Language of document : ECLI:EU:T:2012:172

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

29 marzo 2012 (*)

«Concorrenza — Abuso di posizione dominante — Mercati spagnoli dell’accesso a Internet a banda larga — Decisione che accerta una violazione dell’articolo 82 CE — Fissazione dei prezzi — Compressione dei margini — Definizione dei mercati — Posizione dominante — Abuso — Calcolo della compressione dei margini — Effetti dell’abuso — Competenza della Commissione — Diritti della difesa — Sussidiarietà — Proporzionalità — Certezza del diritto — Cooperazione leale — Principio di buona amministrazione — Ammende»

Nella causa T‑336/07,

Telefónica, SA, con sede in Madrid (Spagna)

Telefónica de España, SA, con sede in Madrid,

rappresentate inizialmente da F. González Díaz e S. Sorinas Jimeno, successivamente da F. González Díaz, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da F. Castillo de la Torre, É. Gippini Fournier e K. Mojzesowicz, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

France Telecom España, SA, con sede in Pozuelo de Alarcon (Spagna), rappresentata da S. Martínez Lage, H. Brokelmann e M. Ganino, avvocati,

da

Asociación de Usuarios de Servicios Bancarios (Ausbanc Consumo), con sede in Madrid, rappresentata da L. Pineda Salido e I. Cámara Rubio, avvocati,

nonché da

European Competitive Telecommunications Association, con sede in Wokingham (Regno Unito), rappresentata da M. Di Stefano e A. Salerno, avvocati,

intervenienti,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione C (2007) 3196 def. della Commissione, del 4 luglio 2007, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 82 [CE] (caso COMP/38.784 — Wanadoo España contro Telefónica) nonché, in subordine, la domanda di annullamento ovvero di riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alle ricorrenti,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione),

composto dal sig. L. Truchot, presidente, dalla sig.ra M. E. Martins Ribeiro (relatore) e dal sig. H. Kanninen, giudici,

cancelliere: sig. J. Palacio González, amministratore principale,

vista la fase scritta del procedimento ed in seguito all’udienza del 23 maggio 2011,

ha emesso la seguente

Sentenza

 Presentazione delle ricorrenti

1        La Telefónica SA, ricorrente nella specie, è la società madre del gruppo Telefónica, già monopolio di Stato nel settore delle telecomunicazioni in Spagna. Durante il periodo interessato dalla decisione C (2007) 3196 def. della Commissione del 4 luglio 2007, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 82 [CE] (caso COMP/38.784 — Wanadoo España contro Telefónica) (in prosieguo la «decisione impugnata»), vale a dire dal settembre 2001 al dicembre 2006, la Telefónica forniva servizi a banda larga tramite la propria controllata Telefónica de España SAU (in prosieguo: la «TESAU»), anch’essa ricorrente nella specie, nonché due altre controllate, la Telefónica Data de España SAU e Terra Networks España SA, le quali si fondevano, rispettivamente in data 30 giugno e 7 luglio 2006, con la TESAU (punti 11, 13 e 19‑21 della decisione impugnata). La Telefónica e le sue controllate (in prosieguo, congiuntamente: la «Telefónica») costituivano una sola e medesima entità economica durante tutto il periodo interessato dall’indagine (punto 12 della decisione impugnata).

2        Prima della totale liberalizzazione dei mercati delle telecomunicazioni nel 1998, la Telefónica era detenuta dello Stato spagnolo e beneficiava di un monopolio legale per la fornitura al dettaglio di servizi di telecomunicazioni su rete fissa. Attualmente, gestisce la sola rete di telefonia fissa di dimensione nazionale (punto 13 della decisione impugnata).

 Procedimento amministrativo

3        L’11 luglio 2003, la Wanadoo España SL (divenuta la France Telecom España SA) (in prosieguo: la «France Telecom») presentava alla Commissione delle Comunità europee una denuncia, sostenendo che il margine tra i prezzi all’ingrosso che le controllate della Telefónica applicavano ai loro concorrenti per la fornitura all’ingrosso di servizi di accesso a banda larga in Spagna e i prezzi al dettaglio che esse applicavano agli utenti finali non era sufficiente affinché i concorrenti della Telefónica potessero farle concorrenza (punto 26 della decisione impugnata).

4        In esito ad un esame della denuncia e alla raccolta di informazioni complementari, la Commissione trasmetteva alla Telefónica, in data 20 febbraio 2006, una comunicazione di addebiti. La Telefónica replicava il 19 maggio seguente. In data 12 e 13 giugno 2006 si svolgeva un’audizione (punti 27 e 30 della decisione impugnata).

5        L’11 gennaio 2007, la Commissione trasmetteva alla Telefónica una lettera con la quale la invitava a comunicarle i suoi commenti in merito alle conclusioni che la Commissione intendeva trarre sulla base di fatti nuovi non menzionati nella comunicazione degli addebiti (in prosieguo: la «lettera di esposizione dei fatti»). La Telefónica rispondeva il 12 febbraio 2007 (punto 31 della decisione impugnata).

 Decisione impugnata

6        Il 4 luglio 2007 la Commissione adottava la decisione impugnata, che costituisce l’oggetto del presente ricorso.

7        In primo luogo, nella decisione impugnata, la Commissione ha individuato tre mercati di prodotti rilevanti, vale a dire, il mercato al dettaglio della banda larga e due mercati all’ingrosso della banda larga (punti 145‑208 della decisione impugnata).

8        Il mercato al dettaglio di cui trattasi comprende, secondo la decisione impugnata, tutti i prodotti della banda larga non differenziati, siano essi forniti per ADSL (Asymetric Digital Subscriber Line) o mediante qualsiasi altra tecnologia, commercializzati sul «mercato di massa» per gli utenti residenziali e non residenziali. Per contro, non comprende i servizi di accesso alla banda larga su misura previsti essenzialmente per i «grandi clienti» (punto 153 della decisione impugnata).

9        Per quanto riguarda i mercati all’ingrosso, la Commissione ha fatto presente che erano disponibili tre principali offerte all’ingrosso, vale a dire un’offerta di riferimento per la disaggregazione della rete locale, commercializzata unicamente dalla Telefónica, un’offerta all’ingrosso regionale (GigADSL, in prosieguo: il «prodotto all’ingrosso regionale»), parimenti commercializzato unicamente dalla Telefónica, e più offerte all’ingrosso nazionali commercializzate tanto dalla Telefónica (ADSL‑IP e ADSL‑IP Total, in prosieguo: il «prodotto all’ingrosso nazionale»), quanto dagli altri operatori sulla base della disaggregazione della rete locale e/o del prodotto all’ingrosso regionale (punto 75 della decisione impugnata).

10      Ai fini della definizione dei mercati all’ingrosso interessati nella specie, la Commissione ha esaminato se i prodotti di accesso all’ingrosso descritti al punto precedente appartenessero allo stesso mercato di prodotti ovvero a mercati di prodotti distinti (punto 162 della decisione impugnata).

11      A tal riguardo, la Commissione ha, anzitutto, ritenuto che il prodotto all’ingrosso regionale e la disaggregazione della rete locale non fossero sostituibili (punti 163‑182 della decisione impugnata). A fondamento di tale conclusione la Commissione si è richiamata, per quanto attiene alla sostituibilità sul versante della domanda, ai rilevanti investimenti di sviluppo della rete (punti 163 e 164 della decisione impugnata) nonché alle differenze funzionali tra detti due tipi di accesso all’ingrosso (punto 165 della decisione impugnata). La Commissione ha parimenti ritenuto che non sussistesse sostituibilità tra i due prodotti sul versante dell’offerta, considerato che la sostituibilità implicherebbe che un operatore alternativo fosse in grado di offrire una rete di anelli locali identica a quella della Telefónica su tutto il territorio spagnolo, il che sarebbe economicamente impossibile entro un termine ragionevole (punto 167 della decisione impugnata).

12      La Commissione ha poi ritenuto che non sussistesse sufficiente sostituibilità tra i prodotti all’ingrosso regionali e nazionali (punti 183‑195 della decisione impugnata), pur precisando che i confini esatti tra il mercato all’ingrosso regionale e quello nazionale non erano determinanti, tenuto conto della posizione dominante della Telefónica su ciascuno di tali mercati (punto 195 della decisione impugnata). Per quanto attiene alla sostituibilità sul versante della domanda, l’istituzione ha ritenuto che l’operatore alternativo che intendesse fornire servizi al dettaglio ADSL su scala nazionale utilizzando il prodotto all’ingrosso regionale dovesse assumere rilevanti costi ricorrenti e preventivi di sviluppo e di mantenimento di una rete che consentisse l’interconnessione a 109 punti di accesso indiretti della Telefónica (punto 183 della decisione impugnata). Inoltre, la migrazione dal prodotto all’ingrosso regionale verso il prodotto all’ingrosso nazionale non risulterebbe sensata da un punto di vista economico, in quanto sarebbe illogico e poco probabile che operatori che abbiano già investito nello sviluppo di una rete sopportino i costi derivanti dalla mancata utilizzazione della loro rete e dall’utilizzazione del prodotto all’ingrosso nazionale, che non darebbe loro le stesse possibilità in termini di controllo sulla qualità del servizio del prodotto al dettaglio rispetto al prodotto all’ingrosso regionale (punto 187 della decisione impugnata). Quanto alla sostituibilità sul versante dell’offerta, la Commissione ha fatto presente che, se è pur vero che un operatore che intendesse proporre un’offerta all’ingrosso nazionale poteva procedervi sulla base dell’offerta all’ingrosso regionale, cosa che avrebbe implicato investimenti considerevoli, questi ultimi risultavano privi di un qualunque comun denominatore con quelli necessari per la disaggregazione della rete locale necessaria, a monte, affinché l’operatore potesse offrire un prodotto di accesso all’ingrosso regionale concorrente a quello della Telefónica (punto 191 della decisione impugnata).

13      Infine, la Commissione ha ritenuto che le tecnologie di accesso alla banda larga, diverse dall’ADSL, e, in particolare, via cavo non potessero considerarsi sostituibili alle offerte ADSL (punti 196‑207 della decisione impugnata). Quanto alla sostituibilità sul versante della domanda, la Commissione ha rilevato i considerevoli costi necessari, in caso di migrazione, tra un’offerta all’ingrosso ADSL e un’offerta all’ingrosso via cavo, nonché la debole copertura e la frammentazione delle reti cablate in Spagna (punto 199 della decisione impugnata). La Commissione ha parimenti fatto presente che, ancorché fosse tecnicamente possibile per gli operatori via cavo fornire a terzi un accesso all’ingrosso a banda larga equivalente ai prodotti all’ingrosso regionali e nazionali, difficoltà pratiche ed economiche impedirebbero di procedervi, ragion per cui un’offerta di tal genere non risulterebbe economicamente sostenibile.

14      La Commissione ha concluso che i mercati all’ingrosso di cui trattasi ai fini della decisione impugnata comprendevano il prodotto all’ingrosso regionale e il prodotto all’ingrosso a livello nazionale con esclusione dei servizi all’ingrosso via cavo e delle tecnologie diverse dall’ADSL (punti 6 e 208 della decisione impugnata).

15      I mercati geografici pertinenti all’ingrosso e al dettaglio sono, secondo la decisione impugnata, di dimensione nazionale (territorio spagnolo) (punto 209 della decisione impugnata).

16      Secondo, la Commissione ha constatato che la Telefónica occupava una posizione dominante sui due mercati all’ingrosso di cui trattasi (punti 223‑242 della decisione impugnata). Così, durante il periodo considerato, la Telefónica avrebbe detenuto il monopolio della fornitura del prodotto all’ingrosso regionale e oltre l’84% del mercato del prodotto all’ingrosso nazionale (punti 223 e 235 della decisione impugnata). Ai termini della decisione impugnata (punti 243‑277), la Telefónica sarebbe altresì in posizione dominante sul mercato al dettaglio.

17      Terzo, la Commissione ha esaminato se la Telefónica avesse abusato della sua posizione dominante sui mercati di cui trattasi (punti 278‑694 della decisione impugnata). A tal proposito, la Commissione ha ritenuto che la Telefónica avesse violato l’articolo 82 CE per aver imposto prezzi iniqui ai propri concorrenti sotto forma di compressione dei margini tra i prezzi dell’accesso alla banda larga al dettaglio sul «mercato di massa» spagnolo e i prezzi dell’accesso alla banda larga all’ingrosso a livello regionale e nazionale durante il periodo compreso tra settembre 2001 e dicembre 2006 (punto 694 della decisione impugnata).

18      Al fine di accertare l’esistenza di una compressione dei margini nella specie, la Commissione ha ricordato, in primo luogo, il contesto normativo nel quale la Telefónica aveva fornito i prodotti all’ingrosso regionali e nazionali, in particolare l’obbligo imposto alla Telefónica dal diritto spagnolo di fornire a condizioni eque un accesso all’ingrosso ai livelli regionale e nazionale. La Commissione ha altresì ricordato l’obbligo imposto dalla Comisión del Mercado de las Telecomunicaciones (CMT, commissione del mercato delle telecomunicazioni spagnola) alla Telefónica dal mese di marzo 1999 di fornire il prodotto all’ingrosso regionale, facendo presente che la Telefónica aveva iniziato a offrire il suo prodotto ADSL‑IP Total di sua propria iniziativa fin dal settembre del 1999, mentre la CMT aveva imposto alla Telefónica di fornire l’accesso alla ADSL‑IP a decorrere dall’aprile 2002 (punti 288 e 289 della decisione impugnata).

19      In secondo luogo, per quanto riguarda il metodo del calcolo della compressione dei margini tariffari, la Commissione ha poi rilevato, in primis, che il livello di efficienza dei concorrenti della Telefónica doveva essere valutato in funzione dei costi a valle di questi ultimi (metodo del concorrente altrettanto efficiente) (punti 311‑315 della decisione impugnata); secondo, che il metodo pertinente di valorizzazione dei costi era, nella specie, quello dei costi medi incrementati a lungo termine (in prosieguo: i «CMILT») (punti 316‑324 della decisione impugnata); terzo, che la valutazione della redditività nel corso del tempo poteva essere accertata secondo due metodi, vale a dire secondo il cosiddetto metodo «periodo per periodo» e il metodo dei flussi di cassa scontati (in prosieguo: gli «FCS») (punti 325‑385 della decisione impugnata); quarto, che il calcolo della compressione sui margini doveva essere effettuato sulla base del portafoglio di servizi commercializzati dalla Telefónica sul mercato al dettaglio pertinente (punti 386‑388 della decisione impugnata); e, quinto, per quanto riguarda la scelta degli input a monte ai fini del calcolo della riproducibilità dei prezzi a valle, che le tariffe della Telefónica dovevano essere riproducibili da un concorrente altrettanto efficiente che utilizzasse almeno un prodotto all’ingrosso della Telefónica su ciascuno dei mercati all’ingrosso pertinenti (punti 389‑396 della decisione impugnata).

20      In terzo luogo, la Commissione ha calcolato se la differenza tra i prezzi a valle e a monte della Telefónica coprisse quanto meno i CMILT a valle della Telefónica (punti 397‑511 della decisione impugnata). Applicando il metodo descritto al punto precedente la Commissione ha calcolato che i prezzi al dettaglio della Telefónica non erano stati riproducibili sulla base dei suoi prodotti all’ingrosso nazionali o regionali nel periodo compreso tra il settembre 2001 ed il dicembre 2006 (punti 512‑542 della decisione impugnata).

21      In quarto luogo, per quanto riguarda gli effetti dell’abuso, la Commissione ha ritenuto che il comportamento della Telefónica avesse probabilmente limitato la capacità degli operatori ADSL di crescere durevolmente sul mercato al dettaglio e avesse probabilmente arrecato pregiudizio agli utenti finali. Essa ha parimenti ritenuto che il comportamento della Telefónica avesse prodotto effetti concreti di esclusione arrecando pregiudizio ai consumatori (punti 544‑618 della decisione impugnata).

22      In quinto luogo, la Commissione ha rilevato che il comportamento della Telefónica non era oggettivamente giustificato e non aveva prodotto miglioramenti in termini di efficienza (punti 619‑664 della decisione impugnata).

23      Infine, in sesto luogo, la Commissione ha fatto presente che la Telefónica disponeva di un margine per evitare la compressione dei margini. Quindi, la Telefónica avrebbe potuto aumentare i suoi prezzi al dettaglio ovvero ridurre i propri canoni all’ingrosso. La Commissione ha aggiunto che le decisioni della CMT relative alla compressione dei margini indirizzata alla Telefónica non era tale da escludere la responsabilità di quest’ultima (punti 665‑694 della decisione impugnata).

24      Quarto, la Commissione ha rilevato che, nella specie, gli scambi tra gli Stati membri ne risentivano, poiché la politica tariffaria della Telefónica riguardava i servizi di accesso di un operatore in posizione dominante che si estendeva su tutto il territorio spagnolo, il quale costituisce una parte sostanziale del mercato interno (punti 695‑697 della decisione impugnata).

25      Ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda, nella decisione impugnata la Commissione ha applicato il metodo esposto negli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 e dell’articolo 65, paragrafo 5, del Trattato [CA] (GU 1998, C 9, pag. 3, in prosieguo: gli «orientamenti del 1998»).

26      In primo luogo, la Commissione ha valutato la gravità e l’impatto dell’infrazione nonché le dimensioni del mercato geografico interessato. Anzitutto, per quanto attiene alla gravità dell’infrazione, Essa ha rilevato che si trattava di un abuso caratterizzato da parte di un’impresa detentrice di una posizione virtualmente monopolistica, da qualificarsi come «molto grave» con riguardo agli orientamenti del 1998 (punti 739‑743 della decisione impugnata). Ai considerando 744‑750 della decisione impugnata, la Commissione ha distinto, segnatamente, la controversia in esame dalla decisione 2003/707/CE della Commissione, 21 maggio 2003, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 82 del trattato CE (Casi COMP/C‑1/37.451, 37.578, 37.579 — Deutsche Telekom AG) (GU L 263, pag. 9, in prosieguo la «decisione Deutsche Telekom»), in cui l’abuso compiuto dalla Deutsche Telekom, consistente parimenti in una compressione dei margini, non era stato qualificato come «molto grave» ai sensi degli orientamenti del 1998. Inoltre, per quanto attiene all’impatto dell’infrazione rilevata, la Commissione ha tenuto conto del fatto che i mercati interessati erano di valore economico considerevole, che svolgevano un ruolo cruciale nella realizzazione della società dell’informazione e che l’impatto dell’abuso da parte della Telefónica sul mercato al dettaglio era stato significativo (punti 751 e 753 della decisione impugnata). Infine, quanto alle dimensioni del mercato geografico interessato, la Commissione ha rilevato, in particolare, che il mercato spagnolo a banda larga costituiva il quinto maggiore mercato nazionale della banda larga nell’Unione europea e che, se i casi di compressione dei margini erano necessariamente circoscritti ad un solo Stato membro, risultava impossibile agli operatori di altri Stati membri entrare su un mercato in forte crescita (punti 754 e 755 della decisione impugnata).

27      Secondo la decisione impugnata, l’importo di base dell’ammenda, pari a EUR 90 milioni, tiene conto del fatto che la gravità della pratica abusiva si è delineata nel corso del periodo considerato e, più in particolare, successivamente all’adozione della decisione Deutsche Telekom (punti 756 e 757 della decisione impugnata). A tale importo è stato applicato un fattore moltiplicatore pari a 1,25 al fine di tener conto della significativa capacità economica della Telefónica e per assicurare all’ammenda un carattere sufficientemente dissuasivo, di modo che l’importo di base dell’ammenda è stato portato a EUR 112 500 000 (punto 758 della decisione impugnata).

28      In secondo luogo, poiché l’infrazione è durata dal settembre 2001 al dicembre 2006, vale a dire cinque anni e quattro mesi, la Commissione ha maggiorato l’importo di base dell’ammenda in misura del 50%. L’importo di base è stato così elevato a EUR 168 750 000 (punti 759‑761 della decisione impugnata).

29      In terzo luogo, alla luce degli elementi di prova disponibili, la Commissione ha ritenuto che, nella specie, potesse essere presa in considerazione l’esistenza di talune circostanze attenuanti, atteso che l’infrazione era stata quantomeno commessa per negligenza. Alla Telefónica è stata quindi concessa una riduzione dell’importo dell’ammenda del 10%, il che ne ha ridotto l’importo a EUR 151 875 000 (punti 765 e 766 della decisione impugnata).

30      Il dispositivo della decisione impugnata così recita:

«Articolo 1

[La Telefónica] e [La TESAU] sono incorse in violazione dell’articolo 82 CE per aver applicato tariffe non eque sotto forma di una sproporzione tra i prezzi all’ingrosso e i prezzi al dettaglio per l’accesso alla banda larga tra il settembre 2001 e il dicembre 2006.

Articolo 2

Per l’infrazione contestata all’articolo 1, alla [Telefónica] e alla [TESAU] è inflitta, congiuntamente e in solido, un’ammenda di EUR 151 875 000».

 Procedimento e conclusioni delle parti

31      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 1º ottobre 2007, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso.

32      Con atti depositati presso la cancelleria del Tribunale, rispettivamente, in data 10 e 24 dicembre 2007, la France Telecom e l’Asociación de usuarios de servicios bancarios (Ausbanc Consumo) (in prosieguo: la «Ausbanc») hanno chiesto di intervenire a sostegno della Commissione.

33      Con lettera 7 gennaio 2008, le ricorrenti hanno chiesto, nei confronti di eventuali intervenienti, il trattamento riservato con riguardo a taluni elementi contenuti nel ricorso e nei relativi allegati.

34      Con lettera 22 febbraio 2008, le ricorrenti hanno chiesto il trattamento riservato, nei confronti della Ausbanc, di taluni elementi contenuti nel ricorso e nei suoi allegati.

35      Con lettere 15 aprile 2008 le ricorrenti hanno chiesto il trattamento riservato, nei confronti della Ausbanc e della France Telecom, di taluni elementi contenuti nel controricorso e nei suoi allegati.

36      Con lettera 25 luglio 2008, le ricorrenti hanno chiesto il trattamento riservato, nei confronti della Ausbanc e della France Telecom, di taluni elementi contenuti nella replica e nei suoi allegati.

37      Con ordinanza del presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale 31 luglio 2008, è stato ammesso l’intervento della France Telecom e della Ausbanc a sostegno della Commissione, restando riservata la decisione sulla fondatezza della domanda di trattamento riservato.

38      Alle parti intervenienti sono state trasmesse versioni non riservate dei documenti procedurali, predisposti dalla ricorrente.

39      Con lettera 12 settembre 2008, l’Ausbanc contestava la riservatezza dei passi in omissis nelle versioni non riservate dei documenti procedurali da essa ricevuti.

40      Con lettera 15 settembre 2008, la France Telecom contestava le richieste di trattamento riservato nella parte riguardante gli interi singoli allegati al ricorso, al controricorso e alla replica.

41      In data 28 ottobre 2008, la France Telecom e la Ausbanc depositavano le rispettive memorie di intervento.

42      Con lettera del 25 novembre 2008, le ricorrenti informavano il Tribunale che le memorie di intervento non contenevano dati riservati.

43      Con lettera del 27 novembre 2008, le ricorrenti chiedevano il trattamento riservato nei confronti della Ausbanc e della France Telecom con riguardo a taluni elementi contenuti nella controreplica e nei relativi allegati.

44      Il 6 febbraio 2009 le ricorrenti depositavano proprie osservazioni sulle memorie di intervento.

45      Con lettera del 6 febbraio 2009, le ricorrenti chiedevano il trattamento riservato di taluni elementi contenuti nelle loro osservazioni sulla memoria di intervento della France Telecom nonché in un allegato alle osservazioni medesime.

46      Con lettera del 9 febbraio 2009, la Commissione desisteva dal formulare osservazioni sulle memorie di intervento.

47      Con ordinanza del 2 marzo 2010, il presidente dell’Ottava Sezione accoglieva parzialmente la richiesta di trattamento riservato delle ricorrenti.

48      Con atto depositato presso il Tribunale in data 4 novembre 2010, la European Competitive Telecommunications Association (in prosieguo: l’«ECTA») chiedeva parimenti di intervenire a sostegno della Commissione.

49      Con lettera del 7 dicembre 2010 le ricorrenti si opponevano a tale domanda.

50      Con ordinanza del presidente dell’Ottava Sezione del Tribunale del 28 febbraio 2011, veniva ammesso l’intervento dell’ECTA a sostegno della Commissione.

51      Le ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

—        in via principale, annullare, ex articolo 230 CE, la decisione impugnata;

—        in subordine, annullare o ridurre, ex articolo 229 CE, l’importo dell’ammenda inflitta loro dalla decisione impugnata;

—        in ogni caso, condannare la Commissione alle spese.

52      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

—        respingere il ricorso;

—        condannare le ricorrenti alle spese.

53      La Ausbanc conclude che il Tribunale voglia:

—        respingere le domande proposte in via principale e in subordine dalle ricorrenti;

—        condannare le ricorrenti alle spese.

54      La France Telecom conclude che il Tribunale voglia:

—        respingere in toto il ricorso delle ricorrenti;

—        condannare le ricorrenti a tutte le spese risultanti dall’intervento.

55      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale (Ottava Sezione) ha deciso di passare alla fase orale. Le difese svolte dalle parti e le risposte ai quesiti orali loro rivolti dal Tribunale sono state sentite all’udienza del 23 maggio 2011.

56      All’udienza, l’ECTA ha concluso che il Tribunale voglia:

—        respingere il ricorso;

—        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

A —  Sulla ricevibilità degli argomenti delle ricorrenti asseritamente contenuti negli allegati

57      Nella controreplica la Commissione ha contestato la ricevibilità di taluni argomenti delle ricorrenti asseritamente contenuti negli allegati al loro ricorso e alla loro replica. L’istituzione ha fatto valere che le ricorrenti avrebbero in tal modo dedotto argomenti di natura giuridica o economica che non si limiterebbero ad avvalorare o a integrare elementi di fatto o di diritto espressamente dedotti nel testo di tali atti procedurali, bensì che aggiungerebbero deduzioni nuove. Così, secondo la Commissione, «capi interi delle memorie delle ricorrenti» farebbero integralmente rinvio a tali allegati, senza i quali esse risulterebbero svuotate del loro contenuto.

58      Dall’articolo 21 dello Statuto della Corte di giustizia e dall’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del Tribunale risulta che ogni ricorso deve contenere l’oggetto della controversia e l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale indicazione deve essere sufficientemente chiara e precisa per consentire al convenuto di predisporre la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente, senza altre informazioni a supporto. Al fine di garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia è necessario, affinché un ricorso sia considerato ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano, anche sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dal testo dell’atto introduttivo stesso. Se il contenuto del ricorso può essere suffragato e completato, su punti specifici, mediante il rinvio a taluni passi della documentazione allegata, un rinvio complessivo ad altri documenti, anche allegati al ricorso, non può supplire alla mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che devono figurare nel ricorso (v. sentenza del Tribunale del 17 settembre 2007, Microsoft/Commissione, T‑201/04, Racc. pag. II‑3601, punto 94, e la giurisprudenza ivi richiamata).

59      Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare e individuare, negli allegati, i motivi e gli argomenti sui quali, a suo parere, il ricorso dovrebbe essere basato, atteso che gli allegati assolvono una funzione meramente probatoria e strumentale (sentenze del Tribunale del 7 novembre 1997, Cipeke/Commissione, T‑84/96, Racc. pag. II‑2081, punto 34; del 21 marzo 2002, Joynson/Commissione, T‑231/99, Racc. pag. II‑2085, punto 154, e del 14 dicembre 2005, Honeywell/Commissione, T‑209/01, Racc. pag. II‑5527, punto 57). La funzione puramente probatoria e strumentale degli allegati implica che, laddove essi contengano elementi di diritto sui quali si fondino taluni motivi formulati nel ricorso, tali elementi devono figurare nel testo del ricorso stesso o, quantomeno, devono essere sufficientemente individuati in tale atto (v., in tal senso, sentenza della Corte del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, Racc. pag. I‑5425, punto 99). Ciò significa che il ricorso deve chiarire i motivi sui quali il ricorso stesso si basa, di modo che la loro semplice enunciazione astratta non risponde alle prescrizioni del regolamento di procedura (sentenze del Tribunale del 12 gennaio 1995, Viho/Commissione, T‑102/92, Racc. pag. II‑17, punto 68, e del 22 novembre 2006, Italia/Commissione, T‑282/04, non pubblicata nella Raccolta, punto 60).

60      Gli allegati non possono servire, pertanto, a sviluppare un motivo spiegato in modo sommario nel ricorso, proponendo censure o argomenti ivi non contenuti (v. sentenza del Tribunale del 30 gennaio 2007, France Télécom/Commissione, T‑340/03, Racc. pag. II‑107, punto 167 e giurisprudenza ivi richiamata).

61      Tale interpretazione dell’articolo 21 dello Statuto della Corte e dell’articolo 44, paragrafo 1, lettera c), del regolamento di procedura del tribunale concerne altresì le condizioni di ricevibilità della memoria di replica destinata, secondo l’articolo 47, paragrafo 1, dello stesso regolamento, ad integrare il ricorso (v. sentenza Microsoft/Commissione, punto 58 supra, punto 95, e la giurisprudenza ivi richiamata).

62      Nella specie, nelle loro memorie le ricorrenti hanno effettuato una serie di rinvii a documenti, talvolta voluminosi, a loro allegati. Tuttavia, alcuni di questi rinvii riguardano i relativi documenti allegati solo in modo globale e non consentono, quindi, al Tribunale di individuare con precisione gli elementi con riguardo ai quali poter ritenere che essi suffraghino e completino, su punti specifici, mediante il rinvio a taluni passi della documentazione allegata, i motivi e gli argomenti sviluppati nel ricorso o nella replica. Inoltre, in particolare, i documenti oggetto di taluni rinvii non sono unicamente volti a suffragare e a completare, su punti specifici, taluni argomenti contenuti nella memoria cui sono allegati, bensì contengono l’illustrazione stessa degli argomenti dedotti, ragion per cui, senza l’esame di tali documenti, detti argomenti non risultano comprensibili.

63      Ne consegue che, nella specie, gli allegati del ricorso e della replica saranno presi in considerazione unicamente nella misura in cui suffraghino o completino motivi o argomenti espressamente invocati dalle ricorrenti nel testo dei loro atti e sia possibile stabilire con precisione quali siano gli elementi ivi contenuti destinati a suffragare o a completare detti motivi o argomenti (v., in tal senso, sentenza Microsoft/Commissione, punto 58 supra, punto 99).

B —  Nel merito

64      Nel loro ricorso le ricorrenti formulano domande in via principale e in via di subordine.

65      A sostegno della domanda principale, volta all’annullamento della decisione impugnata, le ricorrenti deducono sei motivi. Il primo attiene alla violazione dei diritti della difesa. Il secondo riguarda errori di fatto e di diritto nella definizione dei mercati all’ingrosso interessati. Il terzo attiene ad errori di fatto e di diritto nell’accertamento della posizione dominante della Telefónica sui mercati interessati. Il quarto concerne errori di diritto nell’applicazione dell’articolo 82 CE con riguardo alla condotta abusiva della Telefónica. Il quinto motivo attiene ad errori di fatto e/o ad errori di valutazione dei fatti e ad errori di diritto per quanto riguarda la condotta abusiva della Telefónica nonché il suo impatto anticoncorrenziale. Infine, il sesto motivo attiene all’applicazione ultra vires dell’articolo 82 CE e alla violazione dei principi di sussidiarietà, di proporzionalità, di certezza del diritto, di leale cooperazione e di corretta amministrazione.

66      In subordine, le ricorrenti deducono due motivi volti all’annullamento dell’ammenda ovvero alla riduzione del suo importo. Il primo motivo attiene ad errori di fatto e di diritto e alla violazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17 del Consiglio, del 6 febbraio 1962, Primo regolamento d’applicazione degli articoli [81 CE] e [82 CE] (GU 1962, 13, pag. 204), e dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 [CE] e 82 [CE] (GU 2003, L 1, pag. 1), nonché dei principi di certezza del diritto e del legittimo affidamento. Il secondo motivo, dedotto in via di ulteriore subordine, attiene ad errori di fatto e di diritto e alla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento, di individualità delle pene e di obbligo di motivazione nella determinazione dell’importo dell’ammenda.

1.     Sulla domanda principale, volta all’annullamento della decisione impugnata

a)     Sull’ampiezza del sindacato del giudice dell’Unione e sull’onere della prova

67      Dall’articolo 2 del regolamento n. 1/2003 nonché da costante giurisprudenza elaborata nell’ambito dell’applicazione degli articoli 81 CE e 82 CE, risulta che, nel settore del diritto della concorrenza, in caso di controversia sull’esistenza di un’infrazione, spetta alla Commissione produrre la prova delle infrazioni da essa accertate e raccogliere elementi di prova sufficienti a dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi di un’infrazione (sentenze della Corte del 17 dicembre 1998, Baustahlgewebe/Commissione, C‑185/95 P, Racc. pag. I‑8417, punto 58, e del 6 gennaio 2004, BAI e Commissione/Bayer, C‑2/01 P e C‑3/01 P, Racc. pag. I‑23, punto 62; v. parimenti, in tal senso, sentenza Microsoft/Commissione, punto 58 supra, punto 688). A tal riguardo, la Commissione è tenuta a produrre prove precise e concordanti per corroborare la ferma convinzione che l’infrazione ha avuto luogo (v. in tal senso, sentenza del Tribunale del 25 ottobre 2005, Groupe Danone/Commissione, T‑38/02, Racc. pag. II‑4407, punto 217, nonché la giurisprudenza ivi richiamata).

68      Inoltre, occorre rammentare che, nell’ambito di un ricorso di annullamento proposto ex articolo 230 CE, il giudice dell’Unione è tenuto solo a controllare la legittimità dell’atto impugnato (sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, JFE Engineering e a./Commissione, T‑67/00, T‑68/00, T‑71/00 e T‑78/00, Racc. pag. II‑2501, punto 174). In tal senso, il ruolo del giudice dinanzi al quale sia stato proposto ricorso di annullamento avverso una decisione della Commissione che abbia accertato l’esistenza di un’infrazione nel settore del diritto della concorrenza e che abbia inflitto ammende ai destinatari consiste nel valutare se le prove e gli altri elementi dedotti dall’istituzione nella propria decisione siano sufficienti per dimostrare l’esistenza dell’infrazione contestata (v., in tal senso, sentenze del Tribunale del 20 aprile 1999, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, da T‑305/94 a T‑307/94, da T‑313/94 a T‑316/94, T‑318/94, T‑325/94, T‑328/94, T‑329/94 e T‑335/94, Racc. pag. II‑931, punto 891, e JFE Engineering e a./Commissione, citata supra, punto 175).

69      Inoltre, si deve ricordare che, secondo costante giurisprudenza, se il giudice dell’Unione esercita in modo generale un controllo integrale sulla questione della sussistenza delle condizioni di applicazione delle disposizioni relative alla concorrenza, il controllo che egli esercita sulle valutazioni economiche complesse operate dalla Commissione si limita necessariamente alla verifica del rispetto delle regole di procedura e di motivazione nonché dell’esattezza materiale dei fatti, dell’assenza di errore manifesto di valutazione e di sviamento di potere (sentenze della Corte dell’11 luglio 1985, Remia e a./Commissione, 42/84, Racc. pag. 2545, punto 34; del 17 novembre 1987, British American Tobacco e Reynolds Industries/Commissione, 142/84 e 156/84, Racc. pag. 4487, punto 62, e del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione, C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, Racc. pag. I‑123, punto 279; sentenza del Tribunale del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione, T‑271/03, Racc. pag. II‑477, punto 185).

70      Allo stesso modo, laddove la decisione della Commissione sia il risultato di valutazioni tecniche complesse, queste, in linea di principio, formano parimenti oggetto di un controllo giurisdizionale limitato che implica che il giudice dell’Unione non può sostituire la propria valutazione degli elementi di fatto a quella della Commissione (sentenze del Tribunale Microsoft/Commissione, punto 58 supra, punto 88, e del 9 settembre 2009, Clearstream/Commissione, T‑301/04, Racc. pag. II‑3155, punto 94).

71      Tuttavia, se è pur vero che il giudice dell’Unione riconosce alla Commissione un margine di valutazione in materia economica, ciò non implica che egli debba astenersi dal controllare l’interpretazione, operata dalla Commissione, di dati di tale natura. Infatti, il giudice dell’Unione deve, in particolare, non solo verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova invocati, la loro affidabilità e coerenza, ma anche controllare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati pertinenti da prendere in considerazione per valutare una situazione complessa e se essi siano tali da suffragare le conclusioni che ne vengono tratte (sentenza della Corte del 15 febbraio 2005, Commissione/Tetra Laval, C‑12/03 P, Racc. pag. I‑987, punto 39; sentenze Microsoft/Commissione, punto 58 supra, punto 89, e Clearstream/Commissione, punto 70 supra, punto 95).

72      A tal riguardo, qualora il giudice nutra un dubbio, tale circostanza deve avvantaggiare l’impresa destinataria della decisione che constati un’infrazione (v., in tal senso, sentenza della Corte del 14 febbraio 1978, United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, 27/76, Racc. pag. 207, punto 265). Il giudice non può pertanto concludere che la Commissione abbia dimostrato sufficientemente la sussistenza dell’infrazione di cui è causa qualora nutra ancora dubbi al riguardo, soprattutto nel contesto di un ricorso volto all’annullamento di una decisione con cui venga inflitta un’ammenda (sentenza JFE Engineering e a./Commissione, punto 68 supra, punto 177).

73      Infatti, in quest’ultima situazione, è necessario tener conto del principio della presunzione d’innocenza, quale risulta, in particolare, dall’articolo 6, paragrafo 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), sottoscritta a Roma il 4 novembre 1950, il quale si annovera nei diritti fondamentali che, secondo la giurisprudenza della Corte, riaffermata peraltro nel preambolo dell’Atto unico europeo, dall’articolo 6, paragrafo 2, UE, nonché dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1), sono oggetto di tutela nell’ordinamento giuridico dell’Unione. Tenuto conto della natura delle infrazioni di cui trattasi, nonché della natura e del grado di severità delle sanzioni ad esse connesse, il principio della presunzione di innocenza si applica, in particolare, ai procedimenti relativi a violazioni delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese che possano sfociare nella pronuncia di ammende o penalità di mora (v. sentenza JFE Engineering e a./Commissione, punto 68 supra, punto 178, e giurisprudenza ivi richiamata; v. parimenti, in tal senso, sentenze della Corte dell’8 luglio 1999, Hüls/Commissione, C‑199/92 P, Racc. pag. I‑4287, punti 149 e 150, e Montecatini/Commissione, C‑235/92 P, Racc. pag. I‑4539, punti 175 e 176).

74      È alla luce di tali considerazioni che occorre esaminare la legittimità della decisione impugnata con riguardo ai motivi dedotti dalle ricorrenti.

b)     Sul primo motivo, attinente alla violazione dei diritti della difesa

75      Le ricorrenti deducono che, nella decisione impugnata, la Commissione ha utilizzato per la prima volta, a sostegno della conclusione secondo cui la Telefónica avrebbe commesso un’infrazione, una serie di elementi di prova che non le sarebbero stati comunicati nel corso del procedimento amministrativo e in merito ai quali essa non avrebbe avuto modo di esprimere il proprio punto di vista. Tali elementi le sarebbero inopponibili e dovrebbero essere respinti quali elementi di prova a sostegno della decisione impugnata. Gli elementi medesimi sarebbero peraltro viziati da gravi errori e lacune. A parere delle ricorrenti, se la Telefónica fosse stata in grado di esprimere il proprio punto di vista al riguardo, essa avrebbe potuto segnalarne l’esistenza alla Commissione e, conseguentemente, consentirne la rettifica prima dell’adozione della decisione impugnata, ragion per cui il suo contenuto e le sue conclusioni sarebbero risultate necessariamente differenti.

76      Si deve rammentare che, secondo costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento suscettibile di concludersi con l’irrogazione di sanzioni, in particolare ammende o penalità di mora, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione, che va osservato anche se si tratta di un procedimento di natura amministrativa (sentenze della Corte del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche/Commissione, 85/76, Racc. pag. 461, punto 9, e del 3 settembre 2009, Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, C‑322/07 P, C‑327/07 P e C‑338/07 P, Racc. pag. I‑7191, punto 34).

77      Quale corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, il diritto di accesso agli atti implica che la Commissione dia all’impresa interessata la possibilità di procedere all’esame di tutti i documenti contenuti negli atti istruttori che possano essere rilevanti ai fini della sua difesa. Questi comprendono tanto i documenti a carico quanto quelli a discarico, fatti salvi i segreti aziendali di altre imprese, i documenti interni della Commissione e le altre informazioni riservate (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, punto 69 supra, punto 68 e giurisprudenza ivi richiamata).

78      La mancata comunicazione di un documento costituisce una violazione dei diritti della difesa solo se l’impresa interessata dimostra, da un lato, che la Commissione si è basata su tale documento per avvalorare l’addebito relativo all’esistenza dell’infrazione e, dall’altro, che l’addebito può essere provato solo facendo riferimento al documento stesso. In presenza di altre prove documentali, di cui le parti abbiano preso conoscenza durante il procedimento amministrativo, che sostengano specificamente le conclusioni della Commissione, l’eliminazione dai mezzi di prova del documento a carico non comunicato non inficerebbe la fondatezza degli addebiti accertati nella decisione contestata. All’impresa interessata incombe quindi di dimostrare che il risultato al quale è pervenuta la Commissione nella sua decisione sarebbe stato diverso se dai mezzi di prova a carico avesse dovuto essere eliminato un documento non comunicato sul quale la Commissione si è basata per incriminare l’impresa medesima (sentenza Aalborg Portland e a./Commissione, punto 69 supra, punti 71‑73 e giurisprudenza ivi richiamata).

79      Inoltre, l’articolo 27, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 prevede che alle parti venga inviata una comunicazione degli addebiti la quale deve enunciare, in modo chiaro, tutti gli elementi essenziali sui quali la Commissione si sia fondata in quella fase del procedimento. Tale comunicazione degli addebiti costituisce la garanzia procedurale del principio fondamentale del diritto dell’Unione che richiede il rispetto delle prerogative della difesa in qualsiasi procedimento (v., in tal senso, sentenza Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, punto 76 supra, punto 35, e giurisprudenza ivi richiamata).

80      Tale principio impone, in particolare, che la comunicazione degli addebiti inviata dalla Commissione ad un’impresa alla quale essa intenda infliggere una sanzione per violazione delle norme in materia di concorrenza contenga gli elementi essenziali della contestazione mossa contro l’impresa medesima, quali i fatti addebitati, la qualificazione data a questi ultimi e gli elementi di prova sui quali si fonda la Commissione, affinché l’impresa in questione sia in grado di far valere utilmente i propri argomenti nell’ambito del procedimento amministrativo avviato a suo carico (v. sentenza Papierfabrik August Koehler e a./Commissione, punto 76 supra, punto 36, e giurisprudenza ivi richiamata).

81      Tale esigenza è rispettata quando la decisione non pone a carico degli interessati infrazioni diverse da quelle contemplate nella comunicazione degli addebiti e prende in considerazione soltanto i fatti sui quali gli interessati hanno avuto modo di manifestare il proprio punto di vista (sentenza della Corte del 15 luglio 1970, ACF Chemiefarma/Commissione, 41/69, Racc. pag. 661, punto 94; sentenze del Tribunale del 19 marzo 2003, CMA CGM e a./Commissione, T‑213/00, Racc. pag. II‑913, punto 109, e France Télécom/Commissione, punto 60 supra, punto 18).

82      La decisione finale della Commissione non deve essere tuttavia necessariamente una copia dell’esposizione degli addebiti. Sono quindi ammissibili supplementi alla comunicazione degli addebiti predisposti alla luce della memoria di risposta delle parti, i cui argomenti dimostrino che queste ultime hanno potuto effettivamente esercitare i loro diritti della difesa. La Commissione può parimenti, alla luce del procedimento amministrativo, rivedere o aggiungere argomenti di fatto o di diritto a sostegno degli addebiti da essa formulati (v. sentenze del Tribunale del 28 febbraio 2002, Compagnie générale maritime e a./Commissione, T‑86/95, Racc. pag. II‑1011, punto 442, e France Télécom/Commissione, punto 60 supra, punto 18, e giurisprudenza ivi richiamata).

83      Infatti, la Commissione deve tener conto degli elementi risultanti dal procedimento amministrativo vuoi per abbandonare censure che si rivelino essere ingiustificate vuoi per rettificare ed integrare, sia in fatto che in diritto, i propri argomenti a sostegno delle censure da essa accolte (v. sentenze della Corte del 29 ottobre 1980, van Landewyck e a./Commissione, da 209/78 a 215/78 e 218/78, Racc. pag. 3125, punto 68, e del 3 settembre 2009, Prym e Prym Consumer/Commissione, C‑534/07 P, Racc. pag. I‑7415, punto 40, e giurisprudenza ivi richiamata).

84      In tal senso, i diritti della difesa risultano violati dall’esistenza di una discordanza tra la comunicazione degli addebiti e la decisione finale unicamente a condizione che un addebito figurante nella stessa non sia stato esposto nella comunicazione degli addebiti in modo sufficiente per consentire ai destinatari di difendersi (sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, Corus UK/Commissione, T‑48/00, Racc. pag. II‑2325, punto 100 e giurisprudenza ivi richiamata).

85      Ciò non si verifica qualora le pretese differenze tra la comunicazione degli addebiti e la decisione finale non riguardino comportamenti diversi da quelli in ordine ai quali le imprese interessate abbiano già formulato le loro osservazioni e che, pertanto, siano estranei a qualsiasi nuovo addebito (v., in tal senso, sentenza della Corte del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione, C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, Racc. pag. I‑8375, punto 103).

86      In primo luogo, le ricorrenti deducono che nella decisione impugnata la Commissione si è fondata su «nuovi elementi» nell’ambito dell’esame «periodo per periodo» della compressione dei margini.

87      In primis, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha utilizzato «nuovi elementi» per difendere la necessità di assumere, quale durata media dei rapporti commerciali tra la Telefónica e i propri abbonati sul mercato al dettaglio, una «durata di vita media» pari a [riservato] (1) anni, da un lato, facendo riferimento al programma commerciale iniziale della Telefónica, il quale prevedeva di recuperare le spese sostenute per l’acquisizione di clientela in uno o due anni e, dall’altro, facendo presente che la formula di calcolo proposta dalla Telefónica non sarebbe stata adeguata per un mercato in espansione (punti 474‑489 della decisione impugnata). Esse deducono, quindi, che sarebbero state in grado di dimostrare che la longevità media dei propri abbonati era di [riservato] qualora avessero potuto pronunciarsi a tal riguardo prima dell’adozione della decisione impugnata.

88      A tal riguardo si deve anzitutto rilevare che la durata di ammortamento dei costi di acquisizione di abbonati pari a [riservato] anni assunta nel punto 489 della decisione impugnata, è identica a quella di cui al punto 383 della comunicazione degli addebiti. L’allegato H della comunicazione degli addebiti (punti 595‑598), intitolato «Stima della longevità media degli abbonati della Telefónica» richiama, a tal riguardo, le stime della Telefónica relative a tale longevità, nonché i motivi per i quali la Commissione riteneva che tali stime sottovalutassero la longevità medesima (punto 598 della comunicazione degli addebiti). La Telefónica ha d’altronde esposto i propri argomenti a tal riguardo nel capitolo 4.1 nonché nell’allegato V della propria risposta alla comunicazione degli addebiti.

89      Inoltre, per quanto attiene al riferimento, operato al punto 476 della decisione impugnata, al recupero dei costi di acquisizione degli abbonati sulla base del piano commerciale iniziale della Telefónica, si deve rilevare che tale riferimento, che si base sull’allegato 10iii della lettera della Telefónica del 21 luglio 2006, successiva alla comunicazione degli addebiti (nota a pie’ di pagina n. 492 della decisione impugnata), non è stato utilizzato per fissare la durata di ammortamento dei costi di acquisizione degli abbonati nella decisione impugnata (punti 476 e 489 della decisione impugnata), ove tale indicazione consente tuttavia di constatare che la durata di [riservato] anni, assunta dalla Commissione ai fini del calcolo del test «periodo per periodo», risulta più favorevole per la Telefónica rispetto a quella assunta nel detto piano commerciale.

90      Infine, quanto all’affermazione della Commissione, di cui al punto 482 della decisione impugnata, secondo cui la formula di calcolo proposta dalla Telefónica non sarebbe adeguata per un mercato in espansione, si deve rilevare che le ricorrenti sono state debitamente informate, nella comunicazione degli addebiti, in merito all’importanza di un adeguato ammortamento delle spese di acquisizione di nuova clientela della Telefónica, soprattutto nei mercati in espansione. In tal senso, al punto 380 della comunicazione degli addebiti, la Commissione aveva già rilevato che, in un mercato in espansione quale il mercato al dettaglio nella specie, i costi di acquisizione della clientela costituivano costi rilevanti che dovevano essere ammortizzati su un periodo adeguato, ragion per cui avrebbero dovuto essere operati aggiustamenti nella contabilità della Telefónica. L’affermazione, di cui al punto 482 della decisione impugnata, non costituisce altro, a tal riguardo, che una risposta ai calcoli esposti dalla Telefónica nella propria lettera 26 marzo 2004, cui la Commissione ha già fatto riferimento nell’allegato H (punto 595, nota a pie’ di pagina n. 504) della comunicazione degli addebiti.

91      In ogni caso, l’argomento delle ricorrenti, formulato nella replica, secondo cui, qualora avessero avuto conoscenza del fatto che la Commissione non avrebbe tenuto conto della longevità media degli abbonati della Telefónica, avrebbero potuto dimostrare che tale longevità era molto [riservato] a quella assunta dalla Commissione nella decisione impugnata e secondo cui la prassi delle autorità regolamentari nazionali (in prosieguo: le «ARN») sarebbe stata irrilevante, dev’essere parimenti disatteso. Infatti, come già rilevato supra al punto 88, la durata di ammortamento dei costi di acquisizione degli abbonati pari a [riservato] anni figurava già al punto 383 della comunicazione degli addebiti e la Commissione aveva già fatto riferimento alla prassi delle autorità di concorrenza nazionali e delle ARN al punto 382 della medesima. Inoltre, la Commissione aveva parimenti fatto presente, in tale comunicazione, la possibilità che, per effetto del comportamento anticoncorrenziale della Telefónica, la durata media dei propri abbonamenti risultasse superiore a quella che sarebbe esistita in un mercato concorrenziale (punto 381 della comunicazione degli addebiti).

92      Le censure delle ricorrenti, secondo cui la Commissione si sarebbe fondata su «nuovi elementi» per difendere la necessità di assumere una longevità media di [riservato] anni, dev’essere quindi respinta.

93      Secondo, nella decisione impugnata la Commissione avrebbe ritenuto che l’imputazione dei costi sostenuti dalla Telefónica sottostimasse i costi marginali di commercializzazione dei servizi a banda larga mentre precedentemente essa avrebbe affermato che tale imputazione costituiva il «limite superiore» (punti 407 e 424 della comunicazione degli addebiti) ovvero che ricomprendesse una parte ragionevole della struttura commerciale (punto 27 della lettera di esposizione dei fatti).

94      A tal riguardo, si deve rilevare che la Commissione aveva già indicato, ai punti 401‑407 e 424 della comunicazione degli addebiti, che, nella propria analisi dei CMILT, la Telefónica aveva sottostimato i costi di commercializzazione. In tal senso, la Commissione aveva rilevato, al punto 401 della comunicazione degli addebiti, che la Telefónica aveva «sottostimato i [CMILT] di talune attività, in particolare i costi di commercializzazione». L’istituzione aveva precisato che «la TESAU [aveva] unicamente incluso i costi direttamente imputabili ad ogni nuovo abbonato (“premi e commissioni” riconosciuti alla rete di vendita), senza peraltro includere alcun costo connesso alla propria struttura commerciale». Peraltro, al punto 403 della comunicazione degli addebiti, la Commissione aveva parimenti fatto presente che «l’attività al dettaglio ADSL della TESAU [rappresentava] una parte importante della struttura commerciale della TESAU e [che] parte di tale struttura [doveva] essere quindi presa in considerazione nei [CMILT] della TESAU». Infine, al punto 29 della lettera di esposizione dei fatti, la Commissione aveva sottolineato che la struttura commerciale della TESAU era principalmente volta alla crescita della banda larga. Le ricorrenti hanno d’altronde presentato osservazioni a tal riguardo nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti e nella lettera di esposizione dei fatti.

95      Quanto all’affermazione delle ricorrenti relativa ai costi di commercializzazione, secondo cui la Commissione avrebbe «abbandonato l’ipotesi inferiore [di cui al punto 406 della comunicazione degli addebiti] a favore dell’ipotesi superiore [di cui al successivo punto 407]», fondandosi per la prima volta, nel considerando 468 della decisione impugnata, sull’evoluzione della capacità commerciale della Telefónica, si deve sottolineare che tale evoluzione era già stata chiaramente menzionata al punto 402 della comunicazione degli addebiti e al punto 27 della lettera di esposizione dei fatti. Nel menzionato punto della comunicazione degli addebiti, la Commissione aveva peraltro già affermato che «l’ipotesi inferiore», vale a dire il calcolo del livello minimo probabile dei CMILT, presentava il rischio di ridurre questi ultimi ad un livello inferiore ai CMILT effettivi. L’istituzione aveva così rilevato, al punto 30 della lettera di esposizione dei fatti, richiamandosi al punto 407 della comunicazione degli addebiti, che faceva anch’esso riferimento al livello massimo dei CMILT, di ritenere corretto includere parte dei costi di commercializzazione della Telefónica nella propria valutazione dei CMILT ai fini di un’eventuale decisione. Inoltre, al punto 424 della comunicazione degli addebiti, la Commissione aveva sottolineato che i costi della rete di commercializzazione non comprendevano solamente i costi relativi a detta rete (ipotesi inferiore), bensì anche l’incremento dei costi della struttura commerciale della TESAU dovuti alla propria attività ADSL al dettaglio (ipotesi superiore). La censura delle ricorrenti non può, quindi, trovare accoglimento.

96      In secondo luogo, le ricorrenti deducono che, nella decisione impugnata, la Commissione ha introdotto elementi relativi al metodo degli FTA, in merito ai quali la Telefónica non sarebbe stata sentita.

97      In primis, le ricorrenti sostengono che, modificando le fonti di riferimento nell’ambito dell’analisi «periodo per periodo», la Commissione ha pure modificato le «fonti della maggior parte dei costi e dei ricavi assunte nella propria analisi [degli] FTA», ragion per cui le considerazioni delle ricorrenti relative all’analisi «periodo per periodo» risulterebbero anche pertinenti ai fini dell’analisi degli FTA. Tuttavia, dal momento che gli argomenti delle ricorrenti a tal riguardo sono stati respinti (v. supra, punti 86‑95) e in assenza di precisazioni ulteriori da parte delle ricorrenti, nell’ambito del presente motivo, quanto ad eventuali altre modificazioni delle fonti dei costi e dei ricavi assunte nell’analisi degli FTA, il motivo in esame dev’essere anch’esso respinto.

98      Secondo, nella decisione impugnata la Commissione avrebbe proceduto, per la prima volta, ad un’«analisi di sensibilità» del valore finale utilizzato nella propria analisi degli FTA, in quanto avrebbe calcolato tale valore sulla base di una stima ipotetica del livello di redditività futura del commercio al dettaglio della Telefónica, sulla base degli utili netti futuri per il periodo 2007‑2011 derivanti dai clienti acquisiti anteriormente al 2006, e ciò senza farne menzione nella lettera di esposizione dei fatti. Nella replica, le ricorrenti affermano al riguardo che, dal punto 372 della decisione impugnata, emerge che la Commissione si è fondata su tali «nuovi calcoli» per giustificare la scelta del valore finale.

99      Tuttavia, tale argomento si fonda su una premessa erronea. Infatti, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione non ha calcolato un valore finale basato su una stima ipotetica del livello di redditività futura del commercio al dettaglio della Telefónica, fondandosi sugli utili futuri netti per il periodo 2007‑2011. Al punto 370 della decisione impugnata, la Commissione ha indicato, per la precisione, che «non [era] rilevante nella specie accertare se le perdite della Telefónica sul periodo 2001‑2006 [potessero] essere compensate da futuri ipotetici profitti a decorrere dal 2007». Inoltre, si deve rilevare che il punto 372 della decisione impugnata è volto a contestare l’approccio alternativo proposto dalla Telefónica nell’ambito del procedimento amministrativo ai fini del calcolo del valore finale (punto 368 della decisione impugnata) e a dimostrare che il calcolo di detto valore avrebbe comportato vari errori di maggiore gravità da cui sarebbe derivato l’effetto di sovrastimare il valore finale (punto 371 della decisione impugnata). Orbene, come rilevato ai punti 82 e 83 supra, nella propria decisione finale la Commissione deve tener conto degli elementi risultanti dal procedimento amministrativo per svolgere o completare, tanto in punto di fatto quanto in diritto, i propri argomenti a sostegno delle censure da essa assunte.

100    In ogni caso, la Commissione ha sottolineato che il metodo da essa utilizzato ai fini del calcolo del valore finale nella decisione impugnata era stato già indicato al punto 446, nella nota a pie’ di pagina n. 302 e nella tabella 47 della comunicazione degli addebiti (v. parimenti i punti 21 e 22 della lettera di esposizione dei fatti). Tale metodo è stato d’altronde censurato dalla Telefónica nel capitolo 6.3 della propria risposta a detta comunicazione nonché nel capitolo 5.1.2 della propria risposta alla lettera di esposizione dei fatti.

101    Interrogate in merito a tale affermazione all’udienza, le ricorrenti hanno anzitutto precisato che sussisteva un’evidente differenza tra la tabella 47 della comunicazione degli addebiti e la tabella 67 della decisione impugnata, atteso che i dati relativi al 2006 non sarebbero menzionati in tale comunicazione. Tuttavia, si deve ritenere che l’assenza di tali dati, che trova spiegazione nella data di comunicazione degli addebiti, del 21 febbraio 2006, non inficia l’affermazione della Commissione in merito all’utilizzazione di uno stesso metodo sia nella comunicazione degli addebiti sia nella decisione impugnata. Inoltre, le ricorrenti hanno reiterato che la tabella 67 della decisione impugnata conteneva un’«analisi di sensibilità» (con riguardo agli anni 2007‑2011) diretta a «confermare» l’analisi del valore finale, cosa che costituirebbe un elemento nuovo. Tuttavia, tale argomento deve essere disatteso per i motivi esposti supra al punto 99. Infine, le ricorrenti hanno affermato che la Commissione aveva utilizzato nella comunicazione degli addebiti i CMILT minimi, laddove nella decisione impugnata avrebbe utilizzato i CMILT massimi. Tale argomento è stato peraltro già respinto ai punti 93‑95 supra.

102    Terzo, la Commissione avrebbe censurato l’impiego dei multipli di ricavi proposti dalla Telefónica nella propria risposta alla comunicazione degli addebiti, riaggiustando i calcoli degli FTA esposti dalla Telefónica nella risposta medesima, senza che la Telefónica sia stata sentita a tal riguardo (punti 367‑377 e 533‑536 della decisione impugnata). Nella decisione impugnata la Commissione avrebbe parimenti fatto riferimento alle recenti acquisizioni della Terra Networks SA e della O2 plc da parte della Telefónica (considerando 377 della decisione impugnata), basandosi, in tal modo, su documenti non contenuti negli atti.

103    A tal riguardo, il punto 377 della decisione impugnata è unicamente volto a contestare l’argomento dedotto dalla Telefónica nella propria risposta alla comunicazione degli addebiti. Orbene, come rammentato supra ai punti 82 e 83, sono ammissibili aggiunte alla comunicazione degli addebiti effettuate alla luce delle memorie di risposta delle parti, i cui argomenti dimostrino che esse abbiano effettivamente potuto esercitare i diritti della difesa. Inoltre, il metodo di valutazione utilizzato con riguardo alle acquisizioni della Terra Networks e della O2 da parte della Telefónica stessa è stato menzionato in tale punto, ad abundantiam, unicamente a titolo di esempio, al fine di respingere il metodo dei multipli dei ricavi adottati dalla Telefónica ai fini della valutazione delle proprie attività a valle nella risposta alla comunicazione degli addebiti. La Commissione non si è quindi basata sui documenti di cui trattasi al fine di fondare, nella specie, la propria censura quanto all’esistenza di un’infrazione. Conformemente alla giurisprudenza richiamata supra al punto 78, la censura delle ricorrenti non può, quindi, trovare accoglimento. Dalla documentazione relativa all’audizione del 12 giugno 2006, acclusa agli atti del Tribunale, risulta peraltro che il calcolo del valore finale quale multiplo dei ricavi menzionato dalle ricorrenti ha costituito oggetto di dibattito in occasione dell’audizione stessa.

104    In terzo luogo, le ricorrenti deducono che la Commissione avrebbe operato, nella decisione impugnata, un raffronto delle quote di mercato dei prodotti a banda larga e a banda stretta (punti 574‑578 della decisione impugnata) che non risulterebbe nella comunicazione degli addebiti e che non sarebbe stato indicato nella lettera di esposizione dei fatti.

105    Si deve rilevare che la Commissione non ha contestato nelle proprie memorie né, interrogata in merito, all’udienza che tale raffronto non figurasse né nella comunicazione degli addebiti né nella lettera di esposizione dei fatti. Tuttavia, la valutazione degli effetti concreti dell’infrazione ai punti 564‑573 e 579‑613 della decisione impugnata si fonda su numerosi altri elementi già esposti ai punti 475‑532 della comunicazione degli addebiti. Orbene, mentre non è dimostrato che l’eliminazione, quale mezzo di prova, del raffronto tra le quote di mercato dei prodotti a banda larga e quelle dei prodotti a banda stretta inficerebbe la fondatezza delle censure formulate nella decisione impugnata, si deve ritenere che la comunicazione degli addebiti contenesse, nella specie, gli elementi essenziali sui quali si fonda la conclusione della Commissione in merito all’esistenza degli effetti concreti dell’infrazione.

106    In quarto luogo, a parere delle ricorrenti, per accertare l’esistenza di effetti concreti sul mercato all’ingrosso, la Commissione avrebbe utilizzato nuovi dati concernenti le quote supplementari nette della Telefónica rispetto ai suoi concorrenti (punti 579‑581 e schema 18 della decisione impugnata).

107    Come rilevato dalla Commissione all’udienza, essa aveva già fatto presente, al punto 38 nonché alla nota a pie’ di pagina n. 45 della lettera di esposizione dei fatti, che [riservato]. Inoltre, si deve ritenere, come sottolineato dalla Commissione, che il grafico 18 della decisione impugnata costituisce un’esposizione dei dati relativi alle quote di mercato o ai volumi già riportati nella tabella 64 della comunicazione degli addebiti. A tal riguardo, l’argomento formulato dalle ricorrenti all’udienza, secondo cui, a differenza del grafico 18 della decisione impugnata, la tabella 64 della comunicazione degli addebiti si riferirebbe parimenti all’anno 2001 nonché all’operatore British Telecom, dev’essere disatteso, considerato che tali elementi non figurano nella decisione impugnata. L’argomento delle ricorrenti non può, quindi, trovare accoglimento.

108    In quinto luogo, la Commissione avrebbe formulato critiche (punti 606‑609 della decisione impugnata) in merito all’analisi dei prezzi acclusa dalla Telefónica alla propria risposta alla comunicazione degli addebiti, critiche che sarebbero nuove e diverse da quelle formulate dall’economista della Commissione all’udienza. È sufficiente rilevare a tal riguardo che, atteso che le critiche della Commissione costituiscono unicamente la contestazione dei calcoli proposti dalla Telefónica nella consulenza di cui all’allegato 6 della propria risposta alla comunicazione degli addebiti e non dei nuovi elementi volti a supportare la conclusione della Commissione quanto agli effetti concreti della condotta della Telefónica sui mercati di cui trattasi, non può essere constatata nessuna violazione dei diritti della difesa della Telefónica.

109    Ne consegue che il motivo in esame dev’essere respinto in toto.

c)     Sul secondo motivo, relativo ad errori di fatto e di diritto nella definizione dei mercati all’ingrosso rilevanti

110    Nell’ambito del presente motivo, le ricorrenti contestano la definizione dei mercati all’ingrosso rilevanti esposta dalla Commissione ai punti 162‑208 della decisione impugnata (v. punti 9‑14 supra).

111    Secondo costante giurisprudenza, ai fini della valutazione della posizione, eventualmente dominante, di un’impresa su un mercato settoriale determinato, le possibilità di concorrenza vanno valutate nell’ambito del mercato comprendente tutti i prodotti che, in ragione delle loro caratteristiche, sono particolarmente idonei a soddisfare esigenze costanti e non sono facilmente intercambiabili con altri prodotti. Inoltre, atteso che la determinazione del mercato rilevante è funzionale alla valutazione se l’impresa di cui trattasi disponga della possibilità di porre ostacoli ad una concorrenza effettiva e di comportarsi, in misura apprezzabile, in modo indipendente rispetto ai propri concorrenti, clienti e consumatori, non è possibile, a tal fine, limitarsi all’esame delle sole caratteristiche oggettive dei prodotti interessati, bensì occorre parimenti prendere in considerazione le condizioni di concorrenza e la struttura della domanda e dell’offerta sul mercato (v. sentenza della Corte del 9 novembre 1983, Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, 322/81, Racc. pag. 3461, punto 37, e sentenze France Télécom/Commissione, punto 60 supra, punto 78, e Clearstream/Commissione, punto 70 supra, punto 48 e giurisprudenza ivi richiamata).

112    La nozione di mercato rilevante implica che vi possa essere concorrenza effettiva tra i prodotti che ne fanno parte, il che presuppone un sufficiente grado di intercambiabilità per lo stesso uso fra tutti i prodotti che fanno parte dello stesso mercato (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, punto 76 supra, punto 28, e Clearstream/Commissione, punto 70 supra, punto 49).

113    Risulta parimenti dalla comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza (GU 1997, C 372, pag. 5, punto 7), che «[i]l mercato del prodotto rilevante comprende tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati». Dal punto di vista economico, e nella prospettiva della definizione del mercato rilevante, la sostituibilità sul versante della domanda costituisce il vincolo più immediato ed efficace che condiziona i fornitori di un determinato prodotto, specie in ordine alle loro decisioni in materia di prezzo (punto 13 di detta comunicazione). Inoltre, la sostituibilità sul versante dell’offerta può essere parimenti presa in considerazione ai fini della definizione del mercato rilevante nelle operazioni in cui tale sostituibilità produca effetti equivalenti a quelli della sostituibilità sul versante della domanda in termini di immediatezza e di efficacia. A tal fine, occorre che i fornitori possano riorientare la loro produzione verso i prodotti di cui trattasi e immetterli sul mercato in breve tempo, senza dover sostenere significativi costi aggiuntivi o affrontare rischi eccessivi, in risposta a variazioni lievi ma permanenti dei relativi prezzi (punto 20 della menzionata comunicazione).

114    In primo luogo, le ricorrenti deducono che la disaggregazione della rete locale, il prodotto all’ingrosso regionale ed il prodotto all’ingrosso nazionale appartengono allo stesso mercato di prodotti rilevante. Per quanto attiene alla sostituibilità di tali prodotti sul versante della domanda, le ricorrenti affermano che detti prodotti consentono agli operatori alternativi di offrire gli stessi servizi al dettaglio a banda larga. La Commissione avrebbe d’altronde riconosciuto, ai punti 154 e 155 della decisione impugnata, che i prodotti medesimi appartengono allo stesso mercato al dettaglio rilevante.

115    Le ricorrenti deducono, in primis, che la Commissione ha erroneamente ritenuto che i costi di sostituzione dei prodotti all’ingrosso nazionale e regionale ai fini della disaggregazione della rete locale risultassero «estremamente elevati» e che tale sostituzione costituisse un «processo lungo» che richiedeva una «massa critica minima». Le ricorrenti affermano parimenti che gli operatori alternativi hanno potuto far ricorso alla rete locale dal 2001 e che quest’ultima ha registrato un progresso considerevole tra il 2004 e il 2006.

116    Si deve rammentare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato i considerevoli investimenti resi necessari dal passaggio dal prodotto all’ingrosso nazionale al prodotto all’ingrosso regionale (punto 185 della decisione impugnata). La Commissione ha parimenti rilevato che il passaggio dal prodotto all’ingrosso regionale alla disaggregazione della rete locale è risultato estremamente costoso avendo implicato l’utilizzazione di una rete, dal punto di interconnessione regionale alle linee locali della Telefónica, elevati prezzi all’ingrosso imposti dalla Telefónica per effettuare tale migrazione nonché l’ottenimento della co-localizzazione e di altri servizi associati per poter fornire servizi di accesso al dettaglio a banda larga. Inoltre, a parere della Commissione, tale migrazione richiederebbe molto tempo, non costituirebbe un’opzione praticabile per tutto il territorio spagnolo e richiederebbe la disponibilità di una massa critica minima (punti 173‑177 della decisione impugnata). La Commissione ha parimenti rammentato, al punto 180 della decisione impugnata, che, in una lettera indirizzata alla Commissione in data 2 marzo 2005, la Telefónica stessa si era riferita al fatto che gli operatori alternativi dovessero raggiungere una massa critica prima di cominciare ad investire nella loro propria infrastruttura che consentisse loro di utilizzare la disaggregazione della rete locale.

117    Orbene, le ricorrenti non hanno, anzitutto, contestato i rilievi effettuati nella decisione impugnata, secondo cui, al fine di procedere alla disaggregazione della rete locale, gli operatori alternativi dovevano essere fisicamente presenti e co-localizzare i propri impianti con quelli della Telefónica, unica impresa in possesso di una rete di accesso locale su tutto il territorio spagnolo, il che li ha costretti a stabilire i propri impianti nei 6 836 ripartitori principali della Telefónica, cosa che ha richiesto investimenti preliminari molto pesanti (punti 80 e 81 nonché tabella 8 della decisione impugnata; v. parimenti il punto 132 della decisione impugnata). Le ricorrenti non hanno nemmeno contestato, nelle loro memorie o all’udienza, che gli investimenti della Telefónica al riguardo siano ammontati a più di EUR 1 500 milioni, cui occorrerebbe aggiungere gli investimenti necessari ai fini della connessione ai 109 punti di accesso indiretto del prodotto all’ingrosso regionale, il che rappresenterebbe [riservato] milioni di euro (punti 164 e 185, nonché tabella 9 e note a pie’ di pagina nn. 73 e 74 della decisione impugnata). Orbene, come correttamente rilevato dalla Commissione, tali investimenti sono considerevoli. In tal senso, la Commissione ha fatto presente, senza essere contraddetta dalle ricorrenti, che lo stesso investimento di EUR 200 milioni che, secondo la Telefónica, sarebbe risultato necessario al fine di consentire ad un operatore alternativo di sviluppare la propria rete locale, rappresentava oltre il 130% dei ricavi complessivi realizzati dalla Jazztel sul mercato al dettaglio nel periodo compreso tra il 2001 e il 2006.

118    Inoltre, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Jazztel, pur essendo sprovvista della «massa critica minima» (punto 177 della decisione impugnata) e pur disponendo di una quota di mercato inferiore all’1% all’inizio del periodo 2001-2006, sarebbe stata nondimeno in grado di realizzare un investimento di EUR 200 milioni, il che si porrebbe in contraddizione con l’affermazione, di cui al punto 164 della decisione impugnata, secondo cui occorrerebbe una somma compresa tra EUR 580 e 670 milioni al fine di sviluppare una rete locale comprendente tra 550 e 575 centrali.

119    Da un lato, l’argomento delle ricorrenti si fonda esclusivamente su una comunicazione della Jazztel rivolta alla Comisión Nacional del Mercado de Valores (commissione nazionale del mercato dei valori spagnola) del 27 luglio 2007, in cui la Jazztel avrebbe affermato che, «nel corso degli esercizi 2005 e 2006, l’impresa [aveva] investito più di EUR 200 milioni nello sviluppo della rete locale di ultima generazione più estesa e più moderna della Spagna» e che «l’impresa [intendeva] ridurre i propri investimenti in maniera significativa nel 2007, quando [fossero] terminati i lavori di sviluppo della rete». Orbene, da tale affermazione non emerge che i costi complessivi di sviluppo della rete della Jazztel ammontassero a «più di EUR 200 milioni», bensì unicamente che tale somma era stata investita nello sviluppo della rete nel 2005 e 2006. Come rilevato dalla Commissione, senza essere contestata al riguardo dalle ricorrenti, l’importo degli investimenti indicato nella detta comunicazione non include gli investimenti già operati dalla Jazztel prima del 2005 ai fini dello sviluppo della propria rete, tra cui, segnatamente, i 2 718 km di rete locale sviluppati dalla Jazztel sin dalla fine del 2004, né gli investimenti che la Jazztel dovrà ancora realizzare per completare lo sviluppo della rete medesima.

120    Dall’altro lato, anche ammesso, come sostenuto dalle ricorrenti, che, in data 28 febbraio 2007, la Jazztel fosse effettivamente riuscita a collocarsi in 607 ripartitori della Telefónica, a prescindere dal fatto che tale dato è successivo al periodo dell’infrazione, la conclusione di tali contratti non significa necessariamente che la Jazztel avesse già effettivamente realizzato gli investimenti necessari al fine di sviluppare la propria rete sino a detti ripartitori. In tal senso, nel marzo del 2006, la Jazztel aveva raccordato alla propria rete il 38 ovvero il 44% (secondo la Commissione) o il 53% (secondo le ricorrenti) dei 470 «scambi locali» da essa installati, Orbene, l’argomento delle ricorrenti, la cui esattezza è contestata dalla Commissione, secondo cui la connessione dei ripartitori alla rete della Jazztel costituirebbe un servizio indipendente dalla disaggregazione, che gli operatori alternativi potrebbero ottenere presso altri operatori che non la Telefónica, non rimette in discussione il fatto che tale investimento fa parte degli investimenti necessari affinché un operatore alternativo possa beneficiare del servizio di disaggregazione della rete locale (punto 132 della decisione impugnata). Inoltre, considerato che la Telefónica possiede 6 836 ripartitori principali, il fatto di collocarsi in 607 ripartitori della Telefónica copre, da un punto di vista geografico, meno del 10% delle centrali della Telefónica e consente solamente, a parere della Telefónica stessa, di raggiungere circa il 60% dei potenziali clienti. Peraltro, tale copertura è stata raggiunta solamente alla fine dell’anno 2006, vale a dire sei anni dopo che la rete locale era stato resa disponibile.

121    A tal riguardo, l’argomento delle ricorrenti secondo cui, ancorché gli investimenti richiesti al fine di utilizzare un altro prodotto all’ingrosso fossero effettivamente rilevanti, la Commissione avrebbe omesso di calcolare i benefici risultanti dall’utilizzazione della rete locale (ricavi superiori, diversificazione dei servizi finali al dettaglio ed indipendenza tecnologica dalla Telefónica), dev’essere parimenti disatteso. Infatti, come correttamente rilevato dalla Commissione al punto 176 della decisione impugnata, un operatore alternativo che intenda sostituire il prodotto all’ingrosso regionale con la disaggregazione della rete locale dovrà realizzare gli investimenti necessari ai fini dello sviluppo della propria rete, ma conseguirà i benefici derivanti da tale cambiamento solo dopo aver raggiunto una clientela sufficiente, cosa che non è né certa né immediata.

122    Infine, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui i progressi considerevoli e rapidi della rete locale tra il 2004 ed il 2006, con il conseguimento di una copertura di oltre il 60% degli impianti della Telefónica, dimostrerebbero che il «fattore tempo» non costituisce un ostacolo alla sostituzione dei prodotti all’ingrosso nazionali o regionali per effetto della disaggregazione della rete locale.

123    Come emerge, segnatamente, dai punti 16, 20, 21 e 23 della comunicazione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario in materia di concorrenza, richiamata supra al punto 113, e come correttamente rammentato dalla Commissione al punto 172 della decisione impugnata, la necessaria sostituibilità ai fini della definizione del mercato rilevante deve materializzarsi a breve termine, il che, come esposto ai punti 172‑175 della decisione impugnata, non è avvenuto nella specie.

124    L’argomento delle ricorrenti volto ad inficiare tale conclusione, secondo cui gli operatori alternativi non avrebbero ritenuto opportuno chiedere l’accesso alla rete locale prima del 2004, epoca in cui avrebbero raggiunto una copertura superiore al 60% degli impianti della Telefónica, dev’essere, a tal riguardo, respinto.

125    Infatti, se è pur vero che la TESAU è soggetta all’obbligo normativo di locazione del doppino di rame (linea telefonica classica) agli operatori alternativi dal mese di dicembre 2000 (punto 81 della decisione impugnata), l’utilizzazione effettiva della rete locale ha avuto inizio, in misura limitata, solo alla fine dell’anno 2004 nonché all’inizio del 2005 (punto 96 e schema 2 della decisione impugnata). Da un lato, tenuto conto degli investimenti necessari (v. punti 117‑121 supra) e come riconosciuto dalla Telefónica stessa (punto 180 della decisione impugnata), solamente nel 2004 gli operatori alternativi hanno raggiunto una massa critica in termini di connessioni e di esperienza di mercato che ha loro consentito di investire nelle infrastrutture di rete dando, così, inizio alla migrazione delle loro connessioni di accesso all’ingrosso indiretto verso l’accesso disaggregato alla rete locale (v. parimenti punti 177‑180 della decisione impugnata nonché punto 129 supra). Dall’altro lato, come emerge, segnatamente, dal punto 143 della decisione impugnata, rilevanti lassi di tempo sono stati accertati tra il momento della richiesta degli operatori alternativi di accesso disaggregato alla rete locale della Telefónica ed il momento della concessione di tale accesso. A tal riguardo si deve rilevare che, come emerge dalla tabella 60 della decisione impugnata, i cui dati non sono stati contestati dalle ricorrenti, la pretesa copertura di oltre il 60% degli impianti della Telefónica è stata realizzata solamente nel dicembre 2006, vale a dire alla fine del periodo dell’infrazione.

126    A tal riguardo, l’argomento delle ricorrenti secondo cui l’esistenza di barriere d’accesso alla rete locale sarebbe stata smentita dalla Comisión Nacional de la Competencia (Commissione nazionale della concorrenza spagnola) nella propria decisione del 22 ottobre 2007 dev’essere parimenti disatteso. Anche ammesso che dalla suddetta decisione emerga che, in tale vicenda, l’ente incaricato della difesa della concorrenza non abbia, in alcuna fase dell’istruttoria, «confermato che i presunti ritardi si siano realmente verificati», essa non rimette in discussione quanto accertato ai punti 139 e 140 della decisione impugnata, punti non contestati dalla Telefónica nelle proprie memorie, secondo cui, successivamente al 2002, 55 controversie relative all’accesso alla rete locale sarebbero state sottoposte alla CMT, di cui la maggior parte avrebbe portato ad una decisione sfavorevole alla Telefónica.

127    Secondo, le ricorrenti sostengono che esistono prodotti all’ingrosso, diversi dalla disaggregazione della rete locale, che consentono di presentare un’offerta «differente», ad esempio servizi di telefonia tramite il protocollo IP (Internet Protocol). Tuttavia, all’udienza le parti hanno sostanzialmente confermato che sussistevano differenze funzionali tra i prodotti all’ingrosso nazionale e regionale e la disaggregazione della rete locale, cosa che emerge d’altronde dai punti 66, 70, 82, 85, 87, 89, 165 e 171 nonché dalla nota a pie’ di pagina n. 47 della decisione impugnata. Se è vero che, all’udienza, le ricorrenti hanno sostenuto che il prodotto all’ingrosso regionale consentiva un «certo livello di differenziazione», si deve tuttavia rilevare, come precisato dalla Commissione ai punti menzionati supra, che un operatore che opti per la disaggregazione della rete locale della Telefónica può controllare una parte sostanziale della catena di valore e di vari aspetti di propri servizi al dettaglio. Come emerge dai punti 82, 87, 89 e 171 della decisione impugnata, contrariamente alla disaggregazione della rete locale, l’accesso ai prodotti all’ingrosso nazionale e regionale non consente agli operatori alternativi di differenziare in modo significativo i loro prodotti al dettaglio rispetto a quelli della Telefónica, ragion per cui devono limitarsi a fare concorrenza alla Telefónica sui prezzi. A tal riguardo, le ricorrenti stesse hanno sottolineato, nella loro replica, che l’investimento nella rete locale determina una maggiore diversità dei servizi finali al dettaglio. Esse fanno riferimento, a tal riguardo, agli esempi della France Telecom, che sarebbe stata la prima impresa ad offrire in Spagna un prodotto comprendente le comunicazioni vocali e Internet, e della Jazztel, che sarebbe stata la prima impresa a commercializzare un prodotto al dettaglio con velocità di connessione fino a 20 megabyte al secondo.

128    Terzo, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui esisterebbe «sufficiente sostituibilità» tra il prodotto all’ingrosso regionale, il prodotto all’ingrosso nazionale e la disaggregazione della rete locale, in considerazione del fatto che, in ogni centrale della Telefónica, un numero sufficiente di operatori alternativi utilizzerebbe una combinazione di differenti prodotti all’ingrosso meglio corrispondente alle loro esigenze e che tale sostituibilità «sul margine» risulterebbe sufficiente al fine di ritenere, nella specie, che tali prodotti appartengano allo stesso mercato di prodotti di cui trattasi.

129    In limine, si deve rilevare, al pari della Commissione, che il fatto che taluni operatori abbiano investito per sviluppare le loro proprie reti ed abbiano potuto incrementare, a decorrere dal 2004, l’utilizzazione della rete locale non conferma l’esistenza di un’effettiva sostituibilità tra i prodotti all’ingrosso nazionale e regionale e la disaggregazione della rete locale nel corso del periodo dell’infrazione, bensì costituisce il risultato di un processo di migrazione progressiva, descritto dalla Commissione, segnatamente, ai punti 93‑103 della decisione impugnata. Orbene, da un lato, tale migrazione richiede investimenti considerevoli che si estendono su più anni. Dall’altro, alla luce dei costi sostanziali irrecuperabili connessi con tale migrazione e con la progressione sulla «scala degli investimenti» (v. nota a pie’ di pagina n. 82 della decisione impugnata), è poco probabile che un operatore alternativo sostituisca alla disaggregazione della rete locale i prodotti all’ingrosso nazionale o regionale in casi di lieve aumento, ma significativo e permanente, del prezzo di disaggregazione della rete locale.

130    Inoltre, l’utilizzazione da parte degli operatori alternativi, nel corso del periodo dell’infrazione, in ogni centrale, di una combinazione ottimale di prodotti all’ingrosso, che comprenderebbe la disaggregazione della rete locale, non risulta essersi verificata. In tal senso, dai punti 102 e 103 della decisione impugnata, non contestati dalle ricorrenti nelle proprie memorie, emerge che, sino al 2002, la France Telecom ha acquistato pressoché esclusivamente il prodotto all’ingrosso nazionale dalla Telefónica, ove questo è stato sostituito, alla fine del 2002, da un’offerta all’ingrosso nazionale alternativa basata sul prodotto all’ingrosso regionale della Telefónica. Solo a partire dal febbraio 2005 il numero delle reti locali disaggregate della France Telecom è significativamente aumentato, mentre si è registrata una diminuzione del numero delle linee nazionali alternative all’ingrosso basate sul prodotto all’ingrosso regionale della Telefónica. Inoltre, fino all’ultimo trimestre del 2004, la Ya.com ha esclusivamente acquistato il prodotto all’ingrosso nazionale della Telefónica e ha iniziato a usare progressivamente la disaggregazione della rete locale soltanto a decorrere dal luglio 2005, con l’acquisizione della Albura.

131    Infine, l’argomento delle ricorrenti può applicarsi unicamente ai concorrenti della Telefónica che dispongano di una rete che consenta loro la disaggregazione della rete locale, ad esclusione dei concorrenti potenziali della Telefónica che non abbiano ancora effettuato investimenti al fine di utilizzare il prodotto all’ingrosso regionale o la disaggregazione della rete locale.

132    Quarto, per quanto attiene all’argomento delle ricorrenti secondo cui il Servicio de Defensa de la Competencia (Servizio di tutela della concorrenza spagnola) avrebbe riconosciuto, nella controversia Telefónica/Iberbanda, l’esistenza di un solo mercato all’ingrosso pertinente (relazione del servizio di tutela della concorrenza N‑06038, Telefónica/Iberbanda), è sufficiente rilevare che le ricorrenti non contestano l’affermazione della Commissione, formulata nelle sue memorie, secondo cui, in tale controversia, la valutazione dell’operazione non dipendeva — considerato che le quote di mercato della Iberbanda sono molto ridotte — dalla limitazione più o meno ristretta dei mercati, e che detta autorità ha fatto espresso riferimento, nella propria decisione finale, alla differenziazione operata dalla CMT tra la disaggregazione della rete locale e gli accessi all’ingrosso indiretti.

133    Quinto, si deve ricordare che le ricorrenti stesse hanno affermato, nella loro risposta iniziale alla denuncia della France Telecom, che la disaggregazione della rete locale e i prodotti all’ingrosso di accesso indiretto non sono sostituibili (punto 170 della decisione impugnata). Inoltre, come indicato dalla Commissione al punto 182 della decisione impugnata, tutte le ARN che hanno esaminato il mercato all’ingrosso di accesso a banda larga nei rispettivi paesi, ivi compresa la CMT per quanto attiene al mercato spagnolo, hanno ritenuto, per ragioni analoghe, che la disaggregazione della rete locale e i prodotti all’ingrosso di accesso indiretto costituiscono mercati distinti. Tale impostazione risulta, come correttamente rilevato dalla Commissione, parimenti conforme alla raccomandazione 2003/311/CE della Commissione, dell’11 febbraio 2003, relativa ai mercati rilevanti di prodotti e servizi del settore delle comunicazioni elettroniche suscettibili di una regolamentazione ex ante ai sensi della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (GU L 114, pag. 45), che distingue il mercato della fornitura all’ingrosso di accesso disaggregato (ivi compreso l’accesso condiviso) alle reti e sottoreti su linee metalliche per la fornitura di servizi a banda larga e di servizi vocali (mercato 11) dal mercato della fornitura all’ingrosso di accesso a banda larga (mercato 12).

134    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve ritenere che correttamente la Commissione ha affermato, ai punti 163‑182 della decisione impugnata, che la disaggregazione della rete locale non faceva parte del mercato rilevante nella specie.

135    In secondo luogo, le ricorrenti contestano la conclusione della decisione impugnata secondo cui i prodotti all’ingrosso regionale e nazionale non appartengono allo stesso mercato. In primis, esse deducono che la Commissione ha fatto ricorso ad esempi teorici ed estranei alla realtà del mercato spagnolo.

136    A tal riguardo, è certamente vero che la Commissione fa riferimento al punto 185 della decisione impugnata, alle stime dell’Autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni francese (ART) relative ai costi derivanti dal passaggio dai prodotti all’ingrosso nazionali ai prodotti all’ingrosso regionali, costi che sarebbero compresi tra EUR 150 e EUR 300 milioni, laddove è stato ritenuto che, in Francia, una copertura nazionale possa essere raggiunta mediante l’interconnessione a livello di 20 punti di accesso indiretti.

137    Tuttavia, le stime dell’ART, benché relative ad un mercato geografico differente, sono pertinenti al fine di illustrare gli investimenti necessari per lo sviluppo di una rete di tal genere. Infatti, come emerge dalla nota a piè di pagina n. 166 della decisione impugnata, il numero di punti di accesso indiretto è circa cinque volte più elevato in Spagna che non in Francia ed è quindi legittimo ritenere che i costi relativi allo sviluppo di una rete in Spagna sarebbero, conseguentemente, ben più elevati che non in Francia. Inoltre, come rilevato al punto 723 della decisione impugnata, il mercato a banda larga è caratterizzato da una struttura analoga a quella della Spagna, tenuto conto dell’esistenza di un accesso all’ingrosso ai livelli locale, nazionale e regionale.

138    Secondo, le ricorrenti sostengono che la Commissione fonda la propria definizione di due mercati distinti sull’assenza di giustificazione economica per il passaggio dal prodotto all’ingrosso regionale al prodotto all’ingrosso nazionale, sostenuta dalla France Telecom (punto 187 della decisione impugnata), laddove la France Telecom stessa avrebbe contraddetto tale affermazione nei documenti versati agli atti affermando che un operatore alternativo potrebbe decidere di migrare dal prodotto all’ingrosso regionale al prodotto all’ingrosso nazionale qualora il prezzo di quest’ultimo dovesse diminuire. Inoltre, la Albura sarebbe riuscita a riprodurre la rete di accesso regionale della Telefónica.

139    A tal riguardo, si deve anzitutto rilevare che, come emerge dal punto 187 della decisione impugnata, tenuto conto dei costi non recuperabili, gli operatori alternativi che abbiano già effettuato gli investimenti necessari per collegarsi ai 109 punti di accesso indiretto capitalizzeranno i loro investimenti e sceglieranno il prodotto all’ingrosso regionale piuttosto che concentrare il traffico in un punto unico di accesso nazionale. Infatti, alla luce dei costi connessi alla migrazione dal prodotto all’ingrosso nazionale a quello regionale, anche in caso di aumento lieve, ma significativo e permanente, del prezzo del prodotto all’ingrosso regionale, risulterebbe poco probabile, nonché illogico dal punto di vista economico, che gli operatori che abbiano già investito nello sviluppo di una rete sopportino i costi della mancata utilizzazione di tale rete decidendo di utilizzare il prodotto all’ingrosso nazionale, che non darebbe loro le stesse possibilità in termini di controllo sulla qualità del servizio del prodotto al dettaglio rispetto al prodotto all’ingrosso regionale. Inoltre, interrogata al riguardo all’udienza, la France Telecom ha effettivamente confermato che, a suo parere, il passaggio dal prodotto all’ingrosso regionale al prodotto all’ingrosso nazionale non risultava economicamente giustificato. Se è pur vero che una migrazione di tal genere è stata effettuata, eccezionalmente, in un’occasione, cio è stato dovuto a vincoli tecnici connessi alla necessità per la France Telecom di disporre di capacità supplementari a livello del prodotto all’ingrosso regionale. L’argomento delle ricorrenti non può, quindi, trovare accoglimento.

140    Terzo, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe accettato, in passato, la «sostituzione asimmetrica» al fine di delimitare il mercato di prodotti rilevante, considerato che, nella specie, non può parlarsi di una sostituzione di tal genere, atteso che il passaggio dal prodotto all’ingrosso nazionale al prodotto all’ingrosso regionale prende tempo e necessita di investimenti molto elevati (v. supra, punto 129) e la migrazione dal prodotto all’ingrosso regionale a quello nazionale risulta illogica dal punto di vista economico (v. supra, punto 139). Emerge d’altronde dalla giurisprudenza del Tribunale che una forte sproporzione nei tassi di migrazione tra due prodotti non avvalora la tesi della loro intercambiabilità rispetto al consumatore (sentenza France Télécom/Commissione, citata supra al punto 60, punti 86‑91).

141    Quarto, le ricorrenti sostengono che la Commissione avrebbe riconosciuto, nella propria raccomandazione 2003/311, che i due prodotti d’accesso indiretto all’ingrosso appartengono allo stesso mercato. Tuttavia, si deve rammentare che la raccomandazione 2003/311, nell’esposizione della motivazione, da un lato esclude espressamente dalla propria sfera di applicazione il mercato all’ingrosso di rivendita a banda larga, vale a dire i prodotti di accesso nazionale da un punto unico quale il prodotto all’ingrosso nazionale, in cui il traffico dell’operatore alternativo passa integralmente attraverso la rete della Telefónica, e, dall’altro, sottolinea l’esistenza di barriere molto rilevanti all’ingresso per quanto attiene alla fornitura all’ingrosso dell’accesso a banda larga, considerato che occorre sviluppare una rete per fornire tale servizio. Peraltro, l’articolo 15 della direttiva 2002/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU L 108, pag. 33), cui fa espresso riferimento il preambolo della raccomandazione 2003/311, nonché il considerando di tale raccomandazione dispongono che la definizione dei mercati ai fini dell’intervento di regolamentazione non pregiudica i mercati che possano essere definiti nell’ambito di questioni specifiche di diritto della concorrenza.

142    Quinto, le ricorrenti deducono che, nella propria decisione 6 aprile 2006, ratificata poi con decisione 1º giugno 2006, la CMT avrebbe parimenti dichiarato che il prodotto all’ingrosso regionale e il prodotto all’ingrosso nazionale fanno parte dello stesso mercato. A tal riguardo, contrariamente alla decisione impugnata, la decisione della CMT 1º giugno 2006 si colloca nell’ambito di un’analisi prospettiva. Inoltre, nelle proprie osservazioni formulate in merito al progetto di decisione della CMT, la Commissione aveva d’altronde fatto presente che le caratteristiche attuali e le condizioni del mercato spagnolo a banda larga potrebbero potenzialmente giustificare una segregazione del mercato all’ingrosso di accesso a banda larga in due mercati di prodotti rilevanti. Infine, nella propria decisione del 1º giugno 2006, la CMT stessa ha escluso l’ADSL‑IP Total dal mercato 12. Orbene, la Telefónica non contesta che l’ADSL‑IP e l’ADSL‑IP Total facciano parte dello stesso mercato di accesso all’ingrosso nazionale (v., a tal riguardo, punti 88‑95, 109 e 110 della decisione impugnata).

143    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve ritenere, in conclusione, che correttamente la Commissione ha affermato, ai punti 183‑195 della decisione impugnata, che i prodotti all’ingrosso nazionale e regionale non appartengono allo stesso mercato.

144    Conseguentemente, il secondo motivo dev’essere respinto.

d)     Sul terzo motivo, relativo ad errori di fatto e di diritto nell’accertamento della pretesa posizione dominante della Telefónica sui mercati rilevanti

145    Nell’ambito del terzo motivo le ricorrenti deducono che la Commissione è incorsa in errori di fatto e di diritto nell’accertamento della pretesa posizione dominante della Telefónica sui mercati rilevanti.

146    In limine, devono essere disattesi gli argomenti delle ricorrenti secondo cui, per poter accertare un abuso di posizione dominante della Telefónica sotto forma di compressione dei margini, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che la Telefónica disponeva di una posizione dominante sul mercato all’ingrosso e, al tempo stesso, su quello al dettaglio. Infatti, come emerge dalla giurisprudenza della Corte, l’abusività di una pratica tariffaria attuata da un’impresa verticalmente integrata in posizione dominante su un mercato all’ingrosso rilevante e che conduca alla compressione dei margini dei concorrenti dell’impresa medesima sul mercato al dettaglio non dipende dall’esistenza di una posizione dominante dell’impresa stessa su detto mercato (sentenza della Corte del 17 febbraio 2011, TeliaSonera, C‑52/09, Racc. pag. I‑527, punto 89). Non occorre, quindi, esaminare gli argomenti delle ricorrenti relativi all’accertamento della posizione dominante della Telefónica per quanto attiene ai mercati all’ingrosso rilevanti.

147    Secondo costante giurisprudenza, una posizione dominante può essere definita come posizione di potenza economica detenuta da un’impresa, che le consente di ostacolare il mantenimento di una concorrenza effettiva sul mercato di riferimento, fornendo alla stessa la possibilità di comportamenti apprezzabilmente indipendenti nei confronti dei suoi concorrenti, dei suoi clienti e, in ultima analisi, dei consumatori (sentenze della Corte United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, punto 72 supra, punto 65, e del 15 dicembre 1994, DLG, C‑250/92, Racc. pag. I‑5641, punto 47; sentenze del Tribunale del 22 novembre 2001, AAMS/Commissione, T‑139/98, Racc. pag. II‑3413, punto 51; del 23 ottobre 2003, Van den Bergh Foods/Commissione, T‑65/98, Racc. pag. II‑4653, punto 154, e France Télécom/Commissione, punto 60 supra, punto 99).

148    In linea generale, l’esistenza di una posizione dominante può risultare da più fattori che, presi isolatamente, non sarebbero necessariamente decisivi (sentenze United Brands e United Brands Continentaal/Commissione, punto 72 supra, punto 66, e DLG, punto 147 supra, punto 47). Tra tali fattori, l’esistenza di quote di mercato di grande ampiezza è altamente significativa (sentenze del Tribunale del 12 dicembre 1991, Hilti/Commissione, T‑30/89, Racc. pag. II‑1439, punto 90, e del 25 giugno 2010, Imperial Chemical Industries/Commissione, T‑66/01, Racc. pag. II‑2631, punti 255 e 256).

149    In tal senso, secondo costante giurisprudenza, quote di mercato estremamente elevate costituiscono di per sé, e salvo circostanze eccezionali, prova dell’esistenza di una posizione dominante. Infatti, una quota di mercato particolarmente cospicua pone l’impresa che la detiene per un certo periodo, dato il volume di produzione e di offerta che essa rappresenta — senza che i detentori di quote notevolmente inferiori siano in grado di soddisfare rapidamente la domanda che vorrebbe orientarsi verso imprese diverse da quella che detiene la quota maggiore —, in una posizione di forza che la rende controparte obbligatoria e che, già solo per questo fatto, le garantisce, quanto meno per periodi relativamente lunghi, l’indipendenza di comportamento che caratterizza la posizione dominante (sentenze Hoffmann-La Roche/Commissione, punto 76 supra, punto 41; Van den Bergh Foods/Commissione, punto 147 supra, punto 154, e Imperial Chemical Industries/Commissione, punto 148 supra, punto 256; v., parimenti, sentenza France Télécom/Commissione, punto 60 supra, punto 100).

150    Secondo la giurisprudenza, una quota di mercato del 50% costituisce, di per sé, e salvo circostanze eccezionali, una posizione dominante (sentenza della Corte del 3 luglio 1991, AKZO/Commissione, C‑62/86, Racc. pag. I‑3359, punto 60, e sentenza Imperial Chemical Industries/Commissione, punto 148 supra, punto 256). Parimenti, una quota di mercato compresa tra il 70 e l’80%, indica di per sé chiaramente l’esistenza di una posizione dominante (sentenze del Tribunale Hilti/Commissione, punto 148 supra, punto 92; del 30 settembre 2003, Atlantic Container Line e a./Commissione, T‑191/98, da T‑212/98 a T‑214/98, Racc. pag. II‑3275, punto 907, e Imperial Chemical Industries/Commissione, punto 148 supra, punto 257).

151    Nella specie, le ricorrenti sostengono che la Telefónica non dispone di una posizione dominante sul «mercato all’ingrosso» a banda larga.

152    Per quanto attiene ai mercati all’ingrosso di accesso a Internet a banda larga, si deve ricordare che, come emerge dai punti 162‑208 della decisione impugnata e dai punti 110‑143 supra, il prodotto all’ingrosso regionale ed il prodotto all’ingrosso nazionale non appartengono allo stesso mercato di prodotti, ragion per cui occorre esaminare separatamente l’eventuale esistenza di una posizione dominante della Telefónica su ognuno di detti mercati.

153    Anzitutto, la Commissione ha ritenuto, al punto 232 della decisione impugnata, che la Telefónica fosse in posizione dominante sul mercato all’ingrosso regionale. Per giungere a tale conclusione, essa si è fondata sulla quota di mercato del 100% della Telefónica e sulla sua posizione di monopolio di fatto su tale mercato (punto 223 della decisione impugnata). La Commissione si è parimenti richiamata ai considerevoli ostacoli all’ingresso esistenti su tale mercato, in particolare al fatto che gli operatori alternativi dovessero costruire una rete di accesso locale alternativa nuova ovvero procedere alla disaggregazione delle reti locali della Telefónica.

154    In tal senso, ai punti 224‑226 della decisione impugnata, la Commissione ha sottolineato i costi irrecuperabili significativi per i nuovi operatori che cerchino di fornire servizi all’ingrosso di accesso regionale a banda larga tramite la rete locale della Telefónica nonché le considerevoli economie di scala e di gamma di cui beneficiava la Telefónica. Peraltro, al punto 227 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto presente che esistevano ostacoli e ritardi notevoli nell’accesso alla disaggregazione della rete locale durante il periodo dell’infrazione, ragion per cui, anche un operatore che avesse sviluppato la propria rete non sarebbe stato in grado di fare concorrenza alla Telefónica. Al punto 228 della decisione impugnata, la Commissione ha rilevato che la necessità di disporre di un numero sufficiente di clienti per i servizi a banda larga rappresentava un’ulteriore barriera all’ingresso sul mercato per gli operatori che avessero investito nella disaggregazione della rete locale, ed è per questo motivo che avrebbero probabilmente avuto costi unitari più elevati rispetto alla Telefónica nello sviluppo delle loro reti locali. La Commissione ha ritenuto, in conclusione, che gli operatori alternativi che investono attualmente nella disaggregazione della rete locale non produrranno alcun impatto significativo sulla concorrenza sul mercato all’ingrosso di accesso regionale anche a medio termine e che tale impatto non sarà mai nazionale (punti 229 e 230 della decisione impugnata).

155    In primis, si deve rilevare che le ricorrenti non contestano che la Telefónica sia stata l’unico operatore a fornire il prodotto all’ingrosso regionale in Spagna dal 1999 (punto 223 della decisione impugnata), disponendo in tal modo su tale mercato di un monopolio di fatto.

156    Secondo, le ricorrenti sostengono che, nonostante la sua quota di mercato, la Telefónica è stata soggetta ad una pressione concorrenziale ininterrotta da parte dei suoi concorrenti, i quali hanno aumentato costantemente e progressivamente la loro presenza sul «mercato all’ingrosso». A tal riguardo, come rammentato supra al punto 152, correttamente la Commissione ha ritenuto che i prodotti all’ingrosso nazionale e regionale non facessero parte dello stesso mercato. Pertanto, gli esempi addotti dalle ricorrenti nella loro replica, relativi alla Arsys, che avrebbe lanciato un prodotto al dettaglio a banda larga utilizzando esclusivamente l’offerta all’ingrosso della Uni2, a Tele2, a Tiscali e a Auna, che avrebbero utilizzato i servizi all’ingrosso della Albura, non possono trovare accoglimento, in quanto essi attengono all’offerta all’ingrosso nazionale.

157    Terzo, l’argomento delle ricorrenti secondo cui il «mercato all’ingrosso» rappresenterebbe un «mercato contestabile», sul quale i clienti e i concorrenti della Telefónica potevano riprodurre la sua rete, essendo in tal modo in grado di esercitare una pressione concorrenziale effettiva indipendentemente dalle loro quote di mercato, non può parimenti trovare accoglimento, tenuto conto degli investimenti necessari per costruire una rete di accesso locale alternativa nuova ovvero disaggregare le reti locali della Telefónica, cosa indispensabile affinché un operatore alternativo possa offrire un prodotto all’ingrosso di accesso regionale concorrente al prodotto all’ingrosso regionale della Telefónica (v., segnatamente, punto 129 supra).

158    Ne consegue che le ricorrenti non hanno indicato alcun elemento idoneo a rimettere in discussione la conclusione della Commissione secondo cui la Telefónica era in posizione dominante sul mercato all’ingrosso regionale durante il periodo dell’infrazione.

159    In secondo luogo, la Commissione ha ritenuto che la Telefónica disponesse di una posizione dominante sul mercato di accesso all’ingrosso nazionale. In tal senso, al punto 234 della decisione impugnata essa afferma che, sino all’ultimo trimestre del 2002, non esisteva alcuna alternativa reale al prodotto all’ingrosso nazionale della Telefónica. Peraltro, dopo il 2002 e durante tutto il periodo dell’infrazione, la quota di mercato della Telefónica sarebbe rimasta costantemente al di sopra dell’84% (punto 235 della decisione impugnata). Ai punti 236‑241 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto parimenti riferimenti, primo, all’importante divario tra la quota di mercato detenuta dalla Telefónica e quella dei suoi concorrenti principali, ove la quota di mercato della Telefónica era undici volte superiore a quella del suo concorrente principale (punto 236 della decisione impugnata), secondo, alle economie di scale e di gamma nonché all’integrazione verticale di cui la Telefónica beneficiava, che le consentiva di recuperare i propri costi grazie agli elevati volumi di traffico generati dall’ampia base di abbonati (punto 237 della decisione impugnata), terzo, al suo controllo della rete locale, che le consentiva di esercitare una significativa influenza sulla disponibilità dei prodotti all’ingrosso concorrenti (punto 240 della decisione impugnata) e, quarto, alla sua rete ereditata da un precedente monopolio, non facilmente riproducibile (punto 241 della decisione impugnata).

160    Al fine di dimostrare l’assenza di posizione dominante della Telefónica sul mercato all’ingrosso nazionale, le ricorrenti deducono una serie di argomenti. In primo luogo, esse sostengono che la rete della Telefónica poteva essere riprodotta.

161    Esse affermano, in tal senso, che la rete della Telefónica è stata riprodotta integralmente da più operatori alternativi. Tuttavia, come correttamente constatato dalla Commissione al punto 239 della decisione impugnata, tali esempi non dimostrano l’assenza di posizione dominante della Telefónica sul mercato all’ingrosso nazionale.

162    È certamente vero che l’eventuale esistenza di una concorrenza sul mercato è una circostanza che rileva per valutare la sussistenza di una posizione dominante. Tuttavia, l’esistenza di una concorrenza, anche vivace, su un determinato mercato non esclude l’esistenza di una posizione dominante sullo stesso mercato, giacché tale posizione è caratterizzata essenzialmente dalla possibilità di agire senza dover tener conto, nella propria politica di mercato, di detta concorrenza e senza, tuttavia, subire conseguenze pregiudizievoli da tale comportamento (v. sentenza del Tribunale del 14 dicembre 2005, General Electric/Commissione, T‑210/01, Racc. pag. II‑5575, punto 117, e giurisprudenza ivi richiamata; sentenza France Télécom/Commissione, punto 60 supra, punto 101).

163    Orbene, nella specie, gli esempi dedotti dalle ricorrenti non rimettono in discussione gli elementi indicati dalla Commissione ai punti 235‑241 della decisione impugnata, alla luce, segnatamente, del fatto che la Telefónica ha mantenuto una quota di mercato superiore all’84% per tutto il periodo dell’infrazione, del fatto che, dopo il 2001, tale quota di mercato è rimasta undici volte superiore a quella del concorrente principale o, ancora, del fatto che vari ostacoli impedivano ai concorrenti della Telefónica di proporre in modo redditizio un prodotto all’ingrosso nazionale in concorrenza con quello di quest’ultima.

164    Secondo, le ricorrenti affermano che la Commissione avrebbe adottato una «posizione essenzialmente dogmatica». Questa risulterebbe incoerente con la posizione adottata dalla Commissione nelle proprie comunicazioni ad altre autorità di regolamentazione europee. Infatti, in tali comunicazioni, la Commissione avrebbe ritenuto che una concorrenza esercitata a livello di mercato al dettaglio da imprese integrate verticalmente può esercitare una pressione concorrenziale indiretta sul mercato all’ingrosso. Pertanto, la Commissione sarebbe stata tenuta ad esaminare la questione se gli operatori via cavo e della rete locale abbiano esercitato una pressione concorrenziale indiretta sul comportamento della Telefónica sul mercato all’ingrosso di accesso indiretto.

165    A tal riguardo, è sufficiente rilevare che tale argomento risulta privo di fondamento, tenuto conto del fatto che, da un lato, la Commissione ha effettivamente esaminato la pressione concorrenziale degli operatori via cavo indicando, ai punti 268‑276 della decisione impugnata, che gli operatori via cavo non avevano esercitato alcuna disciplina tariffaria sulla Telefónica sul mercato al dettaglio e, dall’altro, come emerge dai punti 264‑266 della decisione impugnata, che la disaggregazione della rete locale era realmente decollata solo dopo il settembre 2004, risultando limitata sul piano geografico.

166    Terzo, il fatto che la Telefónica sia stata obbligata, dall’anno 2000 in poi, a fornire l’accesso alla rete locale a prezzi fondati sui costi non è sufficiente a dimostrare l’assenza di posizione dominante di detta impresa. Infatti, se è pur vero che la capacità di imporre regolarmente aumenti di prezzo rappresenta innegabilmente un elemento idoneo ad affermare l’esistenza di una posizione dominante, non ne costituisce tuttavia affatto un elemento indispensabile, dato che l’indipendenza di cui gode un’impresa dominante in materia di prezzi attiene più alla sua capacità di fissare questi ultimi senza dovere tener conto della reazione dei concorrenti, dei clienti e dei fornitori che alla sua capacità di aumentarli (v. sentenza Atlantic Container Line e a./Commissione, punto 150 supra, punto 1084, e giurisprudenza ivi richiamata). Orbene, atteso che tutti i prodotti concorrenti di accesso all’ingrosso sono basati sulle reti locali della Telefónica ovvero sul suo prodotto all’ingrosso regionale, la disponibilità di prodotti concorrenti dipende non solo dalla disponibilità reale di reti locali disaggregate e/o dal prodotto all’ingrosso regionale, bensì dalle condizioni economiche con cui detti prodotti vengono forniti (punto 240 della decisione impugnata).

167    Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve concludere che correttamente la Commissione ha ritenuto che la Telefónica fosse in posizione dominante sul mercato all’ingrosso nazionale.

168    Pertanto e considerato che, come rilevato supra al punto 146, la Commissione non era tenuta, al fine di dimostrare l’esistenza di una compressione dei margini, a dimostrare che la Telefónica detenesse una posizione dominante sul mercato al dettaglio, il motivo in esame dev’essere respinto in toto.

e)     Sul quarto motivo, relativo ad errori di diritto nell’applicazione dell’articolo 82 CE per quanto attiene al preteso comportamento abusivo della Telefónica

169    Nell’ambito del presente motivo, le ricorrenti deducono che la decisione impugnata è viziata da due gravi errori nell’applicazione dell’articolo 82 CE per quanto attiene al preteso comportamento abusivo della Telefónica.

170    In limine, si deve rammentare che l’articolo 82 CE, nel vietare lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato, laddove ciò possa incidere sul commercio tra Stati membri, riguarda i comportamenti idonei ad incidere sulla struttura del mercato in cui, in conseguenza della presenza dell’impresa in questione, il livello della concorrenza sia già indebolito e che abbiano l’effetto di impedire, mediante il ricorso a mezzi diversi da quelli che reggono una normale competizione tra prodotti o servizi in base alle prestazioni degli operatori economici, il mantenimento del livello di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo della medesima (sentenze della Corte Hoffman-La Roche/Commissione, punto 76 supra, punto 91; Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, punto 111 supra, punto 70; del 2 aprile 2009, France Télécom/Commissione, C‑202/07 P, Racc. pag. I‑2369, punto 104, e del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, C‑280/08 P, Racc. pag. I‑9555, punto 174).

171    Conseguentemente, atteso che l’articolo 82 CE riguarda non solo le pratiche idonee a provocare un danno immediato ai consumatori, bensì anche quelle che li danneggiano pregiudicando la sussistenza di una concorrenza effettiva, è all’impresa che detiene una posizione dominante che incombe la particolare responsabilità di non pregiudicare, con il suo comportamento, una concorrenza effettiva e leale all’interno del mercato comune (v. sentenze del 2 aprile 2009, France Télécom/Commissione, punto 170 supra, punto 105, e TeliaSonera, punto 146 supra, punto 24, e giurisprudenza ivi richiamata).

172    Come la Corte ha già avuto modo di precisare, ne consegue che l’articolo 82 CE vieta ad una impresa in posizione dominante di eliminare un concorrente e di rafforzare in tal modo la propria posizione mediante il ricorso a strumenti diversi da quelli esistenti in una concorrenza fondata sui meriti. Ciò premesso, qualsiasi concorrenza fondata sui prezzi non può essere considerata legittima (v. sentenza del 2 aprile 2009, France Télécom/Commissione, punto 170 supra, punto 106, e giurisprudenza ivi richiamata).

173    Per quanto attiene al carattere abusivo di una pratica tariffaria come quella in esame nella specie, si deve rilevare che l’articolo 82, secondo comma, lettera a), CE, vieta espressamente che un’impresa dominante imponga, in modo diretto o indiretto, prezzi non equi (sentenza TeliaSonera, punto 146 supra, punto 25).

174    Peraltro, l’elenco delle pratiche abusive contenuto nell’articolo 82 CE non è esaustivo, ragion per cui l’elencazione delle pratiche abusive contenute in tale disposizione non esaurisce le modalità di sfruttamento abusivo di posizione dominante vietate dal diritto dell’Unione (v. sentenza TeliaSonera, punto 146 supra, punto 26, e giurisprudenza ivi richiamata).

175    Al fine di accertare se l’impresa che occupa una posizione dominante abbia sfruttato in modo abusivo tale posizione per effetto dell’applicazione delle sue pratiche tariffarie, occorre valutare il complesso delle circostanze ed esaminare se tale pratica sia intesa a sopprimere o a limitare la possibilità per l’acquirente di scelta delle proprie fonti di approvvigionamento, a precludere l’accesso del mercato ai concorrenti, ad applicare a controparti commerciali condizioni dissimili per prestazioni equivalenti o a rafforzare la posizione dominante mediante una concorrenza falsata (v. sentenza TeliaSonera, punto 146 supra, punto 28, e giurisprudenza ivi richiamata).

176    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che dalla decisione impugnata emerge chiaramente che la Commissione ha esaminato la pretesa compressione dei margini quale abuso i cui effetti esclusivi sono analoghi a quelli del rifiuto de facto di concludere un contratto. Orbene, la Commissione non avrebbe applicato il criterio giuridico corrispondente a tale tipo di condotta, fissato dalla Corte nella propria sentenza del 26 novembre 1998, Bronner (C‑7/97, Racc. pag. I‑7791). In particolare, la Commissione non avrebbe dimostrato che i prodotti all’ingrosso di cui trattasi costituivano elementi in ingresso o infrastrutture essenziali, né che il diniego di fornitura sarebbe stato idoneo ad eliminare qualsiasi concorrenza sul mercato al dettaglio.

177    Tale argomento non può essere accolto.

178    Si deve infatti rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, nella decisione impugnata la Commissione non ha analizzato la compressione dei margini quale rifiuto de facto di contrarre. Infatti, la Commissione ha ivi ricordato la nozione di abuso ai sensi dell’articolo 82 CE nonché gli obblighi che ne discendono (punti 279 e 280 della decisione impugnata). L’istituzione ha ivi parimenti definito la pratica della compressione dei margini, richiamandosi, segnatamente, alla giurisprudenza del giudice dell’Unione e alla sua prassi decisionale (punti 281‑284 della decisione impugnata). A tal riguardo essa ha sottolineato, al punto 285 della decisione impugnata, che, nel periodo compreso tra il settembre 2001 e il dicembre 2006, la Telefónica aveva abusato della propria posizione sui mercati spagnoli dell’accesso a banda larga mediante una compressione dei margini dovuta alla sproporzione tra i ricavi al dettaglio e all’ingrosso per l’accesso alla banda larga, con la conseguenza di una probabile restrizione della concorrenza sul mercato al dettaglio. Ai punti 299‑309 della decisione impugnata la Commissione ha parimenti rilevato che i criteri elaborati nella sentenza Bronner, citata al punto 176 supra, non erano applicabili al caso di specie.

179    In particolare, si deve rilevare che, nella decisione impugnata, la Commissione non ha imposto alla Telefónica di consentire l’accesso ai prodotti all’ingrosso ai propri concorrenti, ove tale obbligo risulta dal contesto normativo spagnolo. In tal senso, la Telefónica era obbligata a fornire il prodotto all’ingrosso regionale sin dal marzo del 1999 ed il prodotto all’ingrosso nazionale (ADSL‑IP) dall’aprile del 2002, ove tale obbligo risultava dalla volontà delle autorità pubbliche di spingere la Telefónica e i propri concorrenti ad investire e ad innovare (punti 88, 111, 287 e 303 della decisione impugnata).

180    Inoltre, nella propria sentenza TeliaSonera, citata supra al punto 146, la Corte ha ricordato che, dalla propria sentenza Bronner, citata supra al punto 176, non può dedursi che i requisiti necessari per accertare l’esistenza di un rifiuto abusivo di fornitura debbano necessariamente trovare applicazione anche nell’ambito della valutazione del carattere abusivo di un comportamento consistente nell’assoggettare la fornitura di servizi o la vendita di prodotti a condizioni svantaggiose o alle quali l’acquirente non potrebbe essere interessato. Infatti, comportamenti di tal genere potrebbero essere, di per sé, costitutivi di una forma autonoma di abuso distinta dal rifiuto di fornitura (sentenza TeliaSonera, punto 146 supra, punti 55 e 56).

181    L’interpretazione in senso contrario della sentenza Bronner, citata supra al punto 176, si risolverebbe nell’esigere, affinché ogni comportamento di un’impresa dominante per quanto riguarda le sue condizioni commerciali possa considerarsi abusivo, che ricorrano sempre i requisiti necessari per accertare l’esistenza di un rifiuto di contrarre, il che ridurrebbe indebitamente l’effetto utile dell’articolo 82 CE (v., in tal senso, sentenza TeliaSonera, punto 146 supra, punto 58).

182    A tal riguardo, se è pur vero che nella sentenza TeliaSonera, citata supra al punto 146 (punto 69), la Corte ha rilevato che il carattere indispensabile del prodotto all’ingrosso può essere pertinente nell’ambito della valutazione degli effetti della compressione dei margini, è giocoforza constatare che le ricorrenti non hanno invocato il carattere indispensabile dei prodotti all’ingrosso se non a sostegno dell’affermazione secondo cui la Commissione non avrebbe applicato il criterio giuridico adeguato al preteso rifiuto de facto di contrarre, sanzionato nella decisione impugnata. L’argomento delle ricorrenti dev’essere quindi respinto.

183    In secondo luogo, le ricorrenti deducono che, anche ammesso che l’articolo 82 CE trovasse applicazione, la Commissione non avrebbe applicato il criterio giuridico corrispondente alla nozione di compressione dei margini.

184    In primis, le ricorrenti fanno valere che la Commissione è incorsa in un errore di diritto per aver applicato il criterio di verifica della compressione dei margini ad una risorsa non essenziale. Tuttavia, tale argomento dev’essere respinto, per i motivi già esposti supra, ai punti 180‑182.

185    Secondo, le ricorrenti affermano che, per poter provare l’esistenza di una compressione dei margini abusiva, la Commissione avrebbe dovuto provare che la Telefónica fosse parimenti in posizione dominante sul mercato al dettaglio. Tale argomento è stato tuttavia già respinto supra al punto 146.

186    Terzo, le ricorrenti affermano che, conformemente alla sentenza del Tribunale del 30 novembre 2000, Industrie des poudres sphériques/Commissione, T‑5/97 (Racc. pag. II‑3755, punto 179), l’esistenza di una pratica di compressione dei margini può esistere solamente quando il prezzo all’ingrosso fatturato ai concorrenti per il prodotto a monte sia eccessivo ovvero quando il prezzo al dettaglio per il prodotto derivato abbia carattere predatorio.

187    A tal riguardo, si deve ricordare che è la compressione dei margini, in assenza di qualsiasi giustificazione obiettiva, ad essere di per sé idonea a costituire un abuso ai sensi dell’articolo 82 CE. Orbene, la compressione dei margini risulta dal divario tra i prezzi per le prestazioni all’ingrosso e quelli per le prestazioni al dettaglio e non dal livello di tali prezzi in sé e per sé. In particolare, detta compressione può risultare non soltanto da un prezzo anormalmente basso sul mercato al dettaglio, ma anche da un prezzo anormalmente elevato sul mercato all’ingrosso (v., in tal senso, sentenza TeliaSonera, citata supra al punto 146, punti 97 e 98). La Commissione non era pertanto tenuta a dimostrare, nella decisione impugnata, che la Telefónica praticasse prezzi eccessivi per i propri prodotti all’ingrosso di accesso indiretto ovvero prezzi predatori per i propri prodotti al dettaglio (v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punto 169, e sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione, punto 69 supra, punto 167).

188    Quarto, dev’essere disatteso l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe dovuto accompagnare al proprio esame del carattere abusivo del comportamento della Telefónica fondato sul criterio del «concorrente di pari efficienza» uno studio sugli utili dei principali operatori alternativi sul mercato spagnolo.

189    Si deve infatti ricordare che la Corte ha già avuto modo di precisare che l’articolo 82 CE vieta, segnatamente, ad un’impresa in posizione dominante di porre in essere pratiche tariffarie che producano effetti preclusivi per i suoi concorrenti, attuali o potenziali, di efficienza quanto meno pari alla propria. Sfrutta, quindi, abusivamente la sua posizione dominante un’impresa che attui una politica dei prezzi diretta ad estromettere dal mercato concorrenti che possano essere altrettanto efficienti ma che, per via delle loro più modeste capacità finanziarie, siano incapaci di resistere alla concorrenza esercitata nei loro confronti (v., in tal senso, sentenza TeliaSonera, punto 146 supra, punti 39 e 40, e giurisprudenza ivi richiamata).

190    Orbene, al fine di valutare la correttezza della politica in materia di prezzi applicata da un’impresa dominante, occorre, in linea di principio, fare riferimento a criteri relativi ai prezzi basati sui costi sostenuti dall’impresa dominante stessa e sulla strategia di quest’ultima (v. sentenze del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punto 198, e TeliaSonera, punto 146 supra, punto 41, e giurisprudenza ivi richiamata; v., parimenti, sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione, punto 69 supra, punti 188‑191).

191    In particolare, con riferimento ad una pratica tariffaria che dia luogo alla compressione dei margini, l’uso di tali criteri di analisi consente di verificare se tale impresa sarebbe stata sufficientemente efficiente da offrire le sue prestazioni al dettaglio ai clienti finali senza incorrere in perdite, qualora fosse stata previamente obbligata a pagare i propri prezzi all’ingrosso per le prestazioni intermedie (sentenze del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punto 201, e TeliaSonera, punto 146 supra, punto 42).

192    Tale approccio è, del resto, tanto più giustificato, in quanto risulta parimenti conforme al principio generale di certezza del diritto, considerato che la valutazione dei costi dell’impresa dominante consente a quest’ultima, in considerazione della particolare responsabilità che le incombe ex articolo 82 CE, di valutare la legittimità della propria condotta. Infatti, un’impresa dominante, se è pur vero che conosce i propri costi e le proprie tariffe, non conosce, in linea di principio, quelli dei suoi concorrenti (sentenze del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punto 202, e TeliaSonera, punto 146 supra, punto 44). D’altro canto, un abuso consistente in un comportamento preclusivo incide parimenti sui concorrenti potenziali dell’impresa dominante, così come la prospettiva di mancanza di redditività potrebbe dissuaderli dal fare ingresso sul mercato.

193    È pur vero che dalla giurisprudenza emerge parimenti che non può escludersi che i costi e i prezzi dei concorrenti possano risultare pertinenti nell’esame della pratica tariffaria de qua. Tuttavia, solamente nel caso in cui non risulti possibile, tenuto conto delle circostanze indicate dalla Corte, far riferimento ai prezzi e ai costi dell’impresa dominante, occorrerà esaminare quelli di concorrenti sullo stesso mercato (v. sentenza TeliaSonera, citata supra al punto 146, punti 45 e 46), cosa che le ricorrenti non hanno sostenuto.

194    Correttamente la Commissione ha quindi ritenuto che il criterio di verifica adeguato per accertare la compressione dei margini consistesse nell’accertare se un concorrente con la stessa struttura di costi dell’attività a valle dell’impresa verticalmente integrata sarebbe stato in grado di offrire servizi a valle senza incorrere in perdite qualora tale impresa verticalmente integrata avesse dovuto versare il prezzo di accesso a monte fatturato ai propri concorrenti, con riferimento ai costi sostenuti dalla Telefónica (punti 311‑315 della decisione impugnata), senza effettuare uno studio sugli utili dei principali operatori alternativi sul mercato spagnolo.

195    Quinto, le ricorrenti sottolineano che, anche ammesso che il criterio del «concorrente ipotetico di pari efficienza» fosse adeguato per dimostrare l’esistenza di un’infrazione nella specie, l’analisi della Commissione sarebbe viziata da un errore nella scelta delle risorse all’ingrosso. A loro parere, un concorrente di pari efficienza utilizzerebbe, ai fini dello sviluppo delle proprie attività al dettaglio, unicamente la rete locale ovvero una combinazione ottimale di prodotti all’ingrosso. Tuttavia, ai punti 130 e 131 supra è stato già rilevato che l’utilizzo da parte degli operatori alternativi, durante il periodo dell’infrazione, in ciascuna centrale, di una combinazione ottimale di prodotti all’ingrosso, che includesse la disaggregazione della rete locale, non ha avuto luogo.

196    Sesto, le ricorrenti sostengono che la teoria della scala degli investimenti non esige che tutti i gradini siano accessibili. Tale argomento dev’essere tuttavia respinto. Infatti, come correttamente rilevato dalla Commissione, il processo che consente agli operatori alternativi di investire gradualmente nella propria infrastruttura può costituire una strategia redditizia solamente qualora non esista alcuna pratica di compressione dei margini tra i vari livelli della scala. Orbene, la compressione tariffaria imposta dalla Telefónica ha probabilmente ritardato l’ingresso e la crescita dei suoi ricorrenti nonché la loro capacità di raggiungere un sufficiente livello di economia di scala al fine di giustificare investimenti in un’infrastruttura propria e l’utilizzazione della disaggregazione della rete locale (punto 554 della decisione impugnata).

197    Alla luce delle suesposte considerazioni, il motivo in esame dev’essere respinto.

f)     Sul quinto motivo, attinente ad errori di fatto e/o errori di valutazione dei fatti ed errori di diritto per quanto attiene al preteso comportamento abusivo della Telefónica e al suo preteso impatto anticoncorrenziale

198    Tale motivo, dedotto in via di subordine, si articola su due capi. Il primo attiene ad errori di fatto e/o errori di valutazione dei fatti nell’applicazione del test di compressione dei margini. Il secondo attiene alla mancata sufficiente dimostrazione, da parte della Commissione, degli effetti probabili o concreti del comportamento esaminato.

 Sul primo capo del quinto motivo, attinente ad errori di fatto e/o errori di valutazione dei fatti nell’applicazione del test della compressione dei margini

199    Nell’ambito di questo capo le ricorrenti deducono tre censure. La prima censura riguarda un errore nella scelta delle risorse all’ingrosso. La seconda attiene ad errori ed omissioni commessi nell’analisi degli FTA. Infine, la terza censura riguarda errori e omissioni commessi nell’analisi «periodo per periodo».

—       Sulla prima censura del primo capo del quinto motivo, attinente ad errori nella scelta delle risorse all’ingrosso

200    Con tale censura, motivata per relationem agli argomenti relativi al secondo ed al quarto motivo, le ricorrenti deducono che la Commissione non doveva esaminare l’esistenza della compressione dei margini per ogni prodotto all’ingrosso separatamente considerato, tenuto conto del fatto che gli operatori alternativi utilizzerebbero una combinazione ottimale di prodotti all’ingrosso, ivi compresa la disaggregazione della rete locale, che consentirebbe economie nei costi. Nella replica e all’udienza le ricorrenti hanno parimenti affermato che è in virtù del principio del «concorrente di pari efficienza» che la Commissione avrebbe dovuto applicare il test della compressione dei margini sulla base della combinazione di prodotti all’ingrosso che gli operatori alternativi utilizzerebbero.

201    In primo luogo, occorre ricordare che l’articolo 82 CE vieta, segnatamente, ad un’impresa in posizione dominante su un mercato determinato di porre in essere pratiche tariffarie che producano effetti preclusivi nei confronti dei suoi concorrenti di pari efficienza, attuali o potenziali (v. supra, punto 189). A tal riguardo, l’esame di tale posizione richiede una valutazione delle possibilità concorrenziali nell’ambito del mercato che riunisce tutti i prodotti i quali, in funzione delle loro caratteristiche, sono particolarmente idonei a soddisfare esigenze costanti e sono poco intercambiabili con altri prodotti, servendo la definizione del mercato pertinente a valutare se l’impresa interessata disponga della possibilità di ostacolare una concorrenza effettiva sul mercato stesso (v. punto 111 supra). Orbene, è stato già rilevato, da un lato, nell’ambito del secondo motivo (v. punti 110‑144 supra), che correttamente la Commissione ha considerato che la disaggregazione della rete locale, il prodotto all’ingrosso nazionale ed il prodotto all’ingrosso regionale non appartengono allo stesso mercato e, dall’altro, nell’ambito del quarto motivo (v. punti 169‑197 supra), che una compressione dei margini su un mercato pertinente è, di per sé, idonea a costituire un abuso ai sensi dell’articolo 82 CE.

202    La determinazione del mercato pertinente serve a valutare se l’impresa interessata disponga della possibilità di ostacolare una concorrenza effettiva sul mercato stesso, ragion per cui le ricorrenti non possono affermare, fondandosi sulle considerazioni svolte nell’ambito del loro secondo motivo, che l’utilizzazione di una combinazione ottimale di prodotti all’ingrosso consentirebbe ai concorrenti della Telefónica di migliorare la loro redditività. Infatti, tali prodotti all’ingrosso non fanno parte dello stesso mercato di prodotti (v. punti 114‑134 supra).

203    In secondo luogo, si deve rilevare che l’argomento delle ricorrenti si risolverebbe nel ritenere che un operatore alternativo possa compensare le perdite subite per effetto della compressione dei margini a livello di un prodotto all’ingrosso con ricavi provenienti dall’utilizzazione, in talune zone geografiche più redditizie, di altri prodotti della Telefónica che non costituiscano oggetto di compressione dei margini e che appartengano ad un altro mercato, vale a dire la disaggregazione della rete locale, la cui utilizzazione necessitava d’altronde di gravosi investimenti e che non era, del resto, immediatamente disponibile (v. punto 125 supra e punti 227, 231, 266 e 562 della decisione impugnata), cosa che non è ammissibile.

204    Secondo la giurisprudenza, un sistema di concorrenza non falsata, come quello previsto dal Trattato, può essere garantito solo se siano assicurate pari opportunità tra i vari operatori economici. Orbene, la parità di opportunità implica che la Telefónica e i suoi concorrenti, quanto meno quelli di pari efficienza, siano collocati su un piano di eguaglianza sul mercato al dettaglio. Ciò non si verificherebbe qualora, da un lato, i prezzi dei prodotti all’ingrosso nazionale e regionale versati dagli operatori alternativi alla Telefónica non possano essere traslati sui loro prezzi relativi ai prodotti al dettaglio, e, dall’altro, gli operatori alternativi, considerati i prezzi dei prodotti all’ingrosso nazionale e regionale della Telefónica non potessero offrire i prodotti medesimi se non in perdita, perdita che dovrebbero cercare di compensare con ricavi provenienti da altri mercati (v., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punto 230, e sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione, punto 69 supra, punti 198 e 199, e giurisprudenza ivi richiamata).

205    Inoltre, come sottolineato dalla Commissione, l’argomento delle ricorrenti relativo all’utilizzazione, da parte degli operatori alternativi durante il periodo dell’infrazione, in ogni centrale, di una combinazione ottimale di prodotti all’ingrosso, che includerebbe la disaggregazione della rete locale, si pone in contrasto con la posizione espressa dalla Telefónica stessa nella propria risposta del 22 settembre 2003 alla denuncia della France Telecom, in cui la Telefónica aveva sostenuto che l’analisi dell’eventuale esistenza della compressione dei margini doveva essere operata unicamente sulla base del prodotto all’ingrosso regionale.

206    In terzo luogo, come sottolineato supra al punto 131, tale combinazione ottimale può essere utilizzata solo dai concorrenti della Telefónica che dispongano di una rete che consenta loro la disaggregazione della rete locale, con esclusione dei concorrenti potenziali della Telefónica.

207    In quarto luogo, laddove le ricorrenti sostengono che un concorrente quantomeno di pari efficienza che utilizzi unicamente la rete locale conseguirebbe utili e che, conseguentemente, un concorrente quanto meno di pari efficienza che utilizzi una combinazione ottimale di risorse otterrebbe parimenti risultati positivi, tale argomento dev’essere respinto. Infatti, come rilevato supra al punto 125, l’utilizzazione effettiva della rete locale ha avuto inizio, in misura limitata, solamente alla fine del 2004 e all’inizio del 2005. Inoltre, alla luce degli investimenti necessari, solamente nel 2004 gli operatori alternativi hanno dato inizio alla migrazione delle loro connessioni di accesso all’ingrosso indiretto verso l’accesso disaggregato alla rete locale.

208    In quinto luogo, l’argomento delle ricorrenti, secondo cui un’eventuale combinazione ottimale di prodotti all’ingrosso impedirebbe che possa formarsi una compressione dei margini, è in contraddizione con gli obblighi regolamentari imposti dalla CMT alla Telefónica, diretti, in particolare a vigilare a che tutte le sue offerte al dettaglio siano riproducibili sulla base del suo prodotto all’ingrosso regionale (punto 114 della decisione impugnata).

209    In sesto luogo, dev’essere disatteso l’argomento delle ricorrenti volto a contestare la definizione delle caratteristiche della rete del concorrente quantomeno di pari efficienza, secondo cui rileverebbe unicamente accertare se, con le economie di scala e i costi di rete della Telefónica, un operatore alternativo possa risultare o meno redditizio. Infatti, come rilevato dalla Commissione al punto 315 della decisione impugnata, l’applicazione del metodo del concorrente quantomeno di pari efficienza non implica che i concorrenti della Telefónica possano riprodurre gli attivi a monte di quest’ultima. Infatti, il test della compressione dei margini si applica nella prospettiva di un operatore a valle di pari efficienza, vale a dire un operatore che utilizzi il prodotto all’ingrosso dell’impresa dominante, in concorrenza con quest’ultima sul mercato a valle e i cui costi su quest’ultimo mercato siano identici a quelli dell’impresa dominante.

210    In ogni caso, l’utilizzo, da parte degli operatori alternativi, durante il periodo dell’infrazione, in ciascuna centrale, di una combinazione ottimale di prodotti all’ingrosso, che includesse la disaggregazione della rete locale, non ha avuto luogo. Così, considerato che la TESAU è soggetta all’obbligo regolamentare di locazione del coppino di rame agli operatori alternativi dal dicembre del 2000 (punto 81 della decisione impugnata), dai punti 102 e 103 della decisione medesima, i cui dati non sono stati contestati dalle ricorrenti, emerge che, fino al 2002, la France Telecom ha acquistato pressoché esclusivamente il prodotto all’ingrosso nazionale della Telefónica, ove questo è stato sostituito, alla fine del 2002, da un’offerta all’ingrosso nazionale alternativa basata sul prodotto all’ingrosso regionale della Telefónica. Solo a partire dal febbraio del 2005 il numero di anelli locali disaggregati della France Telecom è significativamente aumentato, mentre si è registrata una diminuzione del numero delle linee nazionali alternative all’ingrosso basate sul prodotto all’ingrosso regionale della Telefónica. Inoltre, fino all’ultimo trimestre del 2004, la Ya.com ha esclusivamente acquistato il prodotto all’ingrosso nazionale della Telefónica e ha iniziato ad usare progressivamente la disaggregazione della rete locale solo a decorrere dal luglio 2005, con l’acquisizione dell’Albura.

211    Dalle suesposte considerazioni emerge che la Commissione non è incorsa in manifesti errori di valutazione nella propria selezione delle risorse all’ingrosso ai fini del calcolo della compressione dei margini. La prima censura del primo capo del quinto motivo non può, quindi, trovare accoglimento.

—       Sulla seconda censura del primo capo del quinto motivo, riguardante errori ed omissioni commesse nella realizzazione dell’analisi degli FTA

212    Nell’ambito della presente censura, le ricorrenti formulano una serie di critiche con riguardo all’applicazione nella specie, da parte della Commissione, dell’analisi degli FTA (punti 350‑385 della decisione impugnata).

213    Si deve rilevare, come osservato dalla Commissione al punto 315 della decisione impugnata, che il test della compressione dei margini è volto, nella specie, ad accertare se un concorrente avente la stessa struttura di costi di quella dell’attività a valle dell’impresa verticalmente integrata possa essere redditizio sul mercato a valle in considerazione dei prezzi all’ingrosso e al dettaglio di detta impresa. Nella decisione impugnata la Commissione ha ricordato che, secondo la giurisprudenza della Corte e secondo la propria prassi decisionale in materia di prezzi abusivi, la redditività di un’impresa in posizione dominante è stata sempre valutata sulla base dell’analisi «periodo per periodo», atteso che il metodo degli FTA ai fini del calcolo della compressione dei margini presenta talune carenze (punti 331 e 332 della decisione impugnata). Nell’ambito del calcolo della compressione dei margini la Commissione ha tuttavia deciso di calcolare la redditività della Telefónica per mezzo di due metodi, vale a dire il metodo «periodo per periodo» nonché il metodo degli FTA, proposto dalla Telefónica, al fine, da un lato, di evitare di affermare l’esistenza di una compressione dei margini per effetto di distorsioni contabili risultanti dall’immaturità del mercato spagnolo della banda larga e, dall’altro, di garantirsi che il metodo proposto dalla Telefónica non rimettesse in discussione la conclusione relativa alla sussistenza di una compressione dei margini risultante dall’analisi «periodo per periodo» (punto 349 della decisione impugnata).

214    La Commissione fa parimenti valere che, in un’analisi degli FTA, un valore finale viene calcolato al fine di riflettere il fatto che vi sono attivi chiave che continueranno ad essere utilizzati anche al di là del periodo di riferimento. In tal senso, prendere in considerazione, nell’ambito dell’analisi, un valore finale può risultare necessario, atteso che taluni costi non sono totalmente coperti durante il periodo di riferimento. A parere della Commissione, tanto il valore finale adeguato da inserire nel calcolo degli FTA quanto il periodo di riferimento adeguato mirano a determinare una data limite successivamente alla quale il recupero delle perdite non viene più preso in considerazione nell’ambito dell’analisi (punti 360 e 361 della decisione impugnata). Atteso che il metodo degli FTA consente perdite iniziali a breve termine, ma ne impone il recupero su un periodo ragionevolmente lungo, la Commissione ha dovuto determinare un periodo di recupero adeguato nella specie (punto 351 della decisione impugnata).

215    A tal riguardo, la Commissione ha ritenuto, al punto 354 della decisione impugnata, che l’approccio più ragionevole consistesse nel limitare il periodo di analisi alla durata di vita economica degli attivi impiegati dall’impresa de qua. Al punto 359 della decisione impugnata, la Commissione ha osservato che, nella specie, il periodo adeguato per l’analisi degli FTA era quello compreso tra il settembre 2001 ed il dicembre 2006 (cinque anni e quattro mesi) e, inoltre, che tale periodo era favorevole alla Telefónica, in quanto l’utile delle proprie attività a valle era aumentato nel corso del tempo.

216    In primo luogo, le ricorrenti contestano il metodo di calcolo del valore finale utilizzato dalla Commissione nell’ambito dell’analisi degli FTA (punto 363 della decisione impugnata). Esse deducono che il metodo di calcolo del valore finale dei servizi al dettaglio a banda larga della Commissione diverge dai metodi di valutazione abitualmente applicati alle imprese. L’approccio della Commissione non sarebbe corretto, considerato che si tratterebbe, nella specie, di valutare un’impresa che dispone di attivi immateriali complessi. In tal senso, le spese della Telefónica nella propria attività commerciale al dettaglio a banda larga consentirebbero di valorizzare, oltre alla base della clientela, attivi quali i propri marchi, le relazioni con la clientela, il know-how acquisito e la propria capacità di organizzazione. Orbene, tali attivi avrebbero una vita economica ben più lunga dei cinque anni e quattro mesi assunti dalla Commissione, ragion per cui il periodo di riferimento avrebbe dovuto essere esteso al di là del dicembre 2006.

217    In primis, deve essere disatteso l’argomento delle ricorrenti con cui esse sostengono che l’estensione del periodo di riferimento nell’analisi degli FTA non aumenterebbe il rischio di errori di previsione o di presa in considerazione, nell’ambito di tale analisi, dei vantaggi derivanti da una condotta anticoncorrenziale.

218    Come correttamente sottolineato dalla Commissione ai punti 333 e 334 della decisione impugnata, considerato che il metodo degli FTA consente di compensare perdite iniziali con profitti futuri, i risultati di tale metodo rischiano effettivamente o di dipendere da previsioni irragionevoli dell’impresa dominante con riguardo ai propri profitti futuri netti, tali da condurre ad un risultato erroneo, o di includere profitti a lungo termine che costituirebbero il risultato di un rafforzamento del potere di mercato dell’impresa dominante.

219    A tal riguardo, devono essere parimenti respinti gli argomenti delle ricorrenti secondo cui il fatto di ridurre il periodo dell’analisi condurrebbe a sottostimare il «valore commerciale» della Telefónica ed ignorerebbe il valore degli attivi della Telefónica al di là del 2006.

220    Si deve infatti ritenere che la Commissione non abbia ignorato il valore degli attivi della Telefónica al di là del 2006. L’istituzione ha, per contro, legittimamente ritenuto che, nella specie, a differenza di un metodo volto a valutare una società nella prospettiva del suo acquisto o della sua cessione, non fosse pertinente accertare se le perdite della Telefónica sul periodo 2001-2006 potessero essere compensate da ipotetici futuri profitti a partire dal 2007. Infatti, senza incorrere in manifesti errori di valutazione, la Commissione ha ritenuto che l’attività a valle dell’impresa dominante dovesse risultare redditizia su una durata corrispondente alla durata della vita dei propri attivi. In caso contrario, la politica dei prezzi della Telefónica potrebbe produrre effetti negativi sulla concorrenza (punto 370 della decisione impugnata).

221    Secondo, l’argomento in base al quale la Commissione non fornirebbe alcuna spiegazione quanto alla durata del periodo assunto nell’analisi degli FTA, che risulterebbe quindi arbitraria, dev’essere parimenti respinto.

222    Anzitutto, ai punti 351‑359 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto presente che l’approccio più ragionevole consisteva nel limitare il periodo di analisi alla durata di vita degli attivi impiegati dall’impresa de qua, ove il complesso dei benefici economici previsti in conseguenza dell’utilizzazione di tali attivi viene così preso in considerazione nella valutazione della redditività dell’impresa. L’istituzione ha parimenti aggiunto che un periodo di cinque anni coincideva con la durata di vita economica media degli elementi di rete della TESAU necessari per fornire servizi ADSL al dettaglio sulla base del prodotto all’ingrosso regionale, come emerge dal piano commerciale iniziale dell’impresa, nonché con la durata di vita media degli elementi di rete degli operatori alternativi, quali France Telecom e Auna. La Commissione ha parimenti affermato che tale durata risultava superiore al periodo di ammortamento dei costi di acquisizione degli abbonati della TESAU e che era coerente con il periodo utilizzato dall’autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni nel Regno Unito. Alla luce di tali elementi i quali, in ogni caso, non possono consentire alle ricorrenti di affermare che la Commissione non avrebbe fornito alcuna spiegazione quanto alla durata del periodo di analisi da essa utilizzato, si deve ritenere che tale durata del periodo di analisi non è stata fissata in modo arbitrario e che essa non risulta viziata da un manifesto errore di valutazione.

223    A tal riguardo, per quanto attiene alla fissazione della durata del periodo nel corso del quale la redditività dovrebbe essere raggiunta, le ricorrenti contestano il riferimento ai piani commerciali della Telefónica, sostenendo che l’analisi sulla quale la Commissione si fonda [riservato], il che confermerebbe che le perdite accertate dalla Commissione sul periodo [riservato] sarebbero dovute alla mancanza di maturità del mercato spagnolo a banda larga. Tuttavia, da un lato, emerge dagli atti che il piano commerciale [riservato] riguarda effettivamente il valore complessivo di tutta l’attività. Dall’altro, come correttamente rilevato dalla Commissione, la contabilità dei costi e il piano commerciale della Telefónica dimostrano, anzitutto, che la Telefónica [riservato], avendo questa calcolato che la propria soglia di redditività si collocava a [riservato] utenti finali ADSL, cifra che è stata raggiunta [riservato], inoltre, che essa prevedeva una soglia di redditività in termini di risultato al lordo di imposte, interessi, ammortamento e provvigioni (EBITDA) e di utili lordi e oneri finanziari (EBIT) in [riservato] e, infine, che essa si attendeva un valore attualizzato netto (in prosieguo: il «VAN») [riservato] (restando escluso qualsiasi valore finale) sul periodo [riservato]. La Commissione ha quindi ritenuto, senza incorrere in manifesti errori di valutazione, che le perdite accertate sul periodo [riservato] non possono essere collegate alla mancanza di maturità del mercato spagnolo a banda larga.

224    Terzo, le ricorrenti sostengono che non è esatto che la metodologia adottata dalla Commissione, che include un valore finale che riflette la vita economica residua delle immobilizzazioni e dei clienti acquisiti, è più favorevole alla Telefónica rispetto a quella da questa utilizzata nel proprio piano commerciale iniziale (punti 362 e 363 della decisione impugnata), in considerazione dell’orizzonte temporale più ampio ([riservato] anni) assunto dalla Telefónica nel piano medesimo. Esse sostengono parimenti che tali metodologie non sono analoghe (nota a pie’ di pagina n. 810 della decisione impugnata), ove la Telefónica ha ritenuto che il proprio portafoglio di clienti fosse costante e non in diminuzione. Inoltre, a parere delle ricorrenti, i piani di sviluppo della Telefónica, menzionati al punto 367 della decisione impugnata, sarebbero privi di pertinenza nell’ambito del calcolo del valore finale.

225    Si deve rilevare, a tal riguardo, che le ricorrenti non precisano, nelle loro memorie, le ragioni per le quali il loro argomento, quand’anche risultasse fondato, sarebbe tale da determinare l’illegittimità della decisione impugnata. Infatti, da un lato, anche ammesso, come sostenuto dalle ricorrenti, che la metodologia adottata dalla Commissione non sia più favorevole alla Telefónica rispetto a quella che essa avrebbe adottato nel proprio piano commerciale iniziale o che le metodologie di cui trattasi non siano analoghe, non ne conseguirebbe l’erroneità dei rilievi concernenti il valore finale, di cui, segnatamente, ai punti 360‑362 della decisione impugnata, e la determinazione del valore finale nell’ambito del calcolo degli FTA. Dall’altro, si deve rilevare che i piani di sviluppo della Telefónica sono stati menzionati al punto 367 della decisione impugnata al fine di dimostrare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Telefónica, il calcolo, da parte della Commissione, del valore finale non era privo di precedenti. Orbene, anche ammesso che tale rilievo sia erroneo, ciò non determinerebbe l’illegittimità del calcolo del valore finale contenuto nella decisione impugnata.

226    Inoltre, se è pur vero che l’orizzonte temporale considerato dalla Telefónica nel proprio piano commerciale [riservato] era effettivamente di [riservato] anni (periodo [riservato]), cosa riconosciuta dalla Commissione nel proprio controricorso, si deve ritenere che, senza incorrere in errore manifesto, la Commissione ha stabilito che tale durata era troppo lunga ai fini della previsione di redditività di un ipotetico operatore a valle (v. a tal riguardo i punti 216‑220 supra).

227    In ogni caso, si deve sottolineare che dagli atti emerge che un calcolo del VAN per l’attività al dettaglio relativa al periodo [riservato], effettuato secondo lo stesso metodo impiegato dalla Telefónica nel proprio piano commerciale «Objetivo Verne 2002», [riservato]. L’argomento delle ricorrenti, dedotto all’udienza, secondo cui la Commissione non avrebbe dovuto utilizzare le previsioni della Telefónica contenute in tale piano, bensì avrebbe dovuto chiedere a quest’ultima le sue previsioni aggiornate al momento della realizzazione del calcolo del valore finale, non può essere accolto. Infatti, è ragionevole ritenere che tali previsioni, aggiornate al momento di detto calcolo, aumenterebbero il rischio di prendere in considerazione, nell’ambito dell’analisi, vantaggi derivanti da una condotta anticoncorrenziale.

228    In secondo luogo, le ricorrenti fanno valere che la Commissione avrebbe potuto calcolare un valore finale più adeguato, fondato su dati di mercato. Da un lato, un approccio alternativo volto a valutare i flussi di cassa a partire dal 2006 sarebbe consistito nell’utilizzo di informazioni sui valori di operazioni comparabili, in applicazione del «metodo dei multipli», il cui obiettivo consiste nel valutare l’attività di un’impresa ponendola a raffronto con il prezzo versato per attività commerciali analoghe. L’impiego di tale metodo presenterebbe il vantaggio di non esigere alcun vincolo quanto alla durata dell’attività considerata. Dall’altro, l’applicazione di multipli dell’EBITDA, di cui al punto 377 della decisione impugnata, non avrebbe senso per imprese che dispongano di un elevato potenziale di crescita. Ciò premesso, oltre al multiplo dei ricavi utilizzato dalla Telefónica nella propria risposta alla comunicazione degli addebiti, la Commissione avrebbe potuto utilizzare un multiplo proprio del settore.

229    Si deve ritenere che correttamente la Commissione ha stimato, al punto 369 della decisione impugnata, che l’utilizzazione, nella specie, di un valore finale ricomprendente tutti gli utili futuri dell’impresa interessata non era né ragionevole né appropriata nell’ambito del calcolo della compressione dei margini.

230    Infatti, anzitutto, un approccio di tal genere, nell’ambito del quale vengano presi in considerazione tutti i futuri utili dell’impresa interessata, non consentirebbe di stabilire se, tenuto conto, segnatamente, dei canoni versati dagli operatori alternativi alla Telefónica per i prodotti all’ingrosso nazionale e regionale, un operatore a valle di efficienza pari alla Telefónica sia in grado di recuperare le proprie perdite iniziali e raggiungere l’equilibrio grazie agli utili generati dalla propria attività sul mercato a valle nel corso di un periodo di riferimento determinato. Inoltre, tale metodo non terrebbe nemmeno conto della durata di vita media degli attivi interessati, né del fatto che, su un mercato concorrenziale, un nuovo arrivo non è in grado di contare su tutti i propri eventuali futuri utili al fine di compensare le perdite iniziali subite al momento dell’ingresso sul mercato. Infine, come rilevato dalla Commissione al punto 334 della decisione impugnata, tale approccio consentirebbe ad un’impresa, eventualmente, di adottare con successo una strategia di compressione dei margini fissando, in un primo tempo, prezzi tali da escludere, dopo un determinato periodo, i concorrenti e procedendo, in un secondo momento, o ad un aumento dei prezzi che consenta, a termine, il recupero delle perdite iniziali, o al mantenimento di tali prezzi al di sopra del livello concorrenziale, ove ciò sarebbe reso possibile dall’assenza dell’ingresso o di crescita significativa di concorrenti sul mercato de quo (v. parimenti punto 334 della decisione impugnata).

231    In terzo luogo, le ricorrenti affermano che «l’applicazione di un metodo di valutazione corretto, basato sulle cifre del mercato ai fini del calcolo del valore finale avrebbe dimostrato che l’attività di un eventuale concorrente di efficienza pari alla Telefónica sarebbe stata redditizia». Tuttavia, tale argomento non è minimamente spiegato né sviluppato nelle memorie, atteso che le ricorrenti rinviano, globalmente, a dieci pagine di uno studio economico accluso in allegato. Alla luce delle considerazioni svolte supra ai punti 58‑63, tale argomento dev’essere quindi respinto.

232    In considerazione dei rilievi suesposti, la seconda censura del primo capo del quinto motivo dev’essere respinta.

—       Sulla terza censura del primo capo del quinto motivo, attinente agli errori commessi nell’analisi «periodo per periodo»

233    Nell’ambito della presente censura le ricorrenti formulano una serie di critiche nei confronti dell’analisi «periodo par periodo» effettuata dalla Commissione.

234    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha correttamente stimato i CMILT di commercializzazione.

235    In limine, si deve ricordare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha accertato che i costi marginali di commercializzazione costituivano una voce dei costi di acquisizione di abbonati della Telefónica (punti 458‑463 della decisione impugnata), ricomprendenti non solo i premi e le commissioni (ad esclusione delle retribuzioni) concesse alla rete di vendita della Telefónica per ogni nuovo abbonato, bensì parimenti lo sviluppo della struttura commerciale della medesima, tenuto conto che tale espansione è stata possibile grazie alla sua attività nel campo della banda larga.

236    Quanto alla stima dei costi di commercializzazione, la Commissione ha affermato, ai punti 464‑473 della decisione impugnata, che la Telefónica aveva sottostimato i CMILT, avendo incluso solamente i premi e le commissioni concesse alla rete di vendita per ogni nuovo abbonato, ad esclusione di tutte le spese relative alla struttura commerciale della società. A parere della Commissione, ancorché la struttura commerciale della Telefónica ricada nei suoi costi generali, non si può affermare che essa presenterebbe le stesse dimensioni (in termini di dipendenti) qualora la società non offrisse servizi al dettaglio a banda larga (465 e 470 della decisione impugnata). Al punto 472 della decisione impugnata, la Commissione afferma che, se è pur vero che, ai fini di una stima ragionevole dei sovraccosti di commercializzazione, sarebbe stato possibile basarsi sull’effettiva destinazione del personale commerciale della Telefónica alla commercializzazione di servizi al dettaglio a banda larga, nella specie, la Telefónica, sottostima nettamente, per quanto attiene al fatturato di ognuna delle sue attività, i sovraccosti dell’attività al dettaglio a banda larga, cosa già censurata dalla CMT. Conseguentemente, la Commissione conclude, al punto 473 della decisione impugnata, che, nella specie, alla luce delle informazioni divulgate dalla Telefónica e tenuto conto del fatto che non esiste alcuno studio, peraltro richiesto dalla CMT, che analizzi l’attenzione rivolta dal personale commerciale ai singoli mercati al dettaglio della società, il calcolo dei costi di commercializzazione rispetto al fatturato doveva essere utilizzato quale dato approssimativo dei CMILT, che è favorevole alla sociétà.

237    In primis, dev’essere disatteso l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione non avrebbe dovuto stimare i CMILT di commercializzazione sulla base dei dati contabili della Telefónica, bensì avrebbe dovuto utilizzare fonti di dati alternative, quali i quadri di valutazione della Telefónica.

238    Come emerge dai punti 319 e 320 della decisione impugnata, i costi incrementativi a lungo termine di un prodotto corrispondono agli oneri specifici del prodotto sopportati dall’impresa a lungo termine connessi al volume totale di produzione del prodotto medesimo e, pertanto, ai costi che l’impresa avrebbe evitato a lungo termine qualora avesse deciso di rinunciare a tale produzione. La Commissione ha quindi rilevato che i costi incrementativi a lungo termine del prodotto dovevano comprendere non solo tutti i costi fissi e variabili direttamente connessi alla produzione del prodotto interessato, bensì anche una quota dei costi generali connessi a tale attività. Le ricorrenti non contestano tale rilievo. Ne consegue che i CMILT correttamente calcolati devono ricomprendere una quota dei costi connessi alla struttura commerciale della Telefónica che la società avrebbe evitato a lungo termine qualora non avesse fornito i servizi al dettaglio a banda larga.

239    Orbene, le ricorrenti non contestano che la stima dei CMILT di commercializzazione, quali contenuti nell’analisi degli utili e delle perdite dell’attività al dettaglio (Economics ADSL) (punto 407 della decisione impugnata) e nei quadri di valutazione (ADSL Scorecard) dell’attività a banda larga (punti 408‑410 della decisione impugnata), non include quali costi di commercializzazione [riservato], sottostimando, in tal modo, i CMILT del prodotto al dettaglio a banda larga della Telefónica. Se, è pur vero, le ricorrenti affermano che [riservato], si deve rilevare che questo [riservato], ragion per cui correttamente la Commissione ha ritenuto che i CMILT del prodotto al dettaglio a banda larga della Telefónica erano sottostimati.

240    Secondo, come correttamente rilevato dalla Commissione, l’approccio delle ricorrenti non è sostenibile nella specie, in quanto si risolve nel ritenere che i delegati commerciali non dedichino parte del loro tempo alla commercializzazione dei prodotti al dettaglio a banda larga della Telefónica. D’altronde, in una lettera del 1º aprile 2005 indirizzata alla Commissione, citata nella nota a pie’ di pagina n. 472 della decisione impugnata, la Telefónica stessa riconosce che era «evidente che il volume di spesa dei premi non esaur[iva] la voce rubricata “costi di commercializzazione”» e che «occorr[eva] aggiungere tutti i costi derivanti dalla struttura commerciale della TESAU (vale a dire, le spese relative al personale distinto da quello direttamente dedicato alla vendita nonché i costi di immobilizzazione, di struttura e di supporto) nella misura imputabile all’offerta ADSL al dettaglio».

241    A tal riguardo, devono essere disattesi gli argomenti delle ricorrenti secondo cui, da un lato, la struttura commerciale della Telefónica sarebbe rimasta stabile dopo l’ingresso dell’impresa sul mercato al dettaglio a banda larga e, dall’altro, il personale della Telefónica rappresenterebbe un costo fisso, difficilmente adattabile in considerazione della rigidità del mercato del lavoro.

242    Infatti, come rilevato dalla Commissione al punto 468 della decisione impugnata, il fatto che la Telefónica non abbia aumentato il proprio personale commerciale successivamente al 1999 non implica che parte della struttura commerciale della Telefónica non possa essere direttamente ricollegata all’attività al dettaglio a banda larga della società. Come indicato dalla Commissione al punto 469 della decisione impugnata, a prescindere dalla pretesa rigidità del mercato del lavoro in Spagna, è probabile che le dimensioni della struttura commerciale della Telefónica non sarebbero state mantenute qualora l’impresa non avesse offerto i propri prodotti a banda larga al dettaglio, atteso che i ricavi generati dalle attività tradizionali (vocali e abbonamenti) erano diminuiti tra il 2002 ed il 2006 (punto 466 della decisione impugnata). Si deve d’altronde rilevare, così come ha fatto la Commissione (al punto 466 della decisione impugnata, in fine), che la forza commerciale della TESAU è principalmente rivolta alla crescita dell’attività a banda larga, cosa che le ricorrenti non contestano. In tal senso, la Telefónica stessa ha osservato che la crescita del gruppo sarebbe alimentata dalla banda larga. Inoltre, i ricavi generati dai servizi a banda larga sono considerevolmente aumentati nel periodo compreso tra il 2002 e il 2006, mentre i ricavi generati dalle attività tradizionali sono diminuiti nello stesso periodo (punti 466 e 467 della decisione impugnata).

243    Inoltre, dagli atti emerge che la Telefónica, tra il 1999 ed il 2006, ha diminuito in misura significativa il numero dei propri dipendenti (avendo la Telefónica stessa ridotto, nel periodo tra il 2003 ed il 2006, il proprio personale in ragione di circa 14 000 unità), pur conservando un personale commerciale relativamente stabile, e che la percentuale di personale destinata a funzioni commerciali è passata dal [riservato] del 2001 al [riservato] del 2006.

244    Considerato che non esistevano stime affidabili della effettiva destinazione del personale commerciale della Telefónica alla commercializzazione di prodotti al dettaglio a banda larga, in termini di somma complessiva stanziata per la commercializzazione rispetto al tempo destinato dal personale commerciale a tale attività (punti 472 e 473 della decisione impugnata), la Commissione non è andata oltre i limiti della propria discrezionalità laddove ha considerato quale approssimazione ragionevole dei CMILT di commercializzazione la quota dei costi che la Telefónica stessa imputava all’attività al dettaglio a banda larga [riservato] nella propria contabilità del 2005. Si deve infatti rilevare, a tal riguardo, che il criterio di imputazione utilizzato dalla Telefónica sino al 2004 era stato ritenuto inadeguato dal CMT, in quanto non si basava sull’imputazione del costo totale di commercializzazione al pro rata di tempo destinato dal personale commerciale ai prodotti al dettaglio a banda larga.

245    In secondo luogo, le ricorrenti deducono che la Commissione ha sottostimato la longevità media della clientela della Telefónica.

246    Si deve ricordare, in limine, che, nella decisione impugnata, la Commissione ha fatto presente che era stata operata una serie di aggiustamenti dei costi della Telefónica al fine di fornire una misura adeguata, per quanto attiene al test della compressione dei margini, dell’equilibrio economico dei servizi ADSL al dettaglio della Telefónica. Essa ha quindi sottolineato che, sul mercato al dettaglio, i costi di acquisizione di nuovi clienti rappresentavano una parte importante di spese soggetta a rapido ammortamento e fonte di ricavi ulteriori a lungo termine. L’istituzione ha pertanto operato aggiustamenti sui conti della Telefónica ammortizzando i costi di acquisizione di nuovi abbonati su un periodo adeguato (punto 474 della decisione impugnata). Nella decisione impugnata, la Commissione ha stimato, a tal riguardo, che il periodo idoneo per ammortizzare i costi di acquisizione degli abbonati della Telefónica, ai fini della specie, [riservato] anni, durata che costituisce il periodo massimo utilizzato dalle autorità nazionali della concorrenza e dalle ARN, ivi compresa la CMT, e di durata maggiore rispetto ai tempi previsti dalla Telefónica nel suo piano commerciale ai fini del recupero di tali costi. La Commissione non ha dunque utilizzato la longevità media della clientela della Telefónica, proposta da quest’ultima, per i motivi esposti ai punti 476‑485 della decisione impugnata.

247    Primo, le ricorrenti deducono che la Commissione non ha spiegato i motivi per i quali il periodo di ammortamento assunto da talune ARN e autorità in materia di concorrenza è maggiormente pertinente rispetto alle stime assunte nella decisione della Commissione 16 luglio 2003 (caso COMP/38.233 — Wanadoo Interactive), tenuto conto del fatto che la durata massima utilizzata da talune autorità nazionali, in particolare dall’autorità francese, sarebbe di [riservato] anni partendo dalla longevità media degli abbonati (punto 488 della decisione impugnata). Tale argomento dev’essere tuttavia respinto, atteso che la Commissione ha chiaramente spiegato i motivi di tale scelta ai punti 486‑489 della decisione impugnata.

248    Secondo, a parere delle ricorrenti, la Commissione non avrebbe analizzato i piani commerciali della Telefónica in misura adeguata, in considerazione del fatto che tale analisi dimostrerebbe come le ipotesi sottese a tali piani si baserebbero su stime del valore creato per [riservato]. Interrogate all’udienza in merito alla portata e al senso di tale affermazione, le ricorrenti hanno dichiarato, sostanzialmente, che la Commissione, nel non assumere la longevità media reale degli abbonati della Telefónica, che sarebbe, a loro parere, di [riservato], si sarebbe fondata su un’errata interpretazione dei piani commerciali della Telefónica stessa. Il loro argomento non dovrebbe essere tuttavia inteso come diretto a dimostrare una longevità media degli abbonati della Telefónica di [riservato] anni.

249    A tal riguardo, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti, in quanto fondato su una premessa erronea. Come emerge dai punti 477‑489 della decisione impugnata, la Commissione ha respinto i dati relativi alla longevità media reale dei clienti della Telefónica in ragione del fatto, primo, che la durata di vita media degli abbonati della Telefónica era molto probabilmente superiore a quella che dovrebbe essere in un mercato concorrenziale, secondo, che la durata di vita proposta dalla Telefónica risultava in contraddizione con le affermazioni della medesima secondo cui il mercato al dettaglio sarebbe caratterizzato da costi relativamente bassi per cambiare fornitore e secondo cui il tasso di rinnovamento degli abbonati («churn rate») sarebbe del [riservato]% al mese, il che corrisponderebbe ad una durata di vita di [riservato] anni, terzo, che la formula della Telefónica non poteva trovare applicazione in un mercato in fieri, quarto, che la durata assunta dalla Commissione costituiva la durata massima assunta dalle autorità nazionali in materia di concorrenza. In tal senso, la Commissione non si è fondata sui piani commerciali della Telefónica per respingere la longevità media da questa proposta, ma si è limitata ad affermare, al punto 489 della decisione impugnata, che il periodo di ammortamento scelto infine era [riservato] rispetto a quello indicato nei piani medesimi e, conseguentemente, più favorevole alla Telefónica.

250    Terzo, le ricorrenti sostengono che l’ipotesi della Commissione non corrisponde alla realtà del comportamento dei clienti della Telefónica, atteso che la durata media degli abbonamenti della Telefónica è superiore a [riservato]. A tal riguardo, le ricorrenti si limitano ad affermare che l’applicazione delle tecniche statistiche correnti alla stima della longevità media della clientela consente di ottenere una cifra superiore a [riservato]. Tuttavia, tale argomento non è minimamente spiegato né sviluppato nelle memorie e costituisce oggetto di rinvio, generico, a dieci pagine di uno studio economico accluso in allegato. Tale argomento dev’essere quindi respinto.

251    Quarto, le ricorrenti deducono che la Commissione avrebbe potuto scegliere l’applicazione di un altro criterio di ammortamento. Tuttavia, esse si limitano ad evocare una possibilità, il che non è sufficiente a ritenere che la Commissione sia incorsa in un manifesto errore di valutazione nella scelta dei criteri di ammortamento. Tale argomento dev’essere quindi anch’esso respinto.

252    In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione abbia sovrastimato i costi di rete.

253    Primo, le ricorrenti deducono che la Commissione avrebbe calcolato erroneamente il valore netto contabile dell’investimento, il quale si ripercuoterebbe sul calcolo del costo del capitale di rete IP della Telefónica. Nel controricorso la Commissione ha riconosciuto l’errore di calcolo dedotto dalla Telefónica. Essa afferma, tuttavia, che tale errore non incide minimamente sul calcolo della compressione dei margini a livello del prodotto all’ingrosso nazionale, che non modifica minimamente i risultati dell’analisi degli FTA e che presenta, quanto all’analisi «periodo par periodo», solamente un’incidenza limitata che resta irrilevante quanto all’accertamento della sussistenza di una compressione dei margini a livello del prodotto all’ingrosso regionale. Nella replica le ricorrenti non fanno più valere argomenti relativi al calcolo, da parte della Commissione, del valore netto contabile dell’investimento. Esse hanno tuttavia confermato, all’udienza, che la rettifica dell’errore della Commissione non incideva sull’esito del ricorso. Non vi è quindi più motivo per procedere all’esame di tale argomento.

254    Secondo, le ricorrenti deducono che la Commissione ha applicato un costo medio ponderato di capitale (WACC) eccessivo e costante su tutto il periodo esaminato.

255    Si deve ricordare che il costo del capitale costituisce il prezzo stimato che l’impresa deve versare per raccogliere il capitale impiegato, il quale riflette parimenti la remunerazione attesa dagli investitori per investire nelle attività dell’impresa (punto 383 della decisione impugnata). Al punto 447 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato che il costo del capitale viene calcolato in base al WACC utilizzato dalla CMT nell’ambito della regolamentazione del settore della banda larga della TESAU e anticipato dalla Telefónica stessa, secondo cui i costi del settore ADSL avrebbero presentato un rischio maggiore rispetto ad altri settori. Il WACC è stato quindi fissato, nella decisione impugnata, al [riservato]%. Tale WACC è parimenti quello utilizzato dalla Telefónica nella sua risposta alla comunicazione degli addebiti (punti 384, 385, 447 e 451 della decisione impugnata).

256    Anzitutto, le ricorrenti sostengono, sostanzialmente, che il WACC ufficiale, approvato dal CMT, non ha mai superato il [riservato]%. Inoltre, il WACC medio utilizzato dalla Telefónica nel suo piano commerciale relativo al periodo 2002‑2011 sarebbe del [riservato]%. Tali argomenti non possono tuttavia trovare accoglimento, considerato che la Commissione ha spiegato, nelle proprie memorie, senza essere contraddetta al riguardo ex adverso, che il WACC cui la Telefónica fa riferimento corrisponde ad un WACC medio, calcolato non solo per le attività a banda larga all’ingrosso e al dettaglio della Telefónica, bensì anche per le sue attività di telefonia fissa. Inoltre, emerge dagli atti che la Telefónica stessa ha ritenuto che il WACC per l’attività a banda larga al dettaglio sia molto più elevato (il [riservato]%) del WACC medio relativo all’attività complessiva della TESAU. Parimenti, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui i tassi di remunerazione del capitale approvati dalle autorità di regolamentazione o dagli analisti nella valutazione delle imprese relativi alla fornitura di servizi a banda larga non raggiungerebbero l’aliquota assunta della Commissione nella decisione impugnata, atteso che tali tassi di remunerazione non riguardano specificamente le attività a banda larga all’ingrosso e al dettaglio delle imprese medesime.

257    Secondo le ricorrenti, poi, la CMT non avrebbe mai riconosciuto alla Telefónica un tasso di remunerazione superiore per il mercato a banda larga rispetto alle altre attività. Nemmeno tale argomento può essere accolto. Infatti, il WACC utilizzato nella decisione impugnata, utilizzato dalla CMT nel suo modello «retail minus», è il WACC relativo all’attività a banda larga a valle della TESAU, cosa confermata dalla CMT in risposta ad una richiesta di informazioni della Commissione del 18 novembre 2004. Da tale risposta emerge che la CMT ha operato una distinzione tra, da un lato, il WACC utilizzato nel calcolo dei prezzi del servizio di accesso indiretto basato sui costi (del [riservato]%) e, dall’altro, il WACC utilizzato ai fini del calcolo dei prezzi all’ingrosso fissati secondo il modello «retail minus» (del [riservato]%). Inoltre, le ricorrenti riconoscono che la Telefónica stessa ha utilizzato un WACC del [riservato]% nella propria risposta alla comunicazione degli addebiti.

258    Le ricorrenti affermano, infine, che le loro deduzioni relative al WACC formulate nell’ambito dell’offerta di accesso alla rete di abbonamento nel 2002 non giustificherebbero la loro utilizzazione durante tutto il periodo esaminato, atteso che tale offerta sarebbe stata formulata in un momento in cui la Telefónica effettuava importanti investimenti in condizioni di massima incertezza tecnologia e di richiesta di sviluppo a banda larga. Tuttavia, come rilevato dalla Commissione, senza essere contraddetta al riguardo ex adverso all’udienza, quando tale offerta è stata formulata dalla Telefónica nel 2002, l’attività della medesima a banda larga era già redditizia.

259    In quarto luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione ha contabilizzato due volte più voci di costo [vale a dire, i costi non ricorrenti della piattaforma FAI (fornitore d’accesso a Internet) e i costi degli studi di mercato ADSL] e che le voci di costo risultano frequentemente incoerenti nel tempo.

260    Da un lato, per quanto attiene alla doppia contabilizzazione di talune voci di costo, le ricorrenti sostengono che i costi di acquisizione della piattaforma FAI riportati nella tabella 29 della decisione impugnata figurano già nella voce corrispondente ai costi ricorrenti della piattaforma stessa, riportati nella tabella 27 della decisione impugnata. Peraltro, i costi indicati nella voce «Osservazione del mercato» sarebbero stati parimenti contabilizzati due volte.

261    A tal riguardo, si deve necessariamente rilevare che i dati contestati, contenuti nelle tabelle 27 e 29 della decisione impugnata, sono conformi ai dati comunicati dalle ricorrenti stesse alla Commissione nella loro risposta alla comunicazione degli addebiti.

262    Si deve peraltro rilevare che, nel ricorso, le ricorrenti si limitano a sostenere che la Commissione ha erroneamente stimato i costi della Telefónica ricorrendo a fonti incoerenti e rinviando a quattro pagine di un allegato. Nella replica, esse osservano di non poter fare altro che affidarsi alle spiegazioni sui costi fornite nel ricorso e rinviano parimenti a tre pagine di un allegato ad esso accluso. Si deve sottolineare che, nelle loro memorie, le ricorrenti non forniscono alcuna spiegazione relativa a tale pretesa doppia contabilizzazione. Dal canto suo, la Commissione fa presente che i costi riportati nella tabella 27 sono costi ricorrenti, mentre quelli riportati nella tabella 29 sono costi non ricorrenti. Interrogate a tal riguardo all’udienza, le ricorrenti hanno sostenuto che la Commissione avrebbe utilizzato dati provenienti dai quadri di valutazione della Telefónica, i quali non farebbero distinzione tra costi ricorrenti e costi non ricorrenti nella specie. Tuttavia, i documenti versati agli atti del Tribunale cui le ricorrenti hanno fatto espresso richiamo all’udienza al fine di avvalorare la loro posizione provengono dal documento «Economics ADSL», che costituisce l’analisi effettuata dalla Telefónica delle perdite e dei ricavi della propria attività al dettaglio. Orbene, dal punto 407 della decisione impugnata, non contestato dalle ricorrenti, risulta espressamente che tale documento costituisce un’analisi «basata sulla valutazione propria [della Telefónica] dei costi incrementativi delle spese esterne alla rete (costi di acquisizione di abbonati e canoni ricorrenti dei FAI)» e che, conseguentemente, i costi della piattaforma FAI indicati in tale studio non includono i costi non ricorrenti. Quanto alla pretesa doppia contabilizzazione dei costi ricorrenti di «osservazione del mercato», di cui alla tabella 27 della decisione impugnata, che sarebbero già compresi negli altri costi di produzione, contenuti nella stessa tabella, si deve rilevare che tale affermazione non è minimamente provata. L’argomento delle ricorrenti non può quindi trovare accoglimento.

263    Dall’altro lato, per quanto attiene all’argomento secondo cui le voci di costo sarebbero incoerenti nel tempo, si deve rilevare che la Telefónica non ha fornito i propri costi unitari per il 2001 malgrado le richieste formulate dalla Commissione in tal senso (nota a piè di pagina n. 464 della decisione impugnata). Conseguentemente, la Commissione non è incorsa in alcun manifesto errore di valutazione nella determinazione dei costi della Telefónica per l’anno 2001 a partire dai dati contabili in suo possesso ovvero, in difetto, sulla base delle stime contenute nel documento intitolato «Economics ADSL», ovvero nei quadri di valutazione dell’interessata. Le ricorrenti non hanno d’altronde contestato tale approccio nella risposta alla comunicazione degli addebiti ovvero nella lettera di esposizione dei fatti. Il loro argomento non può quindi essere accolto.

264    Alla luce delle suesposte considerazioni, la terza censura nell’ambito del primo capo del quinto motivo dev’essere respinta in toto senza che occorra pronunciarsi sull’incidenza, quanto alla compressione dei margini, degli asseriti errori.

265    Il primo capo del quinto motivo dev’essere quindi respinto in toto.

 Sul secondo capo del quinto motivo, relativo al fatto che la Commissione non avrebbe validamente dimostrato gli effetti probabili o concreti del comportamento esaminato

266    Con tale capo le ricorrenti deducono che la Commissione non ha validamente dimostrato gli effetti probabili o concreti della condotta della Telefónica.

267    Conformemente alla giurisprudenza richiamata supra al punto 170, l’articolo 82, nel vietare lo sfruttamento abusivo di una posizione dominante sul mercato, laddove ciò possa incidere sul commercio tra Stati membri, riguarda i comportamenti di un’impresa in posizione dominante i quali — su un mercato in cui, proprio in conseguenza della presenza dell’impresa in questione, il livello della concorrenza sia già indebolito — abbiano l’effetto di ostacolare, mediante il ricorso a mezzi diversi da quelli che reggono una normale competizione tra prodotti o servizi in base alle prestazioni degli operatori economici, il mantenimento del livello di concorrenza ancora esistente sul mercato o lo sviluppo di tale concorrenza.

268    Gli effetti menzionati dalla giurisprudenza richiamata al punto precedente non riguardano necessariamente gli effetti concreti del comportamento abusivo denunciato. Ai fini dell’accertamento della violazione dell’articolo 82 CE, è sufficiente dimostrare che il comportamento abusivo dell’impresa in posizione dominante sia inteso a restringere la concorrenza o, in altre parole, che il comportamento sia tale o suscettibile di produrre un effetto di tal genere (sentenze del Tribunale del 30 settembre 2003, Michelin/Commissione, T‑203/01, Racc. pag. II‑4071, punto 239; del 17 dicembre 2003, British Airways/Commissione, T‑219/99, Racc. pag. II‑5917, punto 293, e Microsoft/Commissione, punto 58 supra, punto 867). In tal senso, l’effetto anticoncorrenziale della pratica tariffaria di cui trattasi sul mercato deve sussistere, ma non deve essere necessariamente concreto, in quanto è sufficiente la dimostrazione di un effetto anticoncorrenziale potenziale idoneo a precludere l’accesso al mercato a concorrenti di efficienza quanto meno pari all’impresa in posizione dominante (sentenza TeliaSonera, punto 146 supra, punto 64).

269    Dalla giurisprudenza della Corte risulta altresì che, per stabilire se l’impresa che occupa una posizione dominante abbia sfruttato in modo abusivo tale posizione con l’applicazione delle sue pratiche tariffarie, occorre valutare l’insieme delle circostanze ed esaminare se tale pratica sia intesa a togliere o a restringere all’acquirente le possibilità di scelta per quanto riguarda le fonti di approvvigionamento, a precludere l’accesso del mercato ai concorrenti, ad applicare a controparti commerciali condizioni diseguali per prestazioni equivalenti procurando, in tal modo, uno svantaggio concorrenziale o a rafforzare la posizione dominante mediante una concorrenza falsata (v. sentenze del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punto 175, e TeliaSonera, punto 146 supra, punto 28, e giurisprudenza ivi richiamata).

270    Poiché l’articolo 82 CE riguarda, pertanto, non solo le pratiche suscettibili di provocare un danno immediato ai consumatori, bensì anche quelle che li danneggino pregiudicando la sussistenza della concorrenza, è all’impresa che detiene una posizione dominante che incombe la particolare responsabilità di non pregiudicare, con il suo comportamento, una concorrenza effettiva e leale all’interno del mercato comune (v. sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punto 176, e giurisprudenza ivi richiamata).

271    Ne consegue che l’articolo 82 CE vieta, in particolare, a un’impresa in posizione dominante di porre in essere pratiche tariffarie che producano effetti preclusivi per i concorrenti, attuali o potenziali, di efficienza quanto meno pari alla propria, vale a dire pratiche in grado di rendere più difficile, se non impossibile, a questi ultimi l’accesso al mercato nonché tali da rendere più difficile, se non impossibile, ai suoi contraenti, la scelta tra differenti fonti di approvvigionamento o controparti commerciali, rafforzando, in tal modo, la propria posizione dominante mediante il ricorso a strumenti diversi da quelli esistenti in una concorrenza fondata sui meriti. Ciò premesso, qualsiasi concorrenza fondata sui prezzi non può essere considerata legittima (v. sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punto 177, e giurisprudenza ivi richiamata).

272    In primis, alla luce delle suesposte considerazioni, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui, in considerazione del lasso di tempo intercorso tra l’inizio della condotta incriminata e l’adozione della decisione impugnata, non sarebbe stato opportuno effettuare un test dei probabili effetti, atteso che la Commissione ha avuto a disposizione il tempo necessario per dimostrare che i pretesi effetti anticoncorrenziali connessi alla condotta de qua si sono materializzati. Tale argomento non trova, del resto, alcun fondamento nella giurisprudenza.

273    Secondo, dev’essere disatteso l’argomento delle ricorrenti basato sulla sentenza del Tribunale del 25 ottobre 2002, Tetra Laval/Commissione, T‑5/02 (Racc. pag. II‑4381, punto 153), secondo cui, pur fondandosi sull’analisi degli effetti probabili, la Commissione avrebbe dovuto dimostrare che il comportamento della Telefónica avrebbe prodotto, «con tutta probabilità», effetti negativi sulla concorrenza nonché sui consumatori. Infatti, tale sentenza è stata pronunciata in una causa relativa al controllo delle concentrazioni, in cui il Tribunale ha ritenuto che la Commissione, nell’ambito di un’analisi prospettica, dovesse vietare un’operazione di concentrazione di tipo conglomerato qualora essa fosse «in grado di concludere, in ragione degli effetti di conglomerato da essa constatati, che una posizione dominante sia, con ogni probabilità, creata o rafforzata in un futuro relativamente vicino ostacolando in modo significativo la concorrenza effettiva sul mercato interessato». In tal senso, come rilevato dalla Corte nella sentenza Commissione/Tetra Laval, citata supra al punto 71 (punti 42 e 43), un’analisi prospettica della creazione o del rafforzamento di una posizione dominante, come quelle indispensabili in materia di controllo delle concentrazioni, dev’essere effettuata con notevole attenzione, dal momento che non si tratta di analizzare eventi del passato, relativamente ai quali si dispone spesso di numerosi elementi che consentono di comprenderne le cause. Orbene, tale situazione non è comparabile al caso di specie.

274    Terzo, alla luce della giurisprudenza richiamata supra al punto 268, occorre verificare l’affermazione delle ricorrenti secondo cui i rilievi della Commissione relativi ai probabili effetti della condotta della Telefónica sarebbero puramente teorici e non sarebbero dimostrati.

275    A tal riguardo, si deve rilevare che gli effetti probabili della condotta della Telefónica sono stati esaminati ai punti 545‑563 della decisione impugnata. Da un lato, la Commissione ha ivi rilevato che essi avevano probabilmente limitato la capacità degli operatori ADSL di crescere durevolmente sul mercato al dettaglio. Anzitutto, per fondare tale conclusione, l’istituzione si è richiamata al fatto che gli operatori ADSL hanno dovuto praticare prezzi inferiori ai prezzi al dettaglio della Telefónica al fine di acquisire clientela. Essa ha sottolineato che ne sono derivate perdite non recuperabili su una durata ragionevole in un mercato concorrenziale (punto 546 della decisione impugnata). La Commissione si è fondata a tal riguardo, in particolare, sui rilievi operati ai punti 251‑253 della decisione impugnata. Inoltre, riferendosi ai rilievi effettuati ai punti 223‑242 della decisione impugnata, la Commissione ha osservato, segnatamente, che i concorrenti ADSL sul mercato al dettaglio non disponevano di un input alternativo redditizio. L’istituzione si è quindi richiamata al rapporto di dipendenza degli operatori alternativi rispetto al prodotto all’ingrosso della Telefónica (punti 547 e 548 della decisione impugnata). Pertanto, essa ha ritenuto che il comportamento della Telefónica avesse probabilmente reso difficile il mantenimento continuo di una presenza sul mercato di concorrenti di pari efficienza e che la Telefónica era stata in grado, per effetto del proprio comportamento, di costringere gli operatori alternativi a ricercare un equilibrio tra la loro redditività e la crescita della loro quota di mercato, limitando in tal modo la pressione concorrenziale su di essa esercitata (punti 549‑552 della decisione impugnata). Dall’altro lato, la Commissione ha considerato che il comportamento della Telefónica avesse probabilmente arrecato pregiudizio ai consumatori finali, atteso che la concorrenza, ristretta per effetto della compressione dei margini, avrebbe potuto far scendere i prezzi al dettaglio (punti 556‑559 della decisione impugnata).

276    I rilievi della Commissione di cui ai punti 545‑563 della decisione impugnata non possono essere considerati quali «puramente teorici» o insufficientemente dimostrati. Al contrario, essi provano in misura sufficiente gli eventuali ostacoli che le pratiche tariffarie della Telefónica hanno potuto causare con riguardo al livello di concorrenza sul mercato al dettaglio. In tal modo, senza incorrere in manifesti errori di valutazione, la Commissione ha concluso che la condotta della Telefónica aveva probabilmente rafforzato le barriere all’ingresso e all’espansione su tale mercato che, in assenza di distorsioni risultanti dalla compressione dei margini, la concorrenza sarebbe probabilmente stata più viva sul mercato al dettaglio, cosa che avrebbe giovato ai consumatori in termini di prezzi, di scelta e di innovazioni.

277    Gli argomenti dedotti dalle ricorrenti volti a rimettere in discussione tale conclusione non possono, quindi, trovare accoglimento.

278    Dev’essere pertanto respinto l’argomento delle ricorrenti secondo cui il test di compressione dei margini utilizzato dalla Commissione sarebbe estraneo ai criteri che presiedono alle decisioni strategiche degli operatori alternativi sul mercato al dettaglio.

279    Da un lato, per quanto attiene all’argomento secondo cui un concorrente di efficienza quantomeno pari alla Telefónica non adotterebbe le proprie decisioni strategiche in funzione della sola durata di vita dei propri attivi, bensì parimenti in funzione del periodo necessario per rendere redditizio l’investimento in nuove infrastrutture ed attirare la propria clientela, si deve rilevare, così come ha fatto la Commissione, che la prova degli effetti anticoncorrenziali dell’abuso si fonda, in ampia misura, sulla tendenza della pratica volta ad aumentare i costi d’ingresso dei concorrenti e a ritardare le loro prospettive di redditività, rendendo appunto più difficile la costituzione di un portafoglio di clienti tale da giustificare lo sviluppo di una propria infrastruttura. Orbene, tale situazione ha necessariamente influenzato le decisioni strategiche, il comportamento sul mercato e i risultati dei concorrenti della Telefónica e dei nuovi entranti potenziali.

280    Dall’altro lato, devono essere disattesi gli argomenti delle ricorrenti volti a dimostrare che l’analisi della Commissione ignorerebbe il fatto che i concorrenti della Telefónica avrebbero accesso a strategie concorrenziali come quella di penetrare il mercato al dettaglio sulla base di proprie infrastrutture o mediante una combinazione delle proprie infrastrutture e di quella della Telefónica, o, ancora, conducendo una concorrenza aggressiva che consenta loro di avanzare progressivamente sulla scala degli investimenti. Anzitutto, per quanto attiene all’argomento delle ricorrenti secondo cui un operatore alternativo ottimizzerebbe i propri investimenti realizzando la propria infrastruttura solamente nelle zone geografiche redditizie, si deve rilevare che, in tale ipotesi, un operatore sarebbe costretto a sostenere perdite in talune zone geografiche del territorio spagnolo con i ricavi ottenuti in altre zone. Inoltre, l’argomento secondo cui gli investimenti effettuati dagli operatori alternativi nelle proprie reti non sarebbero così rilevanti, tanto più che gli interessati utilizzerebbero una combinazione ottimale di prodotti all’ingrosso, dev’essere parimenti respinto. Infatti, come ricordato supra al punto 117, lo sviluppo di infrastrutture proprie implica costi considerevoli. Peraltro, come rilevato supra al punto 130, l’utilizzazione di una combinazione di prodotti all’ingrosso non si è verificata. Infine, l’argomento secondo cui la teoria della scala degli investimenti non esigerebbe l’accessibilità a tutti i gradini deve essere disatteso per i motivi già esposti supra al 196.

281    Inoltre, deve essere respinta l’affermazione secondo cui la Commissione avrebbe ignorato, nella decisione impugnata, la pressione concorrenziale degli operatori via cavo sul mercato al dettaglio. Infatti, la Commissione ha esaminato tale fenomeno non solo nel capitolo della decisione impugnata relativo agli effetti probabili della condotta della Telefónica (punti 559 e 560 della decisione impugnata), bensì anche ai punti 268‑276 della decisione medesima, relativi alla definizione del mercato al dettaglio.

282    Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve concludere che, ai punti 545‑563 della decisione impugnata, la Commissione ha sufficientemente provato l’esistenza di eventuali ostacoli che le pratiche tariffarie della Telefónica hanno potuto causare allo sviluppo dell’offerta sul mercato al dettaglio e, conseguentemente, sul grado di concorrenza nel medesimo.

283    Dal momento che, ai fini dell’accertamento di una violazione dell’articolo 82 CE, è sufficiente dimostrare che il comportamento abusivo ha ristretto la concorrenza (v. supra punto 268) e che, secondo consolidata giurisprudenza, nella misura in cui taluni motivi di una decisione sono di per sé idonei a giustificarla, i vizi di cui potrebbero essere affetti altri motivi dell’atto sono comunque ininfluenti sul suo dispositivo (sentenza del Tribunale del 21 settembre 2005, EDP/Commissione, T‑87/05, Racc. pag. II‑3745, punto 144; v. parimenti, in tal senso, sentenza della Corte del 12 luglio 2001, Commissione e Francia/TF1, C‑302/99 P e C‑308/99 P, Racc. pag. I‑5603, punti 26‑29), le affermazioni della Telefónica circa l’assenza di prova degli effetti concreti della condotta della Telefónica sul mercato devono essere respinte in quanto inoperanti nell’ambito dell’accertamento dell’asserita infrazione.

284    Ne consegue che il secondo capo del quinto motivo deve essere respinto.

285    Il quinto motivo deve essere pertanto respinto in toto.

g)     Sul sesto motivo, relativo all’applicazione ultra vires dell’articolo 82 CE e alla violazione dei principi di sussidiarietà, di proporzionalità, di certezza del diritto, di leale cooperazione e di corretta amministrazione

286    Tale motivo si articola su tre capi. Il primo capo attiene all’applicazione ultra vires dell’articolo 82 CE. Il secondo capo, dedotto in subordine, attiene alla violazione dei principi di sussidiarietà, di proporzionalità e di certezza del diritto. Infine, il terzo capo attiene alla violazione dei principi di leale cooperazione e di corretta amministrazione.

 Sul primo capo del sesto motivo, relativo all’applicazione ultra vires dell’articolo 82 CE

287    Nell’ambito di tale capo le ricorrenti deducono che la Commissione, adottando la decisione impugnata, ha operato un’applicazione ultra vires dell’articolo 82 CE.

288    Per quanto riguarda la ricevibilità di tale capo, contestata dalla Commissione, si deve rilevare che dal testo del ricorso emerge che gli argomenti delle ricorrenti, dedotti nell’ambito del capo medesimo, sono volti a dimostrare che la Commissione avrebbe applicato l’articolo 82 CE al di là dei poteri conferitile nel settore della concorrenza. Inoltre, nella replica le ricorrenti hanno affermato che, contrariamente a quanto suggerito dalla Commissione, esse non invocano alcuno sviamento di potere. Il capo in esame, considerato che esso è volto a dimostrare che la Commissione sarebbe andata, nella specie, al di là delle proprie competenze, dev’essere quindi dichiarato ricevibile.

289    Quanto alla fondatezza di tale capo, in limine, dev’essere disatteso l’argomento delle ricorrenti, fondato sulle considerazioni già svolte nell’ambito del quarto motivo, secondo cui la Commissione avrebbe ignorato i criteri giuridici applicabili all’articolo 82 CE, tenuto conto del fatto che tale argomento, che in ogni caso non è volto a dimostrare che la Commissione sarebbe andata oltre le proprie competenze, è infondato (v. supra punti 169‑197). Inoltre, il fatto che il comportamento abusivo si sia verificato su un mercato qualificato dalle ricorrenti come mercato «strumentale», vale a dire su un mercato «creato a fini di regolamentazione», è privo di pertinenza ai fini dell’applicazione dell’articolo 82 CE, atteso che il diritto della concorrenza si applica parimenti a tali mercati (v., in tal senso, sentenze della Corte del 13 novembre 1975, General Motors Continental/Commissione, 26/75, Racc. pag. 1367, punti 4‑10, e dell’11 novembre 1986, British Leyland/Commissione, 226/84, Racc. pag. 3263, punto 5).

290    Secondo, per quanto attiene all’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione, nella propria valutazione del comportamento della Telefónica nella decisione impugnata, avrebbe invaso la sfera di competenza delle ARN e si sarebbe riferita a nozioni di carattere regolamentare, come quella di «scala degli investimenti», si deve rilevare che le ricorrenti si limitano ad affermare che tale nozione, la cui utilizzazione nell’ambito di applicazione dell’articolo 82 CE sarebbe priva di qualsiasi fondamento, non riflette l’evoluzione del mercato spagnolo, né l’evoluzione della strategia concorrenziale degli operatori alternativi. Orbene, se le ricorrenti affermano che tale nozione di carattere regolamentare non ricadrebbe nella sfera del diritto della concorrenza, esse non spiegano i motivi per i quali l’utilizzazione, da parte della Commissione, di tale nozione economica al fine di descrivere l’evoluzione del mercato spagnolo della banda larga successivamente alla liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni, dimostrerebbe che la Commissione avrebbe ecceduto i propri poteri ovvero avrebbe applicato l’articolo 82 CE «a fini regolamentari», ragion per cui tale affermazione delle ricorrenti non può trovare accoglimento. D’altronde, come emerge dal punto 180 della decisione impugnata, la Telefónica stessa si è riferita, in una lettera alla Commissione del 2 marzo 2005, alla nozione di «scala degli investimenti» per descrivere l’evoluzione del mercato spagnolo di Internet dal 2001 in poi, confermando che «il mercato spagnolo a banda larga si [è sviluppato] secondo il ritmo sperato nella “scala degli investimenti”». Laddove le ricorrenti sostengono che il ricorso a tale nozione avrebbe indotto la Commissione ad ignorare che gli operatori alternativi utilizzerebbero una combinazione ottimale di prodotti all’ingrosso ovvero che, come dimostrerebbe l’esempio della Jazztel, essi hanno potuto e possono realizzare investimenti rilevanti senza disporre di un portafoglio significativo di clienti, tale argomento, il quale non è nemmeno diretto a dimostrare che la Commissione sarebbe andata oltre i propri poteri, dev’essere respinto per i motivi esposti supra ai punti 120 e 201‑211.

291    Terzo, per quanto attiene all’argomento, dedotto nella replica, secondo cui la Commissione avrebbe disposto di uno strumento d’intervento formale ad hoc risultante dall’articolo 7 della direttiva «quadro» tale da consentirle di intervenire in una situazione come quella oggetto della specie, e senza che occorra pronunciarsi sulla ricevibilità dell’argomento medesimo, contestata dalla Commissione, si deve necessariamente constatare che esso non è fondato.

292    Occorre sottolineare che la direttiva «quadro» istituisce, a termini del suo articolo 1, paragrafo 1, «un quadro normativo armonizzato per la disciplina dei servizi di comunicazione elettronica, delle reti di comunicazione elettronica e delle risorse e servizi correlati, definisce le funzioni delle [ARN] e istituisce le procedure atte a garantire l’applicazione armonizzata del quadro normativo nella Comunità». Si deve parimenti rilevare che il legislatore dell’Unione ha inteso attribuire alle ARN un ruolo centrale al fine di raggiungere gli obiettivi previsti dalla direttiva «quadro», come è dimostrato dal ricorso allo strumento giuridico della direttiva, di cui gli Stati membri sono unici destinatari, dalla struttura della direttiva medesima, che contiene, segnatamente, due sezioni rubricate, rispettivamente, «[ARN]» (Capo II: articoli 3‑7) e «Funzioni delle [ARN]» (Capo III: articoli 8‑13) nonché dalle specifiche competenze attribuite alle ARN. A tal riguardo, l’articolo 7 della direttiva «quadro» descrive la partecipazione della Commissione e delle ARN alla procedura di consolidamento del mercato interno delle comunicazioni elettroniche e mira, conformemente a quanto affermato al considerando 15 della direttiva medesima, a «garantire che le decisioni prese a livello nazionale non incidano negativamente sul mercato unico o su altri obiettivi del trattato».

293    L’esistenza di tale strumento non incide, quindi, minimamente sulla competenza attribuita alla Commissione direttamente dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 17 e, dal 1º maggio 2004, dall’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, ai fini dell’accertamento delle infrazioni agli articoli 81 CE e 82 CE (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione, punto 69 supra, punto 263). In tal senso, le norme in materia di concorrenza previste dal Trattato CE completano, per effetto di un esercizio di controllo ex post, il contesto normativo adottato dal legislatore dell’Unione ai fini della regolamentazione ex ante dei mercati delle telecomunicazioni (sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punto 92).

294    Inoltre, le ricorrenti non possono affermare che, a termini dell’articolo 7 della direttiva «quadro», sarebbe spettato alla Commissione controllare le misure normative adottate dalla CMT. Infatti, come rilevato dalla Commissione nelle proprie memorie, solamente le misure adottate nel giugno del 2006, a seguito dell’attuazione da parte della CMT, della direttiva «quadro» e delle linee direttrici della Commissione per l’analisi del mercato e la valutazione del significativo potere di mercato ai sensi del nuovo quadro normativo per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (GU 2002, C 165, pag. 6) (in prosieguo, congiuntamente, il «quadro normativo del 2002»), sono state notificate alla Commissione secondo la procedura prevista da detto articolo.

295    Ne consegue che il primo capo del sesto motivo dev’essere respinto.

 Sul secondo capo del sesto motivo, relativo alla violazione dei principi di sussidiarietà, di proporzionalità e di certezza del diritto

296    Nell’ambito del secondo capo del presente motivo, le ricorrenti deducono che, anche ammesso che la Commissione potesse avvalersi dell’articolo 82 CE a fini normativi, quod non, il suo intervento nella presente controversia risulterebbe contrario ai principi di sussidiarietà, di proporzionalità e di certezza del diritto, in quanto essa si intrometterebbe senza motivo nell’esercizio dei motivi della CMT.

297    Si deve ricordare che il principio di sussidiarietà è enunciato all’articolo 5, secondo comma, CE, e concretizzato dal protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato al Trattato, a termini del quale la Comunità interviene soltanto se e nei limiti in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri, potendo essere dunque meglio realizzati, in considerazione delle dimensioni o degli effetti dell’azione prospettata, a livello comunitario. Detto protocollo stabilisce parimenti, al paragrafo 5, gli orientamenti per accertare se tali requisiti siano soddisfatti.

298    Il protocollo medesimo precisa inoltre, al paragrafo 3, che il principio di sussidiarietà non mette in discussione le competenze conferite alla Comunità dal Trattato, nell’interpretazione data dalla Corte. Pertanto, tale principio non mette in discussione le competenze conferite alla Commissione dal Trattato CE, tra le quali figura l’applicazione delle norme in materia di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno [articolo 3, paragrafo 1, lettera g), CE] sancite negli articoli 81 CE e 82 CE nonché attuate dal regolamento n. 17 e, dopo il 1º maggio 2004, dal regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza del Tribunale dell’8 marzo 2007, France Télécom/Commissione, T‑339/04, Racc. pag. II‑521, punti 88 e 89).

299    Alla luce dei rilievi esposti supra al punto 293, la Telefónica non poteva ignorare che il rispetto della normativa spagnola in materia di telecomunicazioni non la poneva al riparo da un intervento della Commissione ex articolo 82 CE, tanto più che vari strumenti giuridici del quadro normativo del 2002 riflettono la possibilità di procedure parallele dinanzi alle ARN e alle autorità in materia di concorrenza (v., a tal riguardo, articolo 15, paragrafo 1, della direttiva «quadro» e punti 28, 31 e 70 delle linee direttrici della Commissione per l’analisi del mercato e la valutazione del significativo potere di mercato ai sensi del nuovo quadro normativo per le reti e i servizi di comunicazione elettronica).

300    Ne consegue che le decisioni adottate dalle ARN sulla base del quadro normativo del 2002 non privano la Commissione del suo potere d’intervento in una fase ulteriore ai fini dell’applicazione dell’articolo 82 CE in virtù del regolamento n. 17, e, successivamente al 1º maggio 2004, del regolamento n. 1/2003. Inoltre, nessuna disposizione di tale quadro normativo impone alla Commissione di dimostrare l’esistenza di circostanze eccezionali per giustificare il proprio intervento in un caso di tal genere, come sostenuto dalle ricorrenti. Pertanto, dev’essere disatteso l’argomento delle ricorrenti secondo cui, sostanzialmente, né la Commissione né le autorità nazionali in materia di concorrenza dovrebbero esaminare, in base al diritto della concorrenza, comportamenti soggetti a misure normative aventi obiettivi analoghi.

301    In ogni caso, anzitutto, la CMT non è un’autorità in materia di concorrenza, bensì un’autorità di regolamentazione e non è mai intervenuta per assicurare il rispetto dell’articolo 82 CE, né ha adottato decisioni relative alle pratiche sanzionate dalla decisione impugnata (punti 678 e 683 della decisione impugnata). Anche ammesso che la CMT fosse stata tenuta ad esaminare la compatibilità delle pratiche della Telefónica con l’articolo 82 CE, tale circostanza non impedirebbe che un’infrazione ad essa imputata possa essere accertata dalla Commissione. Infatti, la Commissione non può essere vincolata da una decisione emanata da un’autorità nazionale in applicazione dell’articolo 82 CE (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione, punto 69 supra, punto 120).

302    Inoltre, la CMT ha più volte affermato di non disporre di talune informazioni richieste per poter procedere all’esame della compressione dei margini relativa ai prezzi della Telefónica per l’accesso, all’ingrosso e al dettaglio, alla banda larga a livello regionale (v., segnatamente, i punti 494, 495, 509 e 511 della decisione impugnata).

303    Infine, a termini del punto 494 della decisione impugnata, nemmeno il modello di costi utilizzato dalla CMT nelle proprie decisioni ex ante dirette alla verifica dell’assenza di compressione dei margini risulta adeguato ai fini dell’applicazione dell’articolo 82 CE, in quanto, da un lato, non si basa su stime recenti per quanto attiene ai costi storici della Telefónica, bensì su stime realizzate da consulenti esterni sulla base di informazioni fornite dalla società nell’ottobre del 2001 e, dall’altro, il modello di costi applicato da tali consulenti sottostima i sovraccosti di rete a valle della Telefónica e non ha preso in considerazione le spese di promozione di quest’ultima. Gli argomenti secondo cui la CMT si sarebbe dimostrata particolarmente attiva a fronte della politica di prezzi della Telefónica ed avrebbe più volte agito ex post regolamentando e controllando la politica dei prezzi della Telefónica sin dalle prime fasi di sviluppo del mercato spagnolo a banda larga devono essere, quindi, parimenti respinti.

304    Ciò premesso, l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione non sarebbe competente per esaminare l’azione delle ARN ex articolo 82 CE laddove non sia dimostrato che queste non abbiano agito nell’ambito dei loro poteri ovvero abbiano agito in modo manifestamente erroneo dev’essere, anch’esso, respinto. Infatti, nella decisione impugnata, la Commissione non ha esaminato l’azione della CMT con riguardo all’articolo 82 CE, bensì l’azione della Telefónica.

305    Pertanto, non risulta dimostrata la violazione del principio di sussidiarietà.

306    Quanto alle pretese violazioni dei principi di proporzionalità e di certezza del diritto, le ricorrenti non hanno dimostrato sotto quale profilo tali principi sarebbero stati violati. Esse si limitano, infatti, a dedurre la violazione del principio di certezza del diritto risultante dall’intervento della Commissione sulla base dell’articolo 82 CE, sebbene essa non abbia messo in discussione l’azione della CMT. In tal senso, la Telefónica avrebbe potuto nutrire la convinzione che, rispettando il quadro normativo vigente, la propria condotta sarebbe risultata conforme al diritto dell’Unione. Tuttavia, tale argomento dev’essere respinto per i motivi esposti supra ai punti 299‑304.

307    Per quanto attiene, infine, all’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe dovuto proporre ricorso per inadempimento contro il Regno di Spagna ex articolo 226 CE, qualora fosse pervenuta alla conclusione che le decisioni della CMT, in quanto organo di uno Stato membro, non consentivano di evitare una pressione dei margini e, quindi, non rispettavano il quadro normativo del 2002 menzionato supra, si deve, innanzitutto, rilevare che nella decisione impugnata, la Commissione non ha operato tale constatazione. Peraltro, anche ammesso che la CMT avesse violato una norma di diritto dell’Unione e la Commissione avesse potuto a tale titolo avviare un procedimento per inadempimento nei confronti del Regno di Spagna, circostanze di tal genere non sarebbero assolutamente tali da inficiare la legittimità della decisione impugnata. In tale decisione, infatti, la Commissione si è limitata a constatare che la Telefónica è incorsa in una violazione dell’articolo 82 CE, disposizione che riguarda non gli Stati membri ma i soli operatori economici (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione, punto 69 supra, punto 271). Inoltre, secondo la giurisprudenza della Corte, nel sistema istituito dall’articolo 226 CE, la Commissione dispone di un potere discrezionale per promuovere il ricorso per inadempimento e non spetta ai giudici dell’Unione valutare l’opportunità dell’esercizio di tale potere (sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punto 47).

308    Ne consegue che il secondo capo del sesto motivo dev’essere respinto.

 Sul terzo capo del sesto motivo, relativo alla violazione dei principi di cooperazione leale e di corretta amministrazione

309    In limine, si deve ricordare che il principio di leale cooperazione, sancito dall’articolo 10 CE, si impone a tutte le autorità degli Stati membri che agiscono nell’ambito delle loro competenze nonché alle istituzioni dell’Unione, le quali sono tenute a reciproci obblighi di leale cooperazione con gli Stati membri (ordinanza della Corte del 13 luglio 1990, Zwartveld e a., C‑2/88 IMM, Racc. pag. I‑3365, punto 17; v. sentenza della Corte del 22 ottobre 2002, Roquette Frères, C‑94/00, Racc. pag. I‑9011, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata). Quando, come nel caso di specie, le autorità dell’Unione e le autorità nazionali sono chiamate a concorrere alla realizzazione degli obiettivi del Trattato mediante un esercizio coordinato delle loro competenze, tale cooperazione riveste un carattere particolarmente essenziale (sentenza Roquette Frères, cit., punto 32).

310    Contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la CMT è stata effettivamente associata al procedimento amministrativo che ha condotto alla decisione impugnata. In primo luogo, la Commissione le ha inviato tre richieste di informazioni, datate, rispettivamente, 18 novembre e 17 dicembre 2004, nonché 17 gennaio 2005. In secondo luogo, la Commissione ha trasmesso alla CMT, in data 24 maggio 2006, una versione non riservata della comunicazione degli addebiti. L’istituzione l’ha parimenti informata che sarebbe stato eventualmente opportuno trasmetterle commenti scritti in merito alla comunicazione degli addebiti o, ancora, formulare oralmente osservazioni o questioni nel corso dell’audizione. Orbene, la CMT non ha formulato alcuna osservazione scritta. In terzo luogo, il Regno Unito non nega che vari rappresentanti della CMT fossero presenti all’audizione del 12 e 13 giugno 2006 e che la CMT sia egualmente intervenuta oralmente a tale audizione. In quarto luogo, il 26 giugno 2006, la CMT ha altresì risposto per iscritto a una serie di questioni sollevate dalla denunciante all’udienza. In quinto luogo, il Regno di Spagna non contesta l’affermazione della Commissione secondo cui i membri del gruppo incaricato del caso avrebbero incontrato la CMT in più occasioni al fine di discutere dell’inchiesta. In sesto luogo, il Regno di Spagna non contesta le affermazioni della Commissione secondo cui il 14 giugno 2007 più rappresentanti della CMT l’avrebbero incontrata e avrebbero presentato osservazioni circa la formulazione di taluni punti della decisione impugnata, presi in considerazione in vista della seconda riunione del comitato consultivo prevista dall’articolo 14 del regolamento n. 1/2003. La CMT non ha presentato commenti aggiuntivi a tal riguardo. Un esperto della CMT ha peraltro partecipato ad una riunione di detto comitato consultivo, la quale si è tenuta il 15 giugno 2007. Orbene, è giocoforza constatare che il Regno di Spagna non precisa nel ricorso le ragioni per le quali la partecipazione della CMT, quale descritta supra, non sarebbe stata, nella specie, sufficiente.

311    A tal riguardo, l’argomento delle ricorrenti secondo cui le richieste di informazioni rivolte dalla Commissione alla CMT avrebbero avuto carattere tecnico e non avrebbero riguardato gli addebiti rivolti alla Telefónica, la realtà dei pretesi mercati interessati, la metodologia seguita per realizzare i test di compressione dei margini o, ancora, l’eventuale esistenza di tale compressione, non può essere accolto. Infatti, malgrado un invito in tal senso da parte della Commissione, la CMT non ha formulato osservazioni scritte alla Commissione in merito alla comunicazione degli addebiti e, in particolare, alle valutazioni preliminari dell’istituzione relative ai menzionati elementi, quali indicati ai punti 142‑250 e 358‑469 di tale comunicazione.

312    Si deve peraltro ricordare, per quanto attiene alle relazioni che si stabiliscono nell’ambito dei procedimenti condotti dalla Commissione in applicazione degli articoli 81 e 82 CE, che le modalità di attuazione dell’obbligo di leale cooperazione che discende dall’articolo 10 CE e al quale la Commissione deve attenersi nelle sue relazioni con gli Stati membri, sono state precisate, in particolare agli articoli 11‑16 del regolamento n. 1/2003, al capitolo 4 intitolato «Cooperazione». Orbene, tali disposizioni non prevedono l’obbligo per la Commissione di consultare le ARN.

313    In tale contesto, le ricorrenti non possono nemmeno sostenere che l’invio della comunicazione degli addebiti alla CMT e l’invito della medesima all’audizione avrebbero avuto luogo tardivamente, laddove la Commissione si sarebbe già formata un’opinione sulla pretesa illegittimità del comportamento della Telefónica. Infatti, a prescindere dal fatto che la comunicazione degli addebiti è un documento preparatorio le cui valutazioni sono di carattere puramente provvisorio e destinate a circoscrivere l’oggetto del procedimento amministrativo nei confronti delle imprese oggetto della procedura medesima (sentenze della Corte del 7 giugno 1983, Musique Diffusion française e a./Commissione, 100/80‑103/80, Racc. pag. 1825, punto 14; Aalborg Portland e a./Commissione, punto 69 supra, punto 67, e Prym e Prym Consumer/Commissione, punto 83 supra, punto 40), al punto 310 supra è stato già rilevato che la Commissione aveva inviato alla CMT una copia di tale comunicazione in data 24 maggio 2006, vale a dire più di un anno prima dell’emanazione della decisione impugnata.

314    Alla luce delle suesposte considerazioni, non si può ritenere che la Commissione abbia violato, nella specie, il proprio dovere di leale cooperazione. L’argomento delle ricorrenti relativo alla violazione del principio di corretta amministrazione, atteso che si fonda esclusivamente sul mancato rispetto di tale dovere, dev’essere parimenti disatteso.

315    Il terzo capo del motivo in esame dev’essere, pertanto, respinto.

316    Il sesto motivo dev’essere quindi rigettato in toto, così come, di conseguenza, tutte le domande principali volte all’annullamento della decisione impugnata.

2.     Sulle domande formulate in subordine, volte all’annullamento ovvero alla riduzione dell’importo dell’ammenda

317    Le ricorrenti deducono due motivi a sostegno delle loro domande volte all’annullamento ovvero alla riduzione dell’importo dell’ammenda. Il primo motivo attiene ad errori di fatto, di valutazione dei fatti e di diritto nonché alla violazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17, dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 nonché dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento. Il secondo motivo, formulato in subordine, attiene ad errori di fatto e di diritto e alla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento, di individualità delle pene nonché dell’obbligo di motivazione nella determinazione dell’importo dell’ammenda.

a)     Sul primo motivo, attinente ad errori di fatto, di valutazione dei fatti e di diritto e alla violazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17, dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 nonché dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento

318    Con il motivo in esame le ricorrenti mettono in discussione gli accertamenti della Commissione secondo cui, da un lato, il comportamento della Telefónica durante il periodo dell’infrazione sarebbe stato doloso o, quanto meno, gravemente colposo e, dall’altro, l’infrazione commessa dalla Telefónica costituirebbe un «abuso grave», in ordine al quale esisterebbero precedenti (punti 720‑736 della decisione impugnata).

319    In primo luogo, per quanto attiene alla questione se un’infrazione sia stata commessa deliberatamente o per negligenza e sia, conseguentemente, sanzionabile con ammenda ex articolo 15, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 17 e, successivamente al 1º maggio 2004, ex articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003, risulta dalla giurisprudenza che tale requisito è soddisfatto quando l’impresa di cui trattasi non possa ignorare il carattere anticoncorrenziale della propria condotta, a prescindere dalla consapevolezza o meno di violare le norme del Trattato in materia di concorrenza (v. sentenze del Tribunale del 14 dicembre 2006, Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, T‑259/02‑T‑264/02 e T‑271/02, Racc. pag. II‑5169, punto 205, e del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione, punto 69 supra, punto 295, e giurisprudenza ivi richiamata; v. parimenti, in tal senso, sentenze della Corte dell’8 novembre 1983, IAZ International Belgium e a./Commissione, 96/82‑102/82, 104/82, 105/82, 108/82 e 110/82, Racc. pag. 3369, punto 45; Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, punto 111 supra, punto 107, e del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punto 124).

320    Secondo la giurisprudenza, un’impresa è consapevole del carattere anticoncorrenziale della propria condotta quando gli elementi di fatto concreti che giustificano tanto l’accertamento di una posizione dominante sul mercato interessato quanto la valutazione, da parte della Commissione, dell’abuso di tale posizione erano ad essa conosciuti (v., in tal senso, sentenza Nederlandsche Banden-Industrie-Michelin/Commissione, punto 111 supra, punto 107, e sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, punto 319 supra, punti 207 e 210; v., parimenti, conclusioni dell’avvocato generale Mazák nella sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punto 39).

321    Anzitutto, al fine di contestare l’affermazione della Commissione secondo cui la condotta della Telefónica sarebbe stata dolosa ovvero, quantomeno, gravemente colposa, le ricorrenti deducono che la Telefónica non sarebbe stata ragionevolmente in grado di prevedere che il proprio comportamento potesse costituire un abuso di posizione dominante contrario all’articolo 82 CE, alla luce della definizione dei mercati prodotti precedentemente data dalle autorità spagnole della concorrenza e dalla CMT, definizione che sarebbe differente da quella accolta nella decisione impugnata, del controllo esercitato dalla CMT sui prezzi e sul comportamento della Telefónica nel periodo dell’infrazione e dell’assenza di sufficiente margine di manovra della Telefónica per determinare la propria politica di prezzi durante il periodo medesimo.

322    Primo, dev’essere rigettato l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Telefónica non avrebbe potuto prevedere che la Commissione avrebbe accolto una definizione del mercato diversa da quella assunta dalle autorità spagnole.

323    Infatti, la Telefónica, quale operatore economico diligente, avrebbe dovuto padroneggiare i principi che presiedono alla definizione dei mercati nelle controversie in materia di concorrenza ed avrebbe dovuto, eventualmente, ricorrere a consulenti esperti in materia al fine di valutare, in misura ragionevole, in base alle circostanze, le possibili conseguenze risultanti da un determinato atto. Ciò vale, in particolare, per professionisti abituati a dover far prova di grande prudenza nello svolgimento del proprio lavoro. Ci si può quindi attendere dai medesimi una cura particolare nel valutare i rischi che esso comporta (v., in tal senso, sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 59 supra, punto 219).

324    Inoltre, per un operatore economico attento non può essere dubbio il fatto che il possesso di rilevanti quote di mercato, se è pur vero che non costituisce necessariamente e in ogni caso l’unico indizio determinante quanto all’esistenza di una posizione dominante, riveste tuttavia una considerevole importanza che deve essere necessariamente presa in considerazione per quanto riguarda il proprio eventuale comportamento sul mercato (sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, punto 76 supra, punto 133).

325    A tal riguardo, come correttamente rilevato dalla Commissione al punto 721 della decisione impugnata, la Telefónica, operatore storico e proprietario della sola infrastruttura significativa per la fornitura di prodotti all’ingrosso regionale e nazionale, non poteva ignorare di detenere una posizione dominante sui pertinenti mercati. Pertanto, la rilevanza delle quote di mercato detenute dalla Telefónica (v. punti 153 e 159 supra) sui mercato all’ingrosso nazionale e regionale implica che il convincimento di non occupare una posizione dominante sui mercati stessi non poteva che essere il frutto di un insufficiente esame della struttura dei mercati sui quali operava oppure del rifiuto di prendere in considerazione tali strutture (v., in tal senso, sentenza Hoffmann-La Roche/Commissione, punto 76 supra, punto 139). L’argomento secondo cui la Telefónica non avrebbe potuto prevedere che la Commissione avrebbe accolto una definizione del mercato diversa da quella assunta dalle autorità spagnole non può quindi trovare accoglimento.

326    Alla luce dei suesposti rilievi e da quanto rilevato supra ai punti 110‑144, vale a dire che correttamente la Commissione ha ritenuto che la rete locale, il prodotto all’ingrosso nazionale e il prodotto all’ingrosso regionale non appartenessero allo stesso mercato di prodotti, gli argomenti delle ricorrenti secondo cui le decisioni emanate dalle autorità di regolamentazione nazionale in Francia e nel Regno Unito — in cui è stato affermato che i prodotti all’ingrosso nazionale e regionale non erano sostituibili — non avrebbero consentito loro di prevedere le definizioni del mercato che sarebbero state accolte nella specie non possono trovare accoglimento. Lo stesso vale per gli argomenti delle ricorrenti relativi alla valutazione che sarebbe stata formulata dalla CMT nella propria decisione 6 aprile 2006, secondo cui i prodotti all’ingrosso nazionale e regionale apparterrebbero allo stesso mercato interessato, argomento d’altronde già espressamente respinto supra al punto 142.

327    Secondo, l’argomento delle ricorrenti in base al quale, contrariamente a quanto dichiarato al punto 724 della decisione impugnata, la Telefónica non avrebbe disposto di un margine di manovra sufficiente per poter fissare la propria politica di prezzi, per effetto della regolamentazione settoriale vigente, non può essere tantomeno accolto.

328    Si deve ricordare che l’articolo 82 CE riguarda soltanto comportamenti anticoncorrenziali adottati dalle imprese di propria iniziativa. Qualora un comportamento anticoncorrenziale sia imposto alle imprese da una normativa nazionale o se questa crea un contesto normativo che elimina di per sé ogni possibilità di comportamento concorrenziale da parte delle imprese stesse, l’articolo 82 CE non è applicabile. In una siffatta situazione, la restrizione della concorrenza non trova la sua causa, come postulato da tale disposizione, in comportamenti autonomi delle imprese (v. sentenza TeliaSonera, punto 146 supra, punto 49 e la giurisprudenza ivi richiamata).

329    Per contro, l’articolo 82 CE può applicarsi qualora si verificasse, come nel caso di specie (punti 665‑685 della decisione impugnata) (vedasi egualmente il punto 27 supra), che la normativa nazionale lasci sussistere la possibilità di una concorrenza suscettibile di essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese (v. sentenza TeliaSonera, punto 146 supra, punto 50 e la giurisprudenza ivi citata).

330    In tal senso, la Corte ha avuto modo di precisare che, malgrado la vigenza di tale normativa, qualora un’impresa in posizione dominante verticalmente integrata disponga di un margine di manovra per modificare anche soltanto i suoi prezzi al dettaglio, la compressione dei margini può, per questo solo motivo, esserle imputata (sentenze del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punto 85, e TeliaSonera, punto 146 supra, punto 51).

331    Nella specie, si deve anzitutto rilevare che, per quanto attiene al prodotto all’ingrosso nazionale, le ricorrenti non contestano quanto dichiarato ai punti 109‑110 e 671 della decisione impugnata secondo cui, da un lato, i prezzi del prodotto all’ingrosso nazionale non sarebbero stati mai soggetti a regolamentazione durante il periodo dell’infrazione e, dall’altro, la Telefónica è stata libera, successivamente al settembre 2001, di ridurre i prezzi medesimi.

332    Inoltre, per quanto attiene al prodotto all’ingrosso regionale, le ricorrenti deducono che i prezzi imposti dalla CMT in applicazione del meccanismo «retail minus» sarebbero stati, de facto, prezzi fissi, quantomeno tra il marzo del 2004 ed il dicembre del 2006.

333    Si deve ricordare che, come emerge dal punto 113 della decisione impugnata, l’ordinanza del 29 dicembre 2000 del ministero della presidenza spagnolo ha stabilito i massimali per il prodotto all’ingrosso regionale. Peraltro, come emerge dagli atti, la CMT ha espressamente confermato, con lettera 2 febbraio 2005, che i prezzi del prodotto all’ingrosso regionale erano prezzi massimi e che la Telefónica era libera di chiedere una riduzione dei propri prezzi (v. parimenti punti 116‑118 e 673 della decisione impugnata).

334    A tal riguardo, l’argomento delle ricorrenti, attinente, da un lato, alla decisione della CMT del 31 marzo 2004, in cui quest’ultima avrebbe affermato che sarebbe ragionevole che il prezzo del prodotto all’ingrosso regionale fosse tale da contribuire al mantenimento degli investimenti degli operatori via cavo e che il prezzo del prodotto all’ingrosso regionale dovrebbe essere fissato sulla base di un importo assoluto calcolato secondo il metodo «retail minus», ragion per cui «la CMT non avrebbe mai autorizzato una diminuzione del prezzo del prodotto [all’ingrosso] regionale, atteso che ciò avrebbe pregiudicato la redditività dell’attività via cavo» e, dall’altro, alle decisioni della CMT del 29 aprile 2002 e del 22 luglio 2004, in cui questa si sarebbe opposta a forti riduzioni dei prezzi all’ingrosso al fine di evitare di scoraggiare gli investimenti in infrastrutture ed innovazione, è fondato sulla premessa ipotetica secondo cui la CMT non avrebbe mai autorizzato una diminuzione del prezzo dei prodotti all’ingrosso. Tale argomento deve essere pertanto respinto.

335    In ogni caso, tale argomento risulta contraddetto dal fatto che i prezzi del prodotto all’ingrosso regionale sono stati ridotti dalla CMT di propria iniziativa, laddove la Telefónica non aveva proposto alcuna modifica dei propri prezzi, con decisioni del 22 luglio 2004 [decisione della CMT del 22 luglio 2004 sulla richiesta di modifica dell’offerta di accesso alla rete locale (OBA) della TESAU ai fini del suo adeguamento alla modifica delle velocità ADSL a livello di dettaglio] e del 19 maggio 2005 [decisione della CMT del 19 maggio 2005 sulla richiesta di modifica dell’offerta di accesso alla rete locale (OBA) della TESAU ai fini del suo adeguamento all’aumento delle velocità ADSL a livello di dettaglio]. L’argomento, dedotto dalle ricorrenti nella replica, secondo cui tali decisioni dimostrerebbero che la riduzione dei prezzi del prodotto all’ingrosso regionale necessitava l’intervento della CMT e non poteva essere liberamente decisa dalla Telefónica, dev’essere parimenti respinto, in quanto spettava alla Telefónica, nell’ambito della specifica responsabilità ad essa incombente in quanto impresa detentrice di una posizione dominante sul mercato del prodotto all’ingrosso regionale, presentare alla CMT richieste di modifica delle sue tariffe quando queste risultavano pregiudizievoli per una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione, punto 69 supra, punto 122).

336    Infine, per quanto attiene ai prezzi al dettaglio della Telefónica, si deve rilevare, al pari della Commissione, che le ricorrenti non contestano l’affermazione della Commissione di cui al punto 724 della decisione impugnata, secondo cui la Telefónica era libera di aumentare i propri prezzi al dettaglio in qualunque momento. Esse non contestano nemmeno quanto rilevato ai punti 104‑108 della decisione impugnata, secondo cui, mentre i prezzi al dettaglio della TESAU hanno costituito oggetto di un regime di autorizzazione amministrativa da parte della Comisión Delegada del Gobierno para Asuntos Económicos (commissione delegata per gli affari economici spagnola; in prosieguo: la «CDGAE») dal 3 agosto 2001 al 1º novembre 2003, i prezzi al dettaglio delle altre società controllate della Telefónica non sarebbero stati soggetti ad alcuna regolamentazione, secondo cui i prezzi al dettaglio approvati in data 3 agosto 2001 dalla CDGAE quali prezzi fissi sarebbero stati proposti dalla TESAU e secondo cui i prezzi al dettaglio dei servizi di accesso ADSL della TESAU sarebbero stati liberalizzati con decisione della CDGAE del 25 settembre 2003, recante cessazione del regime di autorizzazione amministrativa per i prezzi al dettaglio dei servizi di accesso ADSL della TESAU, pur mantenendo l’obbligo per quest’ultima di comunicare qualsiasi modificazione di tali prezzi entro il termine di dieci giorni prima della loro introduzione sul mercato. Si deve quindi ritenere che la Telefónica avesse la possibilità di aumentare i propri prezzi al dettaglio, cosa che non ha fatto.

337    Le ricorrenti deducono, a tal riguardo, che il ragionamento della Commissione è viziato da una contraddizione, in quanto essa non potrebbe, da un lato, contestare alla Telefónica di aver attuato pratiche di compressione dei margini con conseguenti prezzi al dettaglio in Spagna molto più elevati rispetto agli altri paesi europei e, dall’altro, contestarle di non aver aumentato i propri prezzi al dettaglio al fine di evitare una compressione dei margini. Tale argomento dev’essere disatteso. Infatti, il giudice dell’Unione ha già avuto modo di rilevare, in passato, l’eventuale necessità di aumentare le tariffe dei prodotti al dettaglio al fine di evitare un effetto di compressione dei margini (sentenza del 10 aprile 2008, Deutsche Telekom/Commissione, punto 69 supra, punti 141‑151; v., parimenti, sentenza del 14 ottobre 2010, Deutsche Telekom/Commissione, punto 170 supra, punti 88 e 89).

338    Terzo, dev’essere rigettato l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Telefónica non avrebbe potuto ragionevolmente prevedere che la propria politica dei prezzi, preliminarmente approvata dalla CMT, avrebbe potuto costituire un’infrazione all’articolo 82 CE.

339    Anzitutto, si deve rammentare che il fatto che la decisione impugnata riguardi prodotti e servizi regolamentati non è pertinente. Infatti, in assenza di deroga espressa in tal senso, il diritto della concorrenza è applicabile ai settori regolamentati (v., in tal senso, sentenze della Corte del 16 dicembre 1975, Suiker Unie e a./Commissione, 40/73‑48/73, 50/73, 54/73‑56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Racc. pag. 1663, punti 65‑72, e dell’11 aprile 1989, Saeed Flugreisen e Silver Line Reisebüro, 66/86, Racc. pag. 803). In tal senso, l’applicabilità delle regole di concorrenza non è quindi esclusa, dal momento che le disposizioni settoriali di cui trattasi lasciano sussistere la possibilità di una concorrenza suscettibile di essere ostacolata, ristretta o falsata da comportamenti autonomi delle imprese (v. sentenza della Corte dell’11 novembre 1997, Commissione e Francia/Ladbroke Racing, C‑359/95 P e C‑379/95 P, Racc. pag. I‑6265, punti 33 e 34, e giurisprudenza ivi richiamata), cosa che si è verificata nella specie (v. supra punti 327‑337).

340    Come rilevato supra al punto 299, la Telefónica non poteva quindi ignorare che il rispetto della normativa spagnola in materia di telecomunicazioni non la poneva al riparo da un intervento della Commissione ex articolo 82 CE.

341    Inoltre, se è pur vero che, con decisione 26 luglio 2001, la CMT ha ritenuto che i prezzi del prodotto all’ingrosso regionale della Telefónica fossero fissati sulla base di un sistema di prezzi «retail minus», in virtù del quale il prezzo di ogni modalità del prodotto all’ingrosso regionale non è superiore ad una determinata percentuale del canone mensile corrispondente al prezzo al dettaglio della TESAU (punti 114, 290 e nota a pie’ di pagina n. 258 della decisione impugnata), le ricorrenti non contestano che la CMT non abbia proceduto all’esame dell’esistenza di una compressione dei margini tra il prodotto all’ingrosso regionale della Telefónica e i suoi prodotti al dettaglio sulla base dei costi storici reali di quest’ultima, bensì sulla base di stime ex ante. Esse non contestano nemmeno che la CMT non abbia mai analizzato l’eventuale esistenza di una compressione dei margini tra il prodotto all’ingrosso nazionale della Telefónica e i suoi prodotti al dettaglio. Orbene, come osservato dalla Commissione ai punti 725‑728 della decisione impugnata, la Telefónica, che possedeva informazioni dettagliate quanto ai suoi costi reali e ai suoi ricavi, non poteva ignorare che le stime effettuate ex ante dalla CMT non risultavano confermate nella realtà dagli sviluppi del mercato, cosa che dalla sua posizione ben poteva osservare.

342    Alla luce delle suesposte considerazioni, devono essere respinti tutti gli argomenti delle ricorrenti volti a dimostrare che la Telefónica non era ragionevolmente in grado di prevedere il carattere anticoncorrenziale della propria condotta.

343    In secondo luogo, le ricorrenti deducono che la Telefónica poteva nutrire legittimo affidamento nelle azioni e nelle decisioni della CMT. Esse sostengono, inoltre, che le divergenze tra i costi reali ex post e le stime utilizzate dalla CMT nel proprio esame ex ante quanto alla sussistenza di una compressione dei margini, sottolineate dalla Commissione ai punti 728 e 729 della decisione impugnata (v. anche la tabella 59 della decisione impugnata), non sarebbero state sufficientemente evidenti per consentire alla Telefónica di dubitare dell’intervento della CMT.

344    Dev’essere rigettato l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Telefónica non avrebbe potuto mettere in dubbio la fondatezza del metodo utilizzato dalla CMT ai fini della determinazione della sussistenza di una compressione dei margini, né la pertinenza delle richieste di informazioni della CMT, in considerazione del mancato intervento della Commissione a fronte dell’azione dell’autorità di regolamentazione spagnola.

345    Tale argomento risulta infatti fondato sull’erronea premessa secondo cui la Commissione avrebbe ritenuto che il metodo utilizzato dalla CMT ai fini della determinazione dell’esistenza di una compressione dei margini fosse inadeguato, atteso che l’azione regolamentare della CMT non costituisce oggetto della decisione impugnata. Al contrario, come sottolineato dall’istituzione al punto 733 della decisione impugnata, il metodo utilizzato per accertare l’esistenza di una compressione dei margini nella decisione impugnata non è in contraddizione con il metodo «retail minus» utilizzato dalla CMT.

346    L’assenza d’intervento della Commissione nei confronti dell’autorità di regolamentazione spagnola non poteva, quindi, costituire per la Telefónica alcun motivo di legittimo affidamento nel fatto che essa non commettesse una violazione dell’articolo 82 CE.

347    Per quanto attiene all’argomento secondo cui, a fronte dell’intervento della CMT, la Telefónica avrebbe potuto nutrire legittimo affidamento nel fatto che il rapporto tra i suoi prezzi all’ingrosso e i suoi prezzi al dettaglio non producesse effetti di compressione dei margini, si deve anzitutto rilevare che le ricorrenti non contestano quanto dichiarato al punto 726 della decisione impugnata, secondo cui, da un lato, la CMT non ha mai analizzato l’esistenza di una compressione dei margini tra il prodotto all’ingrosso nazionale ed il prodotto al dettaglio della Telefónica durante il periodo interessato e, dall’altro, il prodotto all’ingrosso nazionale presentava importanza maggiore rispetto al prodotto all’ingrosso regionale nel corso del periodo medesimo.

348    Inoltre, per quanto attiene al prodotto all’ingrosso regionale, la CMT, se è pur vero che ha analizzato l’esistenza di effetti di compressione dei margini risultanti dalle tariffe della Telefónica relative al prodotto all’ingrosso regionale in varie decisioni adottate nel corso del periodo dell’infrazione, non ha mai esaminato l’esistenza di tali effetti sulla base dei costi storici reali della Telefónica.

349    A tal riguardo, l’argomento delle ricorrenti secondo cui le divergenze tra i costi reali ex post e le stime ex ante utilizzate dalla CMT non sarebbero state sufficientemente chiare per indurre la Telefónica a dubitare della fondatezza dell’azione della CMT dev’essere disatteso. Infatti, a sostegno di tale argomento, le ricorrenti deducono, nel ricorso, che le pretese incoerenze tra le informazioni fornite dalla Telefónica alla CMT e quelle contenute nei suoi piani commerciali o nei suoi quadri di valutazione risulterebbero da un’erronea interpretazione, da parte della Commissione, delle informazioni messe a sua disposizione in merito alle previsioni della domanda e attinenti ai costi relativi ad una rete di [riservato] linee ADSL. Orbene, tale argomento, anche ammessa la sua fondatezza, non è tale da poter, di per sé, mettere in discussione il complesso degli elementi di prova, di cui segnatamente alla tabella 59 della decisione impugnata, che dimostrano come la Telefónica non potesse non sapere che i costi utilizzati nel modello «retail minus» della CMT non corrispondevano alla realtà. Al contrario, gli altri argomenti delle ricorrenti secondo cui, da un lato, il consulente ARCOME non avrebbe utilizzato le informazioni fornite dalla Telefónica, bensì si sarebbe avvalso, come riferimento per l’elaborazione del modello «retail minus», di una rete di oltre [riservato] linee ADSL e, dall’altro, la CMT non avrebbe utilizzato la contabilità dei costi della Telefónica, ritenendo che essa non fosse stata redatta in modo sufficientemente dettagliato, tendono a confermare che la Telefónica sapesse, ovvero dovesse sapere, che i costi utilizzati nel modello «retail minus» della CMT non corrispondevano ai costi reali.

350    Inoltre, devono essere rigettati gli argomenti delle ricorrenti secondo cui non emergerebbe né dai piani commerciali né dai quadri di valutazione che la Telefónica accusasse perdite sul mercato al dettaglio. In primis, le ricorrenti deducono che, [riservato]. Tuttavia, tale argomento non è minimamente provato. Secondo, le ricorrenti affermano che il piano commerciale del 18 aprile 2002 non avrebbe consentito di giungere a tale conclusione, atteso che [riservato]. Tuttavia, dalle previsioni contenute in tale documento emerge che, [riservato]. L’argomento delle ricorrenti non può quindi trovare accoglimento. Terzo, per quanto attiene ai quadri di valutazione della Telefónica, le ricorrenti stesse affermano che tali documenti, contenenti informazioni mensili sui ricavi e sulle uscite, consentono di garantire il corretto svolgimento del piano commerciale e l’evoluzione dell’attività. Considerato che il piano d’affari prevedeva che [riservato], spettava alle ricorrenti assicurare che [riservato].

351    Infine, come rilevato dalla Commissione, la Telefónica non contesta che i costi incrementativi reali di infrastruttura, di rete e di accesso erano molto più rilevanti rispetto a quelli indicati nel modello «retail minus» della CMT. Tali costi reali figurano in vari documenti interni della Telefónica, ragion per cui quest’ultima non poteva ignorare che il modello della CMT sottostimava i suoi costi reali.

352    Alla luce dei suesposti rilievi, si deve concludere che le azioni e le decisioni della CMT non hanno potuto fondare il legittimo affidamento nelle ricorrenti quanto al fatto che le loro pratiche tariffarie fossero conformi all’articolo 82 CE. Conseguentemente, la prima censura, relativa all’assenza di infrazione commessa dolosamente o colposamente, dev’essere respinta.

353    In secondo luogo, le ricorrenti contestano alla Commissione di non avere indicato, nella decisione impugnata, nessun fondamento sostanziale o giuridico che consentisse di ritenere che l’infrazione costituisse un «abuso grave» per il quale esisterebbero precedenti (punti 731‑736 della decisione impugnata).

354    In limine, si deve sottolineare che, come emerge dai punti 319‑352 supra, correttamente la Commissione ha ritenuto che l’infrazione accertata nella decisione impugnata era stata commessa dolosamente ovvero colposamente. Orbene, come rammentato supra al punto 319, tale infrazione è sanzionabile con ammenda, a norma dell’articolo 15, paragrafo 2, primo comma, del regolamento n. 17 e, successivamente al 1º maggio 2004, dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003.

355    Nell’ambito della presente censura, le ricorrenti fanno tuttavia valere che il principio di certezza del diritto osta a che la Commissione imponga un’ammenda per comportamenti anticoncorrenziali quando l’illegittimità di tali comportamenti non emergerebbe da precedenti chiari e prevedibili. A tal riguardo, il ragionamento della Commissione, esposto ai punti 731‑736 della decisione impugnata, sarebbe viziato da errori di fatto e da errori di valutazione dei fatti.

356    In primis, le ricorrenti deducono che la compressione dei margini imputata alla Telefónica nella specie non è fondata su precedenti chiari.

357    Anzitutto, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti relativo alla prassi decisionale della Commissione secondo cui l’assenza di precedenti chiari quanto all’illegittimità di un comportamento potrebbe giustificare di non imporre l’ammenda. Si deve rammentare, a tal riguardo, che la decisione della Commissione di non imporre un’ammenda in talune decisioni in considerazione della natura relativamente nuova delle infrazioni accertate non concede una «immunità» alle imprese che commettono successivamente lo stesso tipo di infrazione. Infatti, è nello specifico ambito di ogni controversia che la Commissione decide, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, in merito all’opportunità di infliggere o meno un’ammenda al fine di sanzionare l’infrazione accertata e di preservare l’efficacia del diritto della concorrenza (sentenza del Tribunale del 22 ottobre 1997, SCK e FNK/Commissione, T‑213/95 e T‑18/96, Racc. pag. II‑1739, punto 239).

358    Inoltre, dev’essere respinto l’argomento relativo alla pretesa contraddizione nel ragionamento della Commissione tra, da un lato, l’affermazione, contenuta al punto 733 della decisione impugnata, secondo cui il calcolo della compressione dei margini nella specie emerge chiaramente da decisioni e dalla giurisprudenza precedente all’adozione della decisione Deutsche Telekom e, dall’altro, l’affermazione, contenuta al punto 744 della decisione impugnata, secondo cui il metodo di calcolo applicato nella decisione Deutsche Telekom non sarebbe stato utilizzato precedentemente in alcuna decisione formale della Commissione.

359    Infatti, correttamente la Commissione fa valere, sostanzialmente, che dal punto 206 della decisione Deutsche Telekom emerge che il metodo di calcolo applicato in tale decisione, cui fa riferimento il punto 744 della decisione impugnata, risulta dalla propria prassi decisionale anteriore, pur essendo vero che esso contiene un elemento nuovo, vale a dire l’utilizzazione di un approccio ponderato. In tale punto si afferma che «il metodo per determinare l’effetto di compressione dei margini si colloca nella prassi decisionale della Commissione e l’elemento nuovo è costituito dall’approccio ponderato che ha dovuto essere utilizzato, nella specie, per prendere in considerazione il fatto che, in Germania, è stata fissata una sola tariffa all’ingrosso per la disaggregazione della rete locale, mentre le tariffe per i servizi al dettaglio corrispondenti differiscono tra linee analogiche, linee ISDN e linee ADSL».

360    Inoltre, quanto all’affermazione delle ricorrenti secondo cui i precedenti citati dalla Commissione al punto 733 della decisione impugnata sarebbero troppo generici ed imprecisi per consentire alla Telefónica di prevedere che il suo comportamento potesse risultare illegittimo, si deve rilevare, a prescindere dalla pertinenza nella specie della sentenza Industrie des poudres sphériques/Commissione, citata supra al punto 186, che, nella propria decisione 88/518/CEE del 18 luglio 1988 relativa ad una procedura a norma dell’articolo [82 CE] (IV.30.178 — Napier Brown — British Sugar) (GU L 284, pag. 41), la Commissione aveva già affermato, al punto 66, che «[i]l mantenimento ad opera di un’impresa dominante, che è dominante sia sul mercato delle materie prime che su quello del prodotto derivato, di un margine tra il prezzo praticato per una materia prima alle imprese in concorrenza e il prezzo praticato per il prodotto derivato stesso, margine che sia insufficiente a rispecchiare i costi di trasformazione dell’impresa dominante [...] e che abbia il risultato di limitare la concorrenza per il prodotto derivato, configura un abuso di posizione dominante».

361    Infine, come rilevato dalla Commissione al punto 735 della decisione impugnata, la decisione Deutsche Telekom costituisce parimenti un precedente che chiarisce l’applicabilità dell’articolo 82 CE con riguardo ad un’attività economica soggetta a regolamentazione settoriale ex ante specifica. Gli argomenti delle ricorrenti volti a dimostrare che tale decisione non avrebbe consentito alla Telefónica di stabilire con precisione le circostanze in presenza delle quali la Commissione ed il giudice dell’Unione ritengono che l’esistenza di una compressione dei margini possa costituire una violazione dell’articolo 82 CE non può, a tal riguardo, trovare accoglimento. Primo, dev’essere disatteso l’argomento secondo cui la decisione Deutsche Telekom avrebbe costituito oggetto di ricorso pendente dinanzi al giudice dell’Unione, atteso che la presunzione di legittimità degli atti delle istituzioni dell’Unione implica che questi siano produttivi di effetti giuridici fintanto che non siano stati revocati o annullati nel contesto di un ricorso di annullamento ovvero dichiarati invalidi a seguito di un rinvio pregiudiziale o di un’eccezione di illegittimità (v. sentenza della Corte del 5 ottobre 2004, Commissione/Grecia, C‑475/01, Racc. pag. I‑8923, punto 18, e giurisprudenza ivi richiamata). Secondo, l’assenza di prevedibilità della definizione dei mercati dei prodotti deve essere esclusa per i motivi già esposti supra al punto 323. Terzo, quanto all’argomento relativo al fatto che il mercato sarebbe stato in forte crescita, è sufficiente ricordare che tale circostanza non può escludere l’applicazione delle regole in materia di concorrenza e, segnatamente, quelle dell’articolo 82 CE (sentenza del 30 gennaio 2007, France Télécom/Commissione, punto 60 supra, punto 107). Quarto, quanto al fatto che la controversia in esame riguarderebbe una risorsa non essenziale, è sufficiente rammentare che l’accertamento dell’esistenza di un effetto di compressione non richiede che il prodotto all’ingrosso interessato sia indispensabile (v. punti 180‑182 supra). Quinto, nemmeno l’argomento relativo al carattere restrittivo del controllo settoriale in Spagna può trovare accoglimento, per i motivi già esposti supra ai punti 339‑342.

362    Ne consegue che la Telefónica non poteva ignorare che la sua condotta era tale da restringere la concorrenza. Inoltre, le ricorrenti non possono affermare che, anche dopo la comunicazione degli addebiti, esse non sarebbero state in grado di prevedere il modello di costi e di ricavi che la Commissione avrebbe adottato nella decisione impugnata, considerato che questo si fonderebbe su elementi di prova supplementari che non sarebbero stati menzionati né nella comunicazione medesima né nella lettera di esposizione dei fatti. Come già rilevato nell’ambito dell’esame del primo motivo relativo alla domanda principale delle ricorrenti, nessuna violazione dei loro diritti della difesa è stata, infatti, constatata.

363    In secondo luogo, le ricorrenti deducono che la Telefónica non avrebbe mai potuto prevedere, né prima né dopo il mese di ottobre del 2003, data di pubblicazione della decisione Deutsche Telekom, la nuova metodologia utilizzata dalla Commissione nella sua decisione ai fini della determinazione dell’esistenza di una compressione dei margini.

364    A tal riguardo, primo, devono essere rigettati gli argomenti delle ricorrenti secondo cui la Telefónica non avrebbe potuto prevedere le fonti, il metodo e i calcoli utilizzati dalla Commissione nella decisione impugnata. Infatti, le fonti utilizzate nell’ambito del calcolo della compressione dei margini sono i ricavi e i costi storici della Telefónica, che provengono dalle ricorrenti stesse. Inoltre, alla luce dei precedenti decisionali menzionati ai punti 360 e 361 supra, la Telefónica era ragionevolmente in grado di prevedere che la propria condotta sul mercato era tale da restringere la concorrenza.

365    Secondo, l’argomento in base al quale la definizione dei mercati interessati nella decisione impugnata non era prevedibile per la Telefónica è stato già respinto ai punti 323‑326 supra.

366    Terzo, quanto all’argomento secondo cui il test di compressione dei margini sarebbe stato applicato per la prima volta nella decisione impugnata ad un mercato in forte crescita, è stato già rammentato supra al punto 361 e la circostanza che un mercato sia in forte crescita non può escludere l’applicazione delle norme in materia di concorrenza.

367    Quarto, gli argomenti relativi alla necessità di dimostrare l’indispensabilità del prodotto a monte nell’ambito del test di compressione dei margini sono già stati respinti al punto 182 supra.

368    Quinto, l’affermazione delle ricorrenti secondo cui la normativa spagnola sarebbe stata più restrittiva nel corso del periodo dell’infrazione rispetto alla normativa esaminata nella decisione Deutsche Telekom è irrilevante e, in ogni caso, infondato, come emerge dal punto 748 della decisione impugnata.

369    La seconda censura del primo motivo dev’essere quindi respinta, al pari del motivo medesimo in toto.

b)     Sul secondo motivo, attinente ad errori di fatto e di diritto e alla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento, di individualità delle pene nonché dell’obbligo di motivazione, nell’ambito della determinazione dell’importo dell’ammenda

370    Il secondo motivo si articola su cinque capi. Il primo capo attiene ad errori di fatto e di diritto nonché alla violazione dell’obbligo di motivazione, per quanto riguarda la qualificazione dell’infrazione come «molto grave» e la fissazione dell’importo di base dell’ammenda a EUR 90 milioni. Il secondo capo attiene alla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di individualità delle pene nonché all’obbligo di motivazione, quanto alla fissazione dell’importo di base dell’ammenda a EUR 90 milioni. Il terzo capo attiene ad errori di fatto e di diritto nonché ad un vizio di motivazione, commesso nella maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda al fine di garantire un effetto dissuasivo. Il quarto capo attiene ad errori di fatto e di diritto commessi nella qualificazione dell’infrazione quale infrazione di «lunga durata». Il quinto capo attiene ad errori di fatto e di diritto commessi nella presa in considerazione di circostanze attenuanti.

 Sul primo capo del secondo motivo, attinente ad errori di fatto e di diritto nonché alla violazione dell’obbligo di motivazione quanto alla qualificazione dell’infrazione come «molto grave» e alla fissazione dell’importo di base dell’ammenda a EUR 90 milioni

371    Con il primo capo del secondo motivo delle domande dedotte in via di subordine, le ricorrenti contestano la gravità dell’infrazione accertata nella decisione impugnata e, conseguentemente, la fissazione dell’importo di base dell’ammenda inflitta alla Telefónica (v. punti 25‑29 supra).

372    In limine, occorre ricordare che da costante giurisprudenza risulta che la Commissione gode di un ampio potere discrezionale per quanto riguarda il metodo di calcolo delle ammende. Tale metodo, delimitato dagli orientamenti del 1998, prevede pari elementi di flessibilità che consentono alla Commissione di esercitare il proprio potere discrezionale in conformità del disposto dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 (v., in tal senso, sentenza Papierfabrik August Koehler/Commissione, punto 76 supra, punto 112, e giurisprudenza ivi richiamata).

373    La gravità delle infrazioni va accertata sulla scorta di un gran numero di elementi quali, segnatamente, le circostanze specifiche della causa in specie, il suo contesto e l’effetto dissuasivo delle ammende, e ciò senza che sia stato redatto un elenco vincolante o esaustivo di criteri da tenere obbligatoriamente in considerazione (sentenze della Corte del 19 marzo 2009, Archer Daniels Midland/Commissione, C‑510/06 P, Racc. pag. I‑1843, punto 72, e Prym e Prym Consumer/Commissione, punto 83 supra, punto 54).

374    Come esposto supra al punto 25, la Commissione ha determinato, nella specie, l’importo delle ammende applicando il metodo definito negli orientamenti del 1998.

375    Gli orientamenti del 1998, anche se non possono essere qualificati come norme giuridiche che l’amministrazione deve rispettare in ogni caso, enunciano pur sempre una regola di condotta indicativa della prassi da seguire da cui l’amministrazione non può discostarsi, in un’ipotesi specifica, senza fornire ragioni compatibili con il principio di parità di trattamento (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 59 supra, punto 209, e giurisprudenza ivi richiamata; sentenza del Tribunale dell’8 ottobre 2008, Carbone-Lorraine/Commissione, T‑73/04, Racc. pag. II‑2661, punto 70).

376    Adottando tali norme di comportamento ed annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in avanti applicate ai casi cui esse si riferiscono, la Commissione si autolimita nell’esercizio del suo potere discrezionale e non può discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi giuridici generali, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 59 supra, punto 211, e giurisprudenza ivi richiamata; sentenza Carbone-Lorraine/Commissione, punto 375 supra, punto 71).

377    Inoltre, gli orientamenti del 1998 stabiliscono, in termini generali ed astratti, la metodologia che la Commissione si è imposta ai fini della fissazione dell’importo delle ammende e garantiscono, conseguentemente, la certezza del diritto per le imprese (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 59 supra, punti 211 e 213).

378    Si deve ricordare che, per quanto attiene alla valutazione della gravità dell’infrazione, gli orientamenti del 1998 affermano, al punto 1 A, primo e secondo comma, quanto segue:

«Per valutare la gravità dell’infrazione, occorre prenderne in considerazione la natura, l’impatto concreto sul mercato, quando sia misurabile, e l’estensione del mercato geografico rilevante. Le infrazioni saranno pertanto classificate in tre categorie, in modo tale da distinguere tra infrazioni poco gravi, infrazioni gravi e infrazioni molto gravi».

379    Dagli orientamenti del 1998 emerge che le infrazioni poco gravi possono consistere, ad esempio, in «restrizioni, per lo più verticali, intese a limitare gli scambi, ma il cui impatto sul mercato resta circoscritto e che riguardano inoltre una parte sostanziale, ma relativamente ristretta del mercato comunitario» (punto 1 A, secondo comma, primo trattino). Quanto alle infrazioni gravi, la Commissione precisa che si tratta, per lo più, di «restrizioni orizzontali o verticali dello stesso tipo delle infrazioni poco gravi, ma applicate in maniera più rigorosa, il cui impatto sul mercato è più vasto e che sono atte a produrre effetti su ampie zone del mercato comune». Essa osserva parimenti che può trattarsi di «abusi di posizione dominante» (punto 1 A, secondo comma, secondo trattino). Per quanto riguarda, infine, le infrazioni molto gravi, la Commissione rileva che si tratta «essenzialmente di restrizioni orizzontali quali “cartelli di prezzi” e di quote di ripartizione dei mercati, o di altre pratiche che pregiudicano il buon funzionamento del mercato interno, ad esempio quelle miranti a compartimentare i mercati nazionali, o di abusi incontestabili di posizione dominante da parte di imprese in situazione di quasi monopolio» (punto 1 A, secondo comma, terzo trattino).

380    La Commissione precisa parimenti, da un lato, che, nell’ambito di ciascuna di dette categorie, in particolare per quanto riguarda le categorie definite gravi e molto gravi, la scala di sanzioni previste consentirà di differenziare il trattamento da riservare alle imprese in funzione della natura delle infrazioni commesse e, dall’altro, che è necessario valutare in qual misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, fissando l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo (punto 1 A, terzo e quarto comma).

381    A termini degli orientamenti del 1998, per le infrazioni «molto gravi», l’importo di base applicabile delle ammende supera EUR 20 milioni; per le infrazioni «gravi», esso può variare tra EUR 1 milione e EUR 20 milioni; infine, per le infrazioni «poco gravi», l’importo di base applicabile delle ammende è compreso tra EUR 1 000 e EUR 1 milione (punto 1 A, secondo comma, primo‑terzo trattino).

382    In primo luogo, occorre esaminare gli argomenti delle ricorrenti intesi a dimostrare che la Commissione non avrebbe dovuto qualificare l’infrazione come «molto grave» e che, conseguentemente, l’importo di base dell’ammenda avrebbe dovuto essere fissato ad un livello significativamente inferiore a EUR 90 milioni.

383    A tal riguardo, in primis, dev’essere respinto l’argomento secondo cui l’infrazione accertata non costituirebbe un abuso grave, per i motivi già esposti supra ai punti 353‑368.

384    Secondo, quanto agli argomenti delle ricorrenti in base ai quali la Telefónica non si troverebbe in situazione di monopolio virtuale sui mercati all’ingrosso, è stato già rammentato, al punto 155 supra, che la Telefónica non contesta di essere stata l’unico operatore a fornire il prodotto all’ingrosso regionale in Spagna dal 1999, disponendo, pertanto, di un monopolio di fatto su detto mercato. Inoltre, come rilevato supra al punto 163, per quanto attiene al prodotto all’ingrosso nazionale, la quota di mercato della Telefónica è stata superiore all’84% per tutta la durata dell’infrazione. L’argomento delle ricorrenti secondo cui l’esistenza di un quasi monopolio è esclusa quando i prodotti interessati dall’infrazione non siano «infrastrutture essenziali» o costituiscano oggetto di una regolamentazione settoriale non trova alcun fondamento negli orientamenti del 1998 né nella giurisprudenza, e non può essere pertanto accolto.

385    Terzo, l’argomento relativo alle pretese contraddizioni tra i punti 744 e 746 della decisione impugnata (ove quest’ultimo si rifà al precedente punto 733 della stessa) dev’essere respinto per i motivi già esposti ai punti 358 e 359. In tal senso, il metodo di calcolo applicato nella decisione Deutsche Telekom, cui fa riferimento il punto 744 della decisione impugnata, risulta dalla precedente prassi decisionale della Commissione, ancorché sia ben vero che esso costituisce un elemento nuovo, vale a dire l’utilizzazione di un approccio ponderato.

386    Quarto, laddove le ricorrenti sostengono che la Telefónica, anche successivamente alla pubblicazione della decisione Deutsche Telekom, avvenuta il 14 ottobre 2003 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, non aveva alcuna ragione per ritenere che il proprio comportamento potesse costituire una violazione dell’articolo 82 CE, atteso che la sua situazione sarebbe stata nettamente diversa da quella esaminata nella menzionata controversia, detto argomento non può essere accolto, per i motivi già esposti supra al punto 361. Quanto all’argomento delle ricorrenti, fondato sulla prassi decisionale della Commissione secondo cui l’infrazione avrebbe dovuto essere qualificata come «grave», quantomeno prima del 2003, esso dev’essere rigettato, atteso che, come emerge da costante giurisprudenza, la prassi decisionale della Commissione non può fungere da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza, contesto che è costituito unicamente dal regolamento n. 17 e, successivamente al 1º maggio 2004, dal regolamento n. 1/2003. Le decisioni relative ad altri casi hanno un carattere meramente indicativo dell’esistenza eventuale di discriminazione, essendo poco verosimile un’identità delle circostanze proprie di tali casi, come i mercati, i prodotti, le imprese e i periodi di riferimento (v. sentenza della Corte del 7 giugno 2007, Britannia Alloys & Chemicals/Commissione, C‑76/06 P, Racc. pag. I‑4405, punto 60, e giurisprudenza ivi richiamata). Gli altri argomenti dedotti dalle ricorrenti per dimostrare che la Telefónica non era in grado di prevedere che il suo comportamento potesse costituire violazione dell’articolo 82 CE sono stati peraltro già rigettati ai punti 322‑352 supra.

387    Alla luce delle suesposte considerazioni, la prima censura delle ricorrenti, quale esposta supra al punto 382, non può trovare accoglimento.

388    In secondo luogo, le ricorrenti deducono che l’importo di base dell’ammenda è eccessivo, tenuto conto dell’assenza di impatto concreto ovvero dell’impatto limitato delle pratiche contestate.

389    Si deve ricordare che, a termini del punto 1 A, primo comma, degli orientamenti del 1998, la Commissione deve procedere, nell’ambito della valutazione della gravità dell’infrazione, all’esame dell’impatto concreto sul mercato unicamente qualora risulti che tale impatto sia misurabile (v., in tal senso, sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, punto 83 supra, punto 74, e giurisprudenza ivi richiamata).

390    Inoltre, qualora la Commissione ritenga opportuno, ai fini del calcolo dell’ammenda, tener conto del criterio facoltativo rappresentato dall’impatto concreto dell’infrazione sul mercato, essa non può limitarsi a operare una mera presunzione, ma deve fornire indizi concreti, credibili e sufficienti che consentano di valutare quale effettiva influenza abbia potuto avere l’infrazione sul gioco della concorrenza nel detto mercato (sentenza Prym e Prym Consumer/Commissione, punto 83 supra, punto 82).

391    Nella specie, dalla decisione impugnata emerge che la Commissione ha inteso tener conto di tale elemento facoltativo rappresentato dall’impatto concreto dell’infrazione, cosa che, interrogata al riguardo, ha espressamente confermato all’udienza. Infatti, come emerge dai punti 751 e 752 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che «l’impatto dell’abuso della Telefónica sul mercato [fosse] stato significativo». In tal senso, essa fa presente, da un lato, che, nella valutazione della gravità dell’infrazione, ha tenuto conto del fatto che i mercati interessati erano di valore economico considerevole e svolgevano un ruolo cruciale nella realizzazione della società dell’informazione e, dall’altro, riferendosi al capitolo della decisione impugnata relativo agli effetti dell’abuso, essa ha precisato di aver considerato che la compressione dei margini attuata dalla Telefónica aveva prodotto effetti preclusivi diretti sul mercato al dettaglio e che la circostanza che la condotta della Telefónica aveva ristretto la capacità degli operatori ADSL di crescere in maniera sostenibile sul mercato al dettaglio risultava essere stato un fattore importante quanto al fatto che i prezzi al dettaglio in Spagna erano tra i più elevati d’Europa.

392    Considerato che, nella decisione impugnata, la Commissione si fonda, al fine di dimostrare l’impatto concreto dell’infrazione sul mercato, non solo sul considerevole valore economico e sul ruolo cruciale dei mercati interessati nella realizzazione della società dell’informazione, bensì anche sugli effetti dell’abuso, occorre esaminare, nell’ambito del presente motivo, gli argomenti delle ricorrenti, dedotti nell’ambito del secondo capo del quinto motivo delle domande formulate in via principale, volti a dimostrare che la Commissione non ha sufficientemente provato gli effetti concreti dell’abuso della Telefónica.

393    Per quanto attiene ai pretesi effetti concreti preclusivi sul mercato al dettaglio, nella decisione impugnata la Commissione ha affermato che esistevano prove empiriche del fatto che, primo, la crescita della Telefónica aveva superato di gran lunga quella dei suoi concorrenti (punti 567‑570 della decisione impugnata), secondo, che la Telefónica era restata di gran lunga il primo fornitore ADSL sul mercato al dettaglio di massa durante tutto il periodo dell’indagine (punti 571‑573 della decisione impugnata), terzo, contrariamente ai suoi concorrenti ADSL, la Telefónica aveva acquisito una quota del mercato al dettaglio a banda larga superiore a quella detenuta per i servizi a banda stretta (punti 574‑578 della decisione impugnata) e, quarto, che la condotta della Telefónica aveva limitato la concorrenza sul mercato all’ingrosso nazionale (punti 579‑584 della decisione impugnata). La Commissione afferma parimenti che la concorrenza limitata sussistente sul mercato al dettaglio non è sufficiente per inficiare la circostanza che la compressione dei margini ha prodotto concreti effetti preclusivi (punti 585‑591 della decisione impugnata).

394    In primis, a parere delle ricorrenti, la quota di mercato della Telefónica sul mercato al dettaglio sarebbe sensibilmente diminuita durante il periodo esaminato, il che sarebbe inconciliabile con lo sviluppo di una strategia preclusiva. Il tasso di acquisizione di clienti per i servizi al dettaglio della Telefónica (punti 568‑570 della decisione impugnata) sarebbe sempre stato inferiore alla quota della Telefónica sul mercato medesimo. Inoltre, i dati sui quali la Commissione si fonda riguarderebbero unicamente il segmento al dettaglio dell’ADSL ed escluderebbero i prodotti basati su altri prodotti a banda larga, i quali farebbero parte del mercato al dettaglio quale definito nella decisione impugnata.

395    A tal riguardo, si deve rilevare, in limine, che le ricorrenti non contestano i dati esposti dalla Commissione ai punti 568‑570 della decisione impugnata. Secondo tali dati, la Telefónica si è sviluppata ad un ritmo quattro volte più rapido sul mercato al dettaglio rispetto a tutti i suoi concorrenti ADSL complessivamente considerati e, rispettivamente, sei e quattordici volte più rapidamente rispetto ai suoi due principali concorrenti nel periodo compreso tra il gennaio del 2002 e l’ottobre del 2004. Peraltro, nel corso dell’ultimo trimestre del 2004 e del primo semestre del 2005, la Telefónica ha assorbito quasi il 70% della crescita del mercato dell’ADSL. Infine, il rafforzamento progressivo delle offerte al dettaglio dei concorrenti basate sulla disaggregazione della rete locale non ha impedito alla Telefónica di accaparrarsi più del 70% dei nuovi abbonati sul segmento ADSL nel periodo compreso tra l’aprile 2005 e il luglio 2006.

396    Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, si deve sottolineare che la quota di mercato della Telefónica sul segmento ADSL del mercato al dettaglio è restata relativamente stabile nel corso del periodo dell’infrazione (schema 13 della decisione impugnata), ove questa è passata, a seguito di una diminuzione pari a [riservato] tra il dicembre del 2001 e il luglio del 2002, dal 58% nel luglio del 2002 (vale a dire solo sei mesi dopo l’inizio del periodo dell’infrazione) al 56% alla fine del periodo dell’infrazione, nel dicembre del 2006. Le ricorrenti non possono quindi sostenere che la loro quota di mercato sul segmento ADSL al dettaglio sia diminuita in maniera sensibile.

397    A tal riguardo, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione non può essere censurata per il fatto di aver esaminato più in particolare gli effetti della compressione dei margini sul segmento ADSL del mercato al dettaglio. Infatti tale segmento rappresentava tra il 72 ed il 78,7% delle linee a banda larga in Spagna nel periodo compreso tra il 2002 e il 2006 (punti 39 e 555 nonché tabella 1 della decisione impugnata). Peraltro, detto segmento è stato direttamente interessato dalla compressione dei margini, che si è esercitata sui prodotti all’ingrosso nazionale e regionale, che consentivano agli operatori ADSL alternativi di proporre loro prodotti sul mercato al dettaglio.

398    Infine, come già rilevato supra al punto 281, la Commissione ha preso in considerazione l’esistenza degli operatori via cavo. Essa ha ritenuto che questi non fossero stati direttamente colpiti dalla compressione dei margini e che non avessero, peraltro, esercitato una pressione concorrenziale sufficiente sulla Telefónica sul mercato al dettaglio (punti 559 e 560 della decisione impugnata).

399    Secondo, le ricorrenti deducono che la Commissione non ha dimostrato le proprie affermazioni secondo cui la compressione dei margini avrebbe sfiancato economicamente i concorrenti della Telefónica (punti 587‑591 della decisione impugnata). Tuttavia, tale affermazione era unicamente volta a contestare l’argomento della Telefónica, formulato nella risposta alla comunicazione degli addebiti, secondo cui essa aveva dovuto far fronte ad una concorrenza intensa da parte di un rilevante numero di concorrenti efficienti (punto 585 della decisione impugnata), il che avrebbe escluso, a suo parere, che la compressione dei margini avesse prodotto concreti effetti preclusivi. Orbene, tenuto conto che le ricorrenti non contestano l’affermazione contenuta nel punto 588 della decisione impugnata, secondo cui nessun operatore ADSL ha raggiunto una quota di mercato superiore all’1% prima del 2005, l’argomento delle ricorrenti dev’essere disatteso. Inoltre, contrariamente a quanto da queste sostenuto, e come rilevato dalla Commissione al punto 590 della decisione impugnata, la Jazztel non è stata capace di attendere una quota di mercato superiore all’1% sulla base dei prodotti all’ingrosso nazionali e regionali della Telefónica. Infine, per quanto attiene all’argomento delle ricorrenti secondo cui varie acquisizioni di operatori alternativi da parte di altri operatori, a valori elevati, rifletterebbero le elevate prospettive di crescita degli operatori alternativi stessi, detto argomento non dimostra l’assenza di effetti preclusivi derivanti dal comportamento della Telefónica durante il periodo dell’infrazione. Inoltre, l’acquisizione della Ya.com da parte della France Telecom, cui fanno specificamente riferimento le ricorrenti, risale al giugno del 2007. Essa è quindi successiva al periodo de quo.

400    Terzo, la Commissione avrebbe snaturato i dati, così come i tassi di crescita sul mercato al dettaglio, al fine di dimostrare che la condotta della Telefónica aveva prodotto l’effetto di restringere la concorrenza sul mercato all’ingrosso (punti 579‑584 della decisione impugnata). Interrogate all’udienza sul senso e sulla portata di tale argomento, le ricorrenti hanno affermato che questo non si riferiva ai tassi di crescita sul mercato al dettaglio. Per contro, la Commissione farebbe riferimento a tassi di incremento delle linee all’ingrosso, senza tener conto dell’autoconsumo, che sarebbe realizzato da numerosi operatori verticalmente integrati. Tuttavia, tale argomento, che non è stato dimostrato, dev’essere disatteso, tenuto conto che dalla nota a pie’ di pagina n. 654 della decisione impugnata, relativa allo schema 18 nel punto 579 della decisione medesima, emerge che «[i] ricavi netti sono calcolati sulla base dell’evoluzione delle linee (ivi compreso l’autoconsumo) sul mercato nazionale all’ingrosso». La Commissione ha quindi effettivamente tenuto conto di tale autoconsumo.

401    In ogni caso, si deve rilevare che, malgrado il fatto che la Telefónica abbia perduto talune quote di mercato a livello del prodotto all’ingrosso nazionale (schema 18 della decisione impugnata), le ricorrenti non contestano i rilievi della Commissione secondo cui la crescita della Telefónica a livello del prodotto all’ingrosso nazionale tra il gennaio del 2002 e l’ottobre del 2004 si è sviluppata ad un ritmo sei volte superiore a quello dei suoi concorrenti ADSL complessivamente considerati, dieci volte superiore a quello del principale concorrente ADSL ONO e 30 volte superiore a quello del suo secondo concorrente, France Telecom (punto 580 della decisione impugnata). Inoltre, dalla decisione impugnata emerge che, a decorrere dall’ottobre del 2004, la Telefónica ha continuato a crescere a livello del prodotto all’ingrosso nazionale ad un ritmo tre volte superiore a quello dei suoi concorrenti ADSL complessivamente intesi, sette volte superiore a quello del principale concorrente ADSL France Telecom e dieci volte superiore a quello del suo secondo concorrente ADSL Jazztel. Peraltro, la Auna, principale concorrente della Telefónica sul mercato all’ingrosso nazionale, ha subito una riduzione dei suoi volumi durante quest’ultimo periodo (punto 581 della decisione impugnata). Orbene, la crescita della Telefónica sul mercato delle linee ADSL a livello del prodotto all’ingrosso nazionale e la diminuzione dei volumi dell’Auna sul mercato all’ingrosso nazionale devono essere considerate quali indizi di concreti effetti preclusivi dei concorrenti.

402    Alla luce delle suesposte considerazioni e senza che occorra pronunciarsi sugli argomenti delle ricorrenti volti a contestare il raffronto tra i servizi a banda stretta e i servizi a banda larga, effettuato dalla Commissione ai punti 574‑578 della decisione impugnata, si deve ritenere che la Commissione ha prodotto sufficienti indizi concreti, credibili ed idonei a dimostrare che il comportamento della Telefónica ha prodotto concreti effetti preclusivi sul mercato.

403    Quarto, le ricorrenti contestano il preteso pregiudizio subito dai consumatori. Esse contestano il rilievo della Commissione secondo cui la condotta della Telefónica ha portato i prezzi al dettaglio ad un livello tra i più elevati, se non il più elevato, dell’Unione, all’epoca in cui questa era composta da quindici Stati membri, portandoli addirittura a superare i prezzi al dettaglio più elevati degli Stati membri medesimi.

404    A tal riguardo, si deve rilevare che, ai punti 592‑602 della decisione impugnata, la Commissione ha osservato che:

—        l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici (OCSE) aveva concluso, in uno studio del 18 giugno 2004, che il canone mensile medio di una connessione Internet a banda larga in Spagna era uno dei più cari d’Europa in termini di rapporto prezzo-prestazione, il che risultava confermato da uno studio realizzato da un’associazione di consumatori spagnola, l’Organización de Consumidores y Usuarios (OCU) (punto 594 della decisione impugnata);

—        le analisi realizzate dalla CMT nel periodo compreso tra il 2004 ed il 2006 dimostrerebbero che i prezzi al dettaglio di accesso ad Internet a banda larga in Spagna erano elevati e nettamente superiori alla media europea (punto 595 della decisione impugnata);

—        uno studio del dicembre del 2006 (in prosieguo: lo «studio del 2006»), ordinato dall’ARN irlandese, la Commission for Communications Regulation (ComReg) e realizzato dallo studio Teligen, aveva concluso che i prezzi al dettaglio della Telefónica erano superiori dell’85% alla media europea (punti 596‑601 della decisione impugnata);

—        la Telefónica avrebbe calcolato, sulla base dei propri dati, che il prezzo al dettaglio medio in Spagna era superiore del 20% rispetto al prezzo medio dell’Unione, quando questa era composta da quindici Stati membri (punto 602 della decisione impugnata).

405    Da un lato, le ricorrenti hanno sostenuto, nel proprio ricorso, che nella decisione impugnata la Commissione non aveva dimostrato che i prezzi al dettaglio in Spagna figuravano tra i più elevati d’Europa. Tuttavia, a tal fine, esse hanno unicamente contestato le risultanze dello studio del 2006, deducendo che le offerte oggetto di raffronto erano eterogenee e detto studio non teneva conto delle promozioni, né del prezzo dei prodotti più popolari, e che il campionamento effettuato riguardava unicamente la situazione di quindici paesi in un momento determinato. Esse non hanno tuttavia contestato gli altri studi menzionati dalla Commissione, i quali attestano l’elevato livello dei prezzi del prodotto al dettaglio in Spagna, ragion per cui il loro argomento dev’essere disatteso. In ogni caso, come sottolineato dalla Commissione al punto 602 della decisione impugnata, la Telefónica stessa ha riconosciuto, nella propria risposta alla comunicazione degli addebiti, che un semplice raffronto dei prezzi al dettaglio negli Stati membri conduceva alla conclusione secondo cui i prezzi al dettaglio in Spagna erano i più elevati nell’Unione, quando questa era composta da quindici Stati membri «nel periodo 1999-2005».

406    Dall’altro lato, nella replica e all’udienza, le ricorrenti hanno dedotto che nessuno degli studi citati dalla Commissione rispondeva alla questione se i consumatori spagnoli avessero sopportato prezzi al dettaglio di accesso ad Internet a banda larga più elevati a causa di un effetto di compressione dei margini tariffari anticoncorrenziale.

407    Tuttavia, è stato ricordato supra al punto 390 che la Commissione doveva fornire indizi concreti, credibili e sufficienti che consentissero di valutare la possibile influenza concreta dell’infrazione sulla concorrenza sul mercato de quo. Orbene, si deve ritenere che legittimamente la Commissione ha potuto considerare che l’elevato livello dei prezzi al dettaglio in Spagna costituiva un siffatto indizio dell’impatto concreto della condotta della Telefónica sul mercato spagnolo.

408    Quinto, le ricorrenti sostengono che l’affermazione della Commissione, di cui al punto 603 della decisione impugnata, secondo cui il tasso di penetrazione della banda larga in Spagna si collocherebbe al di sotto della media europea è erroneo. A tal fine, esse deducono che la Spagna si collocherebbe solamente «leggermente al di sotto della media europea, che tale evoluzione sarebbe stata già prevista nel 2001 in considerazione del tardivo sviluppo dell’accesso a Internet a banda larga in Spagna, o ancora, che tale constatazione trova spiegazione in fattori socio-demografici.

409    In tal senso, se è pur vero che le ricorrenti deducono taluni argomenti che potrebbero spiegare i motivi per i quali detto tasso è al di sotto della media europea, esse non contestano che questo sia effettivamente inferiore a tale media. Orbene, si deve rilevare che, senza incorrere in manifesti errori di valutazione, la Commissione ha stimato che il tasso di penetrazione della banda larga meno elevato in Spagna rispetto agli altri Stati membri costituiva parimenti un indizio dell’impatto concreto della condotta della Telefónica sul mercato spagnolo.

410    Alla luce delle suesposte considerazioni, la seconda censura delle ricorrenti, quale esposta supra al punto 388, non può trovare accoglimento.

411    In terzo luogo, le ricorrenti sostengono che l’importo di base dell’ammenda è eccessivo, tenuto conto dell’estensione geografica dei pretesi mercati interessati.

412    In primis, devono essere disattesi gli argomenti relativi alla prassi decisionale della Commissione, secondo cui, nelle decisioni pronunciate in materia di abuso di posizione dominante nel settore delle telecomunicazioni, la Commissione avrebbe considerato le infrazioni come «gravi» ogniqualvolta i mercati interessati presentassero caratteristiche analoghe a quelle del mercato spagnolo di accesso a Internet a banda larga. Infatti, come rilevato supra al punto 386, la prassi decisionale della Commissione non può servire da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza.

413    Secondo, dev’essere respinto l’argomento delle ricorrenti relativo al fatto che l’infrazione dovrebbe essere qualificata come «grave» considerato che «il mercato de quo si limita (tutt’al più) al territorio di uno Stato membro». Infatti, come correttamente sottolineato dalla Commissione al punto 755 della decisione impugnata, oltre al fatto che, se è pur vero che i casi di compressione dei margini sono necessariamente circoscritti ad un solo Stato membro, essi impediscono tuttavia agli operatori di altri Stati membri di fare ingresso su un mercato in forte crescita, il mercato spagnolo della banda larga è il quinto mercato nazionale della banda larga in ordine di grandezza nell’Unione. Inoltre, come sottolineato dalla Commissione al punto 742 della decisione impugnata, l’abuso della Telefónica costituisce un abuso grave da parte di un’impresa detentrice di una posizione virtualmente monopolistica. Come risulta peraltro dai punti 388‑410 supra, legittimamente la Commissione ha stimato che la condotta della Telefónica avesse prodotto un impatto significativo sul mercato al dettaglio. Infine, emerge dalla giurisprudenza che l’estensione del mercato geografico costituisce solo uno dei tre criteri rilevanti, secondo gli orientamenti del 1998, ai fini della valutazione globale della gravità dell’infrazione. Tra tali criteri interdipendenti, la natura dell’infrazione svolge un ruolo preminente. Per contro, l’estensione del mercato geografico non è un criterio autonomo nel senso che solo infrazioni concernenti la maggior parte degli Stati membri potrebbero essere qualificate come «molto gravi». Né il Trattato CE, né il regolamento n. 17 o il regolamento n. 1/2003, né gli orientamenti, né la giurisprudenza consentono di ritenere che solo restrizioni geograficamente molto estese possano essere qualificate come tali (v., in tal senso, sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, punto 319 supra, punto 311, e giurisprudenza ivi richiamata). Alla luce di tali elementi, correttamente la Commissione ha qualificato, nella specie, l’infrazione come «molto grave», sebbene le dimensioni del mercato geografico de quo fossero limitate al territorio spagnolo.

414    La terza censura delle ricorrenti, quale esposta supra al punto 411, dev’essere quindi disattesa.

415    In quarto luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione è venuta meno al proprio obbligo di motivazione ed è incorsa in un errore di diritto per non aver preso in considerazione la variabilità della gravità dell’infrazione durante il periodo interessato.

416    Primo, per quanto attiene alla violazione dell’obbligo di motivazione, secondo costante giurisprudenza, nella determinazione dell’ammenda in caso di infrazione alle regole di concorrenza, i requisiti sostanziali costituiti dall’obbligo di motivazione risultano osservati qualora la Commissione indichi, nella sua decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione (sentenza della Corte del 16 novembre 2000, Sarrió/Commissione, C‑291/98 P, Racc. pag. I‑9991, punto 73, e sentenza Atlantic Container Line e a./Commissione, punto 150 supra, punto 1521). Tali requisiti non impongono all’istituzione di indicare nella sua decisione i dati in forma numerica relativi al metodo di calcolo delle ammende (v. sentenza Microsoft/Commissione, punto 58 supra, punto 1361, e giurisprudenza ivi richiamata).

417    Nella specie, la Commissione ha ritenuto, al punto 750 della decisione impugnata, che «l’infrazione dovesse essere considerata come molto grave». Inoltre, al successivo punto 756, la Commissione ha dichiarato, da un lato, che «l’infrazione [doveva], in via principale, essere qualificata come molto grave, ancorché non abbia presentato gravità uniforme durante tutto il periodo considerato» e, dall’altro, che «l’importo di base dell’ammenda [prendeva] in considerazione il fatto che la gravità dell’abuso della Telefónica [era] divenuta in ogni caso più evidente, in particolare successivamente alla decisione Deutsche Telekom».

418    A tal riguardo, dev’essere disatteso l’argomento delle ricorrenti relativo alla pretesa contraddizione della motivazione risultante dal fatto che la Commissione avrebbe considerato l’infrazione come «molto grave» laddove essa avrebbe potuto essere meno grave prima dell’ottobre 2003, data di pubblicazione della decisione Deutsche Telekom. Infatti, come emerge dai punti 738‑758 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che l’infrazione fosse stata «molto grave» per tutto il periodo interessato, ancorché tale gravità non fosse risultata uniforme nel corso del periodo medesimo. Peraltro, alla luce della giurisprudenza richiamata supra al punto 416, l’argomento relativo alla totale carenza di motivazione quanto alle «modalità di calcolo particolari dell’“importo di base”» dev’essere parimenti respinto.

419    Secondo, dev’essere disatteso l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione non ha tratto le conseguenze dai rilievi rammentati supra al punto 417, in termini di qualificazione dell’infrazione ovvero in termini di fissazione dell’importo di base dell’ammenda, nella parte in cui avrebbe dovuto, tutt’al più, qualificare l’infrazione come «grave» fissando l’importo di base dell’ammenda ad un livello significativamente inferiore. Infatti, tale argomento si fonda su una premessa erronea considerato che, da un lato, dai rilievi precedentemente svolti (v. supra, punti 371‑414) correttamente la Commissione ha considerato che l’infrazione dovesse essere qualificata come «molto grave» per tutto il periodo interessato e, dall’altro, tenuto conto che emerge espressamente dai punti 750 e 760 della decisione impugnata che, pur assumendo la qualificazione come «molto grave» per tutto il periodo de quo, la Commissione ha effettivamente tenuto conto dell’intensità variabile dell’infrazione stessa nella fissazione dell’importo di base dell’ammenda (v. supra, punti 27 e 417).

420    La quarta censura delle ricorrenti, quale esposta supra al punto 388, non può, quindi, trovare accoglimento.

421    Dai suesposti rilievi risulta che il primo capo del presente motivo dev’essere respinto in toto.

 Sul secondo capo del secondo motivo, attinente alla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di individualità delle pene nonché dell’obbligo di motivazione nella fissazione dell’importo di base dell’ammenda

422    Nell’ambito del presente motivo, le ricorrenti deducono la violazione, da parte della Commissione, nella fissazione dell’importo di base dell’ammenda, dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di individualità delle pene nonché dell’obbligo di motivazione.

423    In primo luogo, occorre esaminare la censura delle ricorrenti attinente alla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di individualità delle pene.

424    In primis, si deve ricordare che il principio di parità di trattamento osta, segnatamente, a che situazioni analoghe siano trattate in maniera diversa, salvo che tale trattamento sia obiettivamente giustificato (v. sentenze della Corte del 10 gennaio 2006, IATA e ELFAA, C‑344/04, Racc. pag. I‑403, punto 95; del 17 giugno 2010, Lafarge/Commissione, C‑413/08 P, Racc. pag. I‑5361, punto 40, e sentenza del Tribunale del 1º luglio 2008, Compagnie maritime belge/Commissione, T‑276/04, Racc. pag. II‑1277, punto 92, e giurisprudenza ivi richiamata).

425    Nella specie, ai fini della dimostrazione della violazione del principio di parità di trattamento, le ricorrenti sottolineano le differenze, nella fissazione dell’importo di base dell’ammenda, tra la decisione impugnata da un lato e, dall’altro, una serie di precedenti decisioni della Commissione. Tuttavia, come rammentato supra al punto 386, la prassi decisionale della Commissione non può servire da contesto normativo delle ammende in maniera di concorrenza.

426    Inoltre, secondo ben consolidata giurisprudenza, il fatto che la Commissione abbia inflitto, in passato, ammende di una certa entità per determinati tipi di infrazioni, non può impedirle di aumentare tale entità entro i limiti stabiliti dal regolamento n. 17 e dal regolamento n. 1/2003, qualora ciò risulti necessario per garantire l’attuazione della politica comunitaria della concorrenza (v. sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 59 supra, punto 169, e giurisprudenza ivi richiamata).

427    Al contrario, l’efficace applicazione delle regole dell’Unione in materia di concorrenza richiede che la Commissione possa adeguare in qualunque momento il livello delle ammende alle esigenze di tale politica. Tale comportamento non può costituire una violazione, da parte della Commissione, del principio della parità di trattamento rispetto alla sua prassi anteriore (v. sentenza Groupe Danone/Commissione, punto 67 supra, punto 154, e giurisprudenza ivi richiamata). Nessuna violazione del principio di parità di trattamento può essere quindi rilevata nella specie.

428    Secondo, si deve rammentare che, secondo costante giurisprudenza, il principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, richiede che gli atti delle istituzioni dell’Unione non superino i limiti di quanto appropriato e necessario al conseguimento degli scopi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure adatte, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (v. sentenza della Corte del 12 luglio 2001, Jippes e a., C‑189/01, Racc. pag. I‑5689, punto 81, e giurisprudenza ivi richiamata).

429    Per quanto attiene al calcolo delle ammende, il principio di proporzionalità implica che la Commissione deve fissare l’ammenda in modo proporzionato rispetto agli elementi presi in considerazione ai fini della valutazione della gravità dell’infrazione e che essa deve applicare al riguardo tali elementi in maniera coerente e obiettivamente giustificata (v. sentenza del Tribunale del 27 settembre 2006, Jungbunzlauer/Commissione, T‑43/02, Racc. pag. II‑3435, punto 228, e giurisprudenza ivi richiamata).

430    A tal riguardo, si deve rilevare anzitutto che la Commissione dispone, nell’ambito del regolamento n. 1/2003, di un potere discrezionale nella fissazione dell’importo delle ammende al fine di orientare il comportamento delle imprese verso il rispetto delle regole di concorrenza (v. sentenza Groupe Danone/Commissione, punto 67 supra, punto 134, e giurisprudenza ivi richiamata).

431    Dev’essere parimenti rammentato che la metodologia di cui al punto 1 A degli orientamenti del 1998 risponde ad una logica forfettaria, secondo cui l’importo di base generale dell’ammenda, determinato secondo la gravità dell’infrazione, viene calcolato in funzione della natura dell’infrazione stessa, del suo impatto concreto sul mercato quando sia misurabile e dell’estensione geografica del mercato rilevante (sentenza del Tribunale del 6 maggio 2009, Wieland-Werke/Commissione, T‑116/04, Racc. pag. II‑1087, punto 62).

432    Nella specie, come emerge dai punti 371‑421 supra, la Commissione ha correttamente qualificato l’infrazione come «molto grave». Alla luce del fatto, da un lato, che l’abuso della Telefónica dev’essere considerato come abuso grave per il quale sussistono precedenti, abuso che pregiudica l’obiettivo della realizzazione di un mercato interno per le reti e i servizi di telecomunicazione e, dall’altro, che esso ha avuto un impatto significativo sul mercato al dettaglio spagnolo (punti 738‑757 della decisione impugnata), un importo di base dell’ammenda di EUR 90 milioni non può essere considerato sproporzionato.

433    Terzo, le ricorrenti non possono far valere la violazione del principio di individualità delle pene. Infatti, nel valutare la gravità di un’infrazione ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda, la Commissione deve assicurare il carattere dissuasivo della propria azione, soprattutto per i tipi di infrazione particolarmente pregiudizievoli per la realizzazione degli obiettivi dell’Unione (v. sentenza Groupe Danone/Commissione, punto 67 supra, punto 169, e giurisprudenza ivi richiamata). La dissuasione dev’essere, al tempo stesso, specifica e generale. Pur essendo volta alla repressione di un’infrazione individuale, l’ammenda si colloca anche nell’ambito di una politica generale del rispetto delle regole di concorrenza da parte delle imprese (v., in tal senso, sentenza Musique Diffusion française e a./Commissione, punto 313 supra, punto 106). Orbene, se è certamente vero che l’ammenda può presentare anche un effetto dissuasivo generale nei confronti delle altre imprese che potrebbero essere tentate di violare le norme in materia di concorrenza, dalla decisione impugnata emerge che, nella specie, l’ammenda è stata calcolata tenendo conto della situazione specifica della Telefónica, vale a dire la gravità dell’infrazione contestata alla luce della sua natura, dei suoi effetti sul mercato e dell’estensione del mercato geografico rilevante, della sua durata e della presenza di una circostanza attenuante. Pertanto, le ricorrenti non possono sostenere che l’effetto dissuasivo generale dell’ammenda sarebbe stato «l’obiettivo primo e ultimo dell’ammenda».

434    In secondo luogo, per quanto attiene alla violazione dell’obbligo di motivazione, si deve ricordare, come già rilevato supra al punto 416, che le esigenze di formalità sostanziale in cui l’obbligo di motivazione si estrinseca sono soddisfatte quando la Commissione indica, nella propria decisione, gli elementi di valutazione che le hanno consentito di misurare la gravità e la durata dell’infrazione, senza che essa sia tenuta ad ivi riportare un’esposizione più dettagliata ovvero dati quantificati relativi alle modalità di calcolo dell’ammenda. Orbene, tali elementi figurano ai punti 713‑767 della decisione impugnata. Inoltre, la logica forfettaria inerente al calcolo dell’importo di base dell’ammenda è stata rammentata supra al punto 431. L’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe dovuto spiegare in termini più dettagliati, nella decisione impugnata, le modalità con cui ha fissato l’importo di base dell’ammenda di EUR 90 milioni dev’essere quindi disatteso.

435    Inoltre, come già ricordato supra al punto 386, poiché la prassi decisionale della Commissione non può fungere da contesto normativo per le ammende in materia di concorrenza, le ricorrenti non possono contestare alla Commissione di non aver indicato, nella decisione impugnata, le ragioni per le quali l’importo di base dell’ammenda inflitta alla Telefónica risulterebbe significativamente superiore all’importo di base dell’ammenda inflitta nella decisione Wanadoo Interactive, né tantomeno di non aver maggiormente precisato le ragioni per le quali era giustificato, nella specie, imporre alla Telefónica un’ammenda il cui importo sarebbe superiore a quello fissato nella decisione Deutsche Telekom (v., in tal senso, sentenza Michelin/Commissione, punto 268 supra, punto 255).

436    Alla luce delle suesposte considerazioni, la censura attinente alla violazione dell’obbligo di motivazione dev’essere respinta, al pari del secondo capo del secondo motivo in toto.

 Sul terzo capo del secondo motivo, attinente ad errori di fatto e di diritto nonché a carenza di motivazione, nella maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda a fini dissuasivi

437    Con tale capo le ricorrenti fanno valere che la Commissione è incorsa in errori di fatto e di diritto nella maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda a fini dissuasivi.

438    In limine, si deve ricordare, che, a termini del punto 1 A, quarto comma, degli orientamenti del 1998, nell’ambito della determinazione dell’importo di base dell’ammenda è «necessario valutare in che misura gli autori dell’infrazione abbiano l’effettiva capacità economica di arrecare un danno consistente agli altri operatori, in particolare ai consumatori, e occorrerà fissare l’importo dell’ammenda ad un livello tale da garantirle un carattere sufficientemente dissuasivo». Peraltro, ai sensi del punto 1 A, quinto comma, la Commissione può tener conto del fatto che «le imprese di grandi dimensioni dispongono quasi sempre di conoscenze e di infrastrutture giuridico-economiche che consentono loro di essere maggiormente consapevoli del carattere di infrazione del loro comportamento e delle conseguenze che ne derivano sotto il profilo del diritto della concorrenza».

439    In primis, per quanto attiene all’argomento delle ricorrenti relativo alla carenza di motivazione della maggiorazione operata a fini dissuasivi, si deve rilevare che, al punto 758 della decisione impugnata, la Commissione ha fatto presente che, «in considerazione della significativa potenza economica della Telefónica, al fine di assicurare all’ammenda un sufficiente effetto dissuasivo, l’importo iniziale [doveva] essere aumentato in ragione di un fattore pari a 1,25». Nella nota a piè di pagina n. 791 della decisione impugnata, la Commissione ha precisato che la Telefónica era il più grande operatore storico di telecomunicazioni d’Europa in termini di capitalizzazione in borsa e che le risorse e i profitti della Telefónica erano significativi. Essa ha parimenti indicato che la Telefónica possedeva, secondo quanto dichiarato presso la United States Securities and Exchange Commission (Commissione dei titoli e della borsa degli Stati Uniti) relativamente all’esercizio fiscale 2006, una riserva di cassa e investimenti finanziari a breve termine pari a EUR 5 472 milioni al 31 dicembre 2006 e che i suoi utili ammontavano, per l’esercizio fiscale 2006, a EUR 6 579 milioni a fronte di ricavi pari a EUR 52 901 milioni. Ne consegue che la maggiorazione dell’importo di base a fini dissuasivi risulta sufficientemente motivata.

440    Secondo, devono essere disattesi gli argomenti in base ai quali, da un lato, la Commissione avrebbe dovuto verificare se l’importo di base dell’ammenda pari a EUR 90 milioni fosse già di per sé sufficientemente dissuasivo, anche in assenza di maggiorazione, e, dall’altro, se la necessità di aumentare un’ammenda a fini dissuasivi debba essere determinata dopo averne calcolato l’importo finale. Si deve rilevare, a tal riguardo, che le ricorrenti non contestano la legittimità degli orientamenti del 1998, ai sensi dei quali la presa in considerazione degli effetti dissuasivi di un’ammenda costituisce uno dei fattori che rilevano nella fissazione dell’importo di base dell’ammenda. Orbene, si deve ritenere che la Commissione poteva legittimamente ritenere che la significativa forza economica della Telefónica — che, all’epoca dell’adozione della decisione impugnata, era il più grande operatore storico di telecomunicazioni in termini di capitalizzazione di borsa (punto 758 e nota a pie’ di pagina n. 791 della decisione impugnata) — giustificava l’imposizione di un fattore di dissuasione, tanto più che le ricorrenti non contestano che l’importo di base dell’ammenda rappresenti, nella specie, solamente lo 0,17% del fatturato della Telefónica.

441    Terzo, le ricorrenti si fondano sulla prassi decisionale della Commissione al fine di dimostrare che questa avrebbe violato i principi di proporzionalità e di parità di trattamento maggiorando l’importo di base dell’ammenda a fini dissuasivi. In tal senso, la capacità finanziaria della Telefónica non giustificherebbe un suo diverso trattamento rispetto alle imprese Wanadoo Interactive e Deutsche Telekom, cui la Commissione non avrebbe applicato maggiorazioni a fini dissuasivi. Tale argomento dev’essere tuttavia disatteso tenuto conto che, come rilevato supra al punto 386, la prassi decisionale della Commissione non può fungere da contesto normativo alle ammende in materia di concorrenza. La sola circostanza che, nella specie, la Commissione abbia maggiorato l’importo dell’ammenda inflitta alla Telefónica a fini dissuasivi, laddove nessuna maggiorazione sarebbe stata applicata a tal fine nelle decisioni Wanadoo Interactive e Deutsche Telekom, non può pertanto fondare una violazione dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità. La censura delle ricorrenti dev’essere quindi respinta.

442    Quarto, per quanto attiene all’argomento relativo alla violazione del principio di individualità delle pene, è sufficiente rinviare ai rilievi esposti supra al punto 433.

443    Da tutte le suesposte considerazioni emerge che gli argomenti delle ricorrenti, secondo cui la Commissione sarebbe incorsa in vari errori nella maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda inflitta alla Telefónica a fini dissuasivi, risultano infondati, ragion per cui il terzo capo del secondo motivo dev’essere respinto.

 Sul quarto capo del secondo motivo, attinente ad errori di diritto e a manifesti errori di valutazione commessi nella qualificazione dell’infrazione come «infrazione di lunga durata»

444    Con il presente capo le ricorrenti deducono che la Commissione è incorsa in errori di diritto e in manifesti errori di valutazione dei fatti nella determinazione del dies a quo e della data finale dell’infrazione.

445    Si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003, la durata dell’infrazione costituisce uno degli elementi da prendere in considerazione per determinare l’importo dell’ammenda da infliggere alle imprese responsabili di violazioni delle regole di concorrenza.

446    Per quanto attiene al fattore relativo alla durata dell’infrazione, gli orientamenti del 1998 distinguono fra infrazioni di breve durata (in genere, inferiore ad un anno), per le quali l’importo di base assunto per la gravità non dovrebbe essere maggiorato, le infrazioni di media durata (in generale, da uno a cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato del 50%, e le infrazioni di lunga durata (in genere, oltre i cinque anni), per le quali tale importo può essere maggiorato per ciascun anno del 10% (punto 1 B, primo comma, primo, secondo e terzo trattino degli orientamenti del 1998).

447    In primo luogo, le ricorrenti contestano la fissazione, nel punto 759 della decisione impugnata, del dies a quo dell’infrazione.

448    Primo, per i motivi esposti supra ai punti 356‑369, dev’essere disatteso l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Telefónica non sarebbe stata in grado di sapere, prima del mese di ottobre 2003, che la propria condotta potesse costituire violazione dell’articolo 82 CE.

449    Secondo, si deve ricordare che gli argomenti dedotti dalle ricorrenti relativi alla mancata considerazione, nella fissazione dell’importo di base dell’ammenda dell’intensità variabile dell’infrazione sono stati già respinti supra al punto 419.

450    Terzo, gli argomenti delle ricorrenti secondo cui la variazione della gravità dell’infrazione ne giustificherebbe una riduzione supplementare basata sulla sua durata finiscono col confondere i criteri della gravità e di durata dell’infrazione di cui all’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003 nonché dagli orientamenti del 1998. Infatti, con il loro argomento le ricorrenti contestano la maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda in ragione del 10% annuo richiamandosi ad elementi connessi alla valutazione della gravità dell’infrazione, cosa che, del resto, non hanno dimostrato (v. punto 419 supra). Considerando che la maggiorazione per la durata dell’infrazione viene inflitta applicando una determinata percentuale all’importo di base dell’ammenda che è stabilito in base alla gravità complessiva dell’infrazione, il che già riflette in tal modo le diverse intensità dell’infrazione medesima, non occorre tener conto di una variazione nell’intensità dell’infrazione durante il periodo considerato ai fini dell’aumento di detto importo a causa della durata dell’infrazione (sentenza del Tribunale del 28 aprile 2010, Gütermann e Zwicky/Commissione, T‑456/05 e T‑457/05, Racc. pag. II‑1443, punto 159). Per gli stessi motivi dev’essere parimenti disatteso l’argomento relativo al fatto che, nel periodo compreso tra il 26 luglio 2001 ed il 21 dicembre 2006, la CMT avrebbe esercitato un controllo sugli utili della Telefónica, nonché l’argomento fondato sul carattere emergente del mercato spagnolo e sui significativi investimenti della Telefónica sul mercato medesimo.

451    In secondo luogo, per quanto attiene alla determinazione della data di cessazione dell’infrazione, si deve rilevare che l’unico argomento delle ricorrenti si fonda sul fatto che, al fine di accertare la compressione dei margini, la Commissione si sarebbe basata unicamente su dati relativi al periodo compreso tra il 2001 ed il giugno del 2006. Tuttavia, le ricorrenti non contestano l’affermazione della Commissione di cui al punto 124 della decisione impugnata secondo cui non vi sarebbe stato alcun impatto sul livello dei prezzi dei prodotti all’ingrosso nazionale e regionale tra la decisione della CMT del 1º giugno 2006 — data alla quale la CMT ha modificato la regolamentazione dei prezzi applicabile ai prodotti all’ingrosso regionale e nazionale, imponendo alla Telefónica di orientarli ai costi (punto 123 della decisione impugnata) — ed il 21 dicembre 2006, data alla quale la CMT ha adottato misure provvisorie che prevedevano diminuzioni sostanziali dei prezzi dei prodotti medesimi, ove i prezzi del prodotto all’ingrosso regionale sono stati ridotti in misura compresa tra il 22 ed il 54% e i prezzi del prodotto all’ingrosso nazionale (ADSL‑IP) sono stati ridotti in misura compresa tra il 24 ed il 61%. Inoltre, le ricorrenti non contestano quanto accertato al punto 62 della decisione impugnata secondo cui, alla data di adozione della decisione medesima, i prezzi al dettaglio della TESAU erano gli stessi del settembre 2001. Esse non sostengono nemmeno una qualsivoglia modificazione dei costi, presi in considerazione dalla Commissione nella specie. Si può pertanto ritenere che l’infrazione sia cessata il 21 dicembre 2006 (v. parimenti il punto 747 della decisione impugnata).

452    Ciò premesso, si deve ritenere che le ricorrenti non possono legittimamente invocare la durata dell’infrazione controversa per chiedere una riduzione quantomeno del 20% dell’importo dell’ammenda inflitta alla Telefónica, ragion per cui il quarto capo del secondo motivo dev’essere respinto.

 Sul quinto capo del secondo motivo, attinente ad errori di diritto e ad errori di fatto commessi nella presa in considerazione di circostanze attenuanti

453    In limine, si deve ricordare che dagli orientamenti del 1998 risulta che l’importo di base dell’ammenda può essere ridotto quando l’infrazione sia stata commessa colposamente e non dolosamente (punto 3, primo comma, quinto trattino).

454    Si deve parimenti rilevare che, secondo la giurisprudenza, l’adeguatezza di un’eventuale riduzione dell’importo dell’ammenda in considerazione di circostanze attenuanti dev’essere valutata complessivamente, tenendo conto di tutte le circostanze pertinenti (sentenza del Tribunale dell’8 luglio 2004, Mannesmannröhren-Werke/Commissione, T‑44/00, Racc. pag. II‑2223, punto 274).

455    Orbene, l’adozione degli orientamenti del 1998 non ha privato di rilievo la giurisprudenza secondo cui la Commissione dispone di un potere discrezionale che le consente di prendere o di non prendere in considerazione taluni elementi all’atto di stabilire l’importo delle ammende che essa intenda infliggere, in funzione, segnatamente, delle circostanze della specie. In tal senso, in assenza di indicazioni di carattere imperativo negli orientamenti riguardo alle circostanze attenuanti che possono essere prese in considerazione, la Commissione ha conservato un certo margine per valutare in modo globale l’entità di un’eventuale riduzione dell’importo delle ammende in ragione di circostanze attenuanti (sentenza Raiffeisen Zentralbank Österreich e a./Commissione, punto 319 supra, punto 473).

456    Nella specie, al punto 765 della decisione impugnata, la Commissione ha ritenuto che, quanto all’intervento regolamentare della CMT nei confronti dei prezzi del prodotto all’ingrosso regionale, la Telefónica ha fatto prova di negligenza, in quanto, anche nell’ipotesi favorevole in cui avesse potuto ritenere, inizialmente, che il modello della CMT si fondasse su stime realistiche, essa ha dovuto, o avrebbe dovuto, realizzare rapidamente che i costi effettivi non corrispondevano alle stime utilizzate dalla CMT nella sua analisi ex ante (v., parimenti, punti 727‑730 della decisione impugnata). Per tale motivo, la Commissione ha concesso una riduzione del 10% alla Telefónica a titolo di circostanze attenuanti (punto 766 della decisione impugnata).

457    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che la Commissione non ha sufficientemente tenuto conto del fatto che l’infrazione ha potuto essere commessa parzialmente per negligenza.

458    In primis, a tal riguardo, dev’essere disatteso l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe commesso un errore di valutazione per aver considerato che la negligenza della Telefónica riguardava unicamente il prodotto all’ingrosso regionale. Infatti, come emerge dai punti 110‑143 supra, correttamente la Commissione ha concluso che i prodotti all’ingrosso nazionale e regionale non appartenevano allo stesso mercato. Inoltre, atteso che i prezzi del prodotto all’ingrosso nazionale non sono stati regolamentati durante il periodo dell’infrazione, legittimamente la Commissione ha ritenuto che la circostanza attenuante connessa alla negligenza della Telefónica riguardava solo il prodotto all’ingrosso regionale. Il fatto che sia esistita una regolamentazione settoriale che consentisse alla CMT di intervenire nei confronti del prodotto all’ingrosso nazionale della Telefónica è irrilevante, atteso che, come emerge dalla giurisprudenza, pur se non è escluso che, in talune circostanze, un contesto normativo nazionale o un comportamento delle autorità nazionali possano costituire circostanze attenuanti, l’approvazione o la tolleranza dell’infrazione da parte delle autorità nazionali non possono essere prese in considerazione a tal titolo quando le imprese di cui trattasi dispongano dei mezzi necessari per procurarsi informazioni giuridiche precise e corrette (sentenza della Corte del 24 settembre 2009, Erste Group Bank e a./Commissione, C‑125/07 P, C‑133/07 P, C‑135/07 P e C‑137/07 P, Racc. pag. I‑8681, punti 228 e 230).

459    Secondo, per i motivi esposti supra ai punti 343‑352, dev’essere disatteso l’argomento delle ricorrenti secondo cui la Commissione avrebbe commesso un errore nel ritenere che la negligenza della Telefónica fosse estremamente grave, alla luce del suo legittimo affidamento riposto nell’azione della CMT e della complessità della questione.

460    Terzo, laddove le ricorrenti sostengono che la riduzione del 10% a titolo delle circostanze attenuanti, concessa all’impresa de qua nella decisione Deutsche Telekom, sarebbe insufficiente nella specie in considerazione, da un lato, del superiore importo di base fissato per la Telefónica e, dall’altro, della differente regolamentazione in Spagna, tale argomento non può essere accolto. Anzitutto, come già rilevato supra al punto 386, la prassi decisionale della Commissione non può fungere da contesto normativo alle ammende in materia di concorrenza. Inoltre, il giudice dell’Unione ha già sottolineato che la solo circostanza che la Commissione abbia concesso, nella sua precedente prassi decisionale, un certo tasso di riduzione per un determinato comportamento non implica che essa sia tenuta a concedere la medesima riduzione proporzionale in occasione della valutazione di un comportamento analogo nell’ambito di un procedimento amministrativo successivo (sentenza Dansk Rørindustri e a./Commissione, punto 59 supra, punto 192). Si deve quindi ritenere che, nella specie, la sola circostanza che la Commissione abbia concesso, nella decisione Deutsche Telekom, un certo tasso di riduzione in considerazione di una determinata circostanza, non implica che essa sia tenuta a concedere la medesima riduzione, né tantomeno una riduzione proporzionalmente maggiore, nella valutazione di circostanze attenuanti nell’ambito del caso di specie. Sono, pertanto, destituiti di pertinenza gli argomenti delle ricorrenti fondati sul tasso di riduzione concesso nella decisione Deutsche Telekom, al fine di dimostrare che la Telefónica avrebbe dovuto beneficiare di un tasso di riduzione superiore a titolo di circostanze attenuanti. Infine, in ogni caso, si deve rammentare che l’importo di base dell’ammenda viene fissato, conformemente agli orientamenti del 1998, in funzione della gravità e della durata dell’infrazione. La Commissione non può essere quindi tenuta a prendere in considerazione detto importo ai fini della determinazione del tasso di riduzione concesso ad un’impresa a titolo di circostanza attenuante.

461    In secondo luogo, quanto alla pretesa novità del caso di specie, è sufficiente rinviare ai punti 356‑368 supra.

462    Alla luce delle suesposte considerazioni, il quinto capo del secondo motivo dev’essere respinto, al pari del motivo in esame in toto.

463    Ne consegue che le domande dedotte in subordine devono essere respinte, al pari del ricorso in toto.

 Sulle spese

464    A termini dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

465    Le ricorrenti, rimaste soccombenti, devono essere quindi condannate a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione, dalla France Telecom, dalla Ausbanc e dalla ECTA, conformemente alle domande formulate da queste ultime.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Ottava Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Telefónica, SA e la Telefónica de España, SA sono condannate a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione europea, dalla France Telecom España, SA, dalla Asociación de Usuarios de Servicios Bancarios (Ausbanc Consumo) nonché dalla European Competitive Telecommunications Association, conformemente alle domande formulate da quest’ultime.

Truchot

Martins Ribeiro

Kanninen

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 29 marzo 2012.

Firme

Indice


Presentazione delle ricorrenti

Procedimento amministrativo

Decisione impugnata

Procedimento e conclusioni delle parti

In diritto

A — Sulla ricevibilità degli argomenti delle ricorrenti asseritamente contenuti negli allegati

B — Nel merito

1. Sulla domanda principale, volta all’annullamento della decisione impugnata

a) Sull’ampiezza del sindacato del giudice dell’Unione e sull’onere della prova

b) Sul primo motivo, attinente alla violazione dei diritti della difesa

c) Sul secondo motivo, relativo ad errori di fatto e di diritto nella definizione dei mercati all’ingrosso rilevanti

d) Sul terzo motivo, relativo ad errori di fatto e di diritto nell’accertamento della pretesa posizione dominante della Telefónica sui mercati rilevanti

e) Sul quarto motivo, relativo ad errori di diritto nell’applicazione dell’articolo 82 CE per quanto attiene al preteso comportamento abusivo della Telefónica

f) Sul quinto motivo, attinente ad errori di fatto e/o errori di valutazione dei fatti ed errori di diritto per quanto attiene al preteso comportamento abusivo della Telefónica e al suo preteso impatto anticoncorrenziale

Sul primo capo del quinto motivo, attinente ad errori di fatto e/o errori di valutazione dei fatti nell’applicazione del test della compressione dei margini

— Sulla prima censura del primo capo del quinto motivo, attinente ad errori nella scelta delle risorse all’ingrosso

— Sulla seconda censura del primo capo del quinto motivo, riguardante errori ed omissioni commesse nella realizzazione dell’analisi degli FTA

— Sulla terza censura del primo capo del quinto motivo, attinente agli errori commessi nell’analisi «periodo per periodo»

Sul secondo capo del quinto motivo, relativo al fatto che la Commissione non avrebbe validamente dimostrato gli effetti probabili o concreti del comportamento esaminato

g) Sul sesto motivo, relativo all’applicazione ultra vires dell’articolo 82 CE e alla violazione dei principi di sussidiarietà, di proporzionalità, di certezza del diritto, di leale cooperazione e di corretta amministrazione

Sul primo capo del sesto motivo, relativo all’applicazione ultra vires dell’articolo 82 CE

Sul secondo capo del sesto motivo, relativo alla violazione dei principi di sussidiarietà, di proporzionalità e di certezza del diritto

Sul terzo capo del sesto motivo, relativo alla violazione dei principi di cooperazione leale e di corretta amministrazione

2. Sulle domande formulate in subordine, volte all’annullamento ovvero alla riduzione dell’importo dell’ammenda

a) Sul primo motivo, attinente ad errori di fatto, di valutazione dei fatti e di diritto e alla violazione dell’articolo 15, paragrafo 2, del regolamento n. 17, dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 nonché dei principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento

b) Sul secondo motivo, attinente ad errori di fatto e di diritto e alla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento, di individualità delle pene nonché dell’obbligo di motivazione, nell’ambito della determinazione dell’importo dell’ammenda

Sul primo capo del secondo motivo, attinente ad errori di fatto e di diritto nonché alla violazione dell’obbligo di motivazione quanto alla qualificazione dell’infrazione come «molto grave» e alla fissazione dell’importo di base dell’ammenda a EUR 90 milioni

Sul secondo capo del secondo motivo, attinente alla violazione dei principi di proporzionalità, di parità di trattamento e di individualità delle pene nonché dell’obbligo di motivazione nella fissazione dell’importo di base dell’ammenda

Sul terzo capo del secondo motivo, attinente ad errori di fatto e di diritto nonché a carenza di motivazione, nella maggiorazione dell’importo di base dell’ammenda a fini dissuasivi

Sul quarto capo del secondo motivo, attinente ad errori di diritto e a manifesti errori di valutazione commessi nella qualificazione dell’infrazione come «infrazione di lunga durata»

Sul quinto capo del secondo motivo, attinente ad errori di diritto e ad errori di fatto commessi nella presa in considerazione di circostanze attenuanti

Sulle spese


* Lingua processuale: lo spagnolo.


1 —      Dati riservati occultati.