Language of document : ECLI:EU:C:2013:120

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 28 febbraio 2013 (1)

Causa C‑388/11

Le Crédit Lyonnais

contro

Ministre du Budget, des Comptes publics et de la Réforme de l’État

[domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta dal Conseil d’État (Francia)]

«Fiscalità – IVA – Sesta direttiva 77/388/CEE – Articoli 17 e 19 – Detrazione dell’imposta pagata a monte – Beni e servizi utilizzati nel contempo per operazioni che danno diritto a detrazione e per operazioni che non vi danno diritto – Calcolo del prorata di detrazione – Presa in considerazione, da parte di una società, della cifra d’affari delle sue succursali stabilite in altri Stati membri o in paesi terzi – “Prorata mondiale” – Principio della neutralità dell’IVA – Territorialità dell’imposta»





1.        La presente causa offre alla Corte l’opportunità di esaminare una serie di questioni interpretative concernenti il diritto a detrazione inerente al regime comune dell’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») che, pur essendo di grande rilevanza sul piano dei principi, viste le loro conseguenze pratiche, non sono state, tuttavia, ancora oggetto di esame.

2.        Presentata in termini molto semplici, la questione principale sottoposta alla valutazione della Corte è di sapere se una società, la cui sede centrale è stabilita in uno Stato membro e che ha succursali stabilite in altri Stati membri o in paesi terzi, all’atto dell’adempimento dei propri obblighi fiscali nei confronti dello Stato membro della propria sede centrale e qualora realizzi in pari misura operazioni che danno diritto e operazioni che non vi danno diritto, debba calcolare il suo prorata di detrazione, ai sensi degli articoli 17, paragrafo 5, e 19 della sesta direttiva 77/388/CEE, prendendo in considerazione la sua cifra d’affari totale, vale a dire integrando sia quella della sede centrale sia quella delle sue varie succursali, operazione convenzionalmente denominata il «prorata mondiale».

3.        Benché i fatti di cui trattasi nel procedimento principale siano datati, in quanto risalenti agli anni 1988 e 1989, e rientrano nell’ambito di applicazione nelle disposizioni della sesta direttiva 77/388/CEE (2) allora in vigore, le questioni pregiudiziali che sono state così tardivamente sollevate mantengono tuttavia un interesse attuale, in quanto le disposizioni pertinenti della suddetta direttiva sono rinvenibili, quasi identiche, nelle disposizioni della direttiva 2006/112/CE (3), da cui è stata abrogata (4). Il suddetto interesse è tanto più pregnante in quanto la principale rivendicazione della ricorrente nel procedimento principale si fonda sulla sentenza del 23 marzo 2006, FCE Bank (5), e induce la Corte, in considerazione del principio della neutralità inerente al regime comune dell’IVA, ad adottare una posizione di principio al riguardo.

I –          Contesto normativo

A –          Diritto dell’Unione: la sesta direttiva

4.        L’articolo 17 della sesta direttiva (6) dispone:

«1.      Il diritto a [detrazione] sorge quando l’imposta [detraibile] diventa esigibile.

2.      Nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a [detrarre] dall’imposta di cui è debitore:

a)      l’[IVA] dovuta o assolta per le merci che gli sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo;

b)      l’[IVA] dovuta o assolta per le merci importate;

c)      l’[IVA] dovuta ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 7, lettera a), e dell’articolo 6, paragrafo 3.

3.      Gli Stati membri accordano altresì ad ogni soggetto passivo la [detrazione] o il rimborso dell’[IVA] di cui al paragrafo 2 nella misura in cui i beni e i servizi sono utilizzati ai fini:

a)      di sue operazioni relative alle attività economiche di cui all’articolo 4, paragrafo 2, effettuate all’estero, che darebbero diritto a [detrazione] se fossero effettuate all’interno del paese;

b)      di sue operazioni esenti ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera i ), dell’articolo 15 e dell’articolo 16, paragrafo 1, punti B, C e D, e paragrafo 2;

c)      di sue operazioni esenti ai sensi dell’articolo 13 B, lettera a) e lettera d), punti da 1 a 5, quando il cliente risieda fuori della Comunità o quando tali operazioni sono direttamente connesse a beni destinati a essere esportati in un paese non appartenente alla Comunità.

(…)

5.      Per quanto riguarda i beni ed i servizi utilizzati da un soggetto passivo sia per operazioni che danno diritto a [detrazione] di cui ai paragrafi 2 e 3, sia per operazioni che non conferiscono tale diritto, la [detrazione] è ammessa soltanto per il prorata dell’[IVA] relativo alla prima categoria di operazioni.

Detto prorata è determinato ai sensi dell’articolo 19 per il complesso delle operazioni compiute dal soggetto passivo.

Tuttavia, gli Stati membri possono:

a)      autorizzare il soggetto passivo a determinare un prorata per ogni settore della propria attività, se vengono tenute contabilità distinte per ciascun settore;

b)      obbligare il soggetto passivo a determinare un prorata per ogni settore della propria attività ed a tenere contabilità distinte per ciascuno di questi settori;

c)      autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la [detrazione] in base all’utilizzazione della totalità o di una parte dei beni e servizi;

d)      autorizzare od obbligare il soggetto passivo ad operare la [detrazione] secondo la norma di cui al primo comma relativamente a tutti i beni e servizi utilizzati per tutte le operazioni ivi contemplate;

e)      prevedere che non si tenga conto dell’imposta sul valore aggiunto che non può essere [detratta] dal soggetto passivo quando essa sia insignificante».

5.        L’articolo 19, paragrafi 1 e 2, della sesta direttiva 77/388 (7) dispone quanto segue:

«Il prorata di [detrazione] previsto dall’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, risulta da una frazione avente:

–        al numeratore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’[IVA], relativo alle operazioni che danno diritto a [detrazione] ai sensi dell’articolo 17, paragrafi 2 e 3,

–        al denominatore l’importo totale della cifra d’affari annua, al netto dell’[IVA], relativo alle operazioni che figurano al numeratore e a quelle che non danno diritto a [detrazione]. Gli Stati membri possono includere anche nel denominatore l’importo di sovvenzioni diverse da quelle di cui all’articolo 11 A, paragrafo 1, lettera a).

Il prorata viene determinato su base annuale, in percentuale e viene arrotondato all’unità superiore.

2.      In deroga alle disposizioni del paragrafo 1, per il calcolo del prorata di [detrazione], non si tiene conto dell’importo della cifra d’affari relativa alle cessioni di beni d’investimento che il soggetto passivo ha utilizzato nella sua impresa. Non si tiene neppure conto dell’importo della cifra d’affari relativa alle operazioni accessorie, immobiliari o finanziarie o a quelle di cui all’articolo 13, punto B, lettera d), anche quando si tratta di operazioni accessorie. Qualora gli Stati membri si avvalgano della possibilità prevista dall’articolo 20, paragrafo 5, di non richiedere la rettifica per i beni di investimento, possono includere i proventi della cessione di tali beni nel calcolo del prorata di [detrazione]».

B –          Diritto francese

6.        Alla data dei fatti del procedimento principale, gli articoli 17, paragrafo 5, e 19 della sesta direttiva, secondo quanto riportato nella decisione di rinvio, erano recepiti dagli articoli 212, 213 e 219 dell’allegato II del code général des impôts (8).

7.        L’articolo 212 dell’allegato II del CGI disponeva quanto segue:

«I soggetti passivi che non effettuano esclusivamente operazioni che danno diritto a detrazione possono detrarre una frazione dell’[IVA] che ha gravato sui beni che costituiscono immobilizzi pari all’importo di detta imposta moltiplicato per il rapporto fra l’ammontare annuo delle entrate relative ad operazioni che danno diritto a detrazione e l’ammontare annuo delle entrate relative a tutte le operazioni effettuate (...)».

8.        L’articolo 213 dell’allegato II del CGI prevedeva quanto segue:

«Qualora il soggetto passivo operi in settori di attività non sottoposti a identica disciplina quanto all’[IVA], tali settori, ai fini dell’applicazione del diritto a detrazione, formano oggetto di contabilità distinte.

(…)

L’importo dell’imposta detraibile per i beni comuni ai diversi settori è determinato mediante applicazione del rapporto di cui all’articolo 212».

9.        L’articolo 219 dell’allegato II del CGI aveva il seguente tenore:

«I soggetti passivi che non effettuano esclusivamente operazioni che danno diritto a detrazione possono detrarre l’[IVA] che ha gravato sui medesimi beni e servizi nel rispetto dei seguenti limiti:

a.      Qualora tali beni e servizi concorrano esclusivamente all’esecuzione di operazioni che danno diritto a detrazione, l’imposta che ha gravato sugli stessi è detraibile;

b.      Qualora essi concorrano esclusivamente all’esecuzione di operazioni che non danno diritto a detrazione, l’imposta che ha gravato sugli stessi non è detraibile;

c.      Qualora il loro impiego sfoci, al contempo, nell’esecuzione di operazioni, di cui alcune danno diritto a detrazione e altre non danno diritto a detrazione, una frazione dell’imposta che ha gravato sugli stessi è detraibile. Tale frazione viene determinata alle condizioni di cui agli articoli 212‑214».

10.      Inoltre, l’articolo 271, paragrafo 4, del CGI così prevedeva:

«4.      «Danno diritto a detrazione, alle stesse condizioni che sarebbero applicabili se fossero assoggettati all’[IVA]:

a)      (...)

b)      I servizi bancari e finanziari esenti ai sensi del disposto dell’articolo 261 C, paragrafo 1, lettere a)‑e), qualora questi siano prestati a soggetti residenti o stabiliti al di fuori della Comunità economica europea o riguardino esportazioni di beni verso paesi diversi dagli Stati membri della Comunità».

II –       Fatti all’origine della controversia principale

11.      In seguito a una verifica contabile relativa al periodo compreso tra il 1° gennaio 1988 e il 31 dicembre 1989, la società Le Crédit Lyonnais (9), la cui sede si trova in Francia, con due avvisi di rettifica del 27 dicembre 1991 e del 7 dicembre 1992, veniva assoggettata a maggiore imposta a titolo di IVA e di imposta sulle retribuzioni, per aver erroneamente considerato, al numeratore e al denominatore del prorata di detrazione di cui all’articolo 212 dell’allegato II del CGI, l’importo degli interessi dei prestiti concessi alle sue succursali stabilite in altri Stati membri o in Stati terzi.

12.      Con due reclami del 20 luglio 1994, la LCL chiedeva l’esenzione da tale maggiore imposta a titolo dell’IVA nonché dell’imposta sulle retribuzioni per gli anni 1988 e 1989, sostenendo che l’importo di tali interessi poteva essere preso in considerazione nel calcolo del prorata di detrazione.

13.      Con avviso di riscossione del 17 novembre 1994, alla LCL veniva richiesto di pagare una maggiore imposta a titolo di IVA, per un importo, tasse e interessi compresi, di EUR 1 151 573,81 per il 1988 e di EUR 1 349 357,81 per il 1989. Con avviso di accertamento del 30 dicembre 1994, alla LCL veniva richiesto di pagare una maggiore imposta a titolo di imposta sulle retribuzioni per un importo, tasse e interessi compresi, di EUR 1 209 890,89 per il 1988 e di EUR 1 246 611,44 per il 1989.

14.      Con un altro reclamo del 31 dicembre 1996, la LCL chiedeva il rimborso, da un lato, dell’IVA che essa riteneva di aver pagato ingiustamente per gli anni 1988 e 1989, ossia EUR 46 944 246,96 e, dall’altro, dell’imposta sulle retribuzioni che essa riteneva di aver pagato ingiustamente per gli anni 1988 e 1989 (EUR 23 067 082,45). La LCL faceva valere di aver erroneamente omesso di prendere in considerazione, nel suo prorata di detrazione dell’IVA, gli interessi versati alle sue succursali all’estero da parte dei loro clienti. La LCL chiedeva altresì la compensazione tra l’imposta sulle retribuzioni, di cui veniva richiesto il rimborso, e l’imposta sulle società liquidata nell’ambito della verifica.

15.      Dato che l’amministrazione aveva respinto tali reclami, la LCL, con ricorso del 28 agosto 1998, presentava al Tribunal administratif de Paris (Francia), da un lato, una domanda di esenzione dalla maggiore imposta a titolo dell’IVA accertata a suo carico per gli anni 1988 e 1989 e, dall’altro, una domanda di rimborso dell’IVA e dell’imposta sulle retribuzioni che essa riteneva di aver pagato ingiustamente per gli anni 1988 e 1989.

16.      Con sentenza del 5 ottobre 2004, il Tribunal administratif de Paris respingeva queste diverse domande.

17.      Con sentenza dell’8 dicembre 2006, la Cour administrative d’appel de Paris confermava tale sentenza. Essa ha ritenuto, da un lato, che le succursali della LCL stabilite in altri Stati membri fossero a loro volta assoggettate all’IVA e tenessero conto delle proprie entrate per determinare il proprio prorata di detrazione, di modo che le suddette entrate non potevano fondare un nuovo diritto a detrazione a favore della sede centrale. Essa ha considerato, dall’altro, che, per l’esercizio del diritto a detrazione, non si teneva conto delle operazioni effettuate dalle succursali della LCL stabilite in paesi terzi, dato che queste ultime potevano non essere soggetti passivi d’imposta oppure essere assoggettate ad altre norme.

18.      La LCL, il 21 febbraio 2007, proponeva quindi impugnazione dinanzi al Conseil d’État, onde ottenere l’annullamento della predetta sentenza dell’8 dicembre 2006.

III –       Questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

19.      Date queste premesse, con decisione dell’11 luglio 2011, il Conseil d’État (sottosezioni terza, ottava, nona e decima riunite) ha sospeso il procedimento e ha chiesto alla Corte di pronunciarsi in via pregiudiziale sulle seguenti questioni:

«1)      se, tenuto conto delle norme relative all’ambito di applicazione territoriale dell’imposta sul valore aggiunto, gli articoli 17, paragrafi 2 e 5, e 19 della sesta direttiva (…), possano essere interpretati nel senso che, ai fini del calcolo del prorata ivi previsto, la sede centrale di una società stabilita in uno Stato membro debba tenere conto delle entrate di ciascuna delle sue succursali stabilite in un altro Stato membro e, simmetricamente, tali succursali debbano tenere conto di tutte le entrate ricomprese nell’ambito di applicazione dell’[IVA] conseguite dalla società;

2)      se si debba adottare la medesima soluzione per le succursali stabilite al di fuori dell’Unione europea, in particolare alla luce del diritto a detrazione previsto dall’articolo 17, paragrafo 3, lettere a) e c), in relazione alle operazioni bancarie e finanziarie di cui all’articolo 13 B, lettera d), punti 1‑5, effettuate a favore di clienti stabiliti al di fuori della Comunità;

3)      se la risposta alle prime due questioni possa variare da uno Stato membro all’altro, in funzione delle opzioni rese possibili dall’ultimo comma dell’articolo 17, paragrafo 5, in particolare per quanto riguarda la costituzione di settori di attività distinti;

4)      in caso di risposta affermativa a una delle prime due questioni, da un lato, se occorra limitare l’applicazione di tale prorata al calcolo dei diritti a detrazione dell’[IVA] che ha gravato sulle spese sostenute dalla sede centrale a vantaggio delle succursali estere e, dall’altro, se le entrate conseguite all’estero debbano essere prese in considerazione secondo le norme applicabili nello Stato della succursale, oppure secondo quelle applicabili nello Stato della sede centrale».

20.      Hanno presentato osservazioni scritte la LCL, la Repubblica francese, la Repubblica di Cipro, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord nonché la Commissione europea.

21.      Sono state inoltre sentite le osservazioni orali della LCL, della Repubblica francese, del Regno Unito nonché della Commissione all’udienza pubblica che si è tenuta il 27 settembre 2012.

IV –       Analisi

A –          Osservazioni preliminari

22.      Con le sue questioni pregiudiziali, il giudice del rinvio chiede in sostanza alla Corte di rispondere alla questione se (prima e seconda questione), ed eventualmente entro quali limiti (terza e quarta questione), la sesta direttiva imponga agli Stati membri, tenuto conto in particolare della citata sentenza FCE Bank, di applicare ciò che viene comunemente denominato il «prorata mondiale», ossia calcolare il prorata di detrazione dell’IVA, previsto agli articoli 17, paragrafo 5, e 19 della suddetta direttiva, della sede centrale di una società stabilita in uno Stato membro tenendo conto, per i suoi obblighi fiscali in detto Stato membro, della cifra d’affari delle sue succursali stabilite in altri Stati membri o in Stati terzi, sia inversamente che reciprocamente.

23.      Si deve in primo luogo osservare che il giudice del rinvio solleva la sua quarta questione in subordine, vale a dire in quanto e nei limiti in cui venga data risposta affermativa soltanto all’una o all’altra delle due prime questioni. Supponendo che venga data risposta negativa a tali due prime questioni, non sarà quindi necessario rispondere alla quarta. Inoltre, non sarà necessario rispondere alla terza questione, tenuto conto della risposta che propongo di fornire alla prima questione.

24.      Occorre in secondo luogo sottolineare che il procedimento principale riguarda una domanda, formulata da una società la cui sede è stabilita nello Stato membro del giudice del rinvio, nella specie la Francia, diretta ad ottenere che sia presa in considerazione la cifra d’affari delle succursali di detta società stabilite in altri Stati membri (prima questione) o in paesi terzi (seconda questione) ai fini del calcolo del suo prorata di detrazione per l’adempimento dei suoi obblighi fiscali nel primo Stato membro.

25.      Tuttavia, se è vero che la prima questione sollevata dal giudice del rinvio riguarda specificamente l’ammissibilità di tale domanda in questa ipotesi, e quindi dal punto di vista della sede centrale della società di cui trattasi nel procedimento principale, essa riguarda altresì, in fine, l’ammissibilità della stessa domanda nell’ipotesi simmetrica, dal punto di vista delle succursali stabilite in altri Stati membri. Il giudice del rinvio, infatti, interroga altresì la Corte sulla possibilità, per le succursali stabilite in altri Stati membri, di tener conto ugualmente e simmetricamente, nel loro prorata di detrazione e per l’adempimento dei loro obblighi fiscali nel proprio Stato membro di stabilimento, di tutte le entrate della società in quanto tali, vale a dire sia quelle della sede centrale sia quelle di ciascuna delle altre succursali.

26.      Orbene, dato che la soluzione della controversia principale non implica l’esame delle modalità di determinazione del prorata di detrazione delle succursali della LCL stabilite e soggette a imposizione fiscale in altri Stati membri, spetterà alla Corte, come proposto dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, riformulare la prima questione ad essa sottoposta escludendo questo aspetto (10).

27.      Infine, e in terzo luogo, sembra giustificato condividere la distinzione proposta dal giudice del rinvio rispondendo separatamente e successivamente alle sue prime due questioni che, sollevando lo stesso interrogativo di principio sull’ammissibilità del «prorata mondiale», distinguono la situazione delle società a seconda che esse abbiano succursali stabilite in Stati membri oppure in paesi terzi, tenuto conto in particolare delle specifiche disposizioni dell’articolo 17, paragrafo 3, lettera c), della sesta direttiva (11), che disciplinano il diritto a detrazione dell’IVA sui beni e sui servizi utilizzati ai fini delle operazioni esenti ai sensi dell’articolo 13 B, lettere a) e d), punti da 1 a 5) (12) di tale direttiva, effettuate con clienti stabiliti in Stati terzi.

28.      Nell’ambito della presente causa, la LCL fa valere essenzialmente che il principio della neutralità inerente al sistema comune dell’IVA, stabilito dalla sesta direttiva, impone il riconoscimento del «prorata mondiale» e ciò, in particolare, come conseguenza logica della citata sentenza FCE Bank.

29.      Per contro, i governi degli Stati membri che hanno presentato osservazioni scritte e orali nonché la Commissione sono concordi, in sostanza e in primo luogo, nel considerare che la LCL attribuisce alla citata sentenza FCE Bank una portata di cui è sprovvista. Essi ritengono, in ogni caso, che il sistema comune dell’IVA stabilito dalla sesta direttiva, e in particolare il suo ambito di applicazione territoriale, nonché considerazioni di ordine pratico ostino al riconoscimento del «prorata mondiale». La sesta direttiva escluderebbe la possibilità per gli Stati membri di consentire ai soggetti passivi, rientranti nell’ambito di applicazione territoriale della loro normativa fiscale ed esercenti le loro attività in più Stati membri attraverso succursali, di prendere in considerazione la cifra d’affari di queste ultime ai fini del calcolo del loro prorata di detrazione.

B –          Sulla presa in considerazione, nel calcolo del prorata di detrazione della sede centrale di una società stabilita in uno Stato membro, della cifra d’affari delle succursali stabilite in altri Stati membri (prima questione)

30.      Dal momento che la citata sentenza FCE Bank riveste un ruolo centrale nella presente causa, ancor prima di occuparsi dell’ammissibilità della tesi del «prorata mondiale», che costituisce l’oggetto principale di tale causa (13), è indispensabile determinarne con esattezza la portata in modo da stabilire fino a che punto possa condizionare la risposta da fornire alle questioni sottoposte alla Corte dal giudice del rinvio.

1.            Sulla sentenza FCE Bank e sulla sua portata

31.      Si deve anzitutto osservare che la soluzione adottata dalla Corte nella citata sentenza FCE Bank non è mai stata messa in discussione, nell’ambito del procedimento principale o dinanzi alla Corte, né dalla LCL né dai governi degli Stati membri che hanno presentato osservazioni o dalla Commissione (14). Tale sentenza costituisce, invece, il punto di partenza delle rivendicazioni della LCL ed occorre quindi considerare come acquisito che la LCL e le succursali di cui trattasi nel procedimento principale rientrano proprio nel caso di specie previsto in tale sentenza, vale a dire che si tratta proprio di «succursali» e non di «società controllate». Occorre tuttavia precisare, al riguardo, che spetta al giudice del rinvio assicurarsi che la situazione di cui trattasi nel procedimento principale rientri esattamente nel caso di specie cui fa riferimento la citata giurisprudenza FCE Bank, in quanto le risposte alle questioni da esse sottoposte partono dal presupposto che la LCL e le sue varie succursali costituiscano un’entità giuridica unica ai fini dell’applicazione delle norme sull’IVA.

32.      In sostanza, la LCL fa valere in via principale ed esclusiva che l’applicazione della citata giurisprudenza FCE Bank comporta, in linea di principio, una perdita del diritto a detrazione dell’IVA gravante sui beni e sui servizi acquistati a monte dalla sede centrale di una società ogni volta che detti beni e servizi vengano utilizzati ai fini di operazioni soggette a imposta effettuate a valle dalle succursali di detta società stabilite in altri Stati membri. Infatti, dal momento che, in attuazione della citata giurisprudenza FCE Bank, la sede centrale non può fatturare i suddetti beni e servizi forniti alle succursali, queste ultime si troverebbero nell’impossibilità di detrarre l’IVA gravante sugli stessi, assolta a monte dalla sede centrale, dall’IVA di cui esse sono debitrici sulle operazioni imponibili da esse effettuate a valle. Pertanto, sarebbe possibile detrarre soltanto l’IVA gravante sulle spese sostenute dalle stesse succursali nel proprio Stato membro di stabilimento.

33.      La LCL ne deduce che, salvo subire una perdita del diritto a detrazione che sarebbe contraria al principio della neutralità dell’IVA, una società la cui sede centrale effettui al contempo operazioni imponibili e operazioni che non danno diritto a detrazione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva, dovrebbe poter tener conto necessariamente, nel calcolo del suo prorata di detrazione dell’IVA gravante sulle spese inerenti alle sue operazioni imponibili, di tutte le operazioni cui hanno concorso le spese anzidette, sia quelle effettuate dalla sede centrale nel suo Stato membro di stabilimento che quelle effettuate dalle succursali nel loro Stato membro di stabilimento.

34.      Formulata in termini molto sintetici, la citata sentenza FCE Bank ci indica che in una società che ha il suo stabilimento principale (la sua sede centrale) in uno Stato membro (la FCE Bank) e un centro di attività stabile (una succursale) stabilito in un altro Stato membro (la FCE IT) questi formano, nei confronti dello Stato membro di stabilimento della succursale (Italia) e qualora la sede centrale abbia fornito alla succursale beni o servizi, un soggetto passivo unico (15) nei loro «rapporti» reciproci (16), cosicché le prestazioni eventualmente fornite dalla sede centrale della società alla succursale non possono essere qualificate come prestazioni di servizi a titolo oneroso ai sensi dell’articolo 2 della sesta direttiva, con la necessaria conseguenza che queste ultime non erano assoggettate all’IVA, nella specie, nello Stato membro della succursale.

35.      Infatti, una prestazione di servizi, secondo la giurisprudenza della Corte (17), è soggetta all’IVA solo se tra il prestatore e il destinatario sussiste un rapporto giuridico nell’ambito del quale vengono scambiate prestazioni reciproche. Orbene, siffatto rapporto giuridico non può sussistere tra la sede centrale di una società e la sua succursale qualora quest’ultima non svolga un’attività economica indipendente, vale a dire qualora non possa essere considerata autonoma in quanto sopporta il rischio economico derivante dalla sua attività (18). Tale era, nella specie, la situazione della FCE IT, succursale della FCE Bank, che non disponeva di un fondo di dotazione (19).

36.      Va osservato, al riguardo, come non sia contestato, né dagli Stati membri che hanno presentato osservazioni né dalla Commissione, che l’applicazione della giurisprudenza FCE Bank può sfociare teoricamente (20) in una situazione nella quale una società stabilita in uno Stato membro e avente succursali stabilite in altri Stati membri possa registrare una certa perdita del proprio diritto a detrazione dell’IVA, qualora concentri in uno Stato membro, nella specie, per l’ipotesi in esame, quello della sua sede centrale, l’acquisizione di beni e servizi utilizzati per operazioni effettuate in altri Stati membri, dato che le operazioni effettuate a valle non danno diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte.

37.      Tuttavia, nella citata sentenza FCE Bank, la Corte si è limitata a dichiarare che le operazioni effettuate dalla sede centrale di una società con le sue varie succursali dovevano essere considerate operazioni interne e la portata di detta sentenza si esaurisce in tale qualificazione.

38.      La Corte, infatti, non si è affatto pronunciata, in tale sentenza, sulle modalità di detrazione dell’IVA. Se è vero che essa «può avere» come conseguenza che l’IVA gravante su dette spese a monte nello Stato membro della sede centrale «possa» non essere detratta in proporzione al loro utilizzo nelle operazioni a valle negli Stati membri delle succursali, si tratta solo, in tal caso, dell’esclusione di una delle possibilità ipotizzabili di applicazione del diritto a detrazione.

39.      Non si può tuttavia ritenere che la conseguenza implicita ma necessaria della citata sentenza FCE Bank sia di imporre agli Stati membri, in qualche modo correlativamente o a titolo di compensazione, in attuazione del principio della neutralità inerente al sistema comune dell’IVA stabilito dalla sesta direttiva, di consentire ad una società, una parte delle cui attività è esente da IVA in forza dell’articolo 13 B, lettera d), della suddetta direttiva e non dà quindi diritto, in via di principio, a detrazione dell’IVA, di calcolare il suo prorata di detrazione, ai sensi degli articoli 17, paragrafo 5, e 19 della suddetta direttiva, tenendo conto della cifra d’affari di tutte le sue succursali.

40.      Per concludere, se è vero che la citata sentenza FCE Bank esclude una possibilità di detrazione dell’IVA gravante su spese effettuate dalla sede centrale di una società stabilita in uno Stato membro qualora le stesse siano utilizzate per operazioni eseguite dalle sue succursali in altri Stati membri, essa non fornisce tuttavia alcuna risposta, né esplicita né implicita, alla questione principale sollevata dalla presente causa, di stabilire se siffatta società debba considerare sia la cifra d’affari della sede centrale sia quella delle sue succursali per calcolare il suo prorata di detrazione ai sensi degli articoli 17, paragrafo 5, e 19 della sesta direttiva. La risposta a tale questione dovrà essere quindi cercata altrove.

41.      Tuttavia, prima di esaminare le disposizioni degli articoli 17, paragrafo 5, e 19 della sesta direttiva, sui quali la LCL fonda le proprie rivendicazioni e che disciplinano il diritto a detrazione dell’IVA gravante sui beni e sui servizi utilizzati al contempo per operazioni che danno diritto a detrazione e per operazioni che non danno diritto a detrazione, si deve innanzitutto ricordare la portata del diritto di cui trattasi, come previsto all’articolo 17 della sesta direttiva e interpretato dalla Corte.

2.            Sul diritto a detrazione, sul principio della neutralità e sull’ambito di applicazione territoriale del regime comune dell’IVA

42.      Come la Corte ha ripetutamente sottolineato, il regime di detrazioni stabilito dagli articoli da 17 a 20 della sesta direttiva costituisce un elemento fondamentale (21) del sistema comune dell’IVA, in quanto è diretto ad assicurare la neutralità dell’imposta nei confronti di tutte le attività economiche, indipendentemente dai loro scopi o dai loro risultati, a condizione che siano esse stesse assoggettate all’IVA (22). Imposta essenzialmente destinata a incidere sui consumi, e sul luogo in cui avvengono tali consumi (23), in proporzione al prezzo dei beni e dei servizi (24), l’IVA viene applicata, salvo eccezioni (25), a ciascuna transazione di produzione o di distribuzione, dopo la detrazione dell’IVA che ha gravato direttamente sul costo dei vari elementi costitutivi del prezzo di detti beni e servizi (26).

43.      Il diritto a detrazione di cui all’articolo 17 della sesta direttiva mira così ad esentare il soggetto passivo dall’onere dell’IVA dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche, sempreché queste non siano esenti. La suddetta direttiva gli consente quindi di detrarre dall’IVA riscossa sulle operazioni imponibili che effettua e di cui è debitore l’IVA gravante a monte sui beni o sui servizi acquistati ai fini di dette operazioni, a condizione che tali spese a monte presentino un collegamento diretto e immediato con le operazioni a valle (27) o possano essere riferite alle spese generali del soggetto passivo e configurarsi così come elementi costitutivi del prezzo delle operazioni a valle (28).

44.      È solo nell’ipotesi in cui un bene o un servizio sia utilizzato ai fini delle sue operazioni soggette a imposta che un soggetto passivo può detrarre dall’IVA di cui è debitore quella dovuta o assolta per tale bene o servizio (29). La detrazione dell’IVA a monte, che si impone altresì al fine di evitare una doppia imposizione (30), è così collegata alla riscossione dell’IVA a valle (31).

45.      L’impiego, reale o previsto, dei beni o dei servizi determina peraltro l’entità della detrazione iniziale alla quale il soggetto passivo ha diritto in forza dell’articolo 17 della sesta direttiva e l’entità delle eventuali rettifiche durante i periodi successivi, che devono essere effettuate alle condizioni previste all’articolo 20 della medesima direttiva (32).

46.      L’importanza del diritto a detrazione conferito ai soggetti passivi spiega perché, salvo casi di frode o di abuso (33), qualsiasi limitazione debba essere applicata, per la sua incidenza sul livello dell’imposizione fiscale, in modo analogo in tutti gli Stati membri e presupponga, quindi, l’esistenza di una norma del diritto dell’Unione che l’autorizzi espressamente (34).

47.      Per contro, ogni volta che beni o servizi acquistati da un soggetto passivo sono usati ai fini di operazioni esenti o non rientranti nell’ambito di applicazione dell’IVA (35), il che rileva per comprendere appieno la portata del principio della neutralità, non può esservi né riscossione dell’imposta a valle né, di conseguenza, detrazione o rimborso dell’imposta assolta a monte (36).

48.      Ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), della sesta direttiva, qualora un soggetto passivo fornisca beni o servizi a un altro soggetto passivo che li utilizza per effettuare un’operazione esente in forza, ad esempio, dell’articolo 13 A, della medesima direttiva, quest’ultimo, in via di principio, non ha diritto di detrarre l’IVA assolta a monte, poiché, in tal caso, i beni e i servizi in questione non sono impiegati per operazioni soggette a imposta (37). Ciò spiega il fenomeno, talvolta qualificato come «IVA occulta», in base al quale viene ad aggiungersi un costo supplementare al prezzo dei prodotti o servizi utilizzati nelle operazioni successive esenti (38).

49.      La sesta direttiva, in particolare il suo articolo 17, paragrafo 3, lettere b) e c) (39), prevede un diritto a detrazione dell’IVA, relativamente a beni o servizi utilizzati per operazioni esenti (40), solo in via eccezionale, dato che i termini impiegati al riguardo dalla suddetta direttiva sono interpretati in senso restrittivo (41).

50.      Dalle prescrizioni dell’articolo 17, paragrafo 2, della sesta direttiva, e quindi dal diritto a detrazione, in particolare, deriva il principio della neutralità fiscale, che costituisce, quale parte integrante del meccanismo dell’IVA, un principio fondamentale inerente al sistema comune dell’IVA stabilito dalla normativa comunitaria (42).

51.      Talvolta qualificato come principio generale del diritto dell’Unione inerente al sistema comune dell’IVA, il principio della neutralità è altresì espressione del principio generale della parità di trattamento (43), il quale prescrive che i soggetti passivi si trovino, riguardo all’IVA, nelle stesse condizioni di concorrenza, salvo disparità oggettivamente giustificate (44).

52.      Come è stato tuttavia sottolineato dalla Corte, il principio della neutralità, a differenza di altri principi generali del diritto dell’Unione, non è un principio di rango costituzionale e necessita di un’elaborazione legislativa che può essere realizzata solo mediante un atto di diritto comunitario derivato (45). Non si tratta dunque di una norma di diritto primario ma piuttosto di un principio interpretativo (46) che, in particolare, deve orientare gli Stati membri nell’adozione della legislazione volta a garantire il recepimento della sesta direttiva.

53.      Sotto quest’ultimo profilo, si deve sottolineare che il regime comune dell’IVA stabilito dalla sesta direttiva, di cui uno dei principali obiettivi, come emerge dal suo secondo considerando, è di garantire risorse proprie all’Unione attraverso la riscossione di un’imposta prelevata mediante applicazione di un’aliquota comune a una base imponibile determinata in modo uniforme e secondo norme comuni, rimane, nonostante tale armonizzazione, fortemente caratterizzato dall’ambito territoriale, e quindi statale, del suo funzionamento. Dato che l’armonizzazione realizzata dalla suddetta direttiva è solo parziale, in ciascuno Stato membro esiste un diverso regime legale dell’IVA. In definitiva, benché assoggettata ad un regime comune, l’IVA rimane un’imposta che ricade nella sovranità fiscale degli Stati membri, sovranità espressa nelle diverse disposizioni della sesta direttiva che indicano l’ambito di applicazione territoriale del suddetto regime comune.

54.      In particolare, come la Corte ha avuto occasione di sottolineare, l’articolo 9 della sesta direttiva, che determina in modo uniforme il luogo di collegamento fiscale delle prestazioni di servizi, mira a stabilire, come emerge dal settimo considerando della suddetta direttiva, una ripartizione razionale degli ambiti di applicazione delle legislazioni nazionali in materia di IVA ed ha così per obiettivo di evitare, da un lato, i conflitti di competenza che possono condurre a una doppia imposizione e, dall’altro, la mancata imposizione delle entrate (47).

55.      Il principio, richiamato supra, secondo il quale «l’IVA deve essere assolta, a prescindere dal suo importo, nello Stato membro in cui si realizza il consumo finale del bene» (48), consente «una precisa ripartizione del gettito dell’IVA applicata alle operazioni intracomunitarie e altresì di delimitare chiaramente la sovranità fiscale degli Stati membri interessati» (49).

56.      A vantaggio della trattazione precedente, e prima di affrontare specificamente il tema della risposta da fornire alle questioni sollevate dal giudice del rinvio, occorre presentare in maniera sintetica le modalità di calcolo del diritto a detrazione riconosciuto ai soggetti passivi che forniscono essi stessi beni o servizi non interamente assoggettati all’IVA.

3.            Sul prorata di detrazione (articoli 17, paragrafo 5, e 19, della sesta direttiva)

57.      Nei casi in cui il soggetto passivo effettui al contempo e, in via di principio, in modo indistinto operazioni imponibili e operazioni che non danno diritto a detrazione, la detrazione è ammessa, conformemente all’articolo 17, paragrafo 5, primo e secondo comma, della sesta direttiva, solo per la parte dell’intera IVA assolta a monte che è proporzionale all’importo delle operazioni imponibili, dato che tale prorata viene determinato per l’insieme delle operazioni del soggetto passivo conformemente all’articolo 19 della suddetta direttiva.

58.      Tali disposizioni hanno lo scopo di consentire a un soggetto passivo, che acquista beni o servizi per l’esercizio, al contempo, di attività soggette a imposta e di attività esenti, di detrarre, a partire dall’insieme delle operazioni effettuate, la parte proporzionale di IVA che ha gravato sull’acquisizione di detti beni o servizi che si ritiene corrispondente al loro utilizzo nelle sue attività soggette a imposta (50) e si inserisce così nella logica dello stesso diritto a detrazione.

59.      L’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva autorizza tuttavia gli Stati membri a disciplinare diversamente, discostandosi da quanto previsto ai commi precedenti, la facoltà o l’obbligo per i soggetti passivi di effettuare un calcolo individualizzato, e in tal senso distinto, per ogni «settore di attività» [punti a) e b)] oppure di determinare la detrazione secondo l’«utilizzazione effettiva» della totalità o di parte dei beni e dei servizi impiegati [punto c)], ma anche ad imporre il prorata principale o ad autorizzarlo, implicando, questa seconda opzione, la possibilità, in particolare, di altri prorata [punto d)].

60.      Considerate nel loro insieme, le disposizioni dell’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, della sesta direttiva, che formano oggetto della terza questione sollevata dal giudice del rinvio, perseguono in particolare l’obiettivo di consentire agli Stati membri di pervenire, tenendo conto delle particolari caratteristiche proprie delle attività svolte dal soggetto passivo, a risultati più precisi di quanto possa essere consentito dal metodo del prorata (51), nel rispetto dell’effetto utile dell’articolo 17, paragrafo 5, primo comma, della suddetta direttiva nonché dei principi sottesi al sistema comune dell’IVA, in particolare quelli della neutralità fiscale e di proporzionalità (52).

61.      Come ha osservato il governo del Regno Unito, l’esistenza stessa di tali opzioni alternative permette di constatare che il sistema del prorata di detrazione non sempre dà luogo ad una perfetta corrispondenza tra la parte di IVA che può essere recuperata sulle spese a monte e l’impiego effettivo di dette spese sulle operazioni a valle.

4.            Sulla questione se la sesta direttiva disponga l’applicazione del «prorata mondiale»

62.      Come emerge dalla trattazione precedente e come hanno sottolineato sia la LCL che il governo francese e la Commissione, gli articoli 17, paragrafi 2 e 5, e 19 della sesta direttiva non forniscono alcuna risposta esplicita alla questione se la sede centrale di una società stabilita in uno Stato membro debba tener conto, nel calcolo del suo prorata di detrazione, del volume d’affari delle sue succursali stabilite in altri Stati membri.

63.      In termini assai generali, sia i sostenitori sia gli oppositori del «prorata mondiale» hanno elaborato vari argomenti tentando di dimostrare, a seconda dei casi, che tale presa in considerazione si impone in forza e in attuazione del principio della neutralità del sistema comune dell’IVA stabilito dalla sesta direttiva, oppure che essa è esclusa, in considerazione dell’ambito di applicazione territoriale di detto sistema e tenuto conto delle difficoltà pratiche che sorgerebbero dalla sua attuazione, sia per i soggetti passivi che per le amministrazioni tributarie di controllo.

64.      Orbene, come emerge dall’analisi precedentemente esposta, le modalità concrete di esercizio del diritto a detrazione sulle operazioni effettuate da una società come la LCL, stabilita in uno Stato membro, e dalle sue succursali, stabilite in altri Stati membri, al pari della portata di tale diritto, dipendono in gran parte da varie scelte liberamente operate dagli Stati membri nei confronti dei quali esse hanno la qualità di soggetto passivo, e in particolare (53) tra l’uno o l’altro metodo di determinazione del diritto a detrazione previsti all’articolo 17, paragrafo 5, della sesta direttiva. Tale disposizione lascia agli Stati membri un certo margine di discrezionalità (54) per disciplinare il diritto a detrazione in modo che si adatti meglio alle particolari caratteristiche proprie delle attività svolte dai soggetti passivi, al fine di garantire la neutralità dell’IVA con la maggiore precisione possibile.

65.      In mancanza, al riguardo, di una disposizione espressa del diritto dell’Unione spetta quindi innanzitutto e soprattutto alle autorità e ai giudici nazionali competenti stabilire, nei limiti fissati dall’articolo 17 della sesta direttiva e nel rispetto dei principi inerenti al sistema comune dell’IVA, da quest’ultima sanciti, le modalità concrete di esercizio del diritto a detrazione di cui devono beneficiare i soggetti passivi che, come sostenuto dalla LCL, effettuano l’acquisizione in uno Stato membro di beni o di servizi utilizzati per operazioni effettuate a valle da succursali stabilite in altri Stati membri.

66.      Del resto, la LCL ha sostanzialmente sottolineato al riguardo, nell’ambito della sua risposta alla terza questione sollevata dal giudice del rinvio, che non le era possibile costituire settori distinti di attività, tenuto conto del diritto nazionale applicabile al diritto a detrazione all’epoca dei fatti del procedimento principale, in quanto tale diritto non stabiliva alcuna distinzione in base al modello organizzativo delle società (55).

67.      È pur vero che, come emerge anche dalla giurisprudenza della Corte analizzata supra, il diritto a detrazione deve corrispondere, in linea di principio e per quanto possibile, all’IVA versata a monte sull’acquisizione di beni e di servizi utilizzati per operazioni non esenti. Tale requisito non implica tuttavia, necessariamente, l’obbligo per gli Stati membri di prevedere che venga presa sistematicamente in considerazione, nel calcolo del prorata di detrazione di una società soggetto di imposta, previsto agli articoli 17, paragrafo 5, primo e secondo comma, e 19 della sesta direttiva, la sua cifra d’affari totale, vale a dire sia quella della sede centrale sia quella di tutte le sue succursali stabilite in altri Stati membri, col rischio, come è stato sottolineato da tutti i governi degli Stati membri che hanno presentato osservazioni e dalla Commissione, di falsare il significato stesso del prorata di detrazione.

68.      Va sottolineato al riguardo, come hanno fatto il governo del Regno Unito e la Commissione nelle loro osservazioni scritte, che il fine cui tendono gli argomenti della LCL è di invitare la Corte a definire, in termini generali, i principi teorici che devono presiedere alla determinazione del prorata di detrazione nel caso di una società la cui sede centrale, stabilita in uno Stato membro, centralizzi le spese destinate in particolare ad operazioni effettuate dalle sue succursali in altri Stati membri, senza fornire la benché minima precisazione in termini numerici (56) né sull’importo globale delle suddette spese comuni, né sulla parte di operazioni soggette a imposta delle succursali che utilizzano queste ultime, né la benché minima indicazione riguardo al collegamento immediato e diretto, richiesto dalla giurisprudenza della Corte, tra le spese a monte effettuate dalla sede centrale di detta società e le operazioni a valle che danno diritto a detrazione effettuate dalle succursali di quest’ultima.

69.      Orbene, la perdita del diritto a detrazione dell’IVA, lamentata dalla LCL, ha natura aleatoria, in quanto dipende, oltre che dalle scelte effettuate dai diversi Stati membri in questione sopra menzionate, dal volume relativo delle operazioni imponibili rispetto alle operazioni esenti effettuate, rispettivamente, dalla sede centrale della società e dalle sue succursali e dal volume delle spese comuni effettuate dalla sede centrale a favore delle sue succursali.

70.      Contrariamente a quanto fatto valere dalla LCL, non è possibile ritenere che la mancata considerazione del volume d’affari delle succursali comporti una disparità di trattamento, essa stessa contraria al principio della neutralità, tra le società a seconda che esse abbiano succursali solo nel loro Stato membro di stabilimento o che abbiano succursali in altri Stati membri o ancora tra le società che dispongono di succursali e quelle che dispongono di controllate (57).

71.      Una società che ha la propria sede centrale e succursali in un unico Stato membro non si trova, in relazione al regime oggettivo stabilito dalla sesta direttiva, nella medesima situazione di una società che ha succursali in altri Stati membri. La prima, infatti, è in via di principio soggetto passivo in un solo Stato membro e rientra di conseguenza nell’ambito di applicazione territoriale della legislazione in materia di IVA di quest’unico Stato membro, mentre la seconda è soggetto passivo in tanti Stati membri quanti sono i luoghi in cui essa ha una succursale (58) e rientra quindi, tenuto conto del luogo di collegamento fiscale delle sue attività, nell’ambito di applicazione territoriale di ciascuna delle normative in materia di IVA di detti Stati membri.

72.      Inoltre e parimenti, una società che ha succursali non si trova in via di principio, quanto all’IVA e tenuto conto della citata giurisprudenza FCE Bank, nella medesima situazione di una società controllante nei riguardi delle sue controllate (59). Come ricordato dalla Corte, i soggetti indipendenti dal punto di vista giuridico, ma strettamente collegati tra loro sul piano finanziario, economico e organizzativo, possono essere considerati un unico soggetto passivo, conformemente all’articolo 4, paragrafo 4, della sesta direttiva, esclusivamente quando sono stabiliti nel territorio di un unico Stato membro (60).

73.      Infine, la Corte ha avuto altresì occasione di sottolineare che i soggetti passivi erano liberi di scegliere le strutture organizzative e le modalità operative da essi ritenute più idonee per le loro attività economiche e al fine di limitare i loro oneri fiscali (61), il che include l’organizzazione e la ripartizione del spese del gruppo.

74.      Di conseguenza, si deve dichiarare, in risposta alla prima questione sollevata dal giudice del rinvio, che gli articoli 17, paragrafi 2 e 5, e 19 della sesta direttiva devono essere interpretati nel senso che non obbligano gli Stati membri a prevedere che venga presa in considerazione, nel calcolo del prorata di detrazione di una società la cui sede centrale è stabilita nel loro territorio, il volume d’affari delle succursali di detta società stabilite in altri Stati membri.

C –          Sulla presa in considerazione, nel calcolo del prorata di detrazione della sede centrale di una società stabilita in uno Stato membro, del volume d’affari delle succursali stabilite in Stati terzi (seconda questione)

75.      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede altresì alla Corte se, tenuto conto dell’articolo 17, paragrafo 3, lettere a) e c), della sesta direttiva (62), una società la cui sede centrale è stabilita in uno Stato membro debba prendere in considerazione, nel calcolo del suo prorata di detrazione, il volume d’affari delle sue succursali stabilite in paesi terzi e pertanto, in sostanza, se la risposta alla prima questione relativa alle succursali stabilite negli altri Stati membri sia parimenti valida per le succursali stabilite nei paesi terzi.

76.      L’articolo 17, paragrafo 3, lettera a), della sesta direttiva prevede che gli Stati membri concedano altresì a qualsiasi soggetto passivo la detrazione o il rimborso dell’IVA gravante sui beni e sui servizi utilizzati ai fini delle sue operazioni «effettuate all’estero» che darebbero diritto a detrazione se fossero effettuate all’interno del paese.

77.      La questione se siano state effettuate prestazioni di servizi «all’estero» deve essere risolta applicando le norme fissate all’articolo 9 della sesta direttiva (63). Nella specie, l’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), quinto trattino, della sesta direttiva (64) precisa che il luogo delle operazioni bancarie e finanziarie rese a un destinatario stabilito in un altro Stato membro o in un paese terzo è segnatamente il luogo in cui il medesimo ha stabilito la sede della sua attività economica o ha costituito un centro di attività stabile.

78.      L’articolo 17, paragrafo 3, lettera c), della sesta direttiva prevede, a sua volta, che gli Stati membri concedano altresì a qualsiasi soggetto passivo la detrazione o il rimborso dell’IVA gravante sui beni e sui servizi utilizzati ai fini delle sue operazioni esenti ai sensi dell’articolo 13 B, lettere a) e d), punti da 1 a 5 (65), quando, in particolare, il destinatario risieda fuori della Comunità.

79.      Tali esportazioni verso paesi terzi vengono così definite negli stessi termini delle prestazioni «effettuate all’estero» ai sensi degli articoli 17, paragrafo 3, lettera a), e 9, paragrafo 2, lettera e), della sesta direttiva.

80.      Da tali disposizioni si evince che le esportazioni di servizi bancari e finanziari esenti, rientranti nell’elenco di cui all’articolo 13 B, lettere a) e d), punti da 1 a 5, della sesta direttiva beneficiano di un diritto a detrazione o a rimborso solo quando siano effettuate verso destinatari stabiliti in paesi terzi.

81.      Nella fattispecie, tuttavia, risulta dagli atti che la LCL rivendica un diritto a detrazione non già sulle operazioni effettuate dalla sua sede centrale verso destinatari stabiliti in paesi terzi, vale a dire le esportazioni di servizi finanziari e bancari forniti dalla sua sede centrale, bensì la presa in considerazione, nel calcolo del prorata di detrazione di detta sede, del volume d’affari realizzato dalle sue succursali stabilite in paesi terzi. Dato che la situazione di cui trattasi nel procedimento principale non rientra in queste disposizioni, esse non possono incidere sulla risposta da fornire alla seconda questione sottoposta dal giudice del rinvio.

82.      In tali circostanze e dal momento che, con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare se la risposta fornita alla prima questione relativa alle succursali stabilite negli altri Stati membri sia parimenti valida per le succursali stabilite nei paesi terzi, si deve dichiarare che, come uno Stato membro non può essere tenuto a prevedere che venga preso in considerazione, nel calcolo del prorata di detrazione di una società che sia soggetto passivo in detto Stato membro, il volume d’affari delle sue succursali stabilite in altri Stati membri, per gli stessi motivi, esso non può essere tenuto a prevedere che venga presa in considerazione la cifra d’affari delle succursali di detta società stabilite in paesi terzi.

83.      Data la proposta di rispondere in senso negativo alle prime due questioni poste dal giudice del rinvio, non è necessario rispondere alla terza e alla quarta questione dallo stesso sottoposte.

V –    Conclusione

84.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Conseil d’État nei seguenti termini:

Gli articoli 17, paragrafi 2, 3 e 5, e 19, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, devono essere interpretati nel senso che non obbligano gli Stati membri a prevedere che venga presa in considerazione, nel calcolo del prorata di detrazione di una società la cui sede centrale è stabilita nel loro territorio, la cifra d’affari delle succursali di detta società, stabilite in altri Stati membri o in paesi terzi.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Direttiva del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).


3 – Direttiva del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).


4 – V. articolo 412 della direttiva 2006/112.


5 – C‑210/04, Racc. pag. I‑2803.


6 – V. ora il disposto degli articoli da 167 a 173 della direttiva 2006/112.


7 – V. ora il disposto degli articoli 174 e 175 della direttiva 2006/112.


8 – In prosieguo: il «CGI».


9 – In prosieguo: la «LCL».


10 – V., in particolare, sentenza FCE Bank, cit. (punti 21 e 22, e giurisprudenza ivi citata).


11 – V. ora il disposto dell’articolo 169, lettera c), della direttiva 2006/112.


12 – V. ora il disposto degli articoli 135 e 136 della direttiva 2006/112.


13 – Il rapporteur public nel procedimento principale dinanzi al Conseil d’État, il quale ha concluso che il «principio della neutralità» dell’IVA sembrava operare a favore della tesi del «prorata mondiale», ha sottolineato l’importanza di una questione che «tocca i fondamenti del sistema comune dell’IVA» e ha raccomandato, di conseguenza, all’alta corte amministrativa francese di sottoporre alla Corte le presenti questioni pregiudiziali. V. Legras, C., Le prorata de TVA peut-il être mondialisé?, conclusions sous Conseil d’État, 11 juillet 2011, n. 301849, Sté. Crédit Lyonnais, Revue de jurisprudence fiscale, 2011, n. 10, Etudes et doctrines, pag. 917. V. altresì Guichard, M. e Stemmer, W., Prestations intra-entreprises et TVA, Droit fiscal, 2007, n.  11, pag. 273; Amand, C. e Lenoir, V., Prorata de déduction de la TVA par les intermédiaires financiers: le chiffre d’affaires des opérations de crédit est-il constitué par les intérêts bruts ou la marge brute?, Banque & Droit, 2005, n. 101, pag. 10; Bouchard, J.-C. e Courjon, O., Le prorata et le principe de neutralité, Droit fiscal, 2006, n.  48, pag. 2058; Stemmer, W., TVA.Prorata mondial: entre le marteau et l’enclume!, Droit fiscal, 2011, n. 30, act. n. 241; Sniadower, C., Faut-il craindre la mondialisation? à propos de la décision Sté Le Crédit Lyonnais sur le calcul du prorata de déduction de la TVA, Droit Fiscal, 2011, n. 44, Comm. N.  573; Grundt, V. e Hamacher, R., Le prorata de déduction de TVA par les organismes financiers en Allemagne, Droit fiscal, 2007, n. 15, pag. 404.


14 – Come sottolineato dal rapporteur public dinanzi al Conseil d’État nelle conclusioni citate nella nota a piè di pag. 13 delle presenti conclusioni, il Conseil d’État aveva adottato a sua volta la soluzione accolta dalla Corte nella citata sentenza FCE Bank. V. sentenze del 9 gennaio 1981, Société Timex Corporation (n. 10145, Droit fiscal, 1981, n. 23, comm. n. 1237) e del 29 giugno 2001, Banque Sudameris (n. 176105, Revue de jurisprudence fiscale, 10/01, n. 1217, conclusions Goulard G., pag. 811, Droit Fiscal, 2001, n. 46, comm. n. 1056); su tale giurisprudenza v., in particolare, Guichard, M. e Stemmer, W., op. cit.; Sniadower, C., op. cit.


15  Sentenza FCE Bank, cit. (punto 37). Al punto 41 di tale sentenza viene altresì precisato che la succursale non deve costituire un ente giuridico distinto dalla sede centrale della società.


16 – Sentenza FCE Bank, cit. (punto 41).


17 – Ibidem (punto 34).


18 – Sentenza FCE Bank, cit. (punto 35).


19 – Ibidem (punto 37). V. altresì, su tale punto, paragrafi 38 e segg. delle conclusioni dell’avvocato generale Léger nella causa che ha dato luogo a tale sentenza.


20 – Il governo del Regno Unito spiega al riguardo, con esempi concreti a conferma di quanto affermato, che la dispersione di detrazione dell’IVA è aleatoria, tenuto conto dei vari fattori che intervengono nel calcolo del prorata.


21 – V. sentenza del 14 febbraio 1985, Rompelman (268/83, Racc. pag. 655, punto 19).


22 – V., in particolare, sentenze del 21 settembre 1988, Commissione/Francia (50/87, Racc. pag. 4797, punto 15), del 26 aprile 2005, «Goed Wonen» (C‑376/02, Racc. pag. I‑3445, punto 26), e del 12 luglio 2012, EMS‑Bulgaria Transport (C‑284/11, punti 43 e 44).


23 – Conformemente all’obiettivo di cui all’articolo 4 della prima direttiva 67/227/CEE del Consiglio, dell’11 aprile 1967, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d’affari (GU 71, pag. 1301). V. altresì, a tal riguardo, il settimo considerando della direttiva 91/680/CEE del Consiglio, del 16 dicembre 1991, che completa il sistema comune di imposta sul valore aggiunto e modifica, in vista della soppressione delle frontiere fiscali, la direttiva 77/388/CEE (GU L 376, pag. 1).


24 – Conformemente all’articolo 2 della prima direttiva 67/227. V., in particolare, sentenza del 3 ottobre 2006, Banca popolare di Cremona (C‑475/03, Racc. pag. I‑9373, punto 21).


25 – Sul regime transitorio di esenzione delle cessioni intracomunitarie di beni di cui all’articolo 28 quater, A, lettera a), primo comma, della sesta direttiva, v., in particolare, sentenze del 6 luglio 1995, BP Soupergaz (C‑62/93, Racc. pag. I‑1883, punto 16), del 6 luglio 2006, Kittel e Recolta Recycling (C‑439/04 e C‑440/04, Racc. pag. I‑6161, punto 49), nonché del 27 settembre 2012, VSTR (C‑587/10, punti 27 e 28).


26 – V., in particolare, sentenze BP Soupergaz, cit. (punto 16), del 12 gennaio 2006, Optigen e a. (C‑354/03, C‑355/03 e C‑484/03, Racc. pag. I‑483, punto 54), nonché del 6 dicembre 2012, Bonik (C‑285/11, punto 28).


27 – V., in particolare, sentenze del 6 aprile 1995, BLP Group (C‑4/94, Racc. pag. I‑983, punto 19), dell’8 giugno 2000, Midland Bank (C‑98/98, Racc. pag. I‑4177, punto 20), del 3 marzo 2005, Fini H (C‑32/03, Racc. pag. I‑1599, punto 26), nonché dell’8 febbraio 2007, Investrand (C‑435/05, Racc. pag. I‑1315, punto 23).


28 – V., in particolare, sentenze del 22 febbraio 2001, Abbey National (C‑408/98, Racc. pag. I‑1361, punti 35 e da 38 a 40), del 27 settembre 2001, Cibo Participations (C‑16/00, Racc. pag. I‑6663), nonché del 6 settembre 2012, Portugal Telecom (C‑496/11, punto 37).


29 – V., in particolare, sentenze del 4 ottobre 1995, Armbrecht (C‑291/92, Racc. pag. I‑2775, punto 27), nonché del 15 dicembre 2005, Centralan Property (C‑63/04, Racc. pag. I‑11087, punto 54).


30 – V. sentenza del 30 marzo 2006, Uudenkaupungin kaupunki (C‑184/04, Racc. pag. I‑3039, punto 24).


31 – V., in particolare, sentenze Uudenkaupungin kaupunki, cit. (punto 24), del 14 settembre 2006, Wollny (C‑72/05, Racc. pag. I‑8297, punto 20), nonché del 22 dicembre 2010, RBS Deutschland Holdings (C‑277/09, Racc. pag. I‑13805, punto 35).


32 – V., in particolare, sentenze dell’11 luglio 1991, Lennartz (C‑97/90, Racc. pag. I‑3795, punto 15), dell’8 giugno 2000, Schloβstraβe (C‑396/98, Racc. pag. I‑4279, punto 37), nonché Centralan Property, cit. (punto 54).


33 – V., in particolare, sentenze Fini H, cit. (punto 31), del 21 febbraio 2006, Halifax e a. (C‑255/02, Racc. pag. I‑1609) nonché RBS Deutschland Holdings, cit. (punto 48 e segg.).


34 – V. sentenze Commissione/Francia, cit. (punto 15), BP Soupergaz, cit. (punto 18), nonché dell’8 giugno 2002, Metropol e Stadler (C‑409/99, Racc. pag. I‑81, punto 42).


35 – V., al riguardo, sentenze del 22 giugno 1993, Sofitam (C‑333/91, Racc. pag. I‑3513, punto 13 e 14), Cibo Participations, cit. (punto 44), nonché del 29 aprile 2004, EDM (C‑77/01, Racc. pag. I‑4295, punto 44).


36 – V., ad esempio, sentenza Uudenkaupungin kaupunki, cit. (punto 24), Wollny, cit. (punto 20), del 12 febbraio 2009, Vereniging Noordelijke Land- en Tuinbouw Organisatie (C‑515/07, Racc. pag. I‑839, punto 28), del 29 ottobre 2009, SKF (C‑29/08, Racc. pag. I‑10413, punto 59), nonché del 16 febbraio 2012, Eon Aset Menidjmunt (C‑118/11, punto 44).


37 – V., in particolare, sentenze del 19 gennaio 1982, Becker (8/81, Racc. pag. 53, punto 44), del 26 settembre 1996, Debouche (C‑302/93, Racc. pag. I‑4495, punto 16), nonché del 7 dicembre 2006, Eurodental (C‑240/05, Racc. pag. I‑11479, punto 26).


38 – V., al riguardo, la descrizione del fenomeno ad opera della Commissione nel suo Document de consultation sur la modernisation des obligations TVA concernant les services financiers et d’assurance (Documento consultivo sulla modernizzazione degli obblighi IVA relativi ai servizi finanziari e assicurativi), presentato nell’ambito del procedimento consultivo concernente la revisione della normativa comunitaria sul regime dell’IVA applicabile ai servizi finanziari, avviato nel marzo 2006 (http://ec.europa.eu/taxation_customs/resources/documents/common/consultations/tax/modernising_VAT_fr.pdf).


39 – Sull’incidenza dell’articolo 17, paragrafo 3, lettera c), della sesta direttiva sul procedimento principale, v. infra la trattazione dedicata alle succursali della LCL stabilite in paesi terzi.


40 – V. sentenza BLP Group, cit. (punto 23).


41 – V. sentenza Eurodental, cit. (punto 33).


42 – Sentenza del 29 ottobre 2009, NCC Construction Danmark (C‑174/08, Racc. pag. I‑10567, punti da 39 a 45).


43 – V., in particolare, sentenze dell’8 giugno 2006, L.u.P. (C‑106/05, Racc. pag. I‑5123, punto 48) e del 10 aprile 2008, Marks & Spencer (C‑309/06, Racc. pag. I‑2283, punto 49).


44 – V., per i prodotti illeciti come gli stupefacenti che escludono qualsiasi concorrenza, sentenze del 5 luglio 1988, Mol (269/86, Racc. pag. 3627, punti 17 e 18) e Vereniging Happy Family Rustenburgerstraat (289/86, Racc. pag. 3655, punti 19 e 20); per i beni di cui è vietata l’esportazione verso determinate destinazioni, sentenza del 2 agosto 1993, Lange (C‑111/92, Racc. pag. I‑4677, punti 16 e 17).


45 – V. sentenza NCC Construction Danmark, cit. (punto 42).


46 – V. sentenza del 19 luglio 2012, Deutsche Bank (C‑44/11, punto 45), nonché il paragrafo 60 delle conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa che ha dato luogo a tale sentenza.


47 – V., in particolare, sentenze del 4 luglio 1985, Berkholz (168/84, Racc. pag. 2251, punto 14), del 23 gennaio 1986, Trans Tirreno Express (283/84, Racc. pag. 231, punto 14), del 20 febbraio 1997, DFDS (C‑260/95, Racc. pag. I‑1005, punto 18), del 6 novembre 1997, Reisebüro Binder (C‑116/96, Racc. pag. I‑6103, punto 12), dell’11 settembre 2003, Cookies World (C‑155/01, Racc. pag. I‑8785, punto 46), del 29 marzo 2007, Aktiebolaget NN (C‑111/05, Racc. pag. I‑2697, punto 43), del 26 gennaio 2012, ADV Allround (C‑218/10, punto 27).


48 – V., in particolare, sentenza 27 settembre 2007, Collée (C‑146/05, Racc. pag. I‑7861, punto 37).


49 – Sentenza del 6 aprile 2006, EMAG Handel Eder (C-245/04, Racc. pag. I‑3227, punto 40). V., altresì, paragrafo 67 e giurisprudenza citata nelle mie conclusioni presentate nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 7 dicembre 2010, R. (C‑285/09, Racc. pag. I‑12605).


50 – Sentenza del 6 marzo 2008, Nordania Finans e BG Factoring (C‑98/07, Racc. pag. I‑1281, punto 20).


51 – V., in tal senso, sentenza del 18 dicembre 2008, Royal Bank of Scotland (C‑488/07, Racc. pag. I‑10409, punto 24).


52 – Sentenza dell’8 novembre 2012, BLC Baumarkt (C‑511/10, punti 15 e 16).


53 – Occorre qui ricordare, a tal proposito, che l’articolo 13 C della sesta direttiva consente agli Stati membri di concedere ai loro soggetti passivi il diritto di optare per l’imposizione fiscale, in particolare, sulle operazioni di cui all’articolo 13 B, lettera d), di tale direttiva, fermo restando che l’esercizio dell’opzione eventualmente concessa da uno Stato membro non spetta esclusivamente al soggetto passivo; v., segnatamente, sentenze Becker, cit. (punto 38), Commissione/Francia, cit. (punto 18), nonché Uudenkaupungin kaupunki, cit. (punti da 44 a 47).


54 – V., in tal senso, Stemmer, W., op. cit.


55 – Sulla giurisprudenza e sulla dottrina francese relativa ai settori di attività distinti, v. in particolare Tournès, Ph, Plaidoyer en faveur de la règle des secteurs d’activité distincts, Revue de jurisprudence fiscale, 2000, n. 2, pag. 99.


56 – Come emerge dalla sentenza della Cour administrative d’appel de Paris dell’8 dicembre 2006, menzionata al paragrafo 17 delle presenti conclusioni.


57 – V. anche, in tal senso, le conclusioni del rapporteur public dinanzi al giudice del rinvio, pag. 924.


58 – V., in proposito, sentenza del 16 luglio 2009, Commissione/Italia (C‑244/08).


59 – V. in tal senso, segnatamente, sentenze del 20 giugno 1991, Polysar Investments Netherlands (C‑60/90, Racc. pag. I‑3111, punti da 9 a 17), del 14 novembre 2000, Floridienne e Berginvest (C‑142/99, Racc. pag. I‑9567, punto 19), dell’8 marzo 2001, Skandia (C‑240/99, Racc. pag. I‑1951, punti 43 e 44); ordinanza della Corte del 12 luglio 2001, Welthgrove (C‑102/00, Racc. pag. I‑5679, punto 16), nonché sentenza RBS Deutschland Holdings, cit. (punto 50).


60 – V. sentenza Polysar Investments Netherlands, cit. (punto 15); v. altresì sentenza del 22 maggio 2008, Ampliscientifica e Amplifin (C‑162/07, Racc. pag. I‑4019, punti da 17 a 23).


61 – Sentenze del 9 ottobre 2001, Cantor Fitzgerald International (C‑108/99, Racc. pag. I‑7257, punto 33), Halifax e a., cit. (punto 73) nonché RBS Deutschland Holdings, cit.(punti 53 e 54).


62 – Sul disposto dell’articolo 169, lettere a) e c), della direttiva 2006/112, v. sentenza del 15 luglio 2010, Commissione/Regno Unito (C‑582/08, Racc. pag. I‑7195, punti 25 e 31).


63 – Sentenza del 2 luglio 2009, EGN (C‑377/08, Racc. pag. I‑5685, punti da 23 a 34).


64 – V. ora il disposto dell’articolo 56, paragrafo 1, lettera e) della direttiva 2006/112.


65 – V. ora il disposto dell’articolo 135 della direttiva 2006/112.