Language of document : ECLI:EU:C:2018:70

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 7 febbraio 2018 (1)

Causa C685/16

EV

contro

Finanzamt Lippstadt

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei capitali – Deduzione di utili imponibili – Trattamento differenziato di dividendi provenienti da società figlie con direzione commerciale e sede in un paese terzo»






1.        L’oggetto del presente rinvio pregiudiziale, introdotto dal Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster, Germania), è l’interpretazione delle disposizioni del trattato sulla libera circolazione dei capitali con riguardo alla legge tedesca sull’utile di esercizio e, più in particolare, a talune sue disposizioni relative alla riduzione dell’utile imponibile. Il presente rinvio pregiudiziale è stato introdotto nell’ambito di una controversia sorta fra una società che produce componenti di automobili, società madre di un gruppo mondiale (in prosieguo: la «società EV»), ed il Finanzamt Lippstadt (ufficio delle imposte di Lippstadt, Germania; in prosieguo: l’«ufficio delle imposte») sulla decisione di quest’ultima relativa alla fissazione dell’imposta sull’utile di esercizio.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

2.        L’articolo 56, paragrafo 1, CE (divenuto articolo 63, paragrafo 1, TFUE) dispone che:

«1.      Nell’ambito delle disposizioni previste dal presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati membri e paesi terzi.»

3.        Ai sensi dell’articolo 57 CE (divenuto articolo 64 TFUE):

«1.      Le disposizioni di cui all’articolo 56 lasciano impregiudicata l’applicazione ai paesi terzi di qualunque restrizione in vigore alla data del 31 dicembre 1993 in virtù delle legislazioni nazionali o della legislazione comunitaria per quanto concerne i movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti, che implichino investimenti diretti, inclusi gli investimenti in proprietà immobiliari, lo stabilimento, la prestazione di servizi finanziari o l’ammissione di valori mobiliari nei mercati finanziari. Per quanto riguarda le restrizioni esistenti in base alla normativa nazionale in Estonia ed Ungheria, la pertinente data è il 31 dicembre 1999».

4.        L’articolo 58 CE (divenuto articolo 65 TFUE) così dispone:

«1.      Le disposizioni dell’articolo 56 non pregiudicano il diritto degli Stati membri:

a)      di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale;

b)      di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza.

2.      Le disposizioni del presente capo non pregiudicano l’applicabilità di restrizioni in materia di diritto di stabilimento compatibili con il presente trattato.

3.      Le misure e le procedure di cui ai paragrafi 1 e 2 non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria, né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’articolo 56».

B.      Diritto tedesco

5.        La Gewerbesteuergesetz (legge relativa all’imposta sull’utile di esercizio; in prosieguo: la «GewStG»), nella versione vigente all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale (2), contiene, inter alia, le seguenti disposizioni:

«Articolo 2 Oggetto dell’imposta

1)      1Ogni impresa industriale o commerciale esercitata in Germania è assoggettata all’imposta sull’utile di esercizio. 2Per impresa industriale o commerciale si intende un’impresa industriale o commerciale ai sensi dell’Einkommensteuergesetz (legge relativa all’imposta sul reddito; in prosieguo: l’“EStG”). 3Un’impresa industriale o commerciale si considera esercitata in Germania ogniqualvolta la sua organizzazione stabile si trovi all’interno del territorio tedesco o a bordo di una nave mercantile registrata in un registro navale tedesco.

2)      1L’attività delle società di capitali (in particolare le società europee, le società per azioni, le società in accomandita per azioni e le società a responsabilità limitata), delle società cooperative, incluse le società cooperative europee, nonché delle casse previdenziali e dei fondi pensionistici mutualistici è sempre e a tutti gli effetti considerata attività industriale o commerciale. 2Una società di capitali che è una società affiliata [Organgesellschaft] ai sensi degli articoli 14, 17 o 18 del Körperschaftsteuergesetz [legge relativa all’imposta sulle società (in prosieguo: la «KStG»)], viene considerata stabile organizzazione della società madre.

(…).

Articolo 8 Reintegrazioni

I seguenti importi, qualora siano stati dedotti al momento di determinare gli utili, vengono nuovamente computati negli utili derivanti da un’attività industriale o commerciale (articolo 7):

(…)

5.      l’eccedente delle quote di utile (dividendi) che non è stato preso in considerazione ai sensi dell’articolo 3, n. 40, dell’[EStG] o dell’articolo 8b, paragrafo 1, della [KStG] e i redditi equiparati nonché le remunerazioni derivanti da quote di partecipazione in una società, in un’associazione di persone o in una massa patrimoniale ai sensi della [KStG], purché essi non soddisfino le condizioni di cui all’articolo 9, nn. 2a o 7, previa deduzione delle spese di esercizio che presentano un legame economico con tali entrate, remunerazioni e prestazioni, qualora tali spese non siano prese in considerazione ai sensi dell’articolo 3c, paragrafo 2, dell’[EStG] e dell’articolo 8b, paragrafi 5 e 10, della [KStG]. 2Tale disposizione non si applica alle distribuzioni di utili nei casi di cui all’articolo 3, n. 41 a), dell’[EStG];

(…)

Articolo 9 Sgravi/riduzioni

La somma dell’utile e delle reintegrazioni è diminuita

(…)

2a. degli utili derivanti dalle partecipazioni in una società di capitali di diritto nazionale non esonerata ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, in un ente creditizio o cassa previdenziale di diritto pubblico, in una cooperativa di mercato ed economica [Erwerbs- und Wirtschaftsgenossenschaft] o in una società di investimento [Unternehmensbeteiligungsgesellschaft] ai sensi dell’articolo 3, n. 23, ammesso che la quota detenuta all’inizio del periodo di percezione sia, almeno, pari al 15% del capitale iniziale o del capitale sociale e che tale parte degli utili sia stata contabilizzata per il calcolo dell’utile (articolo 7). 2In assenza di capitale iniziale o di capitale sociale, occorre considerare la quota detenuta negli attivi e, per le cooperative di mercato ed economiche [Erwerbs- und Wirtschaftsgenossenschaften] la quota detenuta nell’importo totale degli apporti. 3Gli oneri direttamente connessi alle partecipazioni agli utili diminuiscono l’importo degli sgravi, nei limiti in cui i proventi delle partecipazioni corrispondenti sono stati presi in considerazione; in tale contesto, l’articolo 8, n. 1, non trova applicazione. 4Le spese di esercizio non deducibili ai sensi dell’articolo 8b, paragrafo 5, della [KStG] non costituiscono utili derivanti da partecipazioni ai sensi della prima frase. 5Nel caso di compagnie d’assicurazione vita e medica, la prima frase non si applica agli utili derivanti da quote imputabili agli investimenti di capitali; tale disposizione si applica anche ai fondi pensionistici;

(…)

7.      degli utili derivanti da quote di partecipazione in una società di capitali con sede e organo centrale di gestione e controllo al di fuori del territorio di applicazione della presente legge, del cui capitale sociale l’impresa detiene, dall’inizio del periodo di riferimento e senza interruzioni, almeno il 15% (società figlia) e le cui entrate lorde derivano esclusivamente, o quasi esclusivamente, dalle attività di cui all’articolo 8, paragrafo 1, nn. da 1 a 6, dell’Außensteuergesetz (legge relativa ai rapporti fiscali con l’estero; in prosieguo: l’“AStG”), nonché degli utili derivanti dalle quote di partecipazione detenute in società delle quali l’impresa detiene direttamente almeno un quarto del capitale sociale, qualora tali partecipazioni siano state detenute senza interruzioni nel corso, almeno, dei dodici mesi che precedono la data di contabilizzazione ai fini della determinazione dell’utile e ammesso che l’impresa dimostri che

1.      l’organo centrale di gestione e di controllo e la sede di tali società si trovano nello stesso Stato membro della società figlia e che le loro entrate lorde derivano esclusivamente o quasi esclusivamente da attività che rientrano nell’articolo 8, paragrafo 1, nn. da 1 a 6, dell’[AStG], o

2.      che la società figlia detiene le quote di partecipazione in relazione economica con le sue attività che rientrano nell’articolo 8, paragrafo 1, nn. da 1 a 6, e che le entrate lorde della società nella quale la quota di partecipazione è detenuta derivano esclusivamente o quasi esclusivamente da tali attività,

se le quote dell’utile sono state contabilizzare nell’utile (articolo 7); tale disposizione si applica anche nei casi di utili derivanti da partecipazioni in una società che soddisfa le condizioni di cui all’allegato 2 dell’[EStG], che riprende l’articolo 2 della direttiva 90/435/CEE del Consiglio, del 23 luglio 1990, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6; GU L 266 del 1997, pag. 20 e GU L 16, pag. 98), modificata da ultimo dalla direttiva 2006/98/CE del Consiglio del 20 novembre 2007 (GU L 363, pag. 129), la cui direzione commerciale e la cui sede non si trovano sul territorio nazionale e della quale, all’inizio del periodo di riferimento, l’impresa detiene almeno un decimo del capitale sociale. 2L’articolo 9, n. 2a, terza frase, trova corrispondente applicazione. 3L’articolo 9, n. 2a, quarta frase, trova corrispondente applicazione. 4Se un’impresa che detiene indirettamente, mediante una società figlia, almeno il 15% di una società di capitali il cui organo centrale di gestione e controllo e la cui sede si trovano al di fuori del territorio di applicazione della presente legge (società figlia di secondo livello) realizza, nel corso di un esercizio, utili derivanti da quote di partecipazione detenute nella società figlia e se la società figlia di secondo livello distribuisce utili alla società figlia nel corso di tale esercizio, la medesima norma si applica, su richiesta dell’impresa, alla parte degli utili da essa percepiti che corrisponde alla distribuzione, da parte della società figlia di secondo livello, degli utili che le spettano a motivo della sua partecipazione indiretta. 5Se, nel corso dell’esercizio di cui si tratta, la società figlia ha percepito, oltre alle quote di utile di una società figlia di secondo livello, altre entrate, la quarta frase si applica unicamente alla parte della distribuzione che spetta alla società figlia che corrisponde alla proporzione di tali quote di utili nella somma di tali utili ed altre entrate, nei limiti dell’importo di tali quote di utili. 6L’applicazione della quarta frase presuppone che

1.      le entrate lorde della società figlia di secondo livello, relative all’esercizio durante il quale essa ha effettuato la distribuzione, provengano esclusivamente o quasi esclusivamente da attività che rientrano nell’articolo 8, paragrafo 1, nn. da 1 a 6, dell’[AStG] o da partecipazioni che rientrano nella prima frase, n. 1, e che

2.      la società figlia soddisfi le condizioni di cui alla prima frase con riferimento alla partecipazione nel capitale della società figlia di secondo livello.

7L’applicazione delle disposizioni che precedono implica che l’impresa produca tutte le prove, in particolare

1.      che essa dimostri, con la presentazione dei documenti rilevanti, che le entrate lorde della società figlia provengono esclusivamente o quasi esclusivamente da attività che rientrano nell’articolo 8, paragrafo 1, nn. da 1 a 6, dell’[AStG] o da partecipazioni che rientrano nella prima frase, nn. 1 e 2,

2.      che essa dimostri, con la presentazione dei documenti rilevanti, che le entrate lorde della controllata provengono esclusivamente o quasi esclusivamente da attività che rientrano nell’articolo 8, paragrafo 1, nn. da 1 a 6, dell’[AStG] o da partecipazioni che rientrano nella prima frase, n. 1,

3.      che essa dimostri l’utile distribuibile della società figlia o della società figlia di secondo livello con la produzione dei bilanci e dei conti economici; tali documenti devono essere presentati su richiesta con il certificato prescritto o normalmente utilizzato nello Stato in cui si trovano la direzione commerciale o la sede e stabilito da un organismo di controllo ufficialmente riconosciuto o equiparato. 8Nel caso di compagnie d’assicurazione vita e medica, le frasi da 1 a 7 non si applicano agli utili che derivano da partecipazioni imputabili agli investimenti di capitali; lo stesso vale anche per i fondi pensionistici; (…)».

6.        Il disposto dell’articolo 8, paragrafo 1, nn. da 1 a 6, dell’[AStG] richiamato all’articolo 9, n. 7, del GewStG indica le seguenti attività:

1.      agricoltura e silvicoltura;

2.      fabbricazione, trattamento, trasformazione o montaggio di oggetti, attività di produzione di energia e di ricerca o esplorazione di risorse naturali,

3.      gestione di enti creditizi o di compagnie assicurative che, per le loro operazioni, gestiscono un ente commerciale (con alcune eccezioni),

4.      commercio (con alcune eccezioni),

5.      servizi (con alcune eccezioni),

6.      affitto e locazione (con alcune eccezioni).

7.        Inoltre, con riferimento all’imposta sull’utile di esercizio, sono rilevanti le seguenti disposizioni della KStG:

Articolo 8b Partecipazione in altre società e associazioni

1)      1Ai fini della determinazione del reddito, non si tiene conto delle remunerazioni percepite ai sensi dell’articolo 20, paragrafo 1, nn. 1, 2, 9 e 10 a), dell’[EStG]. 2La prima frase si applica agli altri redditi di cui all’articolo 20, paragrafo 1, n. 1, seconda frase dell’[EStG] e alle entrate di cui all’articolo 20, paragrafo 1, n. 9, secondo inciso, e all’articolo 20, paragrafo 1, n. 10 a), secondo inciso, dell’[EStG] solo se questi non hanno diminuito il reddito della società prestatrice (articolo 8, paragrafo 3, seconda frase). 3Se le remunerazioni di cui alla prima frase sono escluse dalla base imponibile ai fini delle imposte sulle società in virtù di una convenzione contro la doppia imposizione, la seconda frase si applica comunque, nonostante le disposizioni della convenzione relative a tale esenzione.

(…)

Articolo 15 Calcolo del reddito per un’unità fiscale [Organschaft]

Ai fini della determinazione del reddito di un’unità fiscale, si applicano, in deroga alle regole generali, le disposizioni seguenti:

(…)

2.      L’articolo 8b, paragrafi da 1 a 6 della presente legge e l’articolo 4, paragrafo 6, dell’Umwandlungssteuergesetz (legge sul regime fiscale delle trasformazioni societarie) non sono applicabili alla società affiliata [Organgesellschaft]. (....)».

8.        Ai fini della comprensione dell’articolo 8b della KStG, occorre altresì fare riferimento all’estratto dell’articolo 20, paragrafo 1, n. 1, dell’EStG, come qui di seguito riprodotto:

«1) Sono redditi da capitale:

1.      le quote di utili (dividendi), rendite e altre remunerazioni derivanti dalle azioni, dai diritti di godimento che conferiscono un diritto di partecipare all’utile e al provento della liquidazione di una società di capitali, dalle quote sociali detenute in società a responsabilità limitata, in cooperative di mercato ed economiche [Erwerbs- und Wirtschaftsgenossenschaften] nonché in associazioni minerarie con personalità giuridica (…)».

II.    Procedimento principale e questione pregiudiziale

9.        La società EV, una società in accomandita per azioni di diritto tedesco (KGaA), è la società madre di un gruppo mondiale. Le sue società figlie detengono partecipazioni nel capitale di diverse altre società.

10.      Nel periodo d’imposta controverso 2008/2009, fra la ricorrente, in qualità di società madre, e la società [R GmbH], divenuta [«H International»], in qualità di società affiliata, vi era un’unità fiscale ai fini dell’imposta sugli utili. La ricorrente deteneva il 100% del capitale della società R.

11.      La società R deteneva a sua volta il 100% del capitale della società [HAP Ltd.], società di capitali di diritto australiano con sede in Australia.

12.      Nel 2009 la HAP Ltd. ha ottenuto dalla sua società figlia filippina [H Inc.] una distribuzione di utili pari all’importo di 556 000 dollari australiani (AUD) (vale a dire circa EUR 337 584).

13.      Lo stesso anno la HAP Ltd. ha distribuito al proprio azionista, la società R un importo pari a AUD 45 287 000 (vale a dire EUR 27 496 685,49). L’importo distribuito era composto, oltre che da un importo versato dalla società H Inc., anche da un riporto a nuovo (utili riportati nel corso di diversi esercizi precedenti).

14.      Nel 2012 il Finanzamt Dortmund (ufficio delle imposte di Dortmund, Germania), ha effettuato un controllo fiscale sulla società R relativo agli esercizi dal 2006 al 2009 e ha constatato che i dividendi ottenuti dalla società R erano esenti dall’imposta per quanto riguardava la ricorrente, ai sensi dell’articolo 8b, paragrafo 1, della Körperschaftsteuergesetz 2002 (legge sulla tassazione delle società del 2002), in quanto il 5% del risultato era reintegrato su base forfettaria nel reddito della società ai sensi dell’articolo 8b, paragrafo 5, della medesima legge sotto forma di spese di esercizio non deducibili.

15.      In conformità con l’articolo 8, n. 5, del GewStG e previo abbattimento degli utili distribuiti dalla società H Inc. alla società HAP Ltd., l’ufficio delle imposte di Dortmund ha considerato opportuno reintegrare i dividendi versati dalla società HAP Ltd. alla società R (nella misura del 95%, come disposto per l’imposta sull’utile di esercizio) nel risultato della ricorrente in quanto società madre, che costituisce la base imponibile dell’imposta sull’utile di esercizio.

16.      In data 13 novembre 2012 l’ufficio delle imposte ha emesso un avviso d’imposta nel quale ha fissato a EUR 11 417 la base imponibile ai fini dell’imposta sulle società dovuta a titolo del 2009.

17.      Il reclamo proposto avverso tale avviso d’imposta è stato respinto dall’ufficio delle imposte perché non fondato con decisione dell’8 novembre 2013.

18.      La ricorrente ha quindi proposto ricorso, sostenendo che l’articolo 9, n. 7, del GewStG dovrebbe essere interpretato in maniera più elastica e l’articolo 8, n. 5, in combinato disposto con l’articolo 9, n. 7, del GewStG dovrebbe essere inteso, invece, in modo più rigoroso, oppure si sarebbe in presenza di un trattamento discriminatorio dei dividendi di fonte estera che non trova giustificazione nel diritto dell’Unione e neppure nel diritto costituzionale.

19.      A seguito del ricorso proposto contro tale decisione relativa alla base imponibile per l’imposta sull’utile di esercizio, la controversia pendente concerne ormai solo la perdita di esercizio riportabile della ricorrente, che l’ufficio delle imposte ha stimato, nel suo parere del 6 giugno 2016, in EUR 2 366 004,40 e che la ricorrente ritiene essere pari a EUR 29 525 077.

20.      Alla luce di tali elementi, il Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se le disposizioni relative alla libera circolazione dei capitali e dei pagamenti di cui agli articoli 63 e segg. [TFUE], debbano essere interpretate nel senso che esse ostano alla normativa contenuta nell’articolo 9, n. 7, della [GewStG], in ragione del fatto che, in virtù di tale normativa, l’abbattimento, ai fini dell’imposta sull’utile di esercizio, applicato agli utili e alle reintegrazioni di tali utili in misura pari agli utili derivanti da quote di partecipazione in una società di capitali avente la propria direzione commerciale e la propria sede al di fuori della Repubblica federale di Germania è collegato a presupposti più rigorosi rispetto all’abbattimento applicato agli utili e alle reintegrazioni di tali utili in misura pari agli utili derivanti da quote di partecipazione in una società di capitali tedesca non esente da imposizione o in misura pari alla parte dei ricavi da attività commerciali di un’impresa tedesca che sia imputabile ad una stabile organizzazione non situata nel territorio tedesco».

III. Analisi

A.      Sintesi delle osservazioni delle parti

21.      Entrambe le parti di cui al procedimento principale hanno presentato osservazioni scritte: la società EV e l’ufficio delle imposte, nonché il governo tedesco e la Commissione europea. Tutte le parti, con l’eccezione del detto ufficio, sono state sentite nel corso dell’udienza del 30 novembre 2017.

22.      La Repubblica federale di Germania ritiene che le disposizioni relative alla libera circolazione dei capitali e dei pagamenti, di cui agli articoli 63 e seguenti del TFUE, non ostino ad una disposizione come l’articolo 9, n. 7, del GewStG.

23.      Secondo tale governo, il caso di specie non rientra nell’ambito di applicazione degli articoli 63 e seguenti del TFUE, ma dovrebbe essere esaminato alla luce della libertà di stabilimento, in quanto presuppone l’esistenza di una «sicura influenza» sulle società, prevedendo una partecipazione del 15%.

24.      In effetti, si potrebbe parlare di influenza sicura o determinante allorché, a partire dal momento in cui, se la norma di cui si tratta non prevede disposizioni in materia di controllo o di minoranze di blocco, essa esige tuttavia una soglia di partecipazione superiore al limite a partire dal quale sono applicabili i diritti riconosciuti ai soci di minoranza.

25.      Orbene, secondo tale governo, l’articolo 49 TFUE non copre le fattispecie, come quella di cui al presente caso, che riguardano lo stabilimento di una società di uno Stato membro in un paese terzo o lo stabilimento di una società di un paese terzo in uno Stato membro (3).

26.      Secondo il governo tedesco, anche supponendo che si consideri che la libera circolazione dei capitali possa applicarsi nella fattispecie, la disposizione di cui all’articolo 9, n. 7, del GewStG non costituisce una restrizione e non introduce alcuna differenza di trattamento, ma al contrario instaura una parità di trattamento fra i redditi passivi derivanti da partecipazioni in società di capitali estere stabilite all’interno dell’Unione europea e quelli derivanti da altri redditi passivi.

27.      Tale governo afferma che in virtù dell’articolo 9, n. 7, del GewStG il beneficiario nazionale dei dividendi derivanti dalle attività commerciali di società stabilite all’interno di paesi terzi può godere, in forza della disposizione di cui si tratta, del medesimo trattamento previsto per le partecipazioni detenute in società stabilite sul territorio nazionale.

28.      Qualora la Corte dovesse ritenere che il presente caso rientra nel campo di applicazione della libertà di circolazione dei capitali, il governo tedesco ritiene che un’eventuale restrizione a tale libertà non costituirebbe una violazione del diritto dell’Unione, in quanto l’articolo 64, paragrafo 1, TFUE consente agli Stati membri di mantenere restrizioni alla libertà di circolazione dei capitali.

29.      Secondo il governo tedesco, le tre condizioni cumulative, necessarie ai fini dell’applicazione della clausola di salvaguardia di cui all’articolo 64 TFUE, sarebbero soddisfatte: la restrizione di cui si tratta esisteva in data 31 dicembre 1993; il provvedimento nazionale di cui si tratta riguarda le attività che si esercitano in paesi terzi e, infine, i movimenti di capitali di cui si tratta sono connessi con una delle operazioni indicate all’articolo 64, paragrafo 1, TFUE.

30.      Tale governo fa notare che, secondo la giurisprudenza, la nozione di «investimenti diretti» riguarda gli investimenti di qualsiasi tipo effettuati da persone fisiche o giuridiche e aventi lo scopo di creare o di mantenere legami durevoli e diretti fra l’investitore di fondi e l’impresa cui tali fondi sono destinati ai fini dell’esercizio di un’attività economica (4).

31.      Infine, secondo tale governo, qualora fosse constatata l’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali, quest’ultima sarebbe comunque giustificata.

32.      Il governo tedesco ritiene che le situazioni di cui all’articolo 9, n. 7, del GewStG non siano oggettivamente comparabili alle situazioni di cui all’articolo 9, n. 2a del GewStG. Per dimostrare questo, esso rileva che le partecipazioni in società di capitali nazionali o straniere detenute da una società nazionale costituiscono redditi nazionali. I dividendi derivanti dalla partecipazione in una proprietà straniera non sono, in linea di principio, assoggettati all’imposta sull’utile di esercizio a monte. Lo sono, invece, i dividendi derivanti dalla partecipazione in una società nazionale. Questo costituirebbe un criterio obiettivo per giustificare una differenza di trattamento.

33.      Per quanto riguarda le altre deroghe previste ai fini di giustificare le restrizioni di cui si tratta, esso fa notare che la Corte riconosce che la prevenzione di operazioni fraudolente costituisce un motivo idoneo a giustificare una restrizione. Qualsiasi presunzione generale di evasione deve naturalmente essere esclusa e il legislatore deve offrire al contribuente la possibilità di fornire la prova del fatto che nessun abuso è stato commesso. Tale possibilità è, in particolare, prevista dall’articolo 8, paragrafo 2, dell’AStG nei casi di attività economica effettiva.

34.      La società EV sostiene, in sostanza, che nella fattispecie si è in presenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali in quanto l’esenzione dei dividendi percepiti da una società stabilita nello stesso Stato membro è subordinata a condizioni molto meno severe di quelle che trovano applicazione quando è coinvolto uno Stato terzo.

35.      Anzitutto, ai soggetti che percepiscono dividendi versati da società stabilite in Stati terzi o la cui direzione commerciale effettiva si trova in Stati terzi si applica il regime di cui all’articolo 9, n. 7, prima frase, del GewStG, in base al quale l’esenzione dei dividendi può trovare applicazione a vantaggio del soggetto sottoposto all’imposta sull’utile di esercizio che li percepisce solo se le entrate lorde della società distributrice stabilita nello Stato terzo derivano da determinati redditi «attivi».

36.      Inoltre, occorre che la partecipazione sia stata detenuta senza interruzioni dall’inizio alla fine del periodo di riferimento mentre, per le partecipazioni nelle società residenti, occorre che la partecipazione sia detenuta solo all’inizio del periodo di cui si tratta.

37.      Infine, l’esenzione dei dividendi provenienti da una società stabilita in uno Stato terzo è limitata ai casi in cui, nella struttura del gruppo, non vi sono più di tre livelli.

38.      Per quanto riguarda la questione se la restrizione alla libertà fondamentale di cui si tratta possa essere giustificata, la società EV non vede quali motivi imperativi di interesse generale possano giustificare il trattamento privilegiato dei dividendi che provengono da società stabilite nel medesimo Stato membro rispetto ai dividendi versati da società stabilite all’interno di Stati terzi.

39.      Inoltre, la clausola di standstill non troverebbe applicazione almeno per quattro motivi.

40.      In primo luogo, anche se l’articolo 64 TFUE prevede che le eventuali restrizioni ai movimenti di capitali provenienti da paesi terzi o ad essi diretti possono ancora essere applicate da uno Stato membro ammesso che la normativa nazionale le prevedesse alla data del 31 dicembre 1993, la EV sostiene che il quadro giuridico della tassazione dei dividendi di una società di capitali stabilita in Germania nel 2009 era sostanzialmente diverso da quello in vigore alla data del 31 dicembre 1993, in quanto il legislatore tedesco avrebbe introdotto non solo una «nuova procedura» facendo uso di denominazioni diverse, ma anche differenze considerevoli di natura concettuale. Pertanto, sotto il profilo della possibilità di chiedere l’applicazione dell’articolo 64, paragrafo 1, TFUE (clausola di standstill), una siffatta modifica del diritto applicabile sarebbe equiparabile all’introduzione di una nuova regolamentazione fondata su una logica nuova, diversa da quella della regolamentazione precedente, tenuto conto che la disposizione di cui si tratta disciplinava all’epoca dei fatti controversi situazioni molto diverse da quelle che esistevano alla data del 31 dicembre 1993.

41.      In secondo luogo, in seguito alle modifiche della sostanza della disposizione di cui si tratta, le possibilità di abbattimento offerte al soggetto passivo sono state ridotte.

42.      In terzo luogo, la partecipazione del 10% prevista dalla legge alla data del 31 dicembre 1993, alla quale rimanda la disposizione di cui si tratta, è stata portata al 15% (quindi aumentata) dall’Unternehmenssteuerreformgesetz (legge di riforma dell’imposta sulle società) del 14 agosto 2007 (5). Un siffatto aumento del 50% della quota di partecipazione ha l’effetto di ridurre sensibilmente la portata degli abbattimenti possibili in virtù dell’articolo 9, n. 7, del GewStG.

43.      In quarto luogo, la disposizione in questione nella causa principale è stata inclusa in un sistema di tassazione dei dividendi interamente modificato.

44.      La Commissione condivide l’opinione del giudice del rinvio, secondo il quale l’articolo 9, n. 7, del GewStG deve essere esaminato alla luce della libera circolazione dei capitali e considera che esso dia origine, nella fattispecie, a una restrizione di tale libertà di circolazione. Essa ritiene che una comparazione fra le norme applicabili alle società figlie residenti e quelle applicabili alle società figlie straniere con riferimento agli abbattimenti da operare sulla base del reddito di cui si tratta ai fini dell’applicazione dell’imposta sull’utile di esercizio (vale a dire la somma dell’utile e delle maggiorazioni) evidenzi una disparità di trattamento.

45.      Mentre i dividendi versati da società figlie residenti danno diritto ad un abbattimento incondizionato della base imponibile in virtù dell’articolo 9, n. 2a, del GewStG, l’articolo 9, n. 7, del GewStG prevede invece diverse condizioni supplementari con riferimento alle distribuzioni che provengono da società non residenti: gli utili distribuiti devono, in particolare, derivare da un’attività economica «attiva», circostanza che non si verifica nel caso di una holding come HAP Ltd.; inoltre, la direzione commerciale e la sede delle «società figlia di secondo livello» devono trovarsi nello stesso Stato della società figlia.

46.      Per quanto riguarda l’applicabilità della «clausola di standstill» di cui all’articolo 57 CE (divenuto articolo 64 TFUE), la Commissione ricorda che la disposizione di cui si tratta deve «implicare investimenti diretti», condizione che, già di per sé, non ricorrerebbe nel caso di specie.

47.      Infatti, tenuto conto che l’articolo 9, n. 7, del GewStG prevede solo una partecipazione del 15% (che inizialmente era del 10%), la Commissione ritiene che non si possa considerare che tale disposizione implica investimenti diretti.

48.      Con riferimento alla questione relativa alla corrispondenza, in sostanza, fra la normativa esistente e quella che era applicabile alla data del 31 dicembre 1993, la Commissione ritiene che la Corte abbia già fornito indicazioni chiare al riguardo all’interno della sua giurisprudenza, segnatamente al punto 41 della sentenza del 24 maggio 2007, Holböck (C‑157/05, EU:C:2007:297), dove ha sottolineato che una legislazione che si basa su una logica diversa da quella del diritto precedente o che introduce nuove procedure non può essere equiparata alla legislazione iniziale.

49.      La Commissione rileva che, dal 1993, la disposizione di cui si tratta è stata modificata più volte, in particolare nel 1999 con l’introduzione del sistema di sgravio del 50% del reddito. Siffatte modifiche potrebbero essere considerate come un «cambiamento radicale di sistema».

50.      A ciò si aggiunge il fatto che la soglia minima di partecipazione richiesta ai fini dell’abbattimento è stata portata dal 10% al 15%, restringendo così l’ambito di applicazione della normativa. La Commissione ne trae la conclusione che tale restrizione alla libera circolazione dei capitali non può essere ammessa sulla base dell’articolo 57 CE.

51.      Per appurare se la possibile restrizione in questione possa essere giustificata, la Commissione fa notare la circostanza che l’obiettivo della lotta contro gli abusi fiscali o l’evasione fiscale costituirebbe, all’occorrenza, una possibile giustificazione. Secondo la giurisprudenza della Corte [sentenza del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punti 51 e 55, e giurisprudenza ivi citata)], una misura restrittiva è ammessa «se concerne specificatamente le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa dello Stato membro interessato».

52.      Essa rileva che il fatto generatore di cui all’articolo 9, n. 7, del GewStG non contiene tuttavia alcun criterio idoneo a configurare una costruzione di puro artificio o la presenza di elementi che attestino abusi fiscali. Inoltre, una presunzione generale di elusione o di evasione fiscale non può bastare a giustificare una siffatta restrizione (6).

53.      In conclusione, la Commissione non riconosce la possibilità che la disposizione di cui all’articolo 9, n. 7, del GewStG possa trovare giustificazione nella prevenzione degli abusi fiscali o dell’elusione fiscale. Essa non rinviene inoltre altre ragioni idonee a giustificare tale disposizione.

B.      Valutazione

1.      Osservazioni preliminari

54.      Sebbene le disposizioni applicabili dei due trattati siano identiche, occorre anzitutto precisare che, per l’esercizio 2008/2009 che si è chiuso in data 31 maggio 2009, sono ancora applicabili alla ricorrente le disposizioni del trattato CE, in quanto il TFUE è entrato in vigore solo nel mese di dicembre 2009.

55.      Inoltre, anche se la questione pregiudiziale si riferisce alle differenze che la legge tedesca stabilisce nelle condizioni che si applicano agli abbattimenti sugli utili a seconda che questi ultimi derivino da partecipazioni detenute in società di capitali con direzione commerciale e sede al di fuori o all’interno della Repubblica federale di Germania (senza distinzione fra gli altri Stati membri e gli Stati terzi), la controversia di cui è investito il giudice del rinvio riguarda unicamente le partecipazioni in società di capitali con direzione commerciale e sede in paesi non appartenenti all’Unione europea. Redigerò le presenti conclusioni sulla base di tale elemento, senza prendere in considerazione le partecipazioni detenute in società di capitali con direzione commerciale o sede all’interno di altri Stati membri (7).

56.      Infine, e per almeno tre di esse, non viene contestato da nessuna delle parti il fatto che le condizioni alle quali è sottoposta l’esenzione dei dividendi percepiti da società stabilite in Stati terzi sono più severe di quelle imposte ai dividendi percepiti da società residenti in Germania.

57.      Tale disparità di trattamento costituisce peraltro la ragione per cui, in un’ordinanza molto dettagliata e ben motivata, che consta di ben di 41 pagine, il giudice del rinvio esprime i propri «seri» dubbi sulla compatibilità dell’articolo 9, n. 7, del GewStG con il diritto dell’Unione (8).

58.      Richiamo le tre differenze non contestate dalle parti: in primo luogo, nel caso di partecipazioni che derivano da società di capitali di diritto nazionale basta, per ottenere l’esenzione, che, all’inizio del periodo di percepimento, esse siano almeno pari al 15% del capitale iniziale e che le quote di utile siano state contabilizzate secondo le modalità precisate da tale testo; in secondo luogo, il requisito secondo cui occorre che le entrate lorde della società distributrice derivino da attività rurali, industriali o di servizio, o che esse siano «attive» e non «passive» opera solo se tale società è stabilita in un paese terzo; e in terzo luogo, quando la società distributrice è stabilita in un paese terzo, l’esenzione dei dividendi è limitata ai casi in cui la struttura del gruppo non include più di tre livelli (9).

2.      Su quale sia la libertà fondamentale applicabile nella specie

59.      Contrariamente a quanto sostenuto dal governo tedesco (10), penso (come il giudice del rinvio) che la disposizione di cui si tratta (11) debba essere esaminata alla luce della libera circolazione dei capitali (articolo 56 del trattato CE) e non della libertà di stabilimento.

60.      In effetti, ai fini della sua applicazione, tale disposizione non impone affatto che la società che riceve i dividendi abbia un’influenza decisiva sulla società distributrice. La quota effettiva di partecipazione che la società EV detiene nella società stabilita nello Stato terzo non risulta quindi determinante, in quanto lo scopo della disposizione controversa di diritto nazionale non è quello di applicarsi esclusivamente ai casi in cui la società beneficiaria esercita un’influenza decisiva sulla società distributrice.

61.      In proposito, la Corte ha dichiarato che, in un contesto relativo al trattamento fiscale di dividendi provenienti da uno Stato terzo, l’esame dell’oggetto di una normativa nazionale era sufficiente per stabilire se il trattamento fiscale di tali dividendi ricadesse sotto le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali (12).

62.      Al riguardo, la Corte ha precisato che una normativa nazionale relativa al trattamento fiscale di dividendi che non si applica esclusivamente alle fattispecie nelle quali la società madre esercita un’influenza determinante sulla società distributrice dei dividendi deve essere valutata alla luce dell’articolo 63 TFUE. Di conseguenza, al fine di contestare la legittimità di detta normativa (13), una società stabilita in uno Stato membro può, indipendentemente dall’entità della partecipazione da essa detenuta nella società distributrice di dividendi stabilita in uno Stato terzo, invocare tale disposizione.

63.      Così è nel caso dell’articolo 9, n. 7, del GewStG che riguarda i benefici derivanti da partecipazioni in società figlie con direzione commerciale e sede al di fuori della Repubblica federale di Germania e delle quali l’impresa soggetta ad imposta detiene almeno il 15% del capitale sociale, senza che sia fatto riferimento ad un qualsivoglia requisito di influenza decisiva sulle decisioni di tale società figlia.

64.      Nella sua decisione di rinvio, il giudice competente ritiene che, date le specificità del diritto nazionale, una siffatta partecipazione minima non conferisca alcuna sicura influenza sulle decisioni di una società (14).

65.      Non credo tuttavia che si debba entrare (15) nella discussione relativa alla questione se una quota di partecipazione del 15% conferisca o meno una sicura influenza sulle decisioni della società partecipata né che si debba prendere in considerazione la quota di partecipazione della R nella HAP Ltd., proprio perché lo scopo della disposizione controversa di diritto nazionale non è quello di applicarsi esclusivamente alle fattispecie in cui la società beneficiaria esercita un’influenza decisiva sulle decisioni della società distributrice.

66.      Come rilevato dalla Commissione, il fatto di prendere in considerazione le circostanze concrete del caso di specie non può avere come conseguenza che la libera circolazione dei capitali in cui sono coinvolti Stati terzi venga «esclusa» perché si ammette che, in caso di partecipazione significativa, su di essa prevale la libertà di stabilimento.

67.      Tale tesi è confermata dalla sentenza dell’11 settembre 2014, Kronos International (C‑47/12, U:C:2014:2200), secondo la quale:

«37      In presenza di una normativa il cui oggetto non consenta di stabilire se quest’ultima ricada in maniera preponderante nella sfera di applicazione dell’articolo 49 TFUE ovvero in quella dell’articolo 63 TFUE, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che, nei limiti in cui la normativa nazionale si riferisce a dividendi che hanno origine in uno Stato membro, al fine di stabilire se la fattispecie oggetto della controversia principale ricada nell’articolo 49 TFUE o nell’articolo 63 TFUE occorre tenere conto degli elementi di fatto del caso di specie [(16)].

38      Al contrario, per quanto riguarda il trattamento fiscale dei dividendi originari di un paese terzo, la Corte ha dichiarato che l’esame dell’oggetto di una normativa nazionale è sufficiente per stabilire se il trattamento fiscale di tali dividendi ricada sotto le disposizioni del Trattato FUE relative alla libera circolazione dei capitali, ove una normativa nazionale relativa al trattamento fiscale di dividendi originari di paesi terzi non è idonea a ricadere nella sfera di applicazione dell’articolo 49 TFUE [(17)].

39      La Corte ha quindi affermato che una società residente di uno Stato membro, titolare di una partecipazione in una società residente di un paese terzo che le conferisca sicura influenza sulle decisioni della società medesima e le consenta di determinarne le attività, può invocare l’articolo 63 TFUE per contestare la conformità a tale disposizione di una normativa di detto Stato membro relativa al trattamento fiscale di dividendi originari del suddetto paese terzo, la quale non si applichi esclusivamente alle situazioni in cui la società madre eserciti un’influenza determinante sulla società distributrice dei dividendi [(18)]».

68.      La risposta alla questione pregiudiziale deve, pertanto, basarsi sulla sola libera circolazione dei capitali.

3.      Sulla questione se la disparità di trattamento (v. supra punti 57 e 58) costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali

69.      Nelle misure vietate dall’articolo 56 CE in quanto restrizioni alla libera circolazione dei capitali rientrano quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dal fare investimenti in uno Stato membro o a dissuadere i residenti di questo Stato membro dal farne in altri Stati (19). Questo avviene, segnatamente, laddove fattispecie che presentano carattere transfrontaliero vengono trattate in modo meno vantaggioso rispetto alle fattispecie a carattere nazionale, come quando, in particolare, vengono assoggettate ad un’imposizione più elevata (20) o a condizioni più severe per l’ottenimento di un vantaggio fiscale.

70.      Applicando tale assunto al caso di specie, individuo una disparità di trattamento e una restrizione della libera circolazione dei capitali.

71.      In effetti, dall’analisi da me compiuta supra nei paragrafi da 56 a 58 (che concorda con quella del giudice del rinvio) risulta che il regime di esenzione dei redditi che derivano da partecipazioni in società di capitali nazionali è sottoposto a condizioni molto più semplici di quelle che trovano applicazione se i redditi derivano invece da partecipazioni in società di capitali stabilite in paesi terzi. Queste ultime partecipazioni sono quindi, in definitiva, meno attraenti.

72.      Il governo tedesco evoca la parità di trattamento dei dividendi che derivano da redditi passivi rapportata all’adeguatezza alla natura delle attività interessate dall’utile di esercizio. Secondo tale governo, la circostanza che un’attività considerata passiva, in generale un’attività di gestione del patrimonio, non sia soggetta all’imposta sull’utile di esercizio giustifica il fatto che siano deducibili solo i dividendi che derivano da attività industriali o commerciali e che non lo siano invece i redditi provenienti da attività passive.

73.      Tale tesi non può essere seguita in quanto non incide sul fatto che la condizione che riguarda le attività industriali o commerciali e non passive si applichi solo ai redditi che derivano da partecipazioni in società stabilite in Stati terzi. La differenza pertinente al fine di giudicare se vi sia una restrizione non è quella fra attività passive o meno, bensì quella che innesca tale condizione in funzione dell’origine dei dividendi.

74.      Ad ogni modo, l’argomento del governo tedesco riguarda una sola delle condizioni costitutive della disparità di trattamento.

75.      Alla luce di quanto precede concludo che il regime di cui si tratta comporta una restrizione alla libera circolazione dei capitali.

4.      Sull’applicabilità della «clausola di standstill» dell’articolo 57 CE (divenuto articolo 64 TFUE)

76.      Meritano di essere analizzate due condizioni stabilite da tale disposizione: la prima, secondo la quale i movimenti di capitali ai quali si applicano le restrizioni di cui si tratta devono implicare «investimenti diretti» e la seconda, secondo la quale le restrizioni di cui si tratta devono essere state in vigore nella normativa nazionale alla data del 31 dicembre 1993.

a)      La nozione di «investimenti diretti»

77.      Al fine di definire i movimenti di capitali di cui agli articoli 56 CE e seguenti (divenuti articoli 63 TFUE e seguenti), che non trovano definizione nel trattato, la Corte ha fatto riferimento, nella sua giurisprudenza consolidata, all’allegato I, sezione I della direttiva 88/361/CEE del Consiglio, del 24 giugno 1988, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato (21).

78.      Lo stesso vale per la nozione di investimenti diretti.

79.      Infatti, nella sentenza del 24 maggio 2007, Holböck (C‑157/05, EU:C:2007:297), la Corte ha dichiarato che: «Sebbene la nozione di “investimenti diretti” non sia definita dal Trattato, essa tuttavia, nella legislazione comunitaria, è stata oggetto di definizione nella nomenclatura dei movimenti di capitali figurante nell’allegato I della direttiva del Consiglio del 24 giugno 1988, 88/361/CEE, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato (…)» (punto 33).

80.      La Corte prosegue: «[co]me risulta dall’elenco degli “investimenti diretti” figurante nella prima rubrica della nomenclatura di cui trattasi e dalle note esplicative che vi si riferiscono, la nozione di investimenti diretti riguarda gli investimenti di qualsiasi tipo effettuati da persone fisiche o giuridiche aventi lo scopo di stabilire o mantenere legami durevoli e diretti fra il finanziatore e l’impresa cui tali fondi sono destinati per l’esercizio di un’attività economica (…)» (punto 34).

81.      Infine, «[c]on riferimento a partecipazioni in imprese nuove o esistenti, come confermano tali note esplicative, l’obiettivo di creare o mantenere legami economici durevoli presuppone che le azioni detenute dall’azionista conferiscano a quest’ultimo, sia a norma delle disposizioni di legge nazionali sulle società per azioni sia altrimenti, la possibilità di partecipare effettivamente alla gestione di tale società o al suo controllo (…)» (punto 35 di detta sentenza).

82.      Sottolineo il fatto che viene fatta una chiara differenza fra, da una parte, la partecipazione al controllo (che può implicare un controllo condiviso) e, dall’altra parte, la partecipazione effettiva alla gestione della società.

83.      Tenuto conto che l’articolo 9, n. 7, del GewStG prevede una partecipazione minima del 15% (inizialmente del 10%), ritengo che tale disposizione implichi investimenti diretti, in quanto tali partecipazioni, pur non dando la possibilità di controllare una società, offrono però certamente la possibilità di partecipare in modo effettivo alla sua gestione.

b)      Assenza di una modifica della legislazione nazionale in vigore alla data del 31 dicembre 1993

84.      Al fine di verificare se tale seconda condizione sia soddisfatta, occorre basarsi sulla corrispondenza di sostanza e di logica fra norme di diritto nazionale anteriori al 31 dicembre 1993 e quelle posteriori a tale data (22), in quanto semplici differenze di carattere redazionale che non pregiudicano affatto la logica dell’ambito giuridico risultano irrilevanti (23).

85.      La giurisprudenza precisa che una disposizione che modifica la logica su cui si basava la legislazione precedente e che istituisce nuove procedure non può essere assimilata alle disposizioni esistenti alla data di cui all’articolo 57 CE (divenuto articolo 64 TFUE) (24).

86.      Ritengo (come la società EV e la Commissione) che le modifiche, a partire dal 31 dicembre 1993, della legislazione di cui si tratta non consentano di considerare che lo stato del diritto nel 2009 (periodo rilevante ai fini della presente causa) fosse identico in termini di sostanza, di procedure e di logica a quello esistente alla data del 31 dicembre 1993.

87.      Certamente, rientra, «in linea di principio, nelle competenze del giudice nazionale determinare il contenuto della legislazione vigente ad una data stabilita da un atto comunitario, [ma] la Corte può fornire gli elementi interpretativi della nozione comunitaria che costituisce il riferimento per l’applicazione di un regime derogatorio comunitario ad una legislazione nazionale “vigente” ad una certa data» (25).

88.      Al riguardo, in seguito al radicale cambiamento del regime di tassazione dei dividendi in Germania, costituito in particolare dalla scomparsa del sistema di imputazione nell’ambito dell’imposta sulle società e dall’introduzione dell’esenzione dei dividendi a partire dal 1o gennaio 2001, il quadro giuridico della tassazione dei dividendi deve essere considerato come mutato in modo sostanziale.

89.      Un elemento molto semplice interviene a dimostrazione di quanto sopra: la soglia minima di partecipazione richiesta per un abbattimento è stata innalzata dal 10% al 15%, riducendo così l’ambito di applicazione dell’esenzione e inasprendo la restrizione.

90.      Aggiungo che la mia conclusione concorda con l’opinione del giudice nazionale, il quale rileva che le modifiche intervenute dal 1993 costituiscono un «completo mutamento di sistema» (26).

5.      Sulla possibile giustificazione della restrizione nel caso di specie

91.      Le restrizioni di cui alla normativa di cui si tratta possono essere giustificate qualora si sia in presenza di situazioni che non sono oggettivamente comparabili o anche di ragioni imperative di interesse generale (27), a condizione che la restrizione sia atta a garantire la realizzazione dello scopo perseguito e non vada oltre quanto necessario al raggiungimento di tale scopo.

a)      Comparabilità

92.      Il governo tedesco sostiene che le situazioni considerate non sono comparabili, in quanto i dividendi provenienti da una partecipazione in una società stabilita in uno Stato terzo non sono soggetti all’imposta sull’utile di esercizio a monte, mentre quelli provenienti da una società nazionale lo sono.

93.      La non-comparabilità non può risultare dal fatto che i dividendi percepiti rappresentano redditi nazionali oppure redditi esteri, come indicato da tale governo al punto 70 delle proprie osservazioni.

94.      Nella sua abbondante giurisprudenza relativa ai «dividendi in entrata» (28), la Corte non ha mai ammesso un siffatto ragionamento. Orbene, è pacifico che la distribuzione di dividendi da parte di una società di capitali con sede in Germania sia comparabile con la distribuzione da parte di una società con sede in uno Stato terzo.

95.      La Commissione fa inoltre riferimento alla concezione dell’imposta sull’utile di esercizio, la quale, in quanto tassa comunale, deve, in linea di principio, riguardare l’attività commerciale nel luogo della sede (29). Orbene, tenuto conto che le distribuzioni provenienti da società collegate possono essere integrate nella base imponibile, non vi sono ragioni per stabilire una distinzione fra società residenti e non residenti. Tale ragionamento si applica anche all’eventuale obiettivo di evitare l’imposizione a catena degli utili (obiettivo che, in fin dei conti, è alla base delle disposizioni dell’articolo 9, n. 2a, del GewStG). Anche sotto questo profilo non esiste alcuna differenza sostanziale fra società residenti e non residenti.

b)      Ragioni imperative di interesse generale

96.      La lotta contro la frode o l’abuso è la sola ragione imperativa di interesse generale invocata dal governo tedesco.

97.      Al riguardo, occorre ricordare che, fin dalla sentenza del 16 luglio 1998, ICI (C‑264/96, EU:C:1998:370) la Corte ha più ammesso tale giustificazione se non nei casi di legislazioni il cui obiettivo specifico era quello di impedire le costruzioni di puro artificio finalizzate ad eludere la normativa fiscale nazionale, il che non sembra essere la situazione che ricorre per quanto riguarda la legislazione di cui si tratta.

98.      Inoltre, la Corte non ha mai ammesso che tale tipo di legislazione instaurasse una presunzione generale e assoluta di frode, circostanza che si verificherebbe nel caso della legislazione tedesca se il suo obiettivo fosse stato effettivamente quello di lottare contro la frode, l’elusione fiscale e gli abusi. Infatti, è impossibile ritenere che si sia necessariamente in presenza di frode o abuso per il solo fatto che un reddito risulta da attività «passive» (30) o perché un gruppo di società ha una struttura con più di tre livelli.

99.      A questo si aggiunge il fatto che la «presunzione di abuso» di cui all’articolo 9, n. 7, del GewStG (ammesso che sia dimostrata) è assoluta, vale a dire che al contribuente non è neppure data la possibilità di dimostrare che, in quel caso specifico, non ha commesso alcun abuso.

100. In proposito, il governo tedesco non può invocare la giustificazione relativa alla necessità di assicurare l’efficacia dei controlli fiscali, la quale, è vero, è stata ammessa a condizioni meno severe nei casi di movimenti di capitali con paesi terzi, ma solo allorché non esista fra lo Stato membro e lo Stato terzo interessati alcuna convenzione di assistenza amministrativa in materia fiscale.

101. Nel caso di specie, il governo tedesco ha confermato in sede di udienza di non voler in alcun modo contestare l’esistenza (evocata sia dal giudice del rinvio sia dalla Commissione) di tali convenzioni, in particolare fra la Repubblica federale di Germania e il Commonwealth d’Australia, paese da cui provengono i dividendi. Inoltre, in risposta a un quesito posto dalla Corte in sede di udienza, il governo tedesco ha confermato l’assenza di difficoltà note relative alla condivisione di informazioni fiscali fra la Repubblica federale di Germania e il Commonwealth d’Australia.

102. Ad ogni modo, ritengo che, indipendentemente dalle informazioni trasmesse, il beneficiario di dividendi non potrebbe mai apportare la prova dell’inesistenza di un abuso.

IV.    Conclusione

103. Per queste ragioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alla questione pregiudiziale proposta dal Finanzgericht Münster (Tribunale tributario di Münster):

Gli articoli 56 e seguenti CE devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale, come quella di cui al procedimento principale, laddove questa produce l’effetto, ai fini di stabilire l’utile e le reintegrazioni nel contesto dell’imposta sull’utile di esercizio, di collegare l’abbattimento degli utili derivanti da quote di partecipazione in una società di capitali stabilita in un paese terzo rispetto all’Unione europea a presupposti più rigorosi rispetto all’abbattimento, applicato agli utili e alle reintegrazioni, degli utili derivanti da quote di partecipazione in una società di capitali residente non esente da imposizione, senza che tali presupposti siano opportuni, necessari e proporzionati per evitare gli abusi fiscali o le frodi fiscali.


1      Lingua originale: il francese.


2      Gewerbesteuergesetz 2002, come modificata dalla legge tributaria annuale del 2008 del 20 dicembre 2007 (BGBI. I 2007, pag. 3150).


3      V. sentenza del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑35/11, EU:C:2012:707, punti 96 e segg.).


4      Sentenza del 24 novembre 2016, SECIL (C‑464/14, EU:C:2016:896, punto 75).


5      BGBl. I 2007, pag. 1912.


6      Sentenze del 28 ottobre 2010, Établissements Rimbaud (C‑72/09, EU:C:2010:645, punto 34), e del 9 novembre 2006, Commissione/Belgio (C‑433/04, EU:C:2006:702, punto 35, e giurisprudenza citata).


7      Con riferimento a queste ultime partecipazioni, se le condizioni di abbattimento di utili che sono loro imposte sono le stesse di quelle che interessano le partecipazioni in società stabilite all’interno di Stati terzi, (circostanza contestata in sede di udienza e che non è stata trattata nella parte scritta del procedimento), le soluzioni che intendo proporre varranno mutatis mutandis con riferimento alla restrizione della libera circolazione e alla sua possibile giustificazione. Per definizione, l’articolo 57 CE sarebbe loro inapplicabile e la libertà di circolazione in questione potrebbe essere la libertà di stabilimento senza che questo incida sulla soluzione.


8      Per il medesimo parere o la stessa conclusione, v. la dottrina: Roser, F., in Lenski E., e Steinberg, W., Kommentar zum Gewerbesteuergesetz, § 9 Nr. 7 punto 20a, Otto Schmidt, Colonia, 2016; Güroff in Glanegger, P., e Güroff, Gewerbesteuergesetz: Kommentar, § 9 Nr. 7 punto 4, 8a edizione, Beck, Monaco di Baviera, 2014; Blümich, W., e Gosch, D., Einkommensteuergesetz, Körperschaftsteuergesetz, Gewerbesteuergesetz, § 9 GewStG punto 297, Vahlen, Monaco di Baviera, 2016; Schnitter, G., in Frotscher, G, e Drüen, K.-D., Kommentar zum Körperschaft-, Gewerbe- und Umwandlungssteuergesetz, GewStG, § 9, punto 201, Haufe, Fribourg, 2016; Ernst, M., Das gewerbesteuerliche Schachtelprivileg – Irrungen und Wirrungen in nationalen und grenzüberschreitenden Konstellationen, Die Unternehmensbesteuerung, 2010, pagg. 494, 499 e 501; Kraft, G., e Hohage, U., Zur Notwendigkeit einer unionsrechtlichen Neujustierung des internationalen gewerbesteuerlichen Schachtelprivilegs, Finanz-Rundschau Ertragsteuerrecht, vol. 96, n. 9, maggio 2014, pagg. 419 e 420.


9      La Commissione ha evocato una quarta differenza, vale a dire che la direzione commerciale e la sede delle «società figlie di secondo livello» devono trovarsi all’interno dello stesso Stato della società figlia. Come dimostrerò, le tre differenze non contestate bastano ampiamente a ravvisare una restrizione alla libera circolazione dei capitali.


10      V., supra, paragrafi 23 e segg.


11      Vale a dire l’articolo 9, n. 7, del GewStG.


12      V., in tal senso, sentenze del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 29); del 10 giugno 2015, X AB (C‑686/13, EU:C:2015:375, punti 17 e segg. e giurisprudenza ivi citata), nonché del 24 novembre 2016, SECIL, C‑464/14, EU:C:2016:896, punti 34 e 35.


13      V., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 30 e giurisprudenza citata).


14      Al punto 3.b della decisione di rinvio (pag. 23 e segg.), il giudice parte dal principio che, nel diritto tedesco, una siffatta influenza si ha solo a partire dal 25%. A mio parere, risulta evidente che non è necessario risolvere in questa sede la questione se tale circostanza ricorra effettivamente nel caso di specie.


15      Come succede in alcuni casi per le fattispecie interne all’Unione. V., in particolare, sentenza del 10 giugno 2015, X AB (C‑686/13, EU:C:2015:375, punti 22 e segg. e giurisprudenza citata).


16      La Corte fa riferimento, in tal senso, alle sentenze del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑35/11, EU:C:2012:707, punti 93 e 94 e alla giurisprudenza ivi citata); del 28 febbraio 2013, Beker e Becker (C‑168/11, EU:C:2013:117, punti 27 e 28), nonché del 13 marzo 2014, Bouanich (C‑375/12, EU:C:2014:138, punto 30).


17      La Corte fa riferimento, in tal senso, alla sentenza del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑35/11, EU:C:2012:707, punti 96 e 97).


18      La Corte fa riferimento alla sentenza del 13 novembre 2012, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑35/11, EU:C:2012:707, punto 104).


19      Sentenza del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen (C‑436/08 e C‑437/08, EU:C:2011:61, punto 50 e giurisprudenza citata).


20      V., segnatamente, sentenze del 17 ottobre 2013, Welte (C‑181/12, EU:C:2013:662, punto 25); del 4 settembre 2014, Commissione/Germania (C‑211/13, EU:C:2014:2148, punti 28 e segg.); del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek (C‑252/14, EU:C:2016:402, punto 28); e del 30 giugno 2016, Feilen (C‑123/15, EU:C:2016:496, punto 19).


21      GU 1988, L 178, pag. 5. V. sentenze del 6 giugno 2000, Verkooijen (C‑35/98, EU:C:2000:294, punto 27); del 5 marzo 2002, Reisch e a. (C‑515/99, da C‑519/99 a C‑524/99 e da C‑526/99 a C‑540/99, EU:C:2002:135, punto 30); dell’11 settembre 2008, Arens-Sikken (C‑43/07, EU:C:2008:490, punto 30); dell’11 settembre 2008, Eckelkamp e a. (C‑11/07, EU:C:2008:489, punto 39) nonché del 17 settembre 2009, Glaxo Wellcome (C‑182/08, EU:C:2009:559, punti da 41 a 44).


22      Sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, EU:C:2006:774, punti da 174 a 196); del 24 maggio 2007, Holböck (C‑157/05, EU:C:2007:297, punti da 39 a 45), nonché del 5 maggio 2011, Prunus e Polonium (C‑384/09, EU:C:2011:276, punti da 27 a 37), del 31 maggio 2015, Wagner-Raith (C‑560/13, EU:C:2015:347, punto 41) e, segnatamente, il trattamento fiscale meno vantaggioso dei dividendi di origine estera (sentenza del 24 novembre 2016, SECIL, C‑464/14, EU:C:2016:896, punti 81 e segg.). V., inoltre, sentenza del 24 maggio 2007, Holböck (C‑157/05, EU:C:2007:297, punto 41), nonché dell’11 febbraio 2010, Fokus Invest (C‑541/08, EU:C:2010:74, punto 42).


23      V. sentenza del 5 maggio 2011, Prunus e Polonium (C‑384/09, EU:C:2011:276, punto 36).


24      Sentenza del 24 novembre 2016, SECIL (C‑464/14, EU:C:2016:896, punto 88 e giurisprudenza citata).


25      V. sentenze del 24 maggio 2007, Holböck (C‑157/05, EU:C:2007:297, punto 40), e del 24 novembre 2016, SECIL (C‑464/14, EU:C:2016:896, punto 82).


26      V. decisione di rinvio, parte III.1.bb (pagg. da 30 a 32).


27      V., in tal senso, sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 23 e giurisprudenza citata) nonché del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek (C‑252/14, EU:C:2016:402, punto 47).


28      Sentenze del 15 luglio 2004, Lenz (C‑315/02, EU:C:2004:446); del 7 settembre 2004, Manninen (C‑319/02, EU:C:2004:484); del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, EU:C:2006:774); del 23 aprile 2009, Commissione/Grecia (C‑406/07, non pubblicata, EU:C:2009:251), e del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249).


29      V. le osservazioni della Commissione, punto 42, che si riferiscono alla decisione di rinvio.


30      V. sentenze del 26 settembre 2000, Commissione/Belgio (C‑478/98, EU:C:2000:497, punto 45); del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 50); del 28 ottobre 2010, Établissements Rimbaud (C‑72/09, EU:C:2010:645, punto 34); del 5 maggio 2011, Commissione/Portogallo (C‑267/09, EU:C:2011:273, punto 42), nonché del 24 novembre 2016, SECIL (C‑464/14, EU:C:2016:896, punto 59 e giurisprudenza citata). V., inoltre, sentenze del 12 dicembre 2002, Lankhorst-Hohorst (C‑324/00, EU:C:2002:749, punto 37); del 4 marzo 2004, Commissione/Francia (C‑334/02, EU:C:2004:129, punto 27); del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen (C‑436/08 e C‑437/08 EU:C:2011:61, punti 69 e segg.); del 6 giugno 2013, Commissione/Belgio (C‑383/10, EU:C:2013:364, punti 63 e segg.); del 22 ottobre 2014, Blanco e Fabretti (C‑344/13 e C‑367/13, EU:C:2014:2311, punti 37 e segg.), nonché dell’8 marzo 2017, Euro Park Service (C‑14/16, EU:C:2017:177, punti 22 e segg.) (a proposito di una direttiva).