Language of document : ECLI:EU:C:2018:238

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 12 aprile 2018 (1)

Causa C99/17 P

Infineon Technologies AG

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Intese – Mercato europeo dei chip per carte – Rete di contatti bilaterali volti a coordinare le risposte da fornire ai clienti desiderosi di ottenere riduzioni dei prezzi – Contestazione dell’autenticità delle prove – Portata del controllo giurisdizionale – Competenza estesa al merito»






1.        Con la presente impugnazione, la Infineon Technologies AG (in prosieguo: la «ricorrente») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 dicembre 2016, Infineon Technologies/Commissione (T‑758/14, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2016:737), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso volto, in via principale, all’annullamento della decisione C(2014) 6250 final della Commissione, del 3 settembre 2014, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE e dell’articolo 53 dell’Accordo [sullo Spazio economico europeo (SEE)] (caso AT.39574 – Chip per carte) (in prosieguo: la «decisione controversa»), e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente.

2.        Conformemente alla richiesta della Corte, le presenti conclusioni saranno incentrate su due questioni di diritto sollevate dalla ricorrente a sostegno della sua impugnazione. Tali due questioni vertono, da una parte, sulle condizioni di esercizio della competenza estesa al merito e, dall’altra, sulla contestazione dell’autenticità degli elementi di prova utilizzati dalla Commissione europea.

I.      Contesto normativo

A.      Regolamento n. 1/2003

3.        Ai sensi dell’articolo 31 del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (2), «[l]a Corte di giustizia ha competenza giurisdizionale anche di merito per decidere sui ricorsi presentati avverso le decisioni con le quali la Commissione irroga un’ammenda o una penalità di mora. Essa può estinguere, ridurre o aumentare l’ammenda o la penalità di mora irrogata».

B.      Orientamenti per il calcolo delle ammende

4.        Gli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 (3) (in prosieguo: gli «orientamenti per il calcolo delle ammende») enunciano, sotto il titolo «Adeguamenti dell’importo di base [dell’ammenda]», quanto segue:

«(…)

B. Circostanze attenuanti

29. L’importo di base dell’ammenda può essere ridotto qualora la Commissione constati l’esistenza di circostanze attenuanti, quali:

–        (…)

–        (…)

–        quando l’impresa fornisce la prova che la propria partecipazione all’infrazione è sostanzialmente marginale dimostrando altresì che, nel periodo in cui ha aderito agli accordi illeciti, non ha di fatto dato loro applicazione adottando un comportamento concorrenziale sul mercato; il fatto che un’impresa abbia partecipato a un’infrazione per una durata inferiore rispetto alle altre imprese non costituisce di per sé una circostanza attenuante, in quanto di tale circostanza si è già tenuto conto nella determinazione dell’importo di base;

(…)».

II.    Fatti

5.        I fatti all’origine della controversia e gli elementi essenziali della decisione controversa sono stati esposti ai punti da 1 a 40 della sentenza impugnata. Essi possono essere riassunti come segue.

6.        Il 22 aprile 2008, la Renesas Technology Corp. e le sue controllate (in prosieguo: la «Renesas») hanno informato la Commissione dell’esistenza di un’intesa nel settore dei chip per carte. La Renesas ha chiesto di beneficiare dell’immunità dalle ammende ai sensi della comunicazione della Commissione relativa all’immunità dalle ammende o alla riduzione del loro importo nei casi di cartelli tra imprese (4) (in prosieguo: la «comunicazione sulla cooperazione»). Dopo aver effettuato accertamenti senza preavviso presso i locali di diverse società di tale settore e dopo aver inviato loro richieste di informazioni, il 28 marzo 2011 la Commissione ha avviato il procedimento, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 6, del regolamento n. 1/2003, nei confronti della Koninklijke Philips NV e della Philips France (in prosieguo: la «Philips»), della Renesas nonché della Samsung Electronics CO., Ltd, e della Samsung Semiconductor Europe GmbH (in prosieguo, congiuntamente: la «Samsung»).

7.        Nell’aprile 2011, la Commissione ha avviato discussioni in vista di una transazione ai sensi dell’articolo 10 bis del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101 TFUE] e [102 TFUE] (5), con la Renesas, la Samsung e la Philips. Tali discussioni sono state sospese nell’ottobre 2012.

8.        Il 18 aprile 2013, la Commissione ha inviato una comunicazione degli addebiti alla Renesas, alla Hitachi, alla Mitsubishi Electric Corp., alla Samsung, alla ricorrente e alla Philips. L’audizione si è svolta il 20 novembre 2013.

9.        Il 3 settembre 2014 la Commissione ha adottato la decisione controversa. Con tale decisione, la Commissione ha constatato che quattro imprese, vale a dire la ricorrente, la Philips, la Renesas e la Samsung, avevano partecipato ad un’infrazione unica e continuata all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE nel settore dei chip per carte che copriva l’intero SEE (in prosieguo: l’«infrazione di cui trattasi»). Tale infrazione, che si sarebbe svolta tra il 24 settembre 2003 e l’8 settembre 2005, avrebbe riguardato i chip per carte, che sono utilizzati nelle carte SIM dei telefoni cellulari, nelle carte bancarie, nelle carte d’identità e nei passaporti, nelle carte della televisione a pagamento e in varie altre applicazioni.

10.      Al momento dell’infrazione di cui trattasi, il mercato dei chip per carte, che comprendeva due segmenti – vale a dire i chip per carte SIM (utilizzati essenzialmente per i telefoni cellulari) e i chip per carte non SIM (utilizzati per la banca, la sicurezza e l’identificazione) –, era caratterizzato da un calo costante dei prezzi, dalla pressione esercitata sui prezzi dai principali clienti dei produttori di smart card, da squilibri dell’offerta rispetto alla domanda risultanti dall’aumento della domanda e dalla costante e rapida evoluzione tecnologica, nonché dalla struttura delle trattative contrattuali con i clienti.

11.      L’infrazione di cui trattasi si basava su una rete di contatti bilaterali tra i destinatari della decisione controversa, vuoi in occasione di riunioni, vuoi durante conversazioni telefoniche, che avvenivano settimanalmente per il 2003 e il 2004. Secondo la Commissione, i partecipanti all’infrazione hanno coordinato la loro politica dei prezzi in materia di chip per carte mediante contatti vertenti sulla fissazione dei prezzi, in particolare i prezzi specifici proposti ai principali clienti, i prezzi minimi e i prezzi indicativi, sulla condivisione dei punti di vista in merito all’evoluzione dei prezzi per il semestre successivo e sulle intenzioni in materia di fissazione dei prezzi, ma anche sulla capacità di produzione e sull’utilizzo di quest’ultima, sul comportamento futuro sul mercato nonché sulle trattative per i contratti dei clienti comuni. Il calendario dei contatti collusivi, il cui elenco figura nella tabella n. 4 della decisione controversa, seguirebbe il calendario del ciclo economico. Considerando il loro oggetto e il momento in cui sono avvenuti, la Commissione ha constatato alcuni legami tra tali contatti bilaterali. Inoltre, in occasione di questi ultimi, le imprese avrebbero talvolta fatto riferimento apertamente ad altri contatti bilaterali tra i partecipanti all’infrazione di cui trattasi e alcune informazioni raccolte sarebbero state trasmesse ai concorrenti.

12.      La Commissione ha qualificato l’infrazione di cui trattasi come un’infrazione unica e continuata. Infatti, i contatti collusivi sarebbero collegati e di natura complementare. Con la loro interazione, essi avrebbero contribuito alla realizzazione di tutti gli effetti anticoncorrenziali nell’ambito di un piano globale avente un obiettivo unico.

13.      Secondo la Commissione, la Samsung, la Renesas e la Philips erano a conoscenza dell’infrazione nella sua interezza. Per contro, la ricorrente è stata ritenuta responsabile di tale infrazione soltanto nella misura in cui ha partecipato a pratiche collusive con la Samsung e con la Renesas, in assenza di prove che abbia avuto contatti anche con la Philips o che abbia avuto l’impressione soggettiva di partecipare all’infrazione in questione nella sua interezza.

14.      Infine, la Commissione ha ritenuto che il comportamento delle imprese di cui trattasi avesse lo scopo di restringere il gioco della concorrenza all’interno dell’Unione e abbia avuto un effetto significativo sul commercio tra gli Stati membri e tra le parti contraenti dell’accordo SEE.

15.      Ai fini del calcolo delle ammende inflitte ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e degli orientamenti per il calcolo delle ammende, la Commissione ha precisato che l’infrazione di cui trattasi era stata commessa intenzionalmente. Per il calcolo dell’importo di base, essa ha adottato un indicatore per il valore annuo delle vendite basato sul valore reale delle vendite dei prodotti oggetto del cartello, realizzate dalle imprese durante i mesi della loro partecipazione attiva all’infrazione di cui trattasi. La Commissione ha applicato un coefficiente di gravità dell’infrazione di cui trattasi pari al 16%. Essa ha tenuto conto di una durata di 11 mesi e 17 giorni per la Philips, di 18 mesi e 7 giorni per la ricorrente, di 23 mesi e 2 giorni per la Renesas e di 23 mesi e 15 giorni per la Samsung. Ha applicato un coefficiente del 16% del valore delle vendite a titolo di importo supplementare.

16.      A titolo di circostanze attenuanti, la Commissione ha concesso una riduzione del 20% dell’importo dell’ammenda alla ricorrente in ragione del fatto che quest’ultima era responsabile dell’infrazione di cui trattasi solo nei limiti in cui aveva partecipato ad accordi collusivi con la Samsung e la Renesas, e non con la Philips. Ai sensi della comunicazione sulla cooperazione, essa ha accordato l’immunità dalle ammende alla Renesas e una riduzione del 30% dell’importo dell’ammenda alla Samsung.

17.      All’articolo 1 della decisione controversa, la Commissione ha constatato che le seguenti imprese hanno partecipato ad un’infrazione unica e continuata all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e all’articolo 53 dell’accordo SEE nel settore dei chip per carte che copre l’intero SEE:

–        la ricorrente, dal 24 settembre 2003 al 31 marzo 2005, «a causa del suo coordinamento con la Samsung e la Renesas» [articolo 1, lettera a)];

–        la Philips, dal 26 settembre 2003 al 9 settembre 2004 [articolo 1, lettera b)];

–        la Renesas, dal 7 ottobre 2003 all’8 settembre 2005 [articolo 1, lettera c)], e

–        la Samsung, dal 24 settembre 2003 all’8 settembre 2005 [articolo 1, lettera d)].

18.      All’articolo 2 della decisione controversa, la Commissione ha inflitto ammende di un importo di EUR 82 784 000 alla ricorrente [articolo 2, lettera a)], di EUR 20 148 000 alla Philips [articolo 2, lettera b)], di EUR 0 alla Renesas [articolo 2, lettera c)], e di EUR 35 116 000 alla Samsung [articolo 2, lettera d)].

III. Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

19.      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 novembre 2014 (in prosieguo: il «ricorso di annullamento»), la ricorrente ha proposto un ricorso volto, in via principale, all’annullamento della decisione controversa e, in subordine, alla riduzione dell’importo dell’ammenda che le era stata inflitta.

20.      A sostegno del proprio ricorso, la ricorrente ha dedotto sei motivi. Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto tali motivi e, di conseguenza, il ricorso della ricorrente nella sua interezza.

21.      Con i suoi due primi motivi dedotti dinanzi al Tribunale, che vertevano sul rispetto dei suoi diritti della difesa e del principio di buona amministrazione, la ricorrente ha segnatamente criticato il trattamento processuale di un elemento di prova prodotto dalla Samsung nel 2012, vale a dire un messaggio di posta elettronica interno di tale società datato 3 novembre 2003, di cui essa contestava peraltro l’autenticità.

22.      In tale contesto, nell’ambito dell’esame della seconda censura sollevata a sostegno del primo motivo, il Tribunale ha, in sostanza, dichiarato, ai punti da 76 a 80 della sentenza impugnata, che la Commissione avrebbe dovuto comunicare alla ricorrente, durante il procedimento amministrativo, le proprie «valutazioni scientifiche» sull’autenticità di tale messaggio di posta elettronica. Infatti, tali valutazioni avrebbero costituito elementi a carico poiché hanno portato la Commissione a concludere che detto messaggio di posta elettronica costituiva una prova credibile della partecipazione della ricorrente all’infrazione di cui trattasi. Tuttavia, il Tribunale ha dichiarato, al punto 85 di tale sentenza, che la mancata comunicazione di dette valutazioni alla ricorrente non ha influito sul risultato al quale è pervenuta la Commissione nella decisione controversa, cosicché esso ha respinto la censura della ricorrente al punto 86 di detta sentenza.

23.      Dato che la ricorrente contestava il valore probatorio di una dichiarazione di un dipendente della Samsung, per il fatto che una falsa dichiarazione non costituiva reato nella Repubblica di Corea e che, dopo il fallimento della transazione, la Samsung avrebbe avuto un interesse specifico ad «abbellire i fatti», il Tribunale, al punto 93 della sentenza impugnata, ha, in sostanza, considerato che la Samsung, in quanto richiedente ai sensi della comunicazione sulla cooperazione, correva il rischio di perdere il beneficio di tale cooperazione in caso di falsa dichiarazione.

24.      Il Tribunale ha inoltre respinto un argomento addotto dalla ricorrente nell’ambito del secondo motivo e vertente sul fatto che la Commissione avrebbe dovuto richiedere una perizia indipendente sulla versione elettronica dell’e-mail del 3 novembre 2003 in assenza di una prova valida della sua autenticità. Al punto 118 della sentenza impugnata, il Tribunale ha fondato la sua risposta a tale argomento sul fatto che la Commissione dispone di un certo margine di discrezionalità per decidere sulle misure supplementari da adottare e che, nel caso di specie, la ricorrente non ha dimostrato, tenuto conto delle perizie che le erano state fornite e delle proprie valutazioni scientifiche, che una siffatta richiesta fosse necessaria.

25.      Nell’ambito dell’esame del terzo motivo, vertente su una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE e suddiviso in quattro parti, il Tribunale ha, in particolare, esaminato le affermazioni della ricorrente relative all’assenza di credibilità delle prove fornite dalla Samsung e alla prova dell’esistenza di un’infrazione commessa dalla ricorrente.

26.      A tale riguardo, ai punti da 143 a 158 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato gli argomenti della ricorrente volti a contestare, nell’ambito della seconda parte sollevata a sostegno del terzo motivo, la credibilità delle prove fornite dalla Samsung.

27.      In primo luogo, il Tribunale ha respinto tali argomenti, ai punti 143 e 144 di tale sentenza, in quanto infondati poiché, anche supponendo che occorra ritenere che la Samsung non sia un testimone credibile e che occorra escludere tutte le dichiarazioni e le prove documentali da essa fornite, ciò non metterebbe in discussione le valutazioni della Commissione, che si basano sulle dichiarazioni e sulle prove documentali fornite dalla Renesas, le quali dimostrano che la ricorrente ha avuto contatti anticoncorrenziali con quest’ultima, come quello avvenuto il 31 marzo 2005. Il Tribunale ha rinviato, a tale riguardo, ai punti da 193 a 201 della sua sentenza, con la precisazione che, ai punti da 197 a 206 di detta sentenza, il Tribunale ha esaminato e respinto gli argomenti della ricorrente volti a contestare quest’ultimo contatto.

28.      In secondo luogo, «e ad abundantiam», il Tribunale ha esaminato e respinto, ai punti da 145 a 157 della sentenza impugnata, le censure della ricorrente volte a contestare la credibilità della Samsung in quanto testimone e la credibilità delle dichiarazioni e delle prove di quest’ultima.

29.      In tale contesto, da una parte, il Tribunale ha segnatamente rilevato che, poiché la ricorrente non aveva contestato le valutazioni della Commissione secondo le quali le dichiarazioni e le prove della Samsung erano confermate da altri membri del cartello, in particolare dalla Renesas e dalla NXP (6), tutti gli argomenti volti a screditare la Samsung in quanto testimone attendibile dovevano essere respinti in quanto inconferenti (punti da 146 a 149 della sentenza impugnata). Dall’altra parte, il Tribunale ha risposto alle censure della ricorrente relative all’affidabilità delle prove utilizzate dalla Commissione per dimostrare i contatti del 3 e del 7 novembre 2003 (punti da 152 a 157 della sentenza impugnata).

30.      Ai punti da 159 a 208 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato la terza parte sollevata a sostegno di tale motivo e vertente sulla prova dell’esistenza di un’infrazione all’articolo 101 TFUE. La ricorrente sosteneva che nessuno degli undici contatti che essa avrebbe avuto con i suoi concorrenti violava tale disposizione. In tale contesto, il Tribunale ha precisato, al punto 160 della sentenza impugnata, che «la ricorrente non contest[ava] la valutazione della Commissione secondo la quale i prezzi erano determinati, in linea di principio, su base annua, il che risulta, del resto, dalle discussioni alle quali la ricorrente ha partecipato. Ciò posto, è sufficiente esaminare, per gli anni dal 2003 al 2005, se la ricorrente abbia partecipato ad una o, eventualmente, a due discussioni anticoncorrenziali, durante ciascuno di tali tre anni, con la Samsung o con la Renesas, per concludere nel senso dell’esistenza o meno di un’infrazione all’articolo 101 TFUE».

31.      In tali circostanze, il Tribunale ha ritenuto opportuno esaminare, in via preliminare, cinque contatti tra la ricorrente e la Samsung o la Renesas, vale a dire i contatti del 24 settembre 2003 (primo contatto), del 3 novembre 2003 (secondo contatto), del 18 marzo 2004 (sesto contatto), dal 1o all’8 giugno 2004 (settimo contatto) e del 31 marzo 2005 (undicesimo contatto), il primo e l’ultimo dei quali segnano, secondo la Commissione, rispettivamente, l’inizio e la fine della partecipazione della ricorrente all’infrazione di cui trattasi.

32.      Secondo il Tribunale, era quindi soltanto nell’ipotesi in cui tali cinque contatti non consentissero di stabilire l’esistenza dell’infrazione di cui trattasi che esso avrebbe dovuto esaminare se gli altri contatti, come quello del 17 novembre 2003, che la ricorrente sosteneva non fossero illeciti, contribuissero o meno a stabilire l’esistenza di tale infrazione.

33.      Il Tribunale ha poi esaminato e respinto tutti gli argomenti addotti dalla ricorrente in merito a tali cinque contatti.

34.      In particolare, per quanto riguarda il contatto del 24 settembre 2003 tra la ricorrente e la Samsung, esaminato ai punti da 161 a 176 della sentenza impugnata, da una parte, il Tribunale ha considerato, ai punti da 164 a 166 della sua sentenza, che lo scambio delle informazioni in questione in merito ai prezzi, alle capacità attuali e future e all’evoluzione tecnologica prevista era in grado, in particolare in un mercato in cui l’offerta e la domanda sono concentrate, di influire direttamente sulla strategia commerciale dei concorrenti. Il Tribunale ha precisato, al punto 168 di tale sentenza, che nessuno degli argomenti della ricorrente consentiva di inficiare la constatazione secondo cui, quanto meno, quest’ultima e la Samsung avevano scambiato informazioni sulle previsioni dei prezzi dell’anno successivo.

35.      Dall’altra parte, ai punti da 173 a 175 di detta sentenza, il Tribunale ha qualificato tale scambio di informazioni, a suo avviso sensibili, come infrazione per oggetto, tenuto conto del contesto economico e giuridico del mercato in questione, quale descritto, senza che la ricorrente lo abbia contestato dinanzi ad esso, al punto 59 della decisione controversa.

36.      Per quanto riguarda più specificamente le discussioni relative alla capacità di produzione, il Tribunale ha aggiunto, al punto 176 della medesima sentenza, che, da una parte, poiché la Commissione aveva individuato le ragioni per le quali essa riteneva che lo scambio di informazioni sulle capacità fosse, tenuto conto delle caratteristiche del mercato, idoneo a restringere la concorrenza, essa non era tenuta a dimostrare l’esistenza di effetti anticoncorrenziali sul mercato per qualificare come illecita la pratica in questione. Dall’altra parte, anche supponendo che lo scambio di informazioni sulle capacità non sia stato di per sé sufficiente per constatare un’infrazione per oggetto, resta il fatto che, secondo il Tribunale, la ricorrente non metteva in discussione il fatto che la Commissione avesse constatato giustamente che lo scambio di informazioni sui prezzi futuri costituiva un’infrazione per oggetto.

37.      Per quanto riguarda il contatto del 3 novembre 2003 tra la ricorrente e la Samsung, esaminato ai punti da 177 a 185 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato, da una parte, che la ricorrente non aveva dimostrato che le ragioni oggettive addotte dalla Commissione per giustificare l’esistenza di diverse versioni del messaggio di posta elettronica della medesima data, di cui la ricorrente contestava l’autenticità, fossero erronee. In ogni caso, sussisterebbe una serie di indizi risultanti da altri elementi di prova secondo i quali le discussioni illecite menzionate in detto messaggio di posta elettronica si erano svolte. Il Tribunale ha esaminato il messaggio di posta elettronica di un dipendente della Renesas del 7 ottobre 2003 e il messaggio di posta elettronica di un dipendente della Samsung del 7 novembre 2003 (punti da 181 a 183 della sentenza impugnata).

38.      Dall’altra parte, in risposta ad un argomento secondo cui il contatto del 3 novembre 2003 non costituiva una restrizione della concorrenza per oggetto, il Tribunale ha ritenuto che fosse sufficiente constatare che la Commissione non è tenuta a dimostrare, per ciascuna discussione illecita, che quest’ultima costituisce una siffatta restrizione, purché essa dimostri che le pratiche in questione, considerate nella loro interezza, costituiscono una restrizione della concorrenza per oggetto (punto 185 della sentenza impugnata).

39.      Per quanto riguarda il contatto dal 1o all’8 giugno 2004 tra la ricorrente e la Samsung, il Tribunale ha respinto, ai punti da 192 a 196 della sentenza impugnata, gli argomenti della ricorrente. Con riferimento al punto 216 della decisione controversa, esso si è basato su un documento proveniente dalla Samsung per constatare l’esistenza di uno scambio di informazioni sensibili.

40.      A seguito dell’esame dei cinque contatti summenzionati, il Tribunale ha concluso, al punto 207 della sentenza impugnata, «che la Commissione non è incorsa in errore nel ritenere che la ricorrente avesse partecipato a discussioni anticoncorrenziali con la Samsung e la Renesas tra il 24 settembre 2003 e il 31 marzo 2005».

41.      In risposta alla quarta parte sollevata dalla ricorrente a sostegno del terzo motivo e vertente sul fatto che, tenuto conto del carattere indivisibile dell’infrazione di cui trattasi, il Tribunale potrebbe soltanto annullare integralmente la decisione controversa qualora esso concludesse, in particolare, che i contatti del 3 e del 17 novembre 2003 non erano anticoncorrenziali, il Tribunale ha dichiarato, al punto 211 della sentenza impugnata, quanto segue: «come si è constatato al punto 160 [della sentenza impugnata], la ricorrente non ha contestato il fatto che la fissazione dei prezzi sul mercato in questione fosse in linea di principio annuale. Poiché si è accertato (…) che la Commissione non era incorsa in alcun errore nel constatare la partecipazione della ricorrente a cinque contatti illeciti tra il 2003 e il 2005, il fatto che essa abbia concluso erroneamente che gli altri contatti da essa considerati, come quello del 17 novembre 2003, non erano in realtà [concorrenziali] non modificherebbe la constatazione secondo cui la ricorrente ha partecipato ad un’infrazione unica e continuata durante tali tre anni. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente all’udienza, quand’anche i contatti diversi dai cinque summenzionati non violassero l’articolo 101 TFUE, resterebbe il fatto che la Commissione ha provato in modo sufficiente che essa aveva partecipato all’infrazione di cui trattasi».

42.      Per quanto riguarda il quarto motivo dedotto dalla ricorrente in subordine, vertente su un’applicazione erronea della nozione di «infrazione unica e continuata», il Tribunale, al punto 215 della sentenza impugnata, ha riassunto i punti da 285 a 315 della decisione controversa. Lo stesso ha inoltre ricordato, ai punti da 216 a 223 di tale sentenza, la giurisprudenza relativa alla constatazione dell’esistenza di una siffatta infrazione e alla partecipazione di un’impresa ad un’infrazione siffatta.

43.      È alla luce di tale giurisprudenza che il Tribunale ha, poi, esaminato le cinque censure della ricorrente. In particolare, da una parte, il Tribunale ha respinto, ai punti da 226 a 232 della sentenza impugnata, una censura vertente su una contraddizione nella decisione controversa. Al termine di un’analisi della motivazione e del dispositivo di tale decisione, esso ha constatato che «sebbene, nel suo dispositivo, la Commissione abbia concluso, senza fare distinzioni tra i quattro destinatari di detta decisione, che tutti avevano partecipato all’infrazione di cui trattasi, la motivazione di detta decisione indica chiaramente che, secondo la Commissione, tali imprese avevano partecipato ad un’infrazione unica e continuata, fermo restando il fatto che la ricorrente, a differenza delle altre tre imprese sanzionate, non poteva essere considerata responsabile dell’infrazione di cui trattasi nella sua totalità» (punto 229 di tale sentenza). Tuttavia, nell’interpretare il dispositivo della decisione controversa tenendo conto della sua motivazione, il Tribunale ha dichiarato, al punto 231 di tale sentenza, «che il dispositivo deve essere inteso nel senso che [la Commissione] non imputa alla ricorrente la responsabilità dell’infrazione di cui trattasi nel suo complesso, a differenza degli altri destinatari della decisione [controversa], ma le imputa la responsabilità di tale infrazione nella misura in cui essa ha intrattenuto contatti illeciti con la Samsung e la Renesas. Sebbene esista certamente un’imprecisione nel testo del dispositivo della decisione [controversa], (…) resta il fatto che il dispositivo di detta decisione non è in contrasto con la sua motivazione».

44.      Dall’altra parte, ai punti da 236 a 240 di tale sentenza, il Tribunale ha inoltre respinto una censura vertente su una violazione dei principi di parità di trattamento e di proporzionalità nel calcolo dell’ammenda. Al punto 239 di tale sentenza, esso ha segnatamente respinto la contestazione della riduzione del 20% dell’ammenda che la Commissione aveva concesso alla ricorrente a titolo di circostanze attenuanti a causa della sua limitata partecipazione all’infrazione di cui trattasi, con la motivazione che «la ricorrente non adduce alcun argomento specifico che consenta di ritenere che una riduzione del 20% dell’importo dell’ammenda non sia proporzionata, nel caso di specie, al fatto che essa aveva partecipato soltanto parzialmente all’infrazione di cui trattasi».

45.      Il calcolo dell’ammenda è stato ancora esaminato dal Tribunale nell’ambito del quinto e del sesto motivo dedotti dalla ricorrente.

46.      Nell’ambito dell’esame, svolto ai punti da 255 a 259 della sentenza impugnata, del quinto motivo, vertente su un errore di calcolo dell’ammenda in quanto la ricorrente non avrebbe partecipato a contatti riguardanti i chip per carte non SIM, il Tribunale ha rilevato, da un lato, che i prezzi di tali chip erano stati menzionati durante il contatto con la Samsung del 24 settembre 2003 e che gli argomenti della ricorrente non consentivano di rimettere in discussione tale circostanza (punti 255 e 256 di detta sentenza). Dall’altro lato, il Tribunale ha aggiunto, «in ogni caso (…) che la ricorrente non adduce alcun argomento, nelle sue memorie, per contestare la valutazione della Commissione, contenuta nel punto 221 della decisione [controversa] e nelle sue osservazioni, secondo cui sussiste una correlazione tra i chip per carte SIM e i chip per carte non SIM» (punto 257 di detta sentenza) e ha respinto in quanto inconferente l’argomento della ricorrente secondo cui questi due tipi di chip non appartenevano ad un medesimo mercato di prodotti (punto 258 della medesima sentenza).

47.      Nell’ambito del sesto motivo, vertente su una violazione degli orientamenti per il calcolo delle ammende e del principio di proporzionalità, il Tribunale ha segnatamente constatato, al punto 270 della sentenza impugnata, che l’ammenda inflitta alla ricorrente non violava il principio di proporzionalità. In sostanza, il Tribunale ha basato tale conclusione sul motivo, enunciato al punto 269 di detta sentenza, che l’importo dell’ammenda inflitta alla ricorrente si spiega alla luce del suo fatturato molto più elevato di quello delle altre imprese sanzionate e riflette semplicemente l’importanza economica della sua partecipazione all’infrazione di cui trattasi, con la precisazione che la quota del fatturato globale proveniente dalla vendita dei prodotti oggetto dell’infrazione di cui trattasi è quella più adatta a riflettere l’importanza economica di tale infrazione.

IV.    Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

48.      Con la sua impugnazione, la ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        annullare la decisione controversa nella parte in cui essa riguarda la ricorrente;

–        in subordine, ridurre ad un importo proporzionato l’ammenda di EUR 82 874 000 inflitta alla ricorrente al punto 457, lettera a), della decisione controversa;

–        in subordine, rinviare la causa al Tribunale per un riesame, e

–        condannare la Commissione alle spese.

49.      La Commissione chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione;

–        in subordine, respingere la domanda di riduzione dell’ammenda inflitta alla ricorrente, e

–        condannare la ricorrente alle spese.

V.      Sull’impugnazione

50.      A sostegno della sua impugnazione, la ricorrente deduce tre motivi, che corrispondono, in sostanza, alle «tre questioni di diritto» formulate al punto 2 del suo atto di impugnazione. Quindi, il primo motivo verte su una violazione dell’articolo 263 TFUE a causa di un controllo giurisdizionale incompleto e selettivo. È nell’ambito di tale motivo che viene sollevata la particolare questione dell’autenticità di talune prove e delle conseguenze che ne derivano in termini di onere della prova. Questo primo motivo è intrinsecamente collegato al terzo, il quale verte su errori di diritto quanto al calcolo dell’ammenda inflitta alla ricorrente e sulla violazione della competenza estesa al merito. Infine, il secondo motivo riguarda l’applicazione dell’articolo 101 TFUE e, più precisamente, delle nozioni di restrizione della concorrenza per oggetto e di infrazione unica e continuata.

51.      Le questioni di diritto che la Corte desidera vedere trattate nelle presenti conclusioni sono affrontate nelle prime due parti del primo motivo in relazione al terzo motivo. Infatti, come indicato al paragrafo 2 delle presenti conclusioni, esse si riferiscono, da una parte, all’obbligo di controllo giurisdizionale effettivo – questione connessa, nel caso di specie, all’esercizio della competenza estesa al merito – e, dall’altra, alla contestazione dell’autenticità degli elementi di prova utilizzati dalla Commissione.

A.      Sul controllo giurisdizionale effettivo e sulla competenza estesa al merito (prima parte del primo motivo in relazione al terzo motivo)

1.      Argomenti delle parti

52.      Con la prima parte del primo motivo della sua impugnazione, la ricorrente contesta in particolare le conclusioni del punto 160 della sentenza impugnata, il quale costituisce il punto di partenza di un controllo che la ricorrente ritiene insufficiente.

53.      In sostanza, la ricorrente contesta al Tribunale di aver esaminato soltanto cinque degli undici contatti asseritamente illeciti constatati dalla Commissione, mentre essa li aveva contestati tutti. Orbene, l’illegittimità delle valutazioni della Commissione relative all’uno o all’altro dei contatti contestati avrebbe dovuto portare all’annullamento delle corrispondenti conclusioni della Commissione nella decisione controversa.

54.      La ricorrente ritiene quindi che il controllo giurisdizionale svolto dal Tribunale sia, nelle condizioni enunciate al punto 160 della sentenza impugnata, incompleto e selettivo e che sia, di conseguenza, contrario all’articolo 263 TFUE. Tale controllo parziale vizierebbe inoltre la sentenza impugnata per difetto di motivazione.

55.      Inoltre, i contatti esaminati sarebbero insufficienti per suffragare la constatazione di un’infrazione unica e continuata in capo alla ricorrente.

56.      Infine, un siffatto controllo selettivo non avrebbe neanche consentito al Tribunale di valutare appieno la gravità dell’infrazione asserita né di controllare adeguatamente l’ammenda inflitta. Quest’ultimo argomento è ripreso e sviluppato nell’ambito del terzo motivo dell’impugnazione, relativo agli errori di diritto in cui il Tribunale sarebbe incorso nella determinazione dell’importo dell’ammenda.

57.      La Commissione contesta la fondatezza di tutti gli argomenti addotti dalla ricorrente.

58.      Per quanto riguarda, più in particolare, la censura relativa al punto 160 della sentenza impugnata, la Commissione ritiene che, poiché la ricorrente non ha contestato la conclusione secondo cui i prezzi dei chip per carte erano determinati, in linea di principio, su base annua, il Tribunale potesse limitarsi a verificare che la ricorrente avesse partecipato ad almeno un contatto anticoncorrenziale all’anno nel periodo compreso tra il 2003 e il 2005. Infatti, sarebbe sufficiente che i risultati economici dei contatti anticoncorrenziali proseguissero i loro effetti oltre la data in cui hanno avuto luogo. Ciò posto, il Tribunale non sarebbe stato tenuto a giustificare la propria scelta dei cinque contatti da esso esaminati né l’assenza di esame della partecipazione della ricorrente agli altri sei contatti. La ricorrente non avrebbe alcun interesse a ricevere spiegazioni a tale titolo.

59.      Inoltre, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, l’approccio del Tribunale non gli avrebbe impedito di rispondere correttamente agli argomenti relativi alla gravità dell’infrazione e all’importo dell’ammenda.

2.      Analisi

a)      Sul carattere bicefalo del controllo giurisdizionale delle decisioni della Commissione relative ai procedimenti ai sensi degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE

60.      A termini del punto 160 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che la ricorrente non contestava la valutazione della Commissione secondo cui i prezzi erano determinati, in linea di principio, su base annua. Sul fondamento di tale constatazione, esso ha dichiarato che «è sufficiente esaminare, per gli anni dal 2003 al 2005, se la ricorrente abbia partecipato ad una o, eventualmente, a due discussioni anticoncorrenziali, durante ciascuno di tali tre anni, con la Samsung o con la Renesas, per concludere nel senso dell’esistenza o meno di un’infrazione all’articolo 101 TFUE. Ciò premesso, il Tribunale ritiene opportuno esaminare, in via preliminare, cinque contatti tra la ricorrente e la Samsung o la Renesas (…), il primo e l’ultimo dei quali segnano, secondo la Commissione, rispettivamente l’inizio e la fine della partecipazione della ricorrente all’infrazione di cui trattasi. È quindi soltanto nell’ipotesi in cui tali cinque contatti non consentissero di stabilire l’esistenza dell’infrazione di cui trattasi che il Tribunale esaminerà se gli altri contatti, come quello del 17 novembre 2003, di cui la ricorrente contesta l’illiceità nelle sue memorie e all’udienza, contribuiscano o meno a stabilire l’esistenza di tale infrazione».

61.      Poiché il Tribunale ha convalidato le conclusioni tratte dalla Commissione a proposito dei cinque contatti che esso aveva scelto di verificare, lo stesso ha confermato la partecipazione della ricorrente all’infrazione di cui trattasi senza esaminare gli argomenti addotti a proposito degli altri contatti.

62.      Infatti, al punto 211 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato che «[poiché] la Commissione non era incorsa in alcun errore nel constatare la partecipazione della ricorrente a cinque contatti illeciti tra il 2003 e il 2005, il fatto che essa abbia concluso erroneamente che gli altri contatti da essa considerati, come quello del 17 novembre 2003, non erano in realtà [concorrenziali] non modificherebbe la constatazione secondo cui la ricorrente ha partecipato ad un’infrazione unica e continuata durante tali tre anni. Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente all’udienza, quand’anche i contatti diversi dai cinque summenzionati non violassero l’articolo 101 TFUE, resterebbe il fatto che la Commissione ha provato in modo sufficiente che essa aveva partecipato all’infrazione di cui trattasi».

63.      Il punto 160 della sentenza impugnata costituisce pertanto il fulcro della censura formulata dalla ricorrente. Il Tribunale avrebbe dovuto procedere, anziché alla «scelta» che ha effettuato in tale punto della sentenza impugnata, ad un controllo esauriente di tutti i contatti contestati dalla ricorrente.

64.      Il sistema di controllo giurisdizionale delle decisioni della Commissione relative ai procedimenti ai sensi degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE comprende due aspetti. Esso si basa, da una parte, sul controllo «classico» di legittimità degli atti delle istituzioni stabilito dall’articolo 263 TFUE e può essere integrato, dall’altra, dall’esercizio di una competenza estesa al merito, sulla base dell’articolo 261 TFUE e su richiesta dei ricorrenti, per quanto riguarda le sanzioni inflitte in tale settore dalla Commissione (7).

b)      Sulla portata del controllo di legittimità

65.      Nel caso di specie, la Commissione ha constatato, nella decisione controversa, l’esistenza di un’infrazione unica e continuata. Una siffatta infrazione può essere definita come il risultato di un comportamento continuato costituito da diverse azioni che fanno parte di un «piano d’insieme» a causa di un identico oggetto di distorsione del gioco della concorrenza all’interno del mercato comune, ancorché uno o più elementi possano altresì costituire, di per sé e considerati isolatamente, una violazione dell’articolo 101 TFUE. Nell’ambito di una tale violazione, la Commissione può imputare la responsabilità di tali azioni in funzione della partecipazione all’infrazione considerata nel suo insieme (8).

66.      Peraltro, la Corte ha precisato che «[u]n’impresa che abbia partecipato a una tale infrazione unica e complessa con comportamenti suoi propri, rientranti nella nozione di accordo o di pratica concordata a scopo anticoncorrenziale ai sensi dell’articolo [101, paragrafo 1, TFUE] e miranti a contribuire alla realizzazione dell’infrazione nel suo complesso, può essere quindi responsabile anche dei comportamenti attuati da altre imprese nell’ambito della medesima infrazione per tutto il periodo della sua partecipazione alla stessa» (9).

67.      È nel contesto di una siffatta infrazione unica e continuata che il Tribunale ha ritenuto di poter controllare la legittimità della decisione controversa limitando il suo esame alla verifica della partecipazione della ricorrente «ad una o, eventualmente, a due discussioni anticoncorrenziali, durante ciascuno di tali tre anni [(vale a dire dal 2003 al 2005)]» (10), tra cui i contatti che segnano, secondo la Commissione, l’inizio e la fine dell’infrazione commessa dalla ricorrente.

68.      Poiché il Tribunale aveva rilevato, in premessa a tale scelta, che la ricorrente non contestava la valutazione della Commissione secondo cui i prezzi erano determinati, in linea di principio, su base annua, non ravviso in ciò alcuno snaturamento delle caratteristiche dell’infrazione di cui trattasi.

69.      Invero, il fatto che un’impresa non abbia partecipato a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa o che abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti ai quali ha preso parte non è rilevante per dimostrare l’esistenza di un’infrazione da parte sua, poiché occorre prendere in considerazione tali elementi solo in sede di valutazione della gravità dell’infrazione e, eventualmente, della determinazione dell’ammenda (11). Il Tribunale non è, pertanto, incorso in errori di diritto quando, nella fase del controllo di legittimità, ha limitato il proprio esame a cinque discussioni anticoncorrenziali ripartite nei tre anni del periodo dell’infrazione.

70.      È pur vero che, nell’ambito della quinta parte del primo motivo, la ricorrente contesta la constatazione preliminare del Tribunale relativa all’annualità della determinazione dei prezzi (12). Tuttavia, l’argomento mi sembra irricevibile in quanto il carattere erroneo dell’affermazione non è stato sollevato dinanzi al Tribunale, mentre la Commissione fondava espressamente la decisione controversa sul fatto che i prezzi dei chip per carte fossero determinati, in linea di principio, su base annua (13). Esso è, in ogni caso, infondato poiché la ricorrente non dimostra la sussistenza di uno snaturamento a tale riguardo. Precisando, al punto 160 della sentenza impugnata, che «i prezzi erano determinati, in linea di principio, su base annua» (14), il Tribunale non ha certamente circoscritto la fissazione dei prezzi ad una periodicità esclusivamente annua.

c)      Sulla portata del controllo esteso al merito

71.      Per contro, la questione della portata del controllo che doveva operare il Tribunale mi sembra porsi in termini diversi nell’ambito del secondo aspetto del sistema di controllo giurisdizionale delle decisioni della Commissione relative ai procedimenti ai sensi degli articoli 101 TFUE e 102 TFUE.

72.      Infatti, come ho ricordato al paragrafo 64 delle presenti conclusioni, il controllo di legittimità basato sull’articolo 263 TFUE può essere integrato dall’esercizio di una competenza estesa al merito, sulla base dell’articolo 261 TFUE e su richiesta delle ricorrenti, per quanto riguarda le sanzioni inflitte nel diritto della concorrenza dalla Commissione (15).

73.      Orbene, benché la competenza estesa al merito non costituisca un rimedio autonomo, essa dev’essere tuttavia esercitata in modo separato dal controllo di legittimità (16). In altri termini, il fatto che il controllo di legittimità non abbia rivelato alcuna illegittimità non implica che non debba essere esercitato un controllo specifico nell’ambito della competenza estesa al merito (17). Come ricordato al paragrafo 69 delle presenti conclusioni, è segnatamente durante tale secondo controllo che deve essere preso in considerazione il fatto che un’impresa non abbia partecipato a tutti gli elementi costitutivi di un’intesa o che essa abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti ai quali ha preso parte.

74.      Infatti, è ormai fermamente consolidato che è «per soddisfare i requisiti di un controllo esteso al merito ai sensi dell’articolo 47 della Carta per quanto riguarda l’ammenda, [che] il giudice dell’Unione è tenuto, nell’esercizio delle competenze previste agli articoli 261 TFUE e 263 TFUE, ad esaminare ogni censura, di fatto o di diritto, diretta a dimostrare che l’importo dell’ammenda non è adeguato alla gravità e alla durata dell’infrazione» (18).

75.      Tale esigenza di controllo esauriente si spiega inoltre con i principi di individualizzazione e di gradazione della «pena», che sono, per riprendere le parole dell’avvocato generale Tizzano, due principi cardini di qualunque sistema sanzionatorio in ambito amministrativo e penale (19) e trovano implicitamente espressione nella giurisprudenza della Corte relativa alla determinazione dell’importo delle ammende nel diritto della concorrenza.

76.      Infatti, la Corte dichiara costantemente che, per determinare l’importo delle ammende, «si deve tener conto della durata [dell’infrazione] nonché di tutti i fattori che possono entrare nella valutazione della gravità [dell’infrazione], come il comportamento di ciascuna delle imprese, e la parte svolta da ciascuna di esse nel porre in essere le pratiche concertate, il vantaggio che hanno potuto trarre da dette pratiche, le loro dimensioni e il valore delle merci in questione nonché la minaccia che infrazioni di questo tipo costituiscono per gli scopi [dell’Unione]» (20).

77.      D’altronde, non potrebbe essere diversamente, poiché, sempre secondo la Corte, «la gravità dell’infrazione deve essere oggetto di una valutazione individuale» (21).

78.      A mio avviso, il Tribunale potrebbe quindi essere dispensato dall’obbligo di svolgere la seconda fase del controllo giurisdizionale soltanto qualora le circostanze invocate ai fini della determinazione dell’importo dell’ammenda siano identiche a quelle sulle quali si fondano gli argomenti addotti nell’ambito del controllo di legittimità e a condizione che il Tribunale li abbia respinti tutti in tale occasione (22).

79.      Orbene, nel caso di specie, non mi sembra che la seconda di tali condizioni sia stata soddisfatta, in quanto il Tribunale ha scelto di verificare, nell’ambito del controllo di legittimità, soltanto cinque degli undici contatti contestati in maniera dettagliata dalla ricorrente.

80.      È pur vero che, nella parte del suo ricorso relativa alla domanda di riduzione dell’ammenda, la ricorrente si basava sulle constatazioni della Commissione secondo le quali risultava che essa avesse partecipato a sette contatti sui quarantuno elencati (23). Tuttavia, mi sembra che tale atteggiamento si spieghi con la natura subordinata della sua domanda. Poiché la ricorrente chiedeva, in via principale, l’annullamento della decisione controversa sostenendo l’assenza di prova di un comportamento illecito da parte sua, la sua domanda subordinata parte, implicitamente ma logicamente, dal presupposto secondo il quale i suoi argomenti principali non siano stati accolti.

81.      Tale metodologia procedurale nulla toglie al fatto che gli argomenti relativi al carattere illecito degli undici contatti individuati dalla Commissione nella decisione controversa avrebbero potuto, eventualmente, incidere sulla valutazione dell’ammenda inflitta qualora fossero risultati fondati, poiché il fatto che un’impresa abbia svolto un ruolo secondario negli aspetti dell’infrazione ai quali ha preso parte è un elemento che deve essere preso in considerazione in sede di valutazione della gravità dell’infrazione e, eventualmente, della determinazione dell’ammenda (24).

82.      Orbene, risulta che il Tribunale non ha risposto a tutti gli argomenti sollevati dalla ricorrente, in sede di controllo di legittimità – verificando unicamente la partecipazione della ricorrente a cinque discussioni anticoncorrenziali, mentre essa contestava in modo motivato il carattere illecito degli undici contatti individuati dalla Commissione nella decisione controversa – o nell’esercizio della sua competenza estesa al merito, affermando in tale sede che la ricorrente «si limita (…) a sostenere di aver svolto un ruolo secondario nell’infrazione di cui trattasi» (25) e che «il motivo per il quale [ad essa] è stata inflitta l’ammenda di importo più elevato è che essa ha realizzato un fatturato molto più importante di quelli delle altre imprese sanzionate» (26), in quanto l’importo dell’ammenda riflette l’importanza economica della sua partecipazione all’infrazione di cui trattasi.

83.      Senza rimettere qui in discussione la pertinenza di quest’ultima affermazione e senza poter affermare che il Tribunale sarebbe giunto ad una conclusione diversa qualora avesse esaminato tutte le censure formulate dalla ricorrente, risulta che lo stesso non ha preso in considerazione in maniera giuridicamente corretta tutti i fattori essenziali per valutare la gravità del comportamento addebitato alla ricorrente e che non ha risolto esaurientemente le questioni poste dal complesso degli argomenti invocati dalla ricorrente e diretti alla revoca o alla riduzione dell’ammenda. Orbene, questo è precisamente l’oggetto del controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione (27).

3.      Conclusione sulla prima parte del primo motivo in relazione al terzo motivo

84.      Al termine della mia analisi della prima parte del primo motivo in relazione al terzo motivo, ritengo che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto non esaminando ciascuno degli argomenti esposti dalla ricorrente per dimostrare la legittimità dei contatti presi in considerazione a suo carico dalla Commissione.

B.      Sulla questione dell’autenticità degli elementi di prova

1.      Argomenti delle parti

85.      Con la seconda parte del suo primo motivo, la ricorrente rimprovera al Tribunale di averle attribuito, al punto 118 della sentenza impugnata, l’onere della prova della non autenticità di un messaggio di posta elettronica interno della Samsung del 3 novembre 2003. Poiché la Commissione, a cui spetta l’onere di provare la sussistenza dell’infrazione, non ha dimostrato l’autenticità di tale messaggio conformemente al principio di buona amministrazione e alla luce dei seri dubbi sollevati dalla ricorrente, tale elemento di prova avrebbe dovuto essere dichiarato irricevibile.

86.      La ricorrente ritiene comunque che, tenuto conto delle osservazioni presentate dalla medesima e dalla Samsung, la Commissione fosse tenuta a nominare un perito professionista indipendente ai fini della valutazione dell’autenticità del messaggio di posta elettronica. Ciò varrebbe a maggior ragione nei procedimenti in materia di intese, a causa della loro natura penale.

87.      La Commissione contesta la tesi della ricorrente. In caso di contestazione dell’autenticità di un elemento di prova, la credibilità sarebbe l’unico criterio pertinente e il suo valore probatorio sarebbe valutato alla luce di tutte le circostanze del caso di specie.

88.      Il dovere di buona amministrazione non le imporrebbe di dimostrare l’autenticità di un elemento di prova, cosicché essa non sarebbe tenuta a nominare un perito informatico professionista indipendente.

89.      Nella fattispecie, il Tribunale si sarebbe conformato a tali prescrizioni al fine di valutare la credibilità del messaggio di posta elettronica interno alla luce di tutte le circostanze del caso e nel considerare che il messaggio di posta elettronica interno della Samsung del 3 novembre 2003 poteva essere invocato quale elemento del complesso di prove. La Commissione aggiunge che, a pena di snaturare gli elementi di prova, le constatazioni di fatto così effettuate dal Tribunale non sono soggette al controllo della Corte.

2.      Analisi

a)      Sulla distinzione tra l’autenticità di una prova e la sua credibilità

90.      Qualora la Commissione sia stata in grado di dimostrare la partecipazione di un’impresa a riunioni tra imprese aventi carattere manifestamente anticoncorrenziale, spetta a quest’ultima fornire un’altra spiegazione del contenuto di tali riunioni (28).

91.      A tale riguardo, «l’impresa interessata non può limitarsi ad evocare la possibilità che si sia verificata una circostanza atta ad incidere sul valore probatorio [degli] elementi di prova [sui quali si basa la Commissione] affinché [su quest’ultima] gravi l’onere di dimostrare che detta circostanza non ha potuto incidere sul valore probatorio degli stessi. Al contrario, a meno che la prova in questione non possa essere fornita dall’impresa interessata a causa del comportamento della stessa Commissione, incombe all’impresa interessata dimostrare adeguatamente, da un lato, la sussistenza della circostanza da essa invocata e, dall’altro, che tale circostanza mette in discussione il valore probatorio degli elementi di prova sui quali si basa la Commissione» (29).

92.      Più in generale, il principio vigente nel diritto dell’Unione è quello della libera produzione delle prove. Da tale principio deriva che il solo criterio pertinente per valutare le prove prodotte è quello della loro credibilità (30).

93.      A tal fine, nell’ambito di valutazioni economiche complesse, la Corte ha precisato che il giudice dell’Unione è tenuto in particolare a verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza (31).

94.      Senza rimettere in discussione tali parametri, ritengo che la questione dell’autenticità di una prova si collochi necessariamente a monte della valutazione della sua credibilità: una prova non autentica non può essere considerata credibile quand’anche sembri tale.

95.      Occorre quindi ritornare al principio fondamentale in base al quale, anche nel settore del diritto della concorrenza, in caso di controversia sulla sussistenza di un’infrazione, spetta alla Commissione produrre la prova delle infrazioni da essa accertate e raccogliere elementi di prova atti a dimostrare adeguatamente la sussistenza dei fatti costitutivi di un’infrazione (32). Qualora sussista un dubbio nella mente del giudice, esso deve andare a beneficio dell’impresa destinataria della decisione che constata un’infrazione (33).

96.      Ciò significa in pratica che, qualora la Corte constati che sussiste un dubbio sulla completezza di un documento contestato e/o sul fatto che esso sia stato ottenuto per vie legittime, il documento deve essere escluso (34). Si tratta semplicemente di una questione di ammissibilità della prova. Orbene, la valutazione degli elementi di prova forniti dalla Commissione sotto il profilo della loro credibilità può essere effettuata solo in quanto essi siano ammissibili (35).

b)      Applicazione al caso di specie

97.      Nel caso di specie, la ricorrente nega l’autenticità di un messaggio di posta elettronica interno alla Samsung inviato da uno dei suoi dipendenti il 3 novembre 2003. Da una parte, esistono diverse versioni stampate di tale messaggio e, dall’altra, le due perizie presentate dalla ricorrente hanno concluso, in sostanza, che non era possibile affermarne l’autenticità.

98.      Tali argomenti sono stati sviluppati dettagliatamente dalla ricorrente ai punti da 68 a 86 del suo ricorso di annullamento. In primo luogo, essa ha menzionato una prima versione stampata senza destinatario né destinatario «in copia» e un asserito invio alle ore 3:27 del mattino (ora europea), mentre la telefonata del dipendente della Infineon menzionata nel messaggio di posta elettronica controverso avrebbe avuto luogo lo stesso giorno. In secondo luogo, essa ha evidenziato le differenze tra la prima versione del messaggio di posta elettronica trasmesso e le altre due versioni successive, le quali mostravano, contrariamente alla prima versione, un destinatario e altri sei destinatari in copia nonché orari di invio diversi. In terzo luogo, la ricorrente ha invocato una perizia al termine della quale il perito indipendente consultato stimava che il messaggio di posta elettronica del 3 novembre 2003 non potesse essere considerato autentico al di là di ogni ragionevole dubbio, il che è stato confermato dallo stesso perito in una seconda perizia.

99.      Nonostante tali elementi, il Tribunale ha dichiarato, al punto 181 della sentenza impugnata, che la Commissione aveva «potuto legittimamente concludere che la ricorrente aveva partecipato a (…) discussioni [illecite]» basandosi, in particolare, sul fatto «che nessuna perizia [avesse] concluso che il messaggio di posta elettronica del 3 novembre 2003 non costituiva una prova contemporanea autentica, il che la ricorrente non dimostra[va] d’altronde dinanzi [ad esso]». Esso ha aggiunto, al punto 182 della sentenza impugnata, che la ricorrente non aveva fornito «la prova che le ragioni oggettive addotte dalla Commissione per giustificare l’esistenza di varie versioni di tale messaggio di posta elettronica fossero erronee».

100. In tal modo, ritengo che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto, in quanto non ha rispettato lo standard probatorio richiesto in materia di ammende per infrazione al diritto della concorrenza. Infatti, anche senza considerare le differenze relative ad elementi essenziali di un messaggio di posta elettronica quali i destinatari o l’orario di invio, dalle perizie presentate dalla ricorrente risulta che non era possibile affermare con certezza l’autenticità del messaggio di posta elettronica del 3 novembre 2003. In presenza di tali elementi, il Tribunale avrebbe dovuto escludere tale prova: spettava alla Commissione dimostrare positivamente l’autenticità del messaggio di posta elettronica del 3 novembre 2003, ricorrendo, se del caso, alla perizia richiesta dalla ricorrente.

101. Tuttavia, il Tribunale ha altresì ritenuto che il fatto che le discussioni illecite menzionate nel messaggio di posta elettronica del 3 novembre 2003 si fossero svolte risultasse anche da altri elementi di prova, che costituivano, nel loro insieme, una «serie di indizi» (36).

102. Orbene, a differenza della questione del rispetto delle norme in materia di onere e di produzione della prova, la Corte non è competente ad accertare i fatti né, in linea di principio, ad esaminare le prove sulle quali il Tribunale ha basato il proprio accertamento di questi ultimi. Infatti, una volta che tali prove sono state acquisite regolarmente e che i principi generali del diritto e le norme di procedura in materia di onere e di produzione della prova sono stati rispettati, spetta unicamente al Tribunale pronunciarsi sul valore da attribuire agli elementi dinanzi ad esso prodotti. Tale valutazione, salvo il caso dello snaturamento degli elementi di prova addotti dinanzi al Tribunale, non costituisce pertanto una questione di diritto soggetta al sindacato della Corte (37).

103. Di conseguenza, anche se gli elementi utilizzati dal Tribunale sono soggetti a discussione, si tratta di valutazioni di fatto che esulano dal potere di controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione. Poiché il Tribunale ha constatato che altri documenti confermano lo svolgimento di discussioni illecite tra i concorrenti coinvolti nell’infrazione di cui trattasi, l’argomento relativo all’autenticità del messaggio di posta elettronica del 3 novembre 2003 risulta, in ogni caso, inconferente.

VI.    Sul rinvio della causa al Tribunale

104. Al termine della mia analisi della prima parte del primo motivo in relazione al terzo motivo, sono giunto alla conclusione che il Tribunale era incorso in un errore di diritto non esaminando ciascuno degli argomenti esposti dalla ricorrente per dimostrare la legittimità dei contatti presi in considerazione a suo carico dalla Commissione.

105. Ai sensi dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quando l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale. In tal caso, essa può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

106. Nel caso di specie, ritengo che la controversia non sia matura per la decisione. Infatti, l’esame della fondatezza degli argomenti della ricorrente porterebbe la Corte a pronunciarsi su questioni di fatto sulla base di elementi che non sono stati valutati dal Tribunale nella sentenza impugnata. Inoltre, le affermazioni di fatto relative al merito della controversia non sono state discusse dinanzi alla Corte.

107. Occorre dunque rinviare la causa al Tribunale e riservare le spese.

VII. Conclusione

108. Alla luce delle considerazioni che precedono e fatto salvo l’esame degli altri motivi, propongo alla Corte:

–        di annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 dicembre 2016, Infineon Technologies/Commissione (T‑758/14, non pubblicata, EU:T:2016:737), in quanto il Tribunale non ha esaminato ciascuno degli argomenti esposti dalla ricorrente per dimostrare la legittimità dei contatti presi in considerazione a suo carico dalla Commissione, e

–        di rinviare la causa al Tribunale e di riservare le spese.


1      Lingua originale: il francese


2      GU 2003, L 1, pag. 1.


3      GU 2006, C 210, pag. 2.


4      GU 2006, C 298, pag. 17.


5      GU 2004, L 123, pag. 18.


6      Dalla decisione controversa risulta che la NXP ha ripreso le attività della Philips a partire dalla sua costituzione il 29 settembre 2006. La Commissione ha considerato che la NXP non aveva partecipato all’infrazione di cui trattasi.


7      V., in tal senso, sentenze del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione (C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 42); del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione (C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 71), nonché del 26 gennaio 2017, Aloys F. Dornbracht/Commissione (C‑604/13 P, EU:C:2017:45, punto 52).


8      V., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 258); del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens (C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 41), nonché dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione (C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 49).


9      Sentenze del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens (C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 42), e dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione (C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 50).


10      Punto 160 della sentenza impugnata.


11      V., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 86), e del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens (C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 45).


12      V. punti 57 e 58 dell’impugnazione.


13      V., nella descrizione dei fatti, punti da 38 a 41 della decisione controversa; nella descrizione degli eventi (principi di base dell’organizzazione del cartello), punti 68, 76 e 77 della decisione controversa; nell’applicazione dell’articolo 101 TFUE al caso di specie, punti 246 e 297 della decisione controversa. Sull’irricevibilità di un motivo nuovo, v. sentenza del 12 maggio 2016, Bank of Industry and Mine/Consiglio (C‑358/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:338, punto 91).


14      Il corsivo è mio.


15      Una tale richiesta non mi sembra discutibile nel caso di specie. Infatti, chiedendo al Tribunale di annullare o di ridurre l’ammenda che le è stata inflitta, la ricorrente ha incontestabilmente chiesto al Tribunale di esercitare la sua competenza estesa al merito (v., in particolare, punti 189 e 192 del suo ricorso di annullamento). V., in tal senso, sentenza del 27 aprile 2017, FSL e a./Commissione (C‑469/15 P, EU:C:2017:308, punto 72), nonché conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa KME Germany e a./Commissione (C‑272/09 P, EU:C:2011:63, paragrafo 78).


16      V., in tal senso, Muguet-Poullennec, G., «Sanctions prévues par le règlement no 1/2003 et droit à une protection juridictionnelle effective: les leçons des arrêts KME et Chalkor de la CJUE», Revue Lamy de la concurrence: droit, économie, régulation, 2012, n. 32, pagg. da 57 a 78.


17      V., in tal senso, Van Cleynenbreugel, P., «Constitutionalizing Comprehensively Tailored Judicial Review in EU Competition Law», The Columbia Journal of European Law, 2012, pagg. da 519 a 545, in particolare pagg. 535 e 536; Forrester, I.S., «A challenge for Europe’s judges: the review of fines in competition cases», European Law Review, 2011, vol. 36, n. 2, pagg. da 185 a 207, in particolare pag. 195.


18      Sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione (C‑295/12 P, EU:C:2014:2062, punto 200; il corsivo è mio). V., inoltre, in tal senso, sentenza del 27 aprile 2017, FSL e a./Commissione (C‑469/15 P, EU:C:2017:308, punto 75). La dottrina non ha mancato di sottolineare che la necessità di procedere ad un esame approfondito ed esauriente di tutti i fatti contestati costituisce un requisito derivante dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e integra, pertanto, il diritto fondamentale ad una tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, Wesseling, R., e van der Woude, M., «The Lawfulness and Acceptability of Enforcement of European Cartel Law», World Competition, 35, 2012/4, pagg. da 573 a 598, in particolare pag. 582). Sulle esigenze del diritto alla tutela giurisdizionale effettiva nel diritto della concorrenza, v., inoltre, Van Cleynenbreugel, P., «Constitutionalizing Comprehensively Tailored Judicial Review in EU Competition Law», The Columbia Journal of European Law, 2012, pagg. da 519 a 545, in particolare pag. 5; Bellis, J.-Fr., «La charge de la preuve en matière de concurrence devant les juridictions de l’Union européenne», in Mahieu, St. (dir.), Contentieux de l’Union européenne. Questions choisies, Bruxelles, Larcier, coll. Europe(s), 2014, pagg. da 217 a 233, in particolare pagg. 217 e 218).


19      V. conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, EU:C:2004:415, paragrafo 130).


20      Sentenza del 7 giugno 1983, Musique Diffusion française e a./Commissione (da 100/80 a 103/80, EU:C:1983:158, punto 129; il corsivo è mio). V., più di recente, sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione (C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 56).


21      Sentenza dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione (C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punto 102).


22      V., in tal senso, sentenza del 26 gennaio 2017, Aloys F. Dornbracht/Commissione (C‑604/13 P, EU:C:2017:45, punti 55 e 56).


23      V. punti 167 e 191 del ricorso di annullamento.


24      V., in tal senso, sentenze del 7 gennaio 2004, Aalborg Portland e a./Commissione (C‑204/00 P, C‑205/00 P, C‑211/00 P, C‑213/00 P, C‑217/00 P e C‑219/00 P, EU:C:2004:6, punto 86), e del 6 dicembre 2012, Commissione/Verhuizingen Coppens (C‑441/11 P, EU:C:2012:778, punto 45). La gravità relativa della partecipazione di un’impresa ad un’infrazione può essere presa in considerazione, in particolare, in sede di valutazione delle circostanze attenuanti (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2013, Team Relocations e a./Commissione, C‑444/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:464, punti 104 e 106).


25      Punto 263 della sentenza impugnata.


26      Punto 269 della sentenza impugnata.


27      V., in tal senso, sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 244).


28      V., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione (C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 75).


29      V., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione (C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 76).


30      V., in tal senso, sentenze del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione (C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punto 128), e del 27 aprile 2017, FSL e a./Commissione (C‑469/15 P, EU:C:2017:308, punto 38).


31      V., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione (C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 54).


32      V., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione (C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punto 71).


33      V., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2012, E.ON Energie/Commissione (C‑89/11 P, EU:C:2012:738, punti 72 e 73).


34      V., in tal senso, sentenza del 17 dicembre 1981, Ludwigshafener Walzmühle Erling e a./Consiglio e Commissione (da 197/80 a 200/80, 243/80, 245/80 e 247/80, EU:C:1981:311, punto 16).


35      V., in tal senso, Bellis, J.-Fr., «La charge de la preuve en matière de concurrence devant les juridictions de l’Union européenne», in Mahieu, St. (dir.), Contentieux de l’Union européenne. Questions choisies, Bruxelles, Larcier, coll. Europe(s), 2014, pagg. da 217 a 233, in particolare pag. 221. Aggiungo che, sebbene la Corte non abbia mai riconosciuto espressamente il carattere penale delle ammende che sanzionano le infrazioni al diritto della concorrenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») ha dichiarato che un’ammenda inflitta per sanzionare un’infrazione al diritto della concorrenza «ha un carattere penale, cosicché l’articolo 6 § 1 [della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali] si applica, nella fattispecie, nel suo aspetto penale» (Corte EDU, sentenza del 27 settembre 2011, A. Menarini Diagnostics/Italia, ricorso n. 43509/08, CE:ECHR:2011:0927JUD004350908, punto 44). Sebbene la Corte EDU limiti il proprio esame al caso di specie sottoposto alla sua valutazione, i fondamenti della sua motivazione consentono una generalizzazione della conclusione a cui essa è giunta.


36      Punto 181 della sentenza impugnata. V., inoltre, punto 183 della sentenza impugnata.


37      V., in tal senso, sentenze del 25 gennaio 2007, Sumitomo Metal Industries e Nippon Steel/Commissione (C‑403/04 P e C‑405/04 P, EU:C:2007:52, punti 38 e 56), nonché del 19 dicembre 2013, Siemens e a./Commissione (C‑239/11 P, C‑489/11 P e C‑498/11 P, non pubblicata, EU:C:2013:866, punti 39, 76, 77 e 129).