Language of document : ECLI:EU:C:2007:364

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

VERICA TRSTENJAK

presentate il 21 giugno 20071(1)

Causa C-319/05

Commissione delle Comunità europee

contro

Repubblica federale di Germania

«Inadempimento di uno Stato – Art. 226 CE – Libera circolazione delle merci – Misure d’effetto equivalente – Direttiva 2001/83/CE – Nozione di prodotti farmaceutici – Prassi amministrativa nazionale, ai sensi della quale un preparato di aglio in forma di capsule è stato classificato come medicinale»





I –    Introduzione

1.        La presente causa ha per fondamento il ricorso per inadempimento presentato dalla Commissione avverso la Repubblica Federale di Germania ai sensi dell’art. 226 CE, con il quale si chiede che la Corte di giustizia delle Comunità europee voglia dichiarare che tale Stato membro è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti ai sensi degli artt. 28 CE e 30 CE per aver classificato come medicinale un preparato di aglio in forma di capsule, che non rientra nella definizione di medicinale data all’art. 1, punto 2), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (2).

2.        La controversia si incentra pertanto sulla questione se il preparato di aglio in questione rientri in tale definizione, ovvero se esso debba essere considerato quale integratore alimentare ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 10 giugno 2002, 2002/46/CE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli integratori alimentari (3).

II – Contesto normativo

1.      Diritto comunitario primario

3.        L’art. 28 CE vieta le restrizioni quantitative all’importazione fra gli Stati membri, nonché qualsiasi misura di effetto equivalente.

4.        Ai sensi dell’art. 30 CE, restano impregiudicati i divieti o restrizioni all’importazione giustificati in particolare da motivi di pubblica sicurezza e di tutela della salute e della vita delle persone, sempreché non costituiscano un mezzo di discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata al commercio tra gli Stati membri.

2.      La direttiva 2001/83

5.        I ‘considerando’ dal 2 al 5 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano recitano:

«(2) Lo scopo principale delle norme relative alla produzione, alla distribuzione e all’uso di medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della sanità pubblica.

(3) Tuttavia questo scopo deve essere raggiunto avvalendosi di mezzi che non ostacolino lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi dei medicinali nella Comunità.

(4) Le disparità fra talune disposizioni nazionali e, in particolare, fra le disposizioni relative ai medicinali, eccettuate le sostanze o composizioni che sono derrate alimentari, alimenti destinati agli animali o prodotti d’igiene hanno per effetto di ostacolare gli scambi dei medicinali nella Comunità, e esse hanno, pertanto, un’incidenza diretta sul funzionamento del mercato interno.

(5) Occorre, di conseguenza, eliminare questi ostacoli e per conseguire tale obiettivo si rende necessario un ravvicinamento delle suddette disposizioni».

6.        Ai sensi dell’art. 1, punto 2), della direttiva 2001/83, per medicinale si intende:

«ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane.

Ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche dell’uomo è altresì considerata medicinale».

7.        L’art. 6, n. 1, di questa direttiva dispone che:

«Nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’autorizzazione all’immissione in commercio delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un’autorizzazione a norma del regolamento (CEE) n. 2309/93».

3.      La direttiva 2002/46/CE

8.        Ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 10 giugno 2002, 2002/46/CE, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative agli integratori alimentari, gli integratori alimentari sono:

«prodotti alimentari destinati ad integrare la dieta normale e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, sia monocomposti che pluricomposti, in forme di dosaggio, vale a dire in forme di commercializzazione quali capsule, pastiglie, compresse, pillole e simili, polveri in bustina, liquidi contenuti in fiale, flaconi a contagocce e altre forme simili, di liquidi e polveri destinati ad essere assunti in piccoli quantitativi unitari».

III – Procedimento precontenzioso

9.        La Commissione si è attivata in virtù della denuncia sporta da un’impresa, la cui richiesta di concessione di un’autorizzazione generale all’importazione e immissione sul mercato di un preparato di aglio in capsule, presentata ai sensi dell’art. 47, lett. a), della Lebensmittel- und Bedarfsgegenständegesetz (legge sui prodotti alimentari e sui generi di prima necessità, LMBG), era stata respinta dal Ministero federale della sanità con la motivazione che il prodotto non sarebbe un alimento, bensì un medicinale.

10.      Il prodotto in questione viene distribuito con la denominazione di «Capsula di estratto d’aglio polverizzato» o «Polvere di cipolla e aglio». Ai sensi delle indicazioni di cui dispone la Corte di giustizia, si tratta di un estratto ottenuto con l’etanolo, estratto che, ai fini tecnologici della liofilizzazione, è mescolato ad un eccipiente di base (lattosio). Il prodotto è costituito da carboidrati, proteine e grassi, nonché da microelementi e vitamine.

11.      In seguito ad un protratto scambio informale, il 24 luglio 2001 la Commissione indirizzava una lettera di diffida alla Repubblica federale di Germania, nella quale concludeva che classificare la polvere di cipolla e aglio in capsule come medicinale, con la motivazione addotta nel caso oggetto della denuncia, non fosse compatibile con i principi della libera circolazione delle merci, come risultanti dagli artt. 28 CE e 30 CE e dalla relativa giurisprudenza. Il 5 ottobre 2001, il governo tedesco rispondeva alla lettera di diffida.

12.      Nel suo parere motivato del 19 dicembre 2002 la Commissione invitava la Repubblica Federale di Germania ad abbandonare una prassi amministrativa in base alla quale debbono essere trattati alla stregua di medicinali prodotti consistenti in aglio essiccato polverizzato e non chiaramente contrassegnati o designati come medicinale.

13.      Nella sua lettera di risposta del 14 marzo 2003, il governo federale faceva sapere che la classificazione del preparato come medicinale era stata recentemente esaminata e che essa doveva essere mantenuta.

IV –  Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

14.      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 19 agosto 2005, la Commissione chiede che si dichiari che la Repubblica Federale di Germania, avendo classificato come medicinale un preparato di aglio, in forma di capsule, non rientrante nella definizione di medicinale ai sensi dell’art. 1, punto 2), della direttiva 2001/83, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza degli artt. 28 CE e 30 CE. Essa chiede inoltre che la Repubblica Federale di Germania sia condannata a sopportare le spese del procedimento.

15.      Nel controricorso presentato l’11 novembre 2005, il governo tedesco chiede che il ricorso venga respinto in quanto infondato e che le spese vengano poste a carico della Commissione.

16.      La fase scritta del procedimento si è conclusa con la replica del 3 febbraio 2006 e la controreplica del 7 aprile 2006.

17.      All’udienza, svoltasi il 19 aprile 2007, i rappresentanti della Commissione e della Repubblica Federale di Germania hanno esposto le rispettive posizioni.

V –    Argomenti delle parti

18.      La Commissione fa anzitutto riferimento al fatto che la normativa comunitaria in materia di medicinali deve garantire, oltre alla tutela della salute umana, la libera circolazione delle merci, cosicché l’interpretazione delle disposizioni della direttiva in generale e della nozione di prodotto farmaceutico in particolare non può avere per conseguenza l’insorgere di impedimenti alla libera circolazione delle merci, che siano sproporzionati rispetto alla finalità perseguita della tutela della salute.

19.      Per quanto riguarda la questione della classificazione come medicinale in base alla funzione, dovrebbero essere considerati, oltre agli effetti farmacologici dello specifico prodotto, anche le possibilità d’impiego, la sua diffusione, la sua notorietà presso i consumatori e i rischi che potrebbero derivare dal suo uso.

20.      Con riguardo agli effetti farmacologici, la Commissione non contesta affatto che il prodotto in questione possa essere utilizzato per prevenire l’arteriosclerosi, ma lo stesso effetto potrebbe essere ottenuto già con l’assunzione giornaliera di quattro grammi di aglio crudo. Quando un prodotto, che si sostiene essere un medicinale, ha effetti non diversi da quelli di un alimento tradizionale, ciò dimostra che le sue caratteristiche farmacologiche non sono sufficienti per conferirgli la qualità di medicinale. Un prodotto che non produce altri effetti non avrebbe, a parere della Commissione, superato la soglia per essere qualificato come un medicinale «per funzione».

21.      Potrebbe semmai trattarsi di un integratore alimentare ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva 2002/46, quindi di un prodotto alimentare che costituisce una fonte concentrata di sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, sia monocomposto sia pluricomposto, e commercializzato in forme di dosaggio. Nondimeno, il tentativo di negare il carattere di alimento del prodotto in questione non ne giustificherebbe in nessun caso la classificazione come medicinale.

22.      Con riguardo alla classificazione di un prodotto come medicinale per presentazione, la questione deve essere risolta caso per caso, in considerazione delle caratteristiche concrete del prodotto. Un prodotto può essere considerato come medicinale per presentazione laddove forma e presentazione lo facciano sufficientemente assomigliare ad un medicinale, soprattutto nel caso in cui imballaggio e foglio illustrativo menzionino ricerche di laboratori farmaceutici, sostanze o metodi sviluppati da medici, ovvero rechino determinate testimonianze di medici a sostegno delle proprietà del prodotto. L’indicazione che il prodotto non è un medicinale sarebbe un utile punto d’appoggio, ma non sarebbe di per sé risolutiva.

23.      Nella specie, il prodotto non viene designato o consigliato come sostanza curativa o profilattica né dalle informazioni stampate sull’etichetta, né da quelle stampate sulla confezione, o altrimenti. Neppure la presentazione esterna del prodotto è da considerare tipica di un medicinale. L’unica caratteristica concreta del prodotto che potrebbe far pensare ad un medicinale è la sua forma in capsule. Tale forma esteriore non potrebbe tuttavia costituire, presa singolarmente, un indizio determinante. Nel caso di specie non esistono neppure altri elementi che depongono a favore di una caratterizzazione del prodotto come medicinale per presentazione. Il consumatore saprebbe esattamente cosa contengono le capsule, e cioè aglio, a lui noto come alimento. Il consumatore vedrebbe altresì che il prodotto non fa alcuna menzione di un effetto terapeutico.

24.      È vero, infine, che non è escluso che nell’ordinamento nazionale gli Stati membri assoggettino alla normativa vigente per i medicinali anche prodotti che ai sensi della direttiva 2001/83 tali non sono, ma i provvedimenti presi a tutela della sanità pubblica debbono soddisfare il principio di proporzionalità. Nel caso di specie le autorità tedesche avrebbero tuttavia mancato di provare che il divieto di commercializzare il prodotto in questione come integratore alimentare e l’obbligo di ottenere l’autorizzazione alla sua immissione in commercio come medicinale fossero realmente indispensabili per tutelare la salute della popolazione.

25.      Il governo tedesco fa valere che, in forza del diritto comunitario, il regime dei medicinali avrebbe la priorità sulle disposizioni concernenti alimenti e integratori alimentari. Tale priorità del regime dei medicinali risulterebbe dalla giurisprudenza della Corte in merito all’art. 2, n. 3, lett. d), del regolamento n. 178/2002 e all’art. 1, n. 2, della direttiva 2002/46, articoli che escluderebbero concordemente i medicinali dal campo di applicazione delle disposizioni sugli alimenti o sugli integratori alimentari (4). Questa interpretazione troverebbe conferma nella direttiva 2004/27, che ha introdotto una nuova formulazione dell’art. 2 della direttiva 2001/83, in base al cui n. 2, in caso di dubbio se un prodotto può essere contemporaneamente disciplinato da un’altra normativa comunitaria, ad esempio la normativa in materia di alimenti, si applicano sempre le disposizioni della direttiva concernente i medicinali.

26.      Il governo tedesco ritiene, dunque, che il preparato di aglio in questione sia un medicinale per funzione, soprattutto per le sue proprietà farmacologiche, cui sarebbe da attribuire un’importanza determinante. Nella specie, al prodotto sarebbero imputabili effetti terapeutici, che eserciterebbero un’azione profilattica nei confronti delle degenerazioni patologiche nell’organismo umano, soprattutto l’arteriosclerosi. A sostegno del suo punto di vista, il governo tedesco si richiama a diverse relazioni e studi scientifici.

27.      In relazione all’argomento della Commissione, secondo il quale gli effetti del preparato sull’arteriosclerosi sarebbero limitati, il governo federale osserva che né la direttiva sui medicinali, né la giurisprudenza della Corte permetterebbero di desumere una «soglia di rilevanza», a partire dalla quale dovrebbero essere provati determinati gradi di efficacia farmacologica. Pertanto, se l’efficacia farmacologica viene riconosciuta, sarebbe del tutto irrilevante la questione se il rischio di arteriosclerosi si riduca di poco o di molto.

28.      La definizione come medicinale non può dipendere dall’origine della sostanza e la Corte ha deciso che le vitamine possono essere classificate come medicinali se consumate in forti dosi (5). Il fatto che le vitamine si trovano anche in parecchi alimenti non osta quindi a che esse siano classificate come medicinali. Lo stesso dovrebbe valere per l’aglio e per l’allicina, il principio attivo che esso contiene. Pertanto, il fatto che il principio attivo con proprietà farmacologiche sia o meno presente anche in un alimento non sarebbe in definitiva rilevante.

29.      Il preparato controverso avrebbe proprietà farmacologiche anche perché dalla sua assunzione potrebbero derivare rischi per la salute. Il fatto che anche il consumo di determinati altri alimenti potrebbe avere conseguenze negative per la salute non farebbe di per sé dubitare delle proprietà medicinali del preparato. Un ruolo decisivo sarebbe tuttavia svolto dai suoi effetti farmacologici o terapeutici.

30.      Con riferimento alle modalità di somministrazione, il governo tedesco deduce che la presentazione in capsule del prodotto in questione deporrebbe sostanzialmente a favore dell’esistenza di un medicinale per funzione. In merito alla nozione di medicinale per presentazione, il governo tedesco precisa che un prodotto può essere considerato tale allorquando la sua forma e la sua presentazione lo facciano sufficientemente assomigliare ad un medicinale. Nella specie, la forma in capsule utilizzata deporrebbe a favore dell’intenzione di distribuire il prodotto come medicinale, ancorché la forma esterna non costituisca un indizio di per sé decisivo per una sua classificazione come tale.

31.      Inoltre, in Germania sarebbero commercializzati numerosi medicinali con principi attivi come la polvere di cipolla e aglio, presentati nella stessa guisa del preparato in esame nella causa principale. La circostanza che siano tutti classificati come medicinale deporrebbe a favore del fatto che, conformemente agli usi commerciali e alle aspettative dei consumatori, anche il prodotto analogo di cui trattasi sarebbe un medicinale per presentazione.

32.      Il governo tedesco deduce altresì dalla giurisprudenza della Corte che le autorità nazionali disporrebbero di un margine di valutazione nella decisione di classificazione (6). La Commissione non avrebbe adempiuto l’onere della prova a suo carico e non sarebbe riuscita a dimostrare l’abuso di potere discrezionale da parte delle autorità tedesche, commesso classificando il preparato come medicinale.

33.      In via subordinata, il governo tedesco sostiene, per il caso in cui la Corte si basasse sull’applicabilità della libertà di circolazione delle merci e rinvenisse nella decisione di classificazione una restrizione, che quest’ultima sarebbe comunque giustificata a tutela di un’esigenza imperativa di interesse generale, ossia la tutela della sanità pubblica.

VI –  In diritto

1.      Considerazioni introduttive

a)      Armonizzazione come risultato di considerazioni legislative

34.      La nozione di medicinale non compare nel Trattato CE. Ciononostante, il diritto dei medicinali viene anch’esso determinato e disciplinato in notevole misura dalla normativa comunitaria. Alla base dello sviluppo del diritto comunitario dei medicinali stavano, come nel caso dello sviluppo del diritto comunitario sui prodotti alimentari, le disposizioni concernenti la libera circolazione delle merci. Le medicine sono anch’esse merci che partecipano al commercio intracomunitario. Esse sono tuttavia prodotti che, comportando potenziali pericoli per la salute, richiedono provvedimenti eccezionali, capaci di garantire la sicurezza della popolazione (7).

35.      Tali provvedimenti vengono presi dagli Stati membri, secondo una moderna concezione, nel quadro della funzione statale di tutela della sanità pubblica, in adempimento di un obbligo fondamentale di tutela in capo allo Stato. Tuttavia, tali normative, fintantoché e nella misura in cui le concezioni degli Stati membri in ordine alla misura necessaria e ai metodi adeguati del livello di sicurezza divergono, costituiscono ostacoli agli scambi e quindi proprio classici casi di misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative alle importazioni ai sensi dell’art. 28 CE (8). Esse sono poi giustificate nell’ambito dell’art. 30 CE unicamente se ad esse siano realmente sottesi motivi di tutela della salute e siano conformi al principio di proporzionalità.

36.      L’armonizzazione del diritto dei medicinali a livello comunitario dovrebbe però appunto abbattere tali ostacoli agli scambi così giustificati, allo scopo di creare un mercato interno che rappresenti uno spazio privo di frontiere interne. Tale finalità viene in primo luogo sorretta dalle disposizioni di diritto derivato dirette al ravvicinamento delle legislazioni nazionali sui medicinali, fondate inizialmente sull’art. 94 CE e poi sull’art. 95 CE. In un primo momento, tali disposizioni riguardavano solamente la definizione delle nozioni di diritto comunitario, come, ad esempio, quella del medicinale, il ravvicinamento dei necessari standard di sicurezza sostanziali, l’etichettatura dei medicinali, nonché la facilitazione o l’assicurazione dal reciproco riconoscimento dei provvedimenti degli Stati membri nel campo del diritto dei medicinali. Un passo qualitativamente nuovo è stato mosso con la fissazione di procedure comunitarie di autorizzazione all’immissione in commercio (9).

37.      L’armonizzazione ha avuto luogo soprattutto in forza di direttive, che, in linea con le finalità perseguite dal diritto comunitario sui medicinali, si pongono come obiettivo principale la tutela della sanità pubblica (10). Tuttavia, questo scopo deve essere raggiunto avvalendosi di mezzi che non ostacolino lo sviluppo dell’industria farmaceutica e gli scambi dei medicinali nella Comunità (11). Gli obiettivi della tutela della salute e della libera circolazione delle merci devono essere entrambi realizzati e tra di essi è pertanto necessario giungere ad un compromesso (12). La direttiva di armonizzazione 2001/83 è dunque da considerarsi quale risultato di una ponderazione legislativa tra due obiettivi comunitari.

b)      La nozione comunitaria di medicinale

38.      Il legislatore comunitario è libero, nei limiti sanciti dal Trattato, di definire la portata dell’armonizzazione. Una completa armonizzazione di determinati ambiti del diritto dei medicinali non lascia conseguentemente spazio per autonomi provvedimenti nazionali. Con la completa armonizzazione, la definizione di «medicinale» contenuta nell’art. 1, punto 2), della direttiva 2001/83 diviene tassativa, dal che consegue che gli Stati membri sono vincolati da questa definizione nella classificazione dei «medicinali» (13). Alle autorità amministrative competenti degli Stati membri resta pertanto preclusa la possibilità di ricomprendere nella definizione di medicinale prodotti che secondo criteri obiettivi non vi rientrano (14).

39.      Qualora la concessione di un’autorizzazione generale all’importazione ed immissione in commercio di un prodotto sia tuttavia negata in ragione del fatto che il prodotto in questione sarebbe un medicinale, ancorché non sussistano i presupposti per la classificazione come tale ai sensi della disciplina comunitaria sui medicinali, tale comportamento delle autorità va considerato come un’inosservanza della definizione fissata e quindi come una violazione del diritto comunitario, purché tale comportamento delle autorità si fondi su una prassi amministrativa (15). Una corrispondente violazione ha necessariamente per conseguenza una responsabilità a livello centrale del rispettivo Stato membro.

40.      Nella specie, la censura mossa dalla Commissione riguarda una prassi amministrativa delle autorità tedesche, in base alla quale i prodotti composti di aglio polverizzato vengono trattati come medicinali.

41.      La definizione di «medicinale» ai sensi della direttiva 2001/83 consta, esattamente come la precedente formulazione contenuta nella direttiva 65/65/CEE, di due parti. Una sostanza è un medicinale, se viene presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane (definizione «per presentazione»). Allo stesso modo, essa va considerata come medicinale, se è da somministrare all’uomo allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche dell’uomo (definizione «per funzione»). Ai sensi del diritto comunitario, un prodotto è un medicinale se rientra in una di queste due definizioni.

42.      A questo proposito faccio notare che concordo pienamente con l’interpretazione restrittiva della nozione di medicinale, ai sensi della direttiva 2001/83/CE, propugnata dall’avvocato generale Geelhoed nelle sue conclusioni nelle cause HLH Warenvertrieb e Orthica (16).

43.      Come correttamente esposto dall’avvocato generale Geelhoed al paragrafo 36 delle sue conclusioni nelle cause HLH Warenvertrieb e Orthica, un’interpretazione ed un’applicazione troppo estensive della definizione di medicinale avrebbero, infatti, tre svantaggi. In primo luogo la nozione di «medicinale» perde la sua funzione distintiva se in essa si fanno rientrare prodotti non classificabili come tali per natura ed effetti. Ciò danneggerebbe la salute dell’uomo invece di favorirla. In secondo luogo potrebbe conseguirne che i particolari regimi comunitari vigenti per talune categorie di prodotti alimentari – comprensivi delle norme dettate dai rischi particolari che questi presentano – perderebbero il loro oggetto: nella fattispecie si deve pensare alla direttiva 2002/46 sugli integratori alimentari. In terzo luogo un ampliamento «dissimulato» della portata della direttiva 2001/83 ai prodotti che non rientrano nel suo ambito di applicazione andrebbe a discapito della libera circolazione delle merci.

44.      Già nella giurisprudenza sono rinvenibili impostazioni analoghe a favore di un’interpretazione restrittiva della nozione di medicinale. Da un lato, si ritiene concordemente che la disciplina di legge sui medicinali debba essere più rigorosa di quella sulle derrate alimentari, tenuto conto dei pericoli specifici che possono essere connessi al loro consumo (17). D’altro lato, la Corte esige che, affinché taluni prodotti che si asserisce abbiano un’efficacia come medicinali possano essere classificati come tali, sussista una sufficiente sicurezza sulla circostanza che essi producano anche di fatto tale effetto (18). Conseguentemente, i particolari rischi e l’efficacia come medicinale debbono essere dimostrati sulla base di informazioni fondate su solide indagini scientifiche.

45.      Ritengo che sia doveroso tener conto di tali considerazioni ai fini dell’analisi giuridica della questione oggetto del presente procedimento per inadempimento, ossia se il preparato di aglio controverso soddisfi i criteri per la classificazione di un prodotto come medicinale, e quindi se la classificazione operata dal Ministero federale della sanità sia conforme al diritto comunitario.

46.      Con riferimento ai possibili limiti del controllo giurisdizionale della Corte di decisioni di autorità nazionali occorre rilevare che il diritto comunitario riconosce alle autorità interessate, nell’adempimento di compiti che comportano indagini tecnico-scientifiche, un ampio margine discrezionale. Da questa circostanza, la Corte ha arguito che la libertà di decisione delle autorità nazionali è soggetta solo a un limitato sindacato giurisdizionale. In particolare, il giudice comunitario non può sostituire la sua valutazione degli elementi di fatto a quella dell’autorità competente. Contemporaneamente la Corte ha tuttavia sottolineato che le compete un esame dell’esattezza sostanziale dei fatti e delle qualificazioni operate dall’autorità (19). Pertanto, nel quadro di un procedimento per inadempimento, quale quello della fattispecie, il giudice comunitario ha senz’altro il potere di verificare se sussistano, nel singolo caso, i presupposti della nozione di medicinale. In prosieguo occorre pertanto esaminare se il preparato di aglio controverso sia un medicinale ai sensi dell’art. 1, punto 2), primo comma, della direttiva 2001/83.

47.      Vorrei ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, nel quadro di un procedimento ai sensi dell’art. 226 CE, spetta alla Commissione fornire prova della violazione del diritto comunitario (20). Nella presente causa spetta principalmente alla Commissione esporre e provare che il governo tedesco ha operato un’erronea applicazione della direttiva 2001/83, in quanto esso, fatto salvo il margine discrezionale conferitogli, avrebbe erroneamente classificato il preparato di aglio come medicinale. Ciò naturalmente non impedisce che lo Stato membro interessato collabori nella deduzione della prova, dovendo esso dimostrare in maniera convincente, tenuto conto, come illustrato nella giurisprudenza della Corte, dei risultati della ricerca scientifica internazionale, che un determinato prodotto è un medicinale ai sensi della direttiva 2001/83 (21). Qualora la Commissione intenda contestare i fatti addotti dallo Stato membro, dovrà farlo sulla base di elementi di fatto altrettanto credibili.

2.      Medicinale per presentazione

48.      Secondo la giurisprudenza della Corte, il criterio della «presentazione» ha lo scopo di includere non solo i medicinali che hanno veri e propri effetti terapeutici e medicinali, ma anche i prodotti non abbastanza efficaci o che non sortirebbero gli effetti che i consumatori hanno il diritto di attendersi data loro presentazione (22). Vengono compresi da questa definizione parziale della nozione comunitaria di medicinale sia i medicinali «veri e propri» sia quei preparati che non contengono alcun principio attivo farmaceutico e che, pertanto, non possono oggettivamente esplicare alcun effetto medicinale. In questo modo, secondo la giurisprudenza, è possibile «preservare i consumatori non solo dai medicinali dannosi o tossici come tali, ma anche da vari prodotti usati in luogo dei rimedi adeguati» (23). Ne consegue che la nozione di «presentazione» di un prodotto è stata, sino ad oggi, interpretata in maniera estensiva.

49.      Si deve ritenere che un prodotto sia presentato come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane ai sensi della direttiva 2001/83 non solo quando è espressamente «presentato» o «raccomandato» come tale, eventualmente sull’etichetta, sul foglietto illustrativo o verbalmente, ma anche ogniqualvolta appaia, anche implicitamente, ma con certezza, agli occhi del consumatore medio, che tale prodotto, stando alla sua presentazione, dovrebbe avere gli effetti descritti (24). Ci si deve basare, pertanto, sulle destinazioni indicate dal produttore riconoscibili dal consumatore (25).

50.      Risulta dagli atti che il prodotto controverso, fabbricato dalla ditta Piddimax, è un estratto d’aglio polverizzato, che viene commercializzato sotto forma di capsule, ognuna delle quali contiene l’equivalente di 7,4 grammi di aglio fresco crudo. Dall’etichetta, presentata con la richiesta di rilascio del provvedimento generale, risulta che una capsula contiene 370 mg di estratto d’aglio polverizzato altamente concentrato e contenente allicina.

51.      Si deve concordare con la valutazione della Commissione secondo la quale, a parte la forma di capsula, con la quale viene commercializzato il preparato di aglio, nulla depone a favore di una qualificazione come medicinale per presentazione. A tal proposito si deve notare che sebbene la forma esterna come pillola, compressa o capsula rappresenti, secondo la giurisprudenza, un indizio attendibile dell’intenzione del venditore o del fabbricante di mettere in commercio il prodotto come medicinale, tuttavia ciò da solo non può essere determinante, in quanto altrimenti sarebbero compresi taluni prodotti alimentari tradizionalmente presentati in forme analoghe a quelle di prodotti medicinali (26). Effettivamente, la forma di somministrazione come capsula dovrebbe aver perduto, al giorno d’oggi, importanza ai fini di un’eventuale qualificazione come medicinale, tanto più che numerosi integratori alimentari e anche molti cibi dietetici vengono offerti, proprio come medicinali, sotto forma di capsule, gelatina o compresse (27). Il fatto di basarsi sulla sola forma di commercializzazione non terrebbe sufficientemente conto della circostanza che, ad esempio, sul mercato degli integratori alimentari, nello sforzo di orientamento della clientela e per motivi di opportunità, si sono affermati elementi un tempo tipici dei medicinali (28). A tale riguardo si aggiunga che non di rado, per motivi di qualità e di praticabilità, potrebbe essere inevitabile offrire integratori alimentari confezionati in forma di capsula. Si può quindi ritenere che un consumatore mediamente informato si sia, nel frattempo, abituato al fatto che questa forma di somministrazione già da tempo non è più specifica per i soli medicinali. Pertanto la messa in commercio in capsule del preparato di aglio controverso non autorizza senz’altro una sua qualificazione come medicinale.

52.      Inoltre, la circostanza che sulla confezione sia indicato un «dosaggio» e non una «dose di prodotto raccomandata», come indicato all’art. 6, n. 3, lett. b), della direttiva 2002/46, risulta ugualmente inidonea a conferire al preparato di aglio controverso la qualità di medicinale. Come ha osservato, a ragione, la Commissione, in questa direttiva si parla anche in altri punti di «forme di dosaggio» ovvero di «dose giornaliera di prodotto raccomandata», dovendosene concludere che, alla fine, i concetti di dosaggio e di dose di prodotto raccomandata indicano, di fatto, la stessa cosa. Nonostante le differenze concettuali, un dosaggio non dovrebbe essere determinante per la delimitazione tra medicinali e prodotti alimentari, poiché anche per determinati prodotti alimentari, che non sono da considerare medicinali, può risultare necessario indicare, a tutela della salute, una corrispondente quantità massima.

53.      Pertanto, il preparato di aglio controverso non presenta gli elementi costitutivi di un medicinale per definizione ai sensi dell’art. 1, punto 2), primo comma, della direttiva 2001/83. Esso né possiede la presentazione tipica di un medicinale, né, alla luce delle sue caratteristiche particolari o delle indicazioni del produttore, si può concludere che quest’ultimo avesse intenzione di immettere tale preparato sul mercato come medicinale.

54.      Le due definizioni parziali della nozione comunitaria di medicinale non possono, però, essere considerate in modo rigorosamente distinto. Come dichiarato nella sentenza Van Bennekom (29), una sostanza con «proprietà curative o profilattiche della malattie umane o animali», ai sensi della prima definizione comunitaria, non «presentata», però, come tale, rientra nell’ambito di applicazione della seconda definizione comunitaria di medicinale.

3.      Medicinale per funzione

55.      La definizione di medicinale per funzione contenuta all’art. 1, punto 2), secondo comma, della direttiva 2001/83 va intesa nel senso che in essa sono ricomprese solo quelle sostanze o composizioni da somministrare all’uomo allo scopo di modificare i suoi effetti fisiologici. Questa nozione di medicinale comprende prodotti che possono avere un’influenza sul corpo umano, realmente o per i loro effetti annunciati, in maniera tale da modificare significativamente le condizioni del suo funzionamento (30).

56.      Nella sua giurisprudenza la Corte ha richiamato i seguenti criteri, che possono essere utilizzati per stabilire se un prodotto possa essere ricompreso in questa parte della definizione: la sua composizione, le proprietà farmacologiche che il prodotto interessato presenta allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, le sue modalità d’uso, l’ampiezza della sua diffusione, la sua conoscenza da parte dei consumatori ed i rischi che possono derivare dalla sua utilizzazione (31). La Corte ha tuttavia lasciato aperta la questione di come debbano essere valutate queste caratteristiche e, sino ad oggi, non ha neppure fornito alcuna definizione della nozione di proprietà farmacologiche, aldilà dell’indicazione che fra tali proprietà vanno annoverati gli «effetti sulla salute in generale» (32).

57.      A mio parere, riveste un’importanza decisiva al riguardo il criterio delle proprietà farmacologiche (33), trattandosi di un elemento oggettivo che può essere determinato solo caso per caso, sulla base di una fondamentale valutazione tecnico-scientifica. La necessità di una chiara definizione delle proprietà farmacologiche si evidenzia in maniera particolare nei casi come quello di specie, nei quali si tratta di qualificare prodotti che, a fianco delle loro proprietà nutrizionali, hanno notoriamente effetti positivi sulla salute.

58.      Come ha correttamente osservato l’avvocato generale Tesauro nella causa Delattre (34), la formulazione contenuta nell’art. 1, punto 2), secondo comma, della direttiva 2001/83 «ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche dell’uomo» è stata redatta in termini sufficientemente ampi da potersi estendere anche a quei prodotti che, sebbene siano di natura tale da avere sicuramente un’incidenza su funzioni organiche, hanno però uno scopo essenzialmente nutrizionale. Ho già esposto in un altro punto che, alla fine, una simile interpretazione non favorisce né la tutela della salute, né la libera circolazione delle merci (35). Essa non può essere nemmeno conforme alle intenzioni del legislatore comunitario. In accordo con le proposte degli avvocati generali Geelhoed (36) e Tesauro (37) ritengo, pertanto, che sia necessaria un’interpretazione restrittiva della figura del medicinale per funzione (38). Pertanto, nella definizione andrebbero ricompresi solo i prodotti con proprietà farmacologiche accertabili scientificamente. A tal fine non dovrebbe essere sufficiente che il prodotto possieda solamente effetti nutrizionali fisiologici. Mi sembra, piuttosto, che sia necessario che il prodotto sia predisposto per la profilassi o la cura di malattie, oppure che presenti notevoli rischi per la salute o effetti secondari nocivi per la stessa, oppure che comporti in misura eccessiva effetti su funzioni fisiche(39).

59.      Il governo tedesco giustifica la proprietà di medicinale di questo prodotto sostanzialmente sulla base dell’elevato contenuto di allicina, il quale, secondo le proprie indicazioni, presenta una concentrazione di principi attivi da due a quattro volte superiore rispetto alla dose quotidiana scientificamente consigliata. Lo stesso governo sostiene che pertanto non si tratterebbe appunto di una sostanza equiparabile all’alimento aglio, ma piuttosto di un estratto, fortemente concentrato, ottenuto dall’aglio con l’etanolo, che sarebbe unito ad un eccipiente di base (lattosio). Il governo tedesco individua innanzitutto nell’effetto di abbassamento della pressione e del colesterolo da parte dell’aglio i punti d’appoggio per l’individuazione di proprietà farmacologiche, che renderebbero il preparato un mezzo idoneo per la prevenzione della calcificazione generale delle arterie (arteriosclerosi generale).

60.      Mi sembra, a questo punto, opportuno osservare che la valutazione giuridica della Corte non si può limitare, nella presente causa, agli effetti positivi sulla salute che l’aglio come prodotto alimentare possiede secondo l’attuale stato della scienza. Molti prodotti, che secondo la nozione corrente sono chiaramente alimenti, possono oggettivamente servire anche a fini terapeutici (40). Partendo dall’interpretazione restrittiva, che sostengo, della figura del medicinale, occorre piuttosto domandarsi se il prodotto controverso possieda in sé e per sé un valore aggiunto rispetto all’aglio nella sua forma naturale.

61.      Per quanto riguarda tale questione, tendo ad associarmi all’opinione della Commissione ed a negare, nel caso di specie, la qualità di medicinale. La dottrina, cui si richiama il governo tedesco nel suo controricorso, mette in luce l’effetto del prodotto alimentare aglio, che può essere raggiunto attraverso il consumo di tale alimento, ma anche con l’assunzione di preparati di aglio in forma di capsule, polveri o soluzioni (41). Ad un esame più attento, il preparato controverso si rivela, infatti, come niente di più di un concentrato del principio attivo naturale dell’allicina, i cui effetti fisiologici possono essere raggiunti semplicemente attraverso una assunzione in quantità maggiori dell’alimento aglio.

62.      Sebbene sia riconosciuto che l’utilizzo di aglio abbia un effetto positivo sull’organismo umano, tuttavia il suo effetto non dovrebbe essere valutato in maniera sostanzialmente maggiore o diversa rispetto a quello di altri prodotti vegetali o animali che vengono assunti con l’alimentazione quotidiana. Come espone la Commissione nel suo ricorso, tale effetto può essere ugualmente raggiunto attraverso altri prodotti alimentari e attraverso una determinata alimentazione. Così, ad esempio, pesci di mare come il salmone, il tonno, l’aringa e la sardina contengono acidi grassi Omega 3, che riducono anch’essi il rischio dell’arteriosclerosi. Hanno, inoltre, un loro ruolo la vitamina C, la vitamina E e l’elemento minerale selenio, che possono tutti essere assunti tramite i comuni alimenti, ma anche tramite integratori alimentari.

63.      L’argomentazione del governo tedesco non mi sembra sufficientemente convincente per partire da una qualificazione come medicinale «per funzione», dal momento che gli effetti di un simile preparato non potrebbero essere particolarmente marcati per prevenire del tutto il rischio di arteriosclerosi. Come risulta dalla comunicazione del governo tedesco del 14 marzo 2003, allegato n. 4 al ricorso, il preparato controverso non contiene, infatti, a parte il principio attivo dell’allicina, alcuna sostanza che possa essere associata ai preparati vitaminici o minerali o ad altre sostanze con specifici effetti nutrizionali o fisiologici (42).

64.      In ogni caso, in un alimento, non ogni effetto di diminuzione dei rischi o positivo per la salute potrebbe comportare obbligatoriamente una qualificazione dello stesso come medicinale, in quanto, altrimenti gli Stati membri sarebbero liberi di restringere il commercio proprio con quei pregiati prodotti alimentari e privare così i consumatori di essi. È evidente che una simile conseguenza sarebbe contraria proprio alle finalità della libera circolazione delle merci.

65.      Del pari risulta poco plausibile il rinvio del governo tedesco ai rischi che sono collegati all’utilizzo dell’aglio. Nella misura in cui esso rinvia a studi su emorragie spontanee e post-operatorie, a possibili interazioni con il medicinale contro l’HIV Saquinavir e con determinati medicinali anticoagulanti, si può invece eccepire che si tratta di rischi che sono collegati con l’assunzione in generale di aglio e che non sono riconducibili in maniera speciale al preparato. Come osserva correttamente la Commissione, non è inconsueto che lo stato di salute di un singolo possa eventualmente richiedere di rispettare una determinata dieta, di alimentarsi ad esempio con poco sale o di evitare bevande alcoliche. Alla luce della circostanza che questi effetti collaterali emergono molto raramente e solo in caso di una determinata sensibilità di carattere ereditario o conseguente a situazioni particolari, essi non potrebbero essere considerati, ai sensi della giurisprudenza, come notevoli rischi per la salute o come effetti collaterali nocivi alla salute. Del resto, un eventuale rischio per la salute è uno solo dei molti fattori che devono essere considerati dalle autorità nazionali competenti nell’ambito della classificazione di un prodotto come medicinale «per funzione» (43).

66.      Occorre, inoltre, disattendere l’argomento del governo tedesco secondo il quale si sarebbe formata in Germania una nozione corrente sui preparati di aglio altamente concentrati. Questa tesi non tiene conto del fatto che le autorità nazionali sono tenute, secondo il diritto comunitario, a verificare caso per caso se un prodotto vada qualificato come medicinale (44). Il rinvio complessivo ad una non meglio dimostrata nozione corrente per quanto riguarda i prodotti a base d’aglio in generale non le esonera da quest’obbligo. La Corte ha peraltro già affermato che le idee dei consumatori possono variare nel corso della realizzazione del mercato interno (45). Le prescrizioni di uno Stato membro non possono portare a consolidare determinate abitudini dei consumatori in maniera tale da urtare contro la creazione del mercato interno.

67.      Complessivamente, si è così in presenza di un prodotto che non rientra nella definizione comunitaria di medicinale ai sensi dell’art. 1, punto 2), della direttiva 2001/83.

68.      Dal momento che il preparato di aglio controverso non corrisponde a nessuna delle definizioni legali di medicinale contenute nell’art. 1, punto 2), della direttiva 2001/83 e non è così ricompreso nel loro ambito di applicazione materiale, non è necessaria una presa di posizione sulla questione se ed in che misura il regime sui medicinali prevalga sulle disposizioni in tema di prodotti alimentari e di integratori alimentari (46). Sotto questo profilo occorre disattendere l’argomento del governo tedesco al riguardo, in quanto irrilevante ai fini della presente causa.

4.      Applicabilità delle norme del Trattato in materia di libera circolazione delle merci

69.      Potrebbe eventualmente trattarsi di un integratore alimentare ai sensi dell’art. 2, lett. a), della direttiva 2002/46, e cioè di un prodotto alimentare destinato ad integrare la dieta normale e che costituisce una fonte concentrata di sostanze nutritive o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, sia monocomposto sia pluricomposto, commercializzato in forme di dosaggio. Contro tale ipotesi depone però il fatto che il preparato di aglio interessato non è composto dalle sostanze nutritive (vitamine e minerali) indicate all’art. 2, lett. b), della direttiva 2002/46 e non è pertanto ricompreso nell’ambito di applicazione materiale di questa norma.

70.      Ai sensi dell’ottavo ‘considerando’ della direttiva 2002/46, gli Stati membri possono, fino all’adozione di tali norme comunitarie specifiche e fatte salve le disposizioni del Trattato, applicare le norme nazionali relative ai nutrienti e alle altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico utilizzati come ingredienti degli integratori alimentari per i quali non siano state adottate norme comunitarie specifiche.

71.      In mancanza di un’armonizzazione in questo settore, il criterio da utilizzare per valutare la compatibilità della classificazione come medicinale da parte delle autorità tedesche è costituito quindi dalle norme del Trattato relative alla libera circolazioni delle merci.

5.      Restrizione ingiustificata della libera circolazione delle merci

72.      Ai sensi dell’art. 28 CE sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione, nonché qualsiasi altra misura di effetto equivalente. Al riguardo, ogni normativa o misura degli Stati membri, che possa ostacolare direttamente od indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari, costituisce una misura di effetto equivalente ad una restrizione quantitativa (47).

73.      Il provvedimento dell’8 giugno 2000, con il quale è stata negata al controverso prodotto a base d’aglio l’autorizzazione come integratore alimentare nell’ambito della richiesta presentata ai sensi dell’art. 47a) LMBG, è una misura statale ai sensi dell’art. 28 CE. In base alla motivazione del provvedimento, il prodotto a base d’aglio, legittimamente commercializzato in un altro Stato membro, è ritenuto un medicinale nella Repubblica federale di Germania. Esso non può essere così messo in commercio come alimento o come integratore alimentare, ma dovrebbe essere autorizzato come medicinale. Questa necessità è idonea a recare pregiudizio agli scambi intracomunitari, per il tramite del prodotto in questione. Pertanto si è in presenza di una misura di effetto equivalente vietata.

74.      La Corte ha affermato che in mancanza di armonizzazione e laddove sussistano ancora incertezze allo stato attuale della ricerca scientifica, gli Stati membri possono, al ricorrere di determinati presupposti, limitare, in base all’art. 30 CE, per ragioni di tutela della salute e della vita delle persone, la commercializzazione di prodotti alimentari legittimamente commercializzati in un altro Stato membro (48). Tuttavia, tutte le misure, che vengono adottate dagli Stati membri a proposito di questo prodotto, per tutelare la salute pubblica, devono essere proporzionate (49).

75.      Spetta alle autorità nazionali, che si richiamano alla tutela della sanità pubblica, dimostrare in ciascun caso, alla luce delle abitudini alimentari nazionali e tenuto conto dei risultati della ricerca scientifica internazionale, che la loro normativa è necessaria per tutelare efficacemente gli interessi considerati da tale disposizione e, segnatamente, che la commercializzazione dei prodotti di cui trattasi presenta un rischio reale per la sanità pubblica (50). Al riguardo, l’onere di indicare una giustificazione risulta essere per lo Stato membro di volta in volta interessato tanto più gravoso quanto maggiori sono i requisiti di fatto e di diritto per l’immissione in commercio. Si deve ricordare in questo contesto che l’autorizzazione all’immissione in commercio ai sensi dell’art. 8 della direttiva 2001/83 è subordinata all’esistenza di severi requisiti (51).

76.      Alla luce di quanto sopra, il divieto di immettere in commercio il prodotto controverso come alimento e l’obbligo di ottenere l’autorizzazione alla sua immissione in commercio come medicinale possono essere considerati proporzionati solo se siano effettivamente necessari ai fini della tutela della salute della popolazione.

77.      Il governo tedesco ritiene che la limitazione della libera circolazione delle merci sia giustificata in ogni caso a fini di tutela di interessi imperativi di bene comune, e cioè a fini di tutela della sanità pubblica. Esso rinvia a tal riguardo alle sue considerazioni sui rischi per la salute derivanti dal preparato (52).

78.      Come già mostrato, queste considerazioni si riferiscono chiaramente agli effetti dell’alimento aglio, mentre omettono del tutto un’esposizione, riferita al caso di specie, in relazione al preparato controverso. Non viene effettuata dal governo tedesco una chiara differenziazione, ad esempio, tra gli effetti fisiologici derivanti da un consumo di grandi quantità di aglio e quelli derivanti dall’assunzione di preparati di aglio. In parte, nella comunicazione del governo tedesco alla Commissione del 5 ottobre 2001, ad esempio nell’ambito dei possibili effetti collaterali come dolori gastro-intestinali, reazioni allergiche e leggeri cali di pressione, viene fatto riferimento indifferentemente all’alimento ed al prodotto.

79.      Si può tuttavia ricorrere all’art. 30 CE solo a condizione che esista realmente un rischio per il bene giuridico protetto, al quale lo Stato membro si richiami di volta in volta (53). Dalla giurisprudenza emerge che, anche se una situazione di pericolo non possa venire dimostrata scientificamente in maniera incontestata, devono essere sempre fornite a questo proposito indicazioni circostanziate e condivisibili (54). Sullo sfondo del grosso ostacolo rappresentato dall’obbligo di giustificazione, che è stato imposto agli Stati membri dal legislatore comunitario e dalla Corte, il semplice rinvio complessivo del governo tedesco ad eventuali rischi per la salute, che potrebbero derivare dal consumo di aglio in presenza di condizioni di vita molto specifiche, risulta essere insufficiente a giustificare una misura tanto incisiva quale è il divieto di accedere al mercato.

80.      Il governo tedesco non ha, così, fornito la prova che la concessione di un’autorizzazione all’immissione in commercio del preparato di aglio in oggetto come medicinale sia necessaria per la tutela della sanità pubblica, tanto più che sarebbero perfettamente ipotizzabili, come misure meno rigide rispetto ad un divieto di vendita generale, avvertenze per gli allergici o per le persone con una determinata sensibilità, di carattere ereditario o in conseguenza di particolari situazioni, per determinate malattie (55).

81.      L’applicazione dei requisiti per l’autorizzazione come medicinale al preparato di aglio contestato rappresenta pertanto una restrizione non giustificata alla libera circolazione delle merci.

VII – Sulle spese

82.      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, nel procedimento per inadempimento la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha chiesto la condanna alle spese della Repubblica federale di Germania, che è risultata soccombente, quest’ultima va condannata alle spese.

VIII – Conclusione

83.      Alle luce delle considerazioni che precedono propongo alla Corte di:

1)      dichiarare che la Repubblica federale di Germania ha violato gli obblighi ad essa derivanti dagli artt. 28 CE e 30 CE in quanto ha classificato come medicinale un preparato di aglio, in forma di capsule, il quale non rientra nella definizione di medicinale per presentazione ai sensi dell’art. 1, punto 2), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 novembre 2001, 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano.

2)      condannare la Repubblica federale di Germania alle spese.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – GU L 311, pag. 67.


3 – GU L 183, pag. 51.


4 – Sentenza 9 giugno 2005, cause riunite C‑211/03, C‑299/03 e da C‑316/03 a C‑318/03, HLH Warenvertrieb e Orthica (Racc. pag. I‑5141, punto 43).


5 – Sentenze 29 aprile 2004, causa C‑387/99, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3751, punto 56), e 30 novembre 1983, causa 227/82, Van Bennekom (Racc. pag. 3883, punto 27).


6 – Sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica (citata alla nota 4, punto 43).


7 – Clement, C., “La notion de médicament en droit communautaire de la santé”, Les petites affiches, 1995, n. 12, pag. 20, sostiene che i medicinali non possono essere assimilati alle comuni merci, essendo essi prodotti per contrastare malattie, dolori e altri tipi di patologie. Al contempo, egli menziona i rischi connessi all’assunzione di medicinali, rifacendosi alla diffusa opinione secondo cui «quanto maggiore è l'efficacia di un medicinale, tanto più nocivo è quest’ultimo».


8 – Streinz/Ritter, J., in: Dauses, M. (ed.), Handbuch des EU-Wirtschaftsrechts, C. V., par. 2; Winter, B., Die Verwirklichung des Binnenmarktes für Arzneimittel, Berlino 2004, pag. 77; Cadeau, E./Richeux, J.-Y., “Le juge communautaire et le médicament: libre circulation des marchandises et protection de la santé publique”, Les petites affiches, 1996, n. 7, pag. 9, considerano i regolamenti e le prassi amministrative nazionali, che sono idonee ad ostacolare gli scambi intracomunitari di prodotti farmaceutici, alla stregua di misure di effetto equivalente alle restrizioni quantitative, come disposto dall’art. 28 CE.


9 – Un medicinale ottiene l'accesso al mercato solamente se esso ha superato il procedimento di autorizzazione a tal fine previsto e le autorità competenti hanno rilasciato l'autorizzazione all'immissione in commercio. L’autorizzazione di un medicinale è indispensabile per garantire la sicurezza del consumatore nel commercio di medicinali e per tutelarlo a fronte di medicinali inefficaci e nocivi. La garanzia di un elevato livello di tutela in relazione ai medicinali deve essere tuttavia realizzata con mezzi che possano ostacolare il meno possibile il commercio intracomunitario dei prodotti farmaceutici. Le differenze sussistenti tra le disposizioni di autorizzazione dei singoli Stati membri hanno un effetto immediato sulla realizzazione e sul funzionamento del mercato interno. Per tali ragioni, la creazione di una procedura unitaria d'autorizzazione a livello comunitario è stata un importante obiettivo della Comunità. Esistono oggi tre possibilità per autorizzare l’immissione in commercio di un medicinale nell’Unione europea: una procedura d’autorizzazione centralizzata, valida in tutta l’Unione, una procedura d’autorizzazione decentralizzata, valida per diversi Stati membri, nonché una procedura d'autorizzazione puramente nazionale, fermo restando che i criteri sostanziali di autorizzazione sono identici per tutte le procedure: l’autorizzazione di un medicinale viene negata allorquando dal controllo dei documenti presentati ai fini dell'autorizzazione emerge che il medicinale non ha la composizione qualitativa e quantitativa dichiarata, che l'efficacia terapeutica del medicinale manca o è stata insufficientemente provata, o che il medicinale è nocivo nel caso dell’uso a cui è destinato [v. Winter, B., loc. cit. pagg. 77-94).


10 – Secondo ‘considerando’ della direttiva 2001/83.


11 – Terzo ‘considerando’ della direttiva 2001/83.


12 – Nella sentenza 7 dicembre 1993, causa C‑83/92, Pierrel (Racc. pag. I‑6419, punto 7), la Corte constata che nel diritto comunitario le specialità medicinali sono oggetto di un insieme di direttive di armonizzazione che mirano a realizzare gradualmente la libera circolazione di tali prodotti nella Comunità, garantendo al tempo stesso la tutela della sanità pubblica. In questo senso, vedi anche Cadeau, E./Richeux, J.‑Y., loc. cit. (Nota 8), pag. 4. Secondo Fraguas Gadea, L., «La libre circulación de medicamentos», Noticias de la Unión Europea, 2000, n. 184, pag. 57, e Petit, Y., «La notion de médicament en droit communautaire», Revue de droit sanitaire et social, 1992, 28° anno, n. 4, pag. 572, il legislatore comunitario avrebbe accelerato l’armonizzazione per realizzare un giusto equilibrio tra gli imperativi della sanità pubblica e della libera circolazione delle merci. A parere degli autori, anche l’ultimo punto potrebbe essere definito, in senso lato, come un progetto per la creazione di un mercato comune dei medicinali in Europa.


13 – V. le conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed presentate il 3 febbraio 2005 nelle cause HLH Warenvertrieb e Orthica (sentenza citata alla nota 4, paragrafo 34).


14 – Ibidem, paragrafo 54.


15 – Sentenza HLH Warenvertrieb e Orthica (citata alla nota 4, punto 42). Secondo la giurisprudenza una prassi amministrativa può rappresentare una misura vietata ai sensi dell’art. 30 solamente qualora si sia sufficientemente consolidata e presenti un determinato grado di generalità. V. sentenze 9 maggio 1985, causa 21/84, Commissione/Francia (Racc. pag. 1355, punti 13 e 15), 12 marzo 1998, causa C‑187/96, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑1095, punto 23) e 29 ottobre 1998, causa C‑185/96, Commissione/Grecia (Racc. pag. I‑6601, punto 35).


16 – V. conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed nelle cause HLH Warenvertrieb e Orthica (sentenza citata alla nota 4, paragrafo 35).


17 – V. sentenza 28 ottobre 1992, causa C‑219/91, Ter Voort (Racc. pag. I‑5485, punto   19), nonché sentenze 21 marzo 1991, causa C‑60/89, Monteil e Samanni (Racc. pag. I‑1547, punto 16), e causa C‑369/88, Delattre (Racc. pag. I‑1487, punto 21).


18 – Sentenza 16 aprile 1991, causa C‑112/89, Upjohn I (Racc. pag. I‑1703, punto 23). Secondo Doepner, U./Hüttebräuker, A., «Abgrenzung Arzneimittel/Lebensmittel – die aktuelle gemeinschaftsrechtliche Statusbestimmung durch den EuGH», Wettbewerb in Recht und Praxis, 2005, Heft 10, pag. 1199, esisterebbero diverse decisioni che lasciano intravedere che la Corte si è sinora opposta, talvolta con molta fermezza, alle aspirazioni ventilate dagli Stati membri di estendere anche ai prodotti ambivalenti i regimi nazionali sulle medicine. Come esempio gli autori citano la sentenza 29 aprile 2004, causa C‑387/99 Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3751, punti 56-57), in cui la Corte ha chiarito che, secondo giurisprudenza costante, spetta alle autorità nazionali stabilire, caso per caso se un determinato prodotto debba essere qualificato come medicinale, tenendo conto di tutte le sue caratteristiche. Le autorità devono, in particolare, accertarsi che esso è destinato a ripristinare, correggere o modificare le funzioni dell’organismo e che può quindi produrre effetti sulla salute in generale.


19 – Nella sentenza 21 gennaio 1999, causa C‑120/97, Upjohn II (Racc. pag. I‑223, punto 34), la Corte ha dichiarato, rinviando alla giurisprudenza ivi richiamata, che un'autorità comunitaria, allorché è chiamata, nell'esercizio delle sue attribuzioni, a compiere valutazioni complesse, dispone per tale motivo di un ampio potere discrezionale il cui esercizio è assoggettato ad un controllo giurisdizionale limitato, il quale non implica che il giudice comunitario sostituisca la sua valutazione degli elementi di fatto a quella della detta autorità. Il giudice comunitario si limita, in casi del genere, ad esaminare l'esattezza sostanziale dei fatti e le qualificazioni giuridiche che questa autorità ne ha desunto e, in particolare, se l'operato di quest'ultima non sia inficiato da errore manifesto o sviamento di potere, o se tale autorità non abbia manifestamente oltrepassato i limiti del proprio potere discrezionale.


20 – V. le conclusioni generali dell’avvocato generale Van Gerven del 13 marzo 1992 nella causa C‑290/90, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3317, paragrafo 5), nonché le sentenze 25 maggio 1982, causa 97/81, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. 1819, punto 6), 11 luglio 1989, causa 323/87, Commissione/Italia (Racc. pag. 2275, punto 19), e 5 ottobre 1989, causa 290/87, Commissione/Paesi Bassi (Racc. pag. 3083, punto 11). In tal senso anche la sentenza 20 maggio 1992, causa C‑290/90, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3317, punto 20), e 5 febbraio 2004, causa C‑24/00, Commissione/Francia (Racc. pag. I‑1277, punto 72).


21 – Sentenza Delattre (citata alla nota 17, punto 32)


22 – Sentenze Upjohn I (cit. alla nota 18, punto 16) e Van Bennekom (cit. alla nota 5, punto 17). La causa Upjohn I riguardava il prodotto Minoxidil, che, all’inizio degli anni sessanta, era stato elaborato come medicinale per la cura dell’ipertensione e, a causa dei suoi effetti secondari, aveva dovuto essere messo in commercio con un’altra denominazione per curare la naturale caduta dei capelli. Il giudice nazionale del rinvio doveva decidere se quel prodotto fosse un medicinale o piuttosto un prodotto cosmetico. La causa Van Bennekom riguardava la commercializzazione di preparati vitaminici ad alta concentrazione, che venivano presentati come medicinali (sotto forma di compresse, pillole e capsule).


23 – Sentenze Upjohn I (cit. alla nota 18, punto 16) e Van Bennekom (cit. alla nota 5, punto 17).


24 – Sentenze Van Bennekom (cit. alla nota 5, punto 18) e Monteil e Samanni (citata alla nota 17, punto 23).


25 – Köhler, H., «Die Abkehr vom Anscheinsarzneimittel – Neue Ansätze zur Abgrenzung von Arzneimittel und Lebensmittel», Zeitschrift für das gesamte Lebensmittelrecht, 1999, quaderno n. 5, pag. 609.


26 – Sentenza Van Bennekom (cit. alla nota 5, punto 19).


27 – Con sentenza 10 gennaio 1995 (Rif. I ZR 209/92) la Corte di Cassazione tedesca (Bundesgerichtshof) decise – in senso contrario all’orientamento del precedente grado di giudizio – che un preparato di aglio messo in commercio sotto forma di capsula, sebbene fosse stato presentato come prodotto per la cucina e per il condimento, doveva essere qualificato come un medicinale e non come un prodotto alimentare. Il Bundesgerichtshof fondò la propria decisione, da un lato, sul principio attivo contenuto nell’aglio, che aveva effetti di abbassamento della pressione del sangue e del colesterolo e, dall’altro, sulla forma di somministrazione tipica per un medicinale (capsule di gelatina, confezioni blister). Questa giurisprudenza è stata oggetto di critiche da parte della dottrina. In questo senso, Köhler, H., loc. cit. (nota 25), pag. 606, ha osservato che numerosi integratori alimentari e anche molti cibi dietetici vengono offerti sotto forma di capsule, di gelatina e di compresse, proprio come i medicinali, sicché il consumatore si è, nel frattempo, abituato al fatto che tale forma di somministrazione non vale solo per i medicinali. Lo stesso autore, in «Die neuen europäischen Begriffe und Grundsätze des Lebensmittelrechts», in Gewerblicher Rechtsschutz und Urheberrecht, 2002, quaderno 10, pag. 852, ritiene che, a partire dalla sentenza Van Bennekom e quantomeno al giorno d’oggi, la forma di somministrazione in capsule dovrebbe essere irrilevante. Conseguentemente, quel preparato di aglio non avrebbe dovuto essere, a suo parere, qualificato come medicinale.


28 – V. sul punto Klein, A., «Nahrungsergänzung oder Arzneimittel?», Neue Juristische Wochenschrift, 1998, quaderno 12, pag. 793. L’autore critica l’applicazione, nella succitata sentenza, di criteri di delimitazione non attuali da parte del Bundesgerichtshof. A suo parere, la giurisprudenza deve valutare, in ogni sua decisione, le circostanze che siano eventualmente mutate sul mercato al momento di ciascuna decisione, come la commercializzazione di prodotti e le aspettative dei consumatori. Egli rinvia, come prova di questa necessità, all’esempio dei preparati vitaminici, utilizzati già da tempo come integratori dell’alimentazione e particolarmente amati dai consumatori, che hanno contribuito a far sì che da molto tempo ogni prodotto, messo in commercio con le forme tipiche, un tempo, solo di un medicinale, non venga più considerato anche come tale. Lo stesso ritiene che la qualificazione di un preparato di aglio come medicinale solo in base alla sua forma di commercializzazione in capsule non sia compatibile con il fatto che sarebbe inevitabile, soprattutto per motivi di qualità e di praticabilità, offrire integratori alimentari confezionati in capsule. Hagenmeyer, M., «Die Nahrungsergänzung – ein Lebensmittel in der Grauzone», Zeitschrift für das gesamte Lebensmittelrecht, 1998, quaderno 3, pag. 367, rinvia, con riferimento a quelle che erano un tempo le cosiddette «forme di offerta tipiche dei medicinali», al fatto che si riscontrerebbe ancora l’opinione secondo cui preparati in capsule sarebbero di regola medicinali. Tuttavia comincerebbe ad affermarsi il punto di vista secondo cui la forma di capsula – soprattutto quella di capsula di gelatina in confezioni blister –, di compressa, di polvere, ecc. in cui appare un prodotto dovrebbe essere irrilevante per il suo status di integratore alimentare.


29 – Sentenze Van Bennekom (cit. alla nota 5, punto 22) e Upjohn I (cit. alla nota 18, punto 18).


30 – Sentenza Upjohn I (cit. alla nota 18, punto 18).


31 – Sentenze Van Bennekom (cit. alla nota 5, punto 29), Monteil e Samanni (cit. alla nota 17, punto 29), Upjohn I (cit. alla nota 18, punto 23), Commissione/Germania (cit. alla nota 20, punto 17) e 29 aprile 2004, Commissione/Germania, C‑387/99 (Racc. pag. I‑3751, punto 57).


32 – Sentenze Upjohn I (cit. alla nota 18, punti 17 e 22) e Commissione/Germania (cit. alla nota 31, punto 58). La causa Upjohn I aveva ad oggetto la qualificazione di un prodotto per la crescita dei capelli come medicinale o come cosmetico. La Corte ha chiarito che la definizione di medicinale non consente di includere sostanze che, nonostante abbiano un’influenza sul corpo umano, come taluni cosmetici, non hanno tuttavia effetti significativi sul metabolismo e non modificano quindi in realtà le condizioni del suo funzionamento. Nella causa Commissione/Germania la Corte ha dichiarato che la classificazione come medicinale di un preparato vitaminico basata unicamente sulla dose giornaliera raccomandata per la vitamina ivi contenuta, e quindi su una dose virtualmente corrispondente al fabbisogno di tale vitamina per tutte le persone in buona salute del gruppo di popolazione considerato, non soddisfa pienamente l’obbligo di una classificazione di ogni singolo preparato vitaminico sulla base delle sue proprietà farmacologiche.


33 – La nozione di «azione farmacologica», elaborato originariamente dalla Corte con riferimento alla classificazione di prodotti come medicinali per funzione, è stato inserito, a fianco delle nozioni di azione «immunologica» e «metabolica», nella definizione di medicinale per funzione dalla direttiva di modifica 2004/27/CE e così elevato ad elemento espressamente definito in via legislativa.


34 – Conclusioni dell’avvocato generale Tesauro del 16 gennaio 1991, nella causa Delattre (sentenza cit. alla nota 17, paragrafo 9). Petit, Y., loc. cit. (nota 12), pag. 573, rinvia parimenti al fatto che questa definizione è formulata in maniera sufficientemente ampia da poter essere applicata, in base al suo tenore, allo stesso modo a medicinali, prodotti alimentari o cosmetici.


35 – V. paragrafo 43.


36 – V. conclusioni dell’avvocato generale Geelhoed del 3 febbraio 2005, nelle cause riunite HLH Warenvertrieb e Orthica (sentenza cit. alla nota 4, paragrafo 35).


37 – V. conclusioni dell’avvocato generale Tesauro del 16 gennaio 1991, nella causa Delattre (sentenza cit.alla nota 17, paragrafo 9). In esse l’avvocato generale Tesauro ha sostenuto che questa definizione non può essere interpretata in modo tale da ricomprendere anche prodotti che, sebbene siano di natura tale da avere sicuramente un’incidenza su funzioni organiche, hanno però uno scopo essenzialmente nutrizionale. Altrimenti, anche, ad es., il sale, utilizzato dagli sportivi, in mancanza d’altro, per prevenire o far passare i crampi, dovrebbe essere qualificato come medicinale.


38 – L’interpretazione restrittiva riguarda la figura non scritta delle «proprietà farmacologiche» elaborata dalla Corte. Doepner, U./Hüttebräuker, A., loc. cit. (nota 18), pagg. da 1201 a 1203, lamentano il fatto che sino ad oggi mancherebbe una determinazione del contenuto ed una precisazione della figura creata proprio dalla Corte. Una determinazione del contenuto e dell’ampiezza di questa nozione da parte della Corte o del legislatore comunitario sarebbe necessaria, trattandosi al riguardo di un criterio di definizione essenziale. Gli autori temono che una valutazione indifferenziata di prodotti ambivalenti (prodotti nella zona limite tra medicinali e prodotti alimentari) possa condurre ad un riconoscimento generale della qualifica di medicinale da parte delle autorità nazionali, la qual cosa non sarebbe corretta per un gran numero di prodotti interessati e non sarebbe nemmeno richiesta dal diritto comunitario, né sarebbe razionale da un punto di vista della politica della sanità pubblica e dell’economia politica. La richiesta, espressa dagli autori, di una descrizione più precisa della nozione di medicinale per funzione è diretta fondamentalmente ad un’interpretazione restrittiva della definizione legale di cui all’art. 1, punto  2), secondo comma, della direttiva 2001/83. Clement, C., loc. cit. (nota 7), pagg. 19 e 22, critica la mancanza di criteri di valutazione affidabili e la formulazione ampia della nozione di medicinale. Egli raccomanda allo stesso modo un’interpretazione restrittiva da parte della giurisprudenza.


39 – In aderenza alla definizione di Köhler, H., loc. cit. (nota 26), pag. 849.


40 – Così anche Köhler, H., loc. cit. (nota 25), pag. 850, il quale annovera tra i prodotti alimentari che servono a fini terapeutici le tisane e altri prodotti erboristici e persino le carote grattugiate per la lotta contro i parassiti intestinali o l’aglio per la prevenzione dell’arteriosclerosi. L’autore ritiene assurdo qualificare tali cibi come medicinali solo per la loro funzione terapeutica.


41 – Breithaupt-Grögler, K./Ling, M./Boudoulas, H./Belz, G., «Protective Effect of Chronic Garlic Intake on Elastic Properties of Aorta in the Elderly», Circulation, 1997, pag. 2654; Koscielny, J./Klüßendorf, D./Latza, R./Schmitt, R./Radtke, H./Siegel, G./Kiesewetter, H., «The antiatherosclerotic effect of Allium sativum», Atherosclerosis, 1999, pag. 237.


42 – Dal fascicolo risulta che il prodotto contestato contiene tra lo 0,95 e l’1,05 per cento di allicina naturale. Il prodotto si compone chimicamente di carboidrati, proteine e grassi, nonché di microelementi e vitamine, che però secondo il governo tedesco non potrebbero, considerati di per sé, essere classificati né come preparati vitaminici, né come contenenti sali minerali, né come altre sostanze con specifici effetti nutrizionali o fisiologici.


43 – V. sentenze 29 aprile 2004, C‑150/00, Commissione/Austria (Racc. pag. I‑3887, punto 65), Commissione/Germania (cit. alla nota 31, punto 57), e HLH Warenvertrieb e Orthica (cit. alla nota 4, punto 53), secondo le quali l’esistenza o meno di un rischio per la salute costituisce solamente una delle caratteristiche del prodotto che devono essere prese in considerazione dalle autorità nazionali competenti.


44 – Sentenze Van Bennekom (cit. alla nota 5, punto 40), e HLH Warenvertrieb e Orthica (cit. alla nota 4, punti  30 e 51).


45 – Sentenza 12 marzo 1987, Commissione/Germania, causa 178/84 (Racc. pag. 1227, punto 32).


46 – Parimenti non è più necessaria una presa di posizione sulla «regolamentazione dei casi dubbi», solo più tardi introdotta nell’art. 2, n. 2, della direttiva 2001/83 dalla direttiva di modifica 31 marzo 2004, 2004/27/CE (GU L 136, pag. 34), secondo la quale le disposizioni di questa direttiva si applicano in caso di dubbio, se un prodotto, tenuto conto dell’insieme delle sue proprietà, può rientrare contemporaneamente nella definizione di «medicinale» e nella definizione di un prodotto disciplinato da un’altra normativa comunitaria. Klaus, B., Leitfaden zur Abgrenzung von Lebensmitteln und Arzneimitteln in der Rechtspraxis aller EU‑Mitgliedstaaten auf Grundlage der gemeinschaftsrechtlich harmonisierten Begriffsbestimmungen, Zeitschrift für das gesamte Lebensmittelrecht, 2004, quaderno 5, pag. 574, osserva che nemmeno con una simile «regolamentazione dei casi dubbi», come prevista nella formulazione attuale dell’art. 2, punto 2), della direttiva 2001/83, i casi di dubbio, che si presentano nella delimitazione dei medicinali rispetto ad altre categorie di prodotti, e così anche rispetto agli alimentari, potrebbero essere risolti in maniera adeguata. Sussisterebbe il pericolo che, con l’applicazione di tale clausola, venga stabilito in maniera affrettata che una sostanza (o un prodotto) sia sottoposta alle prescrizioni in tema di medicinali. Ciò comporterebbe tuttavia risultati molto inadeguati, proprio riguardo alla delimitazione rispetto ai prodotti alimentari. Infatti in molti casi, a causa dell’ampiezza della definizione di medicinale, essa teoricamente comprende anche alcuni alimenti. A causa della mancanza di chiarezza insita nella «regolamentazione dei casi dubbi» verrebbe spalancata la strada alle interpretazioni dei singoli Stati membri, i quali in definitiva deciderebbero ove sussistano dubbi in ordine alla classificazione. Secondo l’opinione dell’autrice, è da preferire l’impostazione, originariamente seguita dal Parlamento europeo, di facilitare la problematica della delimitazione attraverso una formulazione chiara delle definizioni normative.


47 – Sentenze 11 luglio 1974, causa 8/74, Dassonville (Racc. pag. 837, punto 5) e 20 febbraio 1979, causa 120/78, Rewe-Zentral («Cassis de Dijon», Racc. pag. 649, punto 14). La creazione e la garanzia della libera circolazione delle merci nell’ambito della Comunità richiedono non solo l’eliminazione delle barriere doganali, ma anche di ogni altra limitazione al commercio. Per questo motivo, gli artt. 28 CE e 29 CE vietano, a fianco delle restrizioni quantitative, anche le misure di effetto equivalente. Tra esse rientra «ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari». Secondo Oppermann, T., Europarecht, terza edizione, München 2005, pag. 416, con questa ampia formula, la cosiddetta formula Dassonville, viene chiarito che è sufficiente che le misure nazionali che incidono sul commercio siano adeguate e che non deve essere provata alcuna concreta riduzione delle importazioni. Non è nemmeno necessaria alcuna intenzione di limitare il commercio e tanto meno la sua percettibilità.


48 – V. in questo senso le sentenze nelle cause riunite HLH Warenvertrieb e Orthica (cit. alla nota 4, punto 68) e 23 settembre 2003, causa C‑192/01, Commissione/Danimarca (Racc. pag. I‑9693, punto 642). Entrambe le sentenze rappresentano l’evoluzione di una giurisprudenza più risalente, secondo la quale non può effettuarsi a priori un richiamo all’art. 30 CE nel caso in cui la Comunità abbia già adottato una normativa tassativa di diritto comunitario per la tutela dei beni giuridici interessati, ad esempio attraverso una direttiva o un regolamento. V. sul punto, ad esempio, la sentenza 5 ottobre 1977, causa 5/77 Denkavit (Racc. pag. 1555, punti 33/35). Cadeau, E./Richeux, J.‑Y., loc. cit. (nota 8), pag. 8, rilevano parimenti che solo in caso di una armonizzazione incompleta è possibile un richiamo all’art. 30 CE nel settore della normativa sui medicinali nella Comunità.


49 – Sentenza 10 luglio 1984, causa 72/84, Campus Oil (Racc. pag. 2727, punto 37).


50 – Sentenza Commissione/Germania (cit. alla nota 31, punto 72).


51 – Nella sentenza Commissione/Germania (cit. alla nota 31, punti da 74 a 76), la Corte ha affermato, con riferimento ai requisiti per un’autorizzazione di preparati vitaminici come medicinali ai sensi dell’art. 4, della direttiva 65/65, che corrispondono essenzialmente a quelli previsti dall’art. 8, della direttiva 2001/83, che il rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio quale medicinale è soggetto a requisiti particolarmente severi. Così, ai fini del rilascio di un’autorizzazione del genere, il responsabile dell’immissione in commercio deve corredare la domanda di varie informazioni e documenti, tra i quali la composizione qualitativa e quantitativa di tutti i componenti del medicinale, la descrizione sommaria del modo di preparazione, le indicazioni terapeutiche, le controindicazioni e gli effetti secondari, la posologia, la forma di somministrazione, il modo, la forma di impiego, nonché la durata presunta di conservazione, la descrizione dei metodi di controllo utilizzati dal fabbricante, i risultati delle prove fisico-chimiche, biologiche o microbiologiche, farmacologiche, tossicologiche e cliniche. Inoltre, il responsabile dell’immissione in commercio deve provare che il fabbricante abbia nel proprio paese l’autorizzazione a produrre specialità medicinali.


52 – V. paragrafo 65.


53 – Epiney, A., Kommentar des Vertrages über die Europäische Union und des Vertrages zur Gründung der Europäischen Gemeinschaft (edito da Christian Calliess/Matthias Ruffert), Neuwied 1999, art. 30, punto 23; Cadeau, E./Richeux, J.‑Y., loc. cit. (nota 8), pagg. 9 e 10, sono pertanto dell’opinione che uno Stato membro non possa richiamarsi con successo al motivo di giustificazione della tutela della sanità pubblica, qualora il relativo pericolo sia solo potenziale e non reale.


54 – V. sentenza 14 luglio 1994, causa C‑17/93, Van der Veldt (Racc. pag. I‑3537, punto 17), secondo la quale l’esistenza di un semplice rischio per i consumatori è sufficiente affinché la normativa nazionale restrittiva sia considerata soddisfare i presupposti dell’art. 30 CE. Tuttavia, tale rischio deve essere valutato non già in base a considerazioni di ordine generale, bensì alla luce di specifiche ricerche scientifiche.


55 – La direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 20 marzo 2000, 2000/13/CE, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (GU L 109, pag. 29) tiene conto di queste esigenze. Essa prevede, tra l’altro, l’indicazione di determinate informazioni sui prodotti come un elenco degli ingredienti, la quantità di taluni ingredienti o categorie di ingredienti e, eventualmente, condizioni particolari di conservazione e di utilizzazione. Ai sensi dell’ottavo ‘considerando’ di questa direttiva un’etichettatura adeguata, che fornisce indicazioni sulla natura esatta e sulle caratteristiche del prodotto, consente al consumatore di operare la sua scelta con cognizione di causa ed è al riguardo il mezzo più adeguato in quanto comporta meno ostacoli alla libera circolazione delle merci.