Language of document : ECLI:EU:C:2012:697

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate l’8 novembre 2012 (1)

Causa C‑275/11

GfBk Gesellschaft für Börsenkommunikation mbH

contro

Finanzamt Bayreuth

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«Fiscalità – IVA – Direttiva 77/388/CEE – Articolo 13, parte B, lettera d), punto 6 – Esenzione della gestione di fondi comuni d’investimento – Direttiva 85/611 – Organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (o.i.c.v.m.) – Società di gestione di fondi comuni d’investimento – Definizione di “gestione” – Applicazione dell’esenzione a gestori esterni – Attività “specifica” e che costituisce un “insieme distinto, valutato globalmente” – Assoggettamento all’imposta di attività commerciali illecite – Principio di neutralità fiscale»





1.        L’attività di consulenza in materia di investimenti in valori mobiliari svolta da un terzo a favore di una società di gestione di fondi collettivi d’investimento costituisce una «gestione di fondi» ai fini dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, della direttiva 77/388/CEE (2) in materia di IVA? Tale è, in sintesi, la questione posta dal Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) nel presente procedimento pregiudiziale.

2.        Nel rispondere a questa domanda, la Corte di giustizia avrà l’opportunità di analizzare una giurisprudenza consolidata ma non priva di difficoltà, secondo la quale le esenzioni di cui all’articolo 13, parte B, della direttiva 77/388 (3) devono essere applicate ai servizi forniti da un gestore esterno qualora essi formino «un insieme distinto, valutato globalmente, e siano specifici ed essenziali per la gestione di tali fondi». Data la genericità della formulazione di detto criterio giurisprudenziale, la sua applicazione in un caso come quello in esame impone un particolare sforzo interpretativo.

I –    Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

3.        La direttiva 77/388 [...] prevede all’articolo 13, parte B, una serie di esenzioni all’imposta, fra le quali occorre evidenziare, ai fini del presente procedimento, le seguenti:

«gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni sottoelencate e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(…)

d)      le operazioni seguenti:

(…)

3)      le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali ad eccezione del ricupero dei crediti;

(…)

5)      le operazioni, compresa la negoziazione, eccettuate la custodia e la gestione, relative ad azioni, quote parti di società o associazioni, obbligazioni, altri titoli, ad esclusione:

–      dei titoli rappresentativi di merci,

–      dei diritti o titoli di cui all’articolo 5, paragrafo 3;

6)      la gestione di fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri;

(…)».

4.        La direttiva 85/611/CEE, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (o.i.c.v.m.), nella versione vigente negli anni dal 1999 al 2002, all’articolo 1, paragrafi 2 e 3, definisce tali organismi nei seguenti termini:

«2.      Ai fini della presente direttiva e fatto salvo l’articolo 2, si intendono per o.i.c.v.m. gli organismi:

–      il cui oggetto esclusivo è l’investimento collettivo in valori mobiliari dei capitali raccolti presso il pubblico e il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi, e

–      le cui quote sono, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi. È assimilato a tali riacquisti o rimborsi il fatto che un o.i.c.v.m. agisca per impedire che il corso delle sue quote in borsa si allontani sensibilmente dal valore netto di inventario.

3.      Conformemente al diritto nazionale, questi organismi possono assumere la forma contrattuale (fondo comune di investimento, gestito da una società di gestione) o di «trust» («unit trust») oppure la forma statutaria (società di investimento)».

5.        Nel 2002 la direttiva 85/611 è stata oggetto di un’ampia riforma che ha modificato sostanzialmente il regime delle società di gestione (4). A seguito di detta riforma, l’allegato II definisce il termine «gestione» di fondi d’investimento e di società di investimento e introduce vari esempi. Il nuovo articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 85/611 rinvia espressamente all’elenco non esaustivo di funzioni di cui al citato allegato nei seguenti termini:

«L’attività di gestione di fondi comuni di investimento e di società di investimento comprende, ai fini della presente direttiva, le funzioni citate nell’elenco non esaustivo di cui all’allegato II».

6.        L’allegato II così recita:

«Funzioni comprese nell’attività di gestione di portafogli collettivi:

–      Gestione degli investimenti

–      Amministrazione:

a)       servizi legali e contabili relativi alla gestione del fondo;

b)       servizio di informazione per i clienti;

c)       valutazione e determinazione del prezzo (anche ai fini delle dichiarazioni fiscali);

d)       controllo dell’osservanza della normativa applicabile;

e)       tenuta del registro dei detentori delle quote;

f)       distribuzione dei proventi;

g)       emissione e riscatto delle quote;

h)       regolamento dei contratti (compreso l’invio dei certificati);

i)       tenuta di libri.

–      Commercializzazione».

7.        Con la riforma del 2002 il legislatore dell’Unione ha introdotto nella direttiva 85/611 anche l’articolo 5 octies in base al quale gli Stati membri possono consentire alle società di gestione di delegare a terzi l’esercizio per loro conto di una o più delle proprie funzioni solo nel rispetto di determinate condizioni. Secondo tale disposizione occorre assicurare, in particolare, che la delega delle funzioni non pregiudichi la vigilanza sulla società di gestione e che le funzioni vengano eseguite regolarmente.

II – Fatti

8.        La GfBk (Gesellschaft für Börsenkommunikation mbH) è un’azienda tedesca operante nel settore della fornitura di informazioni e consulenza di borsa, nonché della consulenza e commercializzazione di attività finanziarie.

9.        Nel 1999 i servizi della GfBk sono stati richiesti da una società di gestione di fondi comuni d’investimento (in prosieguo: la «società di gestione di fondi»). In particolare, la GfBk si impegnava a fornire consulenza alla società di gestione di fondi «sulla gestione del patrimonio del fondo», nonché a «formulare raccomandazioni circa l’acquisto o la vendita di elementi patrimoniali, a seguito di una costante osservazione del patrimonio del fondo». La GfBk era altresì tenuta a «rispettare il principio della ripartizione dei rischi, le restrizioni normative degli investimenti (...) nonché le (...) condizioni di investimento».

10.      Come risulta dagli atti, la remunerazione della GfBk era stabilita secondo una percentuale calcolata sul valore del fondo comune d’investimento.

11.      Fra il 1999 e il 2002 la GfBk ha fornito alla società di gestione di fondi raccomandazioni relativamente all’acquisto e alla vendita di valori mobiliari per telefono, telefax e Internet. Il giudice del rinvio segnala che la GfBk non redigeva consulenze approfondite, bensì raccomandazioni specifiche che la società di gestione di fondi inseriva nel proprio sistema di ordini. Una volta trasmesse, le raccomandazioni venivano analizzate al fine di verificare che non violassero limiti imposti dalla legge. Conclusa la verifica, la società di gestione di fondi attuava la raccomandazione, spesso nel giro di pochi minuti.

12.      Per il periodo compreso fra gli esercizi del 1999 e del 2002, l’amministrazione tributaria tedesca ha considerato che i servizi prestati dalla GfBk non costituivano una «gestione di fondi comuni d’investimento» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva sull’IVA. La GfBk non condivide tale interpretazione ed ha impugnato le relative decisioni, esaurendo le vie di ricorso dinanzi al Bundesfinanzhof, giudice che sottopone alla Corte la presente questione pregiudiziale.

III – Questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

13.      La domanda di pronuncia pregiudiziale del Bundesfinanzhof è pervenuta presso la cancelleria della Corte il 5 maggio 2011. La sua formulazione prevede tre possibili risposte alternative:

«[S]e la prestazione di un gestore esterno di un fondo comune d’investimento sia sufficientemente specifica e, quindi, esente da imposta, solo qualora:

a)      esso svolga un’attività di gestione e non solo di consulenza

o qualora

b)      la prestazione, per sua natura, si differenzi da altre prestazioni sulla base di una peculiarità caratteristica ai fini dell’esenzione dall’imposta ai sensi della medesima disposizione, o

c)      esso operi sulla base di una delega di funzioni ai sensi dell’articolo 5 octies della direttiva 85/611/CEE, come modificata».

14.      Hanno presentato osservazioni scritte la GfBk, i governi della Repubblica federale di Germania, del Granducato di Lussemburgo e della Repubblica ellenica, nonché la Commissione.

15.      Nel corso dell’udienza svoltasi il 28 giugno 2012 hanno esposto le proprie posizioni la GfBk, il governo della Repubblica federale di Germania e la Commissione.

IV – Analisi della questione pregiudiziale

16.      Benché la questione sollevata dal Bundesfinanzhof sia strutturata in soluzioni alternative, ritengo che si tratti piuttosto di una serie di tre obiezioni da contrapporre all’applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva sull’IVA ai servizi di consulenza e informazione in materia di investimenti in valori mobiliari forniti da un terzo. Si chiede dunque alla Corte di prendere in considerazione ciascuna di dette obiezioni al fine di pervenire a un’interpretazione corretta della disposizione in parola.

A –    Prima obiezione: applicazione della nozione di «gestione di fondi comuni d’investimento» ai servizi di consulenza e informazione in materia di investimenti forniti da un terzo

17.      Con la prima obiezione il Bundesfinanzhof interroga la Corte sulla qualificazione del servizio fornito dalla GfBk e, in concreto, sulla specificità dello stesso, ai fini della sua definizione come «gestione di un fondo comune d’investimento» e, pertanto, come un servizio esente ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva sull’IVA.

18.      La realtà, e la prima osservazione che ritengo opportuna, è che la regola seguita dalla Corte al fine di accertare se un’attività esternalizzata rientri nell’ambito di applicazione della citata esenzione è complessa. Come ho già rilevato nella parte iniziale delle presenti conclusioni, la difficoltà della causa in questione riguarda, infatti, l’applicazione del criterio giurisprudenziale che si applica ai casi di servizi esternalizzati, secondo il quale è necessario che tali servizi, per poter beneficiare dell’esenzione dall’IVA, formino «un insieme distinto, valutato globalmente, e siano specifici ed essenziali per la gestione di (…) fondi».

19.      Su questo punto hanno formulato osservazioni tutte le parti intervenienti, proponendo soluzioni diverse. Da un lato, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica ellenica e la Commissione escludono che il servizio di consulenza e informazione fornito dalla GfBk risulti sufficientemente specifico o distinto. Dall’altro, la GfBk e il Granducato di Lussemburgo sostengono la specificità e la globalità del servizio e ritengono che esso rientri nell’ambito di applicazione dell’esenzione. A sostegno della prima risposta si afferma principalmente che la società di gestione di fondi si assume la responsabilità finale delle decisioni, compresa la responsabilità giuridica. Si adduce, altresì, che le raccomandazioni relative all’acquisto e alla vendita formulate dalla GfBk sono mere indicazioni che la società di gestione di fondi ha facoltà di respingere liberamente. Da parte loro, la GfBk e il Granducato di Lussemburgo richiamano la sentenza della Corte pronunciata nella causa Abbey National (5), nel cui dispositivo si è stabilito che taluni servizi forniti da terzi rientrano nell’ambito di applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva sull’IVA.

20.      Per rispondere a questa domanda, è necessario soffermarsi, innanzitutto, sulla giurisprudenza pertinente della Corte e, in particolare, sulla sentenza Abbey National, citata a profusione da tutti gli intervenienti nel presente procedimento pregiudiziale.

1.      La sentenza Abbey National

21.      La sentenza Abbey National ha risolto una questione pregiudiziale relativa ai servizi forniti a una società di investimenti da parte di un terzo, servizi consistenti, tra l’altro, nel calcolo dell’importo degli utili e del prezzo delle quote o delle azioni del fondo, nelle valutazioni dei patrimoni, nella contabilità, nella preparazione di dichiarazioni per la distribuzione degli utili, nel rilascio di informazioni e di documentazioni per i conti periodici e per le dichiarazioni fiscali, statistiche e dell’IVA, nonché nell’elaborazione delle previsioni di utili (6). In merito a siffatta pluralità di servizi, che la Corte ha riunito nella voce «gestione amministrativa e contabile» (7), la sentenza ha confermato, «in linea di principio», la loro inclusione nell’ambito di applicazione dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva sull’IVA (8).

22.      Per giungere a tale conclusione, la Corte si è avvalsa di vari argomenti, analogamente applicabili alla presente causa, come illustrerò in seguito.

23.      In primo luogo, la sentenza Abbey National si sofferma sull’obiettivo dell’esenzione stessa di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva sull’IVA, che altro non è che quello di «incoraggiare l’investimento di capitali dei piccoli investitori in fondi d’investimento» (9). Pertanto, l’obiettivo dell’esenzione è quello di garantire la neutralità fiscale dell’imposta fra gli investitori che gestiscono i loro portafogli direttamente e quelli che ricorrono all’investimento collettivo mediante una società di gestione o di investimenti (10).

24.      In secondo luogo, la citata sentenza sottolinea che la «gestione» di un fondo d’investimento, ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva sull’IVA comprende non solo le funzioni, propriamente dette, ovvero quelle di gestione di portafogli, ma anche quelle di «amministrazione di organismi di investimento collettivo» (11). Al fine di stabilire quali servizi di «amministrazione» siano sufficientemente specifici per rientrare nella nozione di «gestione» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva sull’IVA, la Corte si avvale dell’allegato II della direttiva 85/611. A suo giudizio, l’allegato «indica», alla voce «Amministrazione», quali servizi di questo tipo siano sufficientemente specifici ai fini dell’esenzione dall’IVA.

25.      In terzo luogo, la sentenza esclude la necessità che tale «gestione» sia svolta esclusivamente da un soggetto specifico. Al contrario, la Corte sottolinea espressamente come la gestione dei fondi comuni d’investimento di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva sull’IVA «è definita in funzione della natura delle prestazioni di servizi fornite e non del prestatore o del destinatario del servizio» (12). Di conseguenza, e conformemente a quanto la Corte ha già dichiarato in cause precedenti relative ad altre esenzioni previste nel citato articolo 13, parte B, lettera d) (13), nulla esclude che la «gestione» sia smembrata in diversi servizi distinti, anche qualora taluni servizi siano forniti da un gestore esterno (14).

26.      Infine, la sentenza cita la giurisprudenza anteriore relativa all’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva per ricordare che, in ogni caso, i servizi forniti da un gestore esterno «devono formare un insieme distinto, valutato globalmente, che abbia l’effetto di adempiere le funzioni specifiche ed essenziali del servizio descritto allo stesso punto 6», vale a dire la gestione di un fondo comune d’investimento.

27.      Tale criterio non è stato sviluppato ulteriormente nella sentenza Abbey National, né in ulteriori decisioni relative ad altre esenzioni di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva. Nondimeno, da tali decisioni si possono desumere taluni principi, in base alle conclusioni cui è giunta la Corte in ciascuna causa. Tali principi, in grado di riflettere un contenuto un po’ più preciso del criterio della specificità e distinzione, sono i seguenti: l’attività svolta dal terzo deve avere un vincolo intrinseco al servizio fornito dalla società di gestione o d’investimento, nonché un considerevole grado di autonomia quanto al contenuto. Parimenti, la prestazione esternalizzata deve essere continua o, per lo meno, prevedibile nel tempo. Al contrario, non sembra rilevante il fatto che il servizio esternalizzato produca un cambiamento della situazione giuridica o economica della società destinataria dello stesso.

28.      Esaminiamo adesso se tali principi, così come dedotti dalla giurisprudenza pronunciata fino ad ora, sono soddisfatti nel caso di specie.

2.      L’attività di consulenza in materia di investimenti alla luce della giurisprudenza

29.      L’esatta questione posta dal Bundesfinanzhof è se l’attività svolta dalla GfBk possa essere esternalizzata e se, anche in tal caso, possa beneficiare dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva. A tal fine occorre ricordare, come si è visto fin qui analizzando la sentenza Abbey National, che i servizi esternalizzati forniti ad una società di gestione di fondi rientrano nell’ambito di applicazione dell’esenzione. La condizione imposta dalla Corte è che tali servizi formino «un insieme distinto, valutato globalmente, e siano specifici ed essenziali per la gestione di fondi comuni d’investimento».

30.      Come ho già illustrato al paragrafo 27 delle presenti conclusioni, l’applicazione di siffatto criterio impone di tenere conto di varie caratteristiche. Le analizzerò singolarmente, insieme a talune obiezioni sollevate dagli Stati membri e dalla Commissione, per giungere alla conclusione che, in linea di principio, e fatte salve alcune valutazioni di fatto che spetteranno al giudice del rinvio, i servizi prestati dalla GfBk soddisfano le condizioni del test della specificità e della distinzione.

a)      Vincolo intrinseco del servizio all’attività del fondo

31.      Il requisito della specificità e della globalità imposto nella sentenza Abbey National sottintende un vincolo intrinseco fra un servizio e l’attività svolta da un fondo comune d’investimento. Si tratta, in definitiva, di individuare quelle prestazioni che sono proprie di un fondo comune d’investimento e che lo distinguono, a tal riguardo, da altre attività economiche. Per fare un esempio semplice, il calcolo delle quote e delle azioni del fondo – o una proposta d’acquisto o di vendita di elementi patrimoniali – è un’attività propria di un fondo comune d’investimento, ma non di un’impresa di costruzione di immobili. Ovviamente, nulla impedisce a un’impresa di costruzione di svolgere attività di investimento finanziario, ma queste non saranno attività caratteristiche o proprie, e in tal senso specifiche, dell’attività di costruzione.

32.      Al contrario, un servizio di assistenza tecnica per apparecchiature informatiche o anche, come rilevato da alcuni Stati membri e dalla Commissione durante l’udienza, un servizio di pulizia, possono essere forniti indistintamente a una società di gestione di fondi o a un’impresa del settore edile, senza poter sostenere che si tratti di un servizio specifico di alcuna delle due società. Si tratterebbe, per così dire, di servizi, se si vuole, neutri o fungibili dal punto di vista del loro contenuto, e questo perché possono essere forniti in modo assolutamente indistinto a un’impresa o a un’altra.

33.      Nel caso dei servizi di consulenza e informazione relativamente alla gestione del fondo in senso stretto o all’acquisto e vendita di attività, è chiaro che si tratta di un’attività specifica di un fondo comune d’investimento. La GfBk formula raccomandazioni sulle operazioni che successivamente la società di gestione di fondi può compiere, rimanendo tuttavia quest’ultima, in quanto tale, responsabile della gestione di un fondo comune d’investimento. Ci troviamo, quindi, di fronte a servizi precipuamente caratteristici degli organismi di investimento collettivo che, secondo la direttiva 85/611, hanno come oggetto esclusivo «l’investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari e/o in altre attività finanziarie liquide (…)» (15).

34.      Le circostanze della causa decisa con la sentenza Abbey National contribuiscono, d’altro canto, a confermare la specificità dell’attività svolta dalla GfBk. Se la Corte è giunta alla conclusione che le attività di amministrazione e contabilità rivestono un carattere specifico ai fini dell’esenzione prevista nel già citato articolo 13, la stessa risposta deve essere applicata a un’attività intimamente connessa all’essenza dell’attività di un fondo, quale il trattamento di informazioni a fini di investimento in valori mobiliari. Nella misura in cui attività di amministrazione, come la contabilità, il calcolo degli utili e del prezzo delle quote e delle azioni del fondo, o le valutazioni dei patrimoni, costituiscono attività specifiche e distinte, a fortiori ritengo che tale qualificazione spetti ad un servizio, tanto più specifico, quale è quello della fornitura di consulenza e di informazioni sulla gestione del fondo e sull’acquisto o la vendita di attivi.

35.      A tale affermazione si potrebbe obiettare, come ha fatto la Repubblica federale di Germania, che le attività di consulenza e informazione non sono indicate nell’allegato II della direttiva 85/611. Tuttavia, questa tesi non può essere condivisa, poiché la stessa direttiva 85/611, all’articolo 5, paragrafo 2, segnala che l’elenco del citato allegato è «non esaustivo». L’avvocato generale Kokott, nelle sue conclusioni presentate nella causa Abbey National, ha espresso questo concetto con somma chiarezza quando ha affermato che «le nozioni previste dall’allegato II della direttiva 85/611 non (si considerano) delle definizioni, bensì delle descrizioni delle attività di gestione di un fondo d’investimento, vale a dire una descrizione delle funzioni tipiche della società di gestione» (16). Pertanto, il fatto che i servizi forniti dalla GfBk non siano espressamente elencati nel citato allegato non impedisce, dato il carattere prevalentemente esemplificativo di quest’ultimo, il loro inserimento nella categoria di servizio specifico rientrante nelle attività di «gestione» di un fondo comune d’investimento.

b)      Autonomia del servizio rispetto all’attività del fondo

36.      Il criterio giurisprudenziale della specificità e della distinzione di cui si tratta riguarda anche l’autonomia del servizio, vale a dire la capacità di svolgere prestazioni sufficientemente definite da non poter essere confuse con altre prestazioni svolte dal destinatario del servizio. In una certa misura, il requisito si riferisce al carattere determinante del servizio ed è per questo che, spesso, la Corte ha utilizzato l’aggettivo «essenziale» riferendosi al requisito dell’«insieme distinto, valutato globalmente» (17).

37.      Di conseguenza, un servizio che forma un «insieme distinto, valutato globalmente» è quello che, in primo luogo, non si confonde con altri servizi già svolti dal destinatario del servizio. Ad esempio, se una società di gestione svolge già attività contabili, e ciò viene dimostrato accertando che al suo interno esiste un dipartimento contabile che copre la totalità del servizio, difficilmente si potrà distinguere un servizio di contabilità fornito da un terzo da quello che svolge l’impresa stessa. Tale constatazione conferma come il servizio fornito dal terzo perda autonomia, dal momento che il destinatario del servizio lo svolge già per proprio conto.

c)      Continuità del servizio

38.      In terzo luogo, la specificità e la distinzione devono presentare una certa permanenza nel tempo. In altri termini, non deve trattarsi di una prestazione sporadica e occasionale perché altrimenti sarebbe priva della sufficiente rilevanza per rientrare nell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva sull’IVA. Questo non significa che il servizio debba essere necessariamente ininterrotto nel tempo perché ciò potrebbe escludere, tout court, tutte quelle attività che non sono fornite con regolarità. A mio giudizio, si tratta del fatto che l’esternalizzazione in questione risponda a una scelta operativa del gestore, che abbia quindi un certo grado di stabilità.

39.      L’accertamento di tale requisito nel caso di specie spetta al giudice del rinvio. Si tratta di un’analisi che esige un’indagine di fatto volta ad appurare se i servizi forniti dalla GfBk lo fossero in modo costante nel tempo, di modo che emerga una certa prevedibilità nella continuità dei servizi. Se si giunge alla conclusione che i servizi di consulenza e informazione provenivano esclusivamente dalla GfBk, o anche da altri terzi, in modo costante nel tempo, si confermerà che siamo di fronte a un’attività sufficientemente autonoma da formare un «insieme distinto, valutato globalmente».

d)      Irrilevanza del criterio relativo a un cambiamento della situazione giuridica e finanziaria

40.      Infine, occorre esaminare un argomento proposto dalla Repubblica federale di Germania e dalla Commissione, secondo il quale le decisioni giuridicamente rilevanti non sono imputabili alla GfBk, bensì alla società di gestione, il che confermerebbe l’inesistenza di una «gestione» specifica e distinta ai fini dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva.

41.      Questa tesi non può essere accolta poiché può ritenersi tacitamente respinta dalla sentenza Abbey National. In detta causa, come già illustrato, i servizi contestati riguardavano tutti attività ordinarie e proprie dell’amministrazione di una società di gestione, ma nulla ha impedito di qualificarli come «gestione» specifica e distinta ai sensi dell’articolo 13 citato più volte. Ciò è in linea con l’idea che non è necessario produrre un cambiamento della situazione giuridica o finanziaria, bensì un’esternalizzazione sostanziale dell’attività di «gestione».

42.      Di fatto, l’avvocato generale Kokott non ha accettato il criterio applicato dall’avvocato generale Poiares Maduro su questo punto (18) e la Corte ha seguito la posizione della prima. Nelle sue conclusioni presentate nella causa Abbey National, l’avvocato generale ha abbandonato l’applicazione del criterio indicato [già impiegato dalla Corte in altre esenzioni previste dall’articolo 13, parte B, lettera d)] rinviando all’enunciato più generale del punto 6, e sostenendo anche che, «[s]e si facessero rientrare nell’esenzione solo le attività che producono effetti sulla composizione del portafoglio, soltanto una parte secondaria dell’attività dei fondi d’investimento risulterebbe esente» (19). Condivido siffatto ragionamento – e ritengo che lo faccia anche la Corte – poiché la conclusione cui è giunta nella causa Abbey National non ha tenuto conto del criterio relativo al cambiamento della situazione giuridica e finanziaria.

e)      L’interpretazione restrittiva dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva

43.      Per concludere, non voglio omettere di esaminare un’obiezione di ordine più generale che si deduce dalle osservazioni presentate sia dalla Repubblica federale di Germania sia dalla Repubblica ellenica, relativa al carattere restrittivo dell’interpretazione delle esenzioni di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva. Tale obiezione si basa su una giurisprudenza consolidata in virtù della quale le esenzioni dall’IVA devono essere interpretate, in quanto eccezioni ad una regola generale, in senso restrittivo.

44.      Detta obiezione è già stata affrontata con successo dall’avvocato generale Kokott nelle sue succitate conclusioni presentate nella causa Abbey National. In esse, l’avvocato generale ha sottolineato che l’interpretazione restrittiva dell’articolo 13 della sesta direttiva poteva contrastare, in taluni casi, con una prassi costante della giurisprudenza secondo cui è auspicabile interpretare in modo uniforme gli stessi concetti contenuti in atti giuridici diversi. Tuttavia, nel caso specifico dell’articolo 13 della sesta direttiva e dell’allegato II della direttiva 85/611, riferendosi alla nozione di «gestione», l’avvocato generale è giunta alla conclusione che il conflitto era più apparente che reale. A suo avviso, nessuna disposizione della direttiva 85/611 impone una definizione precisa dell’espressione «gestione di un fondo comune d’investimento». In fin dei conti, come già rilevato in precedenza, la citata direttiva rinvia a titolo meramente indicativo all’elenco dell’allegato II, fatta salva la facoltà dei giudici di completarlo alla luce degli obiettivi e dell’impianto sistematico dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

45.      Pertanto, la risposta che suggerisco alla Corte non costituisce un’interpretazione estensiva dell’espressione «gestione di un fondo comune d’investimento». Al contrario, l’interpretazione che propongo si limita a conferire un significato al termine «gestione» in contesti di esternalizzazione di servizi, garantendo al contempo la coerenza interpretativa con altri strumenti di diritto dell’Unione. Tale è anche la conclusione cui è giunta la Corte nella sentenza Abbey National, dichiarando che un’interpretazione dell’articolo 13 della sesta direttiva conforme alla direttiva 85/611 suffragava la lettura data fino a quel momento del termine «gestione», senza costituire affatto un’interpretazione estensiva dei termini dell’esenzione.

f)      Riepilogo

46.      Alla luce degli argomenti suesposti e una volta escluso che l’interpretazione proposta costituisca un’interpretazione estensiva dell’esenzione prevista all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, ritengo che tale norma debba essere interpretata nel senso che un servizio di consulenza e informazione in materia di gestione di un fondo comune d’investimento, nonché di acquisto e vendita di attività, fornito da un terzo, costituisce un’attività di «gestione» specifica e distinta, purché sia constatata l’autonomia e la continuità del servizio rispetto alle attività svolte effettivamente dal destinatario del servizio, circostanza questa che dovrà essere accertata dal giudice nazionale.

B –    Seconda obiezione: compatibilità con un presunto principio di neutralità fiscale orizzontale

47.      Il Bundesfinanzhof chiede poi se un servizio come quello fornito dalla GfBk possa essere distinto da altri servizi sulla base di una peculiarità caratteristica ai fini dell’esenzione. Tuttavia l’ordinanza del giudice del rinvio, nella motivazione di tale domanda, solleva, in definitiva, un’obiezione basata su quello che si potrebbe qualificare come un principio di neutralità fiscale «orizzontale», in altri termini, una possibile violazione della sesta direttiva per il fatto di concedere un trattamento fiscalmente vantaggioso a un soggetto (la società di gestione o le società di investimento che ricorrono ai servizi di consulenza) rispetto ad un altro (investitori che realizzano direttamente l’investimento, seppur ricorrendo a servizi di consulenza). Ritengo quindi che il Bundesfinanzhof, riferendosi nella sua domanda alla «peculiarità caratteristica» del servizio, intenda sottoporre all’attenzione della Corte questo presunto trattamento discriminatorio.

48.      Attribuendo un siffatto significato alla seconda parte della questione pregiudiziale, ritengo che, nel caso di specie, non siamo di fronte alla violazione di un principio di neutralità fiscale. Infatti, uno degli obiettivi dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva consiste proprio nell’incoraggiare l’investimento di capitali dei piccoli investitori in fondi d’investimento. Dietro queste esenzioni sussiste, a sua volta, la necessità di garantire la neutralità fiscale. In caso contrario, quindi, sarebbero penalizzati coloro che ricorrono alla formula dell’investimento collettivo (assoggettati all’IVA) a vantaggio degli investitori diretti (che realizzano essi stessi il servizio). Poiché l’investimento collettivo agevola gli investimenti dei piccoli investitori o degli investitori privi di specifica conoscenza di un determinato mercato, l’esenzione comporta un incentivo per gli investitori collettivi che il legislatore ha considerato meritevoli di assistenza (20).

49.      In ogni caso, sia come sia, affermare che l’applicazione dell’esenzione alla GfBk comporterebbe un trattamento pregiudizievole per gli investitori privati che ricorrono direttamente ai suoi servizi, a vantaggio delle società di gestione, ci condurrebbe verso un’interminabile catena di discriminazioni. Come ha spiegato di recente l’avvocato generale Sharpston nella causa Deutsche Bank, «se tutte le attività parzialmente in concorrenza tra loro dovessero godere dello stesso trattamento IVA – dato che praticamente ogni attività si sovrappone in una qualche misura a un’altra – si finirebbe per eliminare tutte le differenze di trattamento IVA. Un simile risultato porterebbe (presumibilmente) all’eliminazione di tutte le esenzioni, dato che il sistema dell’IVA è unicamente finalizzato alla tassazione delle operazioni» (21).

50.      Nella sentenza pronunciata nella citata causa, la Corte si è basata, a tal proposito, sulle conclusioni dell’avvocato generale, aggiungendo inoltre che il principio di neutralità fiscale «non è una regola di diritto primario che può incidere sulla validità di un’esenzione, ma un principio di interpretazione che deve essere applicato unitamente al principio di interpretazione restrittiva delle esenzioni» (22).

51.      Pertanto, ammettere che la GfBk rientri nell’ambito di applicazione dell’esenzione di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, non costituisce, a mio avviso, una soluzione contraria al requisito della neutralità fiscale, inteso come requisito di non discriminazione fra soggetti passivi che si trovano in situazioni simili.

C –    Terza obiezione: le conseguenze giuridiche di una delega senza autorizzazione ai sensi della direttiva 85/611

52.      In terzo e ultimo luogo, il Bundesfinanzhof interroga la Corte sull’incidenza che un’attività illecita può avere sulla qualificazione dell’esenzione. Come risulta agli atti, nel momento in cui veniva svolta l’attività, la società di gestione di fondi non disponeva della previa autorizzazione che avrebbe permesso la delega del servizio a favore della GfBk. Il giudice del rinvio ritiene che una tale situazione sia contraria alla direttiva 85/611, nella versione in vigore all’epoca della fornitura del servizio. Pertanto viene chiesto alla Corte se tale circostanza abbia una qualche incidenza sull’interpretazione dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva.

53.      A tal proposito solo il governo della Repubblica ellenica e la Commissione si sono pronunciati espressamente. Mentre il primo si limita a sostenere l’inapplicabilità dell’esenzione in caso di violazione dei requisiti di vigilanza di cui alla direttiva 85/611, la seconda rinvia alla giurisprudenza della Corte sull’assoggettamento all’IVA delle attività illecite. Seguendo detta giurisprudenza, la Commissione perviene alla conclusione che la qualificazione giuridica dell’attività come lecita o illecita non deve avere alcun impatto sull’interpretazione dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva.

54.      Condivido la risposta suggerita dalla Commissione; tuttavia, per i motivi che spiegherò in prosieguo, ritengo inutile esaminare in dettaglio la giurisprudenza della Corte relativa all’assoggettamento all’IVA delle attività illecite (23).

55.      Per affrontare quest’ultima obiezione occorre sottolineare che ogni delega implica un trasferimento di poteri decisionali fra soggetti, dando luogo ad una relazione fra delegante e delegato. La delega comporta per definizione la capacità che il delegato modifichi situazioni giuridiche prestabilite o crei situazioni giuridiche nuove, anche senza il consenso del delegante. Questo spiega, quindi, il motivo per cui quando una società di gestione delega funzioni proprie e trasferisce il potere decisionale a un altro soggetto, in modo che il soggetto delegato assuma il potere di modificare una situazione giuridica, la direttiva richiede che le competenti autorità emettano una previa autorizzazione alla delega.

56.      Ora, la situazione in cui si trova la GfBk è ben diversa. In nessun momento le sono state delegate funzioni essenziali preventivamente subordinate a un mandato. La sua attività consiste, infatti, nella «gestione» di un fondo comune d’investimento, ma siffatta «gestione», come previsto dall’articolo 13, parte B, lettera d), numero 6, della sesta direttiva, è chiaramente una nozione più ampia che non comporta necessariamente il trasferimento di poteri decisionali e, pertanto, il cambiamento di situazioni giuridiche. Ho già accennato a tale aspetto della definizione dell’attività di «gestione» nei paragrafi 41 e 42 delle presenti conclusioni e rinvio agli argomenti esposti al riguardo.

57.      Pertanto, e nella misura in cui il termine «gestione» di cui all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva include servizi che non comportano il cambiamento di situazioni giuridiche, ritengo che l’assenza di un’autorizzazione a favore della GfBk non condizioni l’applicazione dell’esenzione prevista nel citato articolo.

V –    Conclusione

58.      Alla luce degli argomenti suesposti, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dal Bundesfinanzhof nei seguenti termini:

«L’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretato nel senso che un servizio di consulenza e informazione in materia di gestione di un fondo comune d’investimento nonché di acquisto e vendita di attività, fornito da un terzo, costituisce un’attività di “gestione” specifica e distinta, purché sia constatata l’autonomia e la continuità del servizio rispetto alle attività svolte effettivamente dal destinatario del servizio, circostanza questa che dovrà essere accertata dal giudice nazionale.

L’interpretazione proposta dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della direttiva 77/388, non è influenzata dalla presa in considerazione di un obbligo di neutralità fiscale orizzontale.

L’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che, nella misura in cui il termine “gestione” include servizi che non comportano il cambiamento di situazioni giuridiche, l’assenza di un’autorizzazione che permetta la delega alla GfBk non condiziona l’applicazione dell’esenzione prevista nel citato articolo».


1 –      Lingua originale: lo spagnolo.


2 –      Sesta direttiva del Consiglio 77/388/CEE, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145 pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva».


3 – Si osservi che la norma applicabile ratione temporis alla presente causa è la sesta direttiva. Tuttavia, il ragionamento seguito è perfettamente estensibile al momento presente, poiché la direttiva 2006/112 del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1) che ha abrogato la sesta direttiva prevede la medesima esenzione negli stessi termini all’articolo 135, paragrafo 1, lettera g).


4 – Direttiva 2001/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 gennaio 2002, che modifica la direttiva 85/611/CEE del Consiglio concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) al fine di regolamentare le società di gestione e i prospetti semplificati (GU L 41 del 13.2.2002, pagg. 20‑34) e direttiva 2001/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 gennaio 2002, che modifica la direttiva 85/611/CEE del Consiglio concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM), con riguardo agli investimenti OICVM (GU L 41 del 13.2.2002, pagg. 35‑42).


5 –      Sentenza del 4 maggio 2006, Abbey National (C‑169/04, Racc. pag. I‑4027, punto 63).


6 –      V. punto 26 della sentenza Abbey National.


7 – Sentenza Abbey National, cit., punto 66.


8 – Sentenza Abbey National, cit., punto 69.


9 – Sentenza Abbey National, cit., punto 62.


10 –      Ibidem.


11 – Sentenza Abbey National, cit., punto 64.


12 –      Sentenza Abbey National, cit., punto 66 (il corsivo è mio).


13 – V. sentenze del 5 giugno 1997, SDC (C‑2/95, Racc. pag. I‑3017, punto 66) in relazione al punto 5 [«le operazioni (…) relative ad azioni, quote parti di società o associazioni, obbligazioni, altri titoli (…)»]; del 13 dicembre 2001, CSC Financial Services (C‑235/00, Racc. pag. I‑10237, punto 23); del 21 giugno 2007, Ludwig (C‑453/05, Racc. pag. I‑5083, punto 36), in relazione al punto 1 («la concessione e la negoziazione di crediti nonché la gestione di crediti da parte di chi li ha concessi»); del 28 ottobre 2010, AXA UK (C‑175/09, Racc. pag. I‑10701, punto 27), in relazione al punto 3 [«le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali (…)»]; del 22 ottobre 2009, Swiss Re Germany Holding (C‑242/08, Racc. pag. I‑10099, punto 45), in relazione al punto 2 («la negoziazione e la presa a carico di impegni, fideiussioni e altre garanzie nonché la gestione di garanzie di crediti da parte di chi ha concesso questi ultimi») e al punto 3; del 28 luglio 2011, Nordea Pankki (C‑350/10, Racc. pag. I‑7359, punto 27), in relazione al citato punto 5.


14 – Sentenza Abbey National, cit., punto 67.


15 –      Articolo 1, paragrafo 2, primo comma, della direttiva 85/611.


16 – Conclusioni presentate l’8 settembre 2005 nella causa Abbey National, paragrafo 79.


17 –      Ibidem.


18 –      V. conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro presentate il 18 maggio 2004 nella causa BBL, (decisa con sentenza del 21 ottobre 2004, C‑8/03, Racc. pag. I‑10157, paragrafo 33).


19 –      Conclusioni cit. supra, paragrafo 66.


20 –      Conclusioni cit. supra, paragrafi 27 e 28.


21 – Conclusioni dell’avvocato generale Sharpston presentate l’8 maggio 2012 (sentenza del 19 luglio 2012, C‑44/11, paragrafo 60).


22 –      Sentenza citata alla nota precedente, punto 45.


23 –      V., segnatamente, sentenze del 2 agosto 1993, Lange (C‑111/92, Racc. pag. I‑4677, punto 12), e dell’11 giugno 1998, Fischer (C‑283/95, Racc. pag. I‑3388, punto 21).