Language of document : ECLI:EU:C:2010:163

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

25 marzo 2010 (*)

«Marchi – Internet – Pubblicità a partire da parole chiave (“keyword advertising”) – Visualizzazione, a partire da parole chiave identiche o simili a marchi, di link verso siti di concorrenti dei titolari di tali marchi – Direttiva 89/104/CEE – Art. 5, n. 1»

Nel procedimento C‑278/08,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Oberster Gerichtshof (Austria) con decisione 20 maggio 2008, pervenuta in cancelleria il 26 giugno 2008, nella causa

Die BergSpechte Outdoor Reisen und Alpinschule Edi Koblmüller GmbH

contro

Günter Guni,

trekking.at Reisen GmbH,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, facente funzione di presidente della Prima Sezione, dai sigg. E. Levits, A. Borg Barthet, M. Ilešič (relatore) e J.‑J. Kasel, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig. K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 maggio 2009,

considerate le osservazioni presentate:

–        per Die BergSpechte Outdoor Reisen und Alpinschule Edi Koblmüller GmbH, dall’avv. W. Wetzl, Rechtsanwalt;

–        per il sig. Guni e la trekking.at Reisen GmbH, dall’avv. M. Wukoschitz, Rechtsanwalt;

–        per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e B. Cabouat, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, dalla sig.ra I. Bruni, in qualità di agente, assistita dal sig. F. Arena, avvocato dello Stato;

–        per il governo portoghese, dai sigg. L. Inez Fernandes e R. Solnado Cruz, in qualità di agenti;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. H. Krämer, in qualità di agente,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 5, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia insorta tra la società Die BergSpechte Outdoor Reisen und Alpinschule Edi Koblmüller GmbH (in prosieguo: la «BergSpechte»), da un lato, e la società trekking.at Reisen GmbH (in prosieguo: la «trekking.at Reisen») nonché l’amministratore di questa, il sig. Guni, dall’altro, in merito alla visualizzazione su Internet di link promozionali a partire da parole chiave identiche o simili ad un marchio.

 Contesto normativo

3        L’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104, intitolato «Diritti conferiti dal marchio di impresa», dispone quanto segue:

«1.      Il marchio di impresa registrato conferisce al titolare un diritto esclusivo. II titolare ha il diritto di vietare ai terzi, salvo proprio consenso, di usare nel commercio:

a)      un segno identico al marchio di impresa per prodotti o servizi identici a quelli per cui esso è stato registrato;

b)      un segno che, a motivo dell’identità o della somiglianza di detto segno col marchio di impresa e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi contraddistinti dal marchio di impresa e dal segno, possa dare adito a un rischio di confusione per il pubblico, comportante anche un rischio di associazione tra il segno e il marchio di impresa».

4        La direttiva 89/104 è stata abrogata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 22 ottobre 2008, 2008/95/CE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (versione codificata) (GU L 299, pag. 25), entrata in vigore il 28 novembre 2008. Tuttavia, in considerazione dell’epoca dei fatti, la controversia di cui alla causa principale continua ad essere disciplinata dalla direttiva 89/104.

 Causa principale e questioni pregiudiziali

 Il servizio di posizionamento «AdWords»

5        Quando un utente di Internet effettua una ricerca a partire da una o più parole sul motore di ricerca Google, quest’ultimo visualizza i siti che meglio paiono corrispondere a tali parole in ordine di pertinenza decrescente. Si tratta dei risultati cosiddetti «naturali» della ricerca.

6        Inoltre, grazie al servizio di posizionamento a pagamento «AdWords» di Google qualsiasi operatore economico può, mediante la scelta di una o più parole chiave, far apparire un link promozionale verso il proprio sito, qualora tale o tali parole coincidano con quella o quelle contenute nella richiesta rivolta da un utente di Internet al motore di ricerca. Tale link promozionale è visualizzato nello spazio «links sponsorizzati», che compare sia sulla parte destra dello schermo, a destra dei risultati naturali, sia sulla parte superiore dello schermo, al di sopra dei detti risultati.

7        Il predetto link promozionale è accompagnato da un breve messaggio commerciale. Nel complesso, il link e il messaggio compongono l’annuncio visualizzato nello spazio summenzionato.

 L’uso di parole chiave nella causa principale

8        La BergSpechte è titolare del marchio figurativo e denominativo austriaco rappresentato come segue:

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9        Tale marchio è stato registrato per le classi 25, riguardante in particolare l’abbigliamento, 39, concernente segnatamente l’organizzazione di viaggi, e 41 (Educazione; formazione; divertimento; attività sportive e culturali), ai sensi dell’Accordo di Nizza 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato.

10      La trekking.at Reisen organizza, come la BergSpechte, viaggi cosiddetti «outdoor» (trekking, viaggi di avventura, spedizioni in montagna).

11      Il 17 agosto e il 25 settembre 2007, digitando le parole «Edi Koblmüller» come termini di ricerca nel motore di ricerca Google, l’utente di Internet vedeva apparire, nello spazio «links sponsorizzati», un annuncio della trekking.at Reisen, dal titolo «Trekking- und Naturreisen» (trekking e viaggi nella natura).

12      Il 29 agosto e il 25 settembre 2007, digitando la parola «Bergspechte» come termine di ricerca nel predetto motore di ricerca, l’utente di Internet vedeva apparire, nello spazio «links sponsorizzati», un annuncio della trekking.at Reisen, dal titolo «Äthiopien mit dem Bike» («l’Etiopia in bicicletta»).

13      Con provvedimento provvisorio emesso dal Landesgericht Wels [Tribunale provinciale di Wels] il 19 ottobre 2007, è stato imposto in via cautelare alla trekking.at Reisen il divieto di indirizzare gli utenti alla propria pagina iniziale per mezzo di un link inserito nelle pagine contenenti gli elenchi di risultati ottenuti digitando i termini di ricerca «Edi Koblmüller» e/o «Bergspechte» in motori di ricerca su Internet.

14      Il 7 dicembre 2007 l’Oberlandesgericht Linz [Corte d’appello di Linz] ha modificato parzialmente il suddetto provvedimento provvisorio. La BergSpechte, la trekking.at Reisen e il sig. Guni hanno proposto dinanzi all’Oberster Gerichtshof [Corte di cassazione] un ricorso per cassazione («Revision») avverso la detta decisione.

15      In tale contesto, l’Oberster Gerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’art. 5, n. 1, della [direttiva 89/104] debba essere interpretato nel senso che un marchio d’impresa viene usato in un modo riservato al titolare del medesimo qualora tale marchio o un segno simile ad esso (ad esempio la componente denominativa di un marchio figurativo e denominativo) venga registrato come parola chiave presso un motore di ricerca e, in conseguenza di ciò, digitando nel motore di ricerca il marchio o il segno simile ad esso come termine di ricerca, appaia sullo schermo pubblicità relativa a prodotti o servizi identici o simili.

2)      In caso di risposta affermativa alla questione sub 1):

a)      Se il diritto di esclusiva del titolare del marchio d’impresa venga violato nel caso di utilizzazione di una parola chiave identica al marchio allo scopo di pubblicizzare prodotti o servizi identici, indipendentemente dalla circostanza che la pubblicità compaia sulla lista dei risultati o in un distinto spazio pubblicitario separato da essa e che venga contrassegnata come “link sponsorizzato”.

b)      Se, nel caso di utilizzazione di un segno identico al marchio d’impresa per prodotti o servizi simili ovvero nel caso di utilizzazione di un segno simile al marchio per prodotti o servizi identici o simili, possa escludersi il rischio di confusione già per il fatto che la pubblicità viene contrassegnata come “link sponsorizzato” e/o non appare sulla lista dei risultati, bensì in un distinto spazio pubblicitario».

 Sulla prima questione pregiudiziale

16      La causa principale riguarda l’impiego come parole chiave, nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet, di segni identici o simili ad un marchio, senza che il titolare di quest’ultimo abbia fornito il proprio consenso.

17      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104 debba essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio ha il diritto di vietare che un terzo – sulla base di una parola chiave identica o simile a tale marchio, da lui scelta, senza il consenso del detto titolare, nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet – faccia apparire un annuncio per prodotti o servizi identici o simili a quelli per cui il marchio suddetto è stato registrato.

18      Come dichiarato dalla Corte ai punti 51 e 52 della sentenza 23 marzo 2010, cause riunite da C‑236/08 a C‑238/08, Google France e Google (non ancora pubblicata nella Raccolta), il segno scelto dall’inserzionista come parola chiave nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet è lo strumento da lui utilizzato per rendere possibile la visualizzazione del proprio annuncio, ed è dunque oggetto di un uso «nel commercio» ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104.

19      Si tratta inoltre di un uso per prodotti o servizi dell’inserzionista, anche qualora il segno scelto quale parola chiave non compaia nell’annuncio stesso (sentenza Google France e Google, cit., punti 65‑73).

20      Tuttavia, il titolare del marchio non può opporsi al detto uso del segno identico o simile al proprio marchio se non sono soddisfatte tutte le condizioni previste a tal fine dall’art. 5 della direttiva 89/104 e dalla giurisprudenza della Corte relativa a tale articolo.

21      Nell’ipotesi di cui all’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104, in cui l’uso da parte di un terzo di un segno identico a un marchio avviene per prodotti o servizi identici a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, il titolare del marchio ha il diritto di vietare detto uso qualora quest’ultimo possa compromettere una delle funzioni del marchio (sentenza Google France e Google, cit., punto 79).

22      Nell’altra ipotesi, contemplata dall’art. 5, n. 1, lett. b), di tale direttiva, in cui il terzo fa uso di un segno identico o simile ad un marchio per prodotti o servizi identici o simili a quelli per i quali tale marchio è stato registrato, il titolare del marchio può opporsi all’uso di detto segno solo ove esista un rischio di confusione (sentenza Google France e Google, cit., punto 78 e giurisprudenza ivi citata).

23      Nella causa principale, i segni «Edi Koblmüller» e «Bergspechte» sono stati utilizzati per servizi identici a quelli per cui è stato registrato il marchio della BergSpechte, vale a dire per servizi di organizzazione di viaggi.

24      Pertanto, per determinare se debba applicarsi la norma enunciata all’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 ovvero quella enunciata al n. 1, lett. b), di tale articolo, occorre stabilire se i segni «Edi Koblmüller» e «Bergspechte» siano identici o simili al marchio della BergSpechte.

25      A questo proposito si deve necessariamente rilevare che il segno «Edi Koblmüller», che riproduce soltanto una limitata parte del marchio della BergSpechte, non può essere considerato identico a tale marchio. Infatti, un segno è identico ad un marchio solo quando riproduce, senza modifiche né aggiunte, tutti gli elementi che costituiscono il marchio stesso, o quando, considerato complessivamente, contiene differenze talmente insignificanti da poter passare inosservate agli occhi di un consumatore medio (sentenza 20 marzo 2003, causa C‑291/00, LTJ Diffusion, Racc. pag. I‑2799, punto 54).

26      Spetta tuttavia al giudice nazionale valutare se il segno «Edi Koblmüller» sia simile al marchio della BergSpechte.

27      Per quanto riguarda il segno «Bergspechte», è pacifico che neppure esso riproduce tutti gli elementi che costituiscono il marchio. Ciò nonostante, si potrebbe ritenere che esso contenga differenze talmente insignificanti da poter passare inosservate agli occhi di un consumatore medio, ai sensi della giurisprudenza citata al punto 25 della presente sentenza. Spetta al giudice nazionale valutare, alla luce di tutti gli elementi di cui dispone, se tale segno debba essere qualificato in questi termini.

28      Nell’ipotesi in cui il detto giudice concludesse per la mancanza di identità tra il segno «Bergspechte» e il marchio della BergSpechte, pare congruo affermare, salvo verifica da parte del giudice nazionale, che il predetto segno è simile a tale marchio.

 Sul pregiudizio o sul rischio di pregiudizio per una delle funzioni del marchio [art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104]

29      Il diritto esclusivo previsto all’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104 è stato concesso al fine di consentire al titolare del marchio di tutelare i propri interessi specifici quale titolare di quest’ultimo, ossia garantire che il marchio possa adempiere le proprie funzioni. L’esercizio di tale diritto deve essere pertanto riservato ai casi in cui l’uso del segno da parte di un terzo pregiudichi o possa pregiudicare le funzioni del marchio (v., in particolare, sentenze 12 novembre 2002, causa C‑206/01, Arsenal Football Club, Racc. pag. I‑10273, punto 51; 18 giugno 2009, causa C‑487/07, L’Oréal e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 58, nonché Google France e Google, cit., punto 75).

30      Da tale giurisprudenza risulta che il titolare del marchio non può opporsi all’uso di un segno identico al marchio quando tale uso non è idoneo a compromettere alcuna delle funzioni del marchio stesso (citate sentenze L’Oréal e a., punto 60, nonché Google France e Google, punto 76).

31      Fra tali funzioni del marchio rientrano non solo quella essenziale consistente nel garantire ai consumatori l’origine del prodotto o del servizio (in prosieguo: la «funzione di indicazione d’origine»), ma anche le altre sue funzioni, quale segnatamente quella di garantire la qualità del prodotto o del servizio in questione, o quelle di comunicazione, investimento o pubblicità (citate sentenze L’Oréal e a., punto 58, e Google France e Google, punto 77).

32      Per quanto attiene all’uso di segni identici a marchi come parole chiave nell’ambito di un servizio di posizionamento, al punto 81 della citata sentenza Google France e Google la Corte ha dichiarato che le funzioni che interessa esaminare sono quella di indicazione d’origine e quella di pubblicità.

33      Quanto alla funzione di pubblicità, nella predetta sentenza la Corte ha rilevato che l’uso di un segno identico ad un marchio altrui nell’ambito di un servizio di posizionamento come «AdWords» non è idoneo a compromettere tale funzione del marchio (sentenza Google France e Google, cit., punto 98).

34      Siffatta conclusione si impone anche nel caso di specie, dal momento che la causa principale verte sulla scelta di parole chiave e sulla visualizzazione di annunci nell’ambito dello stesso servizio di posizionamento «AdWords».

35      Per quanto riguarda la funzione di indicazione d’origine, la Corte ha statuito che la questione se tale funzione subisca un pregiudizio allorché, sulla base di una parola chiave identica ad un marchio, agli utenti di Internet viene mostrato l’annuncio di un terzo dipende in particolare dal modo in cui tale annuncio è presentato. La funzione di indicazione di origine del marchio risulta pregiudicata qualora l’annuncio non consenta o consenta soltanto difficilmente all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se i prodotti o i servizi a cui l’annuncio si riferisce provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo ovvero, al contrario, da un terzo (sentenza Google France e Google, cit., punti 83 e 84).

36      A tale riguardo, la Corte ha altresì precisato che, qualora l’annuncio del terzo suggerisca l’esistenza di un legame economico tra tale terzo e il titolare del marchio, si dovrà concludere che sussiste un pregiudizio della funzione di indicazione di origine. Allo stesso modo, qualora l’annuncio, pur non suggerendo l’esistenza di un legame economico, sia talmente vago sull’origine dei prodotti o dei servizi in questione che un utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento non sia in grado di sapere, sulla base del link promozionale e del messaggio commerciale allegato, se l’inserzionista sia un terzo rispetto al titolare del marchio o, al contrario, sia economicamente collegato a quest’ultimo, si dovrà parimenti concludere che sussiste un pregiudizio della detta funzione del marchio (v. sentenza Google France e Google, cit., punti 89 e 90).

37      Spetta al giudice nazionale valutare, alla luce di tali elementi, se, in caso di applicabilità della norma enunciata dall’art. 5, n. 1, lett. a), della direttiva 89/104, le circostanze di fatto della causa principale siano caratterizzate da un pregiudizio, o da un rischio di pregiudizio, per la funzione di indicazione d’origine.

 Sul rischio di confusione [art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 89/104]

38      Configura un rischio di confusione il rischio che il pubblico possa credere che i prodotti o i servizi di cui trattasi provengano dalla stessa impresa o, eventualmente, da imprese economicamente collegate (v., in particolare, sentenze 22 giugno 1999, causa C‑342/97, Lloyd Schuhfabrik Meyer, Racc. pag. I‑3819, punto 17; 6 ottobre 2005, causa C‑120/04, Medion, Racc. pag. I‑8551, punto 26, nonché 10 aprile 2008, causa C‑102/07, adidas e adidas Benelux, Racc. pag. I‑2439, punto 28).

39      Ne consegue che, qualora nella causa principale sia applicabile la norma enunciata all’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 89/104, spetterà al giudice nazionale concludere che sussiste un rischio di confusione allorché, sulla base di una parola chiave simile ad un marchio, agli utenti di Internet viene mostrato un annuncio di un terzo che non consente o consente soltanto difficilmente all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se i prodotti o i servizi a cui l’annuncio si riferisce provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo ovvero, al contrario, da un terzo.

40      Sono applicabili, per analogia, le precisazioni rammentate al punto 36 della presente sentenza.

41      Alla luce di quanto precede, si deve risolvere la prima questione dichiarando che l’art. 5, n. 1, della direttiva 89/104 deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio ha il diritto di vietare che un inserzionista – sulla base di una parola chiave identica o simile a tale marchio, da lui scelta, senza il consenso del detto titolare, nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet – faccia pubblicità a prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio in questione è stato registrato, qualora tale pubblicità non consenta o consenta solo difficilmente all’utente medio di Internet di sapere se i prodotti o i servizi cui si riferisce l’annuncio provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo ovvero, al contrario, da un terzo.

 Sulla seconda questione pregiudiziale

42      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la tutela conferita da un marchio al suo titolare possa avere portata differente a seconda che l’annuncio di un terzo, visualizzato a partire dalla parola chiave identica o simile al detto marchio, compaia nello spazio «links sponsorizzati» oppure altrove.

43      È pacifico che la controversia di cui alla causa principale verte esclusivamente sull’uso di segni identici o simili ad un marchio nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet consistente nella visualizzazione di annunci nello spazio «links sponsorizzati» del motore di ricerca gestito dal fornitore di tale servizio. In tale contesto, un’analisi della tutela conferita dal marchio al suo titolare in caso di visualizzazione di annunci di terzi al di fuori dello spazio «links sponsorizzati» non sarebbe di alcuna utilità per la soluzione della suddetta controversia.

44      Non è pertanto necessario risolvere la seconda questione.

 Sulle spese

45      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

L’art. 5, n. 1, della prima direttiva del Consiglio 21 dicembre 1988, 89/104/CEE, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa, deve essere interpretato nel senso che il titolare di un marchio ha il diritto di vietare che un inserzionista – sulla base di una parola chiave identica o simile a tale marchio, da lui scelta, senza il consenso del detto titolare, nell’ambito di un servizio di posizionamento su Internet – faccia pubblicità a prodotti o servizi identici a quelli per i quali il marchio in questione è stato registrato, qualora tale pubblicità non consenta o consenta solo difficilmente all’utente medio di Internet di sapere se i prodotti o i servizi cui si riferisce l’annuncio provengano dal titolare del marchio o da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo ovvero, al contrario, da un terzo.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.