente nell’usare la sua posizione dominante su un mercato per conquistarne un altro, sarebbe stato qualificato come abusivo. Essa sottolinea che il giudice comunitario ha costantemente respinto l’argomento secondo cui non vanno inflitte ammende quando l’impresa interessata non poteva sapere che stava violando le regole di concorrenza. Infine, essa ritiene che la Microsoft non possa trarre argomenti dal fatto che la Commissione non ha imposto ammende ad un’impresa in una causa diversa.

1317 In secondo luogo, la Commissione sostiene che l’ammenda non è eccessiva rilevando, in particolare, che essa rappresenta solo l’1,62% del fatturato mondiale realizzato dalla Microsoft nel corso dell’esercizio sociale chiuso il 30 giugno 2003.

1318 In primo luogo, la Commissione ricorda che, nel fissare l’importo dell’ammenda, essa dispone di un potere discrezionale e non è tenuta ad applicare formule matematiche precise. Soggiunge di non essere neppure tenuta, in forza dell’obbligo di motivazione, ad indicare nella decisione i dati relativi alle modalità di calcolo delle ammende. Inoltre, conformemente agli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2 del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3; in prosieguo: gli «orientamenti»), la Commissione ha valutato la gravità dell’infrazione tenendo conto della sua natura, del suo impatto sul mercato e delle dimensioni geografiche dello stesso.

1319 La Commissione sostiene di aver fissato l’importo di partenza dell’ammenda sulla base non del fatturato mondiale della Microsoft, bensì su quello da questa realizzato nell’ambito del SEE nel mercato dei sistemi operativi per PC clienti e per server per gruppi di lavoro. Nella nota n. 217 del controricorso, essa precisa che tale punto di partenza rappresenta il 7,5% di tale fatturato. Di conseguenza, conclude che l’affermazione della Microsoft secondo cui essa avrebbe effettuato un duplice conteggio è infondata. Rispondendo all’affermazione della ricorrente secondo cui avrebbe preso in considerazione il fatturato realizzato sul mercato dei sistemi operativi per server in generale, la Commissione spiega di essersi basata sui dati che le erano stati comunicati dalla Microsoft in seguito ad una richiesta di informazioni sui sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. In proposito, essa rinvia ad una lettera speditale dalla Microsoft il 9 marzo 2004 (allegato D.16 alla controreplica).

1320 In secondo luogo, la Commissione sostiene di avere il diritto di applicare all’importo di partenza dell’ammenda un coefficiente moltiplicatore di 2. Al riguardo, essa sottolinea che tale importo corrispondeva a meno dell’1% del fatturato realizzato dalla Microsoft nel corso dell’ultimo esercizio sociale, il che non avrebbe conferito all’ammenda un carattere sufficientemente dissuasivo. La Commissione sostiene di aver fissato il coefficiente moltiplicatore tenendo conto del fatto che le imprese di grandi dimensioni dispongono in genere di risorse che consentono loro di avere una migliore conoscenza delle esigenze e delle conseguenze del diritto della concorrenza rispetto alle imprese di dimensioni inferiori.

1321 La Commissione osserva inoltre che, in base alla giurisprudenza, l’obiettivo di dissuasione che ha il diritto di perseguire nel fissare l’importo di un’ammenda è volto a garantire l’osservanza da parte delle imprese delle regole di concorrenza stabilite dal Trattato per lo svolgimento delle loro attività all’interno della Comunità o del SEE (sentenza del Tribunale 9 luglio 2003, causa T‑224/00, Archer Daniels Midland e Archer Daniels Midland Ingredients/Commissione, Racc. pag. II‑2597, punti 110 e 111). Ne conseguirebbe che il carattere dissuasivo di un’ammenda inflitta a causa di una violazione delle regole comunitarie di concorrenza non può essere determinato esclusivamente in funzione della situazione particolare dell’impresa condannata. Non solo si dovrebbe dissuadere tale impresa dal ripetere la stessa violazione o dal commettere altre violazioni delle regole di concorrenza, ma occorrerebbe anche dissuadere altre imprese «di dimensioni e risorse analoghe» dall’incorrere in infrazioni comparabili.

1322 La Commissione sottolinea, inoltre, da un lato, di non aver asserito che la Microsoft aveva ostacolato la sua indagine e, dall’altro, di non preso in considerazione alcuna circostanza aggravante a carico della Microsoft.

1323 In terzo luogo, la Commissione nega che la maggiorazione del 50% da essa applicata, in ragione della durata dell’infrazione, all’importo definito a titolo della gravità sia eccessiva. Essa afferma di aver seguito la prassi abituale, consistente nell’applicare, per le infrazioni di lunga durata, una maggiorazione del 10% per ogni anno di partecipazione all’infrazione.

1324 A suo parere, la Microsoft non può invocare le misure che ha adottato per rimediare ai problemi sollevati dalla Commissione o quelle adottate nell’ambito della transazione americana, in quanto tali misure sono prive di rilievo per il calcolo della durata dell’infrazione. Facendo rinvio ai punti 241, 242 e 270-279 della decisione impugnata, la Commissione aggiunge che con tali misure non è stata posta fine all’infrazione.

1325 Infine, la Commissione contesta l’argomento della Microsoft relativo alla durata del procedimento amministrativo osservando, in particolare, che tale durata era obiettivamente giustificata dalla complessità della causa e dalla necessità di garantire i diritti della difesa della Microsoft.

C –  Giudizio del Tribunale

1326 Nell’ambito delle presenti conclusioni, il Tribunale deve esaminare la legittimità dell’art. 3 della decisione impugnata e, eventualmente, nell’esercizio della sua piena competenza giurisdizionale, annullare o ridurre l’ammenda imposta alla Microsoft da tale articolo.

1327 La Commissione infligge un’unica ammenda alla Microsoft per i due abusi indicati all’art. 2 della decisione impugnata. In particolare, dai punti 1061-1069 di tale decisione, risulta che la Commissione, pur riconoscendo l’esistenza di due distinti abusi, ritiene nondimeno che la Microsoft abbia commesso un’infrazione unica, ossia l’applicazione di una strategia consistente nello sfruttamento della posizione dominante da essa detenuta sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti (v. punto 1063 della decisione impugnata).

1328 Dai punti 1054-1080 della decisione impugnata emerge che – sebbene la decisione impugnata non vi faccia esplicito riferimento – la Commissione ha inteso calcolare l’importo delle ammende seguendo il metodo indicato negli orientamenti.

1329 In via principale, la Microsoft sostiene che l’art. 3 della decisione impugnata dev’essere annullato in quanto, tenuto conto della mancanza di violazione dell’art. 82 CE, l’ammenda inflitta è del tutto priva di fondamento.

1330 Questo argomento dev’essere respinto. Infatti, dalla valutazione effettuata riguardo alla problematica riguardante il rifiuto di fornire le informazioni sull’interoperabilità e di autorizzarne l’uso, nonché riguardo alla problematica attinente alla vendita abbinata del sistema operativoWindows per PC clienti e di Windows Media Player, emerge che giustamente la Commissione ha constatato che la Microsoft, adottando questi due comportamenti, aveva violato l’art. 82 CE.

1331 In subordine, la Microsoft sostiene che l’ammenda è eccessiva e sproporzionata e deve pertanto essere annullata o sostanzialmente ridotta. In particolare, essa afferma che i due comportamenti indicati all’art. 2 della decisione impugnata costituiscono forme di abuso di posizione dominante assolutamente nuove e che essa non poteva prevedere che la sua condotta, consistente da un lato nell’esercitare i suoi diritti di proprietà intellettuale relativi ad una tecnologia di grande valore da essa sviluppata e, dall’altro lato, nell’apportare un miglioramento tecnologico ad un prodotto esistente, sarebbe stata interpretata dalla Commissione come costitutiva di una violazione dell’art. 82 CE.

1332 Il Tribunale ritiene infondati gli argomenti formulati in via subordinata dalla Microsoft e, in particolare, che la ricorrente non abbia dimostrato che la Commissione abbia erroneamente valutato la gravità e la durata dell’infrazione o che sia incorsa in un errore nel fissare l’importo dell’ammenda.

1333 In proposito va ricordato che, in sede di esame della prima problematica, il Tribunale ha confermato la fondatezza della valutazione della Commissione secondo cui il rifiuto contestato alla Microsoft – partendo dalla premessa che poteva trattarsi del rifiuto di accordare a terzi una licenza su diritti di proprietà intellettuale – aveva carattere abusivo perché, da un lato, esistevano circostanze eccezionali, come quelle previste dalla giurisprudenza che, nell’interesse pubblico al mantenimento di una concorrenza effettiva sul mercato, consentono di interferire con il diritto esclusivo del titolare del diritto di proprietà intellettuale e, dall’altro lato, perché non era obiettivamente giustificato.

1334 Occorre ricordare inoltre che, in sede di esame della seconda problematica, il Tribunale ha dichiarato che la Commissione aveva sufficientemente dimostrato che la circostanza che la Microsoft subordinasse la fornitura del sistema operativo Windows per PC clienti all’acquisto simultaneo di Windows Media Player integrava i requisiti necessari per dichiarare l’esistenza di una vendita abbinata abusiva ai sensi dell’art. 82 CE e che tale condotta non era obiettivamente giustificata.

1335 In primo luogo, per quanto riguarda l’argomento della Microsoft secondo il quale i due abusi indicati dall’art. 2 della decisione impugnata derivano da una «nuova interpretazione giuridica» (v. supra, punti 1299-1302), basta rilevare che il Tribunale ha già dichiarato infondato questo argomento, in sede di esame delle prime due problematiche. Da tale esame emerge che nel caso di specie la Commissione non ha applicato alcuna nuova regola giuridica.

1336 Anzitutto, quanto all’abuso constatato all’art. 2, lett. a), della decisione impugnata, è stato già esposto che, all’epoca dei fatti, la Corte aveva già affermato nella sentenza Magill, citata supra al punto 107, che, se il rifiuto del titolare di un diritto di proprietà intellettuale di concedere una licenza, pur provenendo da un’impresa in posizione dominante, non può costituire di per sé un abuso di tale posizione, l’esercizio del diritto esclusivo da parte del titolare poteva, in circostanze eccezionali, determinare un comportamento abusivo.

1337 L’affermazione della Microsoft secondo cui essa non si sarebbe potuta rendere facilmente conto del fatto che il comportamento censurato violava le regole della concorrenza è inoltre difficilmente conciliabile con la posizione che la ricorrente stessa ha sostenuto durante il procedimento amministrativo. Infatti, la Microsoft ha affermato che se la Commissione avesse dichiarato che il rifiuto in esame costituiva un abuso, ciò avrebbe potuto mettere in discussione il «prudente equilibrio tra diritto d’autore e politica della concorrenza» raggiunto dalla direttiva 91/250 (punto 743 della decisione impugnata). Occorre aggiungere che, ai sensi del ventiseiesimo ‘considerando’ di tale direttiva, le disposizioni della stessa «non ostano all’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [81 CE e 82 CE] se un fornitore in posizione dominante rifiuta di mettere a disposizione l’informazione necessaria all’interoperatività, quale definita nella presente direttiva».

1338 Di conseguenza, la Commissione era legittimata a ritenere che la Microsoft avrebbe dovuto sapere che il rifiuto in parola rischiava di pregiudicare le regole sulla concorrenza.

1339 Lo stesso dicasi per quel che riguarda l’abuso rilevato all’art. 2, lett. b), della decisione impugnata. Infatti, gli argomenti relativi alla presunta applicazione di una nuova teoria sono già stati respinti in sede di esame della seconda problematica (v. in particolare punti 859 e 863-868 della presente sentenza). Pertanto, il Tribunale considera che la Commissione a giusto titolo dichiari, al punto 1057 della decisione impugnata, che l’esame della vendita abbinata da essa effettuato nonché la conclusione cui era pervenuta circa la natura abusiva di tale comportamento si basano su una prassi ben consolidata, in particolare nelle cause Hilti e Tetra Pak II.

1340 Quanto al fatto che la vendita abbinata abusiva non fosse menzionata nella prima comunicazione degli addebiti, esso non ha rilevanza per stabilire se la Commissione abbia applicato una nuova teoria giuridica.

1341 Non si può neppure accogliere l’asserzione secondo cui la decisione impugnata costituisce la prima decisione in cui la Commissione qualifica come abusivo il miglioramento di un prodotto grazie all’integrazione di una funzionalità «perfezionata». Infatti, come già rilevato supra, ai punti 936, 937 e 1221, l’integrazione in parola non era dettata da motivi tecnici. Inoltre, per le ragioni esposte in particolare al punto 935 della presente sentenza, tale affermazione non invalida la valutazione della Commissione riguardo all’esistenza di due prodotti distinti, che costituisce uno dei criteri che permettono di individuare una vendita abbinata abusiva secondo la giurisprudenza citata al punto 859 della presente sentenza.

1342 Dalle considerazioni che precedono deriva che la Microsoft non può fondatamente sostenere che la Commissione non avrebbe dovuto infliggerle alcuna ammenda o che avrebbe dovuto infliggerle solo un’ammenda simbolica.

1343 In secondo luogo, va del pari respinto l’argomento della Microsoft sul carattere eccessivo dell’importo dell’ammenda. Il Tribunale ritiene infatti che la Commissione abbia valutato esattamente la gravità e la durata dell’infrazione.

1344 In primo luogo, per quanto riguarda la gravità dell’infrazione, occorre ricordare in via preliminare che i due abusi in parola rientrano in un’infrazione consistente nel fatto che la Microsoft ha applicato una strategia ad effetto leva, vale a dire l’uso della posizione dominante da essa detenuta sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti per estenderla su altri due mercati vicini, quello dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro e quello dei lettori multimediali in streaming.

1345 Anzitutto, per quel che riguarda l’abuso rilevato all’art. 2, lett. a), della decisione impugnata, la Commissione ha valutato la gravità di tale abuso, prendendone in considerazione la sua stessa natura (punto 1064 e 1065 della decisione impugnata), l’impatto concreto sul mercato (punti 1069 e 1970) e le dimensioni geografiche del mercato interessato (punto 1073). Essa qualifica l’infrazione nella quale tale abuso si iscrive come «molto grave» e, pertanto, punibile con un’ammenda superiore a EUR 20 milioni.

1346 Il Tribunale considera che gli elementi esaminati dalla Commissione nei punti della decisione menzionati al punto precedente giustificano che l’infrazione sia qualificata come «molto grave». La fondatezza di tale valutazione non può essere messa in discussione dagli argomenti della Microsoft.

1347 Il Tribunale tiene a sottolineare, al riguardo, che molti documenti interni della Microsoft contenuti nel fascicolo confermano che la ricorrente ha sfruttato, esercitando un effetto leva, la sua posizione dominante sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti per rafforzare la sua posizione sul mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro. Infatti, al punto 774 della decisione impugnata, la Commissione cita un brano di un messaggio di posta elettronica inviato dal sig. Bayer, alto dirigente della Microsoft, al sig. Madigan, altro alto dirigente della stessa società, nel quale il primo afferma che «[la Microsoft] detiene un vantaggio enorme sul mercato dell’informatica per imprese (…) grazie alla leva che le procura lo sfruttamento della posizione dominante di Windows sul computer da ufficio».

1348 Al punto successivo della decisione impugnata, la Commissione cita uno stralcio di un altro messaggio di posta elettronica scambiato tra i due alti dirigenti della Microsoft, da cui risulta che la conquista del mercato dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro era considerata uno strumento per attuare la stessa strategia di effetto leva verso Internet. Il passaggio è il seguente:

«[D]ominare l’infrastruttura server di Internet non sarà cosa da poco, [ma] potremo riuscirci partendo dalle reti di imprese se saremo in grado di dominarle (cosa possibile, a mio avviso)».

1349 Inoltre, come rileva giustamente la Commissione al punto 778 della decisione impugnata, da un brano di un discorso pronunciato dal sig. Gates nel ferraio 1997 emerge che i più alti dirigenti della Microsoft consideravano l’interoperabilità uno strumento nell’ambito di questa strategia di effetto leva. Il brano è il seguente:

«Quel che cerchiamo di fare è avvalerci del nostro controllo sui server per ideare nuovi protocolli ed escludere in particolare Sun e Oracle (…). Non so se ci riusciremo, ma comunque è quel che tentiamo di fare».

1350 Va rilevato che il discorso del sig. Gates è stato pronunciato nel febbraio 1997, ossia molto prima della data in cui la Microsoft ha respinto la domanda contenuta nella lettera del 15 settembre 1998. Pertanto, la Commissione ha legittimamente dichiarato che il rifiuto controverso rientrava in una strategia complessiva consistente nell’uso, da parte della Microsoft, della sua posizione dominante sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti allo scopo di rafforzare la sua posizione concorrenziale sul mercato attiguo dei sistemi operativi per server per gruppi di lavoro.

1351 Inoltre, quanto alla vendita abbinata di Windows Media Player e di Windows, menzionata all’art. 2, lett. b), della decisione impugnata, il Tribunale ritiene che la Commissione abbia del pari valutato esattamente la gravità dell’infrazione qualificandola come «molto grave».

1352 Al riguardo, va rilevato, in primo luogo, che dal messaggio di posta elettronica inviato al sig. Gates dal sig. Bay nel gennaio 1999 (v. supra, punto 911) emerge che anche il secondo abuso si iscriveva in una strategia di effetto leva.

1353 In secondo luogo, giustamente al punto 1068 della decisione impugnata, la Commissione dichiara che il suddetto abuso costituisce, per sua stessa natura, una violazione molto grave dell’art. 82 CE e dell’art. 54 dell’accordo SEE.

1354 Infatti, anzitutto le pratiche di vendite abbinate erano già state chiaramente dichiarate illecite dal giudice comunitario, in particolare nelle cause Hilti e Tetra Pak II, e il comportamento censurato soddisfa i requisiti enunciati in tale giurisprudenza. Va ricordato, in particolare, come indicato ai punti 859 e 863-868 della presente sentenza, che la Commissione non ha applicato alcuna nuova teoria giuridica nel caso di specie, in particolare quando ha esaminato se fosse soddisfatto il requisito attinente all’esclusione dei concorrenti dal mercato.

1355 Inoltre, al punto 1066 della decisione impugnata, la Commissione rileva molto correttamente che la vendita abbinata in parola conferisce a Windows Media Player una onnipresenza mondiale sui PC clienti, cosa che induce i costruttori OEM a non preinstallare sui PC clienti lettori multimediali concorrenti e pregiudica la concorrenza sul mercato dei lettori multimediali in streaming (v. supra, punti 1031-1058).

1356 Infine, come giustamente sottolineato dalla Commissione al punto 1067 della decisione impugnata, la vendita abbinata abusiva ha effetti significativi sullo stato della concorrenza nel settore della fornitura di contenuti su Internet e in quello dei software multimediali, settori importanti e destinati ad una continua evoluzione. Come indicato supra, ai punti 1060-1075, l’onnipresenza che tale vendita abbinata conferisce a Windows Media Player induce, da un lato, i fornitori di contenuti a diffondere i propri contenuti nei formati Windows Media e, dall’altro lato, gli ideatori di applicazioni a concepire i propri prodotti in modo che essi si basino su alcune funzionalità di Windows Media Player, e questo malgrado il fatto che i lettori multimediali concorrenti siano di qualità simile, o addirittura superiore, a quella di tale lettore. Inoltre, è stato già dimostrato supra, al punto 1076, che la Commissione aveva molto correttamente dichiarato, ai punti 897-899 della decisione impugnata, che la vendita abbinata abusiva si ripercuoteva anche su alcuni mercati contigui.

1357 In terzo luogo, giustamente ai punti 1069 e 1071 della decisione impugnata, la Commissione rileva che la vendita abbinata abusiva di cui trattasi ha un impatto negativo sul mercato dei lettori multimediali in streaming. Tale vendita abbinata, infatti, ha consentito tra l’altro alla Microsoft di conquistare il primo posto su tale mercato con il suo lettore Windows Media Player.

1358 In quarto luogo, è pacifico che il mercato dei lettori multimediali in streaming comprende tutto il SEE (punto 1073 della decisione impugnata).

1359 Dalle considerazioni esposte supra, ai punti 1344-1358, deriva che la Commissione era legittimata ad assumere come punto di partenza, per fissare l’ammenda relativa all’infrazione, un importo minimo di EUR 20 milioni.

1360 Nel caso di specie, dopo aver tenuto conto della natura dell’infrazione, dei suoi effetti sui mercati del prodotto considerato e delle loro dimensioni geografiche, la Commissione ha stabilito un punto di partenza unico, fissandolo a EUR 165 732 101 per i due abusi (punto 1075 della decisione impugnata). Deve rilevarsi che nella decisione impugnata la Commissione non spiega a cosa corrisponda tale importo né come si ripartisca tra i due abusi. Tuttavia, alla luce di una lettura congiunta della nota n. 217 del controricorso e del contenuto della lettera della Microsoft del 9 marzo 2004 (v. supra, punto 1319), risulta che tale importo rappresenta il 7,5% del fatturato cumulativo realizzato dalla Microsoft nell’ambito del SEE sui mercati dei sistemi operativi per PC clienti e per server per gruppi di lavoro durante l’esercizio sociale chiuso il 30 giugno 2003. Contrariamente a quanto affermato dalla Microsoft, non si può quindi considerare che tale importo sia stato fissato arbitrariamente.

1361 Quanto all’argomento della Microsoft, secondo cui la fissazione dell’importo di partenza dell’ammenda in EUR 165 732 101 sarebbe immotivata, basti rilevare che, secondo una costante giurisprudenza, alla Commissione non incombe, in virtù dell’obbligo di motivazione, indicare nella propria decisione i dati relativi al metodo di calcolo delle ammende (sentenze della Corte 16 novembre 2000, causa C‑291/98 P, Sarrió/Commissione, Racc. pag. I‑9991, punti 76 e 80, e Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, cit. al punto 95 supra, punto 464).

1362 Neppure può essere accolta l’affermazione della Microsoft secondo cui la Commissione avrebbe tenuto conto del fatturato realizzato sul mercato dei sistemi operativi per server in generale, ossia un mercato più vasto rispetto al secondo mercato individuato nella decisione impugnata. In effetti, la Commissione si è basata sulle cifre che le erano state comunicate dalla Microsoft nella lettera del 9 marzo 2004 (v. supra, punto 1319) in risposta a una richiesta di informazioni del 2 marzo 2004 (allegato D.16 alla controreplica) riguardante espressamente i sistemi operativi Windows per server per gruppi di lavoro, che la Microsoft all’epoca ancora supportava.

1363 Inoltre, il Tribunale ritiene che giustamente la Commissione abbia applicato un coefficiente moltiplicatore di 2 al suddetto importo di partenza per garantire un sufficiente effetto dissuasivo dell’ammenda e in considerazione del notevole potere economico della Microsoft. Da un lato, poiché è assai verosimile che la posizione dominante da questa detenuta sul mercato dei sistemi operativi per PC clienti si mantenga tale, quanto meno nel corso dei prossimi anni, non si può escludere che la società abbia altre occasioni per ricorrere alla strategia di effetto leva su altri mercati vicini. Dall’altro lato, occorre rilevare che la Microsoft aveva già subito dei processi negli Stati Uniti a causa di una prassi analoga alla vendita abbinata in parola, ossia per la vendita abbinata del suo navigatore Internet Explorer e del suo sistema operativo Windows per PC clienti, ed esiste il rischio che essa in futuro commetta lo stesso tipo di infrazione con altri software di applicazione.

1364 In secondo luogo, per quanto riguarda la durata dell’infrazione, va respinto l’argomento della Microsoft secondo il quale la maggiorazione del 50% dell’importo di base dell’ammenda è eccessiva. Come il Tribunale ha già constatato in sede di esame del secondo capo della problematica attinente al rifiuto di fornire le informazioni sull’interoperabilità, giustamente la Commissione ha considerato che la lettera del 6 ottobre 1998 conteneva un rifiuto di comunicare alla Sun le informazioni da essa richieste. Di conseguenza, la Commissione era legittimata a constatare che, a partire da tale data, la Microsoft si era resa colpevole di una violazione dell’art. 82 CE. È dimostrato che tale violazione è proseguita sino all’adozione della decisione impugnata e che, a partire dal maggio 1999, a tale violazione si è aggiunto un secondo comportamento abusivo.

1365 In terzo luogo, il Tribunale ritiene che giustamente la Commissione abbia considerato che nel caso di specie non vi era motivo di tener conto di circostanze aggravanti o attenuanti.

1366 Dall’insieme delle considerazioni che precedono deriva che l’argomento della Microsoft, secondo il quale l’ammenda è eccessiva e sproporzionata, dev’essere respinto.

1367 Pertanto, il ricorso dev’essere dichiarato infondato nella parte in cui è diretto all’annullamento dell’ammenda o alla riduzione del suo importo.

 Sulle spese

1368 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi dell’art. 87, n. 3, se le parti soccombono rispettivamente su uno o più capi, ovvero per motivi eccezionali, il Tribunale può ripartire le spese o decidere che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

1369 Nel caso di specie, la Microsoft è risultata soccombente in tutte le sue conclusioni dirette all’annullamento della decisione impugnata e in quelle dirette all’annullamento dell’ammenda o alla riduzione del suo importo. La Commissione invece è risultata soccombente nelle sue conclusioni dirette al rigetto del ricorso nella sua interezza.

1370 Per quanto riguarda la causa principale, le spese vanno quindi ripartite. La Microsoft sosterrà l’80% delle proprie spese e l’80% delle spese della Commissione, ad eccezione delle spese di quest’ultima connesse agli interventi della CompTIA, dell’ACT, della TeamSystem, della Mamut, della DMDsecure e a. e della Exor. La Commissione sosterrà il 20% delle proprie spese e il 20% delle spese della Microsoft, ad eccezione delle spese di quest’ultima connesse agli interventi della SIIA, della FSFE, della Audiobanner.com e dell’ECIS.

1371 Per quanto riguarda il procedimento sommario, la Microsoft sosterrà le proprie spese e quelle sostenute dalla Commissione, ad eccezione delle spese di quest’ultima connesse agli interventi della CompTIA, dell’ACT, della TeamSystem, della Mamut, della DMDsecure e a. e della Exor.

1372 La CompTIA, l’ACT, la TeamSystem, la Mamut, la DMDsecure e a. e la Exor sosterranno ciascuna le proprie spese, comprese quelle relative al procedimento sommario. Poiché la Commissione non ha chiesto la condanna delle parti intervenienti alle spese connesse al loro intervento, esse sosterranno unicamente le proprie spese.

1373 Le spese della SIIA, della FSFE, della Audiobanner.com e dell’ECIS, comprese quelle relative al procedimento sommario, sono a carico della Microsoft.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Grande Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      L’art. 7 della decisione della Commissione 24 marzo 2004, 2007/53/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 82 [CE] e dell’articolo 54 dell’accordo SEE contro Microsoft Corporation (causa COMP/C‑3/37.792 – Microsoft), è annullato nei limiti in cui:

–        ordina alla Microsoft di presentare una proposta concernente la creazione di un meccanismo che deve includere la designazione di un mandatario indipendente dotato dei poteri di accedere, indipendentemente dalla Commissione, all’assistenza, alle informazioni, ai documenti, ai locali e ai dipendenti della Microsoft nonché al «codice sorgente» dei prodotti rilevanti della Microsoft;

–        esige che la proposta concernente la creazione di tale meccanismo preveda che il complesso dei costi connessi alla designazione del mandatario, compreso il suo compenso, siano a carico della Microsoft;

–        riserva alla Commissione il diritto di imporre mediante decisione un meccanismo analogo a quello indicato al primo e al secondo trattino del presente punto.

2)      Per il resto, il ricorso è respinto.

3)      La Microsoft sopporterà l’80% delle sue spese e l’80% delle spese della Commissione, ad eccezione delle spese di quest’ultima connesse agli interventi della The Computing Technology Industry Association, Inc., della Association for Competitive Technology, Inc., della TeamSystem SpA, della Mamut ASA, della DMDsecure.com BV, della MPS Broadband AB, della Pace Micro Technology plc, della Quantel Ltd, della Tandberg Television Ltd e della Exor AB.

4)      La Microsoft sopporterà le proprie spese e le spese della Commissione concernenti il procedimento sommario nella causa T‑201/04 R, ad eccezione delle spese della Commissione connesse agli interventi della The Computing Technology Industry Association, della Association for Competitive Technology, della TeamSystem, della Mamut, della DMDsecure.com, della MPS Broadband, della Pace Micro Technology, della Quantel, della Tandberg Television e della Exor.

5)      La Microsoft sopporterà le spese della Software & Information Industry Association, della Free Software Foundation Europe, della Audiobanner.com e dello European Committee for Interoperable Systems (ECIS), comprese quelle relative al procedimento sommario.

6)      La Commissione sopporterà il 20% delle proprie spese e il 20% delle spese della Microsoft, ad eccezione delle spese di quest’ultima connesse all’intervento della Software & Information Industry Association, della Free Software Foundation Europe, della Audiobanner.com e dell’ECIS.

7)      La The Computing Technology Industry Association, la Association for Competitive Technology, la TeamSystem, la Mamut, la DMDsecure.com, la MPS Broadband, la Pace Micro Technology, la Quantel, la Tandberg Television e la Exor sopporteranno ciascuna le proprie spese, comprese quelle ralative al procedimento sommario.

Vesterdorf

Jaeger

Pirrung

García-Valdecasas

Tiili

Azizi

Cooke

Meij

Forwood

Martins Ribeiro

 

      Wiszniewska-Białecka

Vadapalas

 

      Labucka

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 17 settembre 2007.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon

 

      B. Vesterdorf

Indice


Fatti

La decisione impugnata

I –  I mercati del prodotto e il mercato geografico in esame

II –  Posizione dominante

III –  Abuso di posizione dominante

A –  Rifiuto di fornire le informazioni relative all’interoperabilità e di autorizzarne l’uso

B –  Vendita collegata del sistema operativo Windows per PC clienti e di Windows Media Player

IV –  Ammenda e misure correttive

Procedimento per violazione del diritto antitrust americano

Procedimento

Conclusioni delle parti

In diritto

I –  Le conclusioni volte all’annullamento della decisione impugnata

A –  Questioni preliminari

1.  La portata del sindacato del giudice comunitario

2.  La ricevibilità del contenuto di taluni allegati

B –  Il problema del rifiuto di fornire le informazioni relative all’interoperabilità e di autorizzarne l’uso

1.  Sul primo capo, relativo al fatto che i criteri che permettono di costringere un’impresa in posizione dominante ad accordare una licenza, come precisati dal giudice comunitario, non sono soddisfatti nel caso di specie

a)  Introduzione

b)  Sui diversi gradi di interoperabilità e la portata della misura correttiva prevista dall’art. 5 della decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

–  Osservazioni di fatto e tecniche

–  La natura delle informazioni previste dalla decisione impugnata

–  Sul grado di interoperabilità preteso dalla Commissione nella decisione impugnata

–  Sulla portata dell’art. 5, lett. a), della decisione impugnata

c)  Sull’affermazione secondo cui i protocolli di comunicazione della Microsoft sono protetti da diritti di proprietà intellettuale

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

d)  Sull’argomento specificamente dedotto a sostegno del primo capo del motivo

i) Le circostanze alla luce delle quali occorre analizzare il comportamento contestato

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

ii)   Sul carattere indispensabile delle informazioni sull’interoperabilità

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

–  Il presunto errore di diritto

–  Sul presunto errore di fatto

iii) Sull’eliminazione della concorrenza

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

–  La definizione del mercato di prodotti rilevante

–  Sul metodo applicato per calcolare le quote di mercato

–  Sul criterio applicabile

–  Sulla valutazione dei dati del mercato e della situazione concorrenziale

iv) Sul nuovo prodotto

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

v) Sulla mancanza di giustificazione oggettiva

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

2.  Sul secondo capo, relativo al fatto che la Sun non ha chiesto alla Microsoft di poter fruire della tecnologia che la Commissione le ordina di divulgare

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

Sulla portata della richiesta della Sun

Sulla portata della lettera del 6 ottobre 1998

Sulla portata geografica della domanda contenuta nella lettera del 15 settembre 1998

3.  Sul terzo capo, relativo al fatto che la Commissione non tiene debitamente conto degli obblighi imposti alle Comunità dall’accordo ADPIC

a)  Argomenti delle parti

b)  Giudizio del Tribunale

C –  Sulla vendita abbinata del sistema operativo Windows per PC clienti e di Windows Media Player

1.  Rilievi di fatto e tecnici

2.  Sul primo motivo, attinente alla violazione dell’art. 82 CE

a)  Sui requisiti necessari per constatare una vendita abbinata abusiva

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

b)  Sull’esistenza di due prodotti distinti

La decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

c)  Sul fatto che i consumatori non possono scegliere il prodotto dominante senza il prodotto collegato

La decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

d)  Sulla restrizione della concorrenza

La decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

e)  Sulla mancanza di giustificazione obiettiva

La decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

f)  Sull’inosservanza degli obblighi imposti alle Comunità dall’accordo ADPIC

La decisione impugnata

Argomenti delle parti

Giudizio del Tribunale

3.  Sul secondo motivo, attinente alla violazione del principio di proporzionalità

a)  La decisione impugnata

b)  Argomenti delle parti

c)  Giudizio del Tribunale

D –  Sul problema del mandatario indipendente

1.  La decisione impugnata

2.  Argomenti delle parti

3.  Giudizio del Tribunale

II –  Sulle conclusioni dirette all’annullamento dell’ammenda o alla riduzione del suo importo

A –  La decisione impugnata

B –  Argomenti delle parti

C –  Giudizio del Tribunale

Sulle spese



* Lingua processuale: l’inglese.