Language of document : ECLI:EU:C:2018:65

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 6 febbraio 2018 (1)

Causa C390/16

Procedimento penale

a carico di

Dániel Bertold Lada

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Szombathelyi Törvényszék (corte di Szombathely, Ungheria)]

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Articolo 82, paragrafo 1, TFUE – Principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e delle decisioni giudiziarie in materia penale – Decisione quadro 2009/315/GAI e decisione 2009/316/GAI – Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) – Decisione quadro 2008/675/GAI – Considerazione, in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale, di una decisione di condanna pronunciata precedentemente in un altro Stato membro – Procedimento nazionale di previo riconoscimento della decisione che determina tale considerazione – Obbligo di interpretazione conforme – Principio del primato del diritto dell’Unione – Obbligo di disapplicare una normativa nazionale contraria a una decisione quadro».






1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame solleva, sostanzialmente, la questione se una decisione di condanna pronunciata dal giudice di uno Stato membro possa essere riesaminata nell’ambito di un procedimento nazionale di riconoscimento di tale decisione attuato dal giudice di un altro Stato membro ed essere oggetto, in tale contesto, di un riesame che può sfociare in un adeguamento della detta decisione – vale a dire in una riqualificazione del reato e una modifica della pena comminata – al fine di renderla compatibile con la legislazione penale di quest’ultimo Stato membro.

2.        La detta domanda condurrà la Corte a precisare la sua sentenza del 9 giugno 2016, Balogh (2). Essa è stata presentata nell’ambito dell’espletamento in Ungheria di un procedimento avente ad oggetto il riconoscimento di una sentenza definitiva emessa da un organo giurisdizionale austriaco nei confronti del sig. Dániel Bertold Lada.

3.        Si tratta di un’ulteriore dimostrazione della prassi seguita dalle autorità ungheresi rispetto alle sentenze straniere in materia penale. Secondo tale prassi, l’Igazságügyi Minisztérium (Ministero della Giustizia, Ungheria) chiede all’organo giurisdizionale di un altro Stato membro, che ha pronunciato una sentenza di condanna nei confronti di un cittadino ungherese, comunicazione di tale sentenza. Tale richiesta è fatta al fine di attuare un procedimento volto a riconoscere l’efficacia della menzionata sentenza in Ungheria. La sentenza in questione, una volta riconosciuta in Ungheria, sarà dunque considerata come equivalente a una condanna nazionale iscritta nel casellario giudiziario.

4.        Nella sentenza del 9 giugno 2016, Balogh (3), la Corte ha dichiarato che la decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativa all’organizzazione e al contenuto degli scambi fra gli Stati membri di informazioni estratte dal casellario giudiziario (4), e la decisione 2009/316/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS) in applicazione dell’articolo 11 della decisione quadro 2009/315/GAI (5), devono essere interpretate nel senso che ostano all’attuazione di una normativa nazionale che istituisce un procedimento speciale nazionale di riconoscimento da parte del giudice di uno Stato membro di una decisione definitiva pronunciata da un organo giurisdizionale di un altro Stato membro con cui si condanna una persona per la commissione di un reato.

5.        Nell’ambito della presente causa, la Corte è invitata a completare quanto ha statuito nella sentenza del 9 giugno 2016, Balogh (6), relativa allo stesso procedimento nazionale di riconoscimento, interpretando questa volta la decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale (7). Si tratterà della seconda interpretazione di tale decisione quadro, avendo la prima già dato luogo alla sentenza del 21 settembre 2017, Beshkov (8), la quale ha già consentito alla Corte di valutare la compatibilità con il diritto dell’Unione di un procedimento nazionale di riconoscimento delle decisioni di condanna pronunciate in altri Stati membri.

6.        Le decisioni quadro 2009/315 e 2008/675 sono strettamente collegate, giacché la prima è diretta ad agevolare fra gli Stati membri lo scambio di informazioni relative al casellario giudiziario di una persona condannata in uno Stato membro e la seconda consente, di conseguenza, di prendere in considerazione la condanna o le condanne così venute alla luce. Il miglioramento della comunicazione delle informazioni tra gli Stati membri avrebbe un’utilità ridotta se questi ultimi non fossero in grado di tener conto delle informazioni trasmesse. Inoltre, affinché la considerazione delle condanne straniere nell’ambito di nuovi procedimenti penali sia possibile, occorre inoltre che gli scambi d’informazioni tra gli Stati membri siano migliorati.

7.        La presente causa offre alla Corte l’occasione di precisare le ragioni per le quali gli Stati membri non possono mantenere dei procedimenti nazionali di riconoscimento delle decisioni di condanna pronunciate in altri Stati membri, attraverso i quali riesaminano tali decisioni modificandone, se necessario, il contenuto al fine di adattarle alla loro legislazione penale. Spiegherò, in particolare, le ragioni per le quali la considerazione di tali sentenze nell’ambito di nuovi procedimenti penali, richiesta dalla decisione quadro 2008/675, non può essere condizionata dal previo espletamento di un procedimento nazionale di riconoscimento di tali sentenze.

8.        Rispetto ai dubbi espressi dal giudice del rinvio sull’idoneità delle decisioni quadro ad essere invocate nell’ambito di un procedimento nazionale al fine di disapplicare una normativa nazionale contraria, sono portato ad indicare, in linea con le conclusioni che ho presentato nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 29 giugno 2017, Poplawski (9), le ragioni per le quali ritengo che il principio del primato del diritto dell’Unione imponga di riconoscere che le decisioni quadro beneficiano di una tale invocabilità di esclusione.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Decisione quadro 2009/315

9.        I considerando 2, 3, 5 e 17 della decisione quadro 2009/315 enunciano quanto segue:

«(2)      Il 29 novembre 2000 (…), il Consiglio ha adottato un programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali (…). La presente decisione quadro contribuisce a raggiungere gli obiettivi previsti dalla misura n. 3 del programma (…)

(3)      La relazione finale sul primo ciclo di valutazioni dedicato all’assistenza giudiziaria in materia penale (…) invitava gli Stati membri a semplificare le procedure di trasferimento di documenti tra gli Stati ricorrendo, se necessario, a formulari uniformi al fine di facilitare l’assistenza giudiziaria.

(…)

(5)      Per migliorare lo scambio di informazioni tra gli Stati membri sui casellari giudiziari sono accolti con favore i progetti elaborati al fine di raggiungere tale obiettivo (…). L’esperienza acquisita (…) ha mostrato l’importanza di continuare a ottimizzare il reciproco scambio tra Stati membri di informazioni sulle condanne.

(…)

(17)      (…) La reciproca comprensione può essere migliorata con la creazione di un «formato europeo standardizzato», che consenta lo scambio delle informazioni in modo omogeneo, informatizzato e facilmente traducibile con dispositivi automatizzati (…)».

10.      Ai sensi dell’articolo 1 della citata decisione quadro, che definisce quanto la stessa si prefigge:

«La presente decisione quadro si prefigge:

a)      di definire le modalità secondo le quali uno Stato membro in cui è stata pronunciata una condanna contro un cittadino di un altro Stato membro (“Stato membro di condanna”) trasmette le informazioni su tale condanna allo Stato membro di cittadinanza della persona condannata (“Stato membro di cittadinanza”);

b)      di definire gli obblighi di conservazione di tali informazioni che incombono allo Stato membro di cittadinanza e di precisare i metodi da seguire nel rispondere a una richiesta di informazioni estratte dal casellario giudiziario;

c)      di fissare il quadro per la costruzione e lo sviluppo di un sistema informatizzato di scambio di informazioni tra Stati membri sulle condanne, in base alla presente decisione quadro e alla successiva decisione di cui all’articolo 11, paragrafo 4».

11.      L’articolo 4 della suddetta decisione quadro, intitolato «Obblighi dello Stato membro di condanna», così dispone:

«(…)

2.      L’autorità centrale dello Stato membro di condanna provvede a comunicare senza indugio alle autorità centrali degli altri Stati membri le condanne penali pronunciate sul proprio territorio contro cittadini di tali altri Stati membri, quali iscritte nel casellario giudiziario.

(…)

3.      Le informazioni relative alla successiva modifica o soppressione delle informazioni contenute nel casellario giudiziario sono immediatamente trasmesse dall’autorità centrale dello Stato membro di condanna all’autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza.

4.      Lo Stato membro che ha fornito le informazioni ai sensi dei paragrafi 2 e 3 trasmette all’autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza, su richiesta di quest’ultima in singoli casi, copia delle sentenze e dei conseguenti provvedimenti, nonché qualsiasi altra informazione pertinente al riguardo, per consentirle di esaminare se essi richiedano provvedimenti a livello nazionale».

12.      L’articolo 5 della decisione quadro 2009/315, intitolato «Obblighi dello Stato membro di cittadinanza», al paragrafo 1 così dispone:

«L’autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza conserva integralmente, conformemente all’articolo 11, paragrafi 1 e 2, le informazioni trasmesse ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, ai fini della ritrasmissione a norma dell’articolo 7».

13.      L’articolo 11 della suddetta decisione quadro, intitolato «Formato e altre modalità per organizzare e agevolare gli scambi di informazioni sulle condanne», prevede quanto segue:

«1.      All’atto della trasmissione delle informazioni in conformità dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, l’autorità centrale dello Stato membro di condanna trasmette le seguenti informazioni:

a)      informazioni che devono sempre essere trasmesse (…) (informazioni obbligatorie):

i)      informazioni relative alla persona condannata (nome completo, data di nascita, luogo di nascita (…), sesso, cittadinanza ed eventuali nomi precedenti);

ii)      informazioni relative alla natura della condanna (data della condanna, nome dell’organo giurisdizionale, data in cui la decisione è diventata definitiva);

iii)      informazioni relative al reato che ha determinato la condanna (data del reato (…), denominazione o qualificazione giuridica del reato nonché riferimento alle disposizioni giuridiche applicabili); e

iv)      informazioni relative al contenuto della condanna (in particolare la pena, eventuali sanzioni supplementari, misure di sicurezza e decisioni successive che modificano l’esecuzione della pena);

b)      informazioni che devono essere trasmesse se iscritte nel casellario giudiziario (informazioni facoltative):

i)      nome dei genitori della persona condannata;

ii)      numero di riferimento della condanna;

iii)      luogo del reato;

iv)      interdizioni derivanti dalla condanna;

c)      informazioni che devono essere trasmesse, se sono a disposizione dell’autorità centrale (informazioni supplementari):

i)      numero d’identità della persona condannata (…);

ii)      impronte digitali prese a questa persona, e

iii)      eventuali pseudonimi.

Inoltre, l’autorità centrale può trasmettere altre eventuali informazioni iscritte nel casellario giudiziario relative a condanne.

2.      L’autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza conserva tutte le informazioni dei tipi elencati nel paragrafo 1, lettere a) e b), ricevute in conformità dell’articolo 5, paragrafo 1, a scopo di ritrasmissione ai sensi dell’articolo 7. Allo stesso scopo, può conservare le informazioni dei tipi elencati nel paragrafo 1, primo comma, lettera c), e secondo comma.

3.      (…)

Una volta scaduto il termine di cui al paragrafo 7 del presente articolo, le autorità centrali degli Stati membri si trasmettono dette informazioni per via elettronica, in formato standardizzato.

4.      Il formato di cui al paragrafo 3 e le altre modalità per organizzare e agevolare gli scambi di informazioni sulle condanne fra le autorità centrali degli Stati membri sono stabiliti dal Consiglio (…)

Tali altre modalità includono:

a)      la definizione di qualsiasi modalità atta ad agevolare la comprensione delle informazioni trasmesse e la loro traduzione automatica;

(…)».

2.      Decisione 2009/316

14.      I considerando 2, 6 e 12 della decisione 2009/316 enunciano quanto segue:

«(2)      L’attuale meccanismo della convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959 non consente un’efficace circolazione delle informazioni sulle condanne pronunciate nei confronti dei cittadini degli Stati membri da parte di altri Stati membri. Sono quindi necessarie, a livello dell’Unione europea, procedure di scambio di tali informazioni più efficienti e accessibili (…)

(…)

(6)      Obiettivo della presente decisione è dare attuazione alla decisione quadro 2009/315/GAI per costruire e sviluppare un sistema informatizzato di scambio di informazioni tra Stati membri sulle condanne (…). È (…) necessario creare un formato standard che consenta lo scambio delle informazioni in modo omogeneo, elettronico e facilmente traducibile con dispositivi automatizzati, nonché stabilire altre modalità per organizzare e agevolare gli scambi elettronici di informazioni sulle condanne fra le autorità centrali degli Stati membri.

(…)

(12)      Le tavole di riferimento delle categorie di reato e delle categorie di pene e misure di cui alla presente decisione dovrebbero facilitare, mediante un sistema di codici, la traduzione automatica e la reciproca comprensione delle informazioni trasmesse (…)».

15.      Ai sensi dell’articolo 1 della citata decisione quadro, che definisce quanto la stessa si prefigge:

«La presente decisione istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS).

La presente decisione definisce anche gli elementi di un formato standard per lo scambio elettronico delle informazioni estratte dai casellari giudiziari tra gli Stati membri, con particolare riguardo alle informazioni relative al reato che ha determinato la condanna e alle informazioni relative al contenuto della condanna (…)».

16.      L’articolo 3 della menzionata decisione, intitolato «Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS)», al paragrafo 1 così prevede:

«ECRIS è un sistema informatico decentrato basato sulle banche dati di casellari giudiziari di ciascuno Stato membro. È composto dei seguenti elementi:

a)      un software di interconnessione (…) per lo scambio di informazioni fra le banche dati di casellari giudiziari degli Stati membri;

(…)».

17.      L’articolo 4 della decisione 2009/316, intitolato «Formato di trasmissione delle informazioni», dispone quanto segue:

«1.      Nel trasmettere le informazioni ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, e dell’articolo 7 della decisione quadro [2009/315] relative alla denominazione o qualificazione giuridica del reato e alle disposizioni giuridiche applicabili, gli Stati membri menzionano il codice corrispondente a ciascuno dei reati menzionati nella trasmissione in base alla tavola dei reati di cui all’allegato A. (…)

Gli Stati membri possono altresì fornire le informazioni disponibili riguardanti il livello di realizzazione del reato e il grado di partecipazione al reato e, se pertinente, la sussistenza di un esonero totale o parziale dalla responsabilità penale o della recidiva.

2.      Nel trasmettere le informazioni ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, e dell’articolo 7 della decisione quadro [2009/315], relative al contenuto della condanna, segnatamente la pena, eventuali pene supplementari, misure di sicurezza e decisioni successive che modificano l’esecuzione della pena, gli Stati membri menzionano il codice corrispondente a ciascuna delle pene e misure menzionate nella trasmissione in base alla tavola delle pene e misure di cui all’allegato B. (…)

Gli Stati membri forniscono altresì, se pertinenti, le informazioni disponibili riguardanti la natura e/o le condizioni di esecuzione della pena o misura inflitta, secondo quanto previsto dai parametri di cui all’allegato B. (…)».

3.      Decisione quadro 2008/675

18.      I considerando 2, da 5 a 8 e 13 della decisione quadro 2008/675 enunciano quanto segue:

«(2)      Il 29 novembre 2000 (…), il Consiglio ha adottato un programma di misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali (…), il quale prevede “l’adozione di uno o più strumenti volti ad introdurre il principio secondo cui il giudice di uno Stato membro deve essere in grado di tener conto delle decisioni penali definitive rese negli altri Stati membri per valutare i precedenti penali del delinquente, prendere in considerazione la recidiva e determinare la natura delle pene e le modalità di esecuzione applicabili”.

(…)

(5)      È opportuno stabilire il principio secondo il quale a una decisione di condanna pronunciata in uno Stato membro dovrebbero attribuirsi negli altri Stati membri effetti equivalenti a quelli attribuiti alle condanne nazionali conformemente al diritto nazionale, sia che si tratti di effetti di fatto sia che si tratti di effetti di diritto processuale o sostanziale esistenti nel diritto nazionale. Tuttavia, la presente decisione quadro non mira ad armonizzare le conseguenze attribuite dalle diverse legislazioni nazionali all’esistenza di condanne precedenti e l’obbligo di prendere in considerazione decisioni di condanna precedenti pronunciate in altri Stati membri è previsto soltanto nella misura in cui le condanne nazionali precedenti siano prese in considerazione in base al diritto nazionale.

(6)      A differenza di altri strumenti, la presente decisione quadro non mira a far eseguire in uno Stato membro decisioni giudiziarie prese in altri Stati membri, quanto a far sì che, in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale in un altro Stato membro, si attribuiscano delle conseguenze a una condanna precedentemente comminata in uno Stato membro nella misura in cui, in base al diritto dell’altro Stato membro in questione, siffatte conseguenze vengano attribuite alle precedenti condanne nazionali. Pertanto, la presente decisione quadro non prevede alcun obbligo di prendere in considerazione decisioni di condanna precedenti, ad esempio qualora le informazioni ottenute ai sensi degli strumenti applicabili non siano sufficienti, qualora una decisione di condanna nazionale non sia stata possibile riguardo all’atto per cui la condanna precedente è stata emessa, o qualora la pena comminata in precedenza non sia contemplata dall’ordinamento giuridico nazionale.

(7)      Gli effetti attribuiti alle decisioni di condanna degli altri Stati membri dovrebbero essere equivalenti a quelli attribuiti alle decisioni nazionali, sia nella fase precedente al processo penale, sia nel processo penale vero e proprio, sia nella fase di esecuzione della pena.

(8)      Se nel corso di un procedimento penale in uno Stato membro sono disponibili informazioni su una decisione di condanna precedente in un altro Stato membro, occorrerebbe nella misura del possibile evitare che la persona abbia un trattamento meno favorevole di quello che avrebbe se la condanna precedente fosse stata pronunciata da un giudice nazionale.

(…)

(13)      La presente decisione quadro rispetta la varietà delle soluzioni e delle procedure nazionali necessarie per tener conto di precedenti decisioni di condanna pronunciate in un altro Stato membro. L’esclusione della possibilità di riesame di una precedente decisione di condanna non dovrebbe impedire agli Stati membri di pronunciare, se necessario, una decisione che produca effetti giuridici equivalenti a quelli della precedente decisione di condanna. Tuttavia, l’iter di emissione di tale decisione non dovrebbe rendere impossibile, dati i tempi e le procedure o formalità necessari, pronunciare una decisione che produca effetti equivalenti a quelli di una precedente decisione di condanna pronunciata in un altro Stato membro».

19.      L’articolo 1, paragrafo 1, di tale decisione quadro così dispone:

«La presente decisione quadro è intesa a stabilire le condizioni secondo le quali, nel corso di un procedimento penale in uno Stato membro nei confronti di una persona, sono prese in considerazione le precedenti decisioni di condanna pronunciate nei confronti della stessa persona per fatti diversi in altri Stati membri».

20.      L’articolo 3 della menzionata decisione quadro, intitolato «Considerazione, in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale, di una condanna pronunciata in un altro Stato membro», così prevede:

«1.      Ciascuno Stato membro assicura che, nel corso di un procedimento penale nei confronti di una persona, le precedenti decisioni di condanna pronunciate in un altro Stato membro nei confronti della stessa persona per fatti diversi, riguardo alle quali sono state ottenute informazioni in virtù degli strumenti applicabili all’assistenza giudiziaria reciproca o allo scambio di informazioni estratte dai casellari giudiziari, siano prese in considerazione nella misura in cui sono a loro volta prese in considerazione precedenti condanne nazionali, e che sono attribuiti ad esse effetti giuridici equivalenti a quelli derivanti da precedenti condanne nazionali conformemente al diritto nazionale.

2.      Il paragrafo 1 si applica nella fase precedente al processo penale, in quella del processo penale stesso e in occasione dell’esecuzione della condanna, in particolare per quanto riguarda le norme di procedura applicabili, comprese quelle relative alla detenzione cautelare, alla qualifica del reato, al tipo e al livello della pena comminata nonché alle norme che disciplinano l’esecuzione della decisione.

3.      Il fatto di prendere in considerazione precedenti decisioni di condanna pronunciate in altri Stati membri come previsto nel paragrafo 1 non comporta né interferenza con tali decisioni di condanna precedenti, né con qualsiasi altra decisione relativa alla loro esecuzione da parte dello Stato membro che avvia il nuovo procedimento, né di revocarle o di riesaminarle.

4.      A norma del paragrafo 3, il paragrafo 1 non si applica nella misura in cui, se la precedente decisione di condanna è una condanna nazionale nello Stato membro che avvia il nuovo procedimento, il fatto di prendere in considerazione la precedente decisione di condanna comporterebbe, a norma della legislazione di detto Stato membro, interferenze con la precedente decisione di condanna o con qualsiasi altra decisione relativa alla sua esecuzione, né con la loro revoca o riesame.

(…)».

B.      Diritto ungherese

1.      Legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale

21.      L’articolo 46 dell’a nemzetközi bűnügyi jogsegélyről szóló 1996. évi XXXVIII. törvény (legge n. XXXVIII del 1996 sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale; in prosieguo: la «legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale») è così formulato:

«1.      Il Ministro della Giustizia riceve le comunicazioni che consentono il riconoscimento dell’efficacia di una sentenza straniera nonché le domande provenienti dall’estero volte alla trasmissione dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, (…) e (…) le invia al giudice competente. (…)

2.      Il procedimento di riconoscimento delle sentenze trasmesse dall’autorità centrale, all’uopo designata, di un altro Stato membro dell’Unione (…) deve essere avviato entro la data di cancellazione del precedente penale, la quale è indicata nella nota informativa allegata alla sentenza dello Stato membro.

3.      Salvo disposizione contraria della presente legge, il procedimento giurisdizionale è disciplinato dalle norme generali del capo XXIX dell’a büntetőeljárásról szóló 1998 évi XIX. Törvény [della legge n. XIX del 1998 che istituisce il codice di procedura penale; in prosieguo: il “codice di procedura penale”] relativo ai procedimenti speciali (…)».

22.      Ai sensi dell’articolo 47 della legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale che fa parte della sezione 1 del capo IV di detta legge, intitolato «Riconoscimento dell’efficacia delle sentenze straniere»:

«1.      Le sentenze definitive pronunciate dai tribunali stranieri hanno la stessa efficacia delle sentenze pronunciate dai tribunali ungheresi, purché il processo avviato all’estero contro l’autore del reato e la pena inflitta o la misura applicata non siano contrarie all’ordinamento giuridico ungherese.

(…)

3.      Nell’ipotesi in cui il tribunale ungherese riconosca l’efficacia della sentenza straniera, occorre considerare i fatti quali accertati da una sentenza definitiva pronunciata dal tribunale ungherese.

(…)».

23.      Infine, l’articolo 48 della detta legge dispone quanto segue:

«1.      Nell’emettere la propria decisione, il giudice ungherese è vincolato dai fatti quali constatati dal giudice straniero.

2.      Nel procedimento che si svolge dinanzi ad esso, il giudice ungherese constata quali siano le conseguenze giuridiche che la legge ungherese ricollega alla condanna. Qualora la pena o la misura inflitta dalla sentenza del giudice straniero non sia pienamente conforme con la legge ungherese, il giudice ungherese dichiara, nella propria decisione, quale sia la pena o la misura applicabile secondo la legge ungherese, facendo sì che essa corrisponda il più possibile alla pena o alla misura che il giudice straniero ha inflitto e – in caso di domanda relativa all’esecuzione – si pronuncia di conseguenza sull’esecuzione della pena o della misura.

3.      Nel dichiarare la pena o la misura applicabile, occorre fare riferimento alla legge applicabile nel momento in cui è stato commesso il reato. Qualora dalla legge ungherese applicabile nel momento della dichiarazione della pena o della misura applicabile risulti che l’atto in questione non costituisce più reato o deve essere punito meno severamente, occorre applicare tale nuova legge.

4.      Se il tribunale straniero ha inflitto, con la sua sentenza, una pena cumulativa, dovuta al concorso di vari reati e nessuno dei fatti accertato nella sentenza è costitutivo di reato ai sensi del diritto ungherese o non può essere riconosciuto per altri motivi, il tribunale ungherese omette tale fatto nella sua decisione e stabilisce la pena prendendo in considerazione gli altri elementi di fatto sui quali si sia basata la sentenza, conformemente a quanto disposto dal büntető törvénykönyv (codice penale (10)) in materia di irrogazione della pena.

5.      Se la pena privativa della libertà inflitta dal tribunale straniero non è conforme con la normativa ungherese relativa alla modalità della sua esecuzione o alla sua durata, il tribunale ungherese stabilisce la pena o la sua durata rispetto alla fattispecie criminosa che, secondo la normativa ungherese, corrisponda ai fatti su cui si sia basata la sentenza, entro i limiti di determinazione della pena previsti dal codice penale ungherese e conformemente a quanto disposto in materia di irrogazione della pena, prendendo altresì in considerazione le norme relative all’esecuzione e alla concessione della liberazione condizionale. Se la durata della pena privativa della libertà inflitta da parte del tribunale straniero è inferiore a quella prevista ai sensi della normativa ungherese – tenendo conto altresì di quanto disposto dal codice penale circa l’attenuazione della pena –, la durata della pena privativa della libertà stabilita dal tribunale ungherese coincide con la durata stabilita dal tribunale straniero. La pena inflitta dal tribunale ungherese non può avere una durata superiore a quella della pena inflitta dal tribunale straniero.

6.      Se il tribunale straniero ha inflitto una pena privativa della libertà personale ed ha disposto l’esecuzione di una sola parte della sua durata, sospendendo l’esecuzione della parte restante, il tribunale ungherese riconosce detta pena privativa della libertà personale come se, oltre alla privazione della libertà derivante dall’esecuzione obbligatoria, sia stata concessa al condannato la liberazione condizionale. In tal caso, al momento di stabilire la liberazione condizionale il tribunale ungherese può discostarsi da quanto disposto dall’articolo 38, paragrafo 2, e dall’articolo 39, paragrafo 1, del codice penale se la durata della liberazione condizionale prevista da quest’ultima disposizione è superiore alla durata della sospensione accordata dalla sentenza del tribunale straniero. In tale ipotesi, la durata della libertà condizionale coincide con la durata della sospensione accordata dalla sentenza del tribunale straniero, e, trascorso l’ultimo giorno di liberazione condizionale così stabilita, la pena si considera come scontata.

7.      Il tribunale ungherese comunica all’ufficio del casellario giudiziale il riconoscimento dell’efficacia della sentenza straniera.

(…)».

2.      La legge del 1998 sulla procedura penale

24.      In base al diritto processuale penale ungherese, i suddetti procedimenti «speciali» risolvono, una volta pronunciata una sentenza definitiva sulla questione penale principale, le questioni penali incidentali strettamente collegate alla questione principale, e quindi si tratta di procedimenti semplificati.

3.      La legge n. XLVII del 2009, relativa al casellario giudiziale, al registro delle sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali degli Stati membri dell’Unione europea contro dei cittadini ungheresi e all’archivio biometrico penale e di polizia

25.      Il capo III dell’a bűnügyi nyilvántartási rendszerről, az Európai Unió tagállamainak bíróságai által magyar állampolgárokkal szemben hozott ítéletek nyilvántartásáról, valamint a bűnügyi és rendészeti biometrikus adatok nyilvántartásáról szóló 2009. évi XLVII. törvény (legge n. XLVII del 2009, relativa al casellario giudiziario, al registro delle sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali degli Stati membri dell’Unione europea contro dei cittadini ungheresi e all’archivio biometrico penale e di polizia) è intitolato «Registro delle sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali degli Stati membri dell’Unione europea contro dei cittadini ungheresi».

26.      L’articolo 31 della suddetta legge dispone:

«La gestione delle informazioni contenute nel registro delle sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali degli Stati membri dell’Unione (…) contro dei cittadini ungheresi (in prosieguo “il registro delle sentenze pronunciate negli Stati membri”) ha come obiettivo, per quanto concerne le informazioni contenute nelle sentenze definitive pronunciate negli altri Stati membri dell’Unione (…) che stabiliscono la colpevolezza dei cittadini ungheresi (in prosieguo “le sentenze pronunciate negli Stati membri”):

a)      la facilitazione dello scambio delle suddette informazioni tra gli Sati membri, nel quadro della cooperazione degli Stati membri in materia penale,

b)      la considerazione delle suddette informazioni a carico dei condannati, nell’ambito di un procedimento penale promosso sulla base di un fondato sospetto di commissione di un altro reato».

27.      Ai sensi dell’articolo 32 della suddetta legge:

«Sono iscritte nel registro delle sentenze pronunciate negli Stati membri le informazioni relative ai cittadini ungheresi la cui colpevolezza è stata stabilita da sentenze definitive pronunciate in altri Stati membri dell’Unione (…)».

28.      Ai sensi dell’articolo 33 della stessa legge:

«1.      Il registro delle sentenze pronunciate negli Stati membri comprende i seguenti elementi contenuti nelle sentenze pronunciate in altri Stati membri e comunicati dalle autorità centrali designate per ciascuno di essi:

a)      i dati identificativi dell’interessato,

b)      la data della sentenza, la data alla quale è diventata definitiva e il nome dell’organo giurisdizionale che l’ha pronunciata,

c)      il nome del reato alla base della sentenza, la sua qualificazione giuridica e la data alla quale è stato commesso,

d)      le informazioni relative alle pene e alle misure, e alla loro esecuzione.

(…)».

II.    Fatti all’origine del procedimento principale e questioni pregiudiziali

29.      Il sig. Lada, cittadino ungherese, in data 8 gennaio 2016 è stato condannato dal Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale regionale di Wiener Neustadt, Austria) ad una pena privativa della libertà di quattordici mesi per il reato di tentato furto con effrazione di alcuni beni di valore elevato. Detto organo giurisdizionale ha disposto che egli scontasse undici mesi della pena e ha sospeso l’esecuzione degli altri tre mesi di detenzione.

30.      Il suddetto organo giurisdizionale ha pronunciato la sentenza in pubblica udienza, alla quale è comparso l’imputato, che si trovava in custodia cautelare. Egli è stato assistito da un difensore ed ha potuto esprimersi nella sua lingua madre, con l’aiuto di un interprete.

31.      Su richiesta del Ministero della giustizia, il Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale regionale di Wiener Neustadt) ha comunicato la sentenza pronunciata nella causa ed una sintesi degli elementi essenziali.

32.      Il Ministero della giustizia ha trasmesso i documenti, redatti in lingua tedesca, alla Szombathelyi Törvényszék (corte di Szombathely, Ungheria), giudice del rinvio, competente per materia e per territorio, affinché esse promuovesse, ai sensi dell’articolo 46 della legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale, il «procedimento di riconoscimento dell’efficacia delle sentenze straniere», previsto dalla stessa normativa.

33.      Il giudice del rinvio rileva che, all’inizio di siffatto procedimento, occorre in particolare accertare se i diritti fondamentali e le disposizioni fondamentali della legge del 1998 sulla procedura penale siano stati rispettati nell’ambito del procedimento straniero.

34.      Tale giudice ha, di conseguenza, esaminato i documenti che gli sono stati trasmessi e ha disposto la loro traduzione in lingua ungherese. Esso ha, nel corso del procedimento, designato un avvocato d’ufficio per assistere il sig. Lada ed ha accertato che la decisione di condanna da parte del Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale regionale di Wiener Neustadt) non compariva nel casellario giudiziale ungherese, mentre risultava nell’ECRIS. Esso ha altresì constatato che la pena detentiva era in corso di esecuzione.

35.      Il suddetto giudice spiega che, al fine di riconoscere in Ungheria gli effetti della sentenza pronunciata dal Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale regionale di Wiener Neustadt) nei confronti del sig. Lada, occorre attuare un procedimento speciale, che rappresenta un nuovo procedimento penale. Ciò premesso, il reato commesso dalla persona condannata deve essere valutato, tenendo conto delle circostanze prese in considerazione nella sentenza straniera, alla luce del codice penale in vigore al momento dei fatti o della valutazione di questi ultimi.

36.      Per quanto riguarda il procedimento di riconoscimento di cui trattasi, il giudice del rinvio precisa che il codice penale istituito da 2012. évi C. törvény (Legge C del 2012) è applicabile sia al momento dei fatti che al momento della loro valutazione, vale a dire al momento del riconoscimento degli effetti della sentenza straniera e che, ai sensi di tale codice, i reati commessi e giudicati all’estero devono, durante il procedimento di riconoscimento, essere riqualificati ai sensi del diritto ungherese.

37.      Il giudice del rinvio aggiunge che, per quanto concerne i reati penali in tal modo rilevati, occorre in particolare riformulare le disposizioni della sentenza straniera secondo il codice penale in vigore, sia pure sotto forma di una pena di denominazione o grado differenti.

38.      Il giudice del rinvio constata che, in pratica, il procedimento di riconoscimento dell’efficacia delle sentenze straniere in Ungheria ai sensi degli articoli da 46 a 48 della legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale deve implicare una valutazione e una qualificazione nuove, tenendo conto delle circostanze della fattispecie, dei fatti già giudicati nella sentenza del giudice penale straniero e la comminazione (o la determinazione) delle pene ungheresi. In tal modo, il giudice interessato procede, per così dire a una trasformazione o a una riqualificazione della sentenza straniera secondo il diritto ungherese e applica una nuova pena o, se necessario, una nuova misura. In applicazione degli articoli da 46 a 48 della legge sull’assistenza giudiziaria in materia penale, il giudice ungherese può così, tenendo conto degli stessi fatti, dichiarare la persona condannata colpevole di reati differenti da quelli constatati al termine del procedimento straniero e comminare una pena o una misura differente da quella che è stata decisa al termine di tale procedimento.

39.      Il giudice del rinvio osserva che il suddetto procedimento speciale solleva degli interrogativi, nella misura in cui il diritto ungherese sembra ignorare il principio del reciproco riconoscimento sancito dal diritto primario dell’Unione. Lo dimostra l’articolo 47, paragrafo 3, della legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale, che, ricordiamolo, prevede che «[n]ell’ipotesi in cui il tribunale ungherese riconosca l’efficacia della sentenza straniera, occorre considerare i fatti quali accertati da una sentenza definitiva pronunciata dal tribunale ungherese». Perciò, sembra emergere dal diritto ungherese che la sentenza pronunciata dal giudice di un altro Stato membro possa comportare per la persona interessata una condanna e l’applicabilità di altri effetti di tale sentenza in Ungheria solo se il giudice ungherese ha riconosciuto gli effetti della suddetta sentenza nel territorio ungherese nell’ambito di un procedimento speciale di riconoscimento. In altri termini, secondo il diritto ungherese la sentenza straniera può essere presa in considerazione in Ungheria solo dopo essere stata riconosciuta da un giudice ungherese nell’ambito di tale procedimento speciale.

40.      Il giudice del rinvio osserva altresì che il procedimento speciale di riconoscimento non consiste in una mera riproduzione automatica della sentenza straniera. Nell’ambito di tale procedimento, infatti, il giudice ungherese competente può determinare una pena di una tipologia e di un grado differenti da quelli presi in considerazione all’estero, ovvero riconoscere la sentenza considerando i fatti come costitutivi di un reato che prevede una pena più grave. È dunque attraverso una nuova decisione che esso riconosce gli effetti della sentenza straniera. Secondo il giudice del rinvio, tale situazione rappresenta una riproduzione inesatta in Ungheria della sentenza straniera o comporta un’altra sentenza pronunciata in un altro Stato membro nei confronti della stessa persona e in relazione agli stessi fatti poiché occorre, nell’ambito del procedimento speciale, dichiarare la persona colpevole di nuovi reati, ai sensi del diritto ungherese, i quali dovranno essere comunicati all’ufficio del casellario giudiziale ungherese. Ciò solleva la questione della compatibilità del procedimento speciale di riconoscimento con il principio ne bis in idem, cui occorre rispondere attraverso l’interpretazione dell’articolo 54 della convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni (11) e dell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (12).

41.      Il giudice del rinvio precisa che le disposizioni della legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale, prevedendo il procedimento di riconoscimento delle sentenze straniere, mirano a far sì che le condanne risultanti da tali sentenze possano essere iscritte nel casellario giudiziario ungherese, nell’ipotesi in cui il giudice ungherese abbia riconosciuto gli effetti di tali sentenze. Le sentenze così riconosciute possono allora, all’occorrenza, giustificare che in futuro le persone condannate possano essere considerate come recidive, persino plurirecidive.

42.      Il giudice del rinvio rileva, inoltre, che l’applicazione del diritto ungherese crea una situazione nella quale nel casellario giudiziario ungherese figurano, al termine del procedimento di riconoscimento, per quanto concerne la persona condannata, i reati e la pena riconosciuti dal diritto ungherese, mentre nell’ECRIS continuano a comparire gli elementi contenuti nella sentenza straniera.

43.      Infine, il giudice del rinvio precisa che non si tratta dell’esecuzione in Ungheria di una sanzione penale inflitta da una sentenza pronunciata dal giudice di un altro Stato membro e che, in una tale situazione, il procedimento da seguire avrebbe un’altra base giuridica, vale a dire l’az Európai Unió tagállamaival folytatott bűnügyi együttműködésről szóló 2012. évi CLXXX. törvény (legge CLXXX del 2012, sulla cooperazione tra gli Stati membri dell’Unione europea in materia penale) (13).

44.      Il giudice del rinvio si chiede se tale procedimento di riconoscimento sia conforme al diritto dell’Unione, tenuto conto, in particolare, del principio del reciproco riconoscimento nell’ambito della cooperazione giudiziaria in materia penale come del principio ne bis in idem, quali previsti dal diritto primario dell’Unione.

45.      Alla luce delle questioni sollevate dal giudice del rinvio nella presente causa, è stato deciso, il 13 settembre 2016, di notificare al giudice del rinvio la sentenza del 9 giugno 2016, Balogh (14), nella quale la Corte ha dichiarato che la decisione quadro 2009/315 e la decisione 2009/316 devono essere interpretate nel senso che esse ostano all’attuazione di una normativa nazionale che istituisce un procedimento speciale nazionale di riconoscimento da parte del giudice di uno Stato membro di una decisione definitiva pronunciata da un organo giurisdizionale di un altro Stato membro con cui si condanna una persona per la commissione di un reato.

46.      Con lettera giunta alla Corte il 12 ottobre 2016, la Szombathelyi Törvényszék (corte di Szombathely) ha deciso di mantenere il suo rinvio pregiudiziale, precisando che i fatti che avevano dato luogo alla sentenza del 9 giugno 2016, Balogh (15), precedentemente citata, vertevano sui costi di traduzione e d’interpretazione al fine di consentire alla persona interessata di utilizzare la sua lingua madre in occasione in un procedimento di riconoscimento ungherese.

47.      Inoltre, detto giudice nota che tale sentenza non ha dato luogo ad una prassi uniforme da parte degli organi giurisdizionali ungheresi. Perciò, alcuni organi giurisdizionali hanno, tenuto conto delle caratteristiche proprie della decisione quadro nell’ambito del diritto dell’Unione, continuato a attuare dei procedimenti speciali in attesa di una modifica della normativa ungherese. Altri hanno archiviato o atteso che una prassi giurisdizionale uniforme si sviluppi. Il giudice del rinvio osserva che se fosse accertata la non compatibilità della normativa ungherese con il diritto primario dell’Unione, gli organi giurisdizionali ungheresi aditi potrebbero disapplicare automaticamente tale normativa ed il principio del mutuo riconoscimento delle sentenze in materia penale potrebbe pienamente prevalere.

48.      Peraltro, l’analisi della compatibilità del procedimento speciale di riconoscimento con il principio del reciproco riconoscimento richiede, secondo il giudice del rinvio, un esame di questioni molto più ampie di quelle affrontate nella sentenza del 9 giugno 2016, Balogh (16). Nella presente causa, occorre, concretamente, esaminare altresì se il giudice nazionale possa prendere delle misure che, rispetto a quelle decise dal giudice che ha pronunciato la sentenza straniera, abbiano come conseguenza quella di modificare in un modo o nell’altro tale sentenza.

49.      Il giudice del rinvio nota, inoltre, che il procedimento speciale di riconoscimento previsto dalla legislazione ungherese non è ancora stato esaminato sotto l’aspetto del principio ne bis in idem. Orbene, tale procedimento deve essere valutato anche sotto il punto di vista del principio del reciproco riconoscimento poiché il giudice ungherese competente qualifica, nel corso del detto procedimento, i reati già giudicati all’estero ai sensi del diritto ungherese in vigore e può applicare delle pene e delle altre misure diverse dalle sanzioni comminate dalla sentenza straniera. Inoltre, può accadere che per gli stessi fatti siano rilevati dei reati del tutto differenti nella sentenza straniera e nella decisione ungherese. Lo stesso vale per le pene, quelle pronunciate in Ungheria non possono tuttavia essere più gravi di quelle pronunciate all’estero.

50.      Il giudice del rinvio ritiene altresì che la decisione quadro 2008/675 sia pertinente nel procedimento in questione, considerato che la condanna all’estero del sig. Lada non può essere presa in considerazione nel caso di un ulteriore procedimento penale senza il previo espletamento del procedimento speciale di riconoscimento.

51.      Tanto premesso, la Szombathelyi Törvényszék (corte di Szombathely) ha deciso di mantenere le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se gli articoli 67 e 82 del TFUE debbano essere interpretati nel senso che ostano all’avvio di un procedimento penale o di un altro tipo di procedimento nazionale, disciplinati dalla normativa nazionale, che vertano sul “riconoscimento” o sulla trasposizione in uno Stato membro degli effetti di una sentenza straniera – e a seguito dei quali si debba considerare la sentenza straniera come se fosse stata pronunciata da un tribunale nazionale – nei confronti di un indagato che è già stato sottoposto ad un processo penale, conclusosi con una sentenza straniera passata in giudicato, da parte di un tribunale nazionale di un altro Stato membro dell’Unione europea.

2)      Se sia conforme con il principio ne bis in idem sancito dall’articolo 50 della [Carta] e dall’articolo 54 della convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen – alla luce della decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008 – il procedimento disciplinato da una normativa di uno Stato membro dell’Unione, nello specifico quello previsto agli articoli da 46 a 48 della [legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale] “per il riconoscimento dell’efficacia” in Ungheria delle decisioni di condanna straniere, il quale sia collegato a un processo penale avviato e conclusosi in un altro Stato membro con una decisione definitiva (nei confronti della stessa persona e vertente sugli stessi fatti), sebbene, in realtà, detto procedimento non abbia come fine quello di eseguire tale decisione, bensì quello di accertarne il fondamento, affinché essa sia presa in considerazione nei processi penali che dovessero essere promossi in futuro».

III. Analisi

52.      Con le due questioni pregiudiziali, che devono, a mio avviso, essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede se il procedimento speciale di riconoscimento delle sentenze straniere previsto dal diritto ungherese sia compatibile con il diritto dell’Unione e, più in particolare, con il principio del reciproco riconoscimento previsto agli articoli 67 e 82 TFUE, con la decisione quadro 2008/675 e con il principio ne bis in idem sancito dall’articolo 50 della Carta e dall’articolo 54 della convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen.

53.      Tali questioni sono poste dal giudice nazionale che è competente, nell’ordinamento giuridico ungherese, ad attuare il procedimento speciale di riconoscimento della condanna pronunciata dal Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale regionale di Wiener Neustadt) nei confronti del sig. Lada, come stabilito dagli articoli da 46 al 48 della legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale.

54.      Occorre precisare che tale procedimento di riconoscimento di una sentenza straniera non è, nella fattispecie, attuato per eseguire in Ungheria la condanna inflitta in tale sentenza né per tener conto di tale sentenza nell’ambito di un nuovo procedimento penale a cui il sig. Lada sarebbe già soggetto in Ungheria.

55.      Gli articoli da 46 a 48 della legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale prevedono un procedimento speciale per il previo riconoscimento da parte dei competenti organi giurisdizionali ungheresi, di sentenze definitive pronunciate da tribunali stranieri al fine di conferire alla decisione per mezzo della quale tali condanne sono riconosciute l’effetto di una sentenza pronunciata da un organo giurisdizionale ungherese.

56.      Secondo la descrizione fornita dal giudice del rinvio, il suddetto procedimento comporta un riesame della condanna straniera di cui trattasi che può condurre ad una riqualificazione del reato che ha portato alla condanna, nonché ad un adeguamento della pena inflitta se tali elementi non sono compatibili con la legislazione penale ungherese.

57.      Nell’ambito del procedimento speciale per il riconoscimento di una sentenza pronunciata da un tribunale di un altro Stato membro, la persona che è stata oggetto di una sentenza penale definitiva non è assoggettata ad ulteriore procedimento giudiziario che può portare a una seconda condanna per lo stesso reato. Il suddetto procedimento, attraverso il quale il giudice ungherese competente non procede ad nuova valutazione dei fatti o del grado di responsabilità penale della persona interessata, è simile a un procedimento di exequatur e mira piuttosto a regolare le conseguenze giuridiche stabilite nella sentenza straniera al fine di renderla compatibile con la legislazione penale ungherese. Pertanto, il principio ne bis in idem, che mira a evitare, nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, che una persona che è stata giudicata in maniera definitiva non sia, per il fatto di esercitare il suo diritto alla libera circolazione, perseguita per gli stessi fatti nel territorio di diversi Stati membri (17), non mi sembra rilevante nella presente causa.

58.      Come già indicato in precedenza, la Corte ha già avuto l’opportunità di statuire, nella sentenza del 9 giugno 2016, Balogh (18), che la decisione quadro 2009/315 e la decisione 2009/316 devono essere interpretate nel senso che esse ostano all’attuazione del procedimento speciale di riconoscimento ungherese. Più specificamente, ha dichiarato che, in base a queste ultime, l’iscrizione nel casellario giudiziario da parte dell’autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza delle condanne pronunciate dai giudici dello Stato membro di condanna deve essere effettuato direttamente sulla base della trasmissione da parte dell’autorità centrale di quest’ultimo Stato membro, tramite ECRIS, delle informazioni relative a tali condanne sotto forma di codici (19). Ciò premesso, siffatta iscrizione non può dipendere dal previo svolgimento di un procedimento di riconoscimento giudiziario delle suddette condanne, quale il procedimento speciale ungherese, né a fortiori dalla comunicazione allo Stato membro di cittadinanza della decisione di condanna ai fini di tale riconoscimento (20).

59.      Nella sentenza del 21 settembre 2017, Beshkov (21), la Corte si è pronunciata altresì in merito al procedimento speciale di riconoscimento bulgaro. Essa ha infatti dichiarato che la decisione quadro 2008/675 deve essere interpretata nel senso che essa osta al fatto che la considerazione, in uno Stato membro, di una condanna precedentemente pronunciata da un giudice di un altro Stato membro sia assoggettata allo svolgimento di un procedimento nazionale di previo riconoscimento della decisione stessa da parte dei giudici competenti di tale Stato membro.

60.      In entrambe le sentenze, la Corte ha dichiarato che tali procedimenti nazionali per il riconoscimento delle sentenze straniere sono contrari al principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e delle decisioni giudiziarie in materia penale previste dall’articolo 82, paragrafo 1, del TFUE, che ha sostituito l’articolo 31 UE su cui la decisione quadro 2009/315, la decisione 2009/316 e la decisione quadro 2008/675 sono fondate (22). In particolare, il principio in parola osta a che le decisioni di condanna pronunciate precedentemente negli altri Stati membri siano, sulla base di un procedimento nazionale di riconoscimento, oggetto di un riesame (23).

61.      In considerazione della posizione assunta dalla Corte in tali due sentenze, è legittimo interrogarsi sui motivi che hanno indotto la Corte a pronunciarsi nuovamente sulla compatibilità con il diritto penale dell’Unione di tale tipo di procedimenti nazionali per il riconoscimento di sentenze straniere, considerando che tale questione può essere considerata come definitivamente e completamente risolta in tali sentenze. A mio avviso, i suddetti motivi sono tre.

62.      In primo luogo, le spiegazioni fornite dal governo ungherese nelle sue osservazioni scritte sembrano rimettere in discussione la premessa su cui la Corte ha basato il suo ragionamento nella sentenza Balogh (24) del 9 giugno 2016, vale a dire quella secondo cui il procedimento speciale di riconoscimento ungherese è un prerequisito necessario per l’iscrizione nel casellario giudiziario ungherese di condanne pronunciate da organi giurisdizionali di altri Stati membri contro cittadini ungheresi. È sulla base di tale premessa che la Corte ha interpretato la decisione quadro 2009/315 e la decisione 2009/316, due norme intese a facilitare la rapida circolazione delle informazioni sulle condanne penali tra Stati membri e che quindi ostano a un procedimento nazionale di riconoscimento il cui previo espletamento condizionerebbe l’iscrizione di tali informazioni nel casellario giudiziario ungherese.

63.      Il governo ungherese, infatti, spiega, sostanzialmente, nelle sue osservazioni scritte, che, in virtù della legge n. XLVII del 2009 relativa al casellario giudiziario, al registro delle sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali degli Stati membri dell’Unione europea contro i cittadini ungheresi e all’archivio biometrico penale e di polizia, una sentenza pronunciata in uno Stato membro è, se l’autorità di tale Stato membro l’ha comunicata nella forma appropriata e con un contenuto adeguato ai fini della sua iscrizione, iscritta senza alcun procedimento speciale nel registro delle sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali degli Stati membri nei confronti di cittadini ungheresi, essendo il suddetto registro gestito dal servizio del casellario giudiziario. In base a tale descrizione, il governo ungherese ritiene che la normativa ungherese sia, sostanzialmente, conforme alle disposizioni della decisione quadro 2009/315. Deriva da tali spiegazioni che il procedimento speciale di riconoscimento delle sentenze è attuato indipendentemente dall’iscrizione nel registro delle sentenze pronunciate dagli organi giurisdizionali degli atri Stati membri.

64.      Pertanto, gli elementi dell’ordinanza di rinvio sembrano piuttosto sostenere la premessa secondo cui il procedimento speciale di riconoscimento è svolto preliminarmente e in vista dell’iscrizione nel casellario giudiziario ungherese delle sentenze straniere pronunciate nei confronti dei cittadini ungheresi.

65.      Mi riferisco, a tale riguardo, all’articolo 48, paragrafo 7, della legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale, citata dal giudice del rinvio, che stabilisce che «il giudice ungherese comunica all’ufficio del casellario giudiziale il riconoscimento dell’efficacia della sentenza straniera». Inoltre, il giudice del rinvio afferma che i nuovi reati quali risultanti dalla legge ungherese – vale a dire dopo la riqualificazione nell’ambito del procedimento speciale di riconoscimento – devono essere indicati nel casellario giudiziario nazionale (25). Inoltre, lo stesso giudice ha rilevato, nel corso del procedimento, che la sentenza pronunciata dal Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale regionale di Wiener Neustadt) nei confronti del sig. Lada non compariva nel casellario giudiziario ungherese, ma figurava nell’ECRIS. Infine, tale giudice ha precisato che le disposizioni contenute nella sezione 1 del capo IV della legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale mirano a consentire che una condanna straniera possa essere iscritta nel casellario giudiziario ungherese, nell’ipotesi in cui il giudice ungherese ne abbia riconosciuto gli effetti (26). Da tali elementi deduco che l’iscrizione di una sentenza straniera nel casellario giudiziario ungherese avviene dopo il riconoscimento di tale sentenza secondo il procedimento speciale.

66.      Peraltro, come rilevato dal giudice del rinvio, nell’ambito del procedimento speciale di riconoscimento, il giudice ungherese competente, tenuto conto degli stessi fatti, può, ai sensi del diritto ungherese, dichiarare la persona che è stata condannata all’estero colpevole di reati diversi da quelli riscontrati al termine del procedimento penale straniero ed imporle una sanzione o una misura diversa da quella determinata al termine di tale procedimento (27). Il giudice del rinvio osserva, a tale riguardo, che lo svolgimento del procedimento speciale di riconoscimento crea una situazione in cui il casellario giudiziario ungherese, al termine di tale procedimento, mostra, per quanto riguarda la persona condannata, i reati e una pena riconosciuti dal diritto ungherese mentre l’ECRIS continua a includere gli elementi contenuti nella sentenza straniera (28).

67.      Tale discrepanza tra le informazioni contenute nell’ECRIS e quelle menzionate nel casellario giudiziario ungherese è contraria al sistema di scambio e conservazione di informazioni relative a condanne penali stabilite dalla decisione quadro 2009/315 e dalla decisione 2009/316.

68.      La questione se il procedimento speciale di riconoscimento di condanne pronunciate da un organo giurisdizionale di un altro Stato membro sia svolto correttamente ai fini dell’iscrizione di tali condanne nel casellario giudiziario ungherese è, in ogni caso, una questione di interpretazione del diritto nazionale che non rientra nella competenza della Corte (29).

69.      Per quanto riguarda, inoltre, la prassi che sembra essere quella del Ministero della Giustizia, di richiedere che la sentenza straniera gli venga inviata prima dell’iscrizione nel casellario giudiziario ungherese della condanna ivi contenuta, occorre ricordare che tale prassi è contraria al sistema istituito dalla decisione quadro 2009/315 e dalla decisione 2009/316. Queste ultime, infatti realizzano un sistema rapido ed efficace di scambi di informazioni relative alle condanne penali pronunciate nei vari Stati membri (30). Le informazioni di cui trattasi vengono quindi trasmesse fra le autorità centrali degli Stati membri per mezzo dell’ECRIS, sotto forma di codici corrispondenti a ciascuno dei reati e delle sanzioni menzionati nella trasmissione (31). Pertanto, la trasmissione all’autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza della decisione di condanna viene effettuata soltanto quando circostanze particolari lo richiedano, e la stessa non può essere imposta in maniera sistematica ai fini dell’iscrizione della condanna di cui trattasi nel casellario giudiziario di tale Stato membro (32). A tale proposito, noto che nessuna circostanza particolare che possa giustificare la trasmissione della sentenza del Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale regionale di Wiener Neustadt) al Ministero della giustizia è stata dedotta dal governo ungherese nell’ambito della presente causa.

70.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo pertanto alla Corte di confermare il suo ragionamento sviluppato nei punti da 28 a 35 e nei punti da 41 a 55 della sentenza del 9 giugno 2016, Balogh (33). Per quanto mi concerne, mantengo la posizione che ho sviluppato nei punti da 36 a 67 delle conclusioni che ho presentato in quella stessa causa e alle quali rinvio (34).

71.      In secondo luogo, sia il giudice del rinvio che il governo ungherese confrontano il procedimento speciale di riconoscimento con le disposizioni contenute nella decisione quadro 2008/675. A tale proposito, dalle spiegazioni fornite alla Corte, risulta che lo svolgimento di tale procedimento da parte dei giudici competenti ungheresi rappresenta una formalità preliminare necessaria per tener conto nell’ambito di un nuovo procedimento penale di una decisione di condanna resa precedentemente da un giudice di un altro Stato membro. A tale riguardo, il governo ungherese sottolinea la necessità di adeguare tale condanna al diritto penale ungherese nell’ambito di tale procedimento speciale di riconoscimento. Senza tale adeguamento preliminare, la suddetta sentenza non può essere presa in considerazione nei processi penali che possono, all’occorrenza, essere promossi in futuro a carico della persona che è stata oggetto di una condanna straniera.

72.      Come accennato in precedenza, il sig. Lada non è al momento oggetto di un nuovo procedimento penale in Ungheria, così che la pertinenza della decisione quadro 2008/675, che ha per oggetto, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 1 «di stabilire le condizioni secondo le quali, nel corso di un procedimento penale in uno Stato membro nei confronti di una persona, sono prese in considerazione le precedenti decisioni di condanna pronunciate nei confronti della stessa persona per fatti diversi in altri Stati membri» (35), può sembrare discutibile nella fattispecie. A tale proposito, la situazione è diversa da quella del sig. Beshkov, il quale era oggetto di un nuovo procedimento penale in Bulgaria nel corso del quale è stata sollevata la questione di prendere in considerazione una precedente condanna pronunciata da un organo giurisdizionale austriaco (36).

73.      Tuttavia, è chiaro che, indipendentemente dalla situazione in cui è svolto, il procedimento speciale di riconoscimento rimane contrario al sistema istituito dalla decisione quadro 2008/675 in quanto costituisce una formalità preliminare non prevista nella decisione quadro in questione e che ne condiziona l’applicazione. In altri termini, tale procedimento è concepito dal legislatore ungherese al fine di preparare la considerazione delle condanne straniere nell’ambito di futuri e possibili processi penali. Sembra quindi essere, nella convinzione delle autorità ungheresi, inscindibile dall’attuazione della decisione quadro 2008/675. È quindi utile, al fine di consentire al giudice del rinvio di dirimere la controversia oggetto del procedimento principale e, più in particolare, di decidere se tale giudice debba o meno espletare tale procedimento nazionale di riconoscimento, che la Corte richiami, sostanzialmente, ciò che essa ha dichiarato ai punti da 35 a 38 e al punto 40 della sentenza del 21 settembre 2017, Beshkov (37), vale a dire che la decisione quadro 2008/675 deve essere interpretata nel senso che essa osta a che la considerazione, in uno Stato membro, di una decisione di condanna resa precedentemente da un giudice di un altro Stato membro sia assoggettata allo svolgimento di un procedimento nazionale di previo riconoscimento della decisione stessa da parte dei giudici competenti di tale primo Stato membro. Mi riferisco, da parte mia, ai punti da 27 a 31 delle conclusioni che ho presentato nella suddetta causa (38).

74.      Contrariamente a quanto sostenuto dai governi ceco e ungherese, il considerando 13 della decisione quadro 2008/675 non può essere inteso nel senso che uno Stato membro ha la possibilità di assoggettare una sentenza pronunciata da un giudice di un altro Stato membro ad un procedimento nazionale di riconoscimento prima che possa essere presa in considerazione in un nuovo procedimento penale.

75.      Come riporta la Commissione europea nella sua relazione al Parlamento europeo e al Consiglio sull’attuazione negli Stati membri della [decisione quadro 2008/675], essa «ha un notevole valore aggiunto nel promuovere la reciproca fiducia nelle leggi penali e nelle decisioni giudiziarie nello spazio europeo di giustizia in quanto incoraggia una cultura giudiziaria in cui le precedenti decisioni di condanna pronunciate in un altro Stato membro sono, in linea di principio, prese in considerazione» (39). A tal fine, l’articolo 3, paragrafo 1, di tale decisione quadro, letto in combinato disposto con il considerando 5, impone agli Stati membri di assicurare che, nel caso di un nuovo procedimento penale in uno Stato membro nei confronti di una persona, le precedenti decisioni di condanna pronunciate in un altro Stato membro nei confronti della stessa persona per fatti diversi, riguardo alle quali sono state ottenute informazioni in virtù degli strumenti applicabili all’assistenza giudiziaria reciproca o allo scambio di informazioni estratte dai casellari giudiziari, siano prese in considerazione nella misura in cui sono a loro volta prese in considerazione precedenti condanne nazionali, e che siano attribuiti ad esse effetti giuridici equivalenti a quelli derivanti da precedenti condanne nazionali conformemente al diritto nazionale.

76.      La decisione quadro 2008/675 è difatti retta dal principio di equivalenza (40). Conformemente a detto principio, la presa in considerazione di condanne anteriori rese dal giudice di un altro Stato membro è obbligatoria per il giudice nazionale adito in occasione di un nuovo procedimento penale solo nei limiti in cui tale presa in considerazione sia possibile in una situazione puramente interna.

77.      Un simile obbligo è chiaramente connesso alla realizzazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia e, con ciò, al reciproco riconoscimento che impone non solo di prendere in considerazione la decisione straniera, ma anche di rispettarla.

78.      Pertanto, prendendo in considerazione tale decisione straniera anteriore, il giudice che statuisce a seguito di quest’ultima non può modificarla in un senso o nell’altro. L’articolo 3, paragrafo 3, della decisione quadro 2008/675 sancisce il principio in parola. Occorre semplicemente che il giudice nazionale adito per ultimo, riconosca a tale decisione, le conseguenze che sarebbero attribuite, in base al suo diritto nazionale, a una precedente decisione nazionale.

79.      Come precisato dalla Corte nella sentenza del 21 settembre 2017, Beshkov (41), l’articolo 3, paragrafo 3 ed il considerando 13 di tale decisione quadro vietano espressamente un riesame delle decisioni di condanna pronunciate precedentemente in altri Stati membri, poiché tali decisioni devono infatti essere prese in considerazione quali sono state pronunciate (42).

80.      Pertanto, contrariamente a quanto fatto valere dai governi ceco e ungherese, mentre il considerando 13 fa del pari presente che la decisione quadro di cui trattasi rispetta la varietà delle soluzioni e delle procedure nazionali necessarie per tener conto di precedenti decisioni di condanna pronunciate in un altro Stato membro e non impedisce a uno Stato membro di pronunciare, se necessario, una decisione che produca effetti giuridici equivalenti a quelli di tale decisione condanna, l’adozione di una siffatta decisione non può, tuttavia, e in ogni caso implicare l’attuazione di un procedimento nazionale di previo riconoscimento come quello in discussione nel procedimento principale (43).

81.      In definitiva, mentre il considerando 13 della decisione quadro 2008/675 stabilisce che uno Stato membro può pronunciare, se necessario, una decisione che produca effetti giuridici equivalenti a quelli di una precedente condanna, è solo a condizione che la decisione sia conforme alla norma di cui all’articolo 3, paragrafo 3, della stessa decisione quadro, vale a dire che non deve consistere in un riesame di tale condanna.

82.      A tale riguardo, vi è una grande differenza tra, da un lato, l’adozione di una decisione che riesamina una precedente sentenza straniera e che si traduce quindi in una riclassificazione del reato e in una modifica della pena inflitta in tale sentenza e, dall’altro lato, l’adozione di una decisione che specifichi le modalità concrete per tenere conto della sentenza straniera nel nuovo procedimento penale o i motivi per i quali tale considerazione non è possibile nel caso concreto.

83.      La prima soluzione è direttamente in conflitto con il principio del reciproco riconoscimento, mentre la seconda rientra, al contrario, nella concreta attuazione di tale principio.

84.      Le indicazioni contenute nel considerando 13 della decisione quadro 2008/675 sono, a mio avviso, unicamente intese a conferire agli Stati membri un margine di discrezionalità nel determinare le modalità concrete secondo cui le precedenti condanne pronunciate in un altro Stato membro sono prese in considerazione dai loro giudici. Si deve, infatti, precisare che la decisione quadro 2008/675 non armonizza gli effetti giuridici attribuiti alle condanne precedenti (44). L’applicazione del principio del reciproco riconoscimento porta a riconoscere alle condanne pronunciate in un altro Stato membro lo stesso valore e ad attribuire gli stessi effetti di una precedente condanna nazionale (45). In altri termini, la suddetta decisione quadro stabilisce un «principio di equiparazione» della decisione dell’altro Stato membro alla decisione emessa dal giudice nazionale. D’altro canto, tale decisione quadro lascia ai legislatori nazionali il compito di trarre le conseguenze da tale principio, il che significa che essa non mira in alcun modo ad armonizzare le conseguenze attribuite in ciascuno Stato membro a precedenti condanne, le quali restano regolate esclusivamente disciplinate dall’ordinamento nazionale (46). In assenza di armonizzazione, gli Stati membri prevedono quindi nelle loro legislazioni nazionali effetti giuridici diversi, che possono inoltre applicarsi in modi diversi e in diverse fasi del loro procedimento penale.

85.      A tale riguardo, nella relazione della sua proposta di decisione quadro, la Commissione ha rilevato che gli effetti delle condanne precedenti variano di gran lunga a seconda dei sistemi nazionali. In alcuni Stati membri, l’esistenza di una condanna precedente è un elemento meramente di fatto, lasciato alla valutazione delle autorità competenti, che ne terranno conto al momento della decisione. In altri Stati membri, esiste un sistema di recidiva in senso ampio, che attribuisce alcuni effetti di diritto ad una condanna precedente e tali effetti esulano dal potere discrezionale delle autorità competenti. Nell’ipotesi di una disciplina normativa della recidiva, la Commissione afferma che gli Stati membri dovranno precisare le condizioni secondo le quali alcuni effetti equivalenti derivano dall’esistenza di una condanna pronunciata in un altro Stato membro. Infatti, i meccanismi nazionali di recidiva sono spesso collegati in modo estremamente diretto alla struttura dei reati e delle pene esistente al livello nazionale, segnatamente in tutti i casi in cui esistono sistemi di recidiva speciale (47).

86.      Alla luce di tali spiegazioni, il considerando 13 della decisione quadro 2008/675 non può quindi essere letto nel senso che consente lo svolgimento di un procedimento nazionale di riconoscimento delle decisioni giudiziarie in materia penale pronunciate in altri Stati membri, come quello di cui trattasi nella causa principale. Una lettura così ampia sarebbe contraria al principio del reciproco riconoscimento di tali sentenze. Le condizioni molto restrittive del considerando 13 di tale decisione quadro dimostrano altresì che la possibilità per gli Stati membri di adottare una decisione per attribuire effetti giuridici equivalenti a una precedente condanna straniera, fatto salvo il divieto di riesaminare tale condanna, può solo intervenire caso per caso, eccezionalmente, nelle ipotesi talmente evidenti che sarebbe possibile porvi rimedio nel breve periodo di tempo imposto da tale stesso considerando.

87.      Dalle considerazioni che precedono deduco che il sistema istituito dalla decisione quadro 2008/675 osta a che uno Stato membro assoggetti le decisioni di condanna pronunciate dai giudici di altri Stati membri ad un procedimento nazionale di riconoscimento nel quale tali decisioni sono assoggettate a un riesame che può comportare una loro modifica al fine di renderle conformi al diritto penale di tale Stato membro. Ricordo, a tale riguardo, che il procedimento speciale di riconoscimento previsto dal diritto ungherese è in grado di portare ad una riqualificazione del reato oggetto di una decisione definitiva resa da un giudice di un altro Stato membro e ad un adeguamento della pena pronunciata ai sensi della legislazione penale ungherese.

88.      Invero, il governo ungherese ha spiegato alla Corte che, dopo la sentenza del 9 Giugno 2016, Balogh (48), era stato deciso di non attuare più sistematicamente il procedimento speciale di riconoscimento delle sentenze straniere (49). Tuttavia, va sottolineato che se costituisce in un certo senso una circostanza aggravante, non è la natura sistematica dello svolgimento di tale procedimento di per sé che giustifica da solo la non compatibilità di tale procedimento con la decisione quadro 2008/675. Ciò che cristallizza siffatta non compatibilità è il fatto che il suddetto procedimento, anche se attuato unicamente in un nuovo procedimento penale efficacemente promosso a carico di una persona oggetto di una precedente condanna pronunciata da un giudice di un altro Stato membro, e non più in modo sistematico indipendentemente da eventuali nuovi procedimenti penali, è una formalità preliminare che condiziona la presa in considerazione di tale precedente condanna e, in secondo luogo, consiste in un riesame di tale condanna che può condurre alla sua modifica al fine di adeguarla alla legislazione penale ungherese.

89.      Occorre sottolineare che il sistema istituito dalla decisione quadro 2008/675 è fondamentalmente diverso da quello previsto dalla decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio, del 27 novembre 2008, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione europea (50).Infatti, mentre la prima non consente di tenere conto di eventuali adeguamenti di condanne straniere in un nuovo procedimento penale, la seconda prevede, all’articolo 8, requisiti rigorosi per l’adeguamento, da parte dell’autorità competente dello Stato di esecuzione, della pena irrogata nello Stato di emissione, i quali costituiscono così le uniche eccezioni all’obbligo di principio, che grava su detta autorità, di riconoscere la sentenza che le è stata trasmessa e di eseguire la pena la cui durata e la cui natura corrispondono a quelle previste nella sentenza emessa in tale Stato di emissione (51). Tuttavia, una tale possibilità di adeguare una condanna straniera non può essere invocata dal governo ungherese nella presente causa poiché è pacifico che essa non riguarda lo svolgimento del procedimento speciale di riconoscimento ai fini dell’esecuzione in Ungheria della condanna che è stata pronunciata dal Landesgericht Wiener Neustadt (Tribunale regionale di Wiener Neustadt) nei confronti del sig. Lada.

90.      Infine, sottolineo che l’esistenza di un procedimento come quello svolto dalle autorità ungheresi prima dell’iscrizione di una sentenza penale straniera nel casellario giudiziario nazionale, sia che avvenga sistematicamente o meno, appare inutile nell’ambito del sistema istituito dalla decisione quadro 2009/315 e dalla decisione 2009/316 e, quindi, in contraddizione con esse. Tali due norme riguardano principalmente le informazioni comuni ai casellari giudiziari degli Stati membri. Il problema si risolve da solo se si considera l’utilità fondamentale del casellario giudiziario.

91.      L’esistenza di un casellario giudiziario consente agli organi giurisdizionali di sapere se un dato individuo è stato condannato, in cosa consiste la sua pena così come i fatti commessi, il che consente, se necessario, di determinare o escludere una possibile recidiva e verificare se la sentenza emessa è stata eseguita.

92.      Di per sé, l’iscrizione nel casellario giudiziario non costituisce una considerazione o esecuzione di una condanna. È consultando il casellario giudiziario in un procedimento successivo che l’organo giurisdizionale vedrà se c’è una condanna che dovrà prendere in considerazione o eseguire. Solo in tale ipotesi, e a seconda dei casi, il giudice adito nell’ambito di un nuovo procedimento penale solleverà la questione dell’applicazione della decisione quadro 2008/675 per la considerazione di una condanna o della decisione quadro 2008/909 per la sua esecuzione.

93.      In terzo luogo, il giudice del rinvio chiede alla Corte di interpretare il diritto primario dell’Unione, vale a dire l’articolo 82, paragrafo 1, del TFUE, che stabilisce il principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e decisioni giudiziarie in materia penale, sottolineando il fatto che i giudici nazionali sarebbero quindi in grado di disapplicare la normativa ungherese contraria a tale diritto, cosa che non possono fare se la Corte si limitasse ad interpretare le decisioni quadro e ad evidenziare la contrarietà di tale normativa nazionale con esse (52). Ciò solleva la questione dell’idoneità delle decisioni quadro ad essere invocate dinanzi ai giudici nazionali al fine di escludere l’applicazione di una normativa nazionale in senso contrario.

94.      È chiaro, a mio avviso, che il procedimento speciale ungherese è in conflitto con il principio del reciproco riconoscimento di cui all’articolo 82, paragrafo 1, del TFUE. Come giustamente rilevato dalla Commissione, infatti, tale procedimento impedisce il riconoscimento automatico delle sentenze pronunciate in altri Stati membri poiché, anziché riconoscere tali sentenze, prevede la loro sostituzione con una decisione nazionale, l’unica in grado di produrre effetti giuridici nell’ordinamento giuridico ungherese. La formulazione dell’articolo 47, paragrafo 3, della legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale è molto chiara in quanto prevede che «Nell’ipotesi in cui il tribunale ungherese riconosca l’efficacia della sentenza straniera, occorre considerare i fatti quali accertati da una sentenza definitiva pronunciata dal tribunale ungherese». Occorre aggiungere che la decisione presa dal tribunale ungherese competente al termine del procedimento speciale di riconoscimento può, se necessario, includere un adeguamento della sentenza straniera al fine di renderla conforme con la legge ungherese. Ciò si riflette nell’articolo 48, paragrafi da 2 a 6, della legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale.

95.      La Corte può quindi scegliere di basare la propria risposta al giudice del rinvio sull’articolo 82, paragrafo 1, del TFUE. Tale articolo, infatti, stabilisce il principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e delle decisioni giudiziarie in materia penale e ha sostituito l’articolo 31 UE su cui sia la decisione quadro 2009/315 che la decisione 2009/316 e la decisione quadro 2008/675 sono basate.

96.      Tuttavia, la Corte non propende in tal senso nelle sentenze del 9 giugno 2016, Balogh (53), e del 21 settembre 2017, Beshkov (54), solo per citarne due, in cui, pur menzionando il principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e delle decisioni giudiziarie in materia penale nel corpo delle sentenze, ha proceduto all’interpretazione delle norme di diritto derivato dell’Unione che applicano tale principio.

97.      Il suddetto approccio deve, a mio avviso, essere perseguito perché sono tali norme di diritto derivato dell’Unione che specificano le condizioni e i limiti entro i quali deve essere applicato il principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e delle decisioni giudiziarie in materia penale, tenendo conto delle specificità delle varie parti del procedimento penale e che, pertanto, possono richiedere un chiarimento da parte della Corte.

98.      Tuttavia, la Corte deve ancora specificare le conseguenze che i giudici nazionali devono trarre da una constatazione di incompatibilità tra una normativa nazionale e una decisione quadro e, in particolare, chiarire che tali giudici hanno, di fronte all’impossibilità di interpretare tale normativa nazionale in modo coerente con una tale norma di diritto derivato dell’Unione, l’obbligo, in base al principio del primato del diritto dell’Unione, di disapplicare tale normativa nazionale contraria.

99.      Ho già affrontato la suddetta problematica nelle conclusioni che ho presentato nella causa che ha dato origine alla sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (55). In seguito a tale sentenza, il Rechtbank di Amsterdam (Tribunale di Amsterdam, Paesi Bassi) ha nuovamente interrogato la Corte, in particolare sull’argomento, nella causa pendente Poplawski (C‑573/17). Alla Corte vengono pertanto offerte varie opportunità per chiarire se, laddove un giudice nazionale ritenga che un’interpretazione del suo diritto nazionale che risulti conforme a una decisione quadro sia impossibile, tale giudice è tenuto a lasciare disapplicato tale diritto.

100. A tale riguardo, si deve ricordare che la constatazione che una decisione quadro non può avere efficacia diretta non deve far perdere di vista il fatto che, conformemente all’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), UE (56), essa vincola gli Stati membri sul risultato da raggiungere, salva restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi (57). Inoltre, secondo una giurisprudenza ben consolidata della Corte, gli Stati membri devono adottare tutte le misure generali o particolari in grado di garantire l’esecuzione degli obblighi loro incombenti in forza di una decisione quadro (58).

101. In particolare, da una giurisprudenza costante della Corte risulta che il carattere vincolante di una decisione quadro comporta, in capo alle autorità nazionali, ivi compresi i giudici nazionali, un obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale. Nell’applicazione del diritto nazionale, siffatti giudici, chiamati ad interpretarlo, sono perciò tenuti a farlo per quanto possibile alla luce della lettera e dello scopo della decisione quadro al fine di conseguire il risultato perseguito da quest’ultima. Tale obbligo di interpretazione conforme del diritto nazionale è insito nel sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito delle rispettive competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte (59).

102. Invero, il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale è soggetto ad alcuni limiti. Perciò, l’obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al contenuto di una decisione quadro quando interpreta ed applica le norme pertinenti del suo diritto nazionale trova tuttavia i suoi limiti nei principi generali del diritto e, in particolare, in quelli di certezza del diritto e di irretroattività. Tali principi ostano in particolare a che il detto obbligo possa condurre a determinare o ad aggravare, sul fondamento di una decisione quadro e indipendentemente da una legge adottata per l’attuazione di quest’ultima, la responsabilità penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni (60). Per di più, il principio di interpretazione conforme non può porsi a fondamento di un’interpretazione contra legem del diritto nazionale (61).

103. Tuttavia, resta il fatto che il principio di interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio, nei limiti delle loro competenze, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia della decisione quadro di cui trattasi e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultima (62). Ciò premesso, la Corte ha già dichiarato che l’obbligo di interpretazione conforme impone ai giudici nazionali di modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata se quest’ultima si basa su un’interpretazione del diritto nazionale non conforme con gli scopi di una decisione quadro (63). La Corte ha inoltre dichiarato che, nel caso in cui un giudice nazionale ritenga di trovarsi nell’impossibilità di interpretare una disposizione di diritto interno conformemente con una decisione quadro, in ragione del fatto che questi è vincolato all’interpretazione data a siffatta disposizione nazionale da parte del giudice nazionale di ultima istanza in una sentenza interpretativa, esso deve assicurare la piena efficacia della decisione quadro disapplicando ove necessario, di propria iniziativa, l’interpretazione accolta dal giudice nazionale di ultima istanza, allorché tale interpretazione non è conforme con il diritto dell’Unione (64).

104. Avendo fatto le suddette precisazioni sull’obbligo di interpretazione conforme che grava sui giudici nazionali, occorre ricordare che spetta, in definitiva, al giudice del rinvio stabilire se la propria normativa nazionale, e, in particolare, gli articoli da 46 a 48 della legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale si prestano ad un’interpretazione conforme alle decisioni quadro 2009/315 e 2008/675.

105. Nella misura in cui non è certo che il giudice del rinvio possa pervenire a un’interpretazione del suo diritto nazionale conforme al diritto dell’Unione, mi sembra necessario stabilire, nel caso in cui tale interpretazione non fosse possibile, quali conseguenze concrete spetterebbe al giudice nazionale trarre dagli articoli da 46 a 48 della legge sull’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale in assenza di compatibilità con le decisioni quadro 2009/315 e 2008/675.

106. In linea di principio, una volta che le disposizioni nazionali di cui trattasi non si prestano ad un’interpretazione conforme, il giudice nazionale è tenuto a disapplicarle, al fine di applicare integralmente il diritto dell’Unione.

107. A tal proposito va constatato che, sebbene la Corte abbia già avuto modo di pronunciarsi sulla portata giuridica degli atti adottati nell’ambito del titolo VI del Trattato UE, dedicato alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, essa si è tuttavia limitata, nella sentenza del 16 giugno 2005, Pupino (65), ad estendere il principio di interpretazione conforme a tali atti, riconoscendo che una decisione quadro può essere paragonata, su tale piano, ad una direttiva.

108. Per contro, la Corte non si è ancora pronunciata sulla questione se la mancata conformità di una norma nazionale ad una decisione quadro comporti, per il giudice nazionale, l’obbligo di disapplicare tale norma nazionale qualora essa non possa essere oggetto di un’interpretazione conforme.

109. Come ho affermato nella mia presa di posizione del 28 aprile 2008 nella causa Kozłowski (66), i motivi per i quali, nella sentenza del 15 luglio 1964, Costa (67), la Corte ha dichiarato che gli Stati membri, dopo aver liberamente acconsentito a trasferire alla Comunità parte delle loro competenze, non possono opporre ad un atto comunitario vincolante un qualsiasi provvedimento del proprio ordinamento giuridico interno, sono applicabili ad una decisione quadro. A mio avviso, una decisione quadro, come qualunque atto di diritto dell’Unione vincolante, è idonea a prevalere su qualsiasi disposizione di diritto interno, anche di natura costituzionale o appartenente ad una legge fondamentale. Pertanto, il principio del primato del diritto dell’Unione impone al giudice nazionale di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione «disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione nazionale contraria» (68).

110. Diverse considerazioni depongono a favore del riconoscimento del principio del primato per le decisioni quadro adottate nell’ambito del terzo pilastro (69).

111. La prima considerazione è di ordine testuale. Va constatato, a tale riguardo, che, ad eccezione della riserva relativa all’assenza di efficacia diretta delle decisioni quadro, il legislatore dell’Unione ha ricalcato il regime delle decisioni quadro su quello delle direttive, prevedendo che esse «sono vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, salva restando la competenza delle autorità nazionali in merito alla forma e ai mezzi» (70). Poiché l’irriducibile peculiarità delle decisione quadro si limita alla loro mancanza di efficacia diretta (71), non vi è alcun motivo per escludere, per il resto, il primato di tali atti in ragione del fatto che essi rientrino nell’ambito della cooperazione intergovernativa.

112. La seconda considerazione riguarda il riconoscimento, da parte della Corte, dell’obbligo per il giudice nazionale di ricorrere alla tecnica dell’interpretazione conforme al fine di garantire la piena efficacia delle decisioni quadro e di giungere ad una soluzione conforme allo scopo di queste ultime.

113. È pur vero che, per giustificare l’applicazione del principio di interpretazione conforme, la Corte si è basata non già sul principio del primato, bensì su quello di leale cooperazione. Essa ha infatti dichiarato che quest’ultimo principio, che implica in particolare che gli Stati membri adottino tutte le misure generali o particolari in grado di garantire l’esecuzione dei loro obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, deve imporsi anche nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, che è del resto interamente fondata sulla cooperazione tra gli Stati membri e le istituzioni (72). Tale logica di ragionamento era già presente nella sentenza del 10 aprile 1984, Von Colson e Kamann (73), poiché la Corte vi aveva segnatamente dedotto l’obbligo di interpretazione conforme dal dovere degli Stati membri di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento dei loro obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, precisando che tale diritto si impone a tutte le autorità nazionali ivi comprese, nell’ambito delle loro competenze, quelle giurisdizionali (74).

114. Resta il fatto che l’obbligo di interpretazione conforme che, secondo la Corte, per giurisprudenza costante, «attiene (…) al sistema del Trattato FUE, in quanto permette ai giudici nazionali di assicurare, nell’ambito delle rispettive competenze, la piena efficacia del diritto dell’Unione quando risolvono le controversie ad essi sottoposte» (75), deriva dall’esigenza di efficacia del diritto dell’Unione e dalla necessità di assicurare il primato di quest’ultimo sul diritto interno degli Stati membri (76). D’altronde, il riconoscimento del principio di interpretazione conforme per il tramite del principio di leale cooperazione presuppone necessariamente che si ammetta, fosse anche in modo implicito, il primato del diritto dell’Unione. Infatti, come potrebbe l’obbligo di leale cooperazione, derivante dal diritto dell’Unione, giustificare il fatto che il giudice nazionale sia tenuto a modificare il significato del proprio diritto interno in senso conforme al diritto dell’Unione, se non si ritenesse che tale obbligo debba prevalere sull’obbligo, per il giudice nazionale, di risolvere la controversia secondo le norme del proprio diritto interno?

115. La terza considerazione è legata all’evoluzione del contesto normativo risultante dalla fine del periodo transitorio previsto dal protocollo (n. 36) sulle disposizioni transitorie, allegato ai Trattati. Ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 3, di tale protocollo, la misura transitoria di cui al paragrafo 1 ha cessato di produrre effetti cinque anni dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, vale a dire il 30 novembre 2014. L’assorbimento definitivo del terzo pilastro nell’ambito che figura nella terza parte del Trattato FUE, titolo V, relativo allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, impone un’«interpretazione comunitaria» (77). A tale riguardo va rilevato, in particolare, che, mentre la competenza della Corte ai sensi del vecchio articolo 35 UE rifletteva il carattere intergovernativo della cooperazione nell’ambito del terzo pilastro, la Corte ha, da tale data, una competenza pregiudiziale automatica e obbligatoria, poiché essa non è più subordinata a una dichiarazione secondo cui ciascuno Stato membro riconosceva tale competenza e indicava i giudici nazionali che potevano adire la Corte. A tal proposito, è interessante rilevare che, nella sentenza del 16 giugno 2005, Pupino (78), la Corte si è basata sull’«importanza della competenza pregiudiziale della Corte ai sensi dell’art[icolo] 35 UE» per giustificare il fatto che ai soggetti dell’ordinamento sia riconosciuto il diritto di far valere le decisioni quadro al fine di ottenere un’interpretazione conforme del diritto nazionale dinanzi ai giudici degli Stati membri (79). Il riconoscimento di una competenza identica a quella che la Corte deteneva nell’ambito del primo pilastro dimostra un forte processo di convergenza tra tali due pilastri, che giustifica il fatto di ricalcare gli effetti delle decisioni quadro su quelli delle direttive, ad eccezione, beninteso, dell’efficacia diretta, che è espressamente esclusa.

116. Dalle precedenti considerazioni si deduce che la decisione quadro è destinata, in forza del principio del primato, a prevalere su qualsiasi disposizione di diritto interno che contrasti con essa.

117. Ritengo altrettanto importante ricordare ciò che la Corte ha dichiarato fermamente nella sentenza del 26 febbraio 2013, Melloni (80), che riguardava l’interpretazione della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativo al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (81), vale a dire che «[s]econdo una giurisprudenza consolidata (…) in virtù del principio del primato del diritto dell’Unione, che è una caratteristica essenziale dell’ordinamento giuridico dell’Unione, il fatto che uno Stato membro invochi disposizioni di diritto nazionale, quand’anche di rango costituzionale, non può sminuire l’efficacia del diritto dell’Unione nel territorio di tale Stato» (82).

118. Secondo la logica della disgiunzione tra l’effetto «di sostituzione» e «l’invocabilità di esclusione» (83), ritengo che la mancanza di efficacia diretta della decisione quadro non significhi che il giudice nazionale non abbia l’obbligo di disapplicare le disposizioni del proprio diritto interno incompatibili con il diritto l’Unione. Infatti, tale obbligo deriva direttamente dalla prevalenza del diritto dell’Unione sulle disposizioni nazionali che ne ostacolano la piena efficacia.

119. Le considerazioni che precedono valgono, a mio parere, a fortiori per le decisioni adottate ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE, come la decisione 2009/316.

120. Di conseguenza, ritengo che spetti al giudice nazionale, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, interpretare le disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale, nella misura del possibile, alla luce della lettera e dello scopo di detta decisione quadro 2009/315, della decisione 2009/316 e della decisione quadro 2008/675. Nel caso in cui tale interpretazione si riveli impossibile, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare le disposizioni nazionali contrarie al diritto dell’Unione.

IV.    Conclusione

121. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Törvényszék Szombathelyi (corte di Szombathely, Ungheria):

1)      La decisione quadro 2009/315/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, relativa all’organizzazione e al contenuto dello scambio di informazioni estratte dal casellario giudiziario tra gli Stati membri e la decisione 2009/316/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, relativo alla creazione del Sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari (ECRIS), ai sensi dell’articolo 11 della decisione quadro 2009/315, devono essere interpretate nel senso che esse ostano all’applicazione di una normativa nazionale che istituisce un procedimento nazionale per il riconoscimento, da parte del giudice di uno Stato membro, di una decisione giudiziaria definitiva pronunciata da un giudice di un altro Stato membro che condanna una persona per la commissione di un reato.

2)      Conformemente a detta decisione quadro e a detta decisione, l’iscrizione nel casellario giudiziario da parte dell’autorità centrale dello Stato membro di cittadinanza delle condanne pronunciate dagli organi giurisdizionali dello Stato membro di condanna deve essere effettuata direttamente sulla base della trasmissione da parte dell’autorità centrale di quest’ultimo Stato membro, per mezzo dell’ECRIS, delle informazioni relative a tali condanne sotto forma di codici. Ciò premesso, siffatta iscrizione non può dipendere dal previo espletamento di un procedimento di riconoscimento giudiziario delle suddette condanne, quale il procedimento speciale ungherese, né a fortiori dalla comunicazione allo Stato membro di cittadinanza della decisione di condanna ai fini di tale riconoscimento.

3)      La decisione quadro 2008/675/GAI del Consiglio, del 24 luglio 2008, relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione di un nuovo procedimento penale, deve essere interpretato nel senso che essa osta a che, in uno Stato membro, la considerazione di una decisione di condanna resa precedentemente da un giudice di un altro Stato membro sia assoggettata all’espletamento di un procedimento nazionale di previo riconoscimento della decisione stessa da parte dei giudici competenti di tale Stato membro.

4)      Spetta al giudice nazionale, tenendo conto del diritto interno nel suo insieme ed applicando i metodi di interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, interpretare le disposizioni nazionali di cui trattasi nel procedimento principale, nella misura del possibile, alla luce della lettera e dello scopo della decisione quadro 2009/315, della decisione 2009/316 e della decisione quadro 2008/675. Nel caso in cui tale interpretazione si riveli impossibile, il giudice nazionale è tenuto a disapplicare le disposizioni nazionali contrarie al diritto dell’Unione.


1      Lingua originale: il francese.


2      C‑25/15, EU:C:2016:423.


3      C‑25/15, EU:C:2016:423.


4      GU 2009, L 93, pag. 23.


5      GU 2009, L 93, pag. 33.


6      C‑25/15, EU:C:2016:423.


7      GU 2008, L 220, pag. 32.


8      C‑171/16, EU:C:2017:710.


9      C‑579/15, EU:C:2017:503. Conclusioni presentate il 15 febbraio 2017 (Popławski, C‑579/15, EU:C:2017:116).


10      In prosieguo il «codice penale».


11      GU 2000, L 239, pag. 19.


12      In prosieguo: la «Carta».


13      Tuttavia, il governo ungherese precisa nelle sue osservazioni scritte che è lo stesso procedimento speciale di riconoscimento che si applica in caso di richiesta di esecuzione in Ungheria di una sentenza di condanna pronunciata da un organo giurisdizionale di un altro Stato membro.


14      C‑25/15, EU:C:2016:423.


15      C‑25/15, EU:C:2016:423.


16      C‑25/15, EU:C:2016:423.


17      V., in tal senso, sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski (C‑486/14, EU:C:2016:483, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).


18      C‑25/15, EU:C:2016:423.


19      Sentenza del 9 giugno 2016, Balogh (C‑25/15, EU:C:2016:423, punto 48).


20      Sentenza del 9 giugno 2016, Balogh (C‑25/15, EU:C:2016:423, punto 49).


21      C‑171/16, EU:C:2017:710.


22      Sentenze del 9 giugno 2016, Balogh (C‑25/15, EU:C:2016:423, punto 54), e del 21 settembre 2017, Beshkov (C‑171/16, EU:C:2017:710, punto 36).


23      Sentenza del 21 settembre 2017, Beshkov (C‑171/16, EU:C:2017:710, punto 36).


24      C‑25/15, EU:C:2016:423.


25      V. ordinanza di rinvio, punto 28.


26      V. ordinanza di rinvio, punto 30.


27      V. ordinanza di rinvio, punto 32.


28      V. ordinanza di rinvio, punto 33.


29      V., in tal senso, sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 39 e giurisprudenza ivi citata).


30      Sentenza del 9 giugno 2016, Balogh (C‑25/15, EU:C:2016:423, punto 52).


31      Sentenza del 9 giugno 2016, Balogh (C‑25/15, EU:C:2016:423, punto 44).


32      Sentenza del 9 giugno 2016, Balogh (C‑25/15, EU:C:2016:423, punto 46).


33      C‑25/15, EU:C:2016:423.


34      C‑25/15, EU:C:2016:29.


35      Il corsivo è mio.


36      V. sentenza del 21 settembre 2017, Beshkov (C‑171/16, EU:C:2017:710).


37      C‑171/16, EU:C:2017:710.


38      C‑171/16, EU:C:2017:386.


39      COM(2014) 312 def., pag. 12.


40      V. considerando da 5 a 7 di detta decisione.


41      C‑171/16, EU:C:2017:710.


42      V. sentenza del 21 settembre 2017, Beshkov (C‑171/16, EU:C:2017:710, punto 37).


43      V., per analogia, sentenza del 21 settembre 2017, Beshkov (C‑171/16, EU:C:2017:710, punto 38).


44      V. considerando 5 della decisione quadro 2008/675.


45      V. proposta di decisione quadro del Consiglio relativa alla considerazione delle decisioni di condanna tra Stati membri dell’Unione europea in occasione dell’apertura di un nuovo procedimento penale [COM(2005) 91 def., spiegazione dei motivi, pag. 3, in prosieguo: la «proposta di decisione quadro»].


46      V. proposta di decisione quadro (spiegazione dei motivi, pag. 5).


47      V. proposta di decisione quadro (pagg. 5 e 6).


48      C‑25/15, EU:C:2016:423.


49      Il governo ungherese ha indicato, all’udienza, che tale evoluzione sarà formalizzata in una nuova legge in vigore a partire dal 1o gennaio 2018.


50      GU 2008, L 327, pag. 27.


51      V. sentenza dell’8 novembre 2016, Ognyanov (C‑554/14, EU:C:2016:835, punto 36).


52      V. risposta del giudice del rinvio alla domanda di informazioni presentata dalla Corte, punti 1 e 5. V., altresì, punto 47 delle presenti conclusioni.


53      C‑25/15, EU:C:2016:423.


54      C‑171/16, EU:C:2017:710.


55      C‑579/15, EU:C:2017:503. Conclusioni presentate il 15 febbraio 2017 (Popławski, C‑579/15, EU:C:2017:116).


56      Nel testo del Trattato di Amsterdam.


57      V. sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


58      V. sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).


59      V. sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


60      V. sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


61      V. sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).


62      V. sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


63      V. sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).


64      V. sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).


65      C‑105/03, EU:C:2005:386.


66      C‑66/08, EU:C:2008:253.


67      6/64, EU:C:1964:66.


68      V. sentenza del 5 luglio 2016, Ognyanov (C‑614/14, EU:C:2016:514, punto 34).


69      V., in tal senso, Lenaerts, K. e Corthaut, T., «Of birds and hedges: the role of primacy in invoking norms of EU law», European Law Review, Sweet and Maxwell, Londra, 2006, pagg. da 287 a 315. V., in senso contrario, Peers, S., «Salvation outside the church: judicial protection in the third pillar after the Pupino and Segi judgments», Common Market Law Review, n. 44, Issue 4, Wolters Kluwer Law and Business, Alphen sul Reno, 2007, pagg. da 883 a 929, in particolare pag. 920, il quale considera che, se i principi del primato e dell’efficacia diretta fossero applicati al terzo pilastro, le intenzioni degli autori dei Trattati sarebbero ignorate. Tale autore ammette, tuttavia, che riconoscere il principio del primato del diritto dell’Unione nell’ambito del terzo pilastro rafforzerebbe il principio di effettività e non violerebbe espressamente il testo dei Trattati (pag. 917).


70      Articolo 34, paragrafo 2, lettera b), UE, nel testo del Trattato di Amsterdam.


71      Prechal, S. e Marguery, T. qualificano la mancanza di efficacia diretta delle decisioni quadro come «piccola particolarità» in «La mise en œuvre des décisions-cadres une leçon pour les futures directives pénales?», L’exécution du droit de l’Union, entre mécanismes communautaires et droits nationaux, Bruylant, Bruxelles, 2009, pagg. da 225 a 251, in particolare pag. 250.


72      V. sentenza del 16 giugno 2005, Pupino (C‑105/03, EU:C:2005:386, punto 42).


73      14/83, EU:C:1984:153.


74      V. sentenza del 10 aprile 1984, von Colson e Kamann (14/83, EU:C:1984:153, punto 26).


75      V., in ultimo, sentenza del 28 gennaio 2016, BP Europa (C‑64/15, EU:C:2016:62, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).


76      V., in tal senso, Simon, D., «La panacée de l’interprétation conforme: injection homéopathique ou thérapie palliative?», De Rome à Lisbonne: les juridictions de l’Union européenne à la croisée des chemins, Mélanges en l’honneur de PaoloMengozzi, Bruylant, Bruxelles, 2013, pagg. da 279 a 298. Tale autore considera che «l’elevazione dell’obbligo di interpretazione conforme alla dignità di “principio attinente al sistema del Trattato” deriva direttamente (…) dal primato [del diritto dell’Unione] sul diritto interno degli Stati membri» (pag. 282). Egli aggiunge che «il legame con il primato del diritto dell’Unione in generale, e non soltanto con l’attuazione delle direttive in particolare, è dimostrato dall’obbligo di assicurare un’interpretazione “eurocompatibile” non solo dell’atto di trasposizione, bensì di tutto il diritto nazionale, sia esso precedente o successivo alla direttiva» (pag. 283).


77      Prechal, S. e Marguery, T., «La mise en œuvre des décisions-cadres une leçon pour les futures directives pénales?», L’exécution du droit de l’Union, entre mécanismes communautaires et droits nationaux, Bruylant, Bruxelles, 2009, pagg. da 225 a 251, in particolare pag. 232.


78      C‑105/03, EU:C:2005:386.


79      Sentenza del 16 giugno 2005, Pupino (C‑105/03, EU:C:2005:386, punti 37 e 38).


80      C‑399/11, EU:C:2013:107.


81      GU 2002, L 190, pag. 1.


82      V. punto 59 della sentenza e la giurisprudenza ivi citata.


83      V., in particolare, su tale distinzione, Simon, D., «L’invocabilité des directives dans les litiges horizontaux: confirmation ou infléchissement?», Revue Europe, n. 3, LexisNexis, Parigi, 2010. V., inoltre, Dougan, M., «When worlds collide! Competing visions of the relationship between direct effect and supremacy», Common Market Law Review, n. 44, Issue 4, Wolters Kluwer Law and Business, Alphen sul Reno, 2007, pagg. da 931 a 963.