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Impugnazione proposta il 15 febbraio 2018 dalla HTTS Hanseatic Trade Trust & Shipping GmbH avverso la sentenza del Tribunale (Terza Sezione) del 13 dicembre 2017, causa T-629/15, HTTS Hanseatic Trade Trust & Shipping GmbH/Consiglio dell’Unione europea

(Causa C-123/18 P)

Lingua processuale: il tedesco

Parti

Ricorrente: HTTS Hanseatic Trade Trust & Shipping GmbH (rappresentante: M. Schlingmann, avvocato)

Altre parti nel procedimento: Consiglio dell’Unione europea, Commissione europea

Conclusioni della ricorrente

La ricorrente chiede che la Corte voglia:

annullare integralmente la sentenza del Tribunale (Terza Sezione) del 13 dicembre 2017 nella causa T-629/15 HTTS Trade Trust & Shipping GmbH/Consiglio dell’Unione europea, sostenuto dalla Commissione europea,

e condannare il Consiglio

a rifondere alla ricorrente la somma di EUR 2.516.221,50 a titolo di risarcimento dei danni materiali e immateriali subiti per effetto dell’inserimento del nominativo della ricorrente nell’elenco delle persone, entità ed organismi di cui all’allegato V del regolamento n. 423/2007 1 nonché di cui all’allegato VIII del regolamento n. 961/2010 2 ;

al pagamento alla ricorrente di interessi moratori al tasso d’interesse applicato dalla Banca centrale europea alle principali operazioni di rifinanziamento maggiorato di due punti, a decorrere dal 17 ottobre 2015 fino al pagamento integrale della somma menzionata al punto 2;

alle spese del procedimento, in particolare alle spese sostenute dalla ricorrente.

Motivi e principali argomenti

A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce la violazione del diritto dell’Unione da parte del Tribunale.

La ricorrente fa valere, più specificamente, le seguenti violazioni del diritto dell’Unione:

Il Tribunale, prendendo in considerazione circostanze e informazioni a favore del Consiglio, forniti dal Consiglio soltanto dopo l’adozione dei provvedimenti illegittimi, in parte per la prima volta nel procedimento di impugnazione, avrebbe scelto un momento erroneo per la valutazione.

Il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto pervenendo alla conclusione secondo cui vi sarebbero indizi che lascerebbero apparire quantomeno probabile lo status di «società posseduta o controllata da altra entità [qui: l’IRISL]» della ricorrente. In particolare, il Tribunale avrebbe utilizzato un criterio di valutazione erroneo, avrebbe erroneamente preso in considerazione informazioni del Consiglio che quest’ultimo non avrebbe affatto avuto al momento della valutazione, non avrebbe determinato il grado del (presunto) controllo o l’intensità del controllo e avrebbe valutato gli indizi in modo erroneo.

Il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel ritenere che il regolamento n. 668/2010 3 , nella parte in cui riguardava la ricorrente, fosse legittimo.

Il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel ritenere che il difetto di motivazione delle misure adottate nei confronti della ricorrente non potesse far sorgere, in linea di principio, alcuna responsabilità dell’Unione europea e avrebbe commesso un errore di diritto omettendo di accertare l’esistenza di una violazione del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

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1     Regolamento (CE) n. 423/2007 del Consiglio, del 19 aprile 2007, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran, GU L 103, pag. 1.

2     Regolamento (CE) n. 961/2010 del Consiglio, del 25 ottobre 2010, concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran e che abroga il regolamento (CE) n. 423/2007, GU 2010, L 281, pag. 1.

3     Regolamento di esecuzione (UE) n. 668/2010 del Consiglio, del 26 luglio 2010, che attua l’articolo 7, paragrafo 2 del regolamento (CE) n. 423/2007 concernente misure restrittive nei confronti dell’Iran, GU 2010, L 195, pag. 25.