Language of document : ECLI:EU:C:2011:369

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

9 giugno 2011 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Direttiva “habitat” – Insufficienza dei provvedimenti adottati per tutelare la specie Cricetus cricetus (criceto comune) – Deterioramento degli habitat»

Nella causa C‑383/09,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 25 settembre 2009,

Commissione europea, rappresentata dalle sig.re O. Beynet e D. Recchia, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Repubblica francese, rappresentata dai sigg. G. de Bergues e S. Menez, in qualità di agenti,

convenuta,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. J.‑C. Bonichot, presidente di sezione, dai sigg. K. Schiemann, L. Bay Larsen (relatore), dalla sig.ra A. Prechal e dal sig. E. Jarašiūnas, giudici

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 ottobre 2010,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 gennaio 2011,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso la Commissione europea chiede alla Corte di constatare che, non avendo istituito un programma di provvedimenti atto a consentire una rigorosa tutela della specie Cricetus cricetus (criceto comune), la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che le derivano dall’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7), come modificata dalla direttiva del Consiglio 20 novembre 2006, 2006/105/CE (GU L 363, pag. 368; in prosieguo: la «direttiva “habitat”»).

 Contesto normativo

2        La direttiva «habitat», come precisato dal suo terzo ‘considerando’, ha lo scopo principale di promuovere il mantenimento della biodiversità.

3        L’art. 1, lett. a)‑i), della citata direttiva così dispone:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)      Conservazione: un complesso di misure necessarie per mantenere o ripristinare gli habitat naturali e le popolazioni di specie di fauna e flora selvatiche in uno stato soddisfacente ai sensi delle lettere e) e i);

(...)

g)      Specie di interesse comunitario: le specie che nel territorio di cui all’articolo 2:

i)       sono in pericolo, tranne quelle la cui area di ripartizione naturale si estende in modo marginale su tale territorio e che non sono in pericolo né vulnerabili nell’area del paleartico occidentale, oppure

ii)       sono vulnerabili, vale a dire che il loro passaggio nella categoria delle specie in pericolo è ritenuto probabile in un prossimo futuro, qualora persistano i fattori alla base di tale rischio, oppure

iii)  sono rare, vale a dire che le popolazioni sono di piccole dimensioni e che, pur non essendo attualmente in pericolo né vulnerabili, rischiano di diventarlo. Tali specie sono localizzate in aree geografiche ristrette o sparpagliate su una superficie più ampia, oppure

iv)       sono endemiche e richiedono particolare attenzione, data la specificità del loro habitat e/o le incidenze potenziali del loro sfruttamento sul loro stato di conservazione.

Queste specie figurano o potrebbero figurare nell’allegato II e/o IV o V;

(...)

i)      Stato di conservazione di una specie: l’effetto della somma dei fattori che, influendo sulle specie in causa, possono alterare a lungo termine la ripartizione e l’importanza delle sue popolazioni nel territorio di cui all’articolo 2;

Lo “stato di conservazione” è considerato “soddisfacente” quando

–        i dati relativi all’andamento delle popolazioni della specie in causa indicano che tale specie continua e può continuare a lungo termine ad essere un elemento vitale degli habitat naturali cui appartiene,

–        l’area di ripartizione naturale di tale specie non è in declino né rischia di declinare in un futuro prevedibile e

–        esiste e continuerà probabilmente ad esistere un habitat sufficiente affinché le sue popolazioni si mantengano a lungo termine».

4        L’art. 2, n. 2, della direttiva «habitat» precisa che le misure adottate a norma della stessa sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario.

5        Il criceto comune fa parte delle specie inserite nell’allegato IV, lett. a), della direttiva «habitat». Detto allegato riguarda segnatamente le specie animali «di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa».

6        L’art. 12, n. 1, della direttiva «habitat» così recita:

«Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV, lettera a), nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di:

a)      qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell’ambiente naturale;

b)       perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione;

c)      distruggere o raccogliere deliberatamente le uova nell’ambiente naturale;

d)      deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo».

 Fatti e procedimento precontenzioso

7        La Commissione è stata messa in guardia sullo stato di conservazione del criceto comune in Alsazia da una denuncia, della quale essa ha informato le autorità francesi in occasione di una riunione tenutasi il 15 gennaio 2007.

8        Queste ultime hanno inviato le loro osservazioni in proposito con note 15 febbraio e 14 settembre 2007, nelle quali esse informavano la Commissione in merito alle misure adottate nell’ambito del piano d’azione per la conservazione della specie di cui trattasi per gli anni 2007‑2011.

9        Con lettera di diffida datata 23 ottobre 2007 la Commissione, per un verso, ha indicato che dal bilancio dei censimenti del criceto comune emergeva una minaccia di completa sparizione della specie stessa a brevissimo termine e, per altro verso, ha chiesto alla Repubblica francese di presentare le proprie osservazioni in proposito.

10      Con lettere 24 dicembre 2007 e 11 marzo 2008 le autorità francesi hanno esposto i provvedimenti di tutela già adottati nonché quelli previsti ai fini della salvaguardia di tale specie.

11      Con lettera 5 giugno 2008 la Commissione ha inviato alla Repubblica francese un parere motivato in cui sosteneva che, non avendo istituito un programma di provvedimenti atto a consentire una rigorosa tutela del criceto comune, detto Stato membro era venuto meno agli obblighi incombentigli ai sensi dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva «habitat». La Commissione ha pertanto invitato la Repubblica francese ad adottare i provvedimenti necessari a conformarsi al citato parere motivato entro un termine di due mesi decorrenti della notifica dello stesso.

12      La Repubblica francese ha risposto al parere motivato rammentando i vincoli geografici che limitano le possibilità di tutela del criceto comune, ma ha affermato nel contempo che nel 2008 era stata osservata, su una parte del territorio alsaziano, un’interruzione del declino del numero di esemplari di tale specie. Inoltre tale Stato membro ha informato la Commissione dello stato di avanzamento dei provvedimenti attuati nell’ambito del piano d’azione per gli anni 2007‑2011 per la conservazione di tale specie.

13      Ritenendo che le modalità di conservazione di detta specie attuate dalla Repubblica francese permanessero insoddisfacenti, la Commissione ha proposto il presente ricorso.

 Sul ricorso

 Argomenti delle parti

14      La Commissione afferma che la specie del criceto comune è minacciata di estinzione in Alsazia. Infatti, dal bilancio dei censimenti risulterebbe una diminuzione rilevante della specie negli anni che vanno dal 2001 al 2007. Le cause di tale deterioramento sarebbero ascrivibili all’urbanizzazione e all’evoluzione delle pratiche agricole

15      Orbene, i provvedimenti adottati dalla Repubblica francese sarebbero insufficienti e non avrebbero impedito il deterioramento dei siti di riproduzione e delle aree di riposo della specie stessa. Una delle ragioni essenziali di tale insufficienza, che riguarderebbe sia i provvedimenti urbanistici sia i provvedimenti agricoli, sarebbe il carattere eccessivamente limitato del territorio che ne è oggetto, in particolare delle zone d’azione prioritaria (in prosieguo: le «ZAP») e dell’«area di rioccupazione». Inoltre, anche i provvedimenti stessi sarebbero insufficienti. Invero, l’obiettivo dell’ottenimento del 22% di colture favorevoli al criceto comune nelle ZAP sarebbe stato ottenuto solo in una delle tre ZAP esistenti. Peraltro, il programma d’azione vertente sulla limitazione dell’inquinamento da nitrati per gli anni 2008‑2010 sarebbe insufficiente. Infine, le possibilità di urbanizzazione nell’«area di rioccupazione» non sarebbero sufficientemente delimitate.

16      La Repubblica francese replica che i provvedimenti da essa adottati rappresentano un insieme coerente, proporzionato e adeguato all’obiettivo di rigorosa tutela del criceto comune, in conformità ai requisiti della direttiva «habitat». In particolare, il piano d’azione per gli anni 2007‑2011 avrebbe consentito di procedere ad una precisa definizione dell’ambiente peculiare di tale specie e di individuare tre territori d’azione distinti, vale a dire le tre ZAP, in cui sarebbero stati abbandonati tutti i cambiamenti di utilizzo dei terreni, tranne quelli collegati all’agricoltura, l’«area di rioccupazione», nella quale, per qualsiasi progetto di portata uguale o superiore ad un ettaro si esigerebbe la prova della sua innocuità sulla specie mediante uno studio specifico, e l’area storica, in cui tutti i comuni sono tenuti a prevedere, in sede di rinnovo del loro piano urbanistico, uno studio specifico dedicato al criceto comune.

17      La Repubblica francese precisa che, a seguito dell’attuazione del citato piano d’azione, l’evoluzione dell’indice di crescita degli esemplari della specie in questione nelle «zone cruciali» è tale da rivelare la fine del declino di tali esemplari, se non addirittura un leggero aumento degli stessi. Sarebbe tuttavia necessario disporre di un lasso di molti anni per poter valutare con un sufficiente grado di certezza l’impatto dei provvedimenti adottati dalle autorità francesi sullo stato di conservazione delle popolazioni della specie in esame. In ogni caso, la Commissione non avrebbe dimostrato che l’habitat di tale specie abbia continuato a deteriorarsi nelle ZAP dopo il 2007 e neppure avrebbe dimostrato che l’inquinamento da nitrati sia pregiudizievole alla specie stessa. Infine, la Repubblica francese afferma che nell’«area di rioccupazione» l’obbligo di sottoporre qualsiasi progetto ad una verifica d’incidenza su esemplari, siti di riproduzione o aree di riposo del criceto comune è integrato dalla necessità di effettuare uno studio specifico da realizzarsi per qualsiasi progetto riguardante una superficie superiore a un ettaro, al fine di verificare gli eventuali danni che un simile progetto potrebbe arrecare alla specie in esame.

 Giudizio della Corte

18      Va rammentato che l’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva «habitat» impone agli Stati membri di adottare i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all’allegato IV, lett. a), della direttiva stessa, nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo.

19      La trasposizione della disposizione citata impone agli Stati membri non solo l’adozione di un contesto normativo completo, bensì anche l’attuazione di misure di tutela concrete e specifiche (sentenza 11 gennaio 2007, causa C‑183/05, Commissione/Irlanda, Racc. pag. I‑137, punto 29).

20      Parimenti, il sistema di tutela rigorosa presuppone l’adozione di misure coerenti e coordinate di carattere preventivo (sentenza 16 marzo 2006, causa C‑518/04, Commissione/Grecia, punto 16, e Commissione/Irlanda, cit., punto 30).

21      Un siffatto sistema di tutela rigorosa deve pertanto consentire di evitare effettivamente il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo delle specie animali di cui all’allegato IV, lett. a), della direttiva «habitat» (v., in tal senso, sentenza 30 gennaio 2002, causa C‑103/00, Commissione/Grecia, Racc. pag. I‑1147, punto 39).

22      Si deve infine ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’esistenza di un inadempimento dev’essere valutata in relazione alla situazione dello Stato membro quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato e che i mutamenti intervenuti in seguito non possono essere presi in considerazione dalla Corte (v., in particolare, sentenze 30 gennaio 2002, Commissione/Grecia, cit., punto 23, e 19 maggio 2009, causa C‑531/06, Commissione/Italia, Racc. pag. I‑4103, punto 98).

23      È pacifico che il termine di due mesi, stabilito dalla Commissione nel parere motivato per consentire alla Repubblica francese di conformarvisi, è scaduto il 5 agosto 2008.

24      In proposito, dai documenti del fascicolo emerge che tra il 2001 e il 2007 il numero di tane di criceto comune nelle «zone cruciali» che sono state assunte come riferimento per l’osservazione della popolazione di tale specie è passato da più di 1 160 a meno di 180. Inoltre, secondo il bilancio dei censimenti per l’anno 2009, eseguito dall’Office national de la chasse et de la faune sauvage (ufficio nazionale per la caccia e la fauna selvatica) e il cui contenuto non è stato messo in discussione dalla Repubblica francese, nessuna popolazione di tale specie raggiunge in Alsazia la soglia minima di popolazione vitale per la stessa, stimata come pari a 1 500 individui ripartiti su un’area unitaria di terreni favorevoli di 600 ettari.

25      Con lettera 28 agosto 2009, indirizzata dal segretario di Stato per l’ecologia al prefetto della Regione Alsazia (in prosieguo: la «lettera 28 agosto 2009»), si precisa che «[n]onostante l’applicazione dei provvedimenti indicati nel progetto di ripristino in favore del [criceto comune] (2007‑2011) e nonostante gli impegni di ognuna delle parti coinvolte nella salvaguardia della specie, i risultati biologici ottenuti ad oggi sono insufficienti ai fini della salvaguardia di tale specie in Francia» e che, pertanto, «è tassativo che le disposizioni in favore del criceto comune siano nettamente e rapidamente migliorate al fine di ottenere a breve termine risultati biologici che attestino il ripristino della specie».

26      La Repubblica francese ammette che lo sviluppo della coltivazione del mais, effettuato a danno della diversità delle colture, è stato deleterio per il criceto comune, che è dipendente dalle praterie artificiali, segnatamente da quelle piantate a erba medica, ed ha rappresentato uno dei fattori importanti all’origine del declino della popolazione di tale specie. È pacifico che neppure nel corso di questi ultimi anni un siffatto sviluppo è stato del tutto arrestato in Alsazia, unica regione in Francia in cui tale specie è presente.

27      Tra i provvedimenti intesi a rimediare a tale situazione vi è, segnatamente, la creazione di tre ZAP, zone nelle quali sono stati abbandonati tutti i cambiamenti d’utilizzo dei terreni, fatti salvi quelli collegati all’agricoltura, e per le quali è stato sancito un obiettivo del 22% di colture favorevoli al criceto comune, vale a dire il 2% di erba medica e il 20% di cereali a paglia, allo scopo di ottenere, al termine, una popolazione vitale pari a circa 1 200‑1 500 esemplari per area.

28      Si deve rilevare in proposito che, secondo i dati scientifici impiegati per definire l’obiettivo del 22% di colture favorevoli nelle ZAP, versati agli atti dalla Repubblica francese, «[i]n occasione di uno studio svolto nel 1997 dall’[Ufficio nazionale per la caccia e la fauna selvatica], su 12 appezzamenti campione di 25 ettari situati su terreno lossico, (...) è stato osservato che i tre appezzamenti sui quali si coltivava più del 2‑4% di erba medica nonché il 20‑30% di cereali a paglia presentavano le popolazioni di criceto comune più rilevanti. Un aumento del numero di tane era stato ivi notato tra la primavera e l’estate, lasciando supporre un ambiente favorevole al mantenimento e alla riproduzione della specie. Ciò non avveniva nei restanti nove appezzamenti, nei quali l’erba medica era marginale o inesistente e i cereali a paglia nettamente minoritari».

29      Orbene, se è vero che la Commissione non contesta l’idoneità delle cosiddette misure agroambientali, adottate allo scopo di ottenere l’obiettivo del 22% di colture favorevoli alla specie in questione, in particolare il sostegno finanziario fornito agli agricoltori al fine di privilegiare la coltivazione dell’erba medica e dei cereali invernali, ad orientare le pratiche agricole in senso favorevole a tale specie, nondimeno emerge dal fascicolo che, alla data del 5 agosto 2008, tale obiettivo del 22% di colture favorevoli alla specie stessa era stato raggiunto solo in una delle tre ZAP, le quali rappresentano, peraltro, solamente il 2% di tutti terreni favorevoli al criceto comune.

30      Si deve peraltro rilevare in proposito che le autorità francesi erano coscienti dell’insufficienza di tali provvedimenti, dal momento che, per un verso, nella lettera 28 agosto 2009 il segretario di Stato per l’ecologia ha chiesto al prefetto della Regione Alsazia di elaborare, per il successivo mese di settembre, una proposta di modifica dei confini delle ZAP, in particolare allo scopo di ricomprendere i settori situati a prossimità delle stesse che ospitano criceti.

31      Per altro verso, per quanto riguarda l’«area di rioccupazione», le autorità francesi hanno affermato, in talune lettere indirizzate alla Commissione a seguito della notifica del parere motivato, che la dinamica di adeguamento delle pratiche agricole, che ha contribuito alla stabilizzazione in senso positivo degli esemplari di criceto comune nei comuni in cui è significativa la sua presenza storica, sarebbe stata estesa ed ampliata, e ciò segnatamente mediante l’attuazione di provvedimenti agroambientali a livello territoriale volti ad ottenere, nel corso del 2011, il 22% di colture favorevoli a tale specie nella totalità degli spazi in cui essa è presente.

32      La Repubblica francese ammette inoltre che lo sviluppo dell’urbanizzazione e delle infrastrutture ad essa inerenti, comportando la sparizione e la frammentazione dei terreni agricoli, ha rappresentato un ulteriore fattore determinante all’origine del declino della popolazione del criceto comune.

33      Quanto ai provvedimenti adottati da tale Stato membro nel settore urbanistico allo scopo di porre fine al deterioramento o alla distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo della specie in esame, deve rilevarsi, in primo luogo, che il divieto di qualsiasi nuova urbanizzazione nelle ZAP, anche a voler supporre che esso presenti carattere realmente vincolante, riguarda, come affermato al punto 29 di questa sentenza, solo il 2% di tutti terreni favorevoli al criceto comune.

34      Va osservato in secondo luogo che, se nell’«area di rioccupazione», che copre, ad avviso della Repubblica francese, il 49% di detti terreni favorevoli a tale specie, ogni progetto urbanistico pari o superiore ad un ettaro deve dar prova della propria innocuità rispetto a tale specie mediante uno studio specifico e, in mancanza di tale prova, esso può essere realizzato solo a condizione di aver ottenuto una deroga ministeriale, i documenti del fascicolo non hanno consentito di contraddire le affermazioni della Commissione secondo cui, per un verso, le condizioni di concessione di una deroga non sono stabilite con precisione e, per altro verso, non è richiesta alcuna misura compensatoria qualora venga concessa una deroga siffatta.

35      In terzo luogo, è pacifico che alla data del 5 agosto 2008 i progetti di urbanizzazione di una superficie inferiore ad un ettaro non erano sottoposti ad alcuna formalità che consentisse di verificare la loro assenza di impatto sulla conservazione della specie di cui trattasi. Risulta del resto dalla lettera 28 agosto 2009 che il segretario di Stato per l’ecologia ha chiesto al prefetto della Regione Alsazia di attuare un sistema di disposizioni che consentisse un monitoraggio completo di tali progetti e la loro analisi allo scopo di confermare che non presentassero un impatto di tal genere. Egli ha altresì indicato la necessità di ricordare che la presenza dei criceti in parola nell’area di incidenza di tali progetti «giustifica l’abbandono o una domanda di deroga», e ciò a prescindere dalla superficie del progetto.

36      Peraltro, nella lettera citata si precisava che stava per essere ultimato e che avrebbe dovuto essere pubblicato nel corso del mese di settembre del 2009 un decreto integrativo relativo alle condizioni di proposizione di una domanda di deroga alla rigorosa tutela del criceto comune, decreto che riprendeva i termini dell’accordo quadro sulla gestione dell’ambiente peculiare della specie.

37      Da quanto sopra emerge che i provvedimenti attuati alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato non erano sufficienti ad evitare concretamente il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo del criceto comune.

38      Ciò posto, per quanto riguarda l’asserita insufficienza del programma d’azione per gli anni 2008‑2010, vertente sulla limitazione dell’inquinamento da nitrati, la Commissione non ha in ogni caso dimostrato adeguatamente l’esistenza di un nesso tra l’impiego dei nitrati in agricoltura e il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo della specie in parola.

39      Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso della Commissione dev’essere accolto, fatto salvo quanto affermato al punto precedente di questa sentenza.

40      Pertanto deve rilevarsi che, non avendo istituito un programma di provvedimenti atto a consentire una rigorosa tutela della specie del criceto comune, la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva «habitat».

 Sulle spese

41      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica francese, rimasta sostanzialmente soccombente, dev’essere condannata alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Non avendo istituito un programma di provvedimenti atto a consentire una rigorosa tutela della specie del criceto comune (Cricetus cricetus), la Repubblica francese è venuta meno agli obblighi che le incombono ai sensi dell’art. 12, n. 1, lett. d), della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, come modificata dalla direttiva del Consiglio 20 novembre 2006, 2006/105/CE.

2)      La Repubblica francese è condannata alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il francese.